I don't wanna act like there's tomorrow

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  1. Chrysalide
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    Per quante volte mi si possa dire, continuerò a credere di non poter piacere davvero a qualcuno. Di non poter essere interessante, non quando ho passato tutta la mia vita ad interpretare un soprammobile. È un'idea tossica, sì. Un'idea che mi affossa ma che non riesco a smettere di ripetermi. Non ci penso nemmeno: non c'è una vera e propria riflessione a riguardo, ma solo una presa di coscienza che non porta mai all'interiorizzazione. Non credo di avere gli strumenti adatti per accettare di essere stato un inetto. Uno scarto della società per la quale avrei potuto fare qualcosa. Mi chiedo, in quei momenti di finto coraggio, se sarei riuscito a fare qualcosa fiancheggiando Fitz. Mi chiedo se mostrandomi utile, se schierandomi, avrebbe potuto in un qualche modo cambiare questo futuro. Certo, magari Daisyderum sarebbe morto lo stesso, ma io avrei probabilmente acquisito i mezzi per accettarlo. Perché non sarebbe stato l'unico ad abbandonarmi. Allora l'abitudine mi avrebbe annichilito e solo in quel modo, magari, sarei riuscito a tirarmi meschinamente su.
    Ma ecco, questo è uno dei motivi per i quali non sento di essere interessante. Magari attraente sì, ma quello è un concetto che nella maggior parte dei casi esula la testa. Potrei esserlo anche senza pensare, anche senza espormi. Solo perché ho questi occhi verdi e la sfacciataggine di provarci con chiunque respiri.
    Solo per non sentirmi solo.
    Solo per non finire solo.
    Maledettamente solo, com'è che deve essere la croce che i Gillies hanno intagliato e inchiodato sulle spalle della nostra famiglia. Non siamo fatti per essere amati davvero: mio padre è circondato solo da chi crede di poter trarre qualcosa da lui. Lo stesso vale per mia madre.
    Ma io che non ho nulla da offrire se non un animo così dilaniato, non ho nessuno che ha davvero la voglia di farsi carico della mia miseria. Non li biasimo. D'altronde non ne avrei il coraggio nemmeno io. Per questo, ecco, quando mi dice che gli interessavo mi viene da sorridere. Perché sono un ragazzino del cazzo e a volte ho bisogno anche di questo. Di sentirmi desiderato laddove continuo a vivere tra l'incertezza di essere o meno una persona.

    — Sei bravo ad ammorbidire lo schifo. Mi sfugge un risolino triste quando raccogliendo i pantaloni li indosso per cercar meglio nelle tasche il pacchetto di sigarette quasi finito. Me ne porto una tra le labbra, poi gli faccio cenno con lo sguardo se posso fumare in camera. Ovviamente alla finestra, anche se non ho voglia di indossare la maglia e fuori fa freddo.

    — Io...mi dispiace lasciarti così. Un altro cenno serve per indicare l'erezione. Quella che da me è scomparsa e che dubito tornerà presente in tempi brevi. Non sono nel mood e forse è già tanto se riesco a parlargli senza ritrovarmi ad arrossire ogni due secondi. Insomma, mi vergogno, ma posso provare a cacciar via questa sensazione del cazzo stringendomi semplicemente nelle spalle.

    — Comunque ok. Deglutisco. Non sono propriamente sicuro di volerlo fare. Non so nemmeno se conviene farlo con uno strappo così netto o se rifletterci su quanto basta per arrivare da Joshua con la mente lucida. — Dovevo concentrarmi su un'immagine - vero? Non ricordo bene cos'è che ci siamo detti quella sera, non quando abbiamo effettivamente passato il nostro tempo ansimando più che parlando. A ripensarci così, di Joshua non so nulla. Motivo in più per chiudermi in me stesso.

    — Io... Poi lo guardo e un pensiero sciocco mi attraversa la mente. — Ti dispiace se fumo mentre tu... e imito il movimento di una sega. Non che gliela faccia io in contemporanea, ma che se la faccia lui, dinanzi a me, nella speranza di ritirar un po' su questo momento. — Ci stavo pensando quella volta che ci siamo sentiti per telefono. Un morso al labbro inferiore. L'inadeguatezza che ormai è grande come questa casa.
    — E non voglio non darti nulla. Il dolore al petto se ne resta sempre lì, in agguato. A tagliar fiato laddove ne ho più bisogno. Cerco solo di combatterlo con lucidità. Di fissarmi sul suo corpo per capire dov'è che sono. Per riconoscermi in un posto diverso da casa mia. So che a dirlo così non ha senso: magari non lo capirà nemmeno lui, ma io non ho altro mantra. — Stupidamente, vorrei provare a darti tutto - ogni cosa. Anche se siamo solo due estranei.




     
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