Manus manum lavat

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    La morte era qualcosa con cui tutti prima o poi dovevamo fare i conti e spesso le moti comportavano conseguenze inaspettate. Roman aspettava che il notaio si decidesse a leggere il testamento, lo aveva convocato con urgenza nel suo ufficio pochi giorni dopo che l'uomo aveva assistito alla sepoltura dell'uomo che gli aveva fatto da padre per tutta la sua vita. Pensava che oltre lui ci sarebbe stata presente anche sua madre, ma la segretaria aveva chiarito che non aspettavano nessun altro all'infuori di lui. «Signor Castillo è un piacere conoscerla finalmente di persona, suo padre mi ha parlato molto di lei.» Roman strinse alle mani all'uomo di fronte a lui e si accomodò nuovamente slacciando i bottoni della giacca cucita su misura. Avrebbe voluto accelerare i tempi, il suo ufficio era sommerso di lavoro e non aveva esattamente tempo di perdersi in chiacchiere. «Ne sono certo signor Walker, ma gradirei sapere perchè sono stato convocato nel suo ufficio.» Il vecchio uomo d'affari gli passò una serie di carte e Roman si prese qualche minuto per leggerli con attenzione, per lo più elencavano gli svariati possedimenti di suo padre che sarebbero presto passati a lui. Si era anche premurato di riconoscere una somma mensile che lui avrebbe dovuto corrispondere a sua madre finché sarebbe stata in vita, una somma più che adeguata che Roman non aveva nessuno problema ad elargirle. «Non riesco a capire il bisogno di questo incontro, ho già avuto modo di leggere questi documenti...» Era particolarmente infastidito di fronte a quella perdita di tempo, ma prima che potesse esprimere il suo malcontento gli vennero sottoposti altri documenti, documenti che non aveva mai visto. Sconvolto dal contenuto si alzò di scatto, rischiando di rovesciare la sedia alle sue spalle. Continuò a sfogliarli, quasi con rabbia di fronte a quella che non gli sembrava altro che una crudele presa in giro. «Vostro padre ha nominato voi come unico erede, ma ha previsto alcune clausole che non possono in alcun modo essere eluse...» «Mi sta prendendo in giro? Qui c'è scritto che devo sposarmi. SPOSARMI!» Lanciò sul tavolo il fascicolo e poggiò le mani sui fianchi, non riusciva a credere che suo padre avesse fatto una cosa tanto meschina. Roman sapeva quanto forte fosse il valore della famiglia per il padre, ma mai avrebbe pensato che avrebbe cercato di obbligarlo a crearne una; tutto per un'eredità che era sua di diritto. «Non può essere legale una cosa del genere...» Ma Roman, da bravo avvocato qual era, sapeva benissimo che era legale e assolutamente vincolante. Nel mondo magico era una cosa molto comune legare un patrimonio ad un matrimonio vantaggioso, opporsi al matrimonio avrebbe significato perdere l'intera fortuna dei Castillo e tutto il prestigio che derivava da essa. «Siete davvero sicuro che queste siano le ultime volontà di mio padre?» Come poteva costringerlo ad un matrimonio sapendo che non aveva una relazione fissa da molti anni? Forse sperava di poterlo spingere ad un matrimonio combinato, un'eventualità che avrebbe dovuto prendere in considerazione. «Quanto tempo ho per decidere?» L'uomo le porse un semplice foglio, una specie di riassunto che conteneva tutti i punti salienti delle condizioni imposte. «Avete un mese di tempo per sposarvi, la donna dovrà essere di buona famiglia e una purosangue. Il matrimonio non può essere celebrato e sciolto nell'immediato futuro pena la perdita dell'eredità. Le consiglio quindi di darsi da fare signor Castillo.» Darsi da fare era un bell'eufemismo, doveva assolutamente parlare con un uomo fidato perchè non avrebbe mai permesso che la fortuna dei Castillo passasse a uno dei suoi inutili cugini maschi. «Avrà presto mie notizie signor Walker.» Strinse la mano del notaio e abbandonò l'ufficio con un diavolo per capello.

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    Roman aveva cercato inutilmente per giorni una via d'uscita, un qualsiasi cavillo legale che gli avrebbe permesso di uscirne pulito e ricevere la propria eredità. Esasperato dalla situazione aveva addirittura affrontato la madre che aveva prontamente negato di essere a conoscenza delle clausole imposte dal padre. L'unica prospettiva che sembrava però allettarla era la possibilità di vedere il suo unico figlio sistemato con una ragazza di buona famiglia. Gli aveva detto che tutto il male non veniva per nuocere e che forse in quella donna avrebbe trovato un'alleata preziosa. Aveva provato in tutti modi a trovare una scappatoia, ma ben presto si era dovuto arrendere all'idea di sposarsi. Aveva incaricato uno dei suoi uomini più fidati di investigare, di trovare tra le alte sfere una donna che avrebbe potuto fare al caso suo, ma ognuna di esse non sembrava in grado di stimolare il suo interesse; la maggior parte erano donne frivole, in attesa di un uomo ricco che avrebbe mantenuto inalterato il loro stile di vita. Agli occhi di Roman peccavano tutte di ambizione, una qualità fondamentale per l'uomo, non si sarebbe mai accontentato di una moglie remissiva; sin da bambino era stato circondato da donne forti e per il suo futuro non si sarebbe accontentato di qualcosa di meno. Non aveva ancora avuto modo di parlare con sua cugina, molto probabilmente si sarebbe arrabbiata, ma non appena si fosse resa conto che non c'erano scappatoie gli avrebbe suggerito di sposarsi e prendersi così ciò che gli spettava per diritto di nascita. Stava ancora cercando una papabile candidata quando Lucy entrò nel suo ufficio tutta trafelata. «Signor Castillo mi ha appena telefonato Joanna dei piani alti e mi ha espressamente detto che la signorina Deveraux è diretta qui, nel vostro ufficio.» La donna sembrava agitata e dopotutto poteva comprenderla, Selyse Deveraux era un pesce grosso di cui bisognava diffidare. Roman dal canto suo non aveva niente da nascondere, lui e la sua famiglia appoggiavano totalmente il nuovo regime e lui non aveva mai messo in discussione l'autorità della squadra di inquisizione. «Non preoccuparti Lucy, quando arriverà lasciala pure entrare nel mio ufficio.» Era normale che prima o poi sarebbero arrivati anche a lui, nell'ultimo periodo gli uffici subivano controlli a tappeto per cui la sua visita non era del tutto inaspettata. La donna uscì impettita dal suo ufficio, forse temeva che dopo anni e anni di impeccabile servizio rischiasse di perdere il lavoro, ma per quanto importante per lui fosse l'operato della sua segretaria Lucy era solamente un pesce piccolo all'interno del ministero. L'uomo riordinò le proprie carte e chiuse a chiave nel cassetto tutti i fascicoli che riguardavano la sua eredità, compresi i vari profili che gli erano stati sottoposti da parte del suo investigatore privato. Si alzò dalla sua poltrona e si avvicinò all'antico mobiletto dei liquori che catturava sempre lo sguardo dei suoi clienti. Preparò un paio di bicchieri di cristalli e il miglior bourbon di cui disponeva in quel momento. Quando la porta si schiuse alle sue spalle udì un leggero ticchettio, leggero ma deciso, ben diverso da quello causato dai bassi e tozzi tacchi di Lucy. «E' un piacere vederla signorina Deveraux, posso offrirle qualcosa da bere?» Da galantuomo qual era scostò la sedie per permettere alla donna di sedersi, curioso di sapere per quale motivo si fosse spinta fino al suo ufficio. «Qual buon vento la porta qui negli uffici del wizengamot? Posso esservi utile?» Iniziò a versare una buona dose di liquore all'interno del suo bicchiere, aspettando che lei accettasse o meno la sua offerta di bere qualcosa.


    Edited by quinzel. - 21/8/2017, 14:57
     
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    Sorride con il suo solito fare innocente mentre l'amico del cuore la guarda alquanto incredulo. Nemmeno tu te l'aspettavi, non è vero? Da Selyse Deveraux, l'iron lady per eccellenza, una simile decisione è l'ultima che ci si aspetti. « Lo sai che non resisto nel vedere un uomo in difficoltà. La mia naturale predisposizione è conquistarli. » « E piegarli a novanta. » Molto intimi, Raphael e Selyse, eppure, proprio perché così affini, abbastanza ragionevoli da non imbarcarsi in nulla che andasse oltre a un forte legame - qualunque cosa esso volesse significare. « Non essere geloso. Tu non me l'hai chiesto mai di sposarti. » Un leggero sorriso sornione si distende sulle labbra di lei, mentre si porta alle labbra la coppa di vino. « Mia cara, non mi pare di averti mai sentito manifestare questo gran desiderio di mettere su famiglia. Bastava chiedere. » Lei si stringe nelle spalle mentre incrocia le gambe e rivolge lo sguardo verso una delle finestre che dà sull'esterno della prigione. Sono seduti al piano più alto della roccaforte che presiede, quella che è diventata casa sua. Quella che sarebbe sempre stata casa sua. Un posto austero e asettico, esattamente come la personalità di colei che la abitava. « Che cosa posso dire, sono una ragazza piena di sorprese. Ascolto il canto dei miei piccoli uccellini e cerco di accontentarli. » Si stringe nelle spalle con fare ingenuo. Selyse sa di averne da guadagnare. Non c'è cosa che quella donna faccia senza un ritorno. C'erano cose che da sola non sarebbe stata in grado di ottenere, cose per cui doveva ammettere che aveva bisogno di un compagno, quello giusto, qualcuno che potesse comprendere l'importanza di un ottimo albero genealogico. Seppur il loro mondo andasse alla deriva, c'erano cose, le radici per l'appunto, che forse in un futuro non troppo lontano sarebbero state di innegabile importanza. Roman Castillo nello specifico poi, oltre a provenire da una famiglia dall'ottimo albero genealogico, era un uomo piacente, intelligente, rispettato, con un lavoro che lei comprendeva meglio di chiunque altro. Anche Selyse proveniva da un'educazione prettamente giuridica. Con il padre aveva lavorato fianco a fianco per anni; prima che quest'ultimo morisse, Selyse era stata il suo segugio ideale, ed era dannatamente brava.
    Non aveva chiesto un appuntamento. Aveva solo chiesto alla sua assistente di annunciare Castillo che era per strada. Che lei stava arrivando. Una furia su tacchi a spillo, un leggiadro vestito nero di pizzo che le fascia perfettamente le curve, un trucco delicato, quasi invisibile; lunghi capelli castani sciolti danzano delicatamente sulle spalle di lei, mentre un tocco di del classicissimo chanel n°5 fa girare le teste al suo passaggio. La quintessenza della femminilità. Il Ministero pullula come al solito di persone, gente importante, impiegatucci così come stagisti. C'è un po' di tutto. Ce ne è per tutti i gusti. A tratti, si sente estranea a quel mondo, a tratti le sembra di conoscerli meglio di chiunque altro. Lei, capo delle spie, che tutto vede e tutto sente grazie ai suoi adorabili ucellini, se sopra le loro teste comparisse il loro nome, saprebbe raccontare la storia di ognuno di loro. Quanto meno, i tratti salienti, quanto meno se sono persone più o meno importanti. Su Roman Castillo gli ucellini cantavano spesso. Sapeva il fatto suo; per quale ragione avesse deciso di continuare la scalata rimanendo avvocato, le era oscuro. Selyse sentiva, ma non sapeva leggere le menti e le intenzioni altrui, ed era anche piuttosto poco empatica. A proposito di questo, in tal senso, Azkaban l'aveva, se possibile peggiorata. Vivere a contatto con quegli esseri immondi l'aveva resa sempre più fredda, sempre più distaccata. Una parte del suo animo si stava spegnendo lentamente, e lei, glielo lasciava fare, senza intenzione alcuna di salvarsi. L'ascensore si dirige verso gli uffici della Wizengamot dove scende con un'eleganza quasi innaturale. Si ferma sui corridoi a parlare con qualche Inquisitore, che la saluta in tono persino affettuoso. Selyse è figlia di questo posto, è un po' figlia di ognuno di quegli uomini, che quando era piccola avevano a lungo e con grande piacere frequentato la grande tenuta della sua famiglia. Suo padre era stato un uomo influente, che si era fatto una nomea in tutto il mondo magico giuridico, e ora, seppur non ci fosse più, il rispetto e l'affetto erano stati trasferiti alla figlia, che loro tutti avevano visto svolazzare per casa con i suoi riccioli dorati. Qualcuno le chiede come sta, come va il lavoro, le raccomandano di farsi sentire più spesso e le chiedono di far loro compagnia a cena in famiglia. Sì, Selyse è un po' figlia di tutti loro, un'orfanella che forse secondo loro si sente sola e indifesa. Una donna sola al mondo alla sua età, è cosa brutta ed estremamente degradante. Nemmeno un po' a dirla tutta.
    Giunta di fronte all'ufficio di Castillo non degnò nemmeno di uno sguardo la sua assistente. « Buongiorno signorina Dev- » Non lasciò che finisse o che le facesse strada. Non lasciò nemmeno che potesse chiederle se volesse qualcosa da bere. Non le diede il tempo di offrirsi di annunciarla. Selyse conosceva ben bene le buone maniere, ma in quel caso, non le sembrò il caso di farsi annunciare. Tutta quella ritualità non era necessaria. Quell'incontro non era prettamente di lavoro, seppur di affari si parlasse. Bussò alla porta dell'ufficio di Roman e vi penetrò all'interno chiudendosi la porta alle spalle. Un leggero sguardo freddo e analitico all'ambiente raffinato, prima di posare gli occhi su di lui.
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    « E' un piacere vederla signorina Deveraux, posso offrirle qualcosa da bere? » L'ambiente ha un buon odore; sa di legno antico, tabacco della più fine qualità e pergamena consumata dal tempo. Un odore tipicamente maschile, forte, generoso nella sua pregnanza. « Signor Castillo. » Asserisce con un mezzo sorriso mentre si siede sulla sedia da lui indicata. Accavalla le gambe con eleganza, posando le braccia sui braccioli. « Grazie di avermi ricevuto con così poco preavviso. » Come se avessi avuto scelta. Come se Selyse dia davvero una scelta a chiunque abbia davanti. « Qual buon vento la porta qui negli uffici del wizengamot? Posso esservi utile? » Acconsentì al bicchiere che lui le offriva per poi annusarne il contenuto non appena le venne dato. Ottimi gusti. Gli occhi di lui, quindi, appena disposti faccia a faccia, presero ad osservarlo con attenzione. Davvero un bell'uomo nonché un gentiluomo. Si prese quella pausa, tempo in cui bevve, per squadrarlo, analizzarlo come fosse un'opera d'arte. Poi infine sospirò e attirò a sé la borsa che aveva lasciato soggiacere sulla scrivania di lui. Dal suo interno tirò fuori un piccolo fascicolo che portava il suo nome. All'interno, frammenti rilevanti del testamento che lo riguardava; copie ovviamente. Glielo allungò sul tavolo, incrociando le braccia al petto. Un sorriso malizioso si distese su quelle labbra rosee, mentre gli lasciava il tempo di analizzarne il contenuto. « Non dovrebbe portare certe cose al lavoro. Il Ministero è un posto poco sicuro per chiunque. Qui le mura hanno occhi e orecchie. Ci spiano anche quando pensiamo di essere al sicuro. » Forse anche in quello stesso momento, qualcuno stava ascoltando la loro conversazione. C'erano le sue spie, quelle degli Auror, c'erano probabilmente quelle dei Ribelli e anche qualcuna di qualche altro gruppo di fuorilegge. Il Ministero era ampiamente diviso; in guerra le cose vanno sempre così. « Non ho potuto fare a meno di notare che suo padre - che tra l'altro era un buon amico del mio - le sta dando un po' di filo da torcere anche dalla tomba. » Un tono naturale, disteso, rilassato. Figli di uomini ambiziosi lo erano entrambi. Figli di uomini fissati con l'idea di continuità, di famiglia. « Come stanno procedendo le sue ricerche, Roman? » Una confidenza che si prese con un sorriso colmo di dolcezza e apparente innocenza. Vatti a fidare del demonio.

     
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    «Grazie di avermi ricevuto con così poco preavviso.» Sorrise di fronte a quella finta cortesia perché sapeva benissimo che anche se avesse voluto non avrebbe potuto opporsi alla sua improvvisata, la squadra d'inquisizione vantava di poteri molto ampi e Roman era abbastanza intelligente da lasciarli fare; dopotutto facevano anche i suoi interessi con l'attuale linea politica. Posò il bicchiere di bourbon sulla scrivania di fronte a lei e si sedette sulla sua comoda poltrona di pelle. Osservò con attenzione la donna di fronte a sé, curioso di capire quale motivo l'avesse strappata dall'importante incarico che ricopriva da qualche tempo ad Azkaban. La guardò sorseggiare con gusto il liquido ambrato, piacevolmente stupito dal fatto che avessero gli stessi gusti. Il bourbon era un liquore particolare, prettamente maschile che pochi palati riuscivano ad apprezzare fino in fondo. Abbandonò il bicchiere sul lucido ripiano di legno e afferrò la borsa con calma serafica e movimenti aggraziati,se avesse potuto avrebbe fermato il tempo e incaricato un pittore di dipingerla; la carnagione perlacea si sposava perfettamente con il pizzo nero del suo vestito, una visione che avrebbe sicuramente rievocato nella sua mente con piacere. I suoi piacevoli pensieri si interrompettero bruscamente quando un fascicolo atterrò davanti ai suoi occhi, gli bastò una rapida occhiata per capire di cosa si trattasse e il suo primo impulso fu quello di stringere i pugni. Ciò che lo faceva arrabbiare non era tanto la violazione della sua privacy, ma il tradimento di cui era stato vittima; niente per un Castillo valeva di più della parola data, dell'onore che da essa derivava e non c'era alcun onore nel tradire la fiducia di una persona. Rigirò il fascicolo tra le mani e constatò che era completo, chiunque l'avesse scovato aveva fatto davvero un ottimo lavoro. «Non dovrebbe portare certe cose al lavoro. Il Ministero è un posto poco sicuro per chiunque. Qui le mura hanno occhi e orecchie. Ci spiano anche quando pensiamo di essere al sicuro.» Una verità che aveva ormai accettato da tempo, proprio per questo motivo non si disturbava mai a chiudere il suo ufficio, un errore che d'ora in poi non avrebbe più commesso. «Avete ragione, sono cambiate molte cose. Per mia fortuna non ho mai avuto problemi nel rendere pubblici i miei affari, almeno fino ad ora...» Non le avrebbe chiesto come era stata in grado di procurarselo, sarebbe stata una domanda stupida da parte sua; soprattutto perchè ne conosceva già la risposta. Radunò i documenti e li porse nuovamente alla donna, conosceva a memoria il contenuto del testamento; da giorni era diventato il suo chiodo fisso. «Non ho potuto fare a meno di notare che suo padre - che tra l'altro era un buon amico del mio - le sta dando un po' di filo da torcere anche dalla tomba.» Annuì brevemente di fronte a quell'affermazione, aveva conosciuto il padre di Selyse mentre studiava per diventare avvocato, aveva svolto sotto di lui il suo primo tirocinio e sempre da lui aveva imparato molti trucchi del mestiere. L'uomo guidava quel dipartimento sapientemente, niente succedeva sotto ai suoi occhi senza che lui ne fosse a conoscenza e sua figlia sembrava aver ereditato lo stesso talento; un vero dono in tempi duri come quelli. «Più che darmi del filo da torcere mi sta proprio mettendo i bastoni tra le ruote a causa di clausole assurde.» Sposarsi per ottenere ciò che gli spettava di diritto, come se la sua condizione di single lo danneggiasse o rendesse vulnerabile. Suo padre era sempre stato un uomo dalle mille sorprese, sempre un passo avanti
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    agli altri; la sua scaltrezza negli affari era rinomata così come la sua intransigenza. Forse proprio per questo motivo aveva trovato un valido alleato nel padre della donna che sedeva di fronte a lui. Aveva sempre saputo che per suo padre la famiglia era importante, ma non aveva mai pensato che fosse in grado di spingersi a tanto pur di garantirsi che lui seguisse le sue orme. «Come stanno procedendo le sue ricerche, Roman Prese il fascicolo nella sua cassettiera e lo consegnò alla donna, al suo interno erano contenuti veri e propri dossier su donne di buona famiglia, le loro vite erano state passate al microscopio, con l'unico scopo di trovare la candidata perfetta. Non si vergognò della sue ricerche, dopotutto i matrimoni tra purosangue spesso non erano altro che accordi economici che avevano lo scopo di aumentare il lustro e la fortuna di entrambe le famiglie. «Me lo dica lei, vede per caso qualche papabile candidata?» Giocare a carte scoperte era la cosa migliore che potesse fare con lei, i sotterfugi non sarebbero serviti a molto con lei che ne era maestra; avrebbe fiutato le sue bugie ad un miglio di distanza. Le lasciò qualche minuto per sfogliare i vari documenti, così che anche lei potesse farsi un'idea più chiara di quale fosse la sua situazione. Si alzò per versarsi ancora un po' di bourbon, ma invece di tornare al suo posto si appoggiò al bordo della scrivania di fronte a lei. «Scommetto che vede la stessa cosa che vedo anche io...» Sorseggiò il forte liquore, facendo poi roteare quel poco che rimaneva nel bicchiere. «Un elenco di giovani donne la cui massima ambizione è fare un buon matrimonio.» Un'ambizione povera e per nulla stimolante, l'ultima cosa che voleva era ritrovarsi con una mogliettina remissiva che non era nemmeno in grado di far valere la propria opinione. La prossima signora Castillo sarebbe stata esattamente come tutte le altre: una donna forte, indipendente ed ambiziosa. «Avete per caso qualche suggerimento per me?» Roman era curioso di sapere per quale motivo fosse così interessata a quella noiosa questione burocratica. Non erano problemi che sfioravano minimamente il mistero, dunque la sua presenza era un vero e proprio mistero. «Signorina Deveraux non ho problemi a giocare a carte scoperte con lei, ma purtroppo mi sfugge il motivo per cui sia interessata a questo problema legato alla mia successione.» Sperava che anche lei come lui non si perdesse in giri di parole e andasse dritta al punto chiarendo il motivo della sua presenza in quel momento.
     
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    « Avete ragione, sono cambiate molte cose. Per mia fortuna non ho mai avuto problemi nel rendere pubblici i miei affari, almeno fino ad ora... » Un leggero sorriso le incurvò le labbra. Se solo avesse saputo; le cose non erano mai cambiate. Erano sempre uguali, solo che, in tempo di guerra tendevano a emergere maggiormente. Il caos generale permetteva la più semplice diffusione delle informazioni. Un po' di disorganizzazione in questi tempi terribili in cui bombe scoppiano ogni giorno è fisiologica. Nella turbolenza generale, qualche uccellino in più canta sempre con più vigore. « Non la veda come una cosa negativa. Non tutti i mali vengono per nuocere. » Selyse per esempio si considerava un male necessario. Mai aveva utilizzato le informazioni estorte sul conto degli impiegati del Ministero della Magia se non in caso di necessità, così come, tendeva a non diffonderli con nessuno. Conosceva segreti davvero particolari, a volte le dipingevano determinate personalità in maniera completamente diversa da come la stessa Selyse le avesse lette inizialmente. Era un'autoverifica delle sue stesse doti impressionante. Si rendeva conto la sua percezione sulle persone a prima vista, era a volte fallace. Estremamente fastidioso. Senza dileguarsi ulteriormente in disquisizioni prettamente personali, Selyse torna a fissare l'uomo, lo studia, cerca di capirne l'essenza. Prova soprattutto a individuare quali sono le qualità che Louis Deveraux ha visto in lui prima della sua dipartita. Non che Selyse avesse grande rispetto per il padre; lo amava, a tratti lo venerava, ma non poteva dimenticare cosa le avevano fatto per via di un suo piccolo errore di valutazione. « Più che darmi del filo da torcere mi sta proprio mettendo i bastoni tra le ruote a causa di clausole assurde. » Sorrise appena; un sorriso quasi affettuoso. Si ricordava Castillo Senior, vagamente ma se lo ricordava. Lui e suo padre fumavano sempre sigari nel grande giardino del maniero dei Deveraux. Erano altri tempi, tempi in cui Selyse era solo una bambina dai riccioli d'oro e una predisposizione naturale a non mettere freno alla lingua biforcuta. « Non ci si poteva aspettare di meno. » Se li ricordava entrambi, austeri, intenti a discutere di affari di stato da un bicchiere di bourbon e un altro. Durante quegli incontri si consumavano le sorti di una nazione intera. Il mondo è stupido; chiede giustizia nelle piazze, si raduna in antri oscuri per decidere di riprendersi il proprio destino nelle mani, quando il destino del mondo intero si decide in salottini come quello di Louis Deveraux.

    « Me lo dica lei, vede per caso qualche papabile candidata? » Fu colpita da quel grado di sincerità. Avvicinò il fascicolo, iniziando a sfogliarlo, non prima di avergli buttato una veloce occhiata di sottecchi. Che fosse fiducia o disperazione, non lo seppe dire, ma Selyse si rese conto di trovarsi in uno spazio sicuro. Capì che la persona che aveva davanti non gradiva girarci troppo intorno alle questioni, volendo andare dritto al punto. Un atteggiamento che gradiva molto, oltre che ammirare. Scosse la testa più di una volta mentre esaminava i fascicoli. Belle ragazze, per lo più insipide; di buona famiglia ma non abbastanza, non abbastanza brillanti. Nessuna che risaltasse all'occhio. Parevano le selezioni di un concorso di bellezza. « Scommetto che vede la stessa cosa che vedo anche io... Un elenco di giovani donne la cui massima ambizione è fare un buon matrimonio. Avete per caso qualche suggerimento per me? » Alzò lo sguardo dai documenti sull'uomo che ora si trovava al suo fianco. Ne osservò i tratti con attenzione cercando di trovare la breccia. Che cosa stai cercando, Roman Castillo? Che cosa vuoi di preciso? « Non è ciò che vuole anche lei? Fare un buon matrimonio, intendo. » Semplice curiosità pregressa. Una parte di sé stentava a comprendere per quale ragione non avesse ancora deciso di chiedere in sposa nessuna di quelle donne. « Signorina Deveraux non ho problemi a giocare a carte scoperte con lei, ma purtroppo mi sfugge il motivo per cui sia interessata a questo problema legato alla mia successione. »
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    Lei scoppiò a ridere, una risata delicata, leggiadra, tipica di chi sa di sapere, ma ama attirare la propria preda nella ragnatela. Una degna vedova nera. Allunga il palmo della mano nella sua direzione, lasciando che gli occhi catturino quelli di lui. « Rendiamola ufficiale. Mi dia un galeone. Sarò il suo avvocato, il suo consulente, per questo intoppo. » Selyse non amava fare l'avvocato, non lo aveva mai voluto. L'unico motivo per cui aveva la licenza era perché suo padre aveva insistito perché sua figlia non fosse estranea alle questioni legali.

    « Signor Castillo, le clausole sono chiare. Lei non può sfuggire al matrimonio. » Una vera arringa perfetta per andare in tribunale quella di Selyse Deveraux. « Ma non capisco per quale ragione lei stia rifiutando tutte le deliziose signorine che le vengano proposte. Questa per esempio.. » E dicendo ciò estrae dal fascicolo uno dei file. « ..ha ottime connessioni. Il padre è un alto funzionario della Gringott e lei sembra una signorina piuttosto interessante. » Ne estrae un altro. « Lei non è particolarmente quotata. Ottimo patrimonio, ma un curriculum davvero ridicolo. E' figlia unica tuttavia, ed è una bellissima ragazza. Questo significa che alla morte dei genitori di lei, il patrimonio dei Castillo verrebbe incrementato. » Infine una terza. « Una principessa. Ha pensato a una principessa, addirittura. Imprevedibile, con la puzza sotto il naso, davvero bellissima ma difficile da contenere. » Si alza in piedi e si porta il bicchiere con sé, mentre inizia a misurare la stanza in lungo e in largo. « Quel fascicolo contiene una varietà infinita di ragazze, tutte bellissime, alcune persino intoccate da altro uomo. Alcune sono giovanissime - e quale uomo non vorrebbe assaporare il frutto proibito di un fiore appena sbocciato? - altre meno. La maggior parte sono facilmente controllabili; non nuocerebbero alla sua immagine con le loro azioni e potrebbero addirittura addolcire la sua posizione. L'opinione pubblica ama i padri di famiglia premurosi. » Sospira, portandosi nuovamente il bicchiere alle labbra. « Lei e chiunque l'abbia aiutata a stipulare questa lista, avete fatto un ottimo lavoro. Davvero rimarcabile. Eppure, non capisco per quale ragione lei non abbia ancora scelto. Non starà mica cercando di innamorarsi di una donna fissando il suo fascicolo. »

     
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    «Non è ciò che vuole anche lei? Fare un buon matrimonio, intendo.» Un buon matrimonio era molto riduttivo, Roman voleva molto di più. Non cercava l'amore, ma una compagna di cui potersi fidare ciecamente e che avrebbe condiviso i suoi obiettivi. Selyse dal canto suo era una donna enigmatica, un rompicapo quasi impossibile da risolvere e che l'uomo ancora faticava a comprendere. Era un'abile ingannatrice, intelligente e macchinatrice; due doti che in una donna aveva sempre ammirato. «Rendiamola ufficiale. Mi dia un galeone. Sarò il suo avvocato, il suo consulente, per questo intoppo.» La squadrò attentamente, quasi divertito da quel piccolo teatrino che entrambi stavano mettendo in piedi. Lui aveva messo ben in chiaro quale fosse il suo problema al momento, mentre lei continuava a rimanere sul vago. Incuriosito da quel suo interesse prese il galeone che teneva sulla scrivania, era il primo galeone che si era guadagnato solamente con le sue forze; Roman era ricco di famiglia, ma nonostante ciò aveva sempre lavorato duramente, convinto di dover dimostrare di meritare tutto ciò che gli apparteneva per diritto di nascita. Lo depose tra le mani della donna e si accomodò nuovamente sulla sua comoda poltrona. «Signor Castillo, le clausole sono chiare. Lei non può sfuggire al matrimonio.» Chinò il capo consapevole, aveva esaminato quelle carte per giorni alla ricerca del minimo cavillo a cui aggrapparsi; nella speranza di poter scampare a quell'imposizione. «Touché signorina Deveraux.» La vede sfogliare il fascicolo minuziosamente, del tutto sicuro che molti di quei nomi non siano nuovi per lei. Roman conosceva a memoria ogni ragazza della lista, la famiglia a cui appartenevano, ma alla fine era sempre giunto alla stessa conclusione. «Ma non capisco per quale ragione lei stia rifiutando tutte le deliziose signorine che le vengano proposte. Questa per esempio ha ottime connessioni. Il padre è un alto funzionario della Gringott e lei
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    sembra una signorina piuttosto interessante.»
    Insipida l'aveva giudicata, passava gran parte del suo tempo nei migliori negozi di moda della capitale inglese e si vociferava in giro che avesse un certo interesse per il genere femminile; non esattamente la donna che voleva come compagna o madre dei suoi figli. «Se volessi potrei comprare la Gringott oggi stesso, inoltre non mi farebbe piacere scoprire che mia moglie preferisce una qualsiasi compagnia femminile.» Le aveva scartate una dopo l'altra, aveva scavato a fondo nelle loro vite scoprendo scheletri di cui nessuno era a conoscenza. «Lei non è particolarmente quotata. Ottimo patrimonio, ma un curriculum davvero ridicolo. E' figlia unica tuttavia, ed è una bellissima ragazza. Questo significa che alla morte dei genitori di lei, il patrimonio dei Castillo verrebbe incrementato.» Una prospettiva allettante che all'inizio lo aveva incuriosito, ma che aveva scartato in pochissimo tempo. «Il curriculum ridicolo è un motivo di scarto sufficiente. Sa benissimo che il nostro lavoro e la nostra posizione ci impongono serate di gala e ricevimenti. Sicuramente spiccherebbe per la sua bellezza, ma passerei l'intera serata a vergognarmi per la sua stupidità.» Roman era un uomo colto e non si sarebbe mai accontentato di qualche ragazzetta ignorante che poteva contare solamente sul proprio aspetto fisico e i soldi di papà. «Una principessa. Ha pensato a una principessa, addirittura. Imprevedibile, con la puzza sotto il naso, davvero bellissima ma difficile da contenere.» Sorrise di fronte al suo apparente stupore, lui stesso era rimasto sorpreso quando aveva scoperto il titolo reale della ragazza, ma sebbene fosse rimasto colpito le sconvolgenti copertine delle riviste l'avevano spedita in fondo al fascicolo. La principessa non faceva altro che accumulare scandali su scandali, mettendo in imbarazzo una monarchia che ormai la disprezzava; mai avrebbe voluto una compagna del genere al proprio fianco. La osserva alzarsi e muoversi con grazia all'interno del suo ufficio, chiedendosi se abbia finalmente deciso di svelare il motivo del suo apparente interesse per il suo intoppo legale. «Quel fascicolo contiene una varietà infinita di ragazze, tutte bellissime, alcune persino intoccate da altro uomo. Alcune sono giovanissime - e quale uomo non vorrebbe assaporare il frutto proibito di un fiore appena sbocciato? - altre meno. La maggior parte sono facilmente controllabili; non nuocerebbero alla sua immagine con le loro azioni e potrebbero addirittura addolcire la sua posizione. L'opinione pubblica ama i padri di famiglia premurosi.» Osservazioni accorte e in qualche modo pungenti, lontane anni luce dai motivi che l'avevano spinto a rifiutare ognuna di quelle proposte. Il legale di suo padre gli aveva suggerito di scegliere la più ricca e malleabile, una moglie da potersi rigirare in qualsiasi modo e da poter sfoggiare come un gioiello. «Non mi interessa una vergine e sicuramente non voglio una moglie a cui potrei fare tranquillamente da padre. Certo una moglie facilmente controllabile potrebbe farmi comodo, ma non è quello che cerco signorina.» Voleva qualcuno con cui dialogare, in grado di tenergli testa e che avrebbe tranquillamente potuto assisterlo nella gestione degli affari di famiglia. «Lei e chiunque l'abbia aiutata a stipulare questa lista, avete fatto un ottimo lavoro. Davvero rimarcabile. Eppure, non capisco per quale ragione lei non abbia ancora scelto. Non starà mica cercando di innamorarsi di una donna fissando il suo fascicolo.» Non credeva seriamente che una donna in gamba come lei non avesse ancora compreso le sue ragioni; forse stava solo cercando una conferma da parte sua. Roman si alzò in maniera controllata, appoggiò il bicchiere sulla scrivania e prese nuovamente tra le mani quel fascicolo che ormai conosceva a memoria. «Non cerco l'amore signorina Deveraux, ma voglia una compagna che io possa definire tale. Nessuna di queste ragazze sarebbe in grado di gestire i miei affari o di comprenderli, l'unica cosa che sarebbero in grado di capire è il mio conto in banca.» Sistemò nuovamente il fascicolo nei suoi cassetti e si sedette sulla poltrona concentrando il suo sguardo sulla figura sinuosa della donna. «Penso che adesso sia arrivato il momento di dirmi perchè a lei interessa tutta questa questione.» Lui non le aveva nascosto niente e sperava che anche lei avesse lo stesso riguardo nei suoi confronti.
     
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