{CHAPTER III} 1. The Fall - Ministero della Magia

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  1. undercover
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    « Betty, posso chiederti una mano? » Si voltò verso la voce melodiosa che decisa aveva richiamato la sua attenzione. Cercò di seguire i suoi movimenti veloci mentre maneggiava una serie di pietre; quasi nella speranza di trarre da esse un'antica forza ancestrale. Betty era alquanto scettica, ma ognuno aveva il diritto di trarre la propria forza da ciò in cui credeva. « Betty, per favore, unisciti a me in questo rito. Abbiamo bisogno di ogni possibile fonte di protezione in questo momento. Questo cerchio di gemme può aiutarci a respingere il male e a portarci fortuna. Aiutami a completarlo. Siamo più forti insieme. » Avrebbe voluto esserle d'aiuto, dire che ci credeva; ma ormai Betty aveva visto e assistito a troppo per credere in qualcosa che andasse al di là delle capacità e dei desideri del singolo individuo. « Insieme siamo più forti, però le persone hanno bisogno di aiuto... » e il nostro compito è quello di dare sostegno. Strinse le sue mani, cercando di trasmetterle quelle fantomatica orza di cui la ragazza parlava. Il loro piccolo rituale venne interrotto da un fragore di verti che scatenò le urla. Il panico si diffuse tra le persone, spingendole a fuggire mentre gli auror facevano irruzione all'interno del castello. Incantesimi iniziarono a volare tra soldati della guarnigione e auror, mentre gli warlock cercavano di far fuggire le persone attraverso i portali. Betty venne spinta all'improvviso insieme ad un altro gruppo. « Avanti avanti, non c'è tempo da perdere, attraversate il portale. Vi lascerà a Londra, dove uno dei nostri warlock vi guiderà al sicuro. » Avvenne tutto in un batter d'occhio, fino a qualche secondo prima era tra le mura familiari di Hogwarts e subito dopo era tra le vie di una grigia Londra. Una Londra in cui non metteva piede da troppo tempo e che quasi stentava a riconoscere. Il suono di vetri infranti e di urla era stato sostituito dal vociare incessante della città; un cambiamento che la lasciava perplessa e per certi versi intontita. « Svelti, entrate in quella cabina del telefono e non fatevi notare. Il Ministero è sicuro: ci sta un sacco di gente e riuscirete a confondervi. Tenete il profilo basso e parlate con meno persone possibile, ma rimanete compatti. » Era tutto più facile a dirsi che a farsi. Osservò i volti delle persone accanto a lei e riconobbe June e Emile, il migliore amico di Otis. « Branwell. Tutto ok? » Forse. Avrebbe voluto rispondere, perché nonostante la fuga dal luogo della battaglia non riusciva a sentirsi al sicuro; come se qualcosa stesse incombendo sulle loro teste. « Per ora direi di sì, voi tutto ok? Nessuna ferita? » Da un primo sguardo sembravano spaesati quanto lei, presi in contro piede da ciò che era successo al castello. Segui June verso la cabina telefonica indicata dal warlock e il gruppetto si strinse al suo interno. Dovevano rimanere uniti e una parte di lei si sentiva responsabile per gli studenti che erano stati spinti attraverso il portale. « Se il Ministero è pieno di gente potremmo mescolarci agli spettatori. Dobbiamo trovare una zona tranquilla, vicina alle uscite. » Il via vai delle persone era incessante, tutti mormoravano di quanto quella giornata sarebbe servita da esempio per tutti. « Voi avete notizie di Inverness? Sapete se l'hanno evacuata? » Scosse mestamente la testa, le uniche informazioni che aveva erano stralci di conversazioni tra le guardie; informazioni che non le permettevano di capire l’entità e l’estensione della distruzione che aveva colpito il centro nevralgico dei lycan. Stava per
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    chiedere se il ragazzo avesse qualche informazione di suo nipote quando nuove urla esplosero tra le mura del ministero. A differenza di Hogwarts non sembravano urla di terrore; ma più di stupore e incredulità. Le persone alzavano le mani verso il soffitto, quasi come a ringraziare qualcuno. Molti spingevano per addentrarsi nei corridoi del ministero. « Il Prescelto? » Di cosa stava parlando esattamente Emi?! Cercò di sbirciare il foglio che June teneva in mano, ma le poche frasi che riuscì a scorgere le sembravano semplicemente vecchi versi a cui avevano disperatamente cercato di dare un senso. Fu il volto di June a catturare la sua attenzione, o meglio fu quell’espressione di stupore misto ad incredulità. Seguì il suo sguardo e rimase congelata. Smise di ascoltare le persone intorno a sé, chiusa in un mondo di ricordi dove nessuna voce era in grado di raggiungerla. Fu catapultata indietro nel tempo. Distratta si guardò le mani e vide di nuovo il sangue…il sangue di Donovan. Lo stesso Donovan che ora era in piedi di fianco al velo della morte. Il suo sangue le aveva ricoperto le mani e, quando si era inginocchiata per scuoterlo, le aveva inzuppato l’abito sporcandole le ginocchia. Aveva urlato Betty, aveva urlato e lo aveva pregato di svegliarsi. « L-lui…..non può essere. » « Ma siamo sicuri poi che era morto morto per davvero, Donovan? [...] » Guardò il ragazzo malinconica, quasi sollevata che qualcuno facesse fatica a credere l’orrore che si era consumato su quel treno. Orrore che l’aveva tormentata a lungo, che le impediva di dormire la notte. Ci erano voluti mesi prima di non vedere più il sangue sulle mani, per dimenticarne la viscosità e l’intensa tonalità di rosso. « Sì…era morto e scuoterlo, chiamarlo fino a perdere la voce non è servito a nulla. » Non poteva fare a meno di osservarlo mentre camminava tra la folla, tra le persone adoranti. Alcune si gettavano ai suoi piedi inneggiando al Salvatore, altre cercavano di toccarlo; quasi come se stessero cercando un miracolo. Arrivò a pochi passi da lei, sorridendole e facendole un cenno di saluto. Una parte di lei voleva seguirlo, osservarlo e cercare l’imbroglio; ma la parte razionale di Betty sapeva che quello non era il momento di cercare risposte o conferme. « Credo… credo che dovremmo farci da parte e avvertire chi di dovere. » Betty non poteva che essere d’accordo, il ministero stava per diventare il centro nevralgico del miracolo di questo secolo. « Sì…e dobbiamo trovare un modo di andarcene da qui…siamo troppo esposti. I miei genitori vivono ancora a Londra però adesso sono in viaggio. » avrebbero potuto sfruttare la sua casa di famiglia come rifugio; almeno fino a quando la folla avesse fatto rientro e liberato le strade. Dando loro il tempo di contattare qualcuno e capire cosa stesse realmente accadendo.

     
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