Se ci scoprono siamo morti

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    E' la prima volta dopo tanto tempo che Peter Paciock non ha una gran voglia di sorridere. Probabilmente anni. E vorrebbe davvero riuscire ad affrontare tutto col solito spirito di menefreghismo che lo contraddistingue - anzi, con l'espressione ottimista di chi sa che, in un modo o nell'altro, riuscirà a scamparla. Perché lui l'ha sempre fatta franca, a tratti persino nel senso letterale del termine. Ma questa precisa volta è diverso. Ha gli occhi nocciola spalancati, ancora fissi su una delle luci psichedeliche di quella che si prometteva essere una serata memorabile. E grosso modo sembra ancora esserlo: alcuni presenti, ignari della realtà dei fatti - o forse soltanto incredibilmente insensibili, almeno dal punto di vista del signor Paciock - continuano imperterriti a festeggiare, a calare giù sorsi di vino oppure, chi lo sa, una di quelle pasticche che accentuano la felicità. E Peter, fino a pochi istanti prima, si stava comportando esattamente come loro. Al fianco di Daphne e June, scherzava su cazzate di poco conto e andava pure fiero di farlo, da bravo intrattenitore non richiesto dal popolo. Adesso li guarda disgustato, come se si fossero macchiati del peggiore crimine mai compiuto sulla faccia della terra. Cazzo ridete? - vorrebbe urlare al primo che passa, o magari direttamente dargli un pugno, scagliare una fattura. Una di quelle che fanno male. Non si preoccupa neanche della gravità del proprio pensiero - semplicemente scatta in avanti e sta sul serio per dare un pugno a un biondino del cazzo, anche se è amico di MJ, solo perché lo vede sorridere quando lui, dentro, è ormai capace soltanto di bruciare. Lo guarda con gli occhi di fuoco, ed è per mera fortuna che distoglie l'attenzione, trascinato dalla folla che inizia ad animarsi, ad agitarsi, a fare quello che una platea dovrebbe fare una volta appresa una notizia di tale portata. Stringe nervosamente la bacchetta nella mano destra, pronto a combattere con le unghie e con i denti.
    Non è giusto, è il pensiero che lo tormenta mentre si smaterializza con una forza d'animo che non credeva d'esser capace di tirar fuori, soprattutto in uno status del genere. Eppure si trascina sino alla porta di casa di sua sorella - della nuova casa. La osserva con timore reverenziale. La percepisce quasi come un'abitazione sporca - in fondo, dentro ci abita anche un Auror. E in questo momento Peter è pronto a fare di tutta l'erba un fascio pur di avere la propria giustizia personale, per quanto convinto che Arthur Weasley non sia la persona più indicata a portare avanti un'iniziativa del genere: quella di arrestare suo cugino, per l'appunto. Però suo padre si è messo contro l'intera famiglia, anni fa - un pensiero maligno cerca di plagiarlo a ciò che sarebbe più facile credere: che anche Arthur è colpevole, che tutti lo sono. Il buon senso, alla fine, prevale. Ma solo per poco. Quando Karma gli apre, non è ancora in grado di spiaccicare parola. Ha la gola secca e il fastidioso mal di testa di chi è andato troppo giù di gomito. Probabilmente ha anche un aspetto spaventoso, non tanto per gli abiti - è stata pur sempre una serata di gala -, quanto per l'espressione sconvolta che il proprio viso rimanda. «Ancora non lo sai, vero?», ma certo che lo sai. Si corregge mentalmente subito dopo, le dita che vanno ad aggrapparsi al legno del tavolo della cucina. Prende un sorso d'acqua. Ha paura, Peter. Non per se stesso - benché dovrebbe, essendo praticamente l'alter ego di James. Una delle persone che lo conosce meglio, con cui trascorre più tempo... E' il miglior candidato a finire in prigione per prossimo, Peter. Qualunque Auror con un briciolo di coscienza lo arresterebbe alla prima occasione, per favoreggiamento - perché è chiaro che se qualcuno ha aiutato James, quel qualcuno è necessariamente il suddetto Paciock. Ad ogni modo Peter non teme per la propria incolumità. Teme la spirale vorticosa di eventi che si susseguiranno, senza dubbio, a partire da quello che lui definirebbe come goccia che ha fatto traboccare il vaso. «Non c'entra un cazzo.», ha un tono di voce di un'ottava più acuto - o forse è solo spezzato dall'infinità di sentimenti che prova in quell'istante e che rischiano di sopraffarlo. Lui che non è mai stato in grado di gestirli... Come ha ampiamente dimostrato agli albori della malattia di Karma. «Non c'entra un cazzo, mi hai capito?», è persino aggressivo con lei, lei che non ha colpa alcuna, se non quella di esser troppo indulgente con Peter, a volte. Vieni subito a casa, Peter! - gli arriva un messaggio di sua madre, a mezzanotte in punto. Il Grifondoro, semplicemente, gira lo schermo in direzione di Karma. Non dice altro. Non sa neanche perché si è rifugiato lì, al posto di tornare all'appartamento numero due nella fatata via di Hogsmeade. O forse lo sa, solo che non vuole dirlo. Non vuole metterla nei guai. Non sua sorella. Non posso... Eppure ha un disperato bisogno di lei. Di qualcuno di cui fidarsi ciecamente - ed anche di qualcuno che bilanci il proprio spirito d'iniziativa esagerato e fuori controllo. Ci vuole un piano, uno che abbia senso, che non sia troppo folle, che non sia troppo sicuro. Perché nessun piano che si rispetti riesce mai a raggiungere l'estremo della follia col massimo grado di sicurezza: si deve arrivare a un compromesso tra le due cose. Se folle rischiamo d'esser colti in flagrante, se sicuro di non farlo andare in porto. «Una squadra Auror l'ha portato via...», racconta, scarno di dettagli. Non l'ha visto mentre lo ammanettavano. Non l'ha visto mentre lo strappavano alla famiglia Potter. Non sa neanche se l'abbiano informato dei propri diritti o se siano andati spediti, senza convenevoli. «Voglio andare lì.», questa sì che è una follia, Peter Paciock. Abbandona il posto a sedere e si tira su in piedi, fronteggiando Karma col vantaggio della propria altezza. «Ci sarà sicuramente qualche incantesimo di merda come la cascata rivela-magia della Gringott. Ma non penso valga per i Metamorfomagus. E' un'abilità innata.», te lo sto davvero chiedendo, Karma. Non vorrei, ma ho bisogno di te. Sei l'unica che potrebbe non farsi beccare. «Adesso mi scagli una fattura.», le fa cenno di puntarlo proprio in viso, dove si prospetta emerga una bella tumefazione. Quanto meno non dovrebbero riconoscermi subito, soprattutto se siamo abbastanza veloci. «Dai, Karma, cazzo, fallo!!», quasi glielo urla in faccia, a metà tra il fuori di testa e l'inspiegabilmente sensato - quanto meno per una personalità come quella di Peter. «Facciamo in due secondi. Te lo prometto. Non possiamo starcene qui a calare la testa a quegli stronzi di merda, con uno sguardo implorante in direzione di Karma, le svela infine il fantomatico piano che ha elaborato nella strada dal Parco della Liberazione all'abitazione londinese della sorella. Far scoppiare qualche fuoco d'artificio all'ingresso del Quartier Generale. Vi ricorda qualcosa, per caso? A noi sì. D'altro canto il nostro Paciock doveva pur riutilizzarli, in qualche modo, dopo il fiasco del rave.
     
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    Al Golden Match lei non ha messo nemmeno piede, atterrata a Londra-City all'incirca alle nove e trenta di sera. E' rientrata da qualche minuto in casa, chiamando Arthur pur sapendo perfettamente che è di turno notturno al Quartier Generale, quando il suo cellulare prende a vibrare, febbricitante, intasato dai messaggi sul gruppo di Magingegneria. "No vabbè, sapete che è successo?" "Una roba enorme, non potete capire!" "Ma dove, al Golden? SPILL THE TEA" "Cioè? Nuovo scandalo is coming?" "Chi è incinta?" "Dimmi che è partita la mega rissa tra Seniors e Juniors, please". Gli occhi stanchi della mora scorrono la chat, avidi e affamati, alla ricerca del punto effettivo di tutto quel discorso che le è costata ben ventotto trilli continui in tasca. Assai snervanti. E' quando non riesce a trovarlo, quel famoso punto, che schiaccia il tasto per fare un vocale con decisione. « Punto primo: porca troia ma sapete scrivere un messaggio unico invece che ottocento, uno di seguito all'altro, come dei boomer? Punto secondo: qualcuno, uno soltanto, che dice effettivamente che è successo? » Il suono del rilascio del vocale accompagna il suo buttarsi a sedere sul divano, trovando la posizione più comoda. « Un bel "cazzo" finale però ci voleva. » Sbuca fuori da sotto la poltrona il muso di Cassius, che si lancia sopra di lei senza preavviso, costringendola a ripiegarsi su se stessa con una risata. « Dì un po', quanto ti sono mancata, piccolo nano malefico? » Il jarvey le rivolge un'occhiata di supponenza mista a totale menefreghismo, rimanendo comunque fermo sulla sua posizione, per accogliere i grattini che gli riserva tra le orecchie. « Bastarda. Con il colonnello mai più o mi uccido. » Si immagina la convivenza dei due, fatta di silenzi pesanti da parte di Arthur, costretto a dargli da mangiare "perché sennò poi chi la sente Karma se gli ammazzo l'animale" e dagli imbarazzanti epiteti misti a parolacce/bestemmie a raffica lanciate da Cassius che sicuramente ha contribuito a mettere di buon umore il ragazzo. Ne è certa. « Sono stati solo quattro giorni, non fare il melodrammatico. » Continua, con il piede nudo che ciondola fuori dal divano nel momento in cui avvia il vocale che Campbell ha mandato nel gruppo. E' ancora così, ignara e rilassata, quando quelle cinque parole la colpiscono in pieno. "James Potter è stato arrestato." Si ritrova a mettersi a sedere di scatto, senza far troppo caso all'animale che si ritrova costretto a sgusciare via. « Ma porc- » « Zitto. » Gli porta un dito davanti alla bocca, per farlo zittire e continuare a sentire il resto del vocale. Lo stesso dito che sfila via velocemente per non farselo mordere dalla creatura incazzosa. Il primo pensiero è Lily. Comincia a chiamarla, ma lei non risponde e si sente totalmente inutile, mentre prende a girovagare a piedi nudi sul parquet riscaldato. « Rispondi, rispondi cavolo. » Alla fine le risponde tramite messaggio e un po' si calma, ma un po' anche no perché, invadente e superba com'è, crede che soltanto la sua spalla potrà esserle di conforto. Devo essere lì per lei, devo andare, devo fare qualcosa. E alla fine fa semplicemente la cosa migliore da fare: nulla e attendere che sia Lily a dirle quando vorrà vederla. Devo solo starmene buona ed essere meno Karma possibile. Cosa molto facile a dirsi quanto assolutamente dura nei fatti. E' ancora con il cellulare in mano, lo sguardo perso per la sala, quando viene risvegliata dal trillo del campanello di casa. Ma chi è a quest'ora? Si chiede aprendo la porta, ritrovandosi di fronte un Peter bianco come uno straccio. Che grandissima testa di cazzo sono? Pensa sentendosi un'effettiva merda nel momento in cui si accorge che ha pensato solo a Lily. «Ancora non lo sai, vero?» E' la prima volta che forse Karma Paciock si ritrova ad essere senza parole e semplicemente segue il fratello in cucina. Lo guarda, senza aprire bocca, senza sapere effettivamente cosa dire. Tanto lo sa che lo so, non è stupido. Alla fine fa semplicemente scivolare un bicchiere d'acqua sotto i suoi occhi e attende che sia lui a parlare, senza forzature. «Non c'entra un cazzo.» Ma quando parla, lui urla e lei, senza nemmeno accorgersene, fa un passo indietro, presa alla sprovvista. «Non c'entra un cazzo, mi hai capito?» E se un secondo prima era comprensiva, ora storce il naso, infastidita da quell'aggressività a lei riservata. We, intanto ti calmi e non mi urli in faccia. Sta per dirglielo ma si blocca prima, stringendo la mano a pugno lungo il fianco, le unghie conficcate nella carne che le ricordano quanto non stia urlando a lei, è solo un tramite per sfogare l'incazzatura di aver visto - forse? - il suo miglior amico essere trascinato via. Legge velocemente il messaggio di Hannah Abbott, per poi annuire nella sua direzione. « Le rispondo io. » Alla fine parla, digitando un messaggio veloce dove spiega alla madre che lui è lì da lei e che rimarrà a dormire lì. "Non ti preoccupare". «Una squadra Auror l'ha portato via...» « L'hai visto? Com'è successo? » Domanda, portandosi le mani ai fianchi, con il nervosismo che si fa sempre più presente in lei. « Certo che poi, Draco Malfoy che si fa ammazzare da un ragazzo? » Pur fingendo di non conoscere minimamente James, un mago tanto esperto che viene ammazzato da un giocatore di Quidditch? Lo guarda, visibilmente assorta nei suoi pensieri tanto facili da decifrare tramite la sua espressione. «Voglio andare lì.» Lo fissa, per un attimo confusa, tanto da scuotere la testa come a voler capire meglio di cosa stia parlando. « Non te lo faranno mai vedere. Forse è meglio se senti i Potter prima, Oly- » «Ci sarà sicuramente qualche incantesimo di merda come la cascata rivela-magia della Gringott. Ma non penso valga per i Metamorfomagus. E' un'abilità innata.» Le diventano i capelli albini per la sorpresa nel capire cosa le sta effettivamente chiedendo. Aggrotta la fronte, gli occhi azzurri che si riducono a due fessure. « E cosa vorresti che facessi? » Inaspettatamente, quella è l'unica cosa che esce fuori dalle sue labbra. Non chiede spiegazioni, non obietta niente, semplicemente gli chiede cosa vuole che lei faccia, senza pensare minimamente a tutto il resto. « Non credo riuscirei comunque ad avvicinarmi a James, se è questo che vuoi. » E non posso chiederlo ad Arthur. Già, Arthur. Pensa a lui solo quel momento e si morde l'angolo delle labbra. Inesistente buonsenso. E' questa la definizione che le ha dato di sé al Midsummer e in quell'istante, dove non fa altro che assecondare i desideri del fratello, accompagnandone l'idea di buttarsi in una missione in cui, palesemente, si ha tutto da perdere e niente da vincere, si ritrova ad indossare perfettamente quella descrizione, tanto da spazzare via il pensiero del fidanzato velocemente quasi come è arrivato. Si concentra soltanto su Peter. Tanto anche dovessi vedermi, non potresti riconoscermi. E non potrai arrabbiarti. « Potremmo al massimo arrivare nella hall principale, ci sono stata una volta convinta che Arthur avesse dimenticato una cosa di lavoro. » Ovviamente non era così. Quando mai si dimentica qualcosa, Arthur Weasley Jr.? «Adesso mi scagli una fattura.» Questa volta il viso di Karma rimane calmo, sapendo perfettamente come ragiona il fratello e avendo già capito l'antifona nel momento in cui le ha chiesto di usare la sua abilità. Mai mi avrebbe chiesto di andare lì da sola. Mi ha solo chiesto di aiutarlo. «Dai, Karma, cazzo, fallo!! Facciamo in due secondi. Te lo prometto. Non possiamo starcene qui a calare la testa a quegli stronzi di merda « Peter, falla finita di urlarmi in faccia che senno altro che bacchetta, ti prendo a pugni la faccia per direttissima. » Gli sbotta poi, uno sbuffo esasperato che fuoriesce dalle sue labbra mentre si avvia verso il divano, lì dove ha lasciato la bacchetta. « Un po' arrabbiatino il fratellino? » E' canzonatorio, Cassius tira fuori il muso dalla palla che ha formato con il proprio corpo e l'espressione che ha in volto, lo sa, la dice lunga. Lo dirà ad Arthur. « Tu provaci e ti porto al Serraglio per lasciartici. » Inarca le sopracciglia mentre lo fissa per l'ultima volta, dopo averlo effettivamente minacciato. Sente che le sta facendo la linguaccia, dai versi irripetibili che le arrivano da dietro le spalle mentre torna dal fratello. « Non servi nemmeno a te stesso se non ti calmi. Ora la smetti di fare il fuori di testa e vedi di recuperare la lucidità che ti serve per fare una cosa pulita, sennò non andiamo da nessuna parte. » E fidati che troverei un modo per non farti andare, a costo di legarti alla sedia con le catene di ferro. Lo fronteggia dal basso, gli occhi infuocati tanto simili a quelli della madre quando li rincorreva con la ciabatta da bambini.
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    E' proprio dal basso che poi gli punta contro la bacchetta, castando un incantesimo non verbale trasfigurativo che all'istante gli fa gonfiare il volto. La pelle intorno all'occhio destro si tende a tal punto da diventare violacea. « Prendi questa. » Dice lanciandogli una felpa sportiva che Arthur ha lasciato sulla sedia. Strano non l'abbia riposta subito nell'armadio. « Mettiti il cappuccio. » Gli ordina, mentre si posiziona davanti allo specchio e si concentra sul viso di una ragazza dello stage. Babbana. La cui fisionomia non dovrebbe dar problemi. Gli occhi diventano lentamente neri come la pece, i capelli si allungano e si tingono dello stesso colore, il naso si fa leggermente più lungo, dalla punta all'insù. Mentre si guarda, spera dentro di sé da mantenere abbastanza i nervi saldi da non far crollare il castello già pericolante sul quale si ritrovano a camminare. « Andiamo. » Gli lancia un'occhiata, indossando una giacca che solitamente non mette mai, un sospiro che le abbandona le labbra, nervoso, mentre gli si fa vicina fin quando non allunga le mani sotto quelle di lui per stringerle con le proprie. « Lascia fare a me. » Lo fissa, prima di chiudere gli occhi, visualizzare il Quartier Generale e infine smaterializzare entrambi. Ricompaiono nelle tenebre in cui è avvolta una stradina proprio di fronte all'entrata della caserma. « Okay, entriamo, facciamo bordello, massimo due minuti e corriamo via. » Un piano talmente ben congegnato per cui cosa potrebbe mai andare storto? E così dicendo si lascia cadere sulla testa il cappuccio dell'impermeabile, camminando a passo svelto verso l'ingresso. E' quando ha oltrepassato la porta, riuscendo a dribblare un paio di fotografi che si sono già accalcati fuori, per avere notizie di prima mano, ma prontamente fermati da un auror, che si accorge del fermento all'interno del Quartier Generale. Per un attimo ha paura e si congela. Lancia un'occhiata al fratello e ha come l'impressione che loro da lì non ne usciranno. Finiremo in gattabuia. L'ultimo pensiero prima di annuire e prendere la bacchetta, puntarla contro il desk e sparare un bombarda che fa saltare per aria tutto ciò che vi è al di sopra, con sommo stupore dell'addetto che fa un salto all'indietro, spaventato.
     
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    « Le rispondo io. », Peter non accenna a muoversi. Consegna il cellulare a Karma e non se ne preoccupa più, ignorando qualunque tentativo della madre di riportarlo a casa o di, semplicemente, saperlo al sicuro. « L'hai visto? Com'è successo? », non ho visto un cazzo - questa è una delle cose che gli fa più male. Non esser stato lì, presente, al suo fianco. Non avrebbe potuto fare nulla lo stesso, ne è consapevole, ma il pensiero della propria assenza lo tormenta come la peggiore delle ossessioni. Lo riporta indietro nel tempo, a tutte le esperienze tragiche e spaventose vissute solo di striscio, a tutte le volte in cui è fuggito di fronte ai problemi senza affrontarli di petto - come un vero Grifondoro farebbe. Lo riporta alla paura - ad essere immobile, proprio come al ben noto letto d'ospedale, al fianco della sorella che era certo avrebbe perso. Al viaggio iniziato il giorno dopo, con l'unico obiettivo di allontanarsi il più possibile per non vedere. Per non esserci. Per non respirare la stessa aria di una Karma al limite delle forze. Per non avere quell'ultimo ricordo di lei. Ma adesso è diverso, è cambiato, promette di non esser più il ragazzino di una volta. «No. Ero dentro... Lui era fuori...», ravvia i capelli, poggiando i gomiti sul tavolo e lasciando sprofondare la testa tra le mani, nell'unica posizione in grado di dargli sollievo, consentendogli di riflettere sul da farsi. «Non lo so... C'era un cazzo di casino, non se ne capiva più niente...», continua a sussurrare, mentre spezzoni della serata riaffiorano tra i ricordi. «L'ho saputo perché si è sparsa la voce...», chiude il discorso, secco, perché ripensare a come è andata gli fa sempre più male. Preferisce concentrarsi sul cosa fare adesso. Sul piano d'azione. Perché deve fare qualcosa, ad ogni costo, non ammette repliche a se stesso. « Certo che poi, Draco Malfoy che si fa ammazzare da un ragazzo? », si poggia allo schienale della sedia, sin quasi a farla oscillare indietro. «Tanto valeva che accusassero Harry Potter, a questo punto. Avrebbe quasi avuto più senso.», commenta, mandando giù l'ultimo sorso d'acqua. Scatta dunque in piedi, la smania di agire che corre nelle vene più rapida delle catecolamine. Comunica a Karma che ha intenzione di andare lì - tralasciando di specificare dove, tuttavia. « Non te lo faranno mai vedere. Forse è meglio se senti i Potter prima, Oly- » «Non ad Azkaban. Al Quartier Generale Auror.», risponde, frenetico, mentre cammina avanti e indietro nel perimetro della cucina della sorella. Picchietta il pugno sul piano cottura - vano tentativo di darsi la carica in un momento tanto delicato. « Potremmo al massimo arrivare nella hall principale, ci sono stata una volta convinta che Arthur avesse dimenticato una cosa di lavoro. », si blocca un istante, prima di rispondere - è quasi come se non fosse più padrone dei propri movimenti e azioni: qualcosa di esterno lo comanda a bacchetta, lo attiva, lo spegne. «La hall va bene.», decide, riprendendo dunque a consumare il parquet, grattandosi la testa energicamente. Questo finché non inizia a sbraitare contro la sorella, imponendole di scagliargli una fattura e di renderlo il più irriconoscibile possibile. Non c'è tempo per una Polisucco, qualunque altra cosa andrà bene. « Peter, falla finita di urlarmi in faccia che senno altro che bacchetta, ti prendo a pugni la faccia per direttissima. » «Cazzo Karma! Non possiamo perdere tempo, cazzo! Dobbiamo andare adesso, mi hai capito? Adesso cazzo.» « Un po' arrabbiatino il fratellino? », jarvis di merda - avrebbe volentieri urlato, ma un'occhiata che minaccia morte basta a farlo tacere. Almeno per un po'. « Non servi nemmeno a te stesso se non ti calmi. Ora la smetti di fare il fuori di testa e vedi di recuperare la lucidità che ti serve per fare una cosa pulita, sennò non andiamo da nessuna parte. », ha ragione. E' per questo che è andato subito da lei. Non solo perché la reputa - forse - l'unica persona che lo seguirebbe in una follia senza senso del genere, ma anche perché ha la capacità di modulare il suo carattere estremo. E' lei stessa estrema, a modo suo, ma al contempo razionale, quando serve.
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    «Andiamo, aggiunge e basta, sottovoce, un grido d'aiuto, di rabbia, di odio e di forza. Tutto insieme. Indossa la felpa che Karma gli lancia, nascondendo i capelli ribelli sotto il cappuccio grigio scuro. Porta subito la mano all'occhio destro, quanto la sorella si decide a ferirlo, stringendo i denti pur di non emettere alcun gemito. Metà volto è tumefatta da un ematoma a margini frastagliati - goccioline di sangue scorrono lungo le dita, accumulandosi sotto le unghie. Dobbiamo essere veloci. « Lascia fare a me. », annuncia Karma. Probabilmente crede che mi spezzerei, tanto sono sconvolto. E, probabilmente, come al solito, avrebbe anche ragione. Le rivolge un cenno di assenso, stringendo la mano alla sua e lasciandosi trasportare sino ad un ingresso a lui poco familiare. Ne ha soltanto sentito parlare alle lezioni di Difesa Contro le Arti Oscure, in sostanza. « Okay, entriamo, facciamo bordello, massimo due minuti e corriamo via. », annuisce ancora, Peter, tastando spasmodicamente la bacchetta nella tasca di destra e l'artiglieria - per così dire - nella sinistra. Hanno scelto il momento migliore, i due Paciock, davvero: il Quartier Generale è stato letteralmente assaltato da giornalisti, fotografi e, nondimeno, curiosi. «Cazzo.», Peter lo individua subito. Arthur è a qualche metro da loro, impegnato a discutere animatamente con un cumulo di persone. Spariamo dall'altro lato, decide il Grifondoro, senza comunicare a Karma di averlo individuato. «La porta sulla destra. Spariamo e poi corriamo da quel lato.», gliela indica con lo sguardo, per poi estrarre, in delle mosse estremamente lente, i fuochi d'artificio inutilizzati da Agosto a quel momento. Buon compleanno, James - augura, prima di castare un Incendio in direzione delle scatoline abbandonate sul pavimento, subito reattive al comando. Neanche tre secondi dopo la hall è illuminata di rosso, viola, giallo, blu, verde. E' assediata dal frastuono delle diavolerie targate Peter Paciock, cui si aggiungono le urla dei presenti, in preda al panico per la confusione creatasi. Un sorriso beffardo si dipinge sul volto tumefatto del Grifondoro, che si affretta a scagliare un Reducto verso l'area sinistra della hall - la direzione opposta a quella di fuga, appunto. E' certo che, tra cappuccio e sangue che cola, verrà rapidamente additato come responsabile, per cui si dilegua in fretta e furia, subito dopo aver identificato la ragazza di cui Karma ha assunto le sembianze. «Corri!», ha giusto il tempo di esclamare, agguantandola per il polso e trascinandola verso l'arco a destra, in un via libera di fortuna che non possono assolutamente lasciarsi scappare. «Di qua!», quasi scivola, mentre si guarda indietro a controllare che non li stia seguendo nessuno - maledicendosi perché cazzo, invece li stanno proprio seguendo. Ed è impossibile smaterializzarsi dall'interno del perimetro della struttura, per cui le cose sono due: o corrono più veloce, o sono morti. Oppure scagliano fatture - opzione che Peter coglie al volo, non facendoselo ripetere più d'una volta dalla propria coscienza: «Confundus!», ne riesce a disorientare due, salvo poi beccarsi un attacco da parte degli avversari, un Flipendo che lo fa balzare una decina di metri più lontano. Se non altro mi avvicino all'uscita. Rotola sul pavimento - è per pura fortuna che non perde la bacchetta. «Di quaaaaaa!», urla alla sorella, che sta per voltare l'ultimo angolo prima di raggiungerlo. Arriva. E' ad un centimetro dall'uscita secondaria che si smaterializzano, atterrando in una piazzetta londinese che - Peter non sa davvero perché - gli è venuta in mente. «Cazzo.», è soltanto adesso che riesce a respirare, i polmoni in fiamme per la fuga e le gambe che si fanno molli improvvisamente. «Cazzo.», rincara la dose, tirando su col naso e asciugandosi l'ennesimo rivolo di sangue. Si volta in direzione di Karma. «Stai bene?», chiede, visivamente concitato.

     
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    «Cazzo.» E' richiamata dal campanello d'allarme che avverte nella voce del fratello, gli occhi scuri che saettano verso di lui, l'urgente curiosità che si palesa nelle sopracciglia che si sollevano. « Cosa? » «La porta sulla destra. Spariamo e poi corriamo da quel lato.» Ne segue le indicazioni e annuisce, a corto di parole, troppo concentrata sull'obiettivo: far fiorire il caos. Non una mossa difficile per i due fratelli Paciock, lo sanno bene chi li conosce: due teste calde, pronte a lanciarsi senza alcun buonsenso nelle cose né piani ben definiti, giusto per il gusto di cavalcare l'onda adrenalinica del cogliere l'attimo, agire e poi, beh per il poi si vedrà. Per l'atomico duo, ogni cosa ha il suo tempo e le conseguenze, gli imprevisti e gli ostacoli non sono mai tenuti da conto. Anche perché, altrimenti, chi agirebbe pensando agli effetti collaterali? E così, liberando completamente la mente, fa saltare per aria il desk dell'entrata mentre il fratello accende l'artiglieria pesante, lasciando che i razzi partano verso l'alto, andando ad illuminare l'intera hall dei più disparati colori. Godetevi la festa, miseriaccia! Pensa, continuando a lanciare fatture qua e là, affinché oggetti volino in aria sulle note degli scoppi dei fuori d'artificio. Le urla dei presenti si fanno sempre più pressanti, andando a riempire i pochi momenti di silenzio che il fantastico spettacolo lascia liberi ed è nel guardarsi intorno, pronta a scattare verso la porta indicatale dal fratello, che incontra lo sguardo torvo di Arthur. No, vabbè, non ci credo. Sente la sua abilità fibrillare, sotto la pelle, quasi fosse energia elettrica e per un attimo si raggela nel pensare che qualche lineamento sia tornato al suo stato naturale. Per questo si volta verso il fratello, che ha già preso a correre. « Cazzo. » Commenta, lanciando un'altra Bombarda per far cadere di lato una statua, affinché cada dritta dritta di fronte a lui, sperando di non fargli male ma di intontirlo giusto per la finestra di qualche secondo, così da fermarne i riflessi reattivi che lo porterebbe a seguirli, segugio com'è. «Corri!» Si sente prendere per il polso e, senza farselo ripetere due volte, prende a corrergli dietro, con il fiato che le si mozza nei polmoni nel momento in cui si accorge che due Auror hanno preso ad inseguirli. «Di qua!» Il fratello le dà indicazioni mentre lei, per guardarsi dietro, per poco non va a sbattere contro una statua, una di quelle belle e grosse, super classiche, che rendono la hall di quel posto ancora più austero e imperioso. « Aresto Momentum! » Prova a scagliare la fattura contro l'uomo che le sta più alle calcagna, tanto da potersi immaginare di sentirne il fiato sul collo. E' troppo deconcentrata e l'incanto non riesce a toccarlo minimamente. Neanche rallentato? Porco Godric. Continua quindi a correre, provando ad accelerare il passo, costringendo i muscoli delle gambe al massimo, sentendoli, uno per uno, mentre si allungano provocandole una strana sensazione di fastidio. E' quando sta per voltare l'angolo che avverte prepotente un bruciore propagarsi dal braccio destro. Abbassa gli occhi, lì dove una ferita orizzontale ha preso a sanguinare, al di sotto del taglio procurato alla giacca. Cazzo, se ora mi cade una goccia di sangue a terra? Pensa, irrazionalmente, sapendo altrettanto perfettamente che non è mai schedata avendo la fedina penale pulita, ergo, non avrebbero comunque dati per confrontare il suo DNA. Eppure il pensiero l'attanaglia a tal punto da puntarsi addosso la bacchetta. « Fumos. » Si casta addosso l'incanto che genera un vortice di fumo intorno a sé, disorientando così la mira degli avversari. E mentre loro non riescono a vederla, lei si porta il braccio al petto, stringendoselo forte. Proverebbe a curarsi ma sa che non può farne troppe tutte insieme, avvertendo già la metamorfomagia vacillare ad ogni nuovo incanto lanciato. «Di quaaaaaa!» L'adrenalina, pompata a mille nelle vene, riesce comunque a sorreggerla fino alla fine della corsa, con il fumo che le scema intorno e un ultimo lacarnum inflamare lanciato a caso dietro di sé prima di agguantare il braccio del fratello e scomparire con lui nel buio della notte londinese. Cade di schiena su quella che capirà poi essere un'aiuola pubblica, ovviamente non calpestabile. Un rantolo le esce dalla bocca per la botta e rimane così a terra, con gli occhi socchiusi, il braccio ancora stretto al petto e i polmoni che le vanno a fuoco tanto da sentirsi di non riuscire più a respirare. «Stai bene?» Annuisce, senza rispondere a parole, mentre sente il corpo farsi lentamente più flaccido, con l'adrenalina che svanisce e lascia posto al cortisolo. E' solo dopo qualche buon minuto, riacquistato vagamente il controllo del respiro e un battito cardiaco sotto le cento pulsazioni, che riapre gli occhi puntandoli sul cielo plumbeo. « Siamo vivi. » Commenta, con la testa che scivola nell'erba per andare a puntargli addosso gli occhi tornati blu. Con una veloce occhiata si accerta che anche i capelli sono tornati al loro castano naturale, riccissimi come sempre. Si mette a sedere dopo qualche altro istante, recuperando la bacchetta abbandonata in mezzo al prato una volta atterrata. « Epismendo. » Fissa i tessuti del braccio rinsaldarsi, andando poi a ricucire anche la giacca, capendo subito che il lavoro non è andato proprio a buon fine. Avrei fatto schifo come sarta. Fortuna sono stata lungimirante e ho preso una di quelle che non mi piacevano più di tanto. Commenta tra sé e sé prima di richiamare l'attenzione del fratello. « Vieni qui. » Gli agguanta la mano per tirarlo a sé prima di curarlo con la punta della bacchetta. Arriccia le labbra nel vedere quanto le ha ricucito male il taglio sulla fronte. « Ops, sono ancora un po' frastornata, credo ti rimarrà la cicatrice. » Commenta, gonfiando una guancia a rendere palese il suo scusarsi, ma sempre con quella sfumatura di pura paraculaggine. « Ma andrà solo ad accrescere l'aura da vero duro che questa sera ti sei guadagnato alla grande. » Gli scompiglia il ciuffo con un sorriso, prima di avvertire un urlo alle loro spalle. « Ehi! » La testa di Karma scatta a fissare il poliziotto babbano che si sta avvicinando loro a grande falcate, con la luce della torcia ben puntata su di loro. Gli occhi di lei saettano in quelli del fratello. « Ehi, dico a voi due, sì. Lì non ci potete stare. » « No vabbè, stasera proprio non ci bastavano soltanto le forze dell'ordine magiche, siamo due ingordi. » Commenta, rialzandosi in piedi a forza, nascodendo immediatamente la bacchetta sotto la giacca per poi fare un cenno a Peter cominciando ad incamminarsi verso la parte opposta. « Ci scusi tanto, ce ne andiamo subito. » « No, ora voi venite con me in centrale. La dovete finire di ubriacarvi e fare quello che volete. » Oh, ma tutta questa confidenza chi te l'ha data? « Okay, conosci la prassi -» si rivolge al moro con fare quasi rassegnato «- corri! » E' così ricomincia la corsa dei fratelli Paciock, questa volta però Karma ride mentre lo fa, pur sentendosi le gambe debolissime, ma si sente effettivamente più leggera, più tranquilla nello scappare da sotto il naso ad un babbano, sapendo che non potrà far altro che rincorrerli per un po', prima di stancarsi e lasciar perdere quei due poveri ubriachi. Ubriachi sì, ma di rischio. Di quella sensazione febbricitante che si prova nel camminare sul bordo dello strapiombo, con la roccia che cede e con un piede che scivola di lato, facendoti provare quel vuoto di paura allo stomaco che ti rigenera inevitabilmente di forze nuove per riprendere l'equilibrio e proseguire. E giusto qualche minuto di corsa
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    serve a far desistere il povero malcapitato, lasciando i due ragazzi nel bel mezzo di una stradina babbana. « Forse è meglio tornare a casa. » Dice, spingendo il fratello verso un vicolo vuoto - così come il resto della città, in effetti - per poi smaterializzarsi nel salotto di casa sua. « Porca vacca, siamo due criminali, Piti. » Commenta, finalmente rilassata tanto da esplodere in una risata fragorosa mentre fa volare via giacca, scarpe e calzetti. « Pensa se lo sapesse nonna Augusta. Ci gonfierebbe di botte con il bastone da passeggio. » L'idea della bisnonna pronta ad imbracciare nuovamente le maniere forti, a quasi novant'anni e passa, per impartire un po' di disciplina a quei suoi due nipoti scavezzacollo la fa ridere più del dovuto. O forse è semplicemente l'euforia che si mescola alla stanchezza del momento, tanto da portarla a crollare a sedere sul divano, dopo essersi accertata che Cassius non ci sia, per non schiacciarlo. « Senti qua quanto è comodo il tuo letto per stanotte. » Sbatte il palmo della mano contro il divano, con un sorrisetto, come ad invitarlo a sedersi accanto a lei. « Ti senti un po' meglio? » Gli chiede lanciandogli un'occhiata di traverso. « Pensa alla faccia sbalordita di James quando glielo racconterai. Avrà ancora più la conferma di quanto sia un gran coglione, questo sì, ma anche ti quanto tu sia un amico speciale. » Gli stringe la mano, giusto una stretta veloce, prima di cadere all'indietro, distendendo i piedi sopra le gambe di lui. « Anche un fratellone talmente tenero da massaggiare per qualche secondo i piedi fatati della sorella più strepitosa del mondo? » Gli indirizza un'occhiata furba, con tanto di sfarfallamento di ciglia. « Dici che mi devo giocare la carta "Avevi visto sicuramente Arthur, non mi hai detto niente, probabilmente lui non ci metterà troppo a fare due più due e mi devo preparare ad una furente battaglia con lui, solo per te"? » Continua a fissarlo, mentre stiracchia le dita dei piedi sotto i suoi occhi. « No, hai ragione, non serve. »
     
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    Ancora avvolti dalla nube di fumo evocata da Karma per depistare gli Auror, i due Paciock si smaterializzano in un'aiuola pubblica scelta da Peter senza un motivo particolare - giusto la prima immagine visualizzata dopo aver chiuso gli occhi. Cadono per terra. Solo allora, al sicuro nel buio della notte, il Grifondoro prende un lungo respiro, rilassando i muscoli in fiamme per la corsa, il fiato mozzo per essersi spinto ben oltre il proprio limite. La consapevolezza di essere - almeno in parte - un criminale, a differenza di James, gli fa stringere le mani a pugno, mentre un'ondata di rabbia prende a crescere rapida. L'adrenalina, al contrario, si abbassa al minimo, procurandogli un fastidioso mal di testa. « Siamo vivi. », annuisce, Peter, ravviandosi i capelli e tastando il gonfiore in prossimità dell'occhio destro. Caccia un lamento sofferto, tanto che Karma evoca un incantesimo di Guarigione per arginare la ferita. «Mh - grazie», bofonchia, non riuscendo a mettere più di due parole una dietro l'altra, possibilmente in senso compiuto. « Ops, sono ancora un po' frastornata, credo ti rimarrà la cicatrice. Ma andrà solo ad accrescere l'aura da vero duro che questa sera ti sei guadagnato alla grande. », Peter ridacchia di fronte allo spirito della sorella, ma è costretto a interrompersi subito perché, nel contrarre i muscoli facciali, l'ennesima fitta di dolore lo coglie impreparato. «Ah- ahi. Sì, molto divertente, K. Era proprio l'obiettivo della serata.», risponde sarcastico, uno sguardo di pura sfida dipinto sugli occhi nocciola. Al contempo, però, si tratta di uno sguardo che urla a chiare lettere: grazie. Senza Karma non ce l'avrebbe mai fatta - non solo per la questione della metamorfomagia, ma anche perché tutta l'attenzione degli Auror si sarebbe rivolta su di lui, rendendogli impossibile la fuga. Con il giusto diversivo, invece, sono riusciti a farla franca entrambi. A raccontarlo non ci si crede - riflette. « Ehi, dico a voi due, sì. Lì non ci potete stare. », Peter si volta in direzione della voce, febbricitante all'idea che possa trattarsi di un mago al loro inseguimento. In realtà è solo un poliziotto babbano. « Ci scusi tanto, ce ne andiamo subito. » « No, ora voi venite con me in centrale. La dovete finire di ubriacarvi e fare quello che volete. », Peter scatta in avanti minaccioso - un po' per difendere la sorella, un po' perché vuole davvero finire in una rissa. Forse ha soltanto bisogno di un bel destro assestato sulla mandibola, o ancora di una ginocchiata in pieno ventre. Deve annullare i pensieri, necessariamente, quasi come se non avesse appena sfidato le autorità dall'interno del Ministero della Magia. Quasi come se fosse stato nella sua stanzetta a rigirarsi i pollici mentre James veniva trascinato dietro le sbarre di Azkaban. «Io non vado proprio da nessuna part-»
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    «- corri! », Karma seda qualsivoglia forma di scontro, trascinandolo in una fuga disperata, la seconda. Peter incespica malamente, rotolando per qualche metro sulla terra bagnata di pioggia - e arrivando persino a chiedersi: perché nella Londra babbana ha piovuto e in quella magica no? -, prima di rialzarsi e riprendere il percorso improvvisato a grandi falcate. Una volta seminato il poliziotto, i fratelli concludono sia meglio ritirarsi a casa. Peter vorrebbe sprofondare a letto e non svegliarsi prima di due giorni almeno, ma Karma lo prende in contropiede. E quando sua sorella intavola una discussione, non esiste sortilegio che tenga per farla desistere. « Porca vacca, siamo due criminali, Piti. Pensa se lo sapesse nonna Augusta. Ci gonfierebbe di botte con il bastone da passeggio. » «Sì, come no. A me sicuro -», rotea gli occhi, pronto a far partire l'imitazione dell'ultranovantenne più severa dell'intero mondo magico: «- quel buono a nulla! Quello screanzato! Non studia, non combinerà mai niente di utile. Che vergogna! Poveri noi!», aggiunge una smorfia eclatante, prima di continuare: «Tu invece sei la sua Paciock preferita perché sei una secchia - sì, Karma, sei una secchia, arrenditi all'evidenza.», le labbra di Peter si curvano in un sorriso sarcastico. «Cento per cento che verresti risparmiata dalla sua furia.», commenta, evocando un incantesimo di Appello per richiamare a sé qualcosa di commestibile. Una voragine, infatti, minaccia di corrodergli lo stomaco dall'interno. « Ti senti un po' meglio? », no - è la prima risposta che gli viene in mente, ma non la dice per non farla incazzare: l'ha messa così tanto nei guai che, come minimo, mostrarsi irriconoscente sarebbe da vero stronzo. « Pensa alla faccia sbalordita di James quando glielo racconterai. Avrà ancora più la conferma di quanto sia un gran coglione, questo sì, ma anche ti quanto tu sia un amico speciale. », soprattutto coglione, però - questo perché, a ben rifletterci, la loro protesta, all'atto pratico, servirà a poco. O meglio: servirà a capire quali testate giornalistiche supportano il governo dall'inizio alla fine, e quali invece raccontano i fatti per come sono. Se io fossi il Ministro, non vorrei far sapere in giro che due pischelli hanno messo a soqquadro il Quartier Generale, suggerendo l'esistenza di una miccia di dissidenza nell'aria. Le micce sono famose per espandersi in un batter d'occhio. « Anche un fratellone talmente tenero da massaggiare per qualche secondo i piedi fatati della sorella più strepitosa del mondo? », la guarda con un'espressione che urla pericolo da ogni poro - sta per assestarle uno spintone poco gentile - ma ecco che, forse, gli tocca pure sottostare al massaggio, perché Karma ne sa una più del diavolo. « Dici che mi devo giocare la carta "Avevi visto sicuramente Arthur, non mi hai detto niente, probabilmente lui non ci metterà troppo a fare due più due e mi devo preparare ad una furente battaglia con lui, solo per te"? », merda. E' difficile nascondere l'espressione colpevole che si manifesta sul volto di Peter Paciock - se possibile, vorrebbe sprofondare attraverso il cuscino del divano. Porta le braccia dietro la testa, a sorreggerla. Lo sguardo si dirige verso la parete di fronte. Prova ad abbozzare un diversivo: «Cavolo, ma quello è il quadro che ti ha regalato nonna Augusta per il compleanno? Quanto ti ha pagata mamma per costringerti ad appenderlo?», ma siccome l'espressione di Karma non accenna a mitigarsi, il Grifondoro aggiunge: «No, eh? Che palle... Va bene... E' che eravamo già lì, in ogni caso non saremmo potuti tornare indietro neanche volendo - e poi mi avrebbero fermato comunque, con l'aspetto losco che avevo poco fa, tutto incappucciato... Vabbè okay», e niente, va a finire che le massaggia i piedi. Ma solo per stavolta, sia chiaro.
     
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