I don't wanna act like there's tomorrow

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  1. Chrysalide
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    Sento il panico quando arriva. Come una morsa, un animale feroce. Lo sento come si fa forte quando attacca alla gola. Quando più mi viene voglia di respirare e più soffoco. Riconosco il buio dei miei sensi. Le luci che sfarfallano dinanzi agli occhi solo perché ho stretto così forte le palpebre da finir per alzare la pressione nell'occhio. Il cuore che accelera stupido. Le mani che affondano contro il tessuto del letto. Perché è un letto. Lo sento dalla morbidezza, dall'odore che hanno le stanze. Che sono diverse per chiunque le abiti, ma che, inevitabilmente, ricordano sempre quella in cui abbiamo vissuto noi. Non siamo a casa mia, non siamo a casa nostra è quel che mi sto ripetendo da che ho messo il culo qui. Anche se non apro gli occhi per accertarmene allora l'ansia è solo uno sbuffo di fiato che faccio scivolare tra le sue labbra.
    Un bacio.
    Il suo.
    Sul tuo collo.
    E il mondo si capovolge anche se resta sempre lo stesso. Marcisce solo sotto la presa che saldo contro le lenzuola. È solo una stanza come un'altra. Ho già scopato in posto come questi. Della stanza di Fitz non ho mai avuto paura, eppure è il non essermi aspettato di finire qui a spaventarti più del resto. Scalpitiamo perché incapaci di reagire diversamente. So a cosa pensavi quelle sere. Mi sforzo di credere che sia così solo per ritrovarmi a pensare alla stessa cosa.
    Al fatto che Joshua non sappia di papà. Che non l'abbia fatto di proposito a portarci qui. Che non c'è errore nelle sue scelte se non un'eccitazione che gli da alla testa. Davi la testa a tutti, quanto cazzo eri bello. E mi sforzo, sì, di non piangere. Quando lui fa per togliersi le scarpe e allora io lo sento. Quando mi fa salire la mano lungo la nuca e allora io piego il capo come un gatto. Voglio il sesso per poter dimenticare ma del sesso poi ho paura. I brividi, quelli che non so gestire. Quelli che mi sovrastano quando mi rendo conto di non sapere cos'è che voglio. Cosa posso fare, cosa posso, ecco.
    E non dico niente perché l'unica che so fare è ricambiare i baci. Stringere la presa per aver la parvenza di un controllo che non è davvero mio. E respirare nella sua pelle, quando ci spogliamo delle nostre vesti.
    Allora penso a quando ero solo un bruchino.
    E il mio compito era quello di andare a dormire.
    Di chiudere bene la porta.
    Di fare tutti i bisogni possibili proprio per non dovermi alzare la notte.
    Nascondo una lacrima nel suo collo quando mi struscio. Lo so che è stupido, ma esce spontaneo. E non tiro su col naso, piuttosto preferisco soffocare davvero. Stringere i denti. Mordere la pelle quando ho spazio di manovra. Quando strusciarsi mi fa così male e bene allo stesso tempo. Quando non ho altro se non questo.

    Dove sei, Des?
    È in camera sua, papà

    Che ti strappi la pelle di dosso. Che banchetti con le tue ossa. So che ti piace. So che ci piace. E le sue mani sono morbide. Le sue mani sono decise. Des. Sentilo come ti stringe. Lui ti vuole, ti vuole da morire. E io glielo permetto. Te lo permetto. È sempre stato così. Per questo nascondo i singhiozzi negli ansimi. Per questo cerco di baciarlo fino allo sfinimento. Perché a venderti - e io lo so, lo so, cazzo - sono sempre stato io.


     
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