Worm food

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    La piazza principale della cittadina di Inverness sorgeva alla fine del grosso viale dove ogni domenica mattina si teneva il mercato. Di tanto in tanto, quando la Cattedrale era occupata o durante la stagione estiva, come in quel caso, le assemblee cittadine potevano tenersi in piazza. Otis e la sua famiglia erano soliti parteciparvi, in quanto membri attivi della cittadinanza di Inverness, e anche quando era diventato abbastanza grande da poter decidere liberamente se presenziare o meno, Otis aveva continuato a prender parte a riunioni, iniziative e festival di qualunque tipo. Il desiderio di appartenenza alla Città Santa si era fatto soltanto più forte, nel corso del tempo, e si era rinsaldato ancor di più in seguito alla sua permanenza in Giappone per tutto il suo quinto anno di scuola. La realtà da cui proveniva la natura di sua madre era stata a lungo qualcosa con cui il giovane Tassorosso non aveva tenuto contatto, in qualche modo percependo la reticenza e chiusura materna sul tema, e limitandosi a frequentare principalmente ragazzi conosciuti a scuola che non provenivano, diversamente rispetto a lui, da Inverness. Quella partecipazione alle tradizioni e convenzioni cittadine, quindi, era stata motivata dal desiderio di essere buoni vicini, membri attivi della comunità in cui erano immersi, ma Otis si era sempre sentito un po' come un'isola. Ciò che era successo in Giappone, tanti anni prima, aveva invece aperto in lui come uno squarcio, rivelato carne viva al di sotto della bolla che sentiva lo avvolgesse, dolore reale per ciò che aveva osservato accadere a gente che non era più soltanto gente, ma la sua gente. Mentre passeggiava verso la piazza centrale un vento sferzante proveniva da dietro le alte montagne, tanto che dovette tirare giù le maniche della felpa che indossava, pur essendo Agosto inoltrato. Per quanto partecipasse e sentisse le persone che lo circondavano come simili e vicine, non si poteva dire che il ragazzo avesse maturato un reale senso di appartenenza – quella sensazione di essere un passo fuori che lo seguiva un po' ovunque nella sua vita, da quando era piccolo. Sempre uno spettatore, per quanto la sua fosse osservazione partecipata. Quando giunse nei pressi della fontana si posizionò un po' in disparte rispetto alle persone che erano già arrivate, infilando le mani nelle tasche dei jeans larghi. Erano giorni strani, quelli di ritorno a casa durante le vacanze estive, ma erano ancora più strani quando non sai a cosa stai per fare ritorno, quando senti che tutto sta per cambiare e il cambiamento non è mai stato il tuo forte. Quando si fermava a pensarci sentiva il panico montare da qualche parte all'altezza dello stomaco, e doveva fare uno sforzo per potersi distrarre. Ci era riuscito abbastanza bene, quell'estate, a mantenersi distratto, uscendo più che poteva e strappandosi via dal conforto della sua stanza, la sua adorata stanza che anno dopo anno aspettava il suo rientro dal Castello per accoglierlo durante le vacanze; ma l'arrivo del mese di Agosto era stato come un allarme, una sirena che senti arrivare da lontano. Sua madre gli diceva che “quello che è destinato a te saprà trovarti” e lui cercava di fare del suo meglio per crederci, ma la spiritualità meditativa non aveva mai funzionato granché, con lui. In più, ad aggiungere carne al fuoco ci pensava la stranissima situazione che si era venuta a creare tra lui e la sua vicina di casa, Mia, la quale aveva passato tutta l'estate a evitarlo, o così gli era parso, sin dalla sera del ballo. Mia era cresciuta nella villa proprio di fianco alla sua, lungo lo stesso viale alberato, e adesso che si era fatta una famiglia propria aveva lasciato la città per costruire il proprio nido d'amore nelle Highlands, facendo ritorno in città sporadicamente – o così immaginava, avendola adocchiata di tanto in tanto nella vecchia casa dalla propria finestra. Sin da quando erano piccoli i rapporti tra i due erano andati oltre quelli di semplice cortesia di buon vicinato, e Otis ricordava pomeriggi passati a giocare insieme lungo la strada, gli “indovina a cosa sto pensando” che lui vinceva sempre con estrema facilità – meravigliosa, sorprendente, ingenua facilità; arco e frecce in spalla a lei e fionde e cerbottane nelle tasche di lui, a dare fastidio a qualunque povero animale avvistassero nelle colline circostanti, e tornare a casa con le mani sporche di terra e il fango sotto le unghie con lo stomaco che brontolava e la promessa di rivedersi il giorno dopo, spesso non mantenuta per cause di forza maggiore. Crescendo avevano mantenuto una certa distanza, naturale con la pubertà, ma Otis aveva sempre conservato quell'affetto speciale che si riserva ai compagni di gioco e di merenda di quando siamo piccoli, la sensazione che abbiano avuto accesso alla parte di te più pura, nel bene e nel male; forse era stato anche quello ad allontanarlo un po', l'imbarazzo per il bambino che era stato e che nessuno vuole associato a sé, a 14 anni. L'amicizia era rimasta, però, gli auguri a ogni evento importante, compleanni e feste comandate, e quando era diventata mamma Otis si era sentito quasi paralizzato dalla consapevolezza che quella fosse la stessa bambina con cui inseguiva le formiche lungo le strade acciottolate della città. Era quel tipo di rapporto che utilizzi come metro per misurare la tua crescita, corporea a 10 anni, quando si faceva a gara a chi avesse acquistato più centimetri durante l'inverno, e poi evolutiva, le tappe della vita che avrebbero raggiunto forse insieme, forse in tempi differenti. Otis aveva osservato il raggiungimento di quelle milestones tramite i post della ragazza su Wiztagram e i racconti che ogni tanto pretendeva gli facesse lei, a scuola (“ma quindi è vero? Stai con Yagami? Mi devi raccontareeeeeeeee”). Ma essendo in due anni diversi i momenti erano stati pochi, e nonostante le amicizie comuni i due erano finiti in giri di amici un po' diversi; c'erano state volte in cui avrebbe voluto potersi fermare a fare due chiacchiere con lei e farsi aggiornare su tutto quanto, e chiederle consiglio, a lei che sembrava sempre riuscire a prendere le cose di petto, con un coraggio che spesso al Tassorosso mancava. Non erano più vicini come da piccoli, quindi, ma lo erano abbastanza da riuscire a sentire il polso della loro relazione, e da accorgersi di come adesso il comportamento di Mia nei confronti di Otis fosse mutato quasi completamente. Si domandava se quella distanza, gli sguardi evitati, le frecciate al ballo di fine anno e la puntuale richiesta di uova da prestarle che non era arrivata ancora, quell'estate, fossero il prodotto naturale della crescita e di un rapporto che in età adolescenziale era comunque rimasto sempre piuttosto superficiale, o se invece ci fosse dell'altro sotto. Stava facendo il paranoico verso una persona che lo considerava soltanto il bambino con cui giocava quando era piccola? Il suo vicino di casa e compagno di scuola e basta? Molto probabile. Sua madre gli diceva che aveva delle manie egoriferite, a volte, quando gli salivano le paranoie di aver irritato qualcuno o fatto qualcosa di sbagliato. Probabilmente è soltanto presa dalla sua relazione, dalla sua famiglia, dal college e dalle questioni dei disegni di nudo di Raiden. Non riguarda te, O'. Figurati se può mai riguardare te.
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    «Bene, bene, bene! Ci siamo più o meno tutti! Direi proprio che possiamo cominciare.» Avvistò Mia, in piedi in prima fila, un cestino di vimini tenuto per il manico che oscillava maldestramente davanti a sé. «Partiamo con il ringraziare tutta la cittadinanza di Inverness per la partecipazione alla nostra raccolta fondi per la costruzione di una nuova struttura, qui in città, per il nostro Rifugio per Animali e Creature Fantastiche!» Il ragazzo con i capelli rossi ed il viso tempestato di lentiggini applaudì con entusiasmo, la bacchetta con cui amplificava il suono della propria voce tenuta nel pugno chiuso. Un passo dietro di lui, sull'impalcatura di legno di fronte alla fontana, Otis intravide Eliphas, intento a sistemare i cestini che le ragazze avevano cominciato a porgergli. «Come sapete, quest'iniziativa di raccolta fondi ci piace particolarmente, perché permette ai cittadini di passare una giornata con la persona il cui cestino vorranno acquistare, facendo così una donazione alla nostra causa e godendosi un buon picnic. Partirei subito con l'asta...» Otis prese un respiro profondo, vagamente agitato, il compito che era stato chiamato a svolgere da Raiden stesso che adesso gli pareva essere stata un'idea proprio imbecille. Deglutì, fissando la chioma di Mia, che gli parve voltarsi nella sua direzione e girarsi subito dopo. La vendita dei cestini procedette piuttosto liscia, e dopo un'asta conclusa con 50 galeoni e una baruffa scansata fu il turno del paniere di Mia. «La base d'asta per questo cesto è di 10 falci. Chi offre di più?» «Un galeone» fu la proposta immediata di Otis, che alzò il braccio per farsi notare dal ragazzo rosso. «Oh, un galeone dal ragazzo con la felpa verde!» «Due galeoni!» Il Tassorosso voltò la testa di scatto, assottigliando lo sguardo che puntò sulla sua competizione. Chi cazzo si mette contro Raiden in questo modo? «Due galeoni dal ragazzo col cappello lì in fondo! Due galeoni e uno...» «Cinque galeoni!» Fece ostinato, aprendo il portafogli per controllare di quanto ancora avrebbe potuto alzare la puntata. Non molto. «Wow! Cinque galeoni dal ragazzo con la felpa... Cinque galeoni e uno... Cinque galeoni e due...» «Dieci!» «Ragazzi forse non vi state rendendo conto della dimensione di questo cestin–» «UNDICI E CINQUANTA!» Fu l'ultima possibile, disperata offerta che poteva fare Otis, prima di altrimenti deludere Raiden e portare con sé la vergogna della disdetta per il resto della sua vita. «Undici galeoni e cinquanta zellini e uno... e due... e TRE! Aggiudicato al ragazzo disperato vicino al lampione! Vieni a prendere il tuo cestino e la ragazza che l'ha confezionato!» Ma perché devi metterla giù così. In un imbarazzo impossibile da stemperare, come normalmente avrebbe fatto lanciandole un occhiolino, Otis superò Mia per avvicinarsi al piccolo palco, ritirare il premio e lasciare la propria donazione. Si voltò verso la ragazza, che sembrava decisamente poco entusiasta di quella vittoria. «Yay...» provò, poco convinto, palesemente ricevendo conferma che qualunque esso fosse, esistesse senz'altro un problema tra lui e Mia Yagami. «Mmmh... Andiamo?» Fece, con un sorriso un po' tirato, inclinando il capo e sollevando il paniere. «È molto carino... Il fiocchetto... Potremmo andare a mangiarlo al fiume, se ti va... Altrimenti... Non dobbiamo mangiarlo per forza, come vuoi tu...» In effetti, la richiesta di Raiden si limitava a domandare che Otis evitasse che l'appuntamento con Mia fosse comprato da qualcun altro, ma non aveva specificato che dovesse andarci lui. Era certo che non avrebbe avuto niente in contrario, però: se lo reputava sufficientemente poco minaccioso da affidargli l'acquisto del cestino sicuramente non si sarebbe preoccupato per un picnic, no? «Raiden è un po' geloso, eh?» Provò a spiegarle, rendendosi conto di quanto dovesse sembrare strana la sua ostinazione di poco prima per vincere l'asta. «Mi ha chiesto lui di... Partecipare, diciamo... Preferiva che se proprio qualcuno dovesse pranzare con te fosse qualcuno che conosceva, immagino... Non lo facevo proprio un tipo geloso... Non ha proprio nulla da invidiare agli altri, per cui....» Smettila di blaterare.
     
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    « MA È UN'IDEA GRANDIOSA! SIIII MI PIACE TANTISSIMO!!! » « Vero? È quello che ho detto anche io. È un'ottima opportunità per la città e nei boschi accanto alle mura c'è parecchio spazio per espandersi. » « Infatti! Ma poi scusa, stanno costruendo un sacco di case, quartieri, palazzi - ci vogliono le infrastrutture. Non ci vuole una laurea in scienze politiche per capire queste cose. Si si - no ti aiuto, ci sono. Quando iniziamo? » L'entusiasmo di Mia Yagami nei confronti di iniziative di quel tipo era sempre sopra le righe, tant'è che per poco non travolse Eliphas con quel raptus di allegria. Aveva un debole per i trovatelli e per gli animaletti di ogni sorta, non a caso casa sua somigliava più a uno zoo che a una vera e propria casa. Gli animali avevano preso il sopravvento, ed erano a maggioranza le creature che maggiormente popolavano la casa che condivideva con Raiden e loro figlio Haru. Nonostante ciò, Mia pensava fosse assolutamente necessario prendere un altro gattino, e magari un furetto, e costruire una casetta per i conigli in giardino, e magari appendere qualche casetta per gli uccellini in attesa della prossima primavera. Alla predisposizione e comunione con la natura che tutti i lycan preservavano, Mia aggiungeva un profondo rispetto e amore nei confronti di ogni creatura che vedesse in giro, tant'è che più di una volta i suoi amici e parenti l'avevano presa in giro dicendole che forse aveva sbagliato completamente carriera e che come magizoologa sarebbe stata molto più adatta. « Si, però non ci danno i fondi. » « Come non ci danno i fondi! » Sacrilegio! Per la mora non c'era cosa più importante che trovare strutture adeguate per accogliere piccole creature in cerca di aiuto. Un posto caldo dove avere cibo e amore a volontà, in attesa di trovare una nuova casa o anche banalmente non dover più patire le sfide dei territori inesplorati e spesso ostili delle Highlands. « Ci sono altre spese. Ci danno il posto - addirittura una struttura abbandonata. Ma dobbiamo pensarci da soli. Però ho pensato che una raccolta fondi potrebbe essere un buon punto di partenza. » Mia annuì tra se e se. Certo. I vecchi di Inverness sono ricchi. Con il giusto marketing li facciamo sborsare un sacco. Però potrebbero pensare che è una perdita di tempo. Quelli sono cresciuti con l'idea che le creature vanno cacciate, non accolte. Fanno ancora fatica ad accettare una marea di cose della nuova gestione. Se poi diciamo loro che vogliamo costruire un recinto per le puffole pigmee, minimo quelli rispondono che le puffole devono stare in natura e non c'è ragione di salvarle. Uno scontro generazionale non indifferente, che culminò tuttavia con il virare verso nuove idee e nuovi target. Per diverse settimane, Mia aveva monopolizzato parecchie conversazioni con il progetto del nuovo rifugio, cercando di convincere tutti i suoi amici a donare o partecipare alle iniziative di raccolta fondi. In verità non c'era stato bisogno di tanta opera di convincimento; il Rifugio di Hogsmeade era una grande attrazione per tantissimi abitanti del villaggio. Mia e Raiden in primis, avevano adottato il loro attuale doberman, un cane con una storia a dir poco drammatica - salvato da un gruppo di delinquenti che da tempo organizzava combattimenti clandestini tra animali guadagnando decine di migliaia di galeoni. Per tutte quelle ragioni, la mattina della raccolta fondi, Mia si era svegliata presto dedicandosi alla preparazione del suo cestino nei minimi dettagli. Per assicurarsi che tutto andasse alla perfezione, aveva addirittura incantato il paniere affinché mantenesse le cibarie calde - non avrebbe fatto una brutta figura, specialmente perché sperava quella fosse solo una delle tante iniziative solidali che Inverness avrebbe accolto. Le piaceva pensare alla città in cui aveva passato molte delle sue estati e altrettanti anni in adolescenza, come a un posto accogliente. Non lo era sempre stato; da città dei cacciatori, prima dell'insorgere del branco, accoglieva ben poche anime che non appartenessero direttamente alla società dei guerrieri. Vederne le porte aperte a visitatori, curiosi e nuovi abitanti era bello. In fondo è davvero una bella città. Era costruita magistralmente seguenti leggi che gli anziani delle famiglie si tramandavano di generazione in generazione. Un giorno quei segreti sarebbero arrivati anche nelle mani di Mia e Raiden e insieme le avrebbero tramandate ai loro figli. Figlio. Ne abbiamo uno. Raiden non ne vuole altri - specificò tra se e se con un leggero senso di risentimento e amarezza, il tutto mentre riponeva la torta di mele appena sfornata nel paniere, per poi sistemare gli hamburger e le patate ripiene di formaggio e pancetta nella cesta assieme alle stoviglie necessarie, una bella copertina appena lavata e qualche cuscino. Per rendere il tutto più gradevole, aveva aggiunto un paio di birre e diverse salse con cui accompagnare il pasto.
    Si era presentata all'evento con largo anticipo dedicandosi con grande diligenza alla fase preparativa dell'evento. Era contenta. La fresca giornata estiva aveva riservato loro la fortuna di un cielo limpido che permetteva lo svolgimento dell'evento all'esterno. Non era da tutti i giorni- in Scozia il tempo era mutevole e non sempre incline a regalare un po' di tregua. Un incantatore esperto e uno warlock amico di Eliphas avevano tuttavia acconsentito a presenziare affinché si accettassero della tenuta del tempo. « Quindi quanto vale questa roba? Un galeone? Due? » Todd era una delle reclute della sua squadra. Avevano condiviso parecchi turni insieme sulle barricate e in giro per i quartieri dello Stato di Inverness, ma non avrebbe mai pensato che tutto quel parlare della raccolta fondi avrebbe attecchito portando il giovane a presentarsi nella Città Santa nel suo giorno libero. « Ehi! Allora sei venuto! Sono contenta. » « Scherzi? Era questo o aiutare mia zia tutto il giorno con le faccende di casa. E poi, non potevo permettere che finissi in mani sbagliate. Dobbiamo guardarci le spalle no? » Era un tipo molto gentile; lo era sempre stato, tant'è che quelle parole la portarono a ridacchiare alzando gli occhi al cielo. « Un vero e proprio salvatore della patria. Mi raccomando divertiti. E punta un sacco di soldi eh! Guarda che i gattini non si salvano con un galeone. » « Vorrei ricordarti che lo stipendio delle reclute è il minimo sindacabile. Non allargarti, Wallace! » Per un istante il modo in cui la chiamò la destabilizzò un po' portandola a corrugare la fronte. Lei e Todd Harrison erano stati compagni di scuola; forse è solo un lapsus. E così decise di non farci troppo caso e spostarsi verso la prima fila. Giunto il turno del suo cestino, Mia raddrizzò appena la schiena, guardando la platea con un'espressione incuriosita. Ci sarebbe stato qualcuno a puntare, oppure la giornata sarebbe stata salvata dal suo collega? « La base d'asta per questo cesto è di 10 falci. Chi offre di più? » « Un galeone » Come prego? La voce proveniente dalla folla portò Mia a voltarsi di colpo. Notò immediatamente la mano di Otis Branwell alzata. Non trovava una sola ragione per cui il giovane Tassorosso dovesse puntare proprio sul suo cestino. L'ultima volta che si erano visti Mia era stata piuttosto chiara sulla natura del suo astio. Che fosse un modo per farsi perdonare? Ha finalmente capito? « Oh, un galeone dal ragazzo con la felpa verde! » « Due galeoni! » Le puntate andarono avanti per un po' sotto lo sguardo un po' perplesso di Mia che non capiva né per quale ragione Otis si impuntasse così tanto ad avere quel cestino, né tanto meno per quale ragione Todd ci tenesse così tanto a mettersi in competizione contro il giovane Branwell. « Undici galeoni e cinquanta zellini e uno... e due... e TRE! Aggiudicato al ragazzo disperato vicino al lampione! Vieni a prendere il tuo cestino e la ragazza che l'ha confezionato! » Fantastico. Non appena il moro ritirò il cestino, Mia incrociò le braccia al petto, volgendo lo sguardo in un punto indefinito nella folla, quasi si stesse sforzando a tenere il muso a Otis finché non avesse deciso di scusarsi. « Mmmh... Andiamo? » Salutò con un cenno della mano Todd, per poi annuire appena, cercando di farsi spazio nella folla per dirigersi verso la zona in cui aveva pensato di trascorrere il pranzo. Aveva pensato di dirigersi verso il grande parco di Ness' Island. Le infinite distese verdi sembravano il posto perfetto per gustarsi un buon pranzo in compagnia. Se la compagnia è giusta, ovviamente. Altrimenti fa solo venire un'indigestione. « È molto carino... Il fiocchetto... Potremmo andare a mangiarlo al fiume, se ti va... Altrimenti... Non dobbiamo mangiarlo per forza, come vuoi tu.. » Accidenti, Otis! Che palle! Era infastidita persino dal fatto che sotto sotto avevano avuto la stessa idea. In verità tenere il muso, e tenere il muso a uno come Otis non era affatto semplice; un po' perché sapeva fosse una brava persona e un'ottima compagnia, e un po' perché in fondo, tra lei e Otis c'era veramente un sacco di storia. « Lo so che è carino.. il fiocchetto. » Disse un po' brusca, ostinandosi a guardare avanti mentre si dirigeva in direzione del fiume. « L'ho messo apposta per farlo sembrare più costoso. » Se fosse funzionato o meno non lo sapeva. Di certo, gli undici galeoni di Otis erano tutti fuorché da buttare via. « Comunque io sono una persona per bene, eh! Non ti faccio spendere per poi lasciarti a stomaco vuoto. » Per la prima volta lo osservò corrugando appena la fronte prima di sbuffare.
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    « Ma per chi mi hai preso, scusa.. » Un borbottio che esalò contrariata tra se e se mentre allungava il passo. Come minimo ci devi arrivare col fiatone a mangiare sto coso. Anche perché ancora non sento nessuna scusa. « Raiden è un po' geloso, eh? Mi ha chiesto lui di... Partecipare, diciamo... Preferiva che se proprio qualcuno dovesse pranzare con te fosse qualcuno che conosceva, immagino... Non lo facevo proprio un tipo geloso... Non ha proprio nulla da invidiare agli altri, per cui.. » Le parole del moro bastarono affinché Mia arrestasse il proprio passo di colpo, voltandosi verso l'amico con un'espressione interrogativa e al contempo contrariata. Raiden? Geloso? « Ma cosa dici Otis! Guarda che non devi inventarti scuse idiote. Potresti anche semplicemente dire scusa Mia, ho fatto una cazzata. » Alzò gli occhi al cielo, e riprese a camminare, imboccando il ponte che portava verso le grandi distese di Ness'Island. « Raiden.. geloso! Ma quando mai, dai. » Minimo se anche fosse, l'ha fatto perché ha capito che sono girata di culo. In fondo non ha alcun motivo per essere geloso. E così aumentò il ritmo finché non giunse in una zona ben ombreggiata lungo il fiume, apparecchiando il loro piccolo picnic con un colpo di bacchetta in direzione del cestino. Aveva scelto un bel posto, lontano dal caos cittadino. E quindi si era seduta tirando fuori le varie pietanze, porgendo al moro uno piatto e scoprendo le varie cibarie che aveva preparato per l'occasione. Non poté però farsi venire più di un dubbio riguardo la questione che aveva portato il ragazzo in quella situazione. Tutto si poteva dire di Otis tranne che fosse un bugiardo. Non a caso lo osservò con la coda dell'occhio quasi ricercasse conferma del fatto che fatto che il Tassorosso fosse ancora un pessimo bugiardo. Cazzo, ma poi adora Raiden. Direbbe mai una stronzata su questa cosa? Rimase un po' un apensarci su, prima di assaggiare velocemente uno stuzzichino. E quindi non vuole scusarsi? Ancora? Io non ho parole. Tirò un sospiro arricciando appena il naso prima di tornare a osservarlo con un'espressione apparentemente indifferente. « Da dove vuoi cominciare? Ho portato degli hamburger fatti in casa e patate ripiene con formaggio e pancetta. Poi ci sono vari antipastini, la torta di mele e birra. E sidro di mele.. e acqua.. » E basta. Per un po' rimase in silenzio mentre volgeva lo sguardo all'orizzonte, osservando la natura incontaminata all'interno del parco. Qualche anatra attraversava a zonzo lo specchio d'acqua cristallina, mentre in lontananza diversi uccellini canticchiavano indisturbati. « Quindi fammi capire - a parole tue - mi stai dicendo che Raiden ti ha chiesto di comprare il mio cestino perché non voleva che pranzassi con una persona a caso? » Ricercò conferma nello sguardo di lui prima di posare sul piatto del ragazzo l'hamburger con attenzione. « Quindi non sei qui per scusarti? » Tipico di Mia farsi un film tutto suo in testa per poi restare delusa dall'esito. « Beh certo che ci vuole una gran bella faccia tosta a dire senza dirlo che non devo pranzare con gli altri quando ha una migliore-amica-sorella che marca il territorio come se fosse la sua promessa sposa da prima che fossero nati. E poi le trova pure scuse, capito? La prossima settimana viene qui e io dovrò pure fare finta che mi va giù. » Aveva iniziato a parlare velocemente, mangiando nervosamente quasi senza rendersi conto che forse Otis non era la persona più adatta con cui parlare di certe cose, specie alla luce del fatto che era ancora arrabbiatissima con lui. « Ma poi perché ne sto parlando con te! Tu sei un altro cafone. Era ovvio che vi sareste coalizzati contro di me. » Un vero e proprio intrigo internazionale ai danni di Mia, quella di Raiden e Otis. « Mangiamo va. Oggi è tutto per i gattini. » Pensa ai gattini, Mia. È tutto per i gattini. E le puffole. E i trovatelli.



     
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    «Lo so che è carino..il fiocchetto. L'ho messo apposta per farlo sembrare più costoso». Otis annuì un po' stupidamente, affondando le mani nelle tasche. Il fiocchetto. Che cazzo di complimento è “bel fiocchetto”. Bah. Solo che non sapendo esattamente dove avesse sbagliato, riuscire a risalire a quale fosse il comportamento riparatorio giusto per qualunque fosse stato il suo errore era particolarmente difficile. Forse non le aveva fatto un complimento che lei invece si aspettava? Magari la sera del ballo avrebbe dovuto apprezzare di più il suo travestimento? Ma come avrebbe fatto, di fronte a Raiden? Non avrebbe mai voluto rischiare di infastidirlo o di dargli idee sbagliate sulle proprie intenzioni... «Comunque io sono una persona per bene, eh! Non ti faccio spendere per poi lasciarti a stomaco vuoto. Ma per chi mi hai preso, scusa...» Otis sollevò il capo chino, intento a fissarsi la punta delle scarpe muoversi a ogni passo che marciava accanto alla sua amica d'infanzia, e la guardò senza dire una parola, avendo la sensazione di dover pensare con ancor più attenzione del solito prima di parlare in quel frangente. A che cosa si sta riferendo? Non posso chiederlo. Prima regola: non si chiede in nessun caso ad una ragazza su cosa si basi la propria irritazione. Doveva arrivarci da solo, quindi, ma come aveva fatto Mia a raggiungere la conclusione che Otis pensasse che non fosse una persona per bene e che l'avrebbe lasciato digiuno? Cosa del proprio comportamento aveva dato quell'impressione? Avrebbe potuto pensarci per ore, così tacque, continuò ad annuire come un babbeo, a fare risatine accondiscendenti, come si fa quando esci con una ragazza che ce l'ha con te o con un bullo che potrebbe menarti da un momento all'altro: sorridi e annuisci. E invece. «Ma cosa dici Otis! Guarda che non devi inventarti scuse idiote. Potresti anche semplicemente dire scusa Mia, ho fatto una cazzata.» «No ma io ho SICURAMENTE fatto una cazzata, io di questo sono perfettamente consapevole» provò, arrestandosi qualche secondo dopo di lei e voltandosi a guardarla. Anche quel tentativo però fu un buco nell'acqua, perché Mia roteò gli occhi al cielo e riprese la propria marcia, mentre lui la guardava sfrecciare via e continuare a parlottare. «Raiden.. geloso! Ma quando mai, dai» «No ma sicuramente avrò sbagliato a capire io...» fece correndole dietro, per raggiungerla, mentre lei faceva oscillare il cestino così energicamente che Otis temette potesse partirle di mano. Pensa, pensa, pensa, che cazzata hai fatto, O'? «È vero, me l'ha chiesto lui di partecipare...» bisbigliò dopo qualche secondo di silenzio, mentre lei ispezionava con attenzione l'enorme spazio verde che li circondava, alla ricerca di un posto dove accomodarsi, senza sembrare prestargli particolare attenzione. Mentre lei sistemava tutto se ne stava lì impalato ad setacciare ogni sua microespressione alla ricerca di indizi. «Però volevo anche poterti parlare un po'...» «Da dove vuoi cominciare? Ho portato degli hamburger fatti in casa e patate ripiene con formaggio e pancetta. Poi ci sono vari antipastini, la torta di mele e birra. E sidro di mele.. e acqua..» Otis sospirò, capendo che a Mia cosa avesse o non avesse detto Raiden non interessasse davvero, e che quindi il punto sicuramente fosse un altro, e doveva lasciar perdere. Così si mise a sedere di fronte a lei, ma non troppo vicino per non arrecarle disturbo, cercando di causare quante meno pieghe possibile alla tovaglia stesa sul suolo e di non far cadere niente, i fasci muscolari in questa manovra tesi come corde di violino. Non sapeva se fosse opportuno cominciare a mangiare, se Mia avrebbe voluto continuare a parlarne, per cui si limitò a fissarsi le mani, poi lei, ma non troppo a lungo sennò si secca perché la fisso, poi di nuovo le mani, il cibo che aveva un aspetto estremamente invitante. Alla fine, per tenersi impegnato, versò ad entrambi del sidro di mele, e tenne il proprio bicchiere con due mani, gli enormi occhi azzurri spalancati come quelli di un animale in autostrada. Fighting for his life. «Quindi fammi capire –» Okay, non è chiusa la questione «A parole tue – mi stai dicendo che Raiden ti ha chiesto di comprare il mio c
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    estino perché non voleva che pranzassi con una persona a caso?»
    Quale cazzo è la risposta giusta? Temporeggiò, prendendo un altro sorso di sidro con una lentezza che sarebbe stata comica se il momento non fosse stato drammatico. «S....sì?» La risposta vera sarebbe stata: preferiva che fossi io invece di quel collega viscidone che ci sta provando evidentemente con lei da mesi, ma preso dal panico aveva pensato che una risposta breve e diretta fosse la meno irritante. Non voleva irritarla con tante parole. «Quindi non sei qui per scusarti?» Cazzo. «Io?» Deglutì rumorosamente, battendo le palpebre per qualche secondo. «Io, sì, sì, sono anche qui perché vorrei... Diciamo riparare...» Mia scuoteva la testa. Stava andando malissimo. «Beh certo che ci vuole una gran bella faccia tosta a dire senza dirlo che non devo pranzare con gli altri quando ha una migliore-amica-sorella che marca il territorio come se fosse la sua promessa sposa da prima che fossero nati. E poi le trova pure scuse, capito? La prossima settimana viene qui e io dovrò pure fare finta che mi va giù.» Una parte di lui fu avvolta da un caldo sollievo nel capire che quella disapprovazione fosse rivolta a qualcun altro che non fosse lui; un'altra, però, temette di aver messo nei casini Raiden, con quella rivelazione. Si grattò una guancia, allungandosi con fare nonchalant verso uno degli hamburger che Mia aveva preparato con tanta cura. Pensando a cosa risponderle realizzò che non ricordava una volta in cui si era sentito tanto in difficoltà in vita sua. Aveva sicuramente pensato che la richiesta di Raiden fosse un tantino al limitare dell'accettabilità in fatto di possessività in una relazione, ma chi era lui per giudicare o per provare a capire dinamiche di coppia che conosceva soltanto in teoria? E ancor di più per giudicare una coppia come la loro? «Ma poi perché ne sto parlando con te! Tu sei un altro cafone. Era ovvio che vi sareste coalizzati contro di me. Mangiamo va. Oggi è tutto per i gattini.» «Ma mi puoi dire che ho fatto?????» Sbottò Otis, il boccone addentato che ancora era intento a masticare. «Io non sono bravo con queste cose, potrei aver sbagliato un milione di cose senza rendermene conto e non ci sarebbe modo di arrivare ad una conclusione, potrei pensarci per anni!!!! È perché non sono riuscito a trovare quella tipa che disegnava Raiden nudo? O forse perché ho detto quella cosa che i giapponesi sono strani verso gli americani... Forse sono stato offensivo...» Cambiò posizione, sedendosi sulle ginocchia. «Mi sono riletto le conversazioni e non ho capito che cosa ho fatto!!! È perché non riesco a chiamare Raiden “Raiden” e lo chiamo ancora prof Yagami?? Sto imparando a non farlo!!» Sembrava disperato, e lo era davvero, perché niente lo frustrava come chi non comunicava chiaramente con lui. Per questo con Ronnie si trovavano così bene: lui faceva una cagata, lei gli allungava una sberla. Semplice e inequivocabile. «Potrebbero essere altre 3000 cose, sbaglio di continuo, dimmi che che ho fatto così capisco» si strinse nelle spalle, più calmo. Addentò nuovamente l'hamburger, finalmente più leggero. «Che buono...»
     
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