It's a sign of the times

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    Il rombo della Harley cessa nello stesso momento in cui il giovane rampollo di casa Potter erge lo sguardo sulla chiesetta diroccata che sua madre gli ha illustrato come porta di accesso verso il paradiso. Non si era spostato con poi così tanta facilità e nemmeno con così tanto desiderio; il fatto che la sua piccola sorellina si sposasse, sembrava avergli fatto storcere leggermente il naso. Olympia era sempre stata la sua prediletta, quella che tra tutti pensava avesse più bisogno di protezione - anche se, in cuor suo sospettava ne avesse meno di tutti loro, fratelli Potter. Nonostante il grigio avesse ormai inghiottito gran parte dei posti a lui più cari e famigliari, James Sirius Potter aveva continuato a spostarsi, piuttosto che cercare riparo tra le mura di Inverness. Nella sua testa si era dipinto come Wyatt in Easy Rider - nemmeno lontanamente gli era passato per la testa di finire nel covo delle serpi a Londra. A ben vedere alla Corte ha persino dei bei ricordi; rammenta con piacere le serate passate in compagnia della variopinta compagnia, tra ragazze formose e vino di ottima qualità. Tornarci, persino per abitare, sarebbe stato davvero nell'elemento del più grande dei Potter. La sua fedeltà tuttavia andava altrove, e per quanto il mondo andava alla deriva, non poteva fare a meno di preservare la il suo ruolo da stand alone quanto meno finché non avrebbe avuto la certezza che ogni capo di accusa posti sulle teste dei fratelli non fossero ufficialmente decaduti. Mentre avanza lungo la navata, sente leggeri movimenti in uno degli antri più oscuri, celati dietro le piccole colonnine che sorreggono l'intera costruzione diroccata. « Per essere la Città Santa, questo posto è piuttosto cheap. » Inizia quindi, senza porsi troppi problemi su chi potrebbe celarsi nel buio. Chiunque sia, non è un nemico. James non è mai stato un nemico dei ribelli, tanto meno di quella società occulta che era Inverness, tanto meno nessuna delle due distinte fazioni sono state sue nemiche. Anzi, se possibile era legato a doppio filo ad entrambe. Sua sorella era stata una dei primi ad aderire ai ribelli, assieme ai suoi genitori, zii e nonni. La stessa Olympia stava sposando uno dei Lycan, e Albus dal canto suo, era quello che aveva ridefinito nella sua testa come il cagnolino della regina rompicazzo - che poi è stata regina rompicazzo anche tra i Grifondoro, ma quella è una parentesi degradante della storia di Godric che James vuole cancellare a tutti i costi. « Basta che non lo dici davanti alla Morgenstern - o davanti a Morgenstern maschio. » Il volto gli si illumina mentre va incontro al cugino abbracciandolo con la solita pacca sulla spalla tipicamente maschile prima di esaminarlo dalla testa ai piedi, vendendosi riservare lo stesso trattamento. James e James; stesso nome, un programma. Coetanei, hanno passato tutta la loro infanzia insieme, per lo più a tormentare i più piccoli e sfottere le giovani ancelle della famiglia con la stessa maestria con cui si perdono cinquanta punti. Stretto nella sua felpa rosso oro, con sopra il giubbotto di pelle, si passa una mano tra i capelli ondulati, prima di saltargli sulle spalle. « E quindi fammi capire, come funziona questa cosa? E' tipo una dittatura militare? La Morgenstern fa il Sergente maggiore Hartman e vi fa fare le flessioni ogni mattina? Avete gli elmetti con subscritto born to kill? » Scoppia a ridere il biondo e insieme si dirigono verso il viale dietro l'altare, tempestato da decine di statue in marmo, che conduce alle porte principali della città. Sua madre, Albus e Olympia gli hanno descritto quel tragitto decine di volte in videochiamata, ma il suo immaginario non poteva essere più lontano dall'effettiva magnificenza del posto. « C'è di peggio. Hai presente la ragazza di tuo fratello? » Più o meno. « Rompe il cazzo? » « Ti dovrò fare il trainning completo prima di far visita ai coniugi di fatto. » Sospira affondo James. Così tante cose sono cambiate. Prima che Olympia, Sirius e Albus partissero per Hogwarts l'ultima volta, tutti loro era ancora dei lattanti. Pensavano come tutti gli adolescenti a come imbrogliare sui permessi per Hogwarts e come sgattaiolare fuori dalla sala comune. Ora il fratello minore era padre - ben due volte, con un pargolo in attesa; la sorella si sposava. Siri, sei la mia ultima spiaggia sulla via del celibato. Assieme a James, ovviamente, anche se ultimamente posta troppe storie con una tipa che gli sa tanto di nana malefica. « E tu? Ti fermi o riparti? Minimo dobbiamo fare un bel festino con un po' di gente. C'è un sacco di gente che non conosci, ti sei perso un sacco di roba. » « Va beh, sapessi! Non hai idea! Metti le birre in frigo che stasera ti devo raccontare della Regina Rossa. Ho scoperto chi è. » « Naaaaaaaaaaaaaaah! Ci facciamo la diretta su questo racconto. Ora chiamo Janis e le dico che stai con noi. Praticamente devi sapere che Puffetta è tipo come Albus. Anche lei ha una casa. Mi sa che ci verrà ad abitare pure la migliore amica, ma va beh, la casa è enorme. » Non appena sorpassano le porte principali, James è costretto a strizzare gli occhi un paio di volte. Oltre quei mastodontici pezzi di ottone, sembra aprirsi di fronte a lui il paradiso. E non perché riesca davvero a mettere a fuoco qualcosa in particolare, bensì perché, per la prima volta dopo settimane lo vede: il sole. Quel calore piacevole di un astro che scalda timidamente coi suoi raggi sul finire dell'estate, mentre di fronte a lui si apre lentamente uno scenario che non vedeva da un po'. Una fontana non molto distante e alcuni bambini intenti a girarle intorno, anziani posti in un angolo intenti a sorseggiare del tè freddo, suoi coetanei a spasso qua e là. Inverness sembra avere attorno a sé una specie di campana di vetro attraverso la quale il grigio e il freddo non penetra. E quella visione, sembra essere la cosa più bella su cui si siano posati i suoi occhi negli ultimi tempi. Non un distretto di piombo polveroso e deserto, né tanto meno una città avvolta dalle tenebre. Si mette gli occhiali da sole scuri sul naso, per filtrare tutta quella improvvisa luce e si guarda attorno piuttosto accigliato. Non sa se connotare quel posto come un'effettiva oasi di pace o come un luogo atto a ingannare e dissimulare da quanto succede là fuori. « Me l'aspettavo diverso. Con filo spinato e grate alle finestre e alle porte. » Osserva senza sapere esattamente cosa dire. Rispetto ai posti squattrinati che ha frequentato sin da quando la situazione a Londra si era complicata per chiunque portasse il cognome Potter, quel luogo sembrava strappato a una pagina di fiabe. Scoppia a ridere il giovane Lupin dandogli una pacca sulla spalla. « Io ho un turno a breve. Giù nei sotterranei. Che ti serve qualche indicazione? Allora.. » E da lì inizia una lunga scia di gira a destra e a sinistra, vai avanti lungo questa e quell'altra strada, svolta là, quando arrivi a quel blasone sorridi e mostra il dito medio, poi vai ancora avanti, a destra a sinistra.. stacca il cervello dopo poco, immaginando che avrebbe solo dovuto chiedere. Prima o poi la casa di mamma e papà l'avrebbe trovata. « Vabbé, lascia stare, mi faccio un giro. » Non gli dispiace affatto l'idea. Poter camminare lungo le strade gremite di gente, ispirare aria pulita e godersi il sole, senza guardarsi costantemente alle spalle, era qualcosa che aveva dimenticato come si facesse. Saluta il cugino con una stretta di mano e una tradizionale spallata prima di rimettersi lo zaino in spalla e iniziare a guardarsi intorno.
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    Giunge a quella che viene denominata secondo i cartelli, la Saint Michael's Citadel, la piazza principale e da lì, si guarda attorno rendendosi conto di trovarsi a un bivio. Più strade sembrano condurre in aree diverse della città. Decide quindi di dirigersi verso quella che un passante gli indica come la Downtown, il centro della città babbana. Gli indica qualche pub e luogo di interesse locale e da lì, quello che ha tutta l'aria di essere un forestiero straniero prosegue da solo, da sguardi colmi di stupore di fronte alla società nascente, che sembra già fiorire, e una leggera pattina di delusione nel rendersi conto di quanto è stato stupido a restare in solitaria on the road, come un vero autostoppista dei tempi moderni. A ben guardarlo, non sembra fungere tanto, in quell'ambiente. Mentre tutti si muovono con naturalezza, quasi come fossero a casa propria, James prosegue a passo incerto, mentre qualcuno gli passa accanto dirigendosi nella direzione opposta con passi decisamente più sicuri. Quasi come se si trovassero nella sua amata Londra, o in qualunque città cosmopolita che hanno avuto alla propria mercé per tutta la vita. Si aspettava di finire in mezzo a campagnoli; quando Albus gli aveva raccontato che spesso e volentieri aiutava in cucina o con le pulizie, al Quartier Generale, si era immagino una specie di antro oscuro, fatto di gente ottusa, a cui non si sarebbe mai abituato, lui che dei propri spazi ne aveva bisogno come l'aria. Ma lì, di spazio sembrava esserci sin troppo, e ognuno sembrava aver trovato la sua dimensione, non certo zappando la terra, ma facendo qualunque cosa stiano facendo. Riconosce qualche volto, strappato da lontani ricordi dell'era scolastica, ma nessuno con cui abbia davvero voglia di fare quattro chiacchiere. Finché, giunto in prossimità del fiume, non si ritrova in mezzo a un grosso parco. Le Ness' Islands, presumo. Poco distante, oltre il ponte che le divide dal resto del centro, un emblematico Jailbreak's Pub, che ha tutta l'aria di essere un tipico pub irlandese. Non ha mai visitato Inverness, ma deve ammettere che tutto sommato è meno pittoresca di quanto pensasse. Ed è lì, mentre imbambolato in mezzo si guarda attorno, che individua una figura che lo obbliga a stamparsi un sorriso a trentadue denti - tipico da schiaffi - avvicinandosi ben poca prudenza. Seduta a uno dei tavoli da picnic con davanti fogli vari che è intenta a leggere piuttosto concentrata, c'è niente di meno che una delle seconde in comando per il matrimonio del secolo. « Alla fine mia sorella è riuscita a convincerti che fare i compiti è cosa buona e saggia. » Scoppia a ridere mentre abbandona lo zaino accanto al tavolo avvicinandosi a braccia aperte intimandola a regalargli un abbraccio. « Dai su, ti do il permesso di fare la rompicoglioni per due minuti, se prometti che lasci perdere quella accozzaglia di roba e mi spieghi un po' come va qua, oh dolce damigella d'onore. » Solleva le sopracciglia con fare allusivo prima di stringerla appena misurandola poi dalla testa ai piedi. Alla fine si siede di fronte a lei e getta la testa all'indietro con il solito fare menefreghista, ancora intento a catturare ogni raggio del sole gli venga concesso, quasi come se non lo abbia mai visto. « Lo sai che sei diversa? - non so come, ma diversa. » Le dice infine dopo una pausa di riflessione in cui sembra aver partorito una nuova teoria di estrema importanza scientifica. « Abbiamo superato anche il periodo della rompicoglionagine, o quello è fuori questione? » Posa il pacchetto di sigarette sul tavolo e posati i gomiti sul tavolo per farsi più vicino mentre si accende contemporaneamente la sigaretta, abbassa appena gli occhiali sul naso, per guardarla dritta negli occhi. « Aggiornami un po', prima che nonna Molly faccia sparire il mio cadavere per non averla ascoltata sul trasferirmi qui non appena la crisi è cominciata. » Pausa. « Questo posto è.. normale. Con gente normale. Come avete convinto il generale a darvi l'ora d'aria? »



     
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    « Olympia e Rudy... » Pausa. Fissa il vuoto di fronte a sé, la fine della matita tra le labbra e lo sguardo completamente perso. « Rudy e Olympia... » Sta parlando da sola. E si ripete, da dieci minuti buoni, senza praticamente farci caso. « Ecco. Allora. Rudy e Olympia, voi siete l'esempio... » Annuisce tra sé e sé mentre comincia a scrivere davvero, su quei fogli candidi che ha di fronte a sé da troppo tempo, e che sono rimasti immutati, quella prima riga tracciata dalle linee sottili della matita che ha rubato in uno degli uffici del Quartier Generale dei Ribelli, appena quella mattina. Si morde il labbro inferiore, visibilmente concentrata su quelle poche parole impresse su carta. « Siete l'esempio di... di un amore che non... che... che stocazzo. » Scuote la testa all'improvviso, esasperata, mentre una linea retta e decisa recide gli unici progressi che sembrava aver fatto in quei minuti. E poi ci scarabocchia sopra, giusto per dare una connotazione di violenza a quel suo gesto. Sbuffa, mentre si ritrova a lanciare entrambe le braccia sul tavolo di legno al quale sta lavorando, per appoggiarvi la fronte, in un gesto di stanchezza estrema. E mentre con una certa pigrizia osserva da vicino le venature del legno chiaro di quel tavolo, la guancia schiacciata contro la superficie di quest'ultimo, si ritrova a domandarsi cosa stava pensando, esattamente, quando ha accettato la proposta di fare un piccolo discorso agli sposi il giorno del loro matrimonio. Lei non è mai stata brava con le parole. Si confonde, si incarta e non è mai del tutto chiara, a differenza di persone ben più eloquenti di lei e più capaci, come Dean o Tris. Ma lei a questo matrimonio fa la damigella, e quindi a nessuno importa minimamente che non sia in grado di mettere in fila due parole in croce senza fare qualche strafalcione in grado da far ridere tutti gli invitati. Oh, per lo meno li farò ridere un pochino. Si consola in questo modo, e così drizza di nuovo la schiena e riprende a concentrarci sui suoi fogli vuoti. « Quando ho conosciuto Olympia per la prima volta, la odiavo. Mmm, c'entra poco. C'entra decisamente poco. » Cancella dunque quell'incipit, con l'ennesimo sbuffo che lascia le sue labbra. Ne scrive altri, e altri ancora, per poi ritrovarsi sempre e soltanto con migliaia di scarabocchi e cancellature, e niente di concreto tra le mani. Che divertimento che sarà, questo matrimonio.
    Solleva lo sguardo, il labbro inferiore stretto tra i denti, mentre cerca ispirazione in qualcosa che sia al di fuori di quel quadrato di carta: si sofferma su un paio di ragazzi che stanno facendo una sorta di pic-nic all'ombra di un grande albero, poco più in là, e giocano a carte, guarda con una certa attenzione le fronde degli alberi, i fiori, la strada poco distante, ma nulla sembra ispirarla in alcun modo. Scrive ancora qualche altra riga che cancella con il medesimo fare repentino. Niente riesce ad andarle bene, niente. Se ne sta lì, con le sopracciglia corrugate e l'aria inconsolabile, mentre fissa quel discorso che non vuole nascere. E in quel frangente qualcosa la fa sussultare, un'improvviso spostamento d'aria ed una voce familiare: « Alla fine mia sorella è riuscita a convincerti che fare i compiti è cosa buona e saggia. »
    Solleva lo sguardo, per incontrare quello di una figura ben conosciuta, che avanza nella sua direzione. Nel vederlo, un sorriso si allarga sul volto di Malia con una certa naturalezza, mista all'evidente sorpresa di vederlo lì. Certo, un po' si aspettava che sarebbe arrivato per il grande evento, eppure, proprio perché non lo vede da tanto, le sembra parecchio strano che sia davvero lì. Quindi, nel vederlo, porta una mano sulla guancia e spalanca le labbra, con fare estremamente teatrale, per poi pronunciare, con altrettanta enfasi: « Sogno o son desta, è proprio il figliol prodigo della famiglia Potter che torna a casa e ci degna finalmente della sua presenza? » James Potter, un viaggiatore perenne: difficile definirlo la pecora nera della famiglia perché, in un certo qual modo i figli di Harry Potter erano tutti molto speciali. James è sicuramente quello più spontaneo, loquace ed espansivo, il più simile al suo carattere insomma. E per questo c'era voluto davvero poco a diventare amici - o una specie. In ogni caso, il suo ritorno sembra rallegrarla non poco, specie perché è consapevole di quanto sarà felice Olympia della sua presenza al matrimonio.
    «Dai su, ti do il permesso di fare la rompicoglioni per due minuti, se prometti che lasci perdere quella accozzaglia di roba e mi spieghi un po' come va qua, oh dolce damigella d'onore. »
    Lo guarda dal basso, le braccia incrociate al petto ed un finto broncio sulle labbra. « Ti do il permesso gne gne gne » lo imita poi, con una voce lamentosa ed una smorfia ridicola sul volto, che poi si trasforma in una risata divertita. « Stai zitto, che tanto lo so che non vedevi l'ora di farti rompere le palle da me. Che poi, è davvero una rottura se la vieni a cercare? »
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    Ridacchia, mentre si alza dalla propria postazione per sollevarsi sulle punte, in modo da stringerlo in un abbraccio caloroso. Poi si risiede alla propria postazione di fronte a lui, e giocherella per qualche istante con quei fogli che ha davanti. « Comunque sì, beh, questa roba non è studio ma è pur sempre per tua sorella. Sai, capiti a fagiolo, potresti aiutarmi a scrivere qualcosa di sensato, visto che dopo essermi spremuta le meningi per mezz'ora il risultato è stato questo » e mentre parla ruota quel foglio nella sua direzione, in modo che lui possa vederne più chiaramente il contenuto, ovvero una serie di scarabocchi illeggibili e tre sole parole a fare da incipit ad una distesa bianca: Olympia e Rudy, fine. Lo guarda, entrambe le sopracciglia inarcate, così da mostrargli l'evidente frustrazione nel proprio sguardo. Poi si stringe nelle spalle, e sospira rumorosamente. « Sì, ecco, insomma, sono una dolce damigella d'onore proprio ammirevole, non trovi? » ironizza, facendo spallucce con fare noncurante.
    « Lo sai che sei diversa? - non so come, ma diversa. » Aggrotta le sopracciglia guardandolo con aria interrogativa, mentre inclina la testa di lato.
    « Oh beh, te lo dico io cos'è, è che sono molto più bella dell'ultima volta, questo è chiaro » scherza, mettendo su un'aria un po' da snob, mentre cerca di sistemare in una pila ordinata tutti quei fogli sparsi.
    « Abbiamo superato anche il periodo della rompicoglionagine, o quello è fuori questione? » A quelle parole, la giovane Grifondoro tira la testa all'indietro, con una certa teatralità, per poi emettere un suono gutturale esasperato. Allarga le braccia, guardandolo e scuotendo piano la testa, l'aria incredula.
    « Non ci credo James. Eri a tanto così - a tanto così - dal farmi un complimento. Proprio non ce la fai, non è vero? » Abbassa lo sguardo e sospira, l'aria visibilmente sconfitta. « No, comunque. La rompicoglionaggine resta tutta, e unicamente per te, mi amor. Come faresti altrimenti senza? » Ridacchia mentre solleva lo sguardo in quello di lui, e allunga le braccia sul tavolo di legno, per poi tamburellarvi sopra con i palmi delle mani, con fare rilassato, e appoggiarsi meglio allo schienale della panca.
    « Aggiornami un po', prima che nonna Molly faccia sparire il mio cadavere per non averla ascoltata sul trasferirmi qui non appena la crisi è cominciata. Questo posto è.. normale. Con gente normale. Come avete convinto il generale a darvi l'ora d'aria? »
    Lo guarda, strizzando un po' gli occhi in una mezza smorfia di fronte alle sue ultime parole. È chiaro che la vita ad Inverness è ben diversa da quella che conducevano prima dell'emergenza, eppure a Malia non sembra dispiacere. Le piace dare una mano, essere parte di qualcosa di più grande, fare del bene e aiutare. Sorprendentemente, non è il tipo di persona che si lamenta quando c'è troppo da fare e poco tempo libero. Ha scoperto inaspettatamente di essere abbastanza ligia al dovere, quando si tratta di lavoro e non di studio: forse una conseguenza dell'esperienza traumatica del castello, chissà. « Non è così male come pensi, sai. E saresti potuto venire prima. Sì, ci sono persone normali, che fanno lavori normali e una vita normale. Pensavi di trovarci tutti in accampamento a condividere in venti una sola tenda, tipo la finale della Coppa Mondiale di Quidditch di tre anni fa? Siamo un pochino più sistemati di così, dai. E la cara nonna Molly parla sempre di quanti scappellotti ti darà non appena ti vede, te lo anticipo. » Ridacchia, nel ripensare alla nonna di James, Olympia, Albus e Sirius. Prova un grande affetto per lei, e per i suoi modi di fare tanto materni e amorevoli anche nei confronti di chi non è suo parente, come lei ad esempio, Tris o anche Amunet. Tutti la adorano. « E comunque, in merito all'ora d'aria, stiamo facendo tutti un po' di meno ultimamente. Anche perché c'è davvero poco che si possa fare. » In che modo ci si prepara al caos che li aspetta? « Ma invece perché non mi racconti un po' di quello che hai fatto in questi mesi di latitanza, eh? Dove sei stato di bello? » Inclina la testa di lato mentre lo guarda, curiosa. « E magari un messaggio ogni tanto potevi mandarlo, sai. O comunque potevi evitare di ignorare i miei. » A questo punto gli rivolge una linguaccia indispettita, per poi distendersi meglio sul sedile alle sue spalle.


    Edited by on the edge‚ - 11/9/2018, 00:41
     
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    « Sogno o son desta, è proprio il figliol prodigo della famiglia Potter che torna a casa e ci degna finalmente della sua presenza? » Si stringe nelle spalle il solitario viaggiatore, ancora fortemente a disagio di fronte alla sua posizione tutto fuorché favorevole. Si sente a disagio, estraneo, come se si fosse perso un pezzo di tante cose. Aveva la sua fetta di torta e l'ha spedita al mittente con un calcio rotante, preferendo piuttosto le avventure in solitaria che a detta sua sarebbero state molto più entusiasmante dell'idea di seguire le regole di un qualunque ex sicario con manie di protagonismo. Suo padre glielo diceva sempre che il cruccio di James non era tanto il fatto che non s'impegnasse abbastanza, quanto il fatto che aveva un talento innato nel riuscire a gettare alle ortiche le sue migliori opportunità. A ben vedere il Quartier Generale e Inverness non era nulla di ciò che si era immaginato. Non erano un mucchio di contadinotti stupidi. Anzi, a ben guardare alcuni di quei tipi, sembravano a dir poco cazzuti. Anche chi, guerriero non lo era anche a distanza di un chilometro, sembrava essersi forgiato, sembra essersi forgiato e ricostruito da capo. Prendiamo Malia Stone: sembrava essersi conquistata uno sguardo ben più maturo, una certa postura più fiera, più consapevole. Nell'ergersi in piedi vide molto meno della sciocca Grifondoro tutta risate e goliardia e ben più le sembianze di una giovane donna ormai pronta a spiccare in volo - sempre se, non era già spiccata. Qualunque esperienza deve aver affrontato lei quanto chiunque assieme a lei si trovasse nel castello, li aveva cambiati, mentre James restava sempre quel bimbetto con lo sguardo torvo che sembrava guardar tutto con lo scetticismo di un piccolo profano inconsapevole. « Potevo davvero perdermi l'occasione di gonfiare di botte Rudy? » Scoppia a ridere leggermente. In fondo è contento che sposi sua sorella. Non approva del tutto, perché Olympia resterà sempre il piccolo pulcino da proteggere, ma in fondo deve dire che sua sorella ha portato a casa persone ben peggiore. Tipo quel Carrow. Oh quello sì che lo avrebbe preso a botte ben volentieri. Alla fine ci aveva pensato suo fratello, a detta delle epiche narrazioni che si erano espanse nei distretti di piombo grazie alle dirette instagram di James. Certo, non per i motivi che James riteneva giusti, tipo l'aver sfiorato anche solo con un fiore Olympia, ma in fin dei conti, il fine giustifica i mezzi. « Ti do il permesso gne gne gne. Stai zitto, che tanto lo so che non vedevi l'ora di farti rompere le palle da me. Che poi, è davvero una rottura se la vieni a cercare? » Solleva un sopracciglio prima di rivolgerle un sorriso mandrillo accompagnato da un veloce occhiolino che sembra dimostrarle appieno l'apprezzamento di quella risposta per le rime. « Colpito e affondato. Stone! Così mi ferisci. » Le accarezza appena la schiena mente la stritola per bene, prima di lasciarla sedersi al proprio posto, facendo altrettanto dal lato opposto del tavolo. Getta velocemente uno sguardo incuriosito verso i fogli scarabocchiati che la ragazza ha di fronte, indicandoli con il mento. « Comunque sì, beh, questa roba non è studio ma è pur sempre per tua sorella. Sai, capiti a fagiolo, potresti aiutarmi a scrivere qualcosa di sensato, visto che dopo essermi spremuta le meningi per mezz'ora il risultato è stato questo. Sì, ecco, insomma, sono una dolce damigella d'onore proprio ammirevole, non trovi? » Inclina appena la testa per guardare un foglio quasi completamente bianco. « Stai molto avanti, vedo. » Asserisce osservandola con aria divertita e decisamente ironica mentre scuote la testa. Cosa scriverei io se fossi un testimone di nozze? Una domanda quella che improvvisamente sembra sovraffollare la sua mente a tal punto da obbligarlo a corrugare la fronte. Non è facile. Descrivere l'universo di un migliore amico è più complicato di decantare il proprio amore. Molti pensano che l'amicizia sia più facile da descrivere di una relazione. In realtà è tutto il contrario. È più facile dare per scontato un amico di un amore; l'amico è quella persona che c'è sempre fino al punto da essere inglobato nella propria vita fino a diventare un pezzo talmente fondamentale da sembrare un elemento simbiotico. L'amore è sempre più precario, più sfuggente, più straordinario. Insomma, tutto questo per dire che « Hai un compito infame. » Pausa. « Sarebbe il brindisi giusto? » Resta un attimo a pensarci mentre afferra la matita ponendosela tra le labbra. Piega il foglio in diverse combinazioni precise fino a formare un aeroplano di carta su cui scrive infine Rudy e Olympia pensieroso. Rudy e Olympia prendono il volo, vanno via di casa, insieme. E seguendo quel pensiero getta l'aeroplano in volo, portato via lontano dal vento fino ad atterrare sullo specchio d'acqua del fiume. « Sai che ti dico? Lascia perdere. Quando arriverà il momento saprai esattamente cosa dire. » Si stringe nelle spalle. « Le parole dovrebbero essere semplici. Spontanee. Capisci cosa voglio dire? Ti vuole come damigella perché sei tu, non perché saprai fare l'arringa migliore in proposito. » Per James è tutto facile. La vita è facile, dovrebbe esserlo. Semplice e serena, non certo quel gorgoglio complicato che è diventato. Forse per questo ha cercato di restare lontano dalle responsabilità. In fondo ci crede ancora al sentimento genuino di fare la prima cosa che gli viene in mente, come il gesto di comporre quel aeroplanino di carta. « Oh beh, te lo dico io cos'è, è che sono molto più bella dell'ultima volta, questo è chiaro » E niente, è la solita rompicoglioni. « Non ci credo James. Eri a tanto così - a tanto così - dal farmi un complimento. Proprio non ce la fai, non è vero? No, comunque. La rompicoglionaggine resta tutta, e unicamente per te, mi amor. Come faresti altrimenti senza? » Scoppia a ridere. Continua a pensare che sia diversa, ma in fondo è la stessa Stone che si ricorda, e gli fa piacere che alcune cosa non cambiano mai. Tipo ad esempio l'impuntarsi di Albus sulle minuzie, o le urla e gli insulti amorevoli di sua nonna, le tristi battute di nonno Arthur e l'ironia intrinseca di suo padre, le carezze della mamma e la fissa vertiginosa di Siri per i videogiochi. Ci sono cose che non cambiano mai, e questo fa ben sperare James. Un eterno sognatore che anche con le orde grigie alle spalle continua a cavalcare verso il tramonto come un epico cavaliere dei tempi moderni. Certo, sono altrettante le cose che sono cambiate, ma un certo qual modo riesce ancora a percepire una sorta di substrato, un essenza che non vuole mollare la presa sul mondo, che si aggrappa alla vita ricordando loro che non tutto è perduto. « Senti, il poeta in famiglia non sono io. Se volevi sentirti decantare Catullo, dovevi chiamare Albus. » Ed ecco una prima peculiarità di James. Quello che dissimula ma non ci riesce più di tanto. Che sapesse chi fosse Catullo era più che ovvio, che lo avesse letto non poi tanto plausibile, ma sotto lo strato del giocatore di Quidditch con chiari problemi nel impegnarsi si celava un animo curioso che subiva con una certa veemenza la fascinazione delle nelle arti. Una fascinazione che tentava di celare magistralmente perché non in linea col motociclista solitario che evade da qualunque forma di costrizione. « Che onore! Metti su tutta la scenetta della rompicoglioni solo per me? Stoooone! Così ti avventuri nelle sabbie mobili. » E scommetto che ci sguazzi con una certa maestria di proposito. Solleva le sopracciglia con uno sguardo eloquente prima di portarsi temerariamente la sigaretta alle labbra allungandole il pacchetto, invitandola a servirsene se ne avesse voglia. Lucky Strike rosse, pacchetto morbido tipicamente vintage, così tanto in linea con il suo energico stile trasandato d'altri tempi. Nulla di studiato nei minimi dettagli, piuttosto espressione del solito menefreghismo con cui affrontava gli aspetti più materialistici dell'esistenza. « Non è così male come pensi, sai. E avresti potuto venire prima. Sì, ci sono persone normali, che fanno lavori normali e una vita normale. Pensavi di trovarci tutti in accampamento a condividere in venti una sola tenda, tipo la finale della Coppa Mondiale di Quidditch di tre anni fa? Siamo un pochino più sistemati di così, dai. E la cara nonna Molly parla sempre di quanti scappellotti ti darà non appena ti vede, te lo anticipo. » « Nonna Molly dovrà prima prendermi, per suonarmele. » Le rivolge un occhiolino complice prima di spostare lo sguardo alla propria destra sentendo il resto del discorso. « E comunque, in merito all'ora d'aria, stiamo facendo tutti un po' di meno ultimamente. Anche perché c'è davvero poco che si possa fare. Ma invece perché non mi racconti un po' di quello che hai fatto in questi mesi di latitanza, eh? Dove sei stato di bello? E magari un messaggio ogni tanto potevi mandarlo, sai. O comunque potevi evitare di ignorare i miei. » Quel avresti potuto venire prima, ha ora nella sua testa un sapore di te l'avevo detto e non fa altro che prefigurargli in testa tutta una serie di lamentele che si sentirà nei prossimi giorni sul conto delle sue decisioni.
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    « Sono stato un po' qua, un po' là - niente di fisso. Dopo che il Burlesque è stato compromesso non ho fatto molto caso a dove andassi. Ho tentato per lo più di tenermi sempre quella roba alle spalle ben lontana dalle chiappe. » Ed era impressionante a volte vedere come la porzione su cui si trovava lui era - seppur deserta - pressoché normale, mentre non più di una decina di chilometri alle sue spalle sembrava esserci tutto un altro mondo. « Speravo di fare una sosta dalle parti di Dufftown prima di passare qui; c'era una fabbrica di birra rossa da quelle parti magnifica, un tempo. Fatto sta che questa bravata mi ha quasi costato un infarto. Di scatto mi sono ritrovato il grigio alle spalle a qualche chilometro, e il grigio anche davanti a.. non più di un chilometro? » Quello proveniente da Hogsmeade, e quello proveniente presumibilmente da Londra. Si stava espandendo ormai così tanto che era probabilmente più semplice contare le aree non infette. « E niente, ho dovuto fare marcia indietro e costeggiare letteralmente questa roba per arrivare qua. Solo per poi rendermi conto che da un lato siete già stati colpiti da quella roba. » E infatti dicendo ciò il suo sguardo si erge alle spalle dove sul lato ovest, oltre le mura della città si può distinguere chiaramente la linea di demarcazione con il grigio perenne da cui James stesso è uscito per vedere per la prima volta dopo tanto tempo la luce del sole. Non a caso, seppur avesse evitato le chiazze grigie a tutti i costi, poteva dire con certezza che anche nelle zone non infette il sole non si vedeva più dallo scoppio. Le temperature erano più basse del solito e la coltre di nuvole era perenne. Nulla in confronto alla lunga notte dell'oltretomba, ma pur sempre.. triste e deplorevole. « Comunque non so cosa mi aspettassi. Da quando avete preso Hogsmeade, girano un sacco di voci su questo posto nei distretti di piombo. » Di punto in bianco, della società segreta di cui nessuna sapeva nulla, tutti avevano qualcosa da dire. Quei soliti racconti che James per primo aveva relegato a una sorta di racconto popolare, che chi non aveva nient'altro da fare se non aspettare la morte, narrava attorno a un fuocherello improvvisato in mezzo a una strada, per trascorrere il tempo. « Spoiler alert: non sono mai cose davvero belle. In generale non sapevo che idea farmi, non riuscivo nemmeno a immaginarmelo. » Inverness, James non l'aveva mai visitata. Nemmeno la parte da tutti babbana a cui tutti avevano accesso. « Però ecco, un'idea tanto bella non me la sono fatta. Ricordi che volevo fare l'Auror no? Ecco, diciamo che l'idea che questi facessero praticamente un lavoro simile al di fuori della legge, non mi faceva ben sperare. » Sempre sincero fino al punto di rasentare la crudeltà, James Potter. « Ma.. si stanno occupando di Siri, e di Albus, e hanno accolto Olympia come una di loro. I miei genitori e nonni hanno trovato il loro spazio qui dentro, così come quasi tutti i miei cugini, quindi immagino che ho poco di cui lamentarmi. » Si stringe nelle spalle con noncuranza. Non ha problemi ad accettare la sconfitta di essersi lasciato ingannare dalle apparenze e dai pregiudizi. Ancora non capiva in che dimensione si trovasse, ma questo non significava che solo perché una cosa lui non la capiva, allora era per forza da additare come negativa. « Ricordo che nemmeno papà era tanto convinto all'inizio. » In questo lui e James erano molto simili. Quasi ottusi nei confronti di qualunque cosa fosse al di fuori del mondo che consideravano la degna estensione della loro personalità. « Quindi ti trovi bene, eh? » Fa una leggera pausa tempo in cui si gira ancora una volta a guardarsi attorno. « E qual è il tuo ruolo qui? Sei ancora il secondo del generale in comando? Oppure abbiamo appurato che il generale non è davvero il generale? » Scoppia a ridere ricordandosi quel duo davvero indolito di Tris e Malia ai tempi della scuola. La prima scorbutica e decisamente poco incline a qualunque forma di rapporto umano; l'altra l'esatto contrario, sempre intenta a cercare di smussarne gli angoli, spesso con ben pochi risultati. Tra i suoi compagni c'era una certa fascinazione nei confronti di entrambe - e molto probabilmente anche nei confronti di sua sorella, cosa che, tuttavia non avrebbero mai ammesso di fronte a lui.


     
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    « Hai un compito infame. Sarebbe il brindisi giusto?» Sospira, per poi annuire con fare avvilito. È ben consapevole di avere un compito difficile, non tanto per ciò che deve fare materialmente, quanto più per il ruolo che ha da ricoprire. Damigella d'onore. Testimone. Pare stupido a dirsi, eppure Olympia l'ha scelta come persona a testimonianza dell'amore che la lega a Rudy, e questo, forse un po' stupidamente, le mette addosso un senso di responsabilità che non sa come gestire. E lo sanno tutti, che Malia Stone e le responsabilità non vanno esattamente d'accordo come dovrebbero. Rimane in silenzio, le braccia incrociate sul tavolo di legno ed il mento appoggiato sull'avambraccio, mentre osserva il ragazzo studiare quel foglio praticamente vuoto, l'espressione poco speranzosa. Lo sa bene, che c'è poco da sperare se si chiede un consiglio di questo tipo a James Potter. E infatti non meno di due secondi più tardi quel foglio su cui si è tanto concentrata nell'ultima ora vola via dalle mani del ragazzo, sotto forma di aereoplanino di carta, fino a finire nel fiume. La mora osserva quelle poche parole trascinate via dalla corrente, per poi tornare con l'attenzione su James. « Sai che ti dico? Lascia perdere. Quando arriverà il momento saprai esattamente cosa dire. Le parole dovrebbero essere semplici. Spontanee. Capisci cosa voglio dire? Ti vuole come damigella perché sei tu, non perché saprai fare l'arringa migliore in proposito. »
    Si stringe nelle spalle, le braccia ancora conserte, mentre solleva un angolo delle labbra in un mezzo sorriso. Fra i fratelli Potter, James è sempre stato quello più simile a lei. Spontaneo, irriverente, dalla risposta sempre pronta, positivo ed energico in qualunque situazione. Probabilmente sono state queste le motivazioni principali per cui, appena entrata a Hogwarts, l'ha preso come modello di riferimento. Riusciva a rivedervisi con facilità. Ricorda di aver trascorso una fase, al secondo o terz'anno, in cui era praticamente la sua ombra: lo seguiva agli allenamenti di Quidditch, per pregarlo poi di insegnarle qualche nuova manovra da fare sulla scopa, si nascondeva nel suo dormitorio per imbucarsi clandestinamente ai festini con gli altri ragazzi più grandi, e arrivava a rompergli le scatole perfino quando era in compagnia di qualche ragazza, trovando le scuse più assurde per disturbarlo. E adesso, sebbene siano sempre più rare le volte in cui si ritrova insieme con lui, data la sua indole libertina, le sembra quasi di ritornare un po' bambina, quando è in sua compagnia. Come se fosse ancora la dodicenne priva di qualunque esperienza e pronta a imparare tutto dal grande James Potter, che ai tempi della vita doveva sapere ancora poco, ma che aveva tutta l'aria di uno che può insegnarti tutto. Si morde leggermente il labbro inferiore, mentre torna a guardarlo. « Non lo so. Sai che per me non è così facile. Non parlare, intendo. » Quello, e James lo sa perfettamente, Malia sa farlo fin troppo bene. Non ha mai avuto problemi a parlare di fronte ad un gran numero di persone, è una logorroica di natura - ed è proprio per questo che sente di dover preparare qualcosa, per limitarsi, in qualche modo. « Però, ecco... magari finisce che dico qualcosa di sbagliato. L'ultima cosa che voglio fare è rovinare il matrimonio di tua sorella facendo una battuta fuori luogo. » Con la mente ripensa automaticamente alla festicciola in casa di Beatrice, appena qualche settimana prima, e a come Olympia se l'era presa per una battuta infelice fatta da Rudy. Per quanto potesse riconoscere l'errore, la mora ha compatito altrettanto il compagno, perché dentro di sé è consapevole di poter commettere un errore del genere. E farlo il giorno del matrimonio della sua migliore amica... Sbuffa, allontanando i restanti fogli da sé, spingendoli in direzione del ragazzo, per poi scuotere la testa. « Lo so, sono ridicola. Non so perché mi preoccupo tanto, è solo una stupida cerimonia. Ma so che Olympia sta preparando una cosa fantastica e non voglio fare casini come al mio solito, mi capisci? » E qui non c'è bisogno di specificare troppo. Perché i classici casini della Stone li conoscono tutti quanti fin troppo bene.
    « Senti, il poeta in famiglia non sono io. Se volevi sentirti decantare Catullo, dovevi chiamare Albus. » Annuisce tra sé e sé a quelle parole, ridacchiando. Poi scuote la testa piano, con aria pensierosa.
    « Mi sa che Albus di questi tempi è impegnato a decantare Catullo per qualcun'altra, ahimè » scherza, mentre si allunga verso di lui per sfilare una sigaretta dal suo pacchetto. La porta alla bocca e se l'accende con la bacchetta, per poi aspirare e sbuffare una nuvola di fumo grigiastro. « Sai che c'è, non c'è lo stesso gusto se a offrirmele sei tu » osserva, regalandogli un sorrisetto furbo. Malia Stone, signore e signori, sei anni da fumatrice e mai un pacchetto comprato in vita sua. A James in special modo sente di aver sottratto di nascosto una quantità innumerevole di sigarette, negli anni.
    « Che onore! Metti su tutta la scenetta della rompicoglioni solo per me? Stoooone! Così ti avventuri nelle sabbie mobili. » Ridacchia di gusto, scuotendo la testa, per poi prendere un altro tiro della sigaretta, mentre le dita dell'altra mano tamburellano casualmente sulla superficie del tavolo.
    « Tranquillo, non sei l'unico a godere delle mie attenzioni. Mettiti in fila. » Scherza con leggerezza, lasciandosi andare ad una mezza risata divertita, e l'atmosfera rimane leggera ancora per qualche istante, almeno fino a quando James non comincia a raccontare ciò che ha visto nelle ultime settimane.
    Mentre parla, Malia prende a scarabocchiare distrattamente su uno dei fogli di fronte a sé. La linea della sua matita compie disegni astratti, senza un vero senso, e anche un po' bruttini: niente a che vedere con gli scarabocchi che farebbe un'Olympia sovrappensiero. E di tanto in tanto solleva lo sguardo, per osservarlo mentre parla. « Sono stato un po' qua, un po' là - niente di fisso. Dopo che il Burlesque è stato compromesso non ho fatto molto caso a dove andassi. Ho tentato per lo più di tenermi sempre quella roba alle spalle ben lontana dalle chiappe. Speravo di fare una sosta dalle parti di Dufftown prima di passare qui; c'era una fabbrica di birra rossa da quelle parti magnifica, un tempo. Fatto sta che questa bravata mi ha quasi costato un infarto. Di scatto mi sono ritrovato il grigio alle spalle a qualche chilometro, e il grigio anche davanti a.. non più di un chilometro? E niente, ho dovuto fare marcia indietro e costeggiare letteralmente questa roba per arrivare qua. Solo per poi rendermi conto che da un lato siete già stati colpiti da quella roba. » Annuisce a quelle parole, serrando le labbra, mentre sembra concentrata sulle linee irregolari sul proprio foglio. Sa esattamente cosa direbbero i genitori di James di fronte ad un racconto del genere, e perfino molte persone a Inverness: lo considererebbero un incosciente, un pazzo che ha perso la testa, pronto a girovagare da solo per la Gran Bretagna in un momento del genere. Malia non riesce a capirlo, perché l'ultima cosa che vorrebbe fare è passare tanto tempo senza la compagnia di nessuno, eppure non si sente nemmeno di giudicarlo. Annuisce, piano, e poi solleva lo sguardo dal proprio foglio, fino a incrociare gli occhi scuri di lui.
    « Magari quando racconti questa storia a nonna Molly o ai tuoi genitori, evita i dettagli, che dici? » gli sorride, per poi scuotere piano la testa. « Sei fortunato che non ci sei finito dentro, in ogni caso. Quella roba è davvero pericolosa, James. Lo so che probabilmente saresti in grado di cavartela, eccetera, ma in questi casi è meglio non rischiare. E lo sai che una cosa del genere detta da me vale almeno dieci volte di più. » Malia Stone che suggerisce un atteggiamento cauto e meno avventato? Qualcosa da scrivere sul calendario, senza dubbio.
    « Comunque non so cosa mi aspettassi. Da quando avete preso Hogsmeade, girano un sacco di voci su questo posto nei distretti di piombo. Spoiler alert: non sono mai cose davvero belle. In generale non sapevo che idea farmi, non riuscivo nemmeno a immaginarmelo. Però ecco, un'idea tanto bella non me la sono fatta. Ricordi che volevo fare l'Auror no? Ecco, diciamo che l'idea che questi facessero praticamente un lavoro simile al di fuori della legge, non mi faceva ben sperare. » Si stringe nelle spalle, con una certa noncuranza. Di certo non la sorprende
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    che nei quartieri londinesi non si parli poi tanto bene di Inverness. Forse la sorprende un po' di più che James sia stato capace di tener conto delle opinioni sentite lì, piuttosto che fidarsi dei propri familiari. « Ma.. si stanno occupando di Siri, e di Albus, e hanno accolto Olympia come una di loro. I miei genitori e nonni hanno trovato il loro spazio qui dentro, così come quasi tutti i miei cugini, quindi immagino che ho poco di cui lamentarmi. Ricordo che nemmeno papà era tanto convinto all'inizio. »
    Annuisce. Ricorda bene quel periodo, e le diatribe in casa Potter al riguardo, specie considerata la notizia di Jay. Malia sa di c'entrare poco e niente con quella famiglia, eppure, per una serie di cose, finisce sempre per esservi vicina, in un modo o nell'altro, anche nei momenti più critici. Si stringe nelle spalle, per poi appoggiare un gomito sul tavolo e sostenere il mento con il palmo della mano. « Lo so. La verità è che se non ci parli, con queste persone, e non le conosci personalmente... è facile considerarle tutte dei criminali. Forse un po' lo sono. Ma ci sono criminali anche dall'altra parte, che fanno i Ministri o i Capi d'Ufficio, quindi direi che siamo pari. » Sospira, per poi sorridere con leggerezza. Forse il suo è un approccio un po' superficiale alla cosa, eppure la vede così.
    « Quindi ti trovi bene, eh? » Annuisce d'istinto, convinta, prima di prendere un altro tiro della sigaretta. È difficile anche solo pensare di non trovarsi bene nell'unico posto che le ha dato un vero asilo sicuro dai tempi del Lockdown, e che al momento sembra non rappresentare una minaccia né per lei né per i suoi cari. « E qual è il tuo ruolo qui? Sei ancora il secondo del generale in comando? Oppure abbiamo appurato che il generale non è davvero il generale? »
    Rotea gli occhi al cielo a quelle parole, ma si unisce presto alle risate del ragazzo, perché coglie in modo del tutto immediato il riferimento alle sue parole. Anche dai primi anni di scuola, Beatrice Morgenstern è sempre stata un po' il generale di Grifondoro, un po' perché spinta da inclinazioni caratteriali, un po' per via della rigida educazione ricevuta. Scuote la testa, per poi allungare le braccia sul tavolo, stiracchiandosi un po'. « Il generale è sempre il generale. Se anche la dovessero spodestare, lei troverebbe un modo per tornare al comando. È fatta per queste cose. » Una leader nata, la giovane Morgenstern. Perfetta per architettare piani e dirigere. Malia, dal suo canto, è il soldato perfetto: forte, tenace e fedele in ogni situazione. La mente ed il braccio. Sempre capaci di completarsi a vicenda, e spesso, sorprendentemente, in grado di ritrovare più punti in comune che divergenze. « Comunque, non so, io faccio un po' di tutto. Faccio parte dell'Ordine della Fenice che suona tanto figo ma nel pratico perdo tempo a fare ronde a Loch Ness a guardare i pesci che fanno bollicine. E neanche un mostro marino che mi movimenti la giornata, capisci? » Mette su un broncio triste, con fare molto teatrale. Poi fa spallucce. « Ma, insomma, te l'ho detto, non c'è molto da fare. C'è chi coltiva le piantagioni, chi bada ai bambini e chi si occupa della sicurezza. In generale però non ci sono emergenze. Fatta eccezione per, beh... » rotea gli occhi, indicando la nuvola grigia che incombe alle proprie spalle. « Ma per quello c'è poco che possiamo fare. E... niente, in questi giorni do una mano a tua sorella con il matrimonio, insieme a Tris. Non hai idea di quante cose ci siano da preparare, e siamo un sacco indietro. E nel frattempo dobbiamo pure organizzare l'addio al nubilato senza farci scoprire. Un casino, lascia perdere guarda. » Ridacchia, mentre, quasi nervosamente comincia a piegare uno dei foglietti di fronte a sé, per farne un cappellino di carta. Lo spia sottecchi, mentre pare concentrata, e sembra tentennare per qualche istante, per ponderare ciò che sta per dire, prima di riprendere a parlare. « Cosa farai dopo il matrimonio? » Niente fronzoli né cortesie. James lo sa che Malia le cose le chiede così, ed è la cosa migliore per tutti. « So che sai già cosa ti dirà la tua famiglia, e forse è scontato ma provo a dirtelo anch'io. Dovresti rimanere, James. Inverness è un posto ospitale, te ne accorgerai, e poi qui ci sono tutti i tuoi parenti, e là fuori... » Sbuffa. « Non sai mai che cosa può succedere. Io cerco di non pensarci mai, però, onestamente, vorresti davvero essere lontano dai tuoi parenti quando... se succederà qualcosa? »
     
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    « Non lo so. Sai che per me non è così facile. Non parlare, intendo. Però, ecco... magari finisce che dico qualcosa di sbagliato. L'ultima cosa che voglio fare è rovinare il matrimonio di tua sorella facendo una battuta fuori luogo. Lo so, sono ridicola. Non so perché mi preoccupo tanto, è solo una stupida cerimonia. Ma so che Olympia sta preparando una cosa fantastica e non voglio fare casini come al mio solito, mi capisci? » In fondo, con le ragazze, James ha sempre avuto a che fare, ma quella fissa sui dettagli non l'ha mai capita. Si tratta solo di una festa; continua a ripetersi anche con una certa insistenza, non capendo fino in fondo perché poi tutto quel giro di follie. Sua sorella la conosce bene. Sa che certe cose per lei sono più importanti di molte altre, e riesce già a immaginarsi quella testolina rossa intenta a disperarsi ogni giorno perché ancora non ha raggiunto il livello massimo di perfezione dell'organizzazione. Malia, l'ha sempre vista come un'ottima influenza per Olympia. Il giusto ago della bilancia quanto al menefreghismo per aiutare a rilassarsi. Ciò che James non può immaginare è che, probabilmente, se anche a Malia dovesse toccare, il suo istinto di donna la porterebbe se non essere ai livelli di Olympia di certo a disperarsi perché non ha la più pallida idea di dove mettere le mani. E nel pieno del suo scetticismo riguardo alla reale portata di quelle preoccupazioni, liquida il discorso con una plateale alzata di occhi al cielo. Voi donne siete drammatiche per natura; persino tu Stone! Anche tu sei caduta nella trappola degli ormoni. « Mi sa che Albus di questi tempi è impegnato a decantare Catullo per qualcun'altra, ahimè » Scoppia a ridere scuote la testa di fronte a quelle parole, ben consapevole di dover affrontare a breve quella che per molti è la follia per eccellenza; lui quel connubio Potter- Carrow non ha avuto modo di metabolizzarlo nel tempo, come molti altri. L'ha visto nelle sue prime forte dopo la liberazione, e poi puff; di punto in bianco suo fratello stava diventando padre per la seconda volta a soli diciannove anni, aveva cani, gatti, ragazze incinte al seguito e via così. Un'immagine quella, che a ripensare allo sfigato depresso che ha preso in giro per anni, gli sa molto di strano. « Come tutti d'altronde. » La guarda di sottecchi mentre il suo sguardo si fa più ambiguo. Non è certo estraneo al fatto che anche la Stone ha il suo lui, a cui decantare eventualmente Catullo.
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    « E visto che ci siamo, aggiungo anche che è nella tradizione vedere una damigella fare casini. Specie quando all'altare ci va in compagnia del testimone assieme al quale va dormire ogni sera. » Il sorriso divertito si trasforma in una leggera alzata di spalle. Che c'è? Sarò pure rimasto fuori dal giri, ma questo non significa che non so davvero niente su di voi. E seppur le notizie dalle sue parti arrivassero più difficilmente, qualcosa in fondo arrivata. « Damigella testimone? Capisci l'antifona Stone? » La osserva mentre gli sottrae una sigaretta. « Sai che c'è, non c'è lo stesso gusto se a offrirmele sei tu » Oh i buoni vecchi tempi in cui vivevano ancora sotto lo stesso tetto. Altre avventure; a quel punto sembrava quasi una vita fa. Quei momenti in cui la maggior fonte di incazzatura era il fatto che qualcuno dei suoi amici avesse guardato il fondo schiena di sua sorella. Ai tempi James era ancora la sentinella dei suoi zucconi fratelli. Guardava le spalle ad Albus e Sirius per quanto potesse, e proteggeva Olympia come se fosse un fiore intoccabile. La maggior parte dei drammi erano per lo più ragazzate, cose stupide e insensate che al momento sembrano lontane dal circolo di preoccupazioni che hanno. E lì parte il racconto sulla sua epopea. Un lungo viaggio fatto del rifiuto di lasciarsi ingrigliare, di stare alle regole degli altri. Se gli venisse chiesto perché lo ha fatto, probabilmente rispenderebbe che in fondo, giunto ai suoi venerandi ventun'anni la strada è casa sua. Si è sempre immaginato così, una volta uscito da Hogwarts. In un mondo abbastanza libero da costrizioni che potesse permettergli di non preoccuparsi del lavoro e le responsabilità e che gli desse la possibilità di andare, andare e andare, senza mai guardarsi indietro. « Magari quando racconti questa storia a nonna Molly o ai tuoi genitori, evita i dettagli, che dici? Sei fortunato che non ci sei finito dentro, in ogni caso. Quella roba è davvero pericolosa, James. Lo so che probabilmente saresti in grado di cavartela, eccetera, ma in questi casi è meglio non rischiare. E lo sai che una cosa del genere detta da me vale almeno dieci volte di più. » Scoppia a ridere passandosi una mano tra i riccioluti capelli prima di alzarsi gli occhiali sulla testa per guardarla dritta negli occhi. « Lo sai che sono in grado di cavarmela o vuoi convincerti che sono in grado di cavarmela? » James; il solito provocatore. Assottiglia lo sguardo mentre tenta di trovare la risposta che più fa al caso del suo stesso quesito. Lo sa che Malia ha a cuore i propri amici; sa che non sopporterebbe perderli, e sa anche che sotto tutta quella scorza dell'imbranata emotivamente si cela una ragazza grondante di buoni propositi e sentimenti positivi verso chiunque la circondi. E' istintiva la ragazza che conosce; a guardarla ora, forse molto meno della ragazzina con cui ha condiviso gli ultimi anni di scuola, ma nonostante i suoi modi spesso maneschi, ha una sensibilità che difficilmente si può ignorare. Malia si fa voler bene; volenti o nolenti, la si lascia entrare, e se non si ha la buona volontà di farlo di spontanea volontà, lei troverà comunque il modo di farsi spazi a spintoni nel cuore di chiunque entri a contatto con lei. Quella temerarietà, James la conosce bene, e nella ragazza che ha di fronte l'ha sempre apprezzato, a tal punto che, per quanto nel corso degli anni ci abbia tenuto a farle sapere quanto la ritenesse insopportabile, la sua presenza è diventata quasi una specie di costante in mezzo a tantissime altre variabili. Malia è onesta, leale e terribilmente caparbia. Ed è la persona che chiunque vorrebbe al proprio fianco, che si tratti di una partita di Quidditch, la lunga strada della vita, o la fine del mondo. « Lo so. La verità è che se non ci parli, con queste persone, e non le conosci personalmente... è facile considerarle tutte dei criminali. Forse un po' lo sono. Ma ci sono criminali anche dall'altra parte, che fanno i Ministri o i Capi d'Ufficio, quindi direi che siamo pari. » « Malia Stone e il concetto di relativismo. Ecco una cosa che non pensavo di avere l'occasione di vedere. » Quel semplice ragionamento denota quanto in realtà sia cresciuta. Il tempo è passato sopra alle teste di entrambi dando loro maggiore consapevolezza di come guardare ciò che avevano attorno. Un tempo, un Serpeverde era un Serpeverde; sempre connotato alla stessa maniera, tranne per le dovute quanto paracule eccezioni. Tutto era vissuto in modo estremo, carpendo di ogni situazione solo il succo, la sua sostanza più pura. Col tempo gli angoli si erano smussati, anche i pareri e le loro visioni del mondo si erano attenuate. « Diciamo che nonostante il mio discorso di prima, credo che saremo pari solo quando i nostri avranno dato sufficientemente la caccia ai loro cari. » Una presa di posizione che in fondo denotava uno schieramento, seppur non sbandierato ai quattro venti. Perché in fondo, anche James, che contro l'ordine costituito non aveva mai voluto schierarsi in toto, non aveva gradito vedere i propri fratelli sui manifesti. Non gli era piaciuto sentire che erano stati costretti a fare i fuggiaschi e non trovare mai un posto proprio. Olympia stava per sposarsi, Albus aveva una famiglia, eppure, se non si costringevano di vedere Inverness come una soluzione definitiva, un posto proprio non l'avrebbero mai trovati. Forse avrebbero voluto vivere in città. Andare a teatro e al cinema, concedersi un appuntamento in qualche locale del centro. Tutto ciò a loro è stato negato. Ed è stato negato anche a Malia, alla sua cugina acquista e a tante altre persone che tutto sommato, James stimava, e non vedeva certo come criminali pericolosissimi.
    Alla fine la lascia parlare. E ascolta il suo racconto con interesse mentre consuma gli ultimi tiri della propria sigaretta. « Il generale è sempre il generale. Se anche la dovessero spodestare, lei troverebbe un modo per tornare al comando. È fatta per queste cose. » Scoppia a ridere scuotendo la testa. Chissà perché non ne aveva dubbi. « Comunque, non so, io faccio un po' di tutto. Faccio parte dell'Ordine della Fenice che suona tanto figo ma nel pratico perdo tempo a fare ronde a Loch Ness a guardare i pesci che fanno bollicine. E neanche un mostro marino che mi movimenti la giornata, capisci? Ma, insomma, te l'ho detto, non c'è molto da fare. C'è chi coltiva le piantagioni, chi bada ai bambini e chi si occupa della sicurezza. In generale però non ci sono emergenze. Fatta eccezione per, beh... » Non c'è nemmeno bisogno che tu lo dica. Mentre le racconta degli impegni riguardanti il matrimonio, James non può fare a meno di osservare il nervosismo dovuto allo stato in cui sembra venir gettata la ragazza. E' sovrappensiero, e allora giocherella distrattamente con uno di quei fogli di carta. Non è certo di cosa dirle. Andrà tutto bene è una promessa troppo intima, che non sa se potrà mantenere, e non sa nemmeno se sia in diritto di fargliela, proprio lui. E quindi decide semplicemente che è meglio semplicemente ascoltarla e attendere che finisca. A tratti sembra lo sfogo del nulla di fatto. Uno sfogo che include un perpetuo attendere. Non deve essere facile per te eh? Stare a guardare non ti è mai piaciuto. « Cosa farai dopo il matrimonio? So che sai già cosa ti dirà la tua famiglia, e forse è scontato ma provo a dirtelo anch'io. Dovresti rimanere, James. Inverness è un posto ospitale, te ne accorgerai, e poi qui ci sono tutti i tuoi parenti, e là fuori... Non sai mai che cosa può succedere. Io cerco di non pensarci mai, però, onestamente, vorresti davvero essere lontano dai tuoi parenti quando... se succederà qualcosa? » Lo sguardo di James sembra perdersi di fronte a sé per un istante. Non sa cosa farà dopo il matrimonio. Un tempo era certo della sua vita, proprio perché così precaria. Oggi la precarietà gli appare come una lama a doppio taglio. Finché il kraken non aveva sfondato il velo di Hogsmeade, stare là fuori era stato un dono divino. Poteva fare qualunque cosa volesse, essere chiunque volesse, andare ovunque volesse. Sembrava avere il mondo tutto a portata di mano e nessun vincolo che gli impedisse di fermarsi. Ora invece le cose erano cambiate e anche in maniera piuttosto repentina. « Non lo so. » Ammette piuttosto combattuto. Sa che restare ad Inverness è la cosa migliore, ma al contempo non può fare a meno di pensare che quella sia l'ennesima costrizione. Si sente soffocato. E' molto tempo che si sente ormai soffocato. Prima i fratelli finiscono a Portland e lui deve starsi zitto e buono; poi il campionato viene congedato ma lui deve comunque restare nei paraggi per aiutare a Hogsmeade quando il castello si blinda. Poi finalmente i suoi cari sono finalmente al sicuro e lui può concedersi una pausa. In fondo non so perché sto scappando. Forse perché mi accorgo che infondo ciascuno ha il proprio posto tranne me. Il ruggente James Potter, un tempo indispensabile per tanta, troppa gente, diventato niente più che un suppellettile della famiglia Potter. « Vivere là fuori è diverso. A nessuno frega niente del fatto che ti chiami Potter, o Weasley, o in qualunque altra maniera. Ti guadagni tutto sudandotelo indipendentemente da chi sei. » Ed è una sensazione che tutto sommato non mi è dispiaciuta. Di tutti i Potter, James era quello che ci aveva sguazzato maggiormente nella fama dei suoi genitori. Pensava tutto gli spettasse, e in quanto primogenito, lui per primo si era convinto che sarebbe stato l'orgoglio della famiglia. « Ho un fratello minore che ha già una famiglia, e una sorella che sta per sposarsi. Cristo santo, ormai qui avrei a che fare con così tante implicite pressioni, da farmi venire voglia di gettarmi da quelle mura. » Gliele indica con un sorriso amaro mentre parla. « Un po' mi spaventa il fatto che tutti sono andati avanti, mentre io sono rimasto pressoché lo stesso. Per la miseria Stone, siete un'ansia infinita! Con la scusa della morte certa, vi siete dati tutti alla vita sedentaria e alla convivenza. » Scuote la testa. « Questa cosa non fa per me. » Solleva lo sguardo sulla mora incrociando le braccia al petto, non prima di essersi abbassato nuovamente gli occhiali da sole sul naso. « Voglio bene a molta della gente che sta qui, ma ho come l'impressione che ormai viviamo su due pianeti diversi. Un tempo io e Albus andavamo in campeggio per giorni assieme, con Sirius perdevo giornate intere a giocare ai videogiochi. C'erano quelle lunghissime cene in famiglia che finivano con i fuochi che organizzava Fred. Io e Teddy stavamo sempre a suonarcele. E poi un tempo io e te stavamo per ore a un tavolo a bere birre, tentando di racimolare più numeri di telefono di ochette del cazzo e mentecatti di passaggio. » Puoi dirmi davvero che queste cose sono ancora possibili alla luce degli eventi? « Accompagnavo Limpy in questo e quell'altro posto e litigavo con nonna Molly sul fatto che dovesse smettere di reputare Albus un avanzo di galera - anche se poi con lui nei paraggi, la buttavo sempre sulla presa in giro che finiva con offese pesanti. » Era la nostra normalità, ed era bella. Era semplice. « Io queste cose ho ancora voglia di farle. Ma dubito che succederà. E' tutto cambiato. E non so quale potrebbe essere il mio ruolo in tutto questo. » Si stringe nelle spalle non sapendo esattamente come chiederglielo. Un po' ci pensa al fatto che potrebbe mortificarla. « Le cose sono precipitate un po' troppo velocemente. A te non pare? Mettiti al mio posto. »


     
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    « E visto che ci siamo, aggiungo anche che è nella tradizione vedere una damigella fare casini. Specie quando all'altare ci va in compagnia del testimone assieme al quale va dormire ogni sera. » Solleva lo sguardo a quelle parole, andando ad incontrare quello del ragazzo, un piccolo sorriso che le incurva le labbra. Si stringe nelle spalle, solleva lo sguardo al cielo e sbatte le ciglia più volte, mentre porta le mani incrociate sotto il mento, nell'intento di mimare un'espressione angelica e priva di colpe. « Damigella testimone? Capisci l'antifona Stone? » Ridacchia, divertita, per poi scuotere leggermente il capo.
    « Vedo che, nonostante la vita da nomade, ci teniamo informati, Potter » osserva, un po' scherzosamente, mentre tamburella con le mani sul tavolo di legno. Le sembra ancora un po' strano sentir parlare gli altri della storia con Sam, come se fosse ancora una novità. L'aver vissuto la gran parte dei momenti con lui dentro al castello, o confinati tra le mura di qualche città, ha reso tutto quanto molto più intenso e quasi scontato nella sua mente, e la sorprende ancora scoprire che per qualcuno la loro relazione non è che una novità, e anche parecchio insolita. In fondo, fino all'anno precedente chiunque sarebbe sussultato di fronte all'idea di una Malia Stone impegnata in una relazione più lunga di qualche settimana o qualche mese al massimo, così come nessuno avrebbe mai pensato di vedere Samuel Scamander che smette di fare il Don Giovanni con chiunque abbia intorno.
    « Lo sai che sono in grado di cavarmela o vuoi convincerti che sono in grado di cavarmela? » E, anche in questo, James è cambiato ben poco. Si assomigliano in tante cose, è vero, e la giovane Grifondoro ha sempre adorato questo suo avere la risposta sempre pronta, spesso pronunciata con quel suo fare sardonico, anche nei momenti meno opportuni. In questo istante, però, si sforza di mostrarsi scocciata, più che divertita, e rotea gli occhi al cielo.
    « Ha importanza? » domanda, il tono strascicato e un po' lamentoso, mentre appoggia entrambe le braccia sul tavolo, per poi allungarvi con il busto su di esso e poggiare il mento sul dorso della propria mano. « Quando verrai risucchiato da quella nube grigia non farà tanta differenza, sapersela cavare o meno. Si tratta di essere furbi, qui. » Malia, furba, non c'è mai stata. Se posta dinnanzi ad un bivio, è sempre stata propensa verso la scelta peggiore: quella più stupida e più facilmente destinata a fallire, quella fatta di sospiri sconsolati e "Te l'avevo detto" pronunciati con aria giudicante. Non è nella sua natura riflettere più del normale, e ponderare i rischi delle proprie azioni: e dentro di sé capisce l'agire così istintivo del ragazzo, perché sa bene che anche lei, se non fosse stata sottoposta a tutte quelle torture all'interno del castello, ritrovandosi a lottare contro una morte certa giorno dopo giorno, probabilmente avrebbe agito allo stesso modo. Un po' le manca quella spensieratezza d'animo che lui sembra conservare, nonostante tutto. C'è una parte di lei che vorrebbe potersi strappare di dosso tutte quelle brutte esperienze, quelle cicatrici accumulate negli ultimi mesi, e poter tornare ad essere la Malia Stone di sempre, quella che passava il tempo a dire più stronzate che altro, quella che alle questioni degli adulti non ci pensava nemmeno lontanamente.
    « Diciamo che nonostante il mio discorso di prima, credo che saremo pari solo quando i nostri avranno dato sufficientemente la caccia ai loro cari. » Annuisce, mentre lo sguardo scende casualmente sui fogli di fronte a sé, l'espressione che si fa un po' più seria.
    « In quel senso non saremo mai pari » replica, un po' cupa, per poi sollevare il capo, e focalizzare l'attenzione su James. Lo guarda con una certa decisione in volto, come se volesse sottolineare quanto sia seria quella questione per lei. Acqua passata, si potrebbe dire tranquillamente, ora che Inverness e Londra hanno iniziato a collaborare per tentare di salvare il salvabile dalle minacce imminenti, ma certe cose sono difficili da dimenticare. È impossibile cancellare completamente dalla sua memoria la tensione perenne, la paura di perdere qualcuno da un momento all'altro, l'angoscia di non poter visitare suo padre, a Londra, semplicemente perché lo avrebbe messo in pericolo con la sua sola presenza. L'ansia di non sapere cosa succedeva dall'altra parte. Impossibile descrivere il senso di disgusto nel vedere la propria faccia stampata su dei manifesti, neanche fosse una vera criminale, nello scoprire che le era stato attribuito un prezzo; nel sapere che ci stava gente, a Londra, tra i distretti di piombo, che trascorreva il proprio tempo a cercare lei e i suoi amici, e che era pronta a consegnarli ad un destino decisamente crudele, per il solo scopo di racimolare quella somma di denaro. « Nessuno qui sarebbe capace di fare una cosa del genere. Mettere al bando degli innocenti solo perché non si sa più che pesci pigliare... Qui nessuno sa essere tanto crudele. » Sospira, stringendosi dunque nelle spalle, conscia che si tratta ormai di un discorso alquanto sterile. Preferisce allora passare a questioni più urgenti, chiedere a James cosa ha intenzione di fare ed essere onesta con lui, fargli sapere qual è la sua opinione in merito.
    « Non lo so. Vivere là fuori è diverso. A nessuno frega niente del fatto che ti chiami Potter, o Weasley, o in qualunque altra maniera. Ti guadagni tutto sudandotelo indipendentemente da chi sei. » Annuisce a quelle parole, mentre lo ascolta con attenzione e lo guarda incuriosita. Chiamarsi Potter, un dramma che affligge tutti i figli del Prescelto sin da piccoli. In un momento o in un altro, Malia ha avuto modo di vederli tutti e tre tormentarsi per il pesante fardello che era il loro cognome. Certo, James è sempre stato più che contento del proprio cognome, a differenza di Olympia e Albus, ma è chiaro che convivere con una tale fama, e con le aspettative che ne derivano, non sia sempre facile o piacevole.
    « E così hai smesso di fare gli autografi, superstar? » Lo prende in giro sorridendo, mentre gli torna in mente quando, anni prima, il giovane Grifondoro, colto dai fumi dell'alcol e dalla classica goliardia che spesso aveva luogo il sabato sera ai Tre Manici, aveva cominciato a regalare in giro bigliettini con sopra una finta firma di Harry Potter, per fare colpo su una Corvonero particolarmente carina conosciuta quella sera.
    « Ho un fratello minore che ha già una famiglia, e una sorella che sta per sposarsi. Cristo santo, ormai qui avrei a che fare con così tante implicite pressioni, da farmi venire voglia di gettarmi da quelle mura. Un po' mi spaventa il fatto che tutti sono andati avanti, mentre io sono rimasto pressoché lo stesso. Per la miseria Stone, siete un'ansia infinita! Con la scusa della morte certa, vi siete dati tutti alla vita sedentaria e alla convivenza. Questa cosa non fa per me. » Aggrotta la fronte, chiaramente sorpresa da quelle parole. Incrocia le braccia sul tavolo e rimane a guardarlo in silenzio, le labbra leggermente dischiuse per lo stupore di quella piccola rivelazione che di certo non poteva aspettarsi. Ancora una volta, vivere quelle esperienze insieme a tutti gli altri
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    l'ha resa incapace di accorgersi come tutti quei cambiamenti, per loro naturali e spontanei, possano apparire repentini e inaspettati a chi ne è stato estraneo. « Voglio bene a molta della gente che sta qui, ma ho come l'impressione che ormai viviamo su due pianeti diversi. Un tempo io e Albus andavamo in campeggio per giorni assieme, con Sirius perdevo giornate intere a giocare ai videogiochi. C'erano quelle lunghissime cene in famiglia che finivano con i fuochi che organizzava Fred. Io e Teddy stavamo sempre a suonarcele. E poi un tempo io e te stavamo per ore a un tavolo a bere birre, tentando di racimolare più numeri di telefono di ochette del cazzo e mentecatti di passaggio. Accompagnavo Limpy in questo e quell'altro posto e litigavo con nonna Molly sul fatto che dovesse smettere di reputare Albus un avanzo di galera - anche se poi con lui nei paraggi, la buttavo sempre sulla presa in giro che finiva con offese pesanti. » Lo guarda, rimanendo ancora un istante in silenzio. Capisce cosa vuole dire; anche a lei mancano tutte quelle cose: la sventatezza, la disattenzione, le improvvisate, le serate fatte di alcol e di spensieratezza, l'assenza di responsabilità, la libertà di concentrarsi sui pensieri più stupidi e passare tempo a non fare nulla, semplicemente perché potevano. Adesso, tutto ciò che sembra rimasto di quel passato che pare lontano anni luce, è l'incognita del domani, che però assume una prospettiva ben più cupa e spaventosa rispetto a quando si domandavano cosa riservava loro il futuro tra le mura del castello. « Io queste cose ho ancora voglia di farle. Ma dubito che succederà. E' tutto cambiato. E non so quale potrebbe essere il mio ruolo in tutto questo. Le cose sono precipitate un po' troppo velocemente. A te non pare? Mettiti al mio posto. »
    Resta a guardarlo in silenzio, Malia, incerta su come rispondere. L'ultima cosa che avrebbe immaginato è proprio sentire James Potter dire che si trova fuori posto da qualche parte, specie se all'interno della sua stessa famiglia. Specie con i suoi amici, o con lei, che dalla sua parte non riesce ad avvertire lo stesso grado di cambiamento. Sospira, pesantemente, incontrando lo sguardo di lui. « Lo so. Capisco che può essere tutto diverso per te. Ma... » si stringe nelle spalle, mentre sembra cercare le parole migliori per spiegarsi meglio. « Ma sono successe delle cose che ci hanno influenzati tutti, in un modo o nell'altro. A nessuno piace la vita sedentaria, e soprattutto non a me, lo sai! Te l'ho sempre detto che avrei adorato venire con te in uno dei tuoi viaggi in moto - e magari un giorno lo faremo davvero. Ma la "morte certa" non è una scusa. Sta succedendo, James. È intorno a tutti noi. » Resta in silenzio un istante, mentre volge leggermente il capo alla propria sinistra, come a voler accennare a quell'enorme nube scura alle proprie spalle. « E rimanere al sicuro, insieme ai propri cari, non significa rinunciare a qualcosa definitivamente. Significa non fare gli stupidi. » Annuisce, con decisione, mentre appoggia entrambe le mani sulla superficie del tavolo e si sporge di più con il busto verso di lui, mentre pronuncia quell'ultima frase con tono enfatico. James, d'altronde, la conosce bene. Sa che per Malia è praticamente impossibile accettare le decisioni altrui, se ritiene che queste siano sbagliate, e allora farà di tutto per convincerli ad agire altrimenti. « Il fatto è che... non puoi dare la partita per persa se nemmeno provi a giocare, giusto? È come quando coi Falcons avete fatto quella partita contro quei bisonti dei Kestrels, e tutti vi davano già per sconfitti ancora prima di iniziare. Di sicuro i cattivi pronostici non vi hanno fermato dallo scendere in campo, no? » Sorride mentre parla, e tenta di costruire una metafora che non sa bene come gestire, né ha un'idea chiara di come renderla utile per il suo discorso. « Quello che voglio dire è... Uhm... » Si gratta la fronte, nel tentativo di prendere tempo per riflettere meglio. « Ecco, non puoi rinunciare a rimanere qui con noi solo perché pensi di non poter avere più un ruolo nelle nostre vite. » Lo guarda, mentre si stringe nelle spalle con semplicità. « Forse le cose non saranno le stesse di sempre, ma nessuno ha mai detto che saranno peggiori, no? Io dico che vale la pena provare a scoprire quale può essere il tuo posto qui. Tanto per provare, no? Potresti odiarlo, così come cambiare idea. Di sicuro ci faresti tutti più felici. I tuoi genitori, Arthur e Molly, Olympia e Albus, e tutti i tuoi parenti. E anche i tuoi nipotini. » Un sorriso intenerito si allarga nel pronunciare quelle ultime parole, mentre inclina leggermente la testa di lato. « So che sono successe tante cose, tutte da elaborare per te. Ma non devi necessariamente farlo da solo. » Si stringe nelle spalle, l'espressione decisa nell'affermare quell'ultima frase. Si umetta il labbro inferiore, per poi drizzare la schiena quasi di colpo. « Ti propongo un patto » dice, assottigliando un poco lo sguardo, e studiando la reazione di lui mentre parla. « Rimani a Inverness, dopo il matrimonio di Olympia e Rudy. Almeno fino a quando non si capirà che cosa sta succedendo intorno a noi. Quando - se, si corregge mentalmente - ci libereremo da questo schifo, puoi tornare a fare il nomade sulla tua motocicletta. Ma promettimi che proverai a restare. » Lo guarda, adesso più seria. Un posto per te qui c'è sempre. « In cambio, una volta liberi, ti prometto che torneremo a fare tutte quelle cose che prima ci rendevano così divertenti e poco prevedibili. Niente ansie né pressioni, facciamo tutto quello che vuoi tu. E costringeremo tutti gli altri a seguirci nelle nostre pazzie, è chiaro. » Gli sorride, estatica, mentre sembra quasi saltellare sulla propria panchetta di legno, in attesa di una risposta. Allunga la mano verso di lui, in attesa che gliela stringa per suggellare quel patto. « Allora, ci stai Potter? »
     
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    Si accorge James, di essersi in qualche modo perso per strada. Si è perso pezzi importanti della vita dei suoi fratelli e dei suoi amici più stretti, e per la sua figura di rovente leone sempre pronto a strapparsi il cuore dal petto per la gente a cui vuole bene, tutto ciò appare come una forma di sconfitta. Si sente in colpa per averli abbandonati, il tutto unicamente per una forma di egoismo intrinseco che l'ha portato, volente o nolente a curarsi unicamente di se stesso. Forse aveva bisogno di una pausa, di un momento di respiro. Quella situazione gli aveva dato l'opportunità di scappare e lui non se l'era fatta sfuggire. In fondo tutti abbiamo bisogno di momenti di pausa, di momenti lontani da noi stessi, momenti in cui saremmo in grado persino a tentare di allontanare persino le nostre stesse personalità. James si era sentito così; in fondo sapeva di essere indispensabile. Lo era lui per i suoi fratelli, tanto quanto loro lo erano per lui. Eppure, sembrava aver semplicemente deciso di spontanea volontà di ignorare tutto ciò e di darsi alla pazza gioia, provando il brivido del sopravvissuto. Sin da quando era stato buttato fuori dal quarti generale degli auror senza troppi riti, si era sentito un po' così.. allo sbando. Come se avesse mancato il suo più grande obiettivo nella vita e fosse stato costretto a ripiegare su ciò che sapeva fare meglio. Ma non sempre ciò che sappiamo fare meglio, è necessariamente anche ciò che ci rende più soddisfatti. Anzi, il più delle volte è proprio il contrario. E James, il ragazzo dai risultati facili e veloci, di insistere non ne aveva avuto voglia. Un po' perché in fondo pensava di non essere abbastanza, un po' perché si sentiva che avrebbe comunque mollato, un po' perché la svogliatezza sembrava un ottimo modo per celare la paura di un fallimento. Nel quidditch remare dritto era stato molto più facile. Al centro della folla, si era sentito nel suo elemento naturale, eppure, al contempo, aveva percepito il senso di inadeguatezza. L'impressione di aver mancato qualcosa, di aver mancato l'aspirazione di essere come il padre, dandosi al entertainment della classe borghese. E così quando non aveva potuto fare più nemmeno quello, era scappato, relegando tutto a un suo profondo desiderio di ricongiungersi con la natura e l'idea della vita allo stato brado. Gli era davvero piaciuto quel periodo? Nemmeno per sogno. Seppur fosse fondamentalmente un tipo piuttosto semplice, James amava i suoi confort; il suo appartamentino, il birrino del venerdì sera, il sabato in qualche club a ballare fino alle tre del mattino, le scampagnate della domenica, gli autografi fuori dal campo dopo ogni allenamento, l'occhietto dolce alla tipa di turno. Era nato per essere mondano, ma un mondano semplice, accerchiato pressoché dalle stesse compagnie con le quali ha instaurato un rapporto di fiducia sin da quando era un semplice poppante. Nemmeno questo sembrava esserci più. Le persone che lui conosceva, sono cambiate, hanno mutato le loro priorità. O forse, sono semplicemente cresciute. « Lo so. Capisco che può essere tutto diverso per te. Ma... sono successe delle cose che ci hanno influenzati tutti, in un modo o nell'altro. A nessuno piace la vita sedentaria, e soprattutto non a me, lo sai! Te l'ho sempre detto che avrei adorato venire con te in uno dei tuoi viaggi in moto - e magari un giorno lo faremo davvero. Ma la "morte certa" non è una scusa. Sta succedendo, James. È intorno a tutti noi. E rimanere al sicuro, insieme ai propri cari, non significa rinunciare a qualcosa definitivamente. Significa non fare gli stupidi. » Punto per te, Stone. Non può dargli torto, James, ma in tutta risposta invece di piegare il capo e ammettere il suo errore di valutazione, assottiglia lo sguardo e la fissa con quella sua solita aria da schiaffi. Seppur comprenda la preoccupazione diffusa della ragazza, James non ammettere mai di fronte agli altri il suo fallimento, il suo aver sbagliato nel considerare e valutare tutto ciò che lo circonda. « Ti sei proprio preparata un'ottima scusa da raccontarti, pur di non ammettere che in fondo in fondo, sei una bimba tutta casa e chiesa, eh? » La prende in giro, ma nonostante ciò l'espressione canzonatoria resta tale, mentre si inumidisce appena le labbra in attesa di sentirla ulteriormente sul punto. Se conosce la Stone, non ha finito, anzi ha appena cominciato a romperle le palle. E in fondo, qualcosa di famigliare in tutto ciò c'è. La Stone non smetterà mai di rompergli le uova nel paniere. « Il fatto è che... non puoi dare la partita per persa se nemmeno provi a giocare, giusto? È come quando coi Falcons avete fatto quella partita contro quei bisonti dei Kestrels, e tutti vi davano già per sconfitti ancora prima di iniziare. Di sicuro i cattivi pronostici non vi hanno fermato dallo scendere in campo, no? » Scuote la testa sorridendo. « E tu sei rimasta una fangirl nell'anima. » Seconda presa per i fondelli, mentre le da un leggero buffetto sul braccio. « Quello che voglio dire è... Uhm... Ecco, non puoi rinunciare a rimanere qui con noi solo perché pensi di non poter avere più un ruolo nelle nostre vite. Forse le cose non saranno le stesse di sempre, ma nessuno ha mai detto che saranno peggiori, no? Io dico che vale la pena provare a scoprire quale può essere il tuo posto qui. Tanto per provare, no? Potresti odiarlo, così come cambiare idea. Di sicuro ci faresti tutti più felici. I tuoi genitori, Arthur e Molly, Olympia e Albus, e tutti i tuoi parenti. E anche i tuoi nipotini. » « Ecco Stone, ricordandomi che quello stronzo di mio fratello ha messo la testa apposto, non mi aiuti. » Un commento come un altro, pur di darle ancora una volta contro. Ma un fondo di verità in tutto quello c'è. Agli occhi dei suoi, di fronte alle circostanze dei cambiamenti dei fratelli minori, James ha già perso in partenza la sua credibilità. Non pensava che tutto ciò lo avrebbe colpito così tanto, non finché non si è trovato di fronte al terrore di rendersi conto di essere rimasto indietro, mentre tutti gli altri erano già pronti a prendersi le proprie responsabilità. « So che sono successe tante cose, tutte da elaborare per te. Ma non devi necessariamente farlo da solo. » Ma infondo c'è davvero qualcosa da elaborare? Non sono invidioso, e tanto meno voglio quegli stessi cambiamenti che hanno scelto altri. E' forse solo senso di inadeguatezza. Una pressione psicologica che probabilmente nessuno gli avrebbe messo e che solo lui da solo, diffondeva nella sua testa pur di avere una nuova scusa per eventualmente volare via di nuovo. Sembrava semplice stare dietro a James quando sorrideva ed era sempre pronto a gettare sul piatto una nuova battuta, ma in realtà, viveva intriso di tutti quei dissidi che attanagliavano un ragazzo della sua età. L'incertezza per il futuro, la paura del confronto, la possibilità di realizzare di non essere abbastanza. Cazzo sembri una povera femminuccia; è questo ciò che gli direbbero i suoi amici, probabilmente persino Albus e Sirius e assieme a loro Teddy, se potessero scoperchiare la sua testa per guardarci all'interno.
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    « Ti propongo un patto. Rimani a Inverness, dopo il matrimonio di Olympia e Rudy. Almeno fino a quando non si capirà che cosa sta succedendo intorno a noi. Quando ci libereremo da questo schifo, puoi tornare a fare il nomade sulla tua motocicletta. Ma promettimi che proverai a restare. In cambio, una volta liberi, ti prometto che torneremo a fare tutte quelle cose che prima ci rendevano così divertenti e poco prevedibili. Niente ansie né pressioni, facciamo tutto quello che vuoi tu. E costringeremo tutti gli altri a seguirci nelle nostre pazzie, è chiaro. » Solleva un sopracciglio piuttosto scettico a quelle parole. « Mi stai per caso trattando da poppante, Stone? » Spegne la sigaretta ormai completamente consumata guardandosi attorno. « Guarda che non me li lavo i dentini dopo cena solo perché mi prometti il gelato. » Pausa. « A meno che non sia quello al pistacchio. » E scoppia a ridere. Vuole sembrare impassibile di fronte a tutto quel discorso di Malia, seppur in cuor suo sappia che la ragazza ha ragione, e anche più di una motivazione per parlargli in quel modo. E quindi ecco che, alla fine James Sirius Potter piega il capo, abbassando lo sguardo. « Allora, ci stai Potter? » Segue una lunga pausa tempo in cui James fissa la mano allungata della ragazza. Si abbassa gli occhiali da sole sul naso e si alza dal tavolino, afferrando la sua mano solo per poi fare il giro del tavolo. Giunto di fronte a lei la solleva quindi di peso e se la carica in spalla, smorzando così al suo solito il momento decisamente pesante che si era andato creandosi tra loro. « Boh non lo so, vedremmo. In tanto dov'è che si prende una birra decente qui? Una di quelle scozzesi che ti scaldano l'anima. Ho bisogno di poesia nella mia vita, Stone e tu sei davvero la persona meno poetica che conosca. » Cammina sul prato incamminandosi con la ragazza ancora in spalla verso l'uscita dal parco. « Se mi sei diventata pure astemia mi trasferisco in Burundi. Guarda te se oggi non ci facciamo mezzo fusto in due.. così per festeggiare. Mica sono tornato per niente.. e poi oh, vuoi mettere dobbiamo bere per il non sapevo di essere zio più sto diventando zio per la seconda volta.. per non dimenticare il fatto che tra un paio di giorni, avrò un cognato da tenere d'occhio. » La dura vita del coglione. E così, finirò per vagare in giro per Inverness, tra birre, risate e aneddoti divertenti.

     
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