{Sorting Ceremony 2021}

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    «Sono davvero felice che tu abbia scelto il nuovo corso al college!», Ginny ha quasi gli occhi lucidi nel rispondere alla considerazione posta dalla studentessa del suo cuore - oh, al diavolo chi dice di non fare preferenze tra gli alunni. E' innegabile si sviluppino, in un modo o nell'altro, e Vanilla Jones ne è l'espressione vivente, quanto meno per la docente novellina del corso di Babbanologia. Oddio, non più novellina: sono qui da un anno sano - ripete a se stessa l'ex Tassorosso, rivendicando la propria fetta giornaliera di autostima. «Lei mi ha ispirata tantissimo, Professoressa. A questo si aggiunge il fatto che il Preside Bauldry abbia indetto un corso apposito, certo, ma non l'avrei scelto se prima non avessi seguito le sue lezioni.», ti prego, Virginia, non piangere! - un sorriso a cinquanta e più denti figura sulle labbra della Lindstörm, a suggellare quanto apprezzi l'elogio appena decantato da Vanilla. «Oh, cara... Non esagerare!», ridacchia, in leggero imbarazzo. «A proposito, se avessi qualche dubbio nelle materie universitarie, non esitare a mandarmi un Gufo!», detto ciò, la saluta con un breve cenno della mano e si crogiola, almeno per un po', in quelle parole calde e confortanti. Prima di doverne udire delle altre: proprio quelle del Preside. Lo stesso Preside che si spende tanto per corsi innovativi all'Accademia di Magia e Stregoneria di Hogwarts. Lo stesso Preside che, adesso, espone un discorso che la lascia letteralmente interdetta. Ecco come fomentare il terrore. Ottimo lavoro, signor Bauldry. Perché le regole appena enunciate hanno un chiaro significato: il distacco totale tra Inverness e stato inglese. Freme di rabbia, Virginia, ma non lo dà a vedere. Nonostante la propria natura lycan, nonostante l'orgoglio che la lega al branco, un carattere riflessivo la aiuta a trattenersi. A non scoppiare - così come una studentessa ha appena fatto, in seguito all'ennesimo discorso provocatorio. Forse è la Legilimanzia ad averla resa più cauta, forse il semplice istinto di sopravvivenza: se non si hanno certezze, meglio non fare passi falsi. E nessuno ha delle certezze sul mio conto - questo si sente di affermarlo. La mia residenza è a Londra. La mia origine svedese. E per quanto la mia lealtà vada ad Inverness... Sarebbe da sciocchi avere un asso nella manica e buttarlo via così. « [...] Quindi condividiamo il tavolo con ben due eroi di guerra. Miss Branwell, quest'anno hai competizione. Mi sento seriamente intimidita », una voce già sentita emerge tra le altre, poco distante da lei. Le riflessioni di Virginia vengono interrotte sul nascere quando la discussione si fa pesante. « E onorata. », percepisce un velo di sarcasmo, l'ex Tassorosso, sfruttando l'abilità su cui ha speso tanto allenamento, studio e sacrificio. Tuttavia non si addentra oltre. Potrebbe percepire un'intrusione, se avvezza a questo tipo di magia - è la prima cosa che Ginny ha imparato, in merito. E' in quel momento che si rende conto, invece, di una forma di strana espansione, forse frutto di uno stato d'animo pericolosamente in bilico. Potter. La ragazza dai capelli rosso fuoco. Conosciuta ai tempi in cui entrambe frequentavano Hogwarts, Olympia le è sempre stata cara, così come la cugina Ninfadora. E' turbata. Questo le è subito chiaro - tra l'altro, la vede uscire dal tendone al seguito del ragazzo che si è appena reso artefice di una mezza rissa. « Un organico scolastico interessante: eroi di guerra e nobiltà. Immagino che Hogwarts ci tenga molto ad affermarsi come un'istituzione onorevole e intimidatoria. », il tentativo di Ginny di mettersi in contatto con la Potter svanisce quando la sua attenzione viene nuovamente catturata dalle chiacchiere al tavolo dei professori. Non reagite. O almeno, non troppo. Dobbiamo capire meglio la nostra posizione, prima. Attraverso il legame lycan, Virginia comunica con Raiden e Pervy di fianco a lei, cercando di calmare gli animi. E' sempre stata un tipo particolare, Charlotte aggiunge, benché questo non valga come giustificazione. Attende che l'atmosfera si allenti a poco a poco, prima di cogliere l'invito della Windsor a spostarsi in disparte. « Mi dispiace di non aver detto molto in merito al mio rientro. », piega la testa di lato, Ginny, un'espressione neutrale in volto. « Dobbiamo parlare. Sei libera uno di questi giorni? Riguarda quel Yagami. E i piani alti. », questioni di politica internazionale, insomma. La posizione della famiglia reale svedese, in merito, potrebbe risentirne, così come l'economia del paese e la sicurezza del popolo che i Lindstörm hanno sempre protetto - è per questo che, la principessa con un piede in due scarpe, si trova ad asserire: «Certamente.», lascia dunque che Charlotte continui il discorso. Non si scompone quando tira in ballo suo fratello: « Non credo che sia il luogo adatto, però c'è del lavoro da fare. Contatterò anche Adam. Riguarda anche lui. », d'altro canto è l'erede al trono. Nonché tuo promesso sposo. «Sarebbe meglio optare per un luogo discreto. E per un aspetto altrettanto discreto, vale a dire Polisucco, perché se non vado errata nessuno di noi è un Metamorfomagus. «La nostra residenza londinese è spesso sotto il mirino dei fotografi - contro quelli, le magie di protezione servono a ben poco.», fondamentalmente non possiamo invitarti a casa. «Ma so dove potremmo vederci.», aggiunge, senza fare troppe anticipazioni. Qualcuno potrebbe essere in ascolto, in fondo. «Ti manderò l'indirizzo.», e non lo farò tramite Gufo. «Ah, Charlie...», si sofferma giusto un secondo di più sulla sua figura, cercando di valutare quanto "dovere imposto dall'alto" e quanto "reale interesse" ci siano dietro il fatto di averla presa da parte, per informarla delle proprie intenzioni. Visto e considerato che non si sentono da un secolo. «Bentornata.», conclude, sciogliendosi in un breve sorriso. Anche se "quel Yagami" è un mio amico - riflessione che la turba non poco, in attesa di scoprire cosa Charlotte abbia da dirle. Quando infine le due nobili tornano in direzione dei tavoli, Gin tira un sospiro di sollievo. Non è che si possono dare le dimissioni, per caso? - quel pensiero ironico la fa sorridere. Saluta a distanza Luxanna, seduta al tavolo Tassorosso, da loro condiviso per sette anni scolastici, vissuti praticamente fianco a fianco. Appena l'atmosfera si fa più calma, ne approfitta per raggiungere il suo migliore amico, il signor Johnny Cavendish. «Ehi Jo'!», gli piomba alle spalle facendolo quasi sobbalzare. «Allora... Come abbiamo intenzione di festeggiare la sconfitta?», domanda, annettendo una risata cristallina. Johnny la conosce, sa benissimo che scherza. Anzi, fare dell'ironia sui risultati delle votazioni non fa che renderle meno importanti - sempre che Cavendish abbia realmente avuto a cuore il discorso della rappresentanza. «Comunque, per quel che vale, ti avrei votato. E - uhm - avrei fatto una campagna molto più carina di quella di Paciock!», gonfia le guance, fiera di se stessa e delle proprie capacità. «Solo che... Sai com'è... Da professoressa... Sarebbe stato un po' tipo raccomandazione, rotea gli occhi, infastidita al sol pensiero.

    Interagito (legame lycan) con Pervy e Raiden. Interagito con Charlotte e Johnny. Salutata Luxanna
    Citate Olympia, Dory e tra le righe Peter e Valerie

     
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    Albus conosceva Peter da quando era bambino, e dunque sapeva bene che tipo fosse: uno che parlava prima di pensare. Avrebbe potuto snocciolare innumerevoli storie riguardo questa sua particolarità, raccontando di questo o quell'altro episodio in cui il giovane Paciock se ne era uscito con qualche frase infelice dovuta semplicemente al suo riflettere poco sul modo in cui esponeva ciò che gli passava per la testa. E in quelle circostanze, né lui né gli altri membri della famiglia gliene avevano mai fatto una colpa, appunto perché sapevano come Peter fosse fatto e riuscivano a capire quali fossero le reali intenzioni dietro alle sue parole. Alzavano gli occhi al cielo, ridevano e lo punzecchiavano affettuosamente con qualcosa sulle linee di "certo che potevi dirlo un po' meglio". Tuttavia la differenza tra una cena di famiglia e un evento pubblico (per giunta in una situazione davvero tragica come quella in cui si trovavano) era abissale. "Sono fatto così" non è una scusa dietro la quale ci si può coprire in ogni circostanza, non è un alibi, e di certo non annulla le conseguenze delle proprie azioni. « Io penso ci voglia talento a fare un'analisi del testo così accurata in molto meno dei "cinque minuti del mio discorso di merda". Perché mi pare stia partendo tutto dal "finalmente" che ho detto poco fa. Cazzo, quanta rabbia repressa viene fuori da un avverbio. » Già da lì Albus capì che Peter non aveva la più pallida idea di ciò che aveva causato. Credeva forse che il giovane Potter avesse preso le sue parole come un attacco personale? Come uno specchio di ciò che Peter pensava realmente? No Peter, ti conosco da abbastanza tempo da sapere quanto cazzo fai schifo a parlare. E mi può star bene, finché tieni la cosa circoscritta alle persone che realmente ti conoscono. Ma quando vai in giro a fare puttanate che si traducono in una bomba atomica su tutto ciò per cui abbiamo lavorato, allora mi sta un po' meno bene, se permetti. « Vatti a fare un esame di coscienza, Albus, prima di partire con la morale agli altri su quello che hanno fatto e su quello che tu - e sottolineo: tu - ritieni non abbiano fatto. Perché mentre tu stavi alla Tana, io ero al Quartier Generale Auror a creare disagio. Già. Disagio. Lo stesso Quartier Generale per il quale continui a studiare. Tra parentesi, ti ricordo che sono stati proprio loro ad arrestare, tuo fratello. Gli Auror. » A quelle parole, il giovane Potter non riuscì a trattenere una risata esterrefatta. No vabbè, ma allora non è che non sai parlare. Sei proprio stupido in culo. « Beh sì, utilissimo il tuo disagio in effetti. » Sollevò le sopracciglia, interrogando Peter con lo sguardo. « Ti sfugge però che io un lavoro - uno vero, intendo - ce l'ho già. Ma Dio, fosse solo questa l'unica cosa che ti sfugge! Anche il fatto che mio padre lavori ancora al QGA sembra esserti passato di mente. Ma chiaramente tu, al tuo solito, hai deciso di fare come cazzo ti pareva, fregandotene della famiglia o di cosa potesse essere effettivamente utile a James, e hai preferito fare una cretinata impulsiva con il rischio di aggravare ulteriormente la situazione. Non hai aiutato James. Né Byron. Né la famiglia. Hai solo egoisticamente dato sfogo al tuo scontento. » Fece una pausa, sorridendo sardonico. « E me lo dici come se ci fosse da andarne fieri? Come se.. ti fossi reso utile? Cosa ne abbiamo guadagnato, Peter? Eh? Come hai aiutato, di preciso? L'unica cosa che dovevi fare, ovvero presentarti alla Tana, non l'hai fatta.. e oggi ne paghiamo tutti le conseguenze. » Perché se fosse stato lì in quell'occasione avrebbe saputo esattamente come comportarsi in pubblico: si erano dati delle direttive che tutti quanti in famiglia avevano seguito.. tutti tranne lui, ovviamente, che adesso arrivava a cagare su ogni sforzo e a pretendere pure di essere trattato coi guanti gialli. «
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    Fanculo. Su una cosa comunque hai ragione. Probabilmente io non sono degno di Olympia. Ma tu... Tu non sei neanche lontanamente all'altezza di James. »
    Stupidità e supponenza erano due cose che Albus mal sopportava, specialmente se congiunte. E Peter, in quell'occasione, aveva dato dimostrazione suprema di entrambe. Spiegargli punto per punto che un avverbio poteva cambiare radicalmente il senso di un intero discorso, che non tutti potevano sapere cosa lui intendesse davvero e che ci fosse addirittura chi non vedeva l'ora di sentire qualcosa del genere pur di usarlo contro di loro - tutto ciò.. aveva senso? Aveva senso tentare di far comprendere a Peter quanto vaste e pesanti fossero le conseguenze delle sue parole? Parole che si sarebbero tradotte in nuovi articoli denigratori verso la loro famiglia, in una sfiducia ulteriore da parte dell'opinione pubblica nei loro confronti e anche in un calo delle quotazioni in borsa del Gruppo Peverell - il quale ormai era l'unico bastione giornalistico rimasto a deviare dalla propaganda filogovernativa. No, non ha senso perché tu sei fermamente convinto che le tue azioni non abbiano alcuna conseguenza. Che il mondo sia il tuo circo personale e che tutto sia permesso perché "sei fatto così" e la gente dovrebbe solo riderci sopra e dire "aaah quel Paciock è proprio una macchietta". Ma il mondo è diverso. Non fa sconti a nessuno, di certo non sulla base della simpatia o delle buone intenzioni. Gli insulti di Peter, dunque, scivolarono addosso al giovane Potter come acqua piovana, proprio perché stupidi e dettati da un cieco moto difensivo privo di logica o base. Così si limitò a stendere un sorriso paternalistico al giovane Paciock, un po' come quando doveva trattare con qualche assurda richiesta mossa da Jay o Lily. Perché il livello è quello. « Va bene, Peter. Evidentemente tu ne sai molto più di me che nella ribellione di Byron ho militato davvero e che con la stampa ci lavoro. Non hai mai fatto un cazzo di utile in vita tua, ma le sai tutte. Perfetto. Ce lo sapremo ridire a giorni. » Di questo Albus ne era certo come del fatto che un giorno sarebbe morto. La situazione politica parlava chiara e la sua esperienza nell'editoria l'aveva ormai reso avvezzo alle dinamiche più comuni. Ma in realtà, per come la vedeva lui, non c'era nemmeno bisogno di essere qualificati in qualcosa per capire quale fosse il problema. Così, proprio per la certezza matematica che sapeva di avere, non andò oltre in quella discussione evidentemente inutile, lasciando che Olympia e Mun prendessero ciascuno da parte. « Ehi ehi.. amore. Guardami. Fammi un sorriso per favore. Dico davvero: sorridi. Non puoi permetterti di essere alterato. Io.. » Stese le labbra in una curva che doveva evocare l'idea di un sorriso, sebbene gli occhi non fossero in alcun modo accesi da felicità o divertimento. Le iridi grigie del giovane Potter riuscivano già a scorgere l'indomani e i problemi che con esso sarebbero arrivati. Problemi che toccherà a me risolvere. Perché è sempre così che va. « Forse non voleva. » Scosse il capo, sbuffando amaro dalle narici. « Ovvio che non voleva! » Ci mancava pure che lo facesse volutamente. « Ma il risultato non cambia. » « Finiamo di cenare insieme e poi andiamo a casa, che dici? Forse però prima è saggio passare a Cherry Island. Dopo gli annunci di stasera, l'edizione di domani deve essere impeccabile. Soprattutto ora che Bauldry sta cercando di toglierci il pane di bocca. » Prese un respiro profondo, adocchiando il tavolo lasciato poco prima e in seguito l'uscita dal tendone, verso la quale fece un cenno del capo. « Ho bisogno di una sigaretta. » disse pacatamente, estraendo pacchetto e accendino dalla tasca mentre faceva segno a Mun di seguirlo. Una volta lontani dal clamore, estrasse due sigarette, porgendone una alla ragazza e mettendosi l'altra tra le labbra per poi accenderle entrambe. Per un istante non disse nulla. Rimase semplicemente a fissare la tenuta di fronte a sé, sbuffando una nuvoletta di fumo. « Mi ha fatto incazzare da morire. » Fece una pausa, prendendo un altro tiro mentre inclinava il capo di lato. « Ma forse preferivo rimanere incazzato.. piuttosto che deluso. » Si voltò quindi a guardare Mun, stendendole un sorriso dai tratti amari. « Alla luce di stasera, i mesi passati da tutti noi a tenere la testa bassa per non aggravare la situazione di James e Byron cos'altro sono se non un'umiliazione? » L'ennesima. Come se non ne avessimo già subite abbastanza. « Però mi sono stancato. Mi sono stancato di questa continua superficialità, dell'ottica secondo la quale tutto è dovuto, del giustificare la stupidità altrui e pagarne le conseguenze. Mi sono stancato anche di passare continuamente per l'infame solo perché gli altri sono troppo codardi per dire una verità scomoda. » Si strinse nelle spalle, prendendo un altro tiro. « Sull'edizione di domani non preoccuparti: sarà impeccabile. Qualunque sassata ci tireranno, non ho intenzione di rispondere. Non ci saranno difese, accuse o rettifiche. Ognuno è per conto suo. » Io nella merda per gli altri non mi ci tuffo più.

    Interagito con Peter e Mun
    Citata Olympia


     
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    In apnea. È così che ci si sente quando il panico sopraggiunge. Non vi è nulla di razionale nelle reazioni della giovane Harmon che trema come una foglia al vento, lasciandosi trasportare da sensazioni che la paralizzano completamente. Il panico richiamava altro panico; perché quanto si ha la sensazione di non riuscire a respirare, tutto ciò che puoi pensare è che questa è la fine. I polmoni non collaborano come dovrebbero, e anche per prendere piccolissime boccate d'aria, sembra dover fare sforzi innaturali. Inveire contro la giovane Cousland le ha portato via più aria di quanto fosse necessario e ora si sente come se tentasse di rincorrere l'aria. Ogni piccola boccata sembra una conquista. E si agita ulteriormente quando una seconda figura si avvicina. Nella sua mente, assieme alla necessità di respirare, c'era solo la vergogna, l'umiliazione che si sente addosso, la consapevolezza di aver tracciato di sé un'immagine che non sarebbe mai dovuta emergere. Valerie è quella razionale, è quella calma. Ha sempre la risposta giusta, sa sempre comportarsi. E anche quando dà dimostrazione del contrario, è un rischio calcolato. L'aritmetica delle emozioni e la logica delle reazioni governa la sua esistenza. Quella sera però ha perso il controllo. Completamente. È bastato solo un piccolo elemento fuori posto. Un dettaglio fuori posto. È stata davvero colpa di Peter, oppure il non esporsi mai ha semplicemente avuto la meglio? Non sa quanto tempo passa, ma ad un certo punto sa di voler tentare ancora la carta della chiusura ermetica. Nasconde il volto e tenta di distanziarsi, specie quando la mano del giovane Eliphas si flette cautamente nella sua direzione. Alla fine però, riesce a lasciare sul palmo della mano di lei un oggetto di dimensioni ridotte, che brilla sotto le luci soffuse che vorticano attorno alla tenuta del castello. I particolari color oro le fanno appena brillare gli occhi. L'interesse per le figurine delle cioccorane è sempre stato altissimo per Valerie, sin da quando era piccola. Le ha sempre collezionato con un certo fervore, fino a costringere sua madre a comprargliene più di quante lei e suo fratello riuscissero a mangiare, pur di riuscire a trovare quelle più rare. Alcune valevano ormai una fortuna, e Val era convinta che col tempo sarebbero state inestimabili, specie perché molte avevano una tiratura davvero limitata. « Dovresti dargli un posto d'onore nella tua collezione. È molto difficile da trovare. » Il riflesso di Valerie nel riquadro dorato della cioccorata, le fece una linguaccia, prima di soffiarsi una ciocca di capelli color miele dal viso. Il colore non è giustissimo. E le proporzioni sono sbagliate. Non è un pentagono perfetto e il triangolo in alto non è proprio equilatero. È più isoscele. Dai si vede che l'angolo in cima non è corretto. Queste figurine le costruiscono con il metodo di Tolomeo. È una cosa di geometria elementare. Presa dall'intento di capire se si trattasse di una riproduzione o meno, osservandone i bordi e i colori - esattamente come accadeva ogni qual volta le capitasse di scambiarle sui banchi di scuola - della mancanza di aria iniziò a dimenticarsi. « Vuoi un po' d'acqua? Ho una bottiglietta con me. » Solo allora volse lo sguardo sconvolto nella direzione del moro, ricordandosi che quella figurina era giunta da parte di qualcuno. Infine annuì, accorgendosi solo allora di avere le guance umide e bollenti e la fronte imperlata da piccole goccioline di sudore. È sul punto di dire qualcosa, ma viene interrotta dall'arrivo di Cael. Dire che si aspettasse la sua presenza è un salto lungo. Istintivamente tira su col naso, e di asciuga velocemente il viso. « Val. » Val e Cay hanno un rapporto strano; niente sentimentalismi se lo sono sempre detti. A Valerie è sempre andato bene; le è sempre stata grata per non aver mai spinto la questioni verso lidi in cui era chiaro non fosse pronta di approdare. Era sempre permissiva nei confronti del biondo; nulla sembrava scalfirla, nonostante sapesse che aveva una vita che prescindeva dalla sua presenza e dal loro matrimonio, a Valerie andava più che bene. Qualcosa però si era incrinato. Forse prima, ma soprattutto dopo la festa del diploma. Lo osserva con gli occhi ancora sgranati. Poi si volta, ed è allora che riconosce la figura di Maeve. Ora sa chi le ha offerto aiuto per prima. « Andiamo? »
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    Lo sguardo torna sulla figurina. Per un istante ha l'impressione che la miniatura stia scuotendo energicamente la testa. Andiamo.. andiamo dove? Io e te dovremmo andare dove di preciso? Era evidente che la presenza del giovane Cousland l'avesse scossa, tant'è che indietreggia di un passo ancora col fiato corto. Lo sguardo oscilla leggermente confuso tra la figurina e gli occhi di Cael. Hai una bella faccia tosta. Tu - come ti permetti.. tu.. io.. non riesco neanche a pensare. CAZZO! Pensa Valerie, pensa. Ma Val non è in grado di pensare, non in quel momento. Non così. Le scoppia la testa. Si sente attaccata, nonostante non ci sia più nessuno che le dia contro. E allora volge lo sguardo verso Eliphas; non ha voglia di parlare con Cael. Non riesce neanche a sopportare l'idea di mostrarsi ancora una volta così vulnerabile al suo cospetto. « Adesso corre in mio soccorso dopo un'umiliazione pubblica, capito? » Lo sguardo saetta per un istante in direzione della rossa, leggermente in disparte rispetto al resto della scena. Forse per molti quello è solo un episodio. Uno scivolone di cui tutti si scorderanno già il giorno seguente; nessuno ricorderà che Peter e Valerie se le sono suonate a botte di offese reciproche. Valerie però lo ricorderà. Ricorderà di essere stata messa in ridicolo. Come è già successo, alla festa del diploma. « Quelle spettano solo ai Cousland. A mio marito nello specifico. » Ci era rimasta male. Non ha mai preteso niente, né gli aveva messo i bastoni tra le ruote in alcun modo. Volevi ricordarmi che sei tu ad avere il controllo giusto? Mi hai ingannata. Speravi forse di ottenere qualche leva nei miei confronti? Leva per cosa? È a questo gioco che abbiamo giocato per tutto questo tempo. « Si preoccupa di cosa dirà la gente se non mi corre dietro. Husband material. » E lì scuote la testa, rigirandosi ancora una volta la figurina tra le mani. « Fortunatamente tornerà scapolo a breve. » E lì un sorriso amaro si materializzò sul suo volto, rivolgendogli per la prima volta uno sguardo contrariato. « La prossima volta presentati con delle scuse e non per fare bella figura. » A quel punto, svuotata la bottiglietta d'acqua, seppur ancora traballante, fece qualche passo all'indietro distanziandosi dalla scena. « Torno a casa. » Disse infine rivolgendosi direttamente a Eliphas, non curante del fatto che Cael non fosse affatto a conoscenza del suo trasferimento. O magari controlli anche quelli di spostamenti. Chissà. A questo punto non mi stupisco più di niente. « Puoi darmi le tue chiavi. Puoi usare le mie. Stanno nello zaino sotto il tavolo.. dentro.. » Non rientrerò mai a riprenderlo, sia chiaro.

    Interagito con Cael ed Eliphas.
    Nominati Maeve e Peter.


     
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    « Dory! Complimenti per il successo alle elezioni. Sono sicuro che farai un ottimo lavoro. E da ex Senior ti faccio anche gli auguri. Preparati a tanta gente che si lamenterà della mancanza di carta igienica nei bagni, a chi si ricorderà della tua esistenza solo per chiedere appelli straordinari e a quelli a cui nel dubbio non andrà mai bene un cazzo. » « Piccolo consiglio a quelli a cui non va mai bene niente rispondi che possono sempre candidarsi. L'anno prossimo. » Scoppiò in una risata sorridendo ad Albus e Mun, annuendo con fare deciso all’affermazione di quest’ultima. «Questa me la segno, Mun. Credo che ne farò dei biglietti da visita da consegnare quando sarò stanca per averlo ripetuto troppe volte..» Si passò una mano tra i capelli, portandosi una ciocca dietro l’orecchio. « In bocca al lupo! » « Congratulazioni anche da parte mia, Dory. Sono orgogliosa di aver puntato sul cavallo giusto. Lo scettro resta in famiglia. » Chinò la testa, sorridendo, riconoscente del fatto di avere alle spalle una famiglia che la sostenesse in quel modo. Salutò entrambi, per poi voltarsi e trovare con lo sguardo proprio una delle persone che più stava cercando. « Quanto siamo emozionate, madama senior? Congratulazioni! Pronta a scendere in questo girone infernale? Non dire che non ti avevo avvertita. » Rise, Dory Weasley, ricambiando calorosamente l’abbraccio di Olympia per poi far salire su per la gola un risolino simile al suono di un campanellino mentre si stringeva tra le spalle, come se fosse in imbarazzo. Si, era emozionata, profondamente grata, ma anche qualcosa che non provava da molto, moltissimo tempo: si sentiva fiera di sé stessa. Perché se qualcuno aveva deciso di votarla, evidentemente vedevano in lei qualcosa che a lei personalmente era sfuggito da tanto tempo. Si sentiva quasi colpevole per quella gioia, quella sensazione di calore che le si era dipanata nel petto come una macchia d’olio difficile da lavar via. «Dici che arriverà il momento in cui realizzerò di aver fatto una grande cavolata? Dovevano bastarmi i tuoi racconti dell’orrore per farmi subito abbandonare la nave, invece no.. Oh, miseriaccia, cosa avevo in mente?» E se non fossi all’altezza? E se non fossi in grado di portare a termine neanche una delle idee che ho in testa? E se dovessi sbagliare qualcosa e deludessi tutti coloro che hanno voluto credere in me? Dovette ricordarsi di respirare. Si accorse di avere le mani sulle braccia della cugina, le dita che premevano appena come se si stesse aggrappando a qualcosa. Le ritirò immediatamente, drizzando la schiena come un soldatino sull’attenti. «Ok, sono calma... Sono calma..» « Mi raccomando: fatti amico il capo della manutenzione nel campus. Ti servirà quando verranno a lamentarsi dell'acqua congelata nelle docce. » «Ok, Lympy, non stai aiutando!» Scosse la testa, gli occhi leggermente sgranati per poi darle una piccola gomitata nel braccio, ridendo in modo più sciolto. Quella sera voleva solo stare tranquilla, seppur lo scenario non scaturisse in lei le migliori sensazioni. E poi la Cerimonia ebbe inizio. Sorrise a Karma quando i loro occhi si incontrarono dopo che il Preside aveva pronunciato i loro nomi. Non avrebbe sputo dire da quanto tempo lei e la Paciock si conoscessero. Grazie ai loro genitori, aveva ricordi di lei e i suoi fratelli molto piccoli. Non erano mai state particolarmente unite, ma sperava che questa esperienza potesse avvicinarle, soprattutto ora che faceva coppia fissa con suo cugino Arthur. Ascoltò il Preside elencare tutte le nuove regole chiedendosi come avrebbe fatto durante l’anno a collimare le idee di cambiamento con tutto ciò. Sarebbe dovuta scendere a compromessi? Che cosa sarebbe successo? « Hai percepito anche tu un certo odore di guerra fredda? » Gli occhi di Lympy sembrano riflettersi sui propri. Lo percepisce: stanno pensando la stessa cosa. Annuisce con minuziosa attenzione, quasi temesse di essere vista. « Dobbiamo capire questa cosa delle Passaporte. » E non solo. Aveva passato praticamente l’intera giornata a convincersi che tutto sarebbe andato bene, per il verso giusto, e più il Preside parlava, più quella solita vocina si faceva più forte, tanto che dovette impegnarsi con tutta sé stessa per non farla urlare. Che fosse una sorta di Giustizia Divina? Fato, Destino, ognuno poteva chiamarlo come gli pareva. Aveva passato anni a credere di non meritarsi nulla, di dover scontare chissà quale pena, di dover far ammenda per ciò che era accaduto anni fa, ed ora che era riuscita per un po’ a camminare sulle sue gambe, l’Universo sembrava remarle contro. Salutò Olympia, seguendola con lo sguardo finché non scomparve dal suo raggio visivo. Aveva bisogno di pensare.
    [...] «Immagino che stasera non potremo divertirci come al solito. Peccato. Dovrò farmi da parte e rispettare il bisogno della massa di acclamarti. Guarda, tuo fratello ha appena rotto il ghiaccio.» Lanciò un’occhiata furtiva a colui che aveva appena pronunciato quelle parole, rendendosi conto che la sua mente aveva riconosciuto la voce ancor prima di avere la certezza visiva di chi fosse il nuovo interlocutore di Karma. Non poté comunque soffermarsi troppo a pensare ad altro perché, automaticamente, la sua attenzione era stata catturata da Peter. Trattenne una risata nel sentire come lui aveva deciso di descriverla al resto dei tavoli. «Ti tengo testa tutt’ora, Paciock!» esordì a voce un po’ più alta, in modo tale che arrivasse al suo avversario di Scacchi Magici più accanito. «Congratulazioni.» Si voltò, alzando il nasino all’insù quel tanto che bastava per incontrare gli occhi cerulei di Caél Cousland. Lo guardò per qualche secondo, come se volesse assicurarsi che quelle sue congratulazioni non fossero frutto di una burla o una presa in giro. Sembrava piuttosto sincero, a dir la verità. «Grazie.» Non aggiunge altro, percependo probabilmente la stessa aria gelida che sta intercorrendo tra di loro. Non sa spiegarsi il perché. Eppure, pensa, non è cambiato nulla. Anzi, paradossalmente rispetto a qualche mese fa, probabilmente vanno un minimo più d’accordo. Lo osserva mentre si congeda e fa anche lei la stessa cosa con Karma, prima di allontanarsi un po’, il mento all’insù alla ricerca della chioma rossa fuoco di Olympia giusto in tempo per vederla allontanarsi dalla sala con un ciuffo piuttosto familiare.
    [...] « Proprio te cercavo. » Le labbra della ex Grifondoro si stirarono in un largo sorriso nel vedere la sua nuova compare comparirle di fronte. « Congratulazioni collega! » Fece un piccolo inchino fingendo di togliersi dalla testa un cappello che in realtà non c’era. «Congratulazioni anche a te, collega Le fa un occhiolino. «Vedo che con le persone ci sai fare-» asserisce riferendosi al discorso fatto qualche minuto fa dalla Paciock e a come gli studenti parevano rapiti dalle sue parole. «-e ciò è un bene visto che io non me la cavo affatto.» Gli ultimi anni passati ad evitare la maggior parte dei contatti umani cominciavano a venire a galla mostrando quanto carente fosse Ninfadora in quello spettro di emozioni, emozioni seppellite da anni e che faticava a riportare a galla. Annuisce seguendola in disparte, in un lato della sala leggermente meno popolato così che non debbano urlare per potersi parlare. « [...] magari ci mettiamo d'accordo per vederci in settimana per capire come muoverci? Perché ho un sacco di idee, di progetti, di cose da fare. Tipo un forum aperto a tutti, dove chiunque potrà portare avanti le problematiche di cui dovremmo discutere con Bauldry. Anche in maniera anonima tramite gufo magari. Ci renderebbe sicuramente il lavoro più semplice, andando a rendere più fruttuoso lo scambio con il rettore. » Dory la guarda, con ammirazione, mentre nella testa comincia a prendere una forma sempre più concreta la consapevolezza che con Karma si sarebbe trovata bene. Non aveva intenzione di sottovalutare il ruolo che avevano assunto, quello di rappresentare gli studenti in modo collaborativo, così da dar loro un posto più sano in cui studiare. « Scusa, quando sono euforica straparlo. So benissimo che anche tu avrai una fucina di idee al posto del cervello in questo momento. Un piccolo spoiler? » Sorrise mentre una risatina le si infrangeva tra le labbra. «Oh, no non devi scusarti. Mi piace che tutta questa faccenda sia presa con entusiasmo. Anche perché meglio partirne con un bel bagaglio.. Temo che ci saranno momenti in cui vorremmo solo maledire il momento in cui abbiamo deciso di candidarci..» Si strinse nelle spalle, continuando comunque a sorridere. «Ma l’idea del forum mi piace molto. Mi sembra giusto che tutti possano dire la propria, qualsiasi sia il problema. Potrebbero portare alla luce punti di vista che magari non abbiamo preso in considerazione..» sembrò riflettere a voce alta. Molti punti di vista erano una lama a doppio taglio, comunque. Dovevano stare attente. «Un piccolo spoiler..» Si sfiorò il mento con un dito riflettendo. «Innanzitutto vorrei riprendere tra le mani il giornalino scolastico. Sono convinta che gli studenti abbiano il diritto di essere informati, costantemente, anche degli argomenti più spinosi.» Annuì, quasi tra sé e sé. Infondo, l’informazione pubblica era uno dei motivi per cui voleva fare la giornalista. «Per il resto ne parliamo quando ci vediamo, cosa ne dici?»




    Interagito con Albus, Mun, Lympy, Karma, Peter Caél e di nuovo Karma.

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    «Avevo votato per te» Carrie cacciò fuori il labbro inferiore in un’espressione commossa nel ritrovarsi davanti il volto di Elladora Black. Con uno scatto le afferrò il braccio, posando la testa nella sua spalla come un gattino che faceva le fusa al primo che passava capace di darle un minimo di attenzione. «Oh, come sei dolce, Ella!» il suo sorriso le divideva la faccia a metà, arrivandole da una parte all’altra della faccia. «Questa è sicuramente una congiura! Sono certa che si è trattato di un ammutinamento! E immagino di sapere chi sia il colpevole..» Si guardò intorno con fare circospetto, socchiudendo gli occhi come un avvoltoio che cerca la sua preda. «Ah-ah. Eccolo là!» ancora appiccicata al braccio di Ella, le fa un cenno con la testa, quel tanto che basta per farle notare la figura di Friday Mortimer a qualche metro da loro. La verità era che lei e il Serpeverde non si conoscevano affatto. Era certa che lui ignorasse totalmente la sua esistenza, ma in tutta quella storia aveva bisogno di trovare un capro espiatorio e la Zabini tutto sommato le stava simpatica. Non sapeva dire lo stesso del giovane Mortimer, nonostante tutta quella pantomima imbastita con Ella non fosse altro che una sciocchezza, una scenetta da mettere su tanto per dire. La verità era che sapeva perfettamente che non ci fosse nessuna congiura alle sue spalle. Semplicemente, Carrie Branwell era una iperattiva rompiballe. Mollò la presa dal braccio della compagna di Casa, tornandosene al suo posto come una brava bambina. «Ti sei iscritta a qualche club? Io ho continuato con il club di lettura, che mi è piaciuto un sacco lo scorso anno, e poi mi sono buttata nel Comi…-» Schiuse le labbra come a voler rispondere alla domanda della giovane Black, ma in quel momento il Preside iniziò a parlare. Scattò sull’attenti, trovando la figura di Jolene che chiacchierava con qualcuno a pochi metri di distanza ed alzò una mano come a farle segno di avvicinarsi, indicando lo spazio vuoto accanto a sé, che aveva tenuto per lei. «Credi che ci saranno i muffin alle carote? Ho promesso a Mr. Bacon di portargliene uno.. Magari due.. Era un po’ arrabbiato perché gli ho detto che non potevo portarlo dietro e doveva restare in camera..» Pensò al povero coniglietto di pezza abbandonato in camera tutto solo e per un attimo fu presa dal senso di colpa. «Magari dovrei andare a prenderlo.. Magari l’arrabbiatura gli potrebbe passare prima e..» Sobbalzò unendosi agli applausi dopo che il Preside nominò i nomi dei nuovi Caposcuola e dei nuovi tutor del College. Arricciò le labbra ancora un po’ contrariata per non essere stata eletta lei. Ma durò solo pochi secondi. Alla fine, Carrie era fatta così: non riusciva a tenere rancore. Bastava poco per farle dimenticare tutto e farle trovare il sorriso. Ma quella volta il sorriso tardò a tornare. Anzi, la sua mascella sembrava essersi staccata dalla faccia mentre il Preside elencava le nuove regole scolastiche. Cosa. Sta. Succedendo? Chiuse la bocca perché temeva che ci sarebbe entrata dentro una mosca, alla fine. Si voltò verso Jolene, guardandola negli occhi, le sopracciglia aggrottate in un’espressione preoccupata. Neanche l’applauso finale e l’apparizione di ogni ben di Dio sul tavolo servì a farle dimenticare quelle parole. C’era qualcosa che non le piaceva affatto. Avrebbe voluto chiedere qualcosa alla Wright. La guardò con la coda dell’occhio mentre si serviva uno sformato di verdure -una porzione piuttosto abbondante-. Pensò poi che avrebbero parlato dopo, magari, nella loro camera. Non era il luogo né il momento adatto. «Prego, favorisci. Passala a chi vuoi, bastano due gocce. Non è niente di che, tutto legale, serena. Solo un po' di Pozione Ridarella.» Capì che Peter Paciock stava parlando con lei solo verso la fine, quando si voltò verso di lui per chiedergli se avesse bisogno di qualcosa. Vide la boccetta che le stava dando e i suoi occhi si illuminarono come quelli di una bambina la mattina di Natale. «Oh, grazie.. Ho già una certa idea su chi si farà una bella dose di risate questa sera..» Sciabolò le sopracciglia e prese a voltare la testa fino ad inquadrare il proprio obiettivo. Già, proprio Friday Mortimer. Si, perché se voleva essere un buon Caposcuola di sicuro doveva dimostrare ai presenti di non essere solo un gran musone.. Infondo, gli stava facendo un favore. «Jojo, torno subito..» Poggiò una mano sulla spalla della ragazza mentre si alzava in piedi. Si diresse verso il tavolo dei Serpeverde, la boccetta senza tappo nascosta nella mano. «FRIDAY MORTIMEEEER!» esclamò ad alta voce, attirando l’attenzione del ragazzo. Puntò gli occhi sui suoi con un gran sorriso sulle labbra ed allargò le braccia. «Congratulazioni!» E fu lì che l’abbracciò. Le sue esili braccine avvolsero le spalle del Serpeverde con l’intento di distrarlo da ciò che avrebbe fatto da lì a poco. «Sono sicura che farai del tuo meglio per rappresentare tutti noi. Ooooh, si. Si che lo faraaai..» continuò senza mollare l’abbraccio. Poi, con un gesto repentino, allungò la mano, andando a svuotare il contenuto della boccetta nel bicchiere del ragazzo. «Bhè, nessun rancore, sai. Anzi se hai bisogno..» Non appena anche l’ultima goccia finì nel bicchiere, la Tassorosso scattò all’indietro, come se fosse scottata dal fuoco. «Che dire.. Buona serata, mhm..» Lo salutò sventolando la mano, per poi fare dietrofront e tornare al proprio tavolo con un sorriso sornione sulla faccia.



    Interagito con: Elladora, Jolene, Peter e Friday.

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    « L'invisibilità è sottovalutata. E' un'arma utilissima alle volte. Come puoi metterla nel culo alle persone quando ti valutano niente..nessuno mai. » Sollevò un sopracciglio, Mia, osservando il ragazzo con un'espressione piuttosto contrariata. Non era d'accordo, e fu evidente dal modo in cui scosse la testa con convinzione. Ma io non ti valuto niente. Lo so che non vale molto nell'ordine generale delle cose. Resta però che nessuno dovrebbe essere valutato niente. Sbuffò sonoramente roteando la bacchetta per farsi versare un bicchiere di succo d'uva. « Dai non rovinarmi l'idea che mi sono fatta di te, per piacere. Io sono un po' stanca di questa idea di piramide sociale. Mi spieghi chi ha deciso che io e te dobbiamo essere valutati come niente? » No, senti, a me non va bene. Non le era nemmeno chiaro cosa non le andasse bene. Semplicemente era così e basta. Aveva fame di affermarsi, Mia, in un modo o nell'altro. Non le bastava più stare a guardare, aspettare che in un modo o nell'altro le persone si accorgessero della sua esistenza sulla scia delle sue buone intenzioni. Tra una chiacchiera e un'altra la domanda fatidica giunse, e lei fu quasi lieta che Zip fosse abbastanza perspicace da porre le domande giuste. « Tu invece sai qualcosa che per caso io ignoro? » La mora prese a guardarsi attorno, per assicurarsi che nessuno badava a loro. A quel punto si portò il bicchiere di succo d'uva alle labbra e lo osservò con un'espressione eloquente. « A parte il fatto che - appunto - hanno sospeso diversi club? Cosa che avresti potuto constatare da solo se fossi arrivato in tempo? » Domande retoriche le sue. Oddio, sto seriamente facendo la bacchettona? Ma che me ne frega a me! No dai, davvero. Ha pure fatto bene ad arrivare in ritardo. Si è proprio risparmiato un rodimento di culo inutile. Gli ruba un paio di patatine dal piatto e inizia a masticare lentamente stringendosi nelle spalle. « Forse.. potrei. Sapere qualcosa, intendo. » A quel punto, a modo suo, tenta di essere più cauta con le persone da contattare e con cui parlare. C'è da dire che dopo il modo in cui è andata con le scappate di casa, gli standard si sono abbassati talmente tanto che potrei letteralmente caricare per gli allenamenti anche uno sul ciglio della strada, e comunque riceverei una risposta più ponderata di quella ricevuta dalle mEaN gIrLs. « Però ecco, magari non ne parliamo qui. Non è proprio il luogo, né il momento. » E lì per un istante sembra macchinare. E macchina un sacco, finché non stira un sorriso leggermente malizioso. « Quando hai il prossimo turno al Suspiria? Tipo un giorno in cui Maya non lavora. Le sto ancora sul cazzo perché l'anno scorso i ragazzi mi hanno lasciato suonare qualche volta con loro. » Maya la principessa che non accetta qualcun altro sul suo palco. Che stronza! « Tra l'altro ho anche lasciato il curriculum a uno dei buttafuori tipo a luglio, dando la disponibilità da settembre in poi. Spero mi prendano almeno per un paio di turni. Ho bisogno di soldi. Dovrei controllare se hanno deciso di prendermi. Nel caso, posso dirti un po' di cose beccandoci là. Prima del tuo turno, o dopo. Boh.. come ti pare. » A me non fa differenza. « Ci stai? » Si dai ci stai. Ormai lo so che un po' ti ho incuriosito. E poi tu sei proprio uno di quelli a cui piace dare le capocciate al muro. Si vede. E Mia, che era la prima ad amare dare, metaforicamente parlando, le capocciate al muro, quelli come lei li fiutava da un chilometro. Inoltre, Zip le sembrava una persona abbastanza apposto; magari non la più affidabile. Non sembrava curarsi di molto nella vita. Era però abbastanza individualista da avere a cuore la sua sopravvivenza. Ed erano proprio persone così che potevano fare la differenza. Magari imparando a fare un po' di spirito di squadra. E rispondendo al telefono quando uno ha bisogno di mezzo consiglio. Mezzo! Non è che chiedevo molto, testa di cazzo che non sei altro.
    « Se non la conosci già, cominciamo con lei. Ehi Lilac! Mia Lilac, Lily Mia. » Il mood cambia abbastanza in fretta quando Zip decide di farle conoscere niente meno che Lilac Scamander. Mia ha avuto l'onore di conoscere la sorella, di cui è una grande sostenitrice da molti anni, durante la festa del Golden Match. Mamma mia le sorelle Scamander!!! Io sto malissimo! Certo, che Mia fosse una sfegatata tifosa delle Harpies, non era una novità, ma in generale amava tutte le migliori giocatrici donne della Lega di Quidditch. Le considerava un grande modello di empowerment, in un mondo che veniva considerato a prevalenza maschile. « Oddio. Ciao. » La sua reazione fu parecchio meccanica. Si alzò in piedi allungando una mano nella direzione della bionda, dimenticandosi quasi completamente della presenza del giovane Trambley o di chiunque altri.
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    « Oddio. Sei proprio tu. » Che Lilac Scamander vivesse a Inverness, lo sapeva già da un po', ma nonostante ciò non aveva mai avuto l'occasione di incontrarla. E anche se ce l'avessi avuta, non credo che mi sarei messa a romperle le scatole così, mentre si fa i cavoli suoi. « Sono una grande fan. Tua e di Joy. Siete pazzesche! » Il lato fangirl di Mia esplode e di scatto non sa esattamente cosa dire o come comportarsi. « Sono Mia.. Wallace. » Beh non proprio, ma va beh facciamo finta di niente. Ancora non so che devo fare del mio cognome negli ambienti scolastici - accademici. Sono accademici non più scolastici, ricordatelo Mia, cazzo! « Tra l'altro viviamo vicine. Circa. Cioè in realtà a tipo venti minuti circa. O meglio.. mia madre ci vive. Io non vivo più là adesso. Ho cambiato casa da poco - ma a te probabilmente non frega nulla di questo. » E allora tenta di prendere un lungo respiro e sorride. « Benvenuta al college. Ancora tanto piacere. Ma tipo me lo faresti un autografo? » E dicendo ciò prende un fazzoletto dal tavolo, osservando per un istante Zip. « Ce l'hai una penna? » L'imbarazzante reazione di Mia viene tuttavia superata abbastanza in fretta per lasciare spazio a un tasto ben più dolente. Quella breve pausa dalle presentazioni e i discorsi di circostanza, le permettono inoltre di ricomporsi e di sembrare un po' meno ragazzina rincoglionita. « Come stavo dicendo a Mia - stasera c'è un festino dai Grifondoro. Vieni? Noi andiamo. Dobbiamo conoscere gente. » Come scusa? Noi? Cioè io e te? E Lily? No no no aspetta Zip ma che stai dicendo! Io non ho detto niente. Sgrana gli occhi la mora, correndo istintivamente con lo sguardo verso il tavolo degli insegnanti. Raiden non è lì. Dovrei andarci? Dovrei chiedergli se vuole venire? Ci verrebbe a una festa con me? Non so nemmeno quali sono i codici da utilizzare con le persone all'interno del campus. Dobbiamo dire di essere sposati? Possiamo farlo? Io voglio dirlo? Non lo so. Nel dubbio però, forse non era davvero la serata giusta. All'indomani avrebbe dovuto risolvere tutte le questioni relegate alla sua nuova condizione di immigrata appartenente a una razza evidentemente abbastanza non gradita da dover essere messa sotto sorveglianza. Perché di questo si trattava in fondo: sorveglianza. « Mmmh.. no scusa. Non posso. Cioè non stasera - però in generale sì.. mi piacerebbe. Andare a qualche festa.. e conoscere gente. » Perché senta il bisogno di dare una spiegazione alla questione, non lo sa nemmeno lei. Forse perché in parte quella questione ha sì a che fare con la sua condizione di moglie. Suona malissimo in questo contesto! Cristo santo, sono passata dal volerlo scrivere su tutti i muri in Giappone, a non sapere nemmeno se voglio dirlo apertamente in Inghilterra. C'è un fottuto posto dove posso trovare una specie di equilibrio in questa cosa? Chissà. Forse col tempo. Forse se solo avesse smesso di pensare così tanto a quel certificato come a una specie di cosa abnorme che nessuno avrebbe capito. « Però.. verrò al Suspira. Magari non dirlo a Maya però - continua a pensare che voglio rubarle il lavoro. Cosa assolutamente non vera - non siamo nemmeno interessate allo stesso tipo di musica, quindi sinceramente io non la capisco! » È l'unica cosa di cui ho bisogno in questo momento: drammi con le spagnole. Senza contare che è lei quella che collabora a fare cose con mio marito. E per me ci sta. Ma perché mi deve rompere le palle! Non ci sta solo lei al mondo. O la sua musica. O le sue tette.. e il suo culo.. e tutto il resto. « Sei di turno uno di questi giorni? Ti vengo a trovare io. E offro. Quello che vuoi.. basta che non sia troppo costoso. Sono un po' a corto di soldi dopo le vacanze. » Di scatto sente l'emergenza di lasciare quella conversazione, per paura di dire qualcosa che non è ancora in grado di affrontare con la lucidità mentale adeguata. « Lilac, è stato davvero un onore. » Poi si volta di nuovo verso Zip. « Ti chiamo questi giorni. Cià! »

    Interagito con Lily e ZIp; nominato Raiden.



     
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    Aveva cambiato idea all'ultimo. Non tanto perché Derek fosse una persona indecisa, ma perché il corso di Scienze Politiche era stato aggiunto all'offerta formativa un pelo prima dell'inizio dell'anno accademico. Forse sarà anche per queste nuove aggiunte che hanno deciso di slittare al quindici Settembre? Probabile. In ogni caso l'occasione non gli era affatto passata inosservata, e trovando quella strada ben più consona ai propri obiettivi rispetto a quella di Magisprudenza, il giovane Hamilton non aveva esitato ad iscrivervisi. Tuttavia, almeno per la prima parte della serata, decise di sedersi al tavolo di quest'ultima per rimanere in compagnia di Maeve e Savannah. Scelta saggia, a giudicare dal discorso che Bauldry rivolse a tutti i presenti, illustrando le nuove regole in vigore nell'area del campus. Inutile dire che se molte cose non gli facevano né caldo né freddo a livello personale, il ban dei cellulari rappresentava per lui un discreto problema. Certo, da collegiale ho la mia libertà, quindi posso comunque usarlo ad Hogsmeade. Ma al campus devo passare un sacco di tempo, e la presenza social è importante. Se si dovessero organizzare campagne scolastiche? Eventi? Banchetti? Dovremmo usare la strategia comunicativa della preistoria? È assurdo. « Quindi ricapitolando: iniziamo l'anno con la proclamazione della democrazia ed il voto libero, ma dopo ci vengono imposte una serie di regole - per carità, alcune anche condivisibili - giustificate come un mezzo necessario per la nostra salvaguardia. Di tutto ciò adoro soprattutto la coerenza... vi togliamo la tecnologia, ancora una volta come se fosse un male esiziale, ma vi aggiungiamo il corso di New WizMedia. È fantastico, il Progresso. L'inclusione sociale. La libertà d'espressione. » Per quanto sarcastico fosse il tono della rossa, la sfumatura contrariata data dalla sua scelta di vocaboli rendeva piuttosto chiaro il suo disappunto. Aveva senso: anche Maeve lavorava molto con i social, e sebbene una cosa di questo genere la limitasse solo marginalmente, era evidente che una perdita ci sarebbe comunque stata. « Non so. L'ultima volta che hanno fatto una cosa del genere era per la questione dell'app Shame.
    Dite che sia successo qualcos'altro di simile? »
    Fare una simile supposizione era piuttosto immediato, dati i precedenti, ma allo stesso tempo risultava strano che non fosse giunta alcuna voce a riguardo. « Ho una specie di déjà-vu, fra banchetti in riva al lago, visti obbligatori, attività di difesa sospese e gli Auror a sorvegliarci ovunque. A breve che fanno, ci ridividono in base alla razza, anziché lo stato di sangue? Se non avevamo ancora la piena certezza che la situazione sia allarmante fra Ministero ed Inverness, questo è l'ultimo tassello che ci mancava. » Il viso di Derek non mutò espressione, lasciando a chiunque gli fosse intorno l'impressione che nulla di peculiare stesse accadendo mentre consumava tranquillamente il suo pasto, ascoltando le parole che Maeve gli riferiva tramite il loro canale privilegiato. « Dobbiamo muoverci velocemente per trovare strade alternative. Più le regole si sedimenteranno, e più sarà difficile trovare scappatoie o acquistare la fiducia di chi vive ad Inverness. Questa situazione ci sta mettendo tutti in scacco. » E a Derek, inutile dirlo, quella posizione non piaceva affatto. Sentirsi ingabbiato e con un numero di mosse limitato lo irritava, portandolo a rimuginare ossessivamente riguardo al passo successivo da muovere. « Fortuna che, anche senza cellulari, ho il nostro personalissimo canale privato per infastidirti e distrarti a lezione. Per la condivisione di immagini, devi ancora darmi molte lezioni però. » Mentre si portava il bicchiere di succo d'uva alle labbra, volse lo sguardo alla rossa, stendendole un sorriso complice e scoccandole un veloce occhiolino. Quel canale era stato la loro salvezza e la loro scappatoia sin dall'inizio, nonché una delle poche cose che ormai era rimasta come strumento nelle loro mani. Almeno questo non ce lo può togliere nessuno. Ma poteva essere anche un'arma a doppio taglio, e questo glielo provò il modo in cui si ritrovò a saltare sulla sedia per la fastidiosa sensazione di avere come un petardo sotto al fondoschiena. Inutile dire che quel brusco movimento reattivo fece sì che pure il bicchiere che aveva in mano ne subisse il contraccolpo, bagnandogli la camicia bianca con una vistosa chiazza bordò. « Ma che cazzo? » Uno scherzo. Uno stupido scherzo infantile ordito da chissà chi ai danni della sua ragazza e di sua sorella. Davvero? Siamo a questo livello? E meno male che siamo noi i grandi bulli di questo campus. Mai rotto il cazzo a nessuno, ma il contrario sempre, mi raccomando. Alzò gli occhi al cielo, tirando un lungo sospiro infastidito mentre estraeva la bacchetta e se la punta alla camicia, castando un veloce Gratta e Netta per far riassorbire la macchia e far tornare l'indumento al suo stato immacolato. « Vado ad iscrivermi ai Club, prima che finiscano i posti nel comitato. Voi? » « Tra poco passo a iscrivermi anche io. Tanto credo che rimarrò fedele alle attività degli anni scorsi. » « Scusa. » Scosse il capo, rivolgendo a Maeve un sorriso tranquillo. « Non è colpa tua se questa scuola è piena di idioti. » A quel punto si alzò dal tavolo, guardandosi intorno nel tentativo di individuare una faccia in particolare, che stranamente trovò poco distante dal tavolo dei professori, intenta a parlare con la ben nota Charlotte Windsor. Si avviò nella loro direzione, aspettando educatamente che le due finissero di parlare prima di avvicinarsi a Max. Poco prima, quando la Picquery si era avvicinata al loro tavolo per un veloce saluto dalle tinte piuttosto sarcastiche, Derek non aveva fatto altro che rivolgerle un cenno educato, appuntandosi mentalmente di tornare da lei in un secondo momento. Ecco.. quello era il momento. « Ti sei già iscritta ai club? » Chiese, più per introdursi in qualche modo che altro. Che lo avesse fatto o meno, non era importanti ai fini di quella interazione, se non per l'obiettivo di parlare brevemente con lei in un punto più calmo. Le fece quindi cenno in direzione della bacheca. « Fammi compagnia un attimo - ti va? Tanto so già dove segnarmi. » E infatti, arrivati alla bacheca, Derek fu piuttosto veloce nell'apporre il proprio nome sui soliti fogli, voltandosi poi in direzione dell'ex compagna di radio per offrirle una sigaretta dal pacchetto, accendendosi la propria con un colpo di bacchetta. « Senti, uno di questi giorni vorrei parlare con te. Preferibilmente in un posto tranquillo. » Prese un tiro di sigaretta, mettendo subito le mani avanti per prevenire quello che pensava Max potesse intendere con quelle parole. « Tranquilla, non voglio fare l'ambasciatore tra te e Maeve. Delle vostre cose ne parlerete tra voi, semmai. » Inclinò il capo di lato, prendendo un altro tiro per poi sbuffare velocemente una nuvoletta di fumo dalle labbra. « Però ci stanno altre questioni. Roba di cui forse saprai già qualcosa. » Probabile che Savannah ti abbia già parlato. Non lo so. Ma non importa. Dietro quelle tende c'ero io, e il discorso che ho fatto a Saw e Caél ci riguarda tutti - ora più che mai. Scosse velocemente il capo. « Vorrei parlarne a quattr'occhi con te. Ma non qui. »

    Interagito con Maeve, Savannah e Max
    Citata Charlie

    Iscrizioni: Club Simulazioni di dibattito & processi giudiziari pubblici + Blue Thunderbirds (Cercatore)

     
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    «Oh, buonas.. Ciao, Benjamin.», il Tassorosso posa lo sguardo ad un palmo dal proprio naso. Wednesday Mortimer. Rimane pietrificato. Di' qualcosa, per Morgana. Non gli esce niente per una buona manciata di secondi. «Oh, ehi, Weed!», esclama alla fine, ritrovando la capacità di attivare le corde vocali e gli annessi muscoli. «La.. La cerimonia sta per.. Ti trovo bene e.. Ci vediamo, ok?», oddio, cosa ho sbagliato? Sono stato troppo freddo? Troppo espansivo? Tono di voce troppo squillante, decisamente. Ah no, forse è stato perché non ho sorriso: eh certo! - ero impegnato a concentrarmi per non apparire un perfetto idiota, cosa che alla fine si è verificata e... Oh, diamine, di' qualcosa subito, sta andando v- ... «Ohsìcertocivediamoquandovuoi - mi trovi da Star... Starbucks, sì, quando - quando vuoi...» Ed eccolo lì, il tenero Benjamin Bellow, gli occhi spalancati di fronte alle mille luci della tenuta circostante il castello di Hogwarts e le orecchie invase da altrettanti suoni. Siede al tavolo Tassorosso e accenna un sorriso di qua e di là, le guance che si tingono istantaneamente di un rosso porpora che neanche le prugne possono competere, davvero. Rimane in silenzio mentre il Preside Bauldry elenca le nuove regole dell'anno, tre quarti delle quali vanno a suo discapito. Perché Benjamin fa parte della gente di Inverness. Benjamin non è un lycan, vero: in quanto tale non deve registrarsi all'albo delle Creature Magiche; tuttavia, il senso di nausea e vomito, misti ad un fastidiosissimo tremolio delle labbra - visibile espressione del proprio sconvolgimento interiore -, quelli no, non li può nascondere. Così come non può nascondere l'ansia relativa a tutto ciò che li aspetta. La Loggia Nera apertasi la notte del rave - è trascorso da poco l'anniversario di quel terribile giorno -, la scissione tra Inverness e Inghilterra, le rivolte in Giappone. Benché il Tassorosso non abbia combattuto in prima fila, comunque, psicologicamente ed emotivamente, ne ha fatto e ne fa parte. E questo è quanto. Subito dopo, succedono una serie di cose. Un Grifondoro fa un elogio alla sorella eletta Senior, Valerie lo attacca e cominciano a urlarsi contro per i cinque minuti a seguire; altre persone li circondano esprimendo ognuno la propria opinione e Benjamin sente risalire tutta la cena, tutto lo spumante, tutto il nero che non può assolutamente permettersi venga fuori. Non adesso. Si alza di scatto dal tavolo Tassorosso, corre verso il bagno e... Il resto è storia. Torna dunque al proprio posto, cercando di assumere un'espressione accondiscendente, come se non fosse successo nulla. Individua Luxanna poco distante e decide di sedersi vicino, perché inspiegabilmente riesce a trasmettergli un senso di comprensione e di serenità - per quanto lei sia fuori da quelle vicende. Pur non avendo idea della situazione di Benji, non si sa come, trova sempre il modo giusto per comunicare con lui. «B- buono il polpettone, vero?», oh, no, Benji... Strabuzza gli occhi. Nella stessa misura in cui la Scamander è in grado di usare sempre le parole giuste, lui, al contrario, ne sceglie duemila fuori luogo. «Permorganaluxscusa. Cioè, lo so che sei vegetariana. No aspetta vegana... oddio vegetariana o vegana? Oddio scusa Lux - faifintachenonabbiadettonienteok»

    Interagito con Weed e Lux
    Citata Valerie
    (Post per canonizzare)

     
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    « Okay, salvatemi. Non ho intenzione di stare tutta la serata al tavolo dei Corvonero ad annoiarmi. Facciamo che, non avendo obblighi e doveri da Caposcuola, per una volta non do il buono esempio e tradisco i colori. Tra l'altro, il verde mi dona. » Se c’era una cosa che fin dall’inizio dell’anno scolastico Savannah Hamilton non era intenzionata a fare era schierarsi. Per questo non disse nulla quando Maeve si sedette al tavolo con lei, dopo essersi accuratamente guardata intorno senza riuscire ad intravedere Max e Nana. Una parte di lei ce l’aveva ancora con la ex Corvonero per tutta la storia di Mia, ma, naturalmente, ancor più ce l’aveva con la Wallace e i suoi stupidi modi di fare da fricchettona che si sente troppo superiore per amalgamarsi agli altri. Anche dopo la discussione che aveva avuto con suo fratello e i due Cousland pochi giorni prima, l’idea di dover avere di nuovo a che fare con Mia non le andava proprio giù. Sembrava che le si fosse incastrata in gola e che fosse capace di produrre acido ogni volta che cercava di tirarla fuori. Dopo lo spavento per la notizia l’unica cosa che le era rimasta dentro era la rabbia. Rabbia: di sicuro non il sentimento adatto con cui si aspettava di iniziare la sua nuova vita da collegiale. Si sedette ad un tavolo, tenendo da parte due posti e guardando male chiunque provasse ad avvicinarvisi. Si guardò ancora intorno, senza scorgere tra i presenti le chiome delle due Mean. Quello sarebbe dovuto essere un campanello d’allarme, ma non se ne curò troppo. Era certa che sarebbero arrivate da un momento all’altro. Probabilmente erano solo in ritardo. Aveva intenzione di parlar loro di ciò che aveva saputo sulla Loggia Nera, anche se non sapeva come cominciare il discorso. Non sapeva come fosse riuscita a tenere la cosa per sé in quei giorni. Forse, semplicemente, aveva bisogno di metabolizzare, di convincersi che avevano ancora tempo, di comportarsi come una normale adolescente ancora per un po’. « [...] A partire da quest'anno, chiunque venga meno alle regole stipulate dal Ministero della Magia in collaborazione col Consiglio Direttivo Accademico, incorrerà in gravi punizioni che potrebbero portare alla sospensione e l'allontanamento definitivo da questa istituzione. »
    Savannah alzò lo sguardo, posandolo immediatamente sul preside, ripetendosi quelle parole nella mente, come se le ci volesse ancora del tempo per comprenderle a pieno. Chiunque venga meno alle regole. Le regole c’erano sempre state ad Hogwarts e non rispettarle significava far perdere punti alle proprie Case, non essere sospesi o, peggio, espulsi. Guardò prima Maeve e poi Derek, le labbra dischiuse in un’espressione stupita. Cosa cavolo sta succedendo? Le parole dell’amica Corvonero sono solo un tenue sottofondo, parole che capisce a malapena, a cui non presta troppa attenzione. Sta accadendo qualcosa, qualcosa che cercano di tenergli nascosto bendando i loro occhi con regole e divieti. «Sanno qualcosa.» parla a bassa voce, ma è certa che sia Derek che Maeve l’abbiano sentita. «Sanno qualcosa e stanno cercando di farci filare dritti così da stargli tra i piedi il meno possibile. » Era un concetto così stupido da farle salire la rabbia. Quante volte, nel corso degli anni, quella si era rivelata la soluzione giusta? Mai. L’aria stava diventando sempre più satura, pesante, quasi irrespirabile. Ma forse era solo lei che annaspava, cercando di dare un ordine preciso a tutti quei pensieri che le vorticavano in testa, cercando di dar loro un senso logico, una spiegazione più che plausibile che non implicasse un’imminente guerra. A volte ci riusciva. A volte era capace di convincersi che si trattasse solo di un errore, di uno sbaglio, che tutti loro si stessero focalizzando su qualcosa di sbagliato, in realtà irrilevante. Poi, fu come andare a fuoco. Scattò in piedi posando le mani nel punto in cui era seduta sulla sedia, strofinandosele addosso come se stesse cercando di spegnere le fiamme. Le ci volsero alcuni secondi, secondi nei quali il suo cuore cominciò a battere all’impazzata, per rendersi conto che non c’era nessun fuoco. Si volta di scatto verso Maeve, al suo fianco, rendendosi conto che anche lei ha avuto la stessa sensazione. La guardò negli occhi profondi, letteralmente terrorizzata. No.. No, perfavore.. Non adesso.. Il pensiero di trovarsi completamente impreparata la travolse, facendola tremare appena. Poi qualcuno rise. Avrebbe riconosciuto quella vocina stridula tra mille e, vederla effettivamente sogghignare, fu la conferma ai suoi pensieri: la Kane. « Divertente! È sempre un onore, essere al centro dei vostri pensieri. » La prima a rilassarsi fu Maeve e di conseguenza anche il corpo di Savannah parve sciogliersi un po’. Lanciò un’occhiataccia alla Grifondoro e alla tipa -di cui non ricordava il nome e non le interessava minimamente farlo- al suo fianco. Hai appena firmato un contratto con Savannah Hamilton, tesoro. «Lascia stare, Maeve. La Kane si diverte così quando non è impegnata a scopare alle feste..» piegò la testolina bionda in parte, alzando di poco la voce, sicura di farsi sentire dalla giovane artefice dello scherzo. Oh, Merlino. La stupidità umana.. « Tutto okay? » Guardò nuovamente l’amica, annuendo. Si, ora stava bene. « Vado ad iscrivermi ai Club, prima che finiscano i posti nel comitato. Voi?» « Tra poco passo a iscrivermi anche io. Tanto credo che rimarrò fedele alle attività degli anni scorsi. » «Io devo ancora pensarci..» Pensare ai Club dove iscriversi era davvero stato l’ultimo dei suoi problemi. « Ciao eh. Se sei sotto Imperio, batti il tacco tre volte a terra. » Max! Sentire la sua voce fu come un sollievo. Aveva così tante cose da dirle, così tante cose di cui parlare che non sapeva neanche da che parte farsi.. « Oh. Ma vedi tu le sorprese. E' proprio vero che chi va con lo zoppo impara a zoppicare quindi. » Oh, cazzo.. Era accaduto ciò che più temeva: le aveva trascurate. Lei, Savannah Hamilton, aveva trascurato le sue migliori amiche. « Beh, buona serata. » «No, Max, aspetta, dobbiamo...» ... parlare. Ma lei se ne era già andata. Lanciò uno sguardo verso Derek, incapace, nonostante tutto, di esternare quel dolore fisico causato dalla reazione di Max. Inghiottì a vuoto, riabbassando lo sguardo verso il suo piatto vuoto. Avrebbe preferito che la terra sotto i suoi piedi si aprisse, inglobandola al suo interno, risucchiandola dentro, almeno non avrebbe avuto il tempo necessario per capire come si stava sentendo in quel momento. Avrebbe voluto alzarsi e andarle dietro e spiegarle tutto, ma sapeva per certo che quello non era il momento adatto. Da quando Savannah Hamilton era diventata così riflessiva? Da quando aveva capito che non aveva altra scelta. L’ultima cosa che voleva fare era scatenare il panico generale. Non si era neppure resa conto che Derek aveva abbandonato il tavolo. Se ne accorse quando alzò lo sguardo e lui era sparito. E a quel punto si alzò anche lei, abbandonando il banchetto, portandosi dietro i suoi pensieri.



    Interagito con Maeve, Derek, Zelda (indirettamente), Max.
    Savannah si iscrive come Tumbler delle Naughty Nymphs.

     
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