Whatever will be, will be

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    Vivienne Montclaire era una lontana parente di sua madre. Anche Gillian era nata Montclaire, ma ciò non significava che essere affidata a lei facesse alcuna differenza quando si trattava di seguire gli ordini. Semmai, la questione la metteva ulteriormente in ansia. « Rilassati », aveva detto Gabe, suo fratello maggiore con la sua solita noncuranza. « Devi solo tenere un po' la testa china, Speedy. Vedrai che passerà e tornerai in pista. » Ma Mia non era altrettanto certa di ciò. Conclusasi l'emergenza in Giappone e il suo periodo di pausa dovuto alla gravidanza, lo statuto di Mia era tornato pressoché al punto di partenza. Nessuno si era scordato delle questioni rimaste in sospeso sul suo conto, tanto meno si erano dimenticati del fatto che fosse poco incline a seguire gli ordini o a stare al proprio posto. E così, era letteralmente finita in mirino al pari delle Reclute. Presentatasi quindi al Polis, dove i compiti della giornata venivano assegnati ai più giovani, in attesa che venissero lentamente inseriti nelle questioni più sensibili, con conseguente ammissione nei vari punti strategici in cui il corpo di sicurezza del nuovo stato si riunivano, la giovane Yagami non poté fare a meno di sentirsi un pesce fuor d'acqua. « Devono essere veramente disperati. » Commenta sotto voce Darren Jacobs, un ex recluta del primo anno del Corso Auror, che osserva Mia con un'espressione divertita. A Mia non sfuggì certo quel commento, non a caso inclinò la testa di lato sollevando un sopracciglio. « Per me l'ha raccomandata Yagami. » Ah ma quindi è proprio come il primo giorno di scuola. No. Non mi lascerò toccare dalla questione. Non m'interessa. E infatti, poco dopo Vivienne Montclaire entrò nell'ampia stanza iniziando a impartire i compiti della giornata. Per lo più si trattava di compiti abbastanza noiosi. Supportare lavori piuttosto standard, dare una mano in diverse aree del villaggio, aiutare e supportare la costruzione delle nuove aree abitate che stavano sorgendo nelle varie aree delle Highlands e al massimo piccole verifiche di qua e di là. Le reclute dovevano insomma imparare in primis ad accettare lo spirito di Inverness, che era fatto di tanto duro lavoro e dello sviluppo di un senso di comunità e solidarietà rispetto agli altri abitanti che gli abitanti dello stato inglese non avevano. A giudicare dal modo in cui si comportano, questi coglioni ne hanno veramente tanto bisogno. Dopo tutti questi mesi hanno ancora voglia di sparlottare e confabulare. D'altronde tutto il mondo è paese e Mia in primis non si aspettava certo un cambiamento totale di prospettiva in poco tempo. Molti di quei ragazzi erano lì perchè non sapevano dove altro andare, perché forse so sentivano più al sicuro tra quelle mura oppure più banalmente si fidavano ancora meno dello stato inglese. Insomma, per molto la motivazione della scelta era ancora piuttosto debole, ma è abbastanza affinché si trovino qui. E in fondo, Mia, quei ragazzi poteva solo guardarli con tenerezza. Applicate la vostra vecchia mentalità a qualcosa che non conoscete e non volete nemmeno comprendere. Questa è forse la cosa più grave. D'altronde, in circostanze differenti, Mia in primis sarebbe stata molto più in alto di grado rispetto a loro. Accadeva così con le sue storiche amiche, Stacey e Meredith e tanti altri suoi conoscenti, che avevano già la possibilità di fare ronde sulle mura, accompagnare i superiori in zone esterne a quelle abitate e pattugliare sul confine o nelle zone franche. Per Mia quel compito era una punizione, un modo per domare il suo spirito ribelle, una maniera di insegnarle a stare alle regole. Lo accettava, e sapeva che in fondo avesse bisogno di riconquistarsi la fiducia dei suoi compagni stando al gioco. « Yagami, sei con Kane allo studentato. Prendete Grifondoro e Corvonero. » Lo studentato. Uno di quei posti che Mia aveva sempre idealizzato. Prima di incontrare il marito aveva sempre pensato che la sua vita si sarebbe svolta tra quei corridoi, tra sbronze e fugaci flirt inconcludenti. Il destino le aveva riservato altro, e nonostante fosse più che felice e appagata dalla sua attuale vita, non poteva fare a meno di chiedersi come sarebbe stato se avesse avuto modo di vivere anche solo per un po' quella vita. Poco male. È durata poco per tutti. E a dirla tutta, quell'idillio che tanto sembrava bramare non esisteva davvero. Chiunque vivesse tra quelle mura di lamentava di continuo, tant'è che le sue amiche in primis avevano piuttosto deciso di vivere altrove, affittando un appartamentino nel villaggio. Il sogno dello studentato appariva così poco più che un'idealizzazione infantile, che probabilmente si sarebbe interrotta rovinosamente non appena avrebbe messo piede nella sua stanza. Mancanza di acqua calda, macchinette sempre rotte, mancanza di privacy e un infinito giro di vicini rompiballe che le avrebbero impedito di fare ciò che le pareva. D'altronde, gli spazi condivisi, per quanto ideali alla socialità avevano il difetto di essere appunto condivisi, e quindi di conseguenza non propri. Volse lo sguardo alla collega, con cui si era data appuntamento poco prima di cena nella piazza principale di fronte agli studentati, prima di controllare l'ora sull'orologio da polso. Il primo turno si sarebbe concluso poco dopo la mezzanotte, tempo in cui le due, assieme alle altre due reclute, avrebbero dovuto girarsi gli studentati sorvegliando i corridoi per assicurarsi che tutto filasse liscio tanto all'esterno quanto all'interno degli edifici. In verità, quello, per quanto apparentemente più avvincente rispetto ad altri compiti assegnati, era un lavoro altrettanto noioso. In attesa delle costruzioni dei nuovi quartieri abitati, gli studentati si erano popolati di molte famiglie in attesa di collocazione. Gli studenti ancora fissi nei complessi erano pochi, e per lo più tendevano a farsi gli affari loro. Mia sospirò osservando l'entrata dello studentato Grifondoro, sorridendo appena. Ha perso il conto delle volte in cui è sgattaiolata all'interno attraverso una un po' cigolante presente lungo le scale antincendio del terzo piano. Da lì saliva velocemente le scale fino al quarto e bussava alla porta della stanza di Raiden. Tempi decisamente più semplici, in cui i due pensavano che una volta conclusosi l'anno scolastico, avrebbero finalmente potuto realizzare tutti i loro sogni: vivere insieme, viaggiare e inseguire tante avventure. Non è proprio andata così. Almeno in parte. Al suo interno, l'edificio Grifondoro, tinto dei tipici colori di Godric, appariva più silenzioso e tranquillo che mai. Un tempo i divanetti nell'atrio erano pieni zeppi di ragazzi intenti a giocare a carte fino a notte fonda; lì trovava i suoi amici, pronti a perdere tempo a discapito della loro media. Sotto le luci soffuse della sera, quel posto appariva ora semi-deserto, se non si contava qualche famigliola che lasciava correre i figli nell'atrio per permettere loro di sfruttare ancora per un po' gli ampi spazi, prima di chiudere nelle piccole camere singole o doppie ai piani superiori.
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    « Non è più la stessa cosa.. » Commentò di colpo un po' sorpresa mentre iniziava a salire le scale verso i piani superiori. Dovevano controllare il tetto e assicurarsi che quest'ultimo fosse vuoto, prima di chiudere le porte che ne permettevano l'accesso. Ultimamente d'altronde, i lycan avevano cominciato ad essere più attenti su determinate questioni. « Ci hai mai vissuto? Dico negli studentati.. » Quella curiosità l'assalì di colpo. Forse in fondo voleva sentirsi ricordare quanto facesse schifo quella vita, per valorizzare ulteriormente ciò che avevano. In fondo, Mia non avrebbe scambiato per nulla al mondo ciò che avevano, però, mi piace comunque pensare che la gente qui dentro ha fatto casino finché ha potuto. E lo facevano ancora - casino. Di questo era certa. Spesso, i ragazzi che vivevano ancora tra quelle mura, tendevano ad alzare il gomito, disturbando le famiglie e continuando a fare esattamente ciò che facevano ancora prima - casino appunto. « Com'è? O com'era se ci vivevi prima.. » Continuò, senza darle il tempo rispondere alla sua prima domanda. « Alla fine dell'anno scorso io avevo fatto già richiesta per la stanza, sai.. nel caso in cui mi fossi diplomata. » Cosa che non era affatto scontata all'inizio dell'anno. « Però alla fine ho dovuto rinunciarci. È andata diversamente. » Si stringe nelle spalle sorridendo, mentre passa la terza rampa di scale, guardando di tanto in tanto fuori dalle finestre, per osservare la situazione fuori nella piazza dello studentato. Solo pochi gruppi di ragazzi con qualche birra in mano, per lo più tranquilli. Di scatto rallentò il passo affiancandola. In fondo, se avrebbero dovuto passare le prossime ore insieme, tanto valeva fare conversazione. Chissà quante altre volte ci troveremo a fare queste cose pallose insieme. « Ti trovi bene? Intendo qui.. ti sei ambientata? » Conosceva Zelda Kane; più di nome che di fatto. Nonostante fossero dello stesso anno, non avevano mai frequentato propriamente le stesse compagnie. Sapeva avessero qualche amico in comune, però nonostante questo non avevano mai effettivamente approfondito. « Mi è giunta voce su quello che è successo a Tux.. vagamente in realtà.. molto vagamente - so che siete molto amici.. uhm.. sinceramente in quest'ultimo periodo sono stata abbastanza occupata, quindi in realtà è una cosa che mi è giunta abbastanza en passant. » Un eufemismo. Cioè lo so che forse avrei dovuto preoccuparmi di un amico in difficoltà, però onestamente non ne ho avuto la testa. E poi, è andata alla stessa maniera per entrambi. Pacifico. In questo casino non è che mi aspettassi molto. « Lui come se la passa? È ancora qui, oppure ha deciso di andarsene? »


     
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    Un fogliettino prende a svolazzarle intorno, facendole quasi perdere l'equilibrio e costringendola ad aggrapparsi allo scaffale che ha di fronte per non cadere dalla scaletta sulla quale è salita. « Ma che cazzo, mà! » Perché quello è il metodo di comunicazione preferito di Andromache Kane, lei e i suoi strambi post-it animati che ti volano attorno come delle farfalle. Non ha voglia di leggere cosa ha di così importante da dirle sua madre, soprattutto non mentre sta lavorando. Anche perché già mi immagino la levatura del messaggio. Eppure scende dalla scala e apre il bigliettino, roteando immediatamente gli occhi ambrati al cielo. Sul fogliettino è disegnata l'insegna del Polis, con più di cinque frecce che si muovono imbizzarrite, pronte a puntarla con fare frettoloso. Tre semplici parole a concludere l'inequivocabile messaggio. "Muovi il culo!" Sbuffa, tanto che la sente persino la signora Moore dal retrobottega. « Ma tu cosa ci fai ancora qui? Non è l'ora di andare Polis? » Cielo quanto mi manca Roxanne e il suo farsi i cazzi propri. « Non c'è tutta questa fretta. Già me la immagino l'entusiasmante quest di oggi: fare da baby sitter al cane di Esposito. » Clarissa Moore sbuffa fuori una risata e fa il giro del bancone per portarle lo zainetto. « Sarebbe così un male? E' un così bel signorino » dice mentre la costringe ad indossare le bretelle, come una nonnina che veste la proprio nipote. « Parlavi ovviamente del cane, no? » Zelda incontra gli occhi della donna, rimanendo seria giusto qualche secondo prima di scoppiare a ridere insieme a lei. « Okay, okay, ho capito che non gradisci più la mia compagnia. Me ne vado, va bene. » Alza le mani nella sua direzione prima di salutarla con il dire che si sarebbero viste l'indomani, in quella routine che, francamente, cominciava a starle stretta. Lavoro-Polis-mansione della giornata-lezioni-studentato-sonno. A volte con un ordine differente ma il succo non cambiava lo stesso. Come al solito, una volta varcata la soglia del Centro, si mette in fondo, ricambiando le occhiate di quei due cretini che ancora la guardano male con una faccia da culo epocale per poi alienarsi fin quando non sentirà il proprio nome seguito dall'ennesimo compito basilare, che pure un ragazzino al primo anno di Hogwarts probabilmente avrebbe svolto in totale autonomia. Ma in fondo mi va pure bene, tanto se rimangono così le cose, il massimo d'aspirazione sarà rimanere una commessa a vita. Il suo futuro non è mai stato così nero e buio ai suoi occhi. « Yagami, sei con Kane allo studentato. Prendete Grifondoro e Corvonero. » La sua attenzione viene risvegliata dalla voce e si ritrova a strabuzzare gli occhi mentre si guarda intorno, fino ad incontrare gli occhi chiari della Serpeverde. Abbozza un sorriso prima di essere colta da un'epifania: per una volta aveva ottenuto un lavoro diverso dai soliti. E che è successo? Si domanda lì per lì e la risposta la ottiene non appena si ritrova, dopo qualche ora, a fianco della mora, pronte a cominciare il loro turno. E' successo che gli Studentati hanno perso l'appeal che avevano gli anni precedenti, quello di Grifondoro sopra tutti. Avendolo vissuto a pieno nei mesi precedenti, stenta a riconoscerlo, ormai abitato più da famiglie che dai cazzari festaioli come lei e Tony. Si riconoscevano con un'occhiata, quando scendevano nell'atrio la sera. Bastava quella per capire che quella sera il festino si sarebbe tenuto nella camera di Tizio e Caio. "E mi raccomando: portate fegati pronti ad essere sfasciati!" Il tutto con una semplice occhiata. E ora, su quegli stessi divanetti dove Zelda ha stravinto ad una partita di poker solo qualche mese prima contro Connor Barristan, siede Annalise, la sua nuova vicina di camera. Poco distante sgambetta felice Ambrosia, la bimba di tre anni che una notte sì e l'altra pure decide di provare le proprie doti canore, facendo quasi vibrare le sottili mura che dividono le due camere. Più di una volta si è detta che forse tornare a vivere nel furgoncino insieme a sua madre non è poi una così brutta idea. Sorride ad entrambe, mandando appena all'infuori il petto, in un gesto vanesio che potesse conferirle un po' di autorità ai loro occhi. Siamo le fottute guardiane del faro, stanotte. Un faro deserto ma pur sempre un faro. « Non è più la stessa cosa..Ci hai mai vissuto? Dico negli studentati..Com'è? O com'era se ci vivevi prima..Alla fine dell'anno scorso io avevo fatto già richiesta per la stanza, sai.. nel caso in cui mi fossi diplomata. » Si ritrova con gli angoli delle labbra rivolti verso l'alto. Lei la richiesta l'ha fatta direttamente dopo il diploma per essere sicura, riuscendo ad accaparrarsi probabilmente l'ultimo posto disponibile. « Però alla fine ho dovuto rinunciarci. È andata diversamente. » Gli angoli delle labbra si tirano e ricadono naturalmente verso il basso. Mia la conosce più per cose sentite dire che per effettiva conoscenza, ma può intuire cos'è che sia andato diversamente nell'ultimo periodo. Quello che poteva accadere anche a te. Un ronzio stridulo la colpisce in piena faccia mentre tenta di concentrarsi su una risposta quanto più repentina per non rimanersene lì, a fare la figura dell'idiota. Tu hai avuto un bambino da poco, alla mia stessa età. Come hai fatto? Come fai tuttora? Il tarlo rimane lì, a scavarle in testa mentre guarda lungo il corridoio del terzo piano. Silenzio raggelante. Un brivido le percorre sinistramente la schiena. « Ci abitavo e ci abito ancora. » E non so chi me lo fa fare più, onesta. Ah sì, è gratis, giusto. « E' come quando conosci una persona, pensi di sapere ogni cosa di lei e poi di colpo cambia, lasciandoti lì, spaesata, a cercare di capire cosa e come sia successo. E' strano non avere più come vicino di stanza Thomas Carter che aveva la scorta più fornita di alcol di tutto il campus. Al suo posto ora c'è una nanetta che fa le prove per iscriversi allo "Zellino d'Oro" ogni notte. Il mio gatto, in tutta risposta, ci dà dentro con i miagolii. Potrebbero formare un gruppo sinfonico, ora che ci penso, di certo la miglior attrazione su piazza qui a Grifondoro, ora come ora. » Le lancia un'occhiata mentre continuano a salire le scale, con la bacchetta alla mano pronta per essere utilizzata alla minima occorrenza. « E' che mi manca un po' la vecchia atmosfera, quella che mi faceva prendere a bene questo posto, nonostante le docce congelate, gli spifferi della finestra e le mura tra stanza e stanza davvero troppo sottili. Lo so che è tutto cambiato, che dovremmo essere grandi, affrontare le responsabilità e i doveri che ci sono capitati tra capo e collo perché il peggio deve ancora venire ma..-» si stringe appena nelle spalle, domandandosi se sia il caso di concludere quella frase, proprio con lei, con le parole che ha in mente «- ci sono delle volte che mi chiedo se qualcuno ci ridarà mai davvero questi anni. Prima il Lockdown, poi l'Upside Down, ora questo. Verremo mai rimborsati un giorno? Ci verrà permesso di avere diciotto anni prima o poi? » E se sì quando? Quando avremo trent'anni e il bello di quest'età non la vivremo più con gli stessi occhi? Quel pensiero la turba ogni volta che ci pensa, è un qualcosa di talmente più grande di lei da farle paura. Una paura che una Grifondoro probabilmente non dovrebbe avere ma che una ragazzina di certo non si sente di escludere, soprattutto se non si sente abbastanza grande, non tanto quanto la situazione le sta richiedendo. « Non so, ci sono delle volte in cui vengo a sapere di un festino in quella o l'altra casetta fuori dal campus, di una partita di poker magico al piano di sotto e mi ci fiondo di corsa perché ho bisogno di un po' di normalità, della mia vecchia vita. Magari il giorno dopo mi sento in colpa, quando devo prendere la Tiramisù per farmi passare il mal di testa, ma sul momento..è perfetto. » Non appena richiude le labbra si sente stupida. Non solo perché Mia è una lycan ma per come potrebbe essere interpretato il suo discorso. « Scusami, non ha molto senso parlarne. » E' una cosa stupida. « Ti trovi bene? Intendo qui.. ti sei ambientata? » Zelda cerca di decifrare le intenzioni di Mia attraverso i suoi occhi. E' curiosità o solo bisogno di spezzare il silenzio imbarazzante con un po' di conversazione spicciola? Se è la seconda la risposta corretta, non posso darti tutti i torti. Lei per prima, se Mia non avesse parlato, avrebbe dato sfogo a tutta la sua logorrea per riempire il vuoto. « Vuoi la verità? » Le chiede allora, con un cipiglio divertito ad incresparle i lineamenti. « Faccio il mio, o perlomeno cerco di farlo, come posso. Vado a lezione, continuo ad andare al Polis tutti i giorni per raccogliere le mansioni e lavoro. Ma se ti devo dire che mi trovo a mio agio veramente..non ne sono sicura. A volte sì, a volte mi sento un pesce fuor d'acqua. » Il più delle volte mi sento che tutto ciò che sto facendo sia completamente inutile nel quadro generale. « Ma magari è un sentimento comune e ci va fatta giusto l'abitudine? » Le lancia un'occhiata di sottecchi con fare allusorio. « Non penso potrò mai capire com'è veramente essere legati nel profondo, da un legame tangibile, con qualcuno..» prosegue senza ben sapere dove vuole arrivare. « Ma come ti trovi te, con la tua nuova vita e questa situazione? » Il mio discorso sul voler avere indietro i diciotto anni, prima o poi, vale anche per te? E se sì, è amplificato avendo pure un bimbo che dipende totalmente da te? « Se è troppo personale, non rispondere. Sono io che straparlo a vanvera. » Si ritrova a dire poi, dopo essersi interrogata su quanto fosse appropriata una simile domanda ad una persona che è poco più di una conoscente. Ma in fondo l'essere fuori luogo è un marchio registrato Zelda Kane. « Mi è giunta voce su quello che è successo a Tux.. vagamente in realtà.. molto vagamente - so che siete molto amici.. uhm.. sinceramente in quest'ultimo periodo sono stata abbastanza occupata, quindi in realtà è una cosa che mi è giunta abbastanza en passant. Lui come se la passa? È ancora qui, oppure ha deciso di andarsene? » Come hai fatto a sapere di Tux? Si ritrova a pensare, strabuzzando appena gli occhi, leggermente allarmata. Lei ha cercato in tutti i modi di proteggere la sua privacy, non raccontando a nessuno, al di fuori della madre per questioni di forza maggiore, quanto accaduto al migliore amico. Ma lei intende cosa gli è accaduto al campus. L'avrà saputo dagli altri Ribelli. Non sa niente della droga. E' solo quando connette un attimo il cervello che fa due più due e si tranquillizza. « E' ancora qui.. cioè è tornato dopo. » Si corregge subito e fa per aggiungere altro quando arrivano al pianerottolo dell'ultimo piano e si accorge che non sono più avvolte dal silenzio. No, c'è del rumore di fondo, schiamazzi soffocati dalla porta antipanico che hanno di fronte. Zelda lancia un'occhiata a Mia con fare interrogativo, mentre stringe la presa intorno alla bacchetta, lasciandola però scivolare lungo il fianco. Non mi pare una grande idea puntarla subito contro a chiunque mi ritroverò di fronte, specialmente perché saranno ragazzi della nostra età quasi per certo. E mentre pensa, allunga semplicemente la mano per
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    aprire la porta. « Yoh zio, non vale fermarsi in mezzo, lo sai. Claire, portagli la bottiglia. » Lo spettacolo che si trovano di fronte non viene decifrato subito dalla bionda. La cosa evidente è che c'è un ragazzo che cammina sul cornicione. Lo stesso ragazzo a cui Claire Bishop sta portando una bottiglia di..Incendiario? Azzarda che stiano giocando, ad una specie di roulette russa dove ognuno di loro sale sul cornicione e lo attraversa da angolo ad angolo. Se si ferma, deve bere. « We, signori, che succede qui? » Si introduce così, facendo un passo avanti per uscire dalla penombra. L'atmosfera sembra irrigidirsi all'istante, ma quando Claire capisce chi ha di fronte sorride a bocca piena. « Ragà tranquilli, è solo Zelda -» si sporge giusto un po' di lato per avere una visuale migliore «- e Mia Yagami. Che accoppiata strana ma ehi, siete le benvenute. » Zelda riconosce all'istante anche il ragazzo che sta ciondolando sopra il cornicione: Chuck Jones. « Chuckie saresti così gentile da scendere da lì sopra? » Lui la guarda e scoppia a ridere, facendo un passo all'indietro che fa spaventare a morte la bionda che se lo vede già spiaccicato sull'asfalto di fronte all'entrata. « E perdere i 100 galeoni in palio? Me li dai tu se scendo? » Se ciao, non c'ho i soldi neanche per piangere, cercati un altro bancomat bello. « Se non scendi subito, ti do un bel pugno. Vale lo stesso? » Sorride, a trentadue denti, denti che scintillano sotto i lampioncini che percorrono l'intero perimetro del tetto e permettono perlomeno un po' di visuale. « Mi sa di no, tu che dici Jack? » Jack NonsochitusiamadisicurononseiunGrifondoro la fissa per qualche istante e scrolla la testa. « No, mi dispiace dolcezza. Claire, forza che sennò ci si fa mattina. » Neanche guarda la moretta mentre le parla e la cosa fa storcere il naso a Zelda che già sente le mani cominciarle effettivamente a prudere. Claire sguscia fino al cornicione e passa la bottiglia al deficiente che sta per bere se non fosse che Zelda urla. « No, fermo! » Salta in avanti nella sua direzione. « Da quand'è che sei diventata così rompicoglioni? Si fa per divertirci, altrimenti è tutto così noioso ultimamente. Una volta avresti giocato con noi. » E hai ragione. Se non fosse di guardia, sopra 100 galeoni non ci sputerebbe sicuramente sopra. Ma quel gioco è diverso. « Non è un gioco, è una stronzata che finisce ora! » E' quando punta la bacchetta verso Chuck, per costringerlo a scendere magicamente, che il fantomatico Jack le si para davanti. Che faccia da cazzo, ora ti butto giù tutti i denti. « Il gioco finisce quando lo decide il suo creatore. Che sarei io. » « Bella creazione di merda. » Lui ride, lei carica il pugno. « Okay, okay, facciamo così: Chuck scende. » E già si comincia a ragionare. Fa un passo indietro, osservando Mia con la coda dell'occhio. « Tu e la signora Yagami eravate due animali da festa. Ce lo ricordiamo tutti, vero signori? » Gli altri schiamazzano in coro mentre gli occhi di Jack passano da lei a Mia, lentamente. « Vi ubriacavate, scopavate, vi piaceva giocare..non vi mancano un po' queste versioni di voi? » Che siano vere o false le affermazioni di Jack a Zelda non importa perché ha disconnesso nuovamente il cervello per via del prurito alla mano destra. « Vi aiuto io a riconnettervi con voi stesse. Jack scende se entrambe giocherete al suo posto. » Scocca un'occhiata d'intesa ad entrambe mentre la bionda sgrana gli occhi. « 50 galeoni a testa. Mi ringrazierete dopo, se tutto va bene. »
     
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    Ascoltare i racconti di Zelda la fece sorridere; riusciva a immaginare quell'atmosfera vissuta in prima persona. Un caos continuo da cui non ne esci mai davvero e dai cui in fin dei conti non vuoi neanche uscire. Gli studentati l'avevano sempre affascinata, sin da quando, ancora studentessa sgattaiolava fuori dalla sua stanza di notte per andare a trovare i suoi amici più grandi, e poi, più tardi per incontrare Raiden. Erano mesi di spensieratezza, in cui pur essendo già la signora Yagami, Mia si sentiva più bambina che mai. Non una sola responsabilità per la testa, la completa inconsapevolezza di essere sull'orlo di sostenere i MAGO e tanta voglia di fare casino. Ne aveva tutt'ora tanta voglia - di fare casino. Aveva come l'impressione che lì fuori ci fosse tutto un mondo da esplorare, cose da provare, persone da incontrare. Solo che non si vedeva più da sola, e seppur quella non fosse effettivamente un problema, ma un valore aggiunto - ogni tanto si chiedeva se le sarebbe mai più stato possibile fare casino esattamente come lei lo immaginava. In realtà, probabilmente idealizzava un po' troppo quell'esperienza. L'acqua fredda, l'assenza di carta igienica, le file in lavanderia e il latte scaduto nei frigoriferi comuni, non le erano mai piaciuti neanche quando effettivamente aveva modo di viverseli. Forse era semplicemente l'idea romantica e fanciullesca ad attirarla, ma non la vera e propria esperienza. « [...] Prima il Lockdown, poi l'Upside Down, ora questo. Verremo mai rimborsati un giorno? Ci verrà permesso di avere diciotto anni prima o poi? » Corrugò appena la fronte, Mia, osservando la bionda con un'espressione apertamente dispiaciuta. Io non ci penso più di tanto. Forse nell'ultimo anno non ho proprio avuto il tempo di farlo. Non lo so. Queste domande non me le sono mai poste. E se lo aveva fatto, aveva capito abbastanza in fretta, che stare a piangersi addosso non sarebbe servito a nulla. In realtà no.. è successo. Mi sono chiesta se riavrò mai i miei quindici anni. Le prime uscite. I primi veri flirt. Mi sono chiesta se verrò mai invitata al ballo di Natale, se potrò mai fare le selezioni per la squadra di Quidditch. Mia è stata arrabbiata per un sacco di tempo. Ha tentato di evitarlo, di non pensarci, ma quelle domande dominavano ancora l'animo di lei. « Vuoi la verità? Faccio il mio, o perlomeno cerco di farlo, come posso. Vado a lezione, continuo ad andare al Polis tutti i giorni per raccogliere le mansioni e lavoro. Ma se ti devo dire che mi trovo a mio agio veramente..non ne sono sicura. A volte sì, a volte mi sento un pesce fuor d'acqua. Ma magari è un sentimento comune e ci va fatta giusto l'abitudine? » Istintivamente si strinse nelle spalle. « Non sono la persona adatta per rispondere a questa domanda. Sono la scappata di casa che è svanita nel nulla per un anno. » Una storia che per i più era ancora un'incognita. Era questa la ragione per cui in fondo, Mia era sempre stata un pesce fuor d'acqua, al punto da non riuscire mai a legare con i suoi compagni o essere effettivamente parte del gruppo. Conosceva la stessa Zelda semplicemente perché avevano condiviso gli stessi spazi al catello, ma non poteva dire di sapere molto sul suo conto, così come non sapeva molto sul conto della maggior parte dei suoi compagni. Non aveva mai tentato di avvicinarsi, forse perché aveva paura di cosa loro pensassero sul suo conto. Che voci erano circolate sul suo conto? Qualcuno ne aveva parlato? E se sì, cosa avevano pensato quando era tornata dal giorno alla notte? Si era tenuta ai margini, Mia, pur volendo trovarsi nel bel mezzo della festa e ora, se anche avesse voluto tornare indietro, era troppo tardi. « Non penso potrò mai capire com'è veramente essere legati nel profondo, da un legame tangibile, con qualcuno..» Oh. Stiamo parando lì. Capisco. Non a caso sorride e la osserva inclinando la testa di lato. « Lo capirai.. certe cose le capisci anche se non vuoi capirle. » Te lo dice un'esperta. Non a caso ridacchiò scuotendo la testa. « Ad un certo punto certe cose.. persone.. diventano semplicemente indispensabili e tu non puoi fare proprio nulla per scansarle. Anche se ti fai violenza psicologica pur di restare sulle tue. Fidati. » Prese a guardarsi attorno studiando i corridoi vuoti, con un'espressione un po' pensante. Aveva ragione, Zelda. Non era proprio la stessa cosa. « Ma come ti trovi te, con la tua nuova vita e questa situazione? Se è troppo personale, non rispondere. Sono io che straparlo a vanvera. » Effettivamente la domanda le giunse un po' strana, ma immaginava che a quel punto era una curiosità comune. In fondo, Mia non era propriamente il tipo di persona su cui si pensava potesse sposarsi e mettere su famiglia in tempi così brevi. E' una domanda a cui devo abituarmi. In fondo non c'è nulla di male. « In realtà non è cambiato poi molto, sai? Io.. continuo a guardare questo studentato e chiedermi come sarebbe stato se fossi venuta ad abitare nella stanza duecentoventi al secondo piano nello studentato Serpeverde, ma la verità è che.. non mi sento così tanto diversa. Le crisi esistono da molto prima che arrivassero a Hogsmeade. L'anno scorso a quest'ora il Giappone era già stato messo sotto sopra, ed io ero lì, l'anno prima altre cose ancora erano appena esplose, ed io ero lì. » Si stringe nelle spalle, con un velo quasi di indifferenza - non che le cose non le facciano più effetto.. è solo che immagino che dopo un po' ti abitui. « La mia nuova vita.. ha migliorato la mia vecchia - non sono se mi spiego. Ho una ragione per cui lottare. » Istintivamente ricerca lo sguardo della bionda e le sorride stringendosi nelle spalle. « Forse è proprio in questi momenti che abbiamo più bisogno di legami tangibili. » Alzò le mani divertita, scoppiando a ridere. « Oddio non dico che devi sposarti e fare un figlio eh! Non è neanche che deve trattasi di una persona con cui scopi.. però, se hai dei legami profondi, affronti queste cose in maniera diversa. Non sei più qui solo di passaggio. I posti diventano la tua casa, e le persone che li abitano sono la tua famiglia. Eeee qualche volta puoi anche avere diciotto anni, se trovi le compagnie giuste. » Pausa. « Dico così per dire - i lycan non sono così male. In verità, se smetti di vederli come un branco di selvaggi con la clava, potresti scoprire che hanno momenti in cui sono davvero divertenti. » Le rivolse un occhiolino fugace, ridacchiando immediatamente dopo con un filo di sbarazzina euforia. « E' il peso della responsabilità - tendiamo a cercare un sacco di modi per avere ancora diciotto anni, quando possiamo. Per bilanciare, sai. » Non era tutto rose e fiori, ma Mia era cresciuta con un branco di pazzi che si gettavano nelle cascate, facevano festa fino a tardi sparando alle lattine e guidando macchine con le bende sugli occhi. Anche tra la sua gente gli adolescenti erano adolescenti, e non smettevano di esserlo anche quando crescevano. E' così - chi è nato e cresciuto tra i cacciatori ha la responsabilità nel sangue, anche quando non vuole accettarla. Ma poi ha bisogno di scaricare. Ognuno lo fa a modo proprio. Abbiamo proprio tanto bisogno di sfogarci.
    Annuì di fronte alla breve risposta riguardo Tux. Forse non voleva parlarne, oppure, la stessa Zelda ne sapeva troppo poco, così continuarono il giro senza parlare poi molto, almeno finché i rumori provenienti dal tetto non la portarono ad assottigliare appena lo sguardo. « Ragà tranquilli, è solo Zelda - e Mia Yagami. Che accoppiata strana ma ehi, siete le benvenute. » Osservò l'intera scena un po' seccata sospirando profondamente. Non era questo il modo in cui avrebbe preferito passare il suo turno. Trattare con un branco di idioti ubriachi non era proprio il suo forte. E a dirla tutta non ho nemmeno poi tutta questa pazienza. « Chuckie saresti così gentile da scendere da lì sopra? » « E perdere i 100 galeoni in palio? Me li dai tu se scendo? » Soldi facili? E' questa la ragione per cui fate tutto questo. Allora non avete imparato proprio nulla. Ed effettivamente, Mia riusciva a rendersi conto di quale era il problema; potevano cambiare le cose al vertice, ma il mondo non cambiava. Quei ragazzi vivevano ancora secondo i loro vecchi codici. Non importava quanto tempo avrebbe passato tra i ribelli, probabilmente non avrebbe mai cambiato minimamente atteggiamento. Mia getta uno sguardo un po' esasperata in direzione di Zelda che ancora tenta di trattarci quando di colpo Mia batte le mani un po' pigramente, alzando gli occhi al cielo. « Su raga dai, è stato bello finché è durato. Andate a fare festa di sotto. Coso, dai su, scendi. » Il capoccia di quell'adunata di idiota tuttavia non ci sta, e tra una crisi in cui quasi ci scappa il morto e diversi ordini impartiti da Jack Nessuno, la situazione sembra sul punto di esplodere. « Okay, okay, facciamo così: Chuck scende. Tu e la signora Yagami eravate due animali da festa. Ce lo ricordiamo tutti, vero signori? Vi ubriacavate, scopavate, vi piaceva giocare..non vi mancano un po' queste versioni di voi? » « Ci conosciamo per caso? » Ce l'ha parato davanti, Mia, ma nonostante questo non sguaina la bacchetta; in verità incrocia le braccia al petto e lo osserva con un'espressione pensierosa. Sta cercando di ricollegare con precisione il suo volto a qualcosa che in quel momento le sfugge. « Vi aiuto io a riconnettervi con voi stesse. Jack scende se entrambe giocherete al suo posto. 50 galeoni a testa. Mi ringrazierete dopo, se tutto va bene. » Le ribolle il sangue nelle vene. Mia non è mai stata una tipa che sapesse controllare le sue pulsioni. Istintiva e poco razionale, non ha mai mostrato un briciolo di razionalità specialmente in situazioni in cui viene messa in prima persona. Per un istante assottiglia lo sguardo, volgendo lo sguardo a Zelda, come se fosse sul punto di dirle qualcosa. Sta iniziando a realizzare. In un lampo riesce a ricollegare dove nello specifico lo ha visto. Era poco prima dell'occupazione. Era uscita assieme alle altre e.. « Ah.. adesso ho capito.. » C'è una nota luciferina negli occhi caleidoscopici di lei che mutano colore sotto il peso del proprio rancore. Di colpo, mano alla cintura, lo afferra per i capelli obbligandolo a darle le spalle, mentre con un colpo allo stinco lo fa crollare sulle ginocchia mentre appoggia la lama di argento fredda contro la giugulare di Jack Nessuno. « Digli di scendere. » « No. » Si dimena sotto la stretta di Mia che gli blocca i polsi dietro la schiena mentre preme ulteriormente la lama contro il collo di lui. « Sai, dovrei premertela sui coglioni, Jack. Ti ricordi cosa hai fatto? » Getta uno sguardo veloce a Zelda facendole cenno di occuparsi degli altri. « Hai messo la mano sotto la gonna della mia amica, Jack. E cosa hai detto dopo? » C'è puro odio nel tono basso di lei, mentre gli sputa contro quelle parole colme di repulsione. « Ci stavamo divertendo, dolcezza. » Era stato quel dolcezza a tradirlo. Non a caso gli molla un gomito sulla nuca facendolo crollare come un sasso a faccia in giù. Non lo risparmia, e sembra anche parecchio disinteressata di fronte alla reazione che potrebbe ricevere dagli altri, Zelda inclusa. Se la paura è l'unica cosa che conoscete, allora forse è la paura a servirvi. « Vi comportate come se foste ostaggi e aveste bisogno di sfidare qualcuno. E per farlo fate i tirapiedi di questo.. complimenti! » Se uno di voi crepa qui, è responsabilità di chi non vi ha sorvegliati. Perché giustamente siete dei bambini. « Nessuno vi trattiene qui. Se non avete la più pallida idea del motivo per cui vi trovate a Hogsmeade e non avete rispetto per chi ora si trova qui, nessuno vi frena dal prendere la strada per Flindrikin e togliervi dal cazzo. Così siete inutili, e la gente inutile qui non ha posto. Ora toglietevi dai coglioni. » Sputa quelle sentenze spazientita, estraendo la bacchetta per iniziare a mettere apposto il casino che hanno combinato. Quando gli altri se ne vanno, Mia si ferma per un istante da quelle faccende assolutamente inutili. Le fa per riflesso, per tenersi impegnata, perché le tremano le mani al punto da aver paura di non riuscire a controllarsi. Lei, che nel regno dell'ignavia è vissuta per sin troppo tempo, non riesce più a sopportare l'idea che la sua gente venga mancata di rispetto costantemente. Di colpo abbandona la bottiglia mezza vuota a terra, mentre controlla che Jack Nessuno sia ancora privo di coscienza.
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    « Quando ci cazzieranno per questa cosa dirò a Vivienne che sono stata io, tranquilla. » Si strinse nelle spalle. « Non è questo il tipo di trattamento che vorrebbero. Ho sbagliato. Mi sa che sono un po' nei guai.. » Già. E' solo che a volte la gente mi fa proprio tanto incazzare. E forse sotto sotto anche loro, i nostri superiori, vorrebbero soltanto prenderli a pugni in faccia. Se lo facciamo noi, possono dire che siamo dei cavalli matti. Se lo fanno loro sono dispotici. Ma in fondo, tutti vorremmo comportarci alla stessa maniera con queste teste di minchia. Si sedette sul cornicione, guardando la piazza sottostante con uno sguardo pensieroso. Era tranquillo lì fuori. Molto più che in passato. Quella piazza un tempo ghermita di persona, ora è quasi deserta, un po' perché le persone sono molte meno, un po' perché nessuno può permettersi quel tipo di baccano. Non ora. Non finché in molti vedranno l'occupazione come una specie di lasciapassare contro qualunque regola. Per un po' non dice niente. Aspetta di calmarsi, aspetta che la situazione torni più o meno normale. L'ha spaventata? E' stato troppo drastica? Forse. « Tu perché sei rimasta, Zelda? » Glielo chiede con un tono estremamente tranquillo, pensieroso, forse un po' nostalgico. C'è della tristezza nel modo in cui glielo chiede. Forse perché in fondo anche a lei manca il prima. Ma il prima faceva del male alla mia gente. Hanno ragione. Ci hanno decimati, e nessuno ha detto niente. « Vale anche per te. » Ricercò lo sguardo della bionda inclinando appena la testa di lato. « Ho sentito molte storie su cosa accade a Hogsmeade - su cosa dicono. Ho visto cosa hanno fatto subito dopo l'occupazione. E allora perché restare? Per una stanza nello studentato? Gli amici.. l'aria pulita? » Sospirò osservandola con un'espressione un po' stanca, sorridendole tuttavia con un'aria rassicurante. Forse dopo aver fatto scappare un branco di idioti non sono più così rassicurante. « Tu hai capito perché sei rimasta, o sotto sotto sei come loro? » Di colpo alzò le mani a mo di arresa. « Non farò la spia. Figurati! Sono solo.. curiosa. Perché a volte mi pare che la gente abbia paura dei lycan.. li guarda con diffidenza. Hanno ancora più paura dei ribelli - sono dei terroristi. Io non ho una scelta. Sono la mia gente.. però.. mi chiedo, da fuori.. perché si sceglie di restare qui, se tutto sommato, non è un posto così bello? »



     
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    « Su raga dai, è stato bello finché è durato. Andate a fare festa di sotto. Coso, dai su, scendi. » L'esasperazione che trapela dalla voce di Mia si unisce allo sbuffo infastidito che fuoriesce dalle sue labbra. Scuote la testa, quando incontra il suo sguardo e rimane a fissarla non appena le dà le spalle, constatando che lei la bacchetta non ce l'ha a portata di mano. Fa per dire qualcosa ma il capo di quell'allegra combriccola si mette in mezzo, cominciando a blaterare a tutto spiano, arrivando a farle assottigliare lo sguardo per la rabbia che le scemenza che gli escono di bocca le provocano. Non si fa avanti quando Mia prende il controllo della situazione, con tanto di coltello puntata alla gola di lui. Si ritrova a deglutire però, fissando la scena dall'esterno, in trepidante attesa di sapere come si possa risolvere. Serve solo a mettergli paura..vero? « Digli di scendere. » « No. » Certo che non sei nemmeno furbo eh? « Sai, dovrei premertela sui coglioni, Jack. Ti ricordi cosa hai fatto? » La mora le fa cenno di agire ma lei è come ipnotizzata da quelle parole, tanto che esita qualche istante, aspettando il proseguimento. Cosa ha fatto questo deficiente? Vorrebbe chiederle tanto è la voglia di capire il perché di quel particolare accanimento contro le sue palle. « Hai messo la mano sotto la gonna della mia amica, Jack. E cosa hai detto dopo? » Arriccia le labbra d'istinto, il prurito alla mano destra si acuisce ed è allora che fa un passo indietro, come a voler mettere quanta più distanza da quello schifo, ritrovandosi il cornicione dietro di sé. Degna di un'ultima occhiata il quadretto composto da Mia e il coglione e si volta, con la completa attenzione rivolta a Chuckie. Alza un sopracciglio, piuttosto spazientita. « O scendi o lo faccio io per te. » Lui ridacchia, come l'ebete ubriaco che è. « Costringimi allora. » La bionda e il prurito della mano destra non se lo fanno ripetere due volte. La sinistra si allunga verso il suo addome, le dita si stringono contro la maglia e tira forte, con tutta la forza che ha in corpo. Il ragazzo barcolla per un attimo, provando a riprendere l'equilibrio, ma alla fine cade in avanti contro il pavimento. « Ma sei scema? Gli hai spaccato la faccia. » Claire si inginocchia di fianco al ragazzo che mugugna tenendosi il naso. Le fessure tra le dita si tingono lentamente di rosso. « Niente che un po' di Ossofast non possa riparare. A differenza di quello che di certo non avrebbe potuto fare se fosse caduto di sotto. » Sibila la bionda, abbassandosi a sua volta per accertarsi che non si sia fatto effettivamente troppo male. « E si sarebbe fatto molto male, nelle migliori delle ipotesi, anche per colpa tua che continuavi a rimpinzarlo di alcol. » Giocare al gioco della bottiglia era tropo difficile? « Stavamo solo passando il tempo.. » « Magari la prossima volta pensaci due volte prima di passare il tempo con un molestatore misogino come quello lì. » Accenna con il mento a Jack e quando i suoi occhi gli si posano addosso si accorge che nel frattempo Mia l'ha atterrato. Scorge negli occhi della Bishop una scintilla non appena la lycan finisce di parlare. Non riesce a decifrarla più di tanto, vorrebbe approfondire ma in quattro e quattr'otto lei e Chuck sono fuori dal tetto. Azzarderebbe di avervi letto della vergogna. O forse senso di colpa? Prende a far correre la propria mente, come sempre, costruendo teorie su teorie, ergendo storie che nella sua testa hanno tutto il senso del mondo, ipotesi per cui o Claire sapeva delle tendenze da maniaco di Jack e ha sempre mantenuto il segreto, oppure lei stessa fa parte delle molestate. In ognuno di quei scenari, comunque, la mora non se la passa troppo bene e Zelda si ritrova a volerle correre dietro. Ma non è il momento ora. « Quando ci cazzieranno per questa cosa dirò a Vivienne che sono stata io, tranquilla. Non è questo il tipo di trattamento che vorrebbero. Ho sbagliato. Mi sa che sono un po' nei guai.. » La voce di Mia la fa tornare alla realtà bruscamente, facendole impiegare un paio di secondi per capire effettivamente quanto le ha appena detto. Con un paio di cartacce ancora svolazzanti sotto l'influsso della sua bacchetta, la bionda scuote la testa. « Ho fatto la mia parte con il naso di Chuckie. » Commenta, rivolgendole una stretta di spalle decisamente priva di rimorsi. « Ma non so se lui e Claire parleranno. » Lo sguardo si posa poi sul ragazzo a terra. « Quanto a lui..mi sa che ha preso una bella botta in testa, non sarebbe troppo inverosimile che possa vaneggiare. O che possa ricordare la sua versione dei fatti a pezzi. » E' allora che lo sguardo si posa su di lei. « Potrebbe essere inciampato sui suoi piedi perché un po' alticcio. Guarda quanto alcol c'è in questa scena del crimine. » Butta là con un sorrisino innocente. « In fondo hai fatto ciò che ti è stato chiesto: controllare, pattugliare e far rientrare comportamenti stupidi. Se non era un comportamento stupido questo..» Sciabola le sopracciglia prima di finire di far svolazzare le cartacce dritte dritte in un sacco della spazzatura. « Non è niente di meno di ciò che si meritava. Fa davvero schifo, mi dispiace tanto per la tua amica. » E con il dire ciò c'è una tacita promessa nei suoi occhi: "Ti copro le spalle". Perché è così che si fa tra partner. Perché, per quanto il primo impatto con il coltello l'abbia effettivamente portata a sgranare gli occhi, il farlo tramortire lo trova effettivamente giusto. « E poi avrà soltanto un gran mal di testa domani, probabilmente non servirà a correggere il suo essere una persona di merda ma potrebbe aver fatto aprire gli occhi a qualcun altro. » Lo spero proprio. Il silenzio cade tra di loro e stranamente Zelda non sente di dover aggiungere altro per riempirlo malamente, com'è solita fare, zeppando giù cose a caso pur di non essere avvolta dall'imbarazzo. « Tu perché sei rimasta, Zelda? » Può dire veramente di non aver visto arrivare quella domanda? No. Non sa neppure se Mia era presente quando i suoi nervi sono crollati di fronte a tutto il Parco della Liberazione, sotto il peso della paura provata quella mattina, per Tux, per Daphne, per Caél, per Tony che non le rispondeva. Per se stessa. E quella paura era diventata terrore quando Asa aveva reso chiaro a tutti il ritorno delle Logge, lasciandola lì, senza fiato dopo la corsa forsennata verso il Dormitorio, per recuperare tutto e andarsene più lontano possibile. « [..] Tu hai capito perché sei rimasta, o sotto sotto sei come loro? » Si lascia osservare dagli occhi della mora prima di distogliere il proprio sguardo, con l'attenzione rivolta verso il sacco della spazzatura da chiudere. Lo fa, in silenzio, mentre pensa bene a cosa rispondere. Non per paura che lei faccia chissà cosa contro di lei ma perché non vuole risultare indelicata e irruenta come è sempre quando parla senza ragionare
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    prima. « Io sono rimasta perché non voglio morire. » Alla fine la sincerità le sembra l'unica carta possibile. « E non voglio nemmeno sentirmi come durante il Lockdown, quando andavo alla cieca, non sapendo un cazzo di quello che stavamo affrontando. Sono stata fortunata una volta, per la legge dei grandi numeri del mio universo basta e avanza. » Fa un sorrisino impensierito. « Non voglio più essere inerme, non voglio più non sapere cosa ho davanti. Devo saperlo perché non voglio morire e non voglio che lo facciano ancora persone che amo, magari perché io non posso aiutarle come un tempo, perché non so dove mettere le mani, cosa fare. Voglio sapere per esserci, per proteggerli. » Perché se un tempo ha dovuto dire addio a Natalie, Kieran, David e Perse, questa volta potrebbe essere la volta di sua madre, di Tux, di Tony. No, non più. « Qui non è un posto brutto ora, è soltanto lo stesso posto di sempre ma diverso, con regole alle quali ci si deve abituare. Fino all'altro ieri si andava a lezione ogni giorno e con ogni probabilità un quarto dei ragazzi si era iscritto al college solo per fare baldoria, pensando che la Loggia non sarebbe più stato un problema d'affrontare. Che il tempo delle responsabilità, quelle serie, sarebbe stato lontano. » Dà la sua versione dei fatti sedendosi su un muretto, i piedi che penzolano appena oltre il bordo. « Credo soltanto che la gente abbia paura, davvero tanta. Anche quella di perdere altro tempo. Mentre studiamo, ci alleniamo, impariamo a riconoscere i vari mostri che ci attendono per poterli battere, il tempo scorre. E se poi quando ci sarà la battaglia..non dovesse finire bene, sono abbastanza certa che il rimpianto di non aver fatto abbastanza, di non aver vissuto abbastanza quando si poteva possa passare fulmineo nella mente di molti di noi. » Morire giovane, a nemmeno vent'anni, è in effetti un grande spauracchio per Zelda, che al solo pensiero, in quegli ultimi mesi, ha faticato ad addormentarsi molte notti. E si accorge, in quell'istante, che è la prima volta che parla ad alta voce di tutto ciò, non avendo mai esternato quella sua paura intrinseca. Il tempo che vola, il tempo che se ne va, scappandole veloce dalle mani, senza che lei possa farci niente oltre il rincorrerlo inutilmente. « Parlo per me stessa: non sono cresciuta con la disciplina nelle vene, con il combattimento nelle mani e con l'assetto militare nella mente. Questo mi era piuttosto chiaro durante tutto il primo anno di Corso Auror e mi appare ancora più cristallino ora. Ma sto facendo del mio meglio per bilanciare le due cose: essere matura perché la situazione me lo richiede, anche se non mi sento di esserlo veramente, e al tempo stesso ricordarmi semplicemente di essere quella che sono nei ritagli di tempo. » Dal suo punto di vista è piuttosto semplice il suo discorso. Devo crescere, in fretta, devo essere all'altezza della situazione ma compio diciannove anni il mese prossimo e non voglio dimenticarmi che posso essere chi sono al di là delle responsabilità. « Credo che non tutti, al momento, siano tanto fortunati nell'avere quei rapporti tangibili di cui parlavi tu, quelli che ti fanno desiderare di lottare, di esserci, proprio per loro. Ma penso che alcuni li troveranno, li costruiranno, strada facendo, e smetteranno di fare i cretini. Altri semplicemente prenderanno la strada per Flindrikin, come hai detto tu, e chissà se sopravvivranno. » Il cerchio della vita, insomma. La fissa per qualche secondo con un sorrisetto bonario che fa capolino sulle labbra piene. « Io sono stata ad Inverness, so che non siete così spaventosi, che sapete divertirvi. Ho sbavato tutto il tempo dietro ad un certo Garrett, Blackwood, e sapevo delle sue famose scampagnate al fiume che organizzava di notte -» si blocca per diventare improvvisamente seria nel guardarla «- ne ero a conoscenza perché ovviamente non mi ci ha invitato mezza volta, sto stronzo. E mia madre non mi ci avrebbe neanche mandato, ma questa è un'altra storia. » Scoppia a ridere al ricordo di Andromache che una sera, pur di non mandarla chissà dove chissà con chi, l'ha chiusa a chiave in camera sua. « Questo per dire che non so se fosse un invito velato - spero di sì, sennò gran figura di merda - ma mi piacerebbe scoprire i vostri modi per avere ancora diciotto anni. Una volta o l'altra. » Ridacchia, gonfiando le guance della sensazione pacifica che prova in quel momento. Zelda, in fondo, è sempre stata un animale sociale, fatto per stare in comunità, in mezzo alla gente. E vuole tornare a quella sensazione piacevole che in passato ha provato al fianco dei lycan. Non paura ma fiducia, non timore ma comprensione. « Magari non con Garr -» non finisce la frase perché un mugugno raggiunge le sue orecchie dal basso. Fissa il ragazzo a terra che si lamenta giusto una volta prima di tornare al silenzio. « Che facciamo con lui? Lo rinnerviamo o la facciamo levitare fino..-» si gratta la testa, pensierosa «- non ho idea di dove viva. Metterlo a dormire in una delle stanze di sotto magari? »

     
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    « Io sono rimasta perché non voglio morire. E non voglio nemmeno sentirmi come durante il Lockdown, quando andavo alla cieca, non sapendo un cazzo di quello che stavamo affrontando. Sono stata fortunata una volta, per la legge dei grandi numeri del mio universo basta e avanza. » Annuì, Mia. Riusciva ad empatizzare con la biondina. Pur non essendo cresciuta lei in un ambiente avulso dai pericoli, non poteva negare che il Lockdown l'aveva spaventata. Aveva appena compiuto quattordici anni. E a quattordici anni, non importa che tu sia nato tra i cacciatori o nel mondo degli unicorni. Le cose non te le spieghi. Mia voleva tornare a casa. Voleva sua madre e voleva tornare alla sua quotidianità. Non voleva vivere tra trappole, spaventata dall'idea che da un momento all'altro avrebbe potuto perdere la vita. Volevo la mamma e volevo il mio peluche. Mr Nuggets. Se l'era portato appresso da New Orleans, nascondendolo in valigia come un ladro, perché alla sua età non avrebbe dovuto continuare ad andare in giro con un peluche. Eppure lei di quel orsacchiotto continuava ad aver bisogno. Quando il casino era scoppiato lo aveva cercato, e quando lo aveva trovato, alla fine aveva deciso di regalarlo a una bambina. Helen adorava quel peluche. Era tanto dolce. Una Tassorosso tutta pepe, intenzionata a non lasciarsi spaventare da nulla. Poi il grigio era arrivato ed Helen si è persa. Nessuno ha più saputo nulla né di lei, né di Mr Nuggets. Ascolta le parole di Zelda sospirando di tanto in tanto, mentre volge lo sguardo verso l'alto osservando le brillanti stelle nel cielo. Hogsmeade è sempre stato un bel posto. E forse si ora è tutto diverso. Ma questo posto è ancora bello. Può essere ancora bello. « Credo che non tutti, al momento, siano tanto fortunati nell'avere quei rapporti tangibili di cui parlavi tu, quelli che ti fanno desiderare di lottare, di esserci, proprio per loro. Ma penso che alcuni li troveranno, li costruiranno, strada facendo, e smetteranno di fare i cretini. Altri semplicemente prenderanno la strada per Flindrikin, come hai detto tu, e chissà se sopravvivranno. » Per un istante Mia sorride osservando la compagna con la coda dell'occhio. « Non che altrove li troveranno. Detto tra noi se non riesci a crearteli nel posto in cui ti trovi, non riesci a crearteli da nessuna parte. » Si strinse nelle spalle. « Lo dico da immigrata, eh! » Osservò scoppiando a ridere. In fondo amava riderci sopra alle differenze tra gli americani e gli inglesi. L'accento inconfondibile, l'incapacità di comprendersi e un latente costante sottolineare le differenze tra la madrepatria e la colonia. « Io sono stata ad Inverness, so che non siete così spaventosi, che sapete divertirvi. Ho sbavato tutto il tempo dietro ad un certo Garrett, Blackwood, e sapevo delle sue famose scampagnate al fiume che organizzava di notte ne ero a conoscenza perché ovviamente non mi ci ha invitato mezza volta, sto stronzo. E mia madre non mi ci avrebbe neanche mandato, ma questa è un'altra storia. » « Garrett Blackwood? Ma dai - davvero? » Solleva le sopracciglia, pur non essendo affatto stupita. Garrett aveva fascino. Era il prototipo del quarterback che fa girare la testa ad ogni ragazza. Un po' cattivo ragazzo, un po' golden boy. « Beh, certo.. non posso darti tutti i torti. E' effettivamente un bellissimo ragazzo.. » Occhi color verde smeraldo e un sorriso smagliante. Una gentilezza che raccontava solo una parte della sua personalità. Non lo conosceva benissimo, ma sapeva che era venuto a prestare servizio presso Inverness poco prima che Mia si trasferisse in Scozia. Era stato mandato da Seattle. « Però il mare è pieno di pesci. E Inverness è piena di lycan - se proprio vuoi soddisfare la tua curiosità. » If you know what I mean. « Non te ne pentirai - il più delle volte. Modestamente. » E ride ancora Mia scuotendo la testa. In verità non aveva mai avuto una predisposizione nei confronti dei suoi simili. Prima che la guerra scoppiasse era certa di non volerci avere niente a che fare. Forse perché stare accanto a un altro lycan non è mai semplice. Avrei preferito semplicemente che qualcun altro facesse i conti col fatto che io sono una di loro. Non il contrario. Perché in fondo la missione che erano chiamati a svolgere non era affatto priva di insidie. E a volte, fare i conti con queste insidie non è semplice. « Questo per dire che non so se fosse un invito velato - spero di sì, sennò gran figura di merda - ma mi piacerebbe scoprire i vostri modi per avere ancora diciotto anni. Una volta o l'altra. Magari non con Garr - » La frase interrotta della ragazza la porta a volgere lo sguardo verso la figura stesa a terra. Che pena che mi fai cazzo. Un sentimento che ai suoi occhi era molto peggiore dell'indifferenza. « Che facciamo con lui? Lo rinnerviamo o la facciamo levitare fino.. non ho idea di dove viva. Metterlo a dormire in una delle stanze di sotto magari? » Resta un po' a pensarci inclinando la testa di lato nell'osservare la figura del giovane. « Sui piani ci sono i divanetti. Propongo di lasciarlo lì con la la sua amata bottiglia. Con un po' di fortuna domani penserà di essersi addormentato così. » Certo, questo non ci assicura la possibilità di non prenderci una lavata di testa, visto che gli altri potrebbero ricordarsi tutto, però.. « Tu che dici? » Volge lo sguardo verso la compagna stringendosi nelle spalle. Non ha nemmeno voglia di spremersi troppo le meningi per trovargli una sistemazione. « Ti giuro che lo lascerei appeso per una caviglia in piazza - ma non so quanto sia civile.. e sai, siamo già famosi per la nostra ferocia. » Scoppiò a ridere scuotendo la testa mentre, avvicinatasi alla figura steso del giovane, gli diede qualche colpetto sul fianco con la punta della scarpa. Niente. « Onestamente nemmeno io so dove abita e non ho poi tutta questa voglia di capire quali stanze sono libere. Andrei per la via più facile. » Insomma, la risposta di Mia era un palese, non è mia responsabilità, e non voleva nemmeno lo diventasse. Con un po' di fortuna si sveglierà tra qualche ora e prenderà la strada di casa da solo. Oppure farà qualche altro casino di cui me ne laverò bellamente le mani. In fondo non siamo le sue babysitter. [...] Sistemato l'alloggio temporaneo della fanciulla in difficoltà e completato il giro dello studentato, la mora si stiracchiò appena controllando l'orologio sul polso. Era ancora presto ed era certa che a sua madre non avrebbe pesato tenere per qualche altra ora Haru. In fondo, amava fare la drammatica ogni qual volta Raiden o Mia tornassero a casa sua per riprendere il piccolo, lamentandosi del fatto che aveva modo di goderselo troppo poco. Nella visione distorta dei parenti dei due neogenitori, il bambino sarebbe dovuto restare a casa delle rispettive madri per più tempo di quanto non stesse con loro. Inoltre, il turno del marito non si sarebbe concluso prima di un paio d'ore. Si disse quindi, che sarebbe stato tutto fuorché inopportuno prendersi qualche altra ora prima di ricongiungersi a lui e prendere la strada di casa insieme. « Comunque, non era un invito velato. Se vuoi frequentare di più il nostro mondo, non è poi così difficile. Tipo.. se tu non avessi sonno, e avessi qualche ora.. potrei avere in mente una cosa. » Non le ci vuole molto per individuare nei pressi di Hogsmeade alcuni amici che, concluso il turno serate si erano radunati attorno a una bottiglia di birra ai margini della foresta per fare quattro chiacchiere. « Dammi un istante. » Non a caso, chiuse gli occhi e sospirò cercando di mettersi in contatto con George e Romina Anderson, due lycan tedeschi che potevano avere si e no la loro stessa età. Non li conosceva benissimo, ma sapeva che Stacey, la sua migliore amica, ci aveva fatto amicizia abbastanza in fretta. Il gruppetto al cospetto del quale apparve in proiezione astrale era piuttosto variopinto. Ragazzi di varie età seduti sugli scalini di una vecchia costruzione abbandonata, e disposti attorno a un piccolo fuocherello improvvisato. « C'è ancora posto per due? » Chiese quindi osservando i volti allegrotti con un'espressione luciferina. « Scherzi? Anche tre. Si unisce anche Raiden? » Scosse la testa, Mia. « E' ancora al lavoro. Magari dopo. Sono con un'amica. Dov'è questo posto di preciso? Non credo di esserci mai stata. » Erano abbastanza fuori dai confini di Hogsmeade. Forse in una zona transitoria tra il vecchio villaggio e i nuovi quartieri in costruzione. « Smaterializzatevi all'ex vetreria a Nord di Hogsmeade. Vi mandiamo un fuoco fatuo lì. Saranno circa dieci minuti a piedi. » Detto fatto. Mia spiegò velocemente il tutto alla compagna, per poi proporle di smaterializzarsi insieme nel posto suggerito dai compagni lycan.

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    « Certo che avrebbero potuto proporre un parco giochi, il parcheggio di un supermercato. Invece no.. una fabbrica abbandonata. » Da quando le Highlands erano state occupate le zone non abitate, specialmente di sera avevano un'aria più sinistra. Pur essendoci ancora babbani in circolazione, soprattutto nelle poche cittadine abitate nel estremo nord della Scozia, le anime vive presenti in quella parte di mondo erano se possibile ancora meno. Inverness concentrava i suoi abitanti in poche aree ben fornite, ma per lo più, le Highlands restavano terre deserte, a tratti incontaminate e per lo più abbandonate. I pochi coraggiosi che anche un tempo ci vivevano, avevano abbandonato quelle zone per spostarsi al Sud, oppure per passare addirittura il confine per trovare fortuna in Inghilterra. Era così da molto prima che i lycan ne occupassero i territori. La stessa possibilità di rivendicazione di quelle aree era dovuta proprio a questo. Mia sollevò lo sguardo sull'imponente costruzione ai margini della Foresta Proibita, che da Hogsmeade e Hogwats, si estendeva a nord-ovest lungo un'area piuttosto vasta. Quelle zone erano altamente sconosciute e pochi erano gli avventurieri che vi si addentravano. « Posso dire che non siamo stati così intelligenti? Voglio dire.. occupare un territorio che comprende la Foresta Poribita? Follia pura.. » Sapeva non avesse nulla da temere - o quanto meno sapeva che tra quegli alberi non c'era quasi nulla che non fosse in grado di affrontare. Eppure, da quando il grigio si era espanso abbattendosi sul castello proprio dalle viscere della foresta, Mia provava un senso di ansia recondita nei confronti di quei maestosi alberi. Specialmente di notte. L'aria sinistra che proveniva da oltre le sagome degli alberi aveva un certo effetto persino su di lei. Prese a guardarsi intorno con un'espressione un po' perplessa. Della fonte luminescente azzurrognola nemmeno l'ombra. « Che rottura! Secondo me il fuoco fatuo si è incastrato da qualche parte.. o si è distratto. » Se non sono impiegati in cose veramente serie, tendono a farsi i cazzi loro parecchio. « Ci tocca cercare sto maledetto. A volte trovano una qualche cazzata e fanno un po' come vogliono. » Sbuffò quindi alzando gli occhi al cielo. « Hai più o meno presente come sono fatti? Palline di luce bluastre? Un po' dispettose? E, se posso permettermi - un po' rompicoglioni. » Osservò la compagna un po' seccata, prima di guardarsi attorno come a tentare di individuare una lucina inconfondibile in mezzo a tutto quel buio. Eppure, senza fonti di luce trovarlo non dovrebbe essere complicato. « Non so arrivare dagli altri senza. Non ci sono mai stata in questo punto di ritrovo. Possiamo proseguire, oppure se non ti va, torniamo indietro. Boh, sarà per la prossima volta. » Che poi, ti pare normale che di tutti i posti proprio fuori Hogsmeade dovevano vedersi? Capisco che hanno voglia di farsi i cazzi loro, però insomma.. « Alla fine si beccano sempre, e.. tutto sommato mi sa che ci toccherà più di un turno a fare sta roba, quindi.. possiamo organizzarci meglio. Se hai da fare, dico.. non so. Sono aperta a suggestioni. » E sinceramente preferirei muovermi. Restare qui mi fa venire un po' l'ansia.


     
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4 replies since 10/8/2022, 21:42   142 views
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