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    Ad Artemis è sempre piaciuto recarsi alla Gringott. Ha un ricordo vivido di quando era bambina e la osservava, enorme, imponente, impossibile da valicare e, ancor meno, da fregare - benché la storia insegni che ad ogni regola esista comunque un'eccezione. Celebre quella del Golden Trio all'epoca del ritorno del Signore Oscuro. Cammina spedita verso l'ingresso dell'immenso locale, avvolta in un mantello nero vellutato, con lunghi guanti color carne ad avvolgerle le dita e l'immancabile rossetto rosso acceso sulle labbra, schiuse in un sorriso appena accennato. Il rumore dei suoi passi echeggia nel corridoio centrale, un ritmo scandito dai tacchi su cui avanza spedita. E' vestita in modo appariscente, ma le importa solo relativamente di attirare occhiate nella propria direzione. Quella è una sua creazione: ne ha cucito con cura ogni punto, e non l'ha fatto di certo per abbandonarla sul fondo di un armadio a far la polvere. La coda di clienti piuttosto lunga la porta a picchiettare incessantemente il piede per terra - è vero che la struttura la affascina, soprattutto i busti dell'ingresso, tanto da chiedersi chi sia l'autore delle opere, ma è anche vero che le attese l'hanno sempre sfiancata. E' una persona impaziente, Artemis. Il suo segno zodiacale la dice lunga in tal senso: non sa aspettare, non ha mai saputo farlo, taglia corto pur di arrivare rapida alle presunte conclusioni. «Pare che il processo sia domani. Hai sentito?», davanti a lei, una coppia di signore confabula animatamente. «Per me è colpevole. L'ho sempre detto. Sin da subito!» «Rowena, sto parlando di Cooper, non di Potter..», Artemis trasalisce. Vorrebbe sprofondare pur di non affrontare l'argomento arresti recenti. «Ma guarda, non mi stupirei se anche quel Byron fosse colpevole. Non ha opposto un minimo di resistenza quando l'hanno preso: evidentemente sapeva che prima o poi sarebbe giunta la sua ora. Te lo dico io, Marisa, perderanno la causa entrambi.», la fila si va sfoltendo sempre di più, tanto che Artemis rimane di stucco quando uno dei Folletti la avvisa di procedere. Disorientata dalla conversazione tra le suddette megere, la Corvonero si fa avanti a passo svelto, pur concedendosi un ultimo sguardo in direzione delle due, al contempo attratta e repulsa dalle loro supposizioni. Quando si dice parlare senza cognizione di causa. «Avrei bisogno di accedere alla mia Camera Blindata. Artemis Alecto Ayres.», scandisce bene le parole, in attesa che il Folletto recuperi la preziosa chiave. Quando la fase burocratica termina, viene accompagnata al vagoncino che la condurrà al terzo piano, ultimo corridoio a destra, secondo accesso. Siede composta in attesa della partenza, ritardata per l'avvicinarsi di altri ospiti, anch'essi diretti alle rispettive Camere Blindate. Accanto a lei ritrova una ex compagna di Casata, che saluta con un cenno del capo. Dopo di ché, in religioso silenzio, scende dal vagoncino e attraversa il famoso corridoio, chiudendosi alle spalle la porta della propria piccola isola di pace. Non che le interessi ammirare il luccichio d'oro dei Galeoni, né tanto meno le reliquie di famiglia lì conservate. Semplicemente, trova che sia un angolo tranquillo e appartato in grado di restituirle un sentimento di serenità. E' per questo che si attarda più del dovuto a recuperare gli ultimi Galeoni, ed è con uno sbuffo che torna di nuovo al corridoio da cui il Folletto la condurrà all'ingresso. «Gentili clienti, vi informiamo che il servizio di trasporto interno è stato appena sottoposto ad una manutenzione straordinaria. Vi preghiamo di attendere alle vostre Camere in attesa che il problema venga risolto. Stimiamo che non occorrerà più di mezz'ora.», una voce metallica informa i presenti che - con somma gioia di Misty - pare siano tutti bloccati al proprio posto. La ragazza poggia le spalle al muro, rabbrividendo al contatto freddo con la roccia ruvida. Chiude gli occhi, prima di avvertire una leggera vibrazione nella tasca. Recupera il cellulare e legge sulla schermata una notifica: qualcuno sembrerebbe aver condiviso una nuova canzone. Dove cavolo ho lasciato gli auricolari? - questo il suo unico pensiero, prima di fregarsene altamente e far partire la musica lo stesso. Tanto sono sola. Avvia la playlist e inizia a muovere la testa a ritmo, guardandosi un'altra volta intorno e, percependosi libera, decidendo di ballare. Ha giusto un breve déjàvu relativo alla vicenda di appena qualche pomeriggio prima, quando si è decisa a seguire Lindstörm, per sondare il territorio, ed ha infine incontrato Sheila - cosa che le ha fatto totalmente perdere la concentrazione. Come se avessi potuto davvero...
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    Non conclude quel pensiero, Artemis, perché ammettere a se stessa che non avrebbe il coraggio - o meglio, la forza - necessario ad ucciderlo sarebbe come ammettere, candidamente, di esser pronta a morire lei stessa. E questo non può concederlo a nessuno, Artemis. Lei vuole vivere. Ad ogni costo. Call me when you want, call me when you need - si lascia trasportare dalla canzone, chiudendo di nuovo gli occhi e ondeggiando sui tacchi, mentre accenna sulle labbra il motivo ormai entrato in testa. La chioma verte dal biondo freddo ad una tonalità sempre ramata ma più calda. Un po' sulla scia di quello che la musica le comunica. Dunque apre gli occhi, quasi sobbalzando quando scorge di fronte a sé la figura di Samuel Scamander. Ha un sorrisetto fastidioso dipinto sulle labbra - o forse è solo un'impressione di Artemis, dovuta al fatto di esser stata colta in flagrante. «Lo trovo anch'io davvero divertente.», commenta secca, incrociando le braccia al petto e irrigidendosi giusto un po'. Anche le guance virano verso il rosso - maledette -, essendo stata colta di sorpresa a far qualcosa che, di norma, non è nelle sue corde. Come ballare, appunto - il dietro le quinte del Moulin Rouge va benissimo, a detta sua. «Ma mai quanto scoprire che le nostre Camere Blindate sono l'una a fianco dell'altra.», le sopracciglia guizzano verso l'alto, in un'espressione a metà tra il sarcastico e, incredibile ma vero, il divertito. «O forse devo cominciare a credere che tu mi stia col fiato sul collo, Scamander?», qualora qui sulla sinistra non ci sia la tua Camera Blindata, appunto.
     
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    Sam è certo di non aver mai messo piede alla Gringott prima di quel momento. Cioè in realtà un altro paio di volte c'è stato, a dire il vero, per ritirare soldi per conto di sua nonna, ma quel giorno è lì in veste ufficiale. Per se stesso. Perché deve depositare gli ultimi stipendi e per una volta non ha mandato Rey al posto suo, ha indossato un paio di pantaloni color khaki, una camicia delle sue, tutta disegni strambi, occhiale scuro immancabile davanti agli occhi - l'ultimo modello comprato però, dalle lenti arrotondate ma anche squadrate e da due piccole barrette superiori dorate - e si è inoltrato a passo impettito dentro la hall della banca, fatta d'oro, legno massiccio e cristalli pendenti. Con un'espressione piuttosto sfacciata e sicura di sé, prende a conversare con un folletto, Gremli a detta della targhetta placcata affissa al suo petto, di cose economiche di cui Sam capisce meno di zero, eppure si riempie talmente la bocca di concetti astratti, di tranquilla fiducia in ciò che sta dicendo, che comincia a crederci pure lui di sapere effettivamente di cosa stia parlando. E anche Gremli deve essere talmente rincoglionito alla fine dell'ennesima filippica sul possibile secondo conto che vorrebbe aprire, affinché diventi un fondo pensionistico da far fruttare negli anni, che alla fine lo fissa, con i suoi occhietti rossi che non mettono assolutamente soggezione, sembrando quelli di uno di quei vampirelli da serie televisiva, scoccando infine la lingua prima di indirizzargli un secco « Prego, mi segua. » Fa una smorfia, Sam, che appare quasi tragicomica e fa per accodarglisi dietro quando un bambino prende ad urlacchiare il suo nome e lui si ritrova a girarsi, leggermente spaesato nell'essere letteralmente travolto da quella piccola furia, alto un cazzo e un barattolo, dai folti capelli rossi che lo prega, letteralmente a mani giunte, di fargli un autografo. Sam non può far altro che ridacchiare, abbassandosi sulle ginocchia per scarabocchiare sul foglio che gli porge una dedica di un paio di righe, dopo aver scoperto che si chiama Sebastian. Ed è mentre scrive che sente quella che immagina essere la madre avvicinarsi a gran falcate. « Sebastian, quante volte ti ho detto che devi rimanermi vicino? » Lo sgrida prima di fissare dall'alto Sam. « Ahm, questo è per te. E mi raccomando ascolta sempre la mamma. » Si ritrova a dire all'ometto, allungando il foglio verso di lui con una nota palese di imbarazzo nella voce nel sentirsi lo sguardo inquisitorio della madre addosso. « Oh, ma tu sei..-» « Lui sta venendo con me. Signor Scamander, se non le dispiace.. » Sam annuisce, rialzandosi in piedi agilmente, un saluto militaresco verso i due prima di girare i tacchi e prendere a seguire il goblin in religioso silenzio, deciso a non importunarlo ancora sulla questione fondo pensionistico, almeno fino a quando non riemergerà dalla fossa delle Marianne dove si stanno dirigendo. « L'attendo qui. Prego. » Poche cerimonie, questi folletti. Si ritrova a pensare il ragazzo mentre improvvisa un inchino, assolutamente senza senso, per poi saltare giù dal vagoncino, camminando per qualche secondo in un corridoio abbastanza stretto fino alla camera blindata numero 733. La chiave dorata sblocca gli ingranaggi della porta e nell'ascoltare quei rumori metallici, Sam si ritrova a pensare quanto sarebbe figo riusarli come base in una delle sue canzoni. E a proposito di canzoni.. « Ah però vedi? C'è la connessione pure a metà strada per l'inferno. » Fortissimi questi tizi della rete magica, chissà che amplificatori usano per arrivare a reggere fin quaggiù. Si chiede mentre la porta si spalanca di fronte a lui andando a svelare i gruzzoli che negli anni è riuscito a mettere da parte, sempre per l'equazione "Se mi arriva 100, 50 ne spendo subito e 50 li metto da parte", così come la sua indole da mani bucate gli comanda di fare. Entra su Witzify, poggiando il cellulare su un tavolino che boh, ancora non ha capito perché è stato messo lì dentro e nel mentre che la barra di caricamento della canzone avanza, comincia a svuotare i tre sacchetti che si è portato in tasca - magicamente estesa - fino a quel momento. Il tintinnamento dei galeoni riempie l'intera stanza e diventa quasi divertente vederli ruzzolare una sopra l'altro, cadendo verso terra per andare a formare un tappeto dorato. Molti altri li avrebbero sistemati, uno sopra l'altro, con dedizione e simmetria, piccole torrette d'oro piacevolmente impilate per l'appagamento del senso dell'ordine. Non Sam. Sam l'ordine non ce l'ha nemmeno in testa, figuriamoci se ce l'ha quando deve interfacciarsi con il mondo esterno. Ama crogiolarsi in quello che James Scamander ha sempre definito "Puro caos" ogni qualvolta entrava nella sua camera adolescenziale, così tanto da aver continuato anche in età adulta, a circondarsi di quel disordine che ai suoi occhi verde acqua è sempre apparso perfettamente in ordine. "Io, nel mio disordine, riesco a sempre a ritrovare tutto". Una massima non sempre applicabile ad ogni sfaccettatura della sua vita, è vero, eppure che gli è sempre appartenuta nel profondo. E' mentre fa rimbalzare l'ultimo zellino contro il cumulo formatosi a terra, che il caricamento si conclude, accolto con un sorriso dallo Scamander. Entra nel suo profilo e clicca sopra l'ultima traccia, la stessa che prende a risuonargli negli AirPods. Impossibile non seguire il ritmo della canzone, ispiratagli direttamente da una ninna nanna araba sentita a metà Febbraio, quando era stato a cena in un nuovo ristorante etnico di Hogsmeade insieme a Daffy. La voce di Caleb, il cantante, esplode nel ritornello e lo porta a canticchiare fin quando non avverte una voce estranea di sottofondo. Si toglie una cuffietta e rotea gli occhi al cielo capendo di dover rimanere ancora negli abissi della Gringott. Lancia un'occhiata all'orologio e sbuffa, seguendo alla lettera le istruzioni di rimanere ognuno nella propria camera blindata. E infatti esce, recuperando la chiave per infilarsela in tasca, il cellulare ancora nell'altra mano prende a vibrare per i primi cuori come reazione e i commenti. Ed è mentre legge che avverte la sua canzone. Rimbalzare tra le mura della Gringott. Chi è che ha così tanto buon gusto? Si domanda, divertito da quella specie di caccia al tesoro in cui si lancia, seguendo le sue stesse note. Una caccia che comunque dura pochissimo perché svolta appena l'angolo e si ritrova di fronte Artemis Ayres. Che balla. Ad occhi chiusi. Sulla sua canzone. Cerca di non produrre alcun rumore, ma sulla sua faccia
    compare un sorrisetto beffarda non appena lei riapre gli occhi, i denti che affondano istintivamente nel labbro inferiore. «Lo trovo anch'io davvero divertente.» L'espressione vira appena in un sorriso più docile e un'occhiata confusa. Ho forse detto che ti trovo divertente? «Ma mai quanto scoprire che le nostre Camere Blindate sono l'una a fianco dell'altra. O forse devo cominciare a credere che tu mi stia col fiato sul collo, Scamander?» Le sopracciglia si inarcano, divertite, nell'accogliere quella domanda che ha del tendenzioso. « Se è questo che ti fa piacere credere, potrei anche confermartelo. » L'occhiata eloquente che segue cela tutto il sarcasmo che il risponderle per le rime gli provoca. « Ma se questa è la tua -» accenna con il mento alla porta dietro di lei «- ahimè non siamo vicini di casa. Ma tranquilla, possiamo essere amichetti lo stesso. » Un'altra alzata di sopracciglia simbolica. « Anche perché hai dei gusti musicali inaspettatamente piacevoli. Fighissima la canzone, di chi è? » Una domanda che risulterebbe sfacciata se lei sapesse effettivamente chi c'è dietro il profilo di Black Moon. Ma tu non lo sai ed è così divertente. Una ricerca di mercato non autorizzata, ma pur sempre utile. E' a quel punto che, ancora con lo schermo aperto sui commenti, apre la schermata dei messaggi privati. Allora, che te ne pare? E ci allega la traccia, con tanto dell'emoji con gli occhiali scuri. Fatto ciò, blocca lo schermo, lo infila nella tasca e si appoggia con le spalle contro la parete opposta mentre recupera dall'altra un pacchetto di sigarette. Peccato non avere un po' di erba pensa, convincendosi poi che sia meglio, sia mai che all'Ayres passi per la testa l'idea di sputtanarlo per certe sue abitudini. « Dici che si può fumare qui dentro? » Prende a dire, infilandosi una sigaretta sull'angolo delle labbra prima di battervi contro la bacchetta che, dopo qualche istante, l'accende. « Vabbè, anche se non si potesse, ci tengono in ostaggio, mi sembra il minimo lasciarci passare il tempo come meglio crediamo. Favorisci? » Allunga verso di lei il pacchetto per poi scivolare verso il basso, la giacca di ecopelle che struscia rumorosamente contro la parete ruvida e fredda mentre butta fuori il primo tiro, aspettando che da un momento all'altro prenda a suonare un qualche allarme magico rilevatore di incendi. Ma così non accade. Tanto meglio, commenta tra sé e sé con una smorfia compiaciuta. « Allora, che mi racconti? Che è successo ad Artemis Ayres dall'ultima volta che ci siamo beccati? » La fissa dal basso, un sorriso candido che nasce sulle sue labbra per poi scivolare via. « Non ti ho ancora ringraziata per l'aiuto che ci hai dato. Anche per.. sai le indica il volto, disegnandone di fronte dei ghirigori astratti. Insomma, tutto il tuo hocus pocus «- che ci ha aperto un'ottima finestra di fuga. » Fa un tiro e lascia fuoriuscire il fumo dal naso. « Poi non mi sono informato com'è andato il vostro viaggietto. » La guarda fisso, cadendo nel silenzio di chi si aspetta una risposta.

     
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    « Se è questo che ti fa piacere credere, potrei anche confermartelo. », inarca le sopracciglia, la Corvonero, lasciando che si tingano di un nero intenso per la battuta che la coglie alla sprovvista. E anche oggi imparo a controllare la Metamorfomagia domani, si trova a riflettere, un sorriso sarcastico appena accennato sulle labbra - stranamente non rivolto a Samuel Scamander. « Ma se questa è la tua, ahimè, non siamo vicini di casa. Ma tranquilla, possiamo essere amichetti lo stesso.», rotea gli occhi, le dita che iniziano a digitare rapide sulla schermata del telefono per bloccare la canzone che stava ascoltando. E' una cosa mia. L'unica, forse, che è riuscita a non condividere con nessuno: perché di questo si tratta, se si sta parlando della vita di Artemis Ayres. Fa parte di una comunità - poco importa se volente o nolente - e, di conseguenza, ogni suo affare è di pubblico dominio. Tranne quello. E' una cosa mia - si ripete, lasciando scivolare il telefono nella tasca esterna della borsa, al riparo da occhiate indiscrete. «Ma non mi dire.», commenta, viaggiando con la mente ad uno scenario in cui lei e il famoso giocatore di Quidditch sono amichetti anziché mine in procinto di esplodere ad ogni incontro - o meglio, scontro -, casuale o calcolato che sia, tra loro. « Anche perché hai dei gusti musicali inaspettatamente piacevoli. Fighissima la canzone, di chi è? », se anche stavolta viene presa in contropiede, tuttavia, Artemis riesce a mantenere un'espressione da faccia di bronzo da premio Nobel. E' in quello stesso istante che il telefono prende a vibrare, annunciando che è arrivata una notifica. O un messaggio. Combatte il desiderio di visualizzarlo affondando le unghie smaltate nel palmo della mano, ma alla fine ci rinuncia. Legge subito e le sfugge un sorriso, che cerca di camuffare di fronte al Serpeverde mordendosi il labbro inferiore. Tutto questo all'inizio, perché poi, ripensandoci meglio, chi se ne frega - è allora che sorride davvero. «Un'artista emergente.», risponde, gli occhi grandi puntati in quelli del ragazzo. «Sotto pseudonimo. Aspetta..», e prende a digitare la risposta, non senza rimuginarci sopra almeno due minuti buoni. Due minuti nel corso dei quali inizia a digitare e poi cancellare, il tutto accompagnato da alcuni cenni di assenso e contestuali no, no, non va bene. Alla fine invia. Aspettiamo solo il titolo del singolo e poi è pronta per il lancio. Che domande sono? E' stupenda. «Dicevamo?», l'attenzione ritorna a Sam. Continua a trattenere alcune risate per evitare di far la parte di quella che lo piglia per il culo senza motivo, ma ha serie difficoltà dato lo scambio di messaggi in sottofondo. «Ah sì. Essere amichetti. Beh, che dire. Lo eravamo, un po', no?», per via dell'amicizia con Melanie e della sua breve ed intensa avventura estiva con Sam. Piega la testa di lato, Artemis, in attesa di una sua replica. Ancora ricorda di quell'uscita a quattro finita a svaligiare un discount di tutto l'alcol in esso disponibile. Si era scolata una bottiglia di Gin intera. Sam l'aveva persino fatta vomitare. Morgana, che esperienza mistica - autoironizza su se stessa, sul proprio soprannome e sul contesto assurdo in cui si è ritrovata. Poi, senza neanche rendersi conto di come e quando, è finita in un batter d'occhio - allo scadere dell'estate, appunto. Melanie le ha raccontato la sua versione dei fatti e Artemis se l'è fatta andare bene. Poi, in realtà, ha perso i contatti persino con la ragazza. Anzi, più che averli persi, li ha direttamente cancellati. Troppe domande e, al contempo, troppe risposte che le era impossibile dare. Adesso conversa con la controparte e, in fondo, le dispiace meno del previsto. « Dici che si può fumare qui dentro? », l'angolo della bocca si porta verso l'alto. Si avvicina alla stessa parete di Sam e inclina la testa, concentrata a calcolare mentalmente quanto tempo potrebbe volerci prima che scatti l'allarme del rilevatore di fumo. Nulla che non si possa risolvere con un Confundus. Le ha insegnato Zip quel trucchetto, e non rinuncia ad applicarlo sotto il naso del Serpeverde, puntando la bacchetta dove ipotizza si trovi il rilevatore - tanto sta sempre all'angolo tra due pareti. «Adesso si può.», commenta, soddisfatta del proprio operato al punto da sfilare, senza troppe cerimonie, la sigaretta dalle labbra di Scamander, uno sguardo di vittoria che le illumina il volto. Aspira a fondo, sprigionando nuvolette di fumo che salgono indisturbate verso il soffitto.
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    «Comunque si chiama Black Moon. L'artista, riprende - stupita della propria intraprendenza, soprattutto poiché era restia a parlarne, poco fa - l'argomento di prima, un tiro di sigaretta ad accompagnarla nella mossa successiva. «Ti regalo cultura non richiesta, dai.», aggiunge, cliccando sul singolo che le piace di più. Non c'è un testo sotto. Solo suoni, quasi a sottolineare come, a volte, le parole non servano. Da questo punto di vista, Artemis non può che trovarsi d'accordo. « Allora, che mi racconti? Che è successo ad Artemis Ayres dall'ultima volta che ci siamo beccati? », di fronte a quella domanda, Misty non sa davvero da dove partire. Tanto per cominciare, c'è stata la cerimonia in onore di Artemide, proprio ad Aprile. Per non parlare della caccia, quella seria, che le è stata imposta. Per non parlare dello stato d'animo di Dory, situazione che ha fatto soffrire lei in primis. « Non ti ho ancora ringraziata per l'aiuto che ci hai dato. », cala la testa, Artemis, mettendosi a sedere anche lei sul pavimento freddo, i tacchi ormai abbandonati di fianco. «Il minimo.», risponde, poggiando la guancia sulle ginocchia. Aspira ancora una volta. Non l'ha obbligata nessuno, né tanto meno era suo dovere far qualcosa: semplicemente, le è parsa la soluzione migliore. «E' stato un viaggetto molto breve. Da casa vostra alla stazione delle Passaporte più vicina - sembrava quasi ci stessero aspettando.», scocca un sorriso in direzione di Sam. «E' sempre così?», domanda, spegnendo il mozzicone di sigaretta sulla roccia scura. «La vostra vita, intendo.», sempre a fuggire dalla stampa e dai paparazzi? - si chiede, atterrita all'idea di una prospettiva del genere. Beh, in realtà non è poi così diverso, per me. Anche lei fugge da qualcosa. Anche lei è soggetta ad un esame costante da parte del proprio particolare pubblico. «E tu? Tu come stai?», domanda poi, sinceramente incuriosita. Ti avranno chiesto tutti come sta tua cugina, ma tu? - riflette, allungando le gambe per stiracchiarle. Non si pente della domanda posta, benché personale. Se non gli va di aggiungere altro, non è tenuto a farlo - conclude.
     
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    «Un'artista emergente.» Vabbè però vado alla grande su Wiztify, non ferire così il mio ego, ragazza. «Sotto pseudonimo. Aspetta..» Per quanto Sam sia un ragazzo egocentrico, che ama stare al centro dell'attenzione, inutile girarci troppo intorno, il fatto che la bionda abbia palesemente altro a cui pensare non lo infastidisce affatto. Anche se è poco educato, questo c'è da dirlo. Generalmente farebbe di tutto per ricercare l'attenzione altrui per farla ricadere su di sé, ma in quel momento si rilassa semplicemente con le spalle contro il muro, prendendo a scorrere a sua volta lo schermo del proprio cellulare. Legge qualche altra notifica proveniente da Wiztify, una lo fa ridacchiare in maniera particolare per le emoji inequivocabili messe tra i vari ringraziamenti per "la colonna sonora da portare con sé a letto". Lancia una veloce occhiata alla bionda, scorgendone l'espressione divertita, tanto simile alla sua. Un'espressione che rivolgono entrambi allo schermo di un telefono. Siamo davvero così tristi come i boomers ci vogliono far credere? Siamo davvero così irrisolti e incompiuti noi millenials? Se la risposta a quelle domande è un sì, a Sam evidentemente frega poco perché non appena gli arriva la risposta, sorride inevitabilmente, scrollando appena il capo. «Dicevamo?» Non le risponde perché insomma, se esiste la diceria che gli uomini non sanno fare due cose contemporaneamente un motivo ci sarà e lui sta rispondendo alla sua amica di penna, cercando di accentuare al massimo la sua vena sagace. "'Call me by your name?' Lo trovo azzeccato. A proposito, come ti chiami?" Invia, blocca lo schermo e lascia scivolare il cellulare nella tasca ancora una volta. «Ah sì. Essere amichetti. Beh, che dire. Lo eravamo, un po', no?» Forse. Perché è vero che, ad onor del vero, Sam prima che fosse proprio lei a rammentarglielo al Golden Match, nemmeno si ricordava come si chiamasse la ragazza che li aveva accomunati per un periodo della loro esistenza. Ma quell'estata se la ricorda, vagamente, tra l'influsso di una canna e l'altra, con qualche striscia di polverina magica a risalirgli il naso, fastidiosamente pungente. Artemis, allora, era un'altra persona a ben dire, diversa da quella che gli appare di fronte ora. O forse i ricordi sono decisamente alterati. Si ritrova a pensare. « Lo eravamo, un po'. » Ammette con una stretta di spalle poco convinta. « Fin quando non lo siamo stati più, dico bene? Ma è fisiologico, perdersi di vista con alcuni crescendo, dicono. » Capitan ovvio oppure velata frecciatina? La fissa, prima di distogliere lo sguardo, la punta della sigaretta che improvvisamente si fa di un rosso ardente, non appena aspira nuovamente. La guarda poi, alzando un sopracciglio con sarcastica ammirazione quando la vede castare un Confundus su alcuni dispositivi che rivelano il fumo. Espressione che si protrae non appena lei, pur avendole offerto l'intero pacchetto, gli sfila dalle labbra la sua sigaretta. « No ma tranquilla, fai pure. » Commenta con ironia, avvicinandosi il pacchetto alle labbra per raccattarsi una sigaretta nuova per sé. La stringe per qualche istante tra i denti, assaporandone il sapore fresco di tabacco. « Che strano, mai ti avrei detta così fuorilegge -» fa un cenno al rivelatore con il capo «- e incline alla condivisione. » Finisce la frase, prima di sentire la spinta a correggersi. « Anzi no, ripensandoci bene, ti piaceva già ai tempi. Non si sapeva mai come ma la bottiglia del Gin, da che era in mani di altri, finiva sempre per essere scolata irrimediabilmente da te. » Scoppia a ridere nel rivivere sprazzi di quei ricordi che gli sono apparsi lontani fino a quel momento, ma chissà come quel particolare gli è rimasto abbastanza impresso da renderlo in quel momento vivido. «Comunque si chiama Black Moon. L'artista. Ti regalo cultura non richiesta, dai.» Il parlare di sé a quel modo lo fa ridere, lo fa sentire quasi sotto copertura, in uno di quei film trashissimi che gli piace tanto vedere nelle sue serate svacco. Lo fa ridere, sì, ma è evidente quanto il suo ego sia stuzzicato da quel ritorno a parlare di lui. Black Moon. Uno pseudonimo che non ha nulla di casuale, mirato, decisamente non il nome che userebbe da DJ, ma un ottimo compromesso per cominciare a farsi conoscere, a tastare il terreno senza esporsi definitivamente, cosa che al momento non si sente di volersi concedere. In fondo, il comporre musica per lui è sempre stato uno sfogo personale, intimo, soprattutto i momenti in cui i polpastrelli si ritrovano a pizzicare, dapprima gentilmente e via via sempre più intensamente, i tasti bianchi e neri del pianoforte che si trova a casa di suo padre. Uno spettacolo, quello, concesso negli anni solo a James e Lilac Scamander. «Il minimo.» Fa spallucce, Sam, non trovandosi minimamente d'accordo con quella definizione. In fondo, non conoscendo minimamente Lily, a quanto lui sappia, si è offerta di sua spontanea volontà di fare qualcosa di effettivamente grande. Il contrario, insomma, del minimo. « Non ti ricordavo così umile. » Un commento che fa tra i denti, prima di aspirare nuovamente dalla sigaretta e rivolgerle poi un sorrisetto. «E' stato un viaggetto molto breve. Da casa vostra alla stazione delle Passaporte più vicina - sembrava quasi ci stessero aspettando.» Annuisce, rabbuiandosi appena. Il ricordo di quella sera gli fa sempre quell'effetto. « Dopo quanto si sono accorti che stavano prendendo un granchio con te? E soprattutto, le loro facce sono state impagabili, vero? » Quel pensiero gli fa tornare vagamente il sorriso, l'idea della tristezza negli occhi dei paparazzi, la frustrazione per non aver niente da riportare al redattore. Un po' gli fanno pena, gliel'hanno sempre fatta. E' un lavoro terribile, spesso e volentieri talmente intrusivo da darlo sentire violato nel profondo della sua privacy, ma è pur sempre lavoro. Di certo non è giornalismo, questo no. «E' sempre così? La vostra vita, intendo.» Storce le labbra per poi annuire, senza pensarci su due volte. Il lato peggiore di quella vita che, non appena indossata, gli è subito calzata a pennello. Il suo nome osannato dagli spalti, gridato a pieni polmoni tanto da fargli provare ancora i brividi lungo la schiena nell'ergersi sopra il manico di scopo, l'essere riconosciuto per strada, fare foto e autografi, ritrovandosi a volte confidente di storie intime, raccontategli da coloro che più lo sostengono: è tutto così perfettamente nel suo stile, il sentirsi sotto l'occhio di bue e utile a qualcuno allo stesso tempo. « E' il lato brutto della medaglia. "Il prezzo da pagare". E' quello che mi ha detto il mio agente, la prima volta che mi è stato affiancato. » Una smorfia, simile ad un sorriso nostalgico, gli gonfia la guancia destra. « Questo e "Cerca di tenere un profilo basso fuori dal campo, non uscire con le tue fan e mi raccomando, fammi sempre revisionare i tuoi post Wizta". Povero Rey, ancora non capisco come non abbia un solo capello bianco. » Il rapporto con il suo agente è uno dei più sinceri e schietti che Sam abbia mai avuto. Si dicono ciò che pensano senza mezzi termini e il ragazzo gliene è estremamente grato, per la limpidità e il duro lavoro che si impegna a fare, giornalmente, molte volte anche per ripulire i suoi casini. « Ma non succede sempre un po' per tutti così? » Se ne esce poi, tornando a guardarla dopo aver stizzato la sigaretta, il gomito poggiato ora contro la parete fredda alle sue spalle, così come la nuca. « Arriva sempre quel momento nella vita dove si scappa da qualcosa. » Da qualcuno. Per lui quella è l'opzione più accreditata. Lui fugge sempre, a gambe levate, forse perché le poche volte che è rimasto si è sentito poi soppesato e mancante di qualcosa, di quel qualcosa di vitale importanza per l'altra parte. Forse, molto più semplicemente, perché così è più facile. Essere un viandante, la storia di una notte, un temporale estivo che ti coglie all'improvviso e altrettanto velocemente ti lascia. "Sei di tutte e nessuna". Quelle parole gli rimbombano ancora dentro, infastidendolo, a volte, per quanto siano risultate poi vere. « Anche tu stai
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    scappando dalla mia domanda, proprio in questo momento. »
    Alza un sopracciglio, con fare ridacchiante e non accenna a voler abbassare lo sguardo. In fondo è vero che non mi hai risposto quando ti ho chiesto di raccontarmi cosa ti sia successo ultimamente. Non si sente minimamente in difetto, Sam, nel mettere la bionda all'angolo, sottolineandole apertamente quel suo eludere il punto interrogativo, probabilmente mettendola a disagio proprio in virtù di ciò. «E tu? Tu come stai?» Sgrana leggermente gli occhi, sorpreso da quella domanda, ultimamente mai rivolta a lui. Piega gli angoli delle labbra nello spegnere il mozzicone ormai inerme contro il muro, prendendo ad esempio le mosse di lei di poc'anzi. « Sei la prima a chiedermelo, da un po'. » Ma forse già lo sai e proprio per questo me lo stai chiedendo. In fondo può immaginarlo benissimo da sé quante persone gli abbiano girato quel quesito per sapere come stesse Lily. Non che ci sia nulla di sbagliato in ciò, lui per primo è proiettato completamente sul benessere della cugina, eppure gli appare di una gentilezza estrema, quella domanda. Non crede che Artemis gliel'abbia posta con quell'intento, ma così gli appare. « Costantemente stanco. Posso dirlo? E non fisicamente, ma proprio mentalmente. C'è una tale pressione, tutti che chiedono, tutti che mi stanno addosso perché vogliono sapere di Lily, di Lily e di James. Come se io sapessi qualcosa, che cosa volete che ne sappia? So solo che siete un branco di pecore e rincoglioniti. Tutti che vogliono sapere quello che vogliono sapere esattamente quando te lo chiedono. E non che non sia abituato allo stress, anzi, il mondo del Quidditch è per un buon 40% fatto anche di quello: fisico, da prestazione, sociale, psicologico. Eppure ora c'è una nota che stona, una nota che mi fa mancare a tratti il fiato e francamente comincia a rompermi un po' i coglioni. » Arriva in fondo rendendosi conto, con un sorriso imbarazzato, dello sproloquio che ha appena fatto. Si stringe nelle spalle, come a volerle chiedere scusa, senza dirlo a parole. « Il lato positivo è che la vita alla "Ti sorridono i monti e le caprette ti fanno ciao" comincia a piacermi. » Annuisce. « Lily dice che potremmo provare a fare meditazione, ma io non sono molto tipo da certe caz-cose. » Prosegue, accavallando le caviglie prima di cominciare a muoverle, ciondolanti. « Hai mai provato? Non chiedermi perché ma mi sembri decisamente il tipo da meditazione. »
     
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    Call me by your name? Lo trovo azzeccato. A proposito, come ti chiami? - Artemis si lascia sfuggire un sospiro quando legge la notifica sullo schermo del cellulare. Non la visualizza per almeno una decina di minuti, riflettendo sul da farsi. Non si tratta di timidezza o dell'essere riservata - entrambe due caratteristiche che non le appartengono - quanto, al contrario, di senso pratico. Istinto di sopravvivenza. Desiderio di non complicare le cose. E' già difficile con le persone cui è più legata: basti pensare a Ninfadora Weasley e all'infinità di dettagli che le ha taciuto, con l'unico obiettivo di assicurarsi la propria - e l'altrui! - incolumità; figurariamoci con dei perfetti sconosciuti... Eppure mi sa prendere molto più di altri. L'amico di penna di Artemis Ayres, in effetti, vanta la conoscenza di numerosi aneddoti sulla figura misteriosa della Corvonero. E soprattutto - Artemis ha ragione di crederlo - ne ha afferrato l'indole. In fondo si tratta solo di un nome. Non è l'unica Artemis esistente sulla faccia della terra - anche se, forse, è l'unica per cui quel preciso nome assume un significato curiosamente letterale. Io sono Artemis. E tu? PS: niente battute su Apollo. Un altro rapido sorriso a suggellare quello scambio. « Lo eravamo, un po'. Fin quando non lo siamo stati più, dico bene? Ma è fisiologico, perdersi di vista con alcuni crescendo, dicono. », lo osserva con sguardo glaciale, la bionda, finché la chioma non raggiunge la stessa sfumatura degli occhi, a sottintendere quanto dispiacere le avesse arrecato quell'avvenimento passato. Non ha mai indagato i propri sentimenti a riguardo: delusione per il comportamento di Scamander, questo sì, ma in realtà anche dell'altro. Si è sentita piccata per la convenzione sociale secondo cui, essendo molto amica di Melanie, dovesse necessariamente prendere le parti della ragazza, allontanandosi da una personalità simpatica come quella di Sam. Alla quale non avrebbe rinunciato volentieri. Ma ha dovuto farlo, Artemis, e questo continua a roderle a distanza di anni. «Credi davvero a tutto quello che dicono, puntualizza, con fare saccente, pur essendo stata la prima a lasciarsi abbindolare dalle famose convenzioni sociali. A quante cose ti hanno fatto credere, Artemis... «Magari, se tu fossi stato...», cosa, di preciso, Artemis? Più maturo? «Se tu avessi...», tenuto un po' alla nostra amicizia? - scrolla le spalle, la giovane, riprendendo il colore platino dei capelli. «Lascia perdere.», è in quell'istante che gli strappa la sigaretta dalle mani, lasciandolo di stucco per la propria intraprendenza, se così la si può definire. « Che strano, mai ti avrei detta così fuorilegge - Anzi no, ripensandoci bene, ti piaceva già ai tempi. Non si sapeva mai come ma la bottiglia del Gin, da che era in mani di altri, finiva sempre per essere scolata irrimediabilmente da te. », il ricordo di Sam riesce ad aprire una piccola breccia nella corazza della Ayres, portandola a sorridere di rimando. «Non hai ancora visto niente, giovane Scamander.», lo prende un po' in giro, con l'atteggiamento di chi la sa lunga - di chi ha sempre un asso nella manica. E' così che, in quattro e quattr'otto, va a trasfigurare una bottiglietta d'acqua riposta nella propria borsetta in un'altra casuale bevanda.
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    «Non farti ingannare dall'aspetto trasparente.», bisbiglia, mandando giù il primo sorso di Gin. L'alcolico inizia a bruciarle la gola, facendola tossicchiare per la rapidità con cui è ingerito - a stomaco completamente vuoto, tra l'altro. Tra una chiacchiera e l'altra, la conversazione sfocia sulla serata del Golden Match e sull'idea di Artemis di assumere le sembianze della cugina di Sam, allo scopo di confondere la stampa. «Diciamo che non l'hanno presa bene. Sono scesi molti Santi dal cielo. Più di quanti ne riesci a contare, commenta, sollevando l'angolo della bocca in un'espressione compiaciuta. «E' stata una bella soddisfazione. L'unica di un'intera serata, probabilmente..», aggiunge, senza forzare troppo il ragazzo sulla questione. A meno che non se la senta di parlarne. Alla fine, senza alcun preavviso, lo fa. Ed è così che conclude il discorso: « Arriva sempre quel momento nella vita dove si scappa da qualcosa. », affermazione che lascia Artemis di stucco. E' come se le avesse appena scavato dentro, come se l'avesse capita più di chiunque altro. Ne ha colto il desiderio profondo: scappare. Fuggire, abbandonare tutto. Ciò che Sam non riesce - o meglio, ciò che non può cogliere, è l'impossibilità della Corvonero di esaudire quel desiderio. Ho le mani legate, Samuel Scamander. « Anche tu stai scappando dalla mia domanda, proprio in questo momento. » «Perché sono brava a fuggire dalle domande, forse.», ma non dalle situazioni. Da quelle non posso. Mi resta solo la parlantina. Ed è davvero così: la lingua tagliente è l'unica arma a disposizione di Artemis per dissentire dall'obbligo cui è intrecciata. Le battute sarcastiche l'unica opzione che ha per sottolineare - seppur velatamente - quanto certe cose non le stiano bene. Per il resto, il Voto Infrangibile parla da sé. «Ma visto che l'hai notato - e che muori dalla voglia di saperlo, ti si legge nello sguardo -», pecca di superbia, la giovane Ayres, ma poco le importa, «- Artemis si è appassionata d'arte ed ha iniziato a lavorare come costumista. Anche se, recentemente, ha valutato l'idea di iscriversi alla relativa facoltà del college... Chissà che questo non si verifichi, prima o poi.», prende un altro tiro dalla sigaretta nuovamente sottratta a Sam. «Per il resto è identica a come l'hai conosciuta. Giusto un po' più litigiosa.», solleva il sopracciglio, istigando il ragazzo a risponderle a tono. Lascia dunque che commenti le sue frasi, per poi attendere che le racconti qualcosa su di sé. Ciò che trapela dalle emozioni di Sam è, invero, una realtà che Artemis conosce sin troppo bene. Questa pressione, queste proiezioni degli altri sulla propria persona... « Lily dice che potremmo provare a fare meditazione, ma io non sono molto tipo da certe caz-cose. », questa capacità di sdrammatizzare. Ecco un'altra cosa che hanno in comune. Cambiare argomento - oppure ancora fare del sarcasmo - quando meno ce lo si aspetta. « Hai mai provato? Non chiedermi perché ma mi sembri decisamente il tipo da meditazione. » «Mi stai forse dicendo che ti comunico tranquillità? Sul serio?», ridacchia, la Ayres, riflettendo su quanto sia corretto spingersi oltre, raccontandogli un'altra delle proprie abitudini... O meglio, su quanto possa spingersi oltre... «Conosco solo un tipo di meditazione. Non prendermi per criminale, ma...», è forse l'unica attività in grado di pacificare Artemis. E' ciò che la rende consapevole che non potrebbe mai far del male a qualcuno. «Hai mai cacciato? Non intendo per uccidere. Intendo per... Concentrarti. Non so come spiegartelo...», magari a parole, Artemis, che ne dici? «Tiro con l'arco. Ehm... Non punto mai alla preda, però... Ci vado vicino. Mi rilassa sapere di poter colpire esattamente dove miro.», non prendermi per pazza, Scamander, non ora che ti sto raccontando qualcosa di mio. Qualcosa di veramente mio. «E' questa la mia forma di meditazione.»

     
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    «Credi davvero a tutto quello che dicono? Magari, se tu fossi stato...Se tu avessi...Lascia perdere.» Non arriva al punto, la bionda, tutto il contrario della ragazza di Witzify. Io sono Artemis. E tu? PS: niente battute su Apollo Un primo sorriso compare sulle labbra dello Scamander nel leggere il messaggio per poi, lentamente, scivolare in un aggrottare di sopracciglia estremamente confuso. Artemis. Pure lei si chiama Artemis. E stava ascoltando, guarda caso, una mia canzone. Per quanto Sam non sia mai stato una gran volpe, specie quando si trattava di parlare di materie scolastiche, è sempre stato molto curioso. Assai curioso, fin troppo, soprattutto quando fiuta la possibilità di un probabile divertimento all'orizzonte. Fissa per qualche istante lo schermo senza digitare nulla, lanciando giusto un'occhiata alla bionda di fronte a sé. Ma ti pare che tra tante persone, finivi proprio con lo scrivere a me? Ma dai, ti vorrebbe davvero male l'universo. Deve ammetterlo, il pensiero che sia effettivamente l'Artemis che è lì con lei, l'Artemis della sua casella postale, lo stuzzica e lo diverte allo stesso tempo. Ha trovato con lei una forma di dialogo sincero, decisamente profondo alle volte. Le ho persino raccontato cos'ha provato nel cercare di mettere al sicuro Lils quella notte. Diversamente, ma sono stato più sincero di quanto sia stato mai con qualcuno. La cosa più sconcertante, ora che ci si sofferma a pensare, è che anche con l'Artemis in carne e ossa lo è stato, appena qualche istante prima. Se sei tu veramente, hai sbagliato tutto nella vita. Dovresti fare la psicologa, sei come una fottuta bottiglia di gin. Più ci si avvicina al fondo, più si straparla. Alla fine, per il momento, decide semplicemente di non rispondere, l'attenzione che viene colta nuovamente dalla voce di lei. «Non hai ancora visto niente, giovane Scamander. Non farti ingannare dall'aspetto trasparente.» La guarda fare le sue magie e può già puntare sul fatto che gli stia offrendo nient'altro che del gin magicamente trasformato dall'acqua. Lei beve e mentre strizza gli occhi, lui ruba la bottiglietta dalle sue mani, con la stessa velocità impiegata da lei nel rubargli la sigaretta. Si stringe nelle spalle, con fare innocente, prima di buttare giù un sorso che sa effettivamente di alcol puro. « La Trasfigurazione è sempre stata la tua materia d'altronde. » Commenta, una nota divertita nel tono di voce, mentre lei si appresta a concludere il racconto sui paparazzi decisamente incazzati per aver preso un granchio nel prendere lei invece che Lily. E così, proprio come l'ha delineata nella sua mente, una bottiglia di gin, gli fa quell'effetto nel momento in cui si apre e parla liberamente di ciò che gli è passato per la testa dopo quella serata. Forse perché nessuno gliel'ha mai davvero chiesto, se non come appendice alle domande sulla cugina, più per buona educazione che per effettivo interessamento, ha sempre sospettato. «Perché sono brava a fuggire dalle domande, forse.» Aggrotta le labbra, poco convinto da ciò che ha appena sentito. Fa un tiro della sigaretta. « Tu dici? Sei brava anche se vieni scoperta nel farlo? » L'espressione che gli si dipinge in faccia suggerisce un evidente "Io non credo proprio". E così, spalle al muro, gambe allungate sul pavimento, allacciate all'altezza delle caviglie, attende che sia lei a riempire il vuoto che si forma tra di loro. «Ma visto che l'hai notato - e che muori dalla voglia di saperlo, ti si legge nello sguardo -» lui fa una smorfia che conferma l'espressa curiosità da lei citata, senza girarci troppo intorno «- Artemis si è appassionata d'arte ed ha iniziato a lavorare come costumista. Anche se, recentemente, ha valutato l'idea di iscriversi alla relativa facoltà del college... Chissà che questo non si verifichi, prima o poi. Per il resto è identica a come l'hai conosciuta. Giusto un po' più litigiosa.» Gli angoli delle labbra dello Scamander si piegano verso l'alto nel sentire l'ultima frase, mentre annuisce. « Non l'avevo di certo notato. » Continua a sorridere, sarcasticamente mentre la guarda. « Costumista, figo. Lavori nel cinema quindi? Oppure preferisci vestire le persone per le grandi occasioni? » Inclina la testa di lato mentre la faccia si piega ad un'espressione da malandrino, i denti che affondano nel labbro inferiore. « Perché in questo caso, in memoria dei bei vecchi tempi andati, non avendone uno personale, - sì, lo so, faccio tutto da solo e lo faccio alla grande, lo so, lo so, eh, quando c'è il buon gusto c'è tutto! - se ti va, potremmo provare a vedere cosa si può combinare insieme. » Butta lì, osservandola per carpirne
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    l'immediata reazione dai lineamenti del volto. « Non credo ci saranno a breve serate di gala o cose simili, ma per quando succederà, potrebbe essere un'idea fare team up? » Si stringe nelle spalle, tranquillo nell'accogliere nuovamente la sigaretta dalle dita di lei, ormai arrivata agli ultimi tiri. Ne fa uno. «Mi stai forse dicendo che ti comunico tranquillità? Sul serio?» Arriccia le labbra, Sam, muovendo la testa a destra e sinistra, come a star valutando cosa rispondere di preciso. « In effetti più una persona che fa meditazione per tranquillizzarsi, dopo aver litigato con il mondo. » Ridacchia, per poi lasciarla parlare. «Conosco solo un tipo di meditazione. Non prendermi per criminale, ma...Hai mai cacciato? Non intendo per uccidere. Intendo per... Concentrarti. Non so come spiegartelo...Tiro con l'arco. Ehm... Non punto mai alla preda, però... Ci vado vicino. Mi rilassa sapere di poter colpire esattamente dove miro. E' questa la mia forma di meditazione.» Okay, i didn't see that coming. Pensa mentre si formano alcune pieghette tra le sue sopracciglia. Prende un'altra boccata di sigaretta e gliela ripassa. « Ultimo tiro. » L'avverte con gentilezza tornando poi a posare le spalle contro il muro. « Dici di essere sempre la stessa, ma non è così. Più racconti di te, più riesci a stupirmi. » Si lascia andare a quel commento con onestà, in fondo oltre ai cacciatori di Inverness, Artemis è la prima a cui sente dire di praticare la caccia con l'arco. Lui non ha mai pensato di farlo anche se l'ha fatto, un paio di volte. Nei sogni. No, nei suoi incubi, quelli in cui si trasforma ed è un tutt'uno con il lupo che è, quelli in cui l'istinto animale ha la meglio sul raziocinio e lui si muove, sinuosamente, tra gli alberi, fiutando il calore del sangue di qualche umano che si è avventurato nel bosco, lasciandosi guidare dalla voglia di affondare le proprie zanne nella giugulare di qualche giovane, bevendone il sangue e mangiandone la carne. Si è svegliato più di una volta con il sapore ferroso sulla punta della lingua, il respiro ancora corto e il sudore freddo ad imperlargli la fronte. Il ricordo gli fa stringere di scatto la presa intorno al telefono. « Vale la caccia selvaggia del Midsummer dell'anno scorso? No? Peccato. » Cerca di sdrammatizzare così, domandandosi se lei vi abbia partecipato. Se l'ha fatto, lui non lo ricorda, non ci ha fatto decisamente caso. « Non ho mai cacciato, non credo sia esattamente il mio elemento, nel pratico. Anche in campo non ho mai ricoperto questo ruolo. So lanciare bolidi, so riceverli, so difendere gli anelli ma no, decisamente non sono tipo da quel tipo di caccia. » Scrolla la testa, con un sorrisetto che si spenge velocemente. « Sembri essere proprio convinta di poter prevedere sempre dove andrà a finire ogni tua freccia, quindi colpisci sempre dove miri? Non ti sei mai mai sbagliata? » Chiede poi, incuriosito da quel suo particolare modo di rilassarsi. « Credo che a me metterebbe ansia quel margine di possibilità di sbagliare e centrare altro. » Mirare al coniglio e chiudere le fauci intorno alla coscia del ragazzo che sta scappando dal mostro, da me. Scrolla la testa, cercando di scacciare quel pensiero. Qualsiasi cosa va bene, anche concentrarsi sulla gocciolina di gin che è sfuggita alle sue labbra e sta rigando il mento della bionda verso il collo. Le sorride, distogliendo subito lo sguardo, e solo allora torna al cellulare e a quel suo visualizzare senza rispondere fino a quel momento. Rilegge velocemente il messaggio di lei e alla fine, digita qualche tasto, un sorrisetto che compare beffardo sulle sue labbra. Azz, niente Apollo, okay, mi hai tagliato le gambe con questa. Lo invia, come se sapesse davvero qualcosa di mitologia greca, aggiunge un emoji, ma la cancella e scrive soltanto Piacere Artemis, sono Benjamin. Che non è del tutto una bugia, si dice. In fondo è davvero il suo secondo nome. Quindi tra un'ora gran lancio. Lo festeggi con me o sei impegnata ora? Aggiunge alla fine, lanciando l'evidente abbocco all'Artemis che ha davanti nel momento in cui finge di giocare con il cellulare, rigirandoselo tra le dita, appoggiandolo poi sopra la coscia, lo schermo ben rivolto verso i pantaloni chiari. E la fissa, mentre si porta nuovamente la bottiglietta alle labbra. Aspetta di scorgere qualcosa nei suoi lineamenti, attende di vederla prendere il cellulare e leggere qualcosa sullo schermo. Giusto un indizio tangibile.

     
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    « La Trasfigurazione è sempre stata la tua materia d'altronde. », accenna un sorriso divertito, Artemis, tenendo per sé la risposta che ha pronta sulle labbra: dici che esistono materie che non sono nelle mie corde? - per non peccare di superbia di fronte ad un quasi sconosciuto. Quasi perché, appunto, tempo addietro si conoscevano molto meglio di così. La Ayres si azzarderebbe persino a sostenere la tesi dell'esser stati in sintonia, prima che la situazione sfumasse nel reciproco ignorarsi. «La perspicacia la tua, mh?», commenta, in tono volutamente ironico, a sottolineare quanta poca perspicacia sia richiesta nell'intuire l'innato talento di lei per la Trasfigurazione, essendo una Metamorfomagus. Ironia a parte, non può comunque negare il divertimento che prova in quell'esatto istante, tanto da trascurare la conversazione che nel frattempo avviene su Wiztify. « Tu dici? Sei brava anche se vieni scoperta nel farlo? » «Soprattutto in quel contesto.», sostiene, arricciando una ciocca di capelli tra le dita. «Fino a prova contraria, quanto meno.», sciabola le sopracciglia, in attesa della reazione di Sam. D'altro canto potresti essere l'eccezione che conferma la regola. Quello che, inspiegabilmente, mi farà aprire a riguardo. Si lascia sfuggire un sorriso, Misty, abbastanza disillusa di fronte alla suddetta opzione. Se anche potessi lasciarmi andare con qualcuno, non potrei mai farlo abbastanza. Ci sarà sempre un limite, una soglia, quel fottuto qualcosa di invalicabile tra me e il resto del mondo. Stringe le mani l'una all'altra per non mostrare il proprio disagio a riguardo. Fanculo. Fanculo tutto. « Costumista, figo. Lavori nel cinema quindi? Oppure preferisci vestire le persone per le grandi occasioni? [...] Non credo ci saranno a breve serate di gala o cose simili, ma per quando succederà, potrebbe essere un'idea fare team up? », lo fissa per qualche secondo, poi si scioglie in una risata. Sia per la battuta sulla sua presunta abilità nello scegliere outfit all'ultimo grido, sia per la proposta di collaborare.
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    «Entrambe le cose.», risponde, rubando la sigaretta ormai agli sgoccioli dalle mani di Sam. «Comunque, tanto per cominciare, dovresti vestire di verde. Direi sulla tonalità del militare. Punto primo: risalterebbe il colore dei tuoi occhi. Secondo: il cento per cento della popolazione maschile ai gala opta per il blu notte - visto e rivisto. Terzo..», si blocca perché si rende conto di essersi concentrata un po' troppo sul colore degli occhi di Scamander, incredibilmente particolare. Possibile non l'avessi mai guardato così da vicino? - spalanca le palpebre, non potendo immaginare, né tanto meno notare, che le proprie iridi si siano tinte di quella stessa specifica tonalità di verde. A Sam, indubbiamente, non sfuggirà. «Terzo: sì, potrei trovare una soluzione al caso tuo. Sempre che tu sia pronto a distinguerti dalla massa.», accoglie così la proposta di individuare l'abito perfetto per lui, suggellandola con un sorriso a metà tra il trionfale ed il sorpreso - in fondo, non avrebbe mai immaginato una tale evoluzione all'episodio di reclusione nei meandri della Gringott. « Ultimo tiro. », ouch. « Dici di essere sempre la stessa, ma non è così. Più racconti di te, più riesci a stupirmi. », è triste pensare che esista ancora un intero "mondo" da raccontare sul mio conto. E' triste sapere di non potersi sfogare con nessuno, di dover incassare colpo dopo colpo, da sola. Fino alla morte. Mia o di Adam. «In positivo? In negativo, domanda, sinceramente curiosa di udire la risposta. « Sembri essere proprio convinta di poter prevedere sempre dove andrà a finire ogni tua freccia, quindi colpisci sempre dove miri? Non ti sei mai mai sbagliata? », no. E questa sua forza la spaventa. E la calma. E' come avere un margine di speranza: Artemis ed il suo arco non mancheranno il bersaglio. Quando le cose si metteranno male, avrà pur sempre un'arma a disposizione. Eppure, quella stessa forza che le dà calma, diventa anche motivo di tormento. Disagio circa la consapevolezza di non poter convivere con un evento di portata simile - con un omicidio. «Non da quando ho giurato che non avrei sbagliato più.», mente, costruendosi un'immagine di sé lievemente dissimile dalla realtà. Non vuole incutergli paura - già si è esposta troppo, con tutto quel discorso sulla caccia, sulla meditazione... Morgana, Misty, cosa cazzo hai raccontato!! Potrebbe farsi duemila film e finire nei casini. Potrebbe chiederti dov'è che cacci, quando hai iniziato, se sei da sola o in compagnia quando lo fai... Come risponderesti, allora? Eh? - il turbine di pensieri che la avvolge viene interroto da due eventi, verificatisi uno di seguito all'altro: il primo è l'invito da parte di Benjamin a vedersi? - perde quasi un battito quando sullo schermo del cellulare compaiono quelle specifiche parole. Il secondo è il Folletto della Gringott che annuncia la libertà. In realtà ce n'è anche un terzo. E quest'ultimo si potrebbe benissimo soprannominare "La Fuga". Da tutto. Dalla Gringott, da Sam, da Benjamin. «E' stato un piacere, Scamy. Ti aspetto al Moulin Rouge per la prova costumi, allora. A meno che tu non ti sia ormai abituato al banale blu notte, chiaro.»
     
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