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    A seguito di quel primo contatto con il giovane Gauthier, Eriko non si era fatta sentire troppo. Come aveva già anticipato al diretto interessato, cercava di utilizzare il cellulare secondario, quello dove erano salvati i numeri della rete ribelle e delle persone che avevano accettato di prestare il proprio aiuto, il meno possibile. La situazione ad Iron Garden, d'altro canto, per quanto apparentemente distesa per il momento, non lasciava spazio a mosse poco ponderate. Tuttavia, proprio perché considerava quell'incontro molto importante ai fini della questione del Pulse, non aveva mancato di aggiornarlo circa la sua fattibilità. Alla Testa di Porco c'era andata diverse volte, in quelle settimane, nelle pause dalle lezioni al college, quando si trovava in zona. Sia da sola che in compagnia di Yuta, un po' per capire come fosse l'ambiente in generale, ed un po' per capire quanti sospetti avrebbe destato la sua presenza alla locanda. Il posto in sé sembrava piuttosto tranquillo; Eriko conosceva il proprietario di vista, non abbastanza da considerarlo un amico, ma sufficientemente da poter supporre che potesse non buttarla fuori. Ogni volta che ci aveva messo piede, un ulteriore tassello era andato ad aggiungersi al suo quadro personale. Prima si era fatta un'idea di quanto potesse essere seguita sino al pub, poi aveva scelto, almeno all'incirca, il tavolo poco in vista che avrebbe occupato quel giorno. Poi era passata a riflettere sui margini temporali, per convenire con sé stessa che sarebbe stato opportuno arrivare sul posto in due orari diversi. Considerata la sua posizione, sarebbe stato più giusto che fosse lei ad arrivare in anticipo, dal momento che era proprio la lycan a rappresentare un fattore di rischio. Nelle sue ricerche, Eriko aveva sempre fatto la stessa cosa, almeno in apparenza. Approfittando delle temperature esterne poco clementi, si era seduta a studiare per qualche tempo - una tazza di caffè fumante davanti a lei. Non aveva mai preso altro, non potendosi permettere di spendere troppo, ed aveva occupato il tempo a sua disposizione col naso negli appunti, o nei libri.
    Era stato a due giorni dall'incontro che aveva mandato un vocale. Il contenuto era piuttosto semplice e telegrafico: « Via libera per l'orario ed il posto già concordati. Sarò seduta ad un tavolo in fondo, di quelli seminascosti dalle colonne. » Tavoli, quelli, che generalmente la gente non mirava ad occupare perché relativamente lontani sia dal bancone che dai caminetti. Mancava persino la vista dalle finestre. « Non avrò il cellulare con me, ma qualora ci fosse qualsiasi imprevisto, semplicemente non sarò al locale. Invece, ad una decina di minuti dall'orario stabilito, entrerà qualcuno che ordinerà un caffè da portare, e specificherà che è per Rick. Restiamo così. A presto.» Di utilizzare però quel diversivo - Rick, la storpiatura becera del suo nome - non c'era stato bisogno. Non c'era nemmeno stato bisogno di coinvolgere chissà quanto Yuta, che poi era il contatto fidato del quale non aveva fatto il nome per telefono, se non chiedendogli di mantenersi nei paraggi per dare un'occhiata. Formalmente perché Eriko non sopportava di avere gli auror attaccati al culo. Una questione, quella, affatto nuova per il suo amico, che l'aveva assecondata senza fare domande. Forse aveva anche intuito che qualcosa bollisse in pentola, ma conosceva l'altra da sufficiente tempo da evitare domande inutili. Aveva accettato la cosa come dato di fatto, così come aveva acconsentito ad avvertirla via contatto qualora avesse registrato presenze o avvicinamenti sospetti alla locanda. Non gli aveva chiesto molto tempo, Eriko, un'ora al massimo - e se qualcosa fosse cambiato l'avrebbe aggiornato lei stessa - e lui, proprio in virtù della loro amicizia secolare, non si era sottratto dall'aiutarla. Quella dell'organizzazione di tutto quell'incontro era forse la parte più semplice per una come Eriko. Un'Eriko che era arrivata alla Testa di Porco con un quarto d'ora d'anticipo e che si era accomodata, come già fatto le volte precedenti, ad uno dei tavolini poco in vista. Aveva chiesto qualcosa di caldo - che costasse poco - ed aperto un quaderno zeppo di appunti davanti a lei. Pareva assorta nello studio, la Yagami, ma in realtà aveva le orecchie tese. Era facile, per una coi suoi trascorsi, tenersi vigile - vivere con un essere del calibro di Ichiro Nakamura l'aveva resa anche troppo attenta, e l'esercito aveva soltanto completato quell'opera. Quando qualcuno di nuovo entrava nel locale, ora in un periodo molto meno florido rispetto ai mesi in cui Hogsmeade si era trovata sotto l'ala di Inverness, non sembrava dare segni palesi di interesse. Eppure controllava comunque con la coda dell'occhio. Sarebbe potuto trattarsi degli auror, se non della persona con la quale doveva incontrarsi. Frazioni di secondo, quelle in cui Eriko controllava l'ambiente circostante senza farsi notare. « Dai cazzo, Lucas, non fare lo stronzo! » Eriko si trovò, suo malgrado, a guardare di sottecchi una ragazza forse di qualche anno più piccola di lei, ad uno dei tavoli più avanti. Ne vedeva la schiena, così come vedeva anche quella dei due che erano con lei. « Scusa, te la prendi con me se da piccola ti hanno fatta cadere tante volte dal seggiolone? Come hai fatto a farti bocciare in maniera così clamorosa? Se lo dico a mamma come minimo ti disconosce. » Una risata. « E tu allora non dirglielo, no? Genio! » « Comunque io sono venuto qui per mangiare. Ce la fate a non litigare per mezzo secondo? » Riportò rapidamente lo sguardo agli appunti, Eriko, quasi avesse visto qualcosa che non doveva. O non voleva, forse. Quella scena le aveva dato fastidio. Non per la ragione ovvia - ci avevano pensato altri a guardare con sdegno gli adolescenti - quanto perché fu l'equivalente di un pugno allo stomaco di quelli ben assestati. L'anno scorso saremmo potuti benissimo essere noi. Era frustrante rendersene conto; vedersi sbattere in faccia per l'ennesima quanto i Minerva avessero tolto alla sua famiglia. Eriko Yagami però non era tipa da lasciarsi fagocitare dal baratro dello scomforto - non quando sentiva ancora di poter fare qualcosa. E se anche aveva i suoi momenti di assoluta tristezza, di sicuro evitava di farla risalire in superficie in pubblico. O a ridosso di un qualcosa di così importante
    leejieun_hdl_04-107
    « Non è così visibile dall'esterno, vero? » Vigilanza costante - the japanese flavour. Aveva esordito così, sollevando lo sguardo in direzione della figura del giovane Gauthier in riferimento al tavolo scelto. Per inciso, sapeva benissimo che non lo fosse - quella di Eriko era una domanda prettamente retorica. Stese un leggero sorriso per accoglierlo, osservandolo con un misto di attenzione e curiosità in attesa che prendesse posto. « Intanto ti ringrazio di aver voluto incontrarmi - non so se sia stato problematico organizzarti, ma lo apprezzo comunque. » Di Fitwilliam Gauthier, d'altra parte, conosceva soltanto il viso ed il nome. Non frequentavano le stesse persone, non si erano mai incrociati prima che la Yagami decidesse di contattarlo. Perciò non aveva alcuna idea di quanti e quali impegni avesse, o di che persona potesse essere. Poteva basarsi unicamente sulle poche interazioni che avevano avuto al telefono e su come si fosse posto nei suoi confronti. Era stato celere ed educato, tutti punti a suo favore in apperanza. Ma Eriko era giapponese. Nel Paese del Sol Levante tutti erano educati. Tutti erano gentili. Quelle qualità non erano in alcuna maniera caratterizzanti della persona. Da noi anche il peggiore degli stronzi conosce a menadito gli onorifici. Forse devi guardarti di più da chi ne usa di continuo che non da quelli che non sanno dove stiano di casa. Per com'era fatta, Eriko aveva bisogno di guardare in faccia le persone. Non aveva la pretesa di conoscerlo nell'arco di un vis à vis tanto breve, ma qualcosa era certa sarebbe riuscita a carpirlo. Aveva sempre pensato di avere un certo fiuto, di saper fare due più due e di saper intuire quando da qualche parte ci fosse del marcio. « In realtà, se non l'avessi fatto tu, te l'avrei proposto io stessa nel giro di poco. Mi sembra la maniera più corretta di approcciare la cosa. D'altra parte ti ho fatto una richiesta bella importante per essere una tizia che non hai nemmeno mai guardato in faccia. » Un angolo della bocca scattò appena verso l'alto nell'esprimere quel concetto così ovvio. « La questione te l'ho un po' introdotta, ma se c'è altro che vuoi sapere sono qui apposta. È giusto che la tua decisione - qualunque essa sia - si basi su un quadro quanto più chiaro possibile. » E a quel punto, almeno una cosa di Eriko Yagami al suo interlocutore doveva essere piuttosto chiara - non era sua abitudine girare attorno alle cose.


    Edited by masterm#nd - 12/3/2024, 01:55
     
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    « Non è così visibile dall'esterno, vero? » Non avrebbe saputo dirlo, ma a dirla tutta, quanto Eriko Yagami l'aveva contattato, Fitzwilliam aveva compreso che quella sarebbe stata solo una delle tante chiamate tangibili in cui avrebbe messo a rischio la propria copertura. Quando la giovane gli aveva confermato l'appuntamento, il giovane Gauthier si era apprestato a preparare attentamente il proprio spostamento. Aveva cominciato con l'avvisare la Rete della questione, e aveva chiesto ai Potter di tenere per quanto possibile d'occhio eventuali segnalazioni di spostamenti sospetti che avrebbero potuto rendere complesso quell'incontro. In verità la Testa di Porco era un ottimo posto. Sapeva che avevano un contatto lì dentro, seppur non sapesse chi fosse nello specifico. Nella Rete funzionava così. Non tutti sapevano tutto, ed era necessario che le cose rimanessero così per celare il più possibile le identità di tutti. Fitziwilliam in primis era un incognita per molti; troppi. Persino tra i ricercati, molti non conoscevano il suo coinvolgimento. Questo perché, il maggiore dei fratelli era stato prontamente bollato come un traditore della causa. Aveva lasciato Inverness in tempi non sospetti, ed era apparentemente tornato alle proprie abitudini in mezzo a quella che doveva essere la sua gente. La mia gente; un concetto di appartenenza che era mutato considerevolmente nella mente del canadese, assumendo tinte sempre più sfumate. Era si un privilegiato, un appartenente alla casta, ma era anche un sin eater, ed era soprattutto fedele ad alcuni amici di vecchia data che la società in cui era nato e cresciuto non approvava particolarmente. La sua gente per diritto di nascita era quella che criticava i suoi amici, il suo stile di vita, il suo modo di pensare e di agire. Ma in un modo o nell'altro, erano comunque la sua gente, seppur non ci si riconoscesse, e in quell'amplesso, anche molti degli appartenenti della società di Inverness se ne erano convinti. Forse il problema era che nemmeno Fitz sapeva chi fosse, cosa volesse fare. Non aveva la più pallida idea di dove stesse andando, di cosa fosse effettivamente giusto per lui e per il mondo. Nell'immensità cervellotica di quelle sinapsi prontamente oleate e alimentate da tomi di grandi pensatori, si celava una profonda confusione e un'altrettanta forte perdizione. Poteva solo remare col vento, sperare che prima o poi avrebbe ricevuto un segno, che in un modo o nell'altro ciò che stava facendo avrebbe dato risultati. Quello era solo uno dei tanti atti che compiva con reticenza, ma anche con la speranza di aver detto di sì a una causa giusta. « Non credo. » Tagliò corto prima di salutare la ragazza stirando un sorriso. In circostanze diverse, Fitzwilliam si sarebbe soffermato sulla graziosa figura di Eriko, trovandone ogni tratto distintivo. Era una bella ragazza, una fanciulla a cui, in tempi non sospetti avrebbe chiesto se può offrirle un calice di vino bianco. Forse l'avrebbe invitata a casa e le avrebbe proposto di posare per lui. Ma non ora. Ora la osservava cercando di capire quale fosse la sua tempra, di che pasta fosse fatta; alla ricerca della bellezza stava sostituendo la valutazione del valore. Significa questo trovarsi in guerra? Sostituire all'effimero l'utilitarismo? « Intanto ti ringrazio di aver voluto incontrarmi - non so se sia stato problematico organizzarti, ma lo apprezzo comunque. » Fitziwilliam la osservò con un sorriso gentile, prima di scuotere la testa cercando di essere il più rassicurante possibile. La gentilezza era un tratto non indifferente di quei tempi, e forse gli abitanti del ghetto ne avevano bisogno più di chiunque altri.
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    « Non c'è nulla di non-problematico di questi tempi, Eriko, ma fa parte dei giochi. » Una consapevolezza con cui il moro aveva imparato a convivere. « Ti va una Burrobirra? Succo di zucca? Qualcosa di più forte? » Attese che la ragazza esprimesse la sua preferenza prima di dirigersi al bancone ordinando la bevanda prescelta dalla ragazza e un bicchiere di Incendiario per se stesso. Meno si comportavano in maniera strana, meno avrebbero dato nell'occhio. Dovevano sembrare due semplici compagni di corso, una coppietta durante un appuntamento galante, o due becchi amici che parlavano del più e del meno. Tutto era meglio che il trovarsi lì a bisbigliare sottovoce senza nessuna consumazione ad accompagnarli. « Ecco a te. » Disse quindi, quando si sedette di fronte a lei offrendole il proprio bicchiere, prima di prendere un sorso dal suo bicchiere. Questo posto non è migliorato; ma aveva anche un sapore nostalgico. Ci era andato abbastanza spesso; in tempi non sospetti, era lì che portava i suoi appuntamenti più sconvenienti, quelli che non volevano farsi vedere in compagnia di un altro ragazzo. La Testa di Porco era stato palcoscenico di tante bravate adolescenziali. Sembrava ormai una vita fa. « In realtà, se non l'avessi fatto tu, te l'avrei proposto io stessa nel giro di poco. Mi sembra la maniera più corretta di approcciare la cosa. D'altra parte ti ho fatto una richiesta bella importante per essere una tizia che non hai nemmeno mai guardato in faccia. » Fidati, sono più propenso nei tuoi confronti che nei confronti di tante persone che conosco da una vita. Non lo disse a voce alta, ma lo penso. Non era solo perché Eriko era una lycan; ma anche e soprattutto perché la Rete gli aveva assicurato che di lei ci si poteva fidare. Pur essendo fondamentalmente una delle ultime arrivate in Scozia, in poco tempo si era guadagnata la fiducia di Inverness con lealtà e diligenza. Doveva pur dire qualcosa sul suo carattere. E suo valore. « La questione te l'ho un po' introdotta, ma se c'è altro che vuoi sapere sono qui apposta. È giusto che la tua decisione - qualunque essa sia - si basi su un quadro quanto più chiaro possibile. » Lui aveva preso una decisione in merito. In fondo non sarebbe risultato affatto fuoriluogo. Era solo un giovane scapolo che, come tanti altri, cercava nuovi modi per intrattenersi. Del Pulse si parlava un po' ovunque; sottovoce. Come un qualunque fight club, la prima regola è non parlare del fight club. « È un si. » Disse in maniera alquanto netta. « C'è un iter da seguire per accedervi. Il locale - » - La Mano Monca - « - è solo un locale. Ma per accedere sotto le regole sono un po' più rigide. Bisogna essere invitati, con tanto di parola segreta. » Perché in fondo, seppur si trattasse di un'attività illecita di cui tutti sapevano, non significava che non fosse necessario tutelarne la supposta segretezza in caso di necessità. La privacy degli spettatori era importante, specialmente alla luce degli spettacoli che venivano offerti all'interno. « Molti vi accedono anche senza garanzie, per carità, ma per me sarebbe sospetto. » Fece una leggera pausa tempo in cui la osservò con fare eloquente. « La mia famiglia è.. in vista. Sarebbe strano che io mi faccia vedere lì senza le dovute precauzioni offerte dagli organizzatori. » A quel punto sospirò e rimase per un po' a riflettere sulle parole della mora. « Al telefono mi hai detto che va smantellato. So che è un obiettivo generale, e che dovremmo parlarne con gli altri ma.. tu sei certa che lavorare per chiuderlo ora è la soluzione migliore? » Non sa quali sono le motivazioni della ragazza, ma se di lì ci passano tante persone importanti come tutti dicono, è uno snodo imprescindibile per smantellare molto di più di un semplice locale. « Chiedo ovviamente un tuo parere personale. » È una tua missione, Eriko, oppure sei coinvolta personalmente?

     
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    « Non c'è nulla di non-problematico di questi tempi, Eriko, ma fa parte dei giochi. Ti va una Burrobirra? Succo di zucca? Qualcosa di più forte?» Una botta in testa o della cocaina visti i ritmi che tengo. Grazie, molto gentile. Pensò di riflesso, ma non lo disse. Aveva come il sentore che una battuta così tanto abrasiva non si collocasse bene all'interno del primo minuto di conversazione con uno sconosciuto. E forse questo è esattamente il motivo per cui Raiden è molto più adatto di me a rapportarsi alle persone. Eriko era ben lontana dall'essere pacata o gentile quanto il maggiore degli Yagami. Sembrava aver sempre da ridire su chiunque, in qualsivoglia circostanza, e non era raro che risultasse sin troppo dura persino nei confronti dei propri cari. Ma Raiden non è disponibile ed io sono quello che passa il convento. Per amor di verità, la giapponese aveva tentato per quanto possibile di non lasciarsi influenzare da nulla che non fosse la loro conversazione per quanto riguardava Fitz. Non si era fatta sentire troppo col diretto interessato - consapevole del fatto che non piacerle fosse un attimo - né aveva fatto domande in giro sul suo conto. Da un lato perché non poteva farlo per una serie di motivi, non da ultima la copertura del ragazzo; dall'altro perché non voleva che il suo giudizio fosse influenzato da qualcosa di diverso dal proprio interlocutore. D'altronde sapeva per esperienza che sulla gente se ne dicessero tante, di cose, e che non di rado le voci di corridoio si discostassero dalla realtà. Specialmente quando l'oggetto di tali conversazioni si trovava di suo in una posizione poco chiara. « Qualcosa di troppo forte non mi conviene, per quanto normalmente lo preferirei. » Rispose dunque, stringendosi nelle spalle. Eriko non era un'astemia, certo, ma era pur vero che ad Iron Garden le dessero tanto filo da torcere e che non potesse permettersi di uscire troppo dal seminato. « Però prendo volentieri del sidro. Grazie. » Stese le labbra in un mezzo sorriso di rimando, seguendo con lo sguardo la figura del giovane Gauthier per qualche istante. Abbassò poi lo sguardo sugli appunti - gentile concessione di Percy Watson che le permetteva quantomeno di risparmiare su alcuni dei libri di testo. Una reliquia praticamente. Tuttavia, più che concentrarsi sulle parole scritte sul foglio, si trovò a macinare quella prima impressione. È stato puntuale. Bene. Ma è un tipo che si nota. Meno bene. Non si era certamente aspettata di trovarsi davanti qualcuno di anonimo - d'altra parte, ai fini di associare un viso al nome che le era stato fornito, un giro sul suo Wiztagram l'aveva fatto - ma non poteva essere certa al cento percento che la sua impressione si sarebbe confermata anche di persona. E invece sì. Però anche per me vale il discorso del convento. Forse comunque delle domande se le era aspettate davvero, perché il responso di Fitz, quel suo « È un si. » deciso ed immediato la prese quasi in contropiede. Per la verità non avrebbe apprezzato di vederlo tentennare; anzi, quello sarebbe stato con ogni probabilità motivo di giudizio nei suoi confronti. Di certo non l'avrebbe costretto ad aiutarli, ma altrettanto sicuramente non ci avrebbe voluto avere a che fare più o meno mai più. Eppure sapere che stesse dicendo di sì con quella facilità era un po' strano lo stesso. Proprio vero che non sono mai contenta. O forse non era questo. Forse era soltanto che non fosse più abituata a non dover combattere con le unghie e con i denti per ottenere qualcosa. Era stato Iron Garden ad incattivirla fino al punto di sospettare persino di qualcuno che sembrava ben disposto nei suoi confronti? O lo era sempre stata, così diffidente? « C'è un iter da seguire per accedervi. Il locale - è solo un locale. Ma per accedere sotto le regole sono un po' più rigide. Bisogna essere invitati, con tanto di parola segreta. » Emise un verso di assenso, Eriko, annuendo alle sue parole. « Prevedibilmente. » Commentò soltanto prima di prendere un sorso della bevanda fruttata che aveva ordinato. Il sidro, come preventivato, non era cattivo. Eriko però avrebbe venduto l'anima per un bicchiere di kirakira - un distillato ai fiori di ciliegio. Ma è poco comune in Giappone, figurati qui. Ad Hogsmeade era direttamente introvabile, punto. E se doveva essere del tutto onesta, aveva un po' di timore all'idea di scoprire come, esattamente, gli occidentali avrebbero potuto tentare di emulare quel particolare alcolico. Se poniamo lo stesso principio delle cose da mangiare, minimo saprebbe di erba tagliata. Le metteva un po' di tristezza pensare al suo rapporto col cibo; a quel progressivo accontentarsi, a come aveva smesso di potersi permettere di fare la schizzinosa. Cosa che, in cuor suo lo sapeva - seppure non l'avrebbe mai ammesso - le era possibile soltanto per via di Hiroshi. Forse il rapporto con lui era differente da quello col maggiore degli Yagami, ma anche Hiro l'aveva sempre viziata a modo suo. Col cibo, nella fattispecie, non essendo nessuno dei due particolarmente incline alle grandi dimostrazioni di affetto. Le mancava da morire potersi sedere a tavola coi suoi fratelli. Lo sguardo della giapponese si spostò per un attimo sul terzetto di ragazzi che avevano attirato la sua attenzione prima dell'entrata in scena del giovane mentre reprimeva un sospiro pesante. « Molti vi accedono anche senza garanzie, per carità, ma per me sarebbe sospetto. » Sì beh, con quella faccia poi, figurati, non solo ti si nota ma si ricordano anche di te. Come dicevo: bene, ma non benissimo.
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    Annuì nuovamente tuttavia, reggendone lo sguardo. « La mia famiglia è.. in vista. Sarebbe strano che io mi faccia vedere lì senza le dovute precauzioni offerte dagli organizzatori. » La giapponese emise un verso assorto, osservando il moro con attenzione. « Pensi sarà difficile ottenerle? » Gli chiese senza girarci troppo attorno. « Abbiamo stabilito che non esistano cose non - problematiche ultimamente, ma credi sarebbe strano se manifestassi il desiderio di andarci? » Aveva accennato un sorriso nel citarlo, ma era tornata seria quasi subito. Non conoscendolo, non aveva idea dei divertimenti abituali di lui. Però così ad occhio mi sembri un po' più intellettuale di uno che va a guardare la gente che si pesta. « Al telefono mi hai detto che va smantellato. So che è un obiettivo generale, e che dovremmo parlarne con gli altri ma.. tu sei certa che lavorare per chiuderlo ora è la soluzione migliore? » Inarcò un sopracciglio a quella domanda, più perché non se l'aspettava che per reale fastidio o scetticismo. « Chiedo ovviamente un tuo parere personale. » Riempì la propria pausa di riflessione con un piccolo sorso di sidro mentre soppesava la domanda del moro. « Di sicuro non può essere lasciato esattamente com'è. » Rispose con semplicità, Eriko, lanciandogli un'occhiata molto esplicativa. Non sentì, per il momento, il bisogno di esplicare nel dettaglio che tipo di meccanismo rendesse possibile il reclutamento delle Creature di Iron Garden; non c'era bisogno, secondo lei, di dubitare in partenza dell'intelligenza di un interlocutore che non voleva inimicarsi spiegandogli che nessuna delle persone che vi entrasse avesse poi la libera scelta di uscire da quel gorgo. « Penso che sia troppo presto per formulare un vero piano d'azione, e comunque - parafrasando di molto quello che amava ripetere la mia superiore ad Iwo Jima - una casa si costruisce dalle fondamenta, ma se si pensa di farlo senza aver analizzato il terreno, si è proprio idioti. » Fece una breve pausa che impiegò umettandosi le labbra. « Idealmente, secondo me, bisognerebbe avere un quadro dei punti forti e deboli dell'opponente. E per quanto siamo certi, per ora, di non sapere molto dei secondi... io sono quasi sicura che non abbiamo davvero idea nemmeno dell'entità dei primi. Ma questo forse è un discorso troppo astratto. » Andava a toccare questioni come la strana coincidenza dell'apparizione di un Messia proprio in concomitanza col crollo di Inverness, come anche il fatto che la più piccola degli Yagami non credesse nelle coincidenze. E non avrebbe avuto alcun problema ad esporlo al giovane Gauthier, quel pensiero, se solo non fossero stati in pubblico. « Nel concreto penso sia importante togliergli la terra da sotto i piedi. Se il loro punto forte è la credibilità - o la popolarità - c'è da andare a minare quella, utilizzando come leva eventuali 'panni sporchi'. » Bisogna colpire dove fa più male, insomma. E quando meno se lo aspettano. Eriko, pur con tutti i suoi difetti, era ben lontana dall'essere una stupida. Forse proprio per questo - ed anche al fine di provare a dare veramente fiducia al proprio interlocutore, dopo qualche istante decise di domandargli. « La tua opinione in merito qual è, invece?» Tu, che questa società la conosci sicuramente più di me, cosa faresti?


    Edited by masterm#nd - 7/5/2024, 00:52
     
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