Quello che ancora non c'è

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    « E tu dove devi andare? » Una voce profonda tuonò alle sue spalle, facendolo sussultare. Quando si voltò, e trovò davanti a sé Jacob Mulligan, un Serpeverde un po' ottuso di qualche anno più grande, di cui si ricordava grazie ad un particolare episodio avvenuto sul campo di Quidditch, durante la semifinale del campionato scolastico del quarto anno. Il ragazzo con tutta la sua forza bruta era riuscito a disarcionare Émile dalla scopa, e quando era stato squalificato dalla partita per il fallo era stato capace di spaccare la propria mazza contro gli spalti per protesta. Questo comportamento gli era costato almeno due settimane a spalare la cacca di Ippogrifo, ma questa era un'altra storia. Insomma, per farla breve, Jacob Mulligan era un idiota. Come fosse riuscito a farsi scegliere dai Ribelli per far parte del corpo di sorveglianza, era un mistero. « Volevo solo raggiungere i binari. Sta arrivando un treno e- » « Ce l'hai un permesso? » « Un permesso? » « Sì, un permesso. Qualcuno ti ha autorizzato? » Émile aggrottò la fronte, sempre più confuso. « No, ascolta, non ci siamo proprio capiti. Io devo solo raggiungere i binari, non devo andare da nessuna parte. Sono qui per salutare una mia amica che arriverà a breve. » « Senti, secondo me non puoi entrare. Non puoi aspettarla qui fuori? » Mi prendi in giro?! Émile sbuffò, dando l'ennesima occhiata impaziente all'orologio che teneva sul polso. Le undici e due minuti. Era certo che il treno di Agnés fosse già arrivato. « Non ho capito, ma cosa cambia tra stare qui in strada e lì sui binari? Ti assicuro che non metto le ali ai piedi, non vado da nessuna parte! » Jacob sembrò tentennare. Per quanto potessero essere attenti i Ribelli a controllare le entrate e uscite da Hogsmeade, quel genere di divieti sfiorava l'assurdo. Cominciava ad alterarsi: non aveva alcuna logica quella disposizione, e colse abbastanza velocemente quel punto negli occhi di Mulligan. Più che un soldato che applicava alla perfezione le indicazioni impartitegli, aveva l'aria di uno sprovveduto che, per evitare di far danno, preferiva evitare qualunque circostanza che si allontanasse anche di una virgola dall'ordinario. « Senti, mi fai un piacere? Mi fai parlare con qualcun altro? Davvero, devo entrare ed uscire nel giro di cinque minuti massimo. » Jacob, sempre più confuso, si ritirò dentro ad una guardiola. Émile avvertì un parlare concitato. Ma chi ce l'ha messo quest'idiota qua? Sta' a vedere che pure i Ribelli hanno i loro raccomandati. È l'unica spiegazione. Passò qualche istante, non di più, prima che la guardia facesse capolino da dietro il muro, e pronunciò, per la prima volta con sicurezza: « Ok, puoi passare. » E ci voleva tanto! « Grazieeee » trascinò quella parola con tono cantilenante, le braccia che si allargavano per l'esasperazione, mentre varcava finalmente quella soglia.

    La stazione di Hogsmeade era piccolina, costituita da un solo binario, una piattaforma stretta e qualche panchina d'attesa. Quando entrò, Émile si accorse a malincuore che il treno di Agnès era già arrivato. Accidenti, pensò. Gli piaceva l'idea che l'amica avesse qualcuno ad attenderla al proprio ritorno, che non si ritrovasse a guardarsi intorno persa tra volti sconosciuti. La cercò tra le persone presenti, senza fortuna: e infatti, appena qualche minuto più tardi, la vide scendere le scale del treno. Alzò gli occhi al cielo. Ovviamente era l'ultima a lasciare il vagone, perché ovviamente portava con sé un baule enorme di almeno una trentina di chili. Minimo. « NESSIE! » le andò incontro, e quando fu a terra l'avvolse in un abbraccio mozzafiato. Le era mancata molto, Nessie. E per quanto potesse gioire della sua presenza, l'idea che avesse deciso di tornare a Hogwarts non gli piaceva particolarmente. Una parte di lui preferiva saperla lontana da quella realtà così precaria, al sicuro da quel pericolo costante. Ma le cose erano andate così. « Come stai? Com'è andato il viaggio? Da' qua, te lo porto io. » Si allungò oltre il corpo di lei, per rubarle dalle mani il pesante baule. « Argh - ma che ci hai messo dentro, petardi?! Pesa un quintale! » Fortunatamente, dovette trascinare il bagaglio per pochi metri fuori dalla stazione, fino ad una carrozza trainata da Thestral, pronta ad accompagnarli al castello. Si fermò in quel punto, per poi voltarsi verso l'amica. « Senti... Hai da fare, adesso? Perché pensavo che, se ti va, possiamo caricare il baule in carrozza e mandarlo verso il castello, e magari farci un giro qui a Hogsmeade. » Fece spallucce. « Hai già pranzato? Perché potremmo comprare qualcosa da Madama Piediburro e andare mangiare al lago. C'è una bella giornata... Se ti va, ovviamente. »
     
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    Seppur avesse preso l'Espresso per Hogwarts innumerevoli volte, il viaggio da King's Cross alla pittoresca stazione di Hogsmeade le parve durare un'eternità. Montagne ricoperte di erba verde acceso, le cui cime erano appena appena spruzzate da un leggero strato di neve simile a zucchero a velo, si susseguivano a ruscelli e campi coltivati al di là del finestrino. Seduta nel suo posto in prima classe - un piccolo regalo di benvenuto da parte di sua nonna Camelia -, Nessie aveva tentato di ingannare il tempo in tutti i modi possibili: chattando, scrollando pigramente la homepage di Witzagram, coccolando Hamlet e leggendo l'ultimo numero di Strega Moderna. Giunta a metà dello scottante articolo di copertina, si ritrovò a sbuffare, spazientita, prima di richiudere il giornale e lanciarlo assai poco elegantemente nella borsa. « Non ne posso piùùù! » Piagnucolò, rivolta al porcellino che le si era accomodato in grembo. Agnés D'Arcy non era particolarmente famosa per essere una personalità tollerante e, in quel momento, l'inscindibile connubio di felicità, impazienza e appena una punta di tensione che era andato aumentando nello scorrere dei mesi precedenti al suo ritorno ad Hogwarts, aveva trasformato quel breve viaggio in un'attesa insofferente. Sebbene Parigi fosse incantevole, l'Inghilterra le era mancata. Non solo: i suoi amici le erano mancati e ora, che si trovava a poco meno di mezz'ora di distanza da ciascuno di loro, faticava a tenere a bada la propria impazienza. « Ci siamo quasi, Hamlet. » Riservò una grattatina al maialino, appoggiando la testa contro il sedile e socchiudendo gli occhi. Ancora un po' e saremo a casa. Un lieve sorriso si aprì sulle labbra rosee, mentre il piacevole avanzare del treno la cullava verso un sonno leggero.
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    Si risvegliò poco dopo, piuttosto bruscamente, spaventata dal fischio acuto che avvertì i passeggeri del termine del viaggio. Mentre il treno iniziava a rallentare, scorrendo tra file di casette di mattoni, Nessie si stiracchiò pigramente. Ripose delicatamente Hamlet nel trasportino e approfittò degli ultimi minuti per indossare il cappotto e controllare - per l'ennesima volta - il proprio riflesso nello specchietto da borsetta. Non avrebbe saputo spiegarne il motivo, ma una parte di lei era nervosa all'idea di rimettere piede ad Hogsmeade. Dopotutto, il ricordo della battaglia di Hogwarts non era poi così lontano: se ne stava lì, nascosto dietro ad un sorriso innocente e ai racconti di quel magico semestre a Parigi; invisibile dall'esterno, ma onnipresente tra i suoi pensieri. « Hogsmeade! » Il treno si fermò e i passeggeri incominciarono ad alzarsi, affollandosi in direzione dell'uscita, rendendo vani gli sforzi del controllore di evitare ulteriori intralci. Attese che lo scompartimento si liberasse e, con il trasportino di Hamlet in spalla, si avviò a sua volta verso l'uscita. L'impresa fu più difficile del previsto: il baule da viaggio, la cui capienza era stata magicamente espansa per contenere tutto il suo guardaroba estivo e invernale, era talmente pensante che Nessie rischiò di inciampare all'incirca una decina di volte. Infine, affannata e con le guance imporporate per lo sforzo, riuscì miracolosamente a scendere dal vagone del tutto illesa. « NESSIE! » Emi? Lo sguardo olivastro della giovane D'Arcy scattò immediatamente in direzione della voce, soffermandosi con qualche istante di ritardo sul volto familiare di Émile. « ÉMI! » D'istante, si aprì in un sorriso, allungando le braccia in direzione dell'amico. Émile. Il suo migliore amico. Inspirò l'odore di Émi, rassicurata da quel dettaglio tanto intimo quanto conosciuto. « Ah! Non stringere così tanto, mi stai soffocando! » Scherzò, posando la mano libera su quella del Tessarosso, incitandolo delicatamente ad allentare la presa. Da quando è così alto? Possibile che sia cresciuto di almeno dieci centimetri in solo sei mesi? Gli scoccò una rapida occhiata di sottecchi, incerta. Non era solo una sua impressione: l'ultima volta che si erano visti non era stata costretta ad alzarsi in punta di piedi per riuscire ad abbracciarlo. Accortasi che lo stava fissando, allungò una mano in direzione dei ricci di Émile, più lunghi del solito. « Hai deciso di lasciar crescere i capelli, finalmente? Très chic. » Scherzò, marcando la parole con un leggero accento parigino. Eurus le aveva insegnato il francese sin dall'infanzia, ma fino a quel momento Nessie non era mai riuscita a cancellare completamente una lieve inflessione anglofona. Lasciò il manico del baule nelle mani di Émile e ridacchiò, stringendosi nelle spalle. « Ho vissuto a Parigi, Émi. In pratica, ho passato sei mesi a rifarmi il guardaroba. » Anche perché del vecchio non è che fosse rimasto molto. « E poi ho comprato anche un sacco di souvenir! Non vedo l'ora di darli a tutti! » Battè le mani tra loro, avanzando accanto all'amico con aria elettrizzata. « Ovviamente non ti posso dire il tuo, è una sorpresa. Sono sicura che ti piacerà, ci ho messo settimane per trovarlo, anche se forse quello più azzeccato è quello di Otis. » Si bloccò all'improvviso, accigliandosi. « A proposito di Otis... non starete mica continuando con il muro del silenzio? » Inarcò entrambe le sopracciglia, chiaramente contrariata. Non conosceva tutti i dettagli dell'ennesima disputa tra i due Tassorosso ma, tramite allusioni e frecciatine via whatsapp, sia Otis che Émi le avevano fornito abbastanza informazioni da farsi una vaga idea dell'accaduto. In pratica, Otis si sta comportando da testa di legno e tu da zucca vuota. Sospirò silenziosamente, prima di lasciar cadere l'argomento. Era appena arrivata e non voleva innervosire Émi - avrebbe avuto tempo per il terzo grado in un altro momento. « Senti... Hai da fare, adesso? Perché pensavo che [...] » Ascoltò la sua proposta e annuì, trattenendo a stento una risata leggera. Certe cose non cambiano mai e lo stomaco di Émi è una di queste. « Certo che mi va! Sai se hanno ancora le costatine di fragole e panna chantilly? A Parigi ne ho trovata una versione simile ma non erano le stesse, non sono ancora riuscita a togliermi la voglia. » In realtà non aveva molta fame, ma la giornata era talmente bella che non aveva voglia di rinchiudersi in casa a svuotare le valigie. E poi, era trascorso sin troppo tempo dall'ultima volta che aveva trascorso un pomeriggio da sola con Émile. « Fammi solo mandare un messaggio a Ronnie, così non si preoccupa. Anzi, guarda qui! » Posizionò il cellulare di fronte a entrambi, scattando un selfie da mandare alla coinquilina. Giunti davanti alla carrozza, tentennò per un istante. « Mh, ti spiace se porto anche Hamlet con noi? E' rimasto chiuso nel vagone per tutto il viaggio, una passeggiata gli farebbe bene. » Aprì la cerniera e agganciò il guinzaglio alla pettorina rosa chiaro del porcellino, prima di posarlo a terra. Una volta che Émile ebbe finito di caricare il baule in carrozza - da quando era diventato così forte? - gli si sistemò accanto, prendendolo a braccetto. « Allooooora » Iniziò, mentre si dirigevano verso il centro abitato. « svuota il sacco, Émile Carrow! Che cosa mi sono persa in questi mesi? Matrimoni? Bocciature? Punizioni? » Domandò, fissandolo con i grandi occhi da cerbiatta. Non ci credo che non sei finito nei guai almeno una volta!
     
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    « Hai deciso di lasciar crescere i capelli, finalmente? Très chic. » Sorrise, lasciandosi scompigliare i ricci dalla ragazza. « Merci beaucoup, tu es aussi très jolie mademoiselle. Comme jamais auparavant. » Ed era vero. Probabilmente perché non la vedeva da molto, ma in quel momento Agnès gli parve raggiante come poche volte. Incurvò la schiena per darle un bacio affettuoso tra i capelli, mentre ancora la stringeva per le spalle. Non avrebbe saputo - né voluto, probabilmente - esprimere la contentezza che provava in quel momento; aveva desiderato tanto poter riavere al proprio fianco una faccia amica, e non un amico qualsiasi: qualcuno come Nessie, che non fosse pronto a giudicarlo per le sue scelte, a dargli dell'ipocrita o ad entrare in una dissertazione politica non appena ce n'era l'occasione. Mentre raggiungevano la carrozza, l'ascoltò raccontargli dei souvenir. Alzò le sopracciglia, sorpreso, nel sentire che in quel baule ve n'era anche uno destinato a lui. « Ma dai, non dovevi. Ma non è qualche indumento "alla moda" stile parigino che vuoi appiopparmi, vero? Te lo dico subito eh, se è qualcosa tipo quella giacca verde con le piume che volevi farmi comprare a tutti i costi a Sainte Maxime, ti giuro che finisce direttamente nel Lago Nero. » Ridacchiò, mentre si impegnava a caricare il baule sulla carrozza.
    « A proposito di Otis... non starete mica continuando con il muro del silenzio? » Aggrottò la fronte, evidentemente a disagio, ritrovandosi a scostare lo sguardo da quello di Nessie. S'impegnò tuttavia a stringersi nelle spalle, simulando una sorta di noncuranza. Perché a lui non importava nulla. « E che dovremmo dirci, scusa » ribatté, brusco. « Non c'è molto da dire. Lui ha le sue idee ed io le mie. A posto così. » Accompagnò il tutto con uno sbuffo dal naso, una sorta di risata soffocata. L'ultima cosa che voleva fare, in quel momento, era parlare del suo ex migliore amico. Preferì liquidare con poche frasi la questione, nella speranza che Nessie cogliesse il suo desiderio di cambiare argomento e concentrarsi, almeno quel pomeriggio, su altro. Su qualcosa di bello, almeno una volta.
    « Certo che mi va! Sai se hanno ancora le costatine di fragole e panna chantilly? A Parigi ne ho trovata una versione simile ma non erano le stesse, non sono ancora riuscita a togliermi la voglia. » Annuì, avendo bene chiaro a mente di cosa parlasse. « Sì, ho capito a quali ti riferisci. Li facevano anche a Beauxbatons, ma non sono minimamente buoni come quelli di Madama Piediburro. Certo, quelli li prendiamo per forza. » Sorrise, contento che il suo piano fosse andato a buon fine. Aveva inizialmente pensato di arrivare alla stazione con già pronto un cestino per un piccolo picnic, completo di panini, dolci e bevande, ma poi si era fatto prendere dalle paranoie e aveva deciso di lasciar perdere, non sapendo se Nessie avesse avuto già altri piani per pranzo. Si avvicinò a Nessie per scattare la foto da mandare a Ronnie - Ronnie, da quanto tempo non la vedeva? - per la quale posò con la sua solita smorfia con naso arricciato e linguaccia; semplicemente non riusciva a mantenersi serio. « Mh, ti spiace se porto anche Hamlet con noi? E' rimasto chiuso nel vagone per tutto il viaggio, una passeggiata gli farebbe bene. » « Sinceramente? No, sono geloso. » Scherzò, prima di chinarsi sulle ginocchia per rivolgere ad Hamlet il suo personalissimo benvenuto: Émile, si sapeva, era un amante sfegatato degli animali, e nemmeno il maialino di Nessie poteva sfuggire alle sue coccole. Sfruttò il tempo in cui Nessie era intenta a scrivere a Ronnie per accarezzarlo e giocarci un po', prima di tornare in piedi e rivolgere le proprie attenzioni alla sua padroncina.
    Uno accanto all'altro, cominciarono a passeggiare per una delle vie di Hogsmeade a passo lento. « Allooooora svuota il sacco, Émile Carrow! Che cosa mi sono persa in questi mesi? Matrimoni? Bocciature? Punizioni? » Rise, mentre infilava entrambe le mani nelle tasche dei jeans. « Beh, io proprio non saprei dirti cosa ti sei persa. » Emi, d'altronde, era tornato a Hogwarts da qualche settimana appena, e anche lui era ancora in fase di rodaggio: sembrava strano, ma in così poco tempo la scuola gli sembrava diventata così diversa, per certi aspetti sconosciuta. Certe materie non erano più le stesse, alcuni professori erano cambiati, e non era ancora del tutto certo che avrebbe sostenuto i M.A.G.O. nelle medesime modalità utilizzate negli anni dal Ministero. « Non so bene cosa stia succedendo in questo posto. Mi sembra tutto così... strano. » Non ci capisco più niente. Presidi alle entrate, lezioni di combattimento, warlock in giro per le strade: tutto, di quel luogo, era destabilizzante. E non poteva non chiedersi come facessero i suoi compagni a vivere quella nuova realtà nella più completa tranquillità. « Di me ti sei persa che adesso non faccio più simpatia a nessuno. » E in effetti era così: da quando aveva fatto il proprio ritorno in terra Ribelle nessuno dei suoi compagni l'aveva più visto di buon occhio: era guardato con diffidenza dagli altri, e a buon vedere. Che motivo aveva avuto di tornare lì, se non condivideva davvero la causa dei Ribelli? Non era che un ipocrita. A volte si ritrovava a dirselo da solo. « Sono andato via a gambe levate, e poi sono ritornato... Così, de botto, senza senso. » Ridacchiò, divertito dalla sua stessa battuta demenziale. « Capisco di aver fatto una scelta strana, ma là fuori non è tanto meglio. I miei hanno provato a mandarmi un paio di settimane al Gymnasium, ma, ti dirò, anche quello era un posto per matti. E poi il prossimo anno comincio il College, e non riuscivo a pensare di andare da qualche altra parte se non qui. E forse ho fatto una cazzata a tornare, però, non lo so, ho pensato che... » Sospirò. Non sapeva bene come esprimere quel concetto: non sapeva nemmeno
    perché lo stesse facendo: Nessie, in fin dei conti, leggera com'era, alla sua domanda si sarebbe tranquillamente fatta andar bene una battuta del cavolo, un "Non puoi capire, settimana scorsa quello stronzo di Fraser mi ha mandato a spalare la merda di Thestral perché ho fatto scoppiare una caccabomba! Dovevi esserci". Sapeva che non avrebbe indagato; il loro rapporto era un po' così: stavano benissimo insieme, ma di rado si trovavano a parlare di argomenti importanti, seri, difficili. Erano due anime leggere, e secondo quel criterio era impostata la loro amicizia. Ma Emi era rimasto da solo con i suoi pensieri per troppe settimane, e la mancanza di una persona seria e riflessiva, nella sua vita, si manifestò in quel bisogno impellente di sfogarsi. Tirare fuori il groviglio di pensieri che aveva per la testa e trovarci un senso. « Ho pensato che qui c'eravate tutti voi. Tu, Ronnie... » ...Otis. « E probabilmente è il posto più pericoloso in cui trovarsi, e che siamo nella bocca del leone, ma se dovesse risuccedere qualcosa di brutto... almeno ci stiamo insieme, ecco, non so se mi spiego. » Fece spallucce, quasi confuso dal proprio discorso. Proprio in quel momento raggiunsero la bottega di Madama Piediburro, cosa che fu alquanto conveniente, poiché Emi non era certo quanto fosse il caso di continuare la conversazione su quella linea. Comprarono di tutto e di più: panini, patatine, frutta, biscotti alla zucca e infine « Mi può dare anche due di quelle lì? »Émile indicò le crostatine alla fragola desiderate da Agnès. Attese che anche queste fossero incartate e una volta fuori, con una busta piena di cibo, si disse soddisfatto. « Che spesona! » commentò, scherzosamente, cercando la mano di lei con la propria, per intrecciare le dita con le sue. Un gesto semplice quanto abituale, per lui, capace di infondergli una grande serenità. Di fronte alla prospettiva di quel pomeriggio da passare al lago, con del buon cibo e tante storie da raccontarsi, Emi si sentì felice per la prima volta dopo mesi. Nessie sapeva di casa, perfino in quel posto che ormai sembrava aver perso ogni connotazione di familiarità, per lui. « Vieni, andiamo di qua che facciamo prima. » La attirò a sé, in modo che potessero abbandonare la stradina acciottolata ed imboccare un piccolo boschetto ai limiti del villaggio, che li avrebbe condotti direttamente sulla sponda del Lago Nero, quella opposta rispetto al castello di Hogwarts. « E tu invece, che cosa hai da raccontarmi di questo semestre parigino? Oltre alle crostate alle fragole schifose, s'intende. »
     
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    Quando Émile le depositò un bacio tra i capelli, Nessie inclinò istintivamente il capo nella sua direzione; fu un movimento quasi impercettibile, della durata di una frazione di secondo, che tuttavia prolungò quel contatto così delicato. Non erano una novità, tra loro, quel tipo di attenzioni; si trattava di piccole tenerezze che risalivano all’infanzia, gesti affettuosi che, senza rendersene conto, si concedevano per lo più lontano da occhi indiscreti. Per quanto innocenti – e, in generale, realizzati sovrappensiero – quelle premure erano diventate parte integrante della narrazione della loro amicizia. « Ma dai, non dovevi. Ma non è qualche indumento "alla moda" stile parigino che vuoi appiopparmi, vero? Te lo dico subito eh, se è qualcosa tipo quella giacca verde con le piume che volevi farmi comprare a tutti i costi a Sainte Maxime, ti giuro che finisce direttamente nel Lago Nero. » La Serpeverde roteò gli occhi al cielo, divertita. « Prima di tutto, quella giacca era vintage e assolutamemente spettacolare. » Replicò, rifilandogli un buffetto sul braccio. « Ed in secondo luogo » Scoccò al Tassorosso uno sguardo furbo, quasi di sfida. « se non lo vuoi posso sempre rimandarlo indietro. Ho ancora lo scontrino. » Sottolineò la seconda parte della frase con eccessiva casualità, stringendosi nelle spalle. Come se non ti conoscessi bene abbastanza da sapere non rifiuteresti mai un regalo. Soprattutto se inerente al Quidditch. Aveva girato almeno una dozzina di negozietti prima di trovare un paio di guanti da Quidditch in pregiata pelle vegana, sul cui bordo, vicino al polso, aveva fatto ricamere le iniziali di Émi con filo dorato. All’interno del guanto destro, proprio vicino al bordo, era stata aggiunta la frase Virtuti melius quam fortunae creditur, un piccolo incoraggiamento in vista delle future partite. Le curiosità nell’immaginare la reazione di Émi svanì leggermente quando vide il Tassorosso scostare lo sgurdo, non appena ebbe pronunciato il nome di Otis. Nessie sospirò silenziosamente, mordendosi appena l’interno della guancia. Quindi è così. Non avete ancora fatto pace. Zucconi che non siete altro. « Non c'è molto da dire. Lui ha le sue idee ed io le mie. A posto così. » La Serpeverde strinse leggermente le labbra, soffocando sul nascere il desiderio di rispondergli. Conosceva Émile abbastanza bene da saper leggere attraverso la sua precaria maschera di leggerezza: il tono di voce affrettato, il modo in cui la sua postura si era fatta curva, insicura, tutto suggeriva che fosse tutt’altro che indifferente a quell’improvviso distacco. Sin da quando aveva memoria, Émi e Otis erano stati inseparabili per gran parte della loro vita, e l'idea che si fossero allontanati a causa di un litigio - politico o meno - era difficile da accettare persino per lei. Dai messaggi che entrambi i Tassorosso le avevano inviato durante il suo soggiorno a Parigi, sapeva che nessuno dei due era disposto a cambiare la propria posizione o, se non altro, fare il primo passo nei confronti dell’altro. Decise non indugiare oltre in quei pensieri - almeno non per il momento - ed assecondò il cambio d'argomento, in parte sinceramente desiderosa d'essere aggiornata su tutto ciò che era accaduto durante la sua assenza. « Di me ti sei persa che adesso non faccio più simpatia a nessuno. » Nessie inarcò leggermente un sopracciglio, senza interromperlo, i grandi occhi color nocciola fissi sul viso dell'amico. « [...] E forse ho fatto una cazzata a tornare, però, non lo so, ho pensato che... Ho pensato che qui c'eravate tutti voi. Tu, Ronnie... E probabilmente è il posto più pericoloso in cui trovarsi, e che siamo nella bocca del leone, ma se dovesse risuccedere qualcosa di brutto... almeno ci stiamo insieme, ecco, non so se mi spiego. » Nessie rimase in silenzio per qualche istante, soppesando quel fiume di pensieri. Nonostante si fossero schierati su fronti differenti in seguito alla vittoria dei Ribelli, Agnés non aveva mai davvero dato peso alla scelta di Émile come a qualcosa di problematico; non vi aveva riflettuto troppo, dando per scontato che il Tassorosso fosse spaventato o, forse, avesse semplicemente deciso di obbedire al volere dei genitori. Non che la famiglia D'Arcy fosse mai stata favorevole alla decisione della loro componente più giovane - al contrario, Basil e Beaufort avevano in ogni modo tentato di richiamarla a casa, alternando promesse e minacce che avevano contribuito a instaurare in Nessie un profondo senso di colpa. « Mhhh. » Mormorò, sovrappensiero, prima di scuotere lentamente il capo. « Io credo che sia solo questione di tempo. Come hai detto tu, te ne sei andato e sei ritornato all'improvviso... probabilmente è normale che alcune persone siano sorprese, o un po' diffidenti. Non vuol dire che ti odiano o che hai fatto nulla di male, semplicemente... » Si strinse nelle spalle, alla ricerca delle parole giuste. « Siamo tutti ancora spaventati, nervosi. » Gli rivolse un leggero sorriso. « Qualunque sia il motivo per cui hai deciso di andartene, avevi il diritto di scegliere. » Dopotutto, Inverness aveva permesso loro di decidere liberamente: restare o andarsene. Émile aveva scelto la seconda opzione. « Immagino che decidere di tornare non deve essere stato facile. » Non dopo tutto quello che è successo. Non dopo i Ribelli, il Lockdown, l'Upside down. « Ma sono contenta che tu l'abbia fatto. » Gli sfiorò delicatamente il polso con le dita pallide, nello stesso momento in cui la porta di Madama Piediburro veniva spalancata da un cliente in uscita. Per quanto sincera, si sentì sollevata nel dover lasciar cadere l'argomento. I ricordi della battaglia erano ancora sin troppo vivi nella sua mente e, seppur avesse deciso consapevolmente di tornare a Hogwarts, si sentiva legata al Castello da un doppio filo di affetto e orrore. Leggermente assorta, lasciò ad Émile il compito di scegliere le pietanze per il picnic e ridacchiò, notando la spropositata quantità di cibo che il Tassorosso aveva acquistato. Certe cose non cambiano mai. « Per Merlino, Émi! C’è abbastanza cibo per i prossimi tre giorni. » Scherzò, sistemandosi Hamlet sottobraccio. Le dita dell’altra mano accolsero istintivamente quelle di Émi, richiudendosi attorno al suo palmo in una stretta delicata, lasciando che il Tassorrosso la guidasse attraverso il bosco. Per chiunque la conoscesse, Nessie non era mai stata un’amante della natura incontaminata - tanto che fu felice di poter seguire i passi di Émi, attenta a non inciampare in qualche radice sconnessa. « E tu invece, che cosa hai da raccontarmi di questo semestre parigino? Oltre alle crostate alle fragole schifose, s'intende. » Fu il suo turno di stringersi nelle spalle, gonfiando appena le guance. « Uhm, fammici pensare. In realtà non c’è molto da dire. » Sembrava strano dirlo ad alta voce, eppure era così. A Parigi, Nessie non aveva fatto altro che andare a lezione, tenersi in contatto con amici e famigliari e visitare la città. Certo, c’erano stati anche momenti degni di nota – come, ad esempio, una sfilata di beneficienza a cui aveva partecipato o il meraviglioso musée de l'Orangerie - ma, per lo più, Nessie aveva provato una profonda nostalgia per Hogwarts. Per quanto romantica, Parigi non sapeva di casa. « Parigi è molto bella, sono riuscita a visitare quasi tutti i musei e i luoghi storici. Versailles è mozzafiato. » Spalancò gli occhi, ricordando le bellissime stanze minuziosamente arredate e i coloratissimi giardini. « Ho anche partecipato a qualche festa dell’Accademia d’Arte. C’era un sacco di gente interessante, ma era tutto molto formale – forse un po’ troppo. » Si mordicchiò il labbro inferiore, pensierosa. « Poooi… ah sì! Ho fatto da modella a una ragazza della classe di Sartoria Magica per la sfilata di fine anno, ha realizzato questo vestito stupendo fatto di pizzo e incantato in modo che il tessuto della gonna appaia composto da farfalle sovrapposte. A un certo punto ho dovuto ruotare su me stessa e tutte le farfalle sono volate via, trasformando il vestito in uno completamente diverso! » Si era innamorata di quel vestito e, ancor di più, della sensazione che aveva provato nell’indossarlo: per la prima volta dopo tanto tempo, si era sentita bella e felice. « Dopo te lo faccio vedere, dovrei avere qualche foto sul cellular- ah! » Rischiando di incespicare in un sasso, si aggrappò alla mano di Émi con più forza. « S-scusa. Non lo avevo visto. » Mormorò, prima di raddrizzarsi. « Per il resto… le solite cose. Ho conosciuto una pianista davvero brava. Si chiama Charlotte e siamo diventate amiche, mi ha promesso che verrà a trovarmi il prossimo anno. » Anche se Charlotte glielo aveva giurato, Nessie non era certa che avrebbe mantenuto la promessa. L’Inghilterra e – nello specifico – Hogwarts erano viste con un certo sospetto dal resto del Mondo Magico. « Durante la settimana non avevo molto tempo libero; ero a lezione tutto il tempo. » Roetò gli occhi al cielo, con aria drammatica. In realtà, dal punto di vista didattico, la permanenza di Nessie a Parigi era stata un fiasco totale. Pur ottenendo ottimi voti nella teoria, aveva rischiato la bocciatura a causa della totale incapacità di riprendere in mano il violino. L’unico motivo per cui era riuscita a salvarsi in extremis, era stata la melodia che aveva realizzato per lo spettacolo teatrale di fine anno ed il report dettagliato di Madame Lubec circa il suo disturbo post-traumatico da stress, con tendenze ossessive e illusorie - qualunque cosa ciò volesse dire; ma quelli non erano certo dettagli con cui aveva intenzione di tediare Émile. « Però ho conosciuto Raphaël.
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    Arrossì leggermente nel pronunciare il nome del suo ultimo ragazzo; non sapeva perché, eppure le sembrava sbagliato parlare di lui in compagnia di Émile. « Ti ricordi che te ne ho parlato un po’? È più grandi di un paio d’anni, al momento si occupa del tutorato di teatro e letteratura, ma il prossimo anno dovrebbe ottenere la cattedra. » Esitò un istante, mordicchiandosi il labbro inferiore. « È molto gentile e carino. Ci siamo frequentati per un po’ ma al momento non sono sicura della situazione. Insomma, io sono qui e lui è a Parigi e... » Si strinse nelle spalle. Raphaël le piaceva. Era molto galante, intelligente e affascinante. Il fatto che fosse più grandi di lei, poi, gli dava quell’aria di uomo di mondo che contribuiva a farla pendere dalle sue labbra. In certi momenti, però, Nessie si era sentita un pesce fuor d’acqua in sua compagnia: troppo giovane, immatura e – suo malgrado – persino stupida. « mi scrive spesso, però non è la stessa cosa. » Superato l’ultimo gruppetto di alberi, giunsero finalmente nei pressi del Lago Nero e Nessie ne approfittò per cambiare rapidamente argomento. « Che ne dici se ci sediamo lì? » Domandò, indicando uno spiazzo in penombra, dove potevano godersi il sole senza rischiare di bruciarsi. Lasciato Hamlet libero di girovagare nei dintorni, Nessie estrasse una coperta dalla borsetta, sistemandola nel punto indicato. « Ecco! » Esclamò, soddisfatta, inginocchiandosi in un angolo. Sistemò le pieghe della gonna e rialzò lo sguardo verso Émi. « Hai già iniziato a pensare al College? » Domandò, curiosa. « Ci sono mille cose a cui pensare! Non solo il corso di studi, ma anche le attività extra, gli alloggi… vorresti vivere al Campus o in una casa a Hogsmeade? » Gli occhi avevano ripreso a brillare d’interesse. Se c’era una cosa che Nessie adorava era fantasticare – e da lì ad organizzare il passo era terribilmente breve. « A proposito... » Rovistò nella borsetta ed estrasse un pacchetto quadrato, porgendolo all'amico. All'interno, il giovane Carrow vi avrebbe trovato i guanti. « Ho pensato che ti servisse un nuovo portafortuna. » Aggiunse, incitandolo ad aprirlo.
     
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    « Io credo che sia solo questione di tempo. Come hai detto tu, te ne sei andato e sei ritornato all'improvviso... probabilmente è normale che alcune persone siano sorprese, o un po' diffidenti. Non vuol dire che ti odiano o che hai fatto nulla di male, semplicemente... Siamo tutti ancora spaventati, nervosi. Qualunque sia il motivo per cui hai deciso di andartene, avevi il diritto di scegliere. » Agnès era sempre in grado di sorprenderlo. Tante volte aveva degli atteggiamenti un po' infantili, quasi che facevano nascere in lui degli istinti di protezione; altre volte invece, come in questo caso, sapeva dimostrare una maturità incredibile, che Émile era certo di non possedere. Annuì, in silenzio, ricambiando il sorriso dell'amica, e sentendosi, forse per la prima volta da mesi, davvero compreso da qualcuno. « Immagino che decidere di tornare non deve essere stato facile. » Scosse la testa, senza aggiungere nulla. No, non lo è stato per niente. « Ma sono contenta che tu l'abbia fatto. » Le sorrise, stringendole di più la mano, in un piccolo gesto d'affetto.
    La passeggiata fino al lago fu breve, anche perché allietata dai racconti di Nessie sulla vita a Parigi. Émile ascoltò di buon grado, intervenendo e commentando di volta in volta, facendo comunque attenzione a non invadere i suoi spazi di racconto. « Ah, la nostra Nessie ha fatto la modella! Addirittura? Ma che, non è che hai fatto un servizio fotografico di quelli osé? No, perché se mi dici che il vestito era di pizzo... » ridacchiò, scostandosi prontamente dalla sua portata per evitare un prevedibilissimo pugno sul braccio della ragazza. « Sto scherzando, sto scherzando! Che poi dai, perché non poteva essere? Tu non hai mica niente di invidiare alle modelle di Victoria's Angel o come si chiama » commentò, con semplicità, stringendosi poi nelle spalle.
    « Dopo te lo faccio vedere, dovrei avere qualche foto sul cellular- ah! » « Oh, attenta! » Fece appena in tempo ad accorgersi che l'amica aveva messo un piede in fallo, così da poterla afferrare per evitare che cadesse con la faccia sul terreno. E a quel punto tanti saluti al nostro picnic, ci toccava una visita direttissima in infermeria! La strinse per un momento a sé, i capelli castani di lei che gli solleticavano la guancia. « Hai un buon profumo! » commentò, gioviale, lasciandola andare e proseguendo per il cammino verso il Lago. « Per il resto… le solite cose. Ho conosciuto una pianista davvero brava. Si chiama Charlotte e siamo diventate amiche, mi ha promesso che verrà a trovarmi il prossimo anno. » « Figo! » « Durante la settimana non avevo molto tempo libero; ero a lezione tutto il tempo. » « Eh, lo so. I francesi sono proprio rompiballe su questo. Io a Beauxbatons volevo morire. » « Però ho conosciuto Raphaël. » « Oh, ceeeerto, l'amico Raphaël... » Nell'udire il nome del nuovo ragazzo di Nessie, non poté fare a meno di roteare gli occhi al cielo, e fu incapace di nascondere una risata. Nessie gli aveva già abbondantemente parlato del ragazzo, durante le loro videochiamate, ma Emi aveva preferito non farci troppo caso; non perché la questione non gli interessasse: ma aveva imparato, col tempo, a non prendere troppo sul serio le frequentazioni di Nessie. Per qualche motivo qualunque suo ragazzo non era mai durato troppo a lungo, e dunque Emi si era semplicemente abituato a sentirla parlare ogni volta di qualcuno nuovo, consapevole che la data di fine di quel rapporto stava già scritta nelle stelle. Se avesse osato parlare con Nessie di quei suoi pensieri probabilmente l'avrebbe sbranato come minimo, ma ai suoi occhi quella era una cosa fisiologica, i tempi di Nessie erano quelli e non c'era niente di male. Ai suoi occhi la cosa era talmente ciclica che aveva perfino sbagliato nome, qualche volta, facendo delle gaffe non proprio bellissime, che gli erano costate un bel po' di occhiatacce e qualche giornata di offesa da parte di Nessie. Fatto sta che ora di ritorno dalla Francia c'era Raphaël, ma Emi non prevedeva sarebbe durato più di altre due, tre settimane al massimo - specie col fatto che si trattava di una relazione a distanza. Queste cose però evitò di dirle ad alta voce, per i motivi che abbiamo detto. Restò piuttosto in silenzio ad ascoltare il racconto dell'amica, come se non avesse mai sentito parlare di questo Raphael. « Sì, sì, me ne hai parlato eccome... » commentò, vagamente disinteressato, mentre si accomodavano sul prato alle sponde del lago.
    « Hai già iniziato a pensare al College? Ci sono mille cose a cui pensare! Non solo il corso di studi, ma anche le attività extra, gli alloggi… vorresti vivere al Campus o in una casa a Hogsmeade? » Si accigliò, mentre frugava tra le buste e tirava fuori tutto il necessario per il pranzo. Recuperò uno dei sandwich che avevano fatto preparare, e lo addentò con voracità. « Mhm, sì e no. Sai che ti dicevo che volevo fare il Magizoologo, no? Cioè, questa cosa la dico ormai da anni, perché mi piacciono gli animali fantastici e tutto quanto... Però quest'anno ho cominciato a pensare che anche il Medimago mi piacerebbe molto. Sai, come mio cugino. È una cosa molto sfidante. » Si grattò la guancia, la fronte corrugata e lo sguardo perso nella distesa azzurra di fronte a loro. Quella questione dell'università gli dava un grattacapo da mesi, ormai. Avrebbe fortemente voluto parlarne con qualcuno, di quell'indecisione, ma la persona che più lo ascoltava, e che solitamente era in grado di guidare le sue decisioni impulsive con lo spirito della razionalità, ora semplicemente non c'era più. E lui, per quanto non volesse ammetterlo, si sentiva un poco perso. « Tu che ne pensi? » domandò, posando lo sguardo su di lei, sinceramente curioso di udire la sua opinione. « Per quanto riguarda l'alloggio... Non ci ho proprio pensato, sai? » Gli sembrava inutile rimuginare su quella questione, ora come ora: punto primo, considerava la faccenda come prematura, e punto secondo, non riusciva proprio a immaginare dove sarebbe andato ad abitare, e soprattutto con chi, non dopo che da anni progettava di prendere una casa insieme ad Otis.
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    Improvvisamente si ritrovava aver perso i propri progetti anche su quel fronte, e questa cosa lo infuriava.
    « A proposito... Ho pensato che ti servisse un nuovo portafortuna. » Seguì i movimenti della ragazza, guardandola rovistare all'interno della propria borsetta, per poi tirare fuori un pacchetto regalo dalle dimensioni modeste. « Oooh, eccolo il famigerato regalo! Sicura che non ci sia niente con le piume dentro? Guarda che il Lago Nero è proprio qui vicino! » scherzò, facendo perfino il gesto di buttare il pacchettino tra le acque limpide, ma poi le sorrise, e le mormorò un "Grazie" a bassa voce, mentre iniziava a scartare il regalo. E in effetti non era niente da buttare via, al contrario! Émile rimase a bocca aperta quando si ritrovò davanti quei guanti da Quidditch più che pregiati, con le sue iniziali incise addirittura! Erano semplicemente meravigliosi. « No vabbè Ness... Ma sono PAZZESCHI! Ma dove li hai trovati? Non ci credo! » se li provò subito, e calzavano perfettamente. Quando alzò lo sguardo per guardarla, gli occhi di Émile parevano brillare. « Grazie grazie! Questi sono perfetti per il Quidditch! » E sfilandoseli, si allungò verso di lei, per scoccarle un rapido bacio sulle labbra, piccolo e innocente, a dimostrazione della propria gratitudine. Nel farlo, avvertì una piccola scarica elettrica, tuttavia le sorrise immediatamente dopo, con noncuranza. « Allora, dimmi un po' tu: che progetti hai per quest'anno? Hai intenzione di tornare ad abitare con Ronnie? » chiese, recuperando la conversazione troncata precedentemente. Diede un altro morso al proprio sandwich, sistemandosi meglio e allungando le gambe sul prato. « Sono proprio contento che sei tornata, sai. E' stato tutto un po' una merda fino ad ora. »

     
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