Se la vita ti da' erba, facci un cannone

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    “Lezioni?Mai sentite..!Cosa sono?Si mangiano?”
    Questa fu la coltissima risposta del mio compagno di stanza alla mia obiezione riguardo la sua proposta di passare il pomeriggio a sfondarci di canne al lago nero. Non ero mai stato uno studente modello di quelli che non si perdono nemmeno una parola delle spiegazioni, ma mi scocciava non farmi vedere a lezione per più giorni di seguito, considerando che nei due precedenti non mi ero presentato per problemi dovuti alla mia salute cagionevole. Non ero nemmeno il tipo che si preoccupava troppo di marinare la scuola: saltavo spesso delle ore, soprattutto quelle di Storia della Magia, a cui praticamente non avevo il voto, ma..quel giorno mi scoccava e basta.
    “Grant, questa volta passo, sul serio, sto già sul cazzo a troppi prof..”
    Stavo per continuare il mio brillante discorso sul fatto che la mia famiglia contasse su di me, che aveva bisogno di qualcuno che portasse a termine gli studi e trovasse un lavoro decente per mantenerla, ma probabilmente a quel testa di cazzo non gliene poteva sbattere di meno.
    “Senti, se ci andiamo quello lì spana il culo ad entrambi e ci fa saltare l’anno. Se mi bocciano, poi, i miei mi tagliano i viveri e addio mondo. Mi avresti sulla coscienza, Bran!” disse puntandomi il dito contro quasi fosse colpa mia se lui era uno stupidissimo figlio di papà.
    Volevo controbattere, ma parlare con lui era come parlare con il muro, così allargai le braccia con fare scocciato e annuii mestamente, facendogli un cenno con la mano che gli suggeriva di sparire dalla mia vista. Un’altra lezione saltata. Probabilmente sarebbe presto arrivata la lettera della scuola a casa e a quel punto sarebbe stata Fiona a spanarmi il culo, non il bastardo di Storia della Magia. In ogni caso qualcuno lo avrebbe fatto, che ci fossi andato o meno, quindi tanto valeva che lo facesse Fiona, che magari ci sarebbe andata più leggera.
    Chiusi il libro e lasciai che la testa ricadesse sul cuscino, approfittando di quella mezz’ora di sonno che avrei potuto concedermi prima di presentarmi da Grant al lago nero. Era sempre meglio uscire dalla stanza a lezione già iniziata: c’erano meno possibilità di incontrare docenti in giro per la scuola.

    Ero seduto sul prato umido vicino alla riva del lago nero già da dieci minuti e la mia pazienza stava già giungendo al termine quando vidi un gufo volare verso di me e atterrare rovinosamente al mio fianco, porgendomi un bigliettino tutto stropicciato. Grant.

    Bran, scusa, ma Lucy me la da, quindi non vengo.
    Scusa fratello, stammi bene e non finire tutta l’erba..
    Grant


    Non finire tutta l’erba?Vedrai tu, Grant Jordan, cosa ci farò con la tua erba!Me la fumerò fino all’ultimo grammo, dovessi pure andare in overdose, testa di cazzo!
    Strappai il bigliettino e lanciai i pezzi nelle acque scure del lago nero, congedando il piccolo gufo del mio compagno con uno di quei biscotti fatti apposta per quei pennuti. Odiavo Grant, lo odiavo sul serio, ma il suo gufo mi stava simpatico, con i suoi atterraggi improbabili.
    Frugai nelle tasche dei pantaloni ed estrassi tutto l’occorrente per rollare uno di quei cannoni epici che farebbero invidia a Napoleone. Presi un bel po’ d’erba, lo schiaffai sopra la cartina e iniziai a girare, compiaciuto del fatto che stesse venendo particolarmente grosso. Leccai la cartina e accesi il tutto con un colpo di bacchetta, aspirando la prima, meravigliosa, boccata di quell’erba fantastica comprata in un vicoletto losco di Hogsmead. Era difficile trovarne di buona in quel modo, ma alla fine avevamo scoperto i canali giusti e, soprattutto, lo spacciatore giusto: l’inizio di una nuova era, praticamente.
    Abbandonai la testa contro la corteccia dell’albero e chiusi gli occhi, deciso che, ormai, il minimo che potessi fare era godermi quella canna e tante altre ancora.

     
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    19 maggio 2019.
    Caposcuola Kinglsey a raporto. Ma quando mai. Come al solito evito di fare i miei compiti delegandoli ai miei prefetti. I prefetti. Che dolci creature. Fanno tutto ciò che chiedi loro di fare solo perché pensano che quei compiti spettino a loro. Improvvisamente si sentono importanti se non addirittura indispensabili quando in realtà non erano altro che un mucchio di sfigatelli che attingevano alla notorietà. Così, liberatami da tutti i miei importantissimi e noiosi compiti, passeggiavo per i corridoi, sfoggiando tutto il mio ego, fiera d'indossare i colori di Salazar. Sarebbe stato perfetto se improvvisamente quello sfigato di Storia della Magia non si fosse palesato di fronte a me con il suo solito sorriso giallognolo. “Miss Kingsley.”
    “Buongiorno professore.”
    “Immagino lei si stesse dirigendo verso la mia aula.”
    “Veramente ho un'emergenza al terzo piano. Mi è stato segnalato un duello non autorizzato. Onde evitare incompetenti bloccati per giorni in infermeria mi tocca intervenire.” Cazzata numero uno.
    “Capisco.” Mi fissa con occhi indagatori. Non penso di piacergli particolarmente. A dire il vero gli sto sicuramente sul cazzo. Gli sto sul cazzo così come sto sul cazzo alla maggior parte del corpo docenti. Gli sorriso con una certa solarità, talmente finta da sembrare vomitevole e gli faccio capire che il sentimento è reciproco.
    “Se vuole scusarmi...”
    “Non così veloce, Miss Kingsley.” E ora che vuole da me. “C'è una questione di cui mi piacerebbe parlare con lei. Non ci vorrà molto. Sono sicuro che la sua emergenza può attendere.”
    “Se si riferisce al fatto che ho saltato le ultime lezioni pensavo fosse soddisfatto. Le ho consegnato in tempo tutti i compiti assegnati.” Cazzata numero due. Non li avevo fatto io. Ci aveva pensato la mia tirapiedi. Una Corvetta rincoglionita che avrebbe fatto di tutto pur di bearsi della popolarità.
    “Non sono i compiti il problema. Di quelli parleremmo in un altro momento. E' di Gallagher che le vorrei parlare. Penso che lei abbia ben chiari i suoi compiti in quanto Caposcuola. Questo ragazzo che presumo lei conosca molto bene è a dir poco brillante. Non vi è docente che non parli bene delle sue capacità. Ed io sono fermamente convinto che potrebbe eccellere. Ora, il suo compito è di guidare la sua casata di appartenenza assieme al suo responsabile. In quanto sua compagna di anno, mi piacerebbe che lei provasse a capire per quale motivo il signor Gallagher continua a saltare le lezioni, facendo sì che la sua media scendi vertiginosamente.” Oh ora devo fare anche da babysitter! Ottimo. Annuisco mantenendo la postura della brava ragazza che s'interessa veramente a queste stronzate e infine sospiro lungamente scuotendo la testa.
    “Capisco. Farò tutto ciò che posso.” Cazzata numero tre. “Ora se vuole scusarmi, dovrei proprio andare.” Lo sfigato annuisce e si congeda, dirigendosi verso l'aula dove molti dei miei compagni del sesto anno l'aspettano per una pappardella noiosissima lunga due ore e mezza più rotoli e rotoli di appunti. Non aveva mica tutti i torti il caro vecchio Gallagher.

    Vago per i corridoi alla disperata ricerca di qualcuno che sta infrangendo qualche regola. Togliere punti ai maledetti Tassorosso non è mai stato così bello. E io dal canto mio? Posso essere più ipocrita di così? Sono la prima ad infrangere le regole, ma... oh, guarda caso io sono IL Caposcuola. La sola, unica. L'intoccabile. Il boccino d'oro del preside. Chi potrebbe mai voler mettersi contro di me? Solo un pazzo. Un piccolo fottutissimo pazzo incosciente. Ora tornando a noi, i corridoi sono vuoti. Completamente vuoti. Persino quegli sfigati di prefetti hanno deciso infine di partecipare alle lezioni, ed oltre a me e al Caposcuola dei Grifondoro, nessun altro perlustra il castello. Infine, decido che è il momento adatto per andare a perlustrare vagamente gli esterni, prima di dilettarmi con due ore di Difesa contro le Arti Oscure, lezione che non mi perderei per niente al mondo. Per fortuna i compiti li ho già fatti ieri in tarda serata dopo il mio turno pomeridiano ai cancelli di Hogwarts. La cosa brutta dell'essere un Caposcuola o un Insegnante a Hogwarts, è che il lavoro sporco non finisce mai. Ore ed ore di addestramento, ore ed ore di riunioni tra consigli di amministrazione, assemblee di casata e via così. Come fanno ad aspettarsi che dopo tutto ciò sarò ben disposta a sorbirmi anche due ore di Storia della Magia? Mai.
    Infine esco. I miei polmoni vengono investiti in pieno dall'aria pulita e dal profumo di erba fresca, degli alberi che riprendono a vivere. Questa è la primavera. Il suono delle rondini che ritornano a popolare il parco del castello. Rinascita. Una rinascita che prende persino me, e improvvisamente il malumore se ne va a puttane. Cammino a passo altezzoso dirigendomi verso il lago dove spero di avere un po' di tempo tutto per me, da dedicare interamente al libro di DCAO. Ma così non è perché una testolina dai teneri capelli biondi si presenta di fronte ai miei occhi. Mi è famigliare. Sono sei anni che me lo subisco, il che di per sé mette ansia. Nonostante io e Gallagher abbiamo più o meno la stessa età non posso dire di conoscerlo se non vagamente. I festini sono il nostro unico campo di battaglia comune. I festini e la droga. Il fumo. L'alcol. Piace ad entrambi particolarmente. Gli arrivo vicino e mi siedo accanto a lui senza pensarci troppo. Facciamo del piacere, dovere.
    “Dov'è la tua divisa? Hai idea di quanto ci costino in materia di punti le tue cazzate?” Cazzata numero quattro. Dei punti che Serpeverde perde ogni giorno me ne frega poco e niente, ma mantenere le apparenze non fa ma mai male. Se non puoi fare in modo che ti amino, fai in modo che ti temano. “Ho incontrato quello sfigato di Storia della Magia. E' convinto che tu stia sprecando il tuo genio. Ora tu farai finta di essere mortificato in seguito alla mia tremenda ramanzina e andrai a scusarti con lui, promettendogli che smetterai di mancare alle sue lezioni.” Tono piatto, strafottente. Perché fingere di interessarmi? Non me ne fregava un cazzo né del suo genio sprecato, né delle mortificazioni dello sfigato. “Ci guadagniamo entrambi. E togli quella merda della mia vista. Se vuoi farti, almeno non farlo dove tutti possono vederti. Quest'anno a Hogwarts le cose vanno diversamente. Non possiamo più fare tutto ciò che vogliamo alla luce del sole.” Un sorriso malizioso si distese sulle mie labbra. Game on.
     
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    ‘Brandon Gallagher: specializzato nel far incazzare mezza scuola per le sue stronzate.’
    Ecco, se avessi avuto un biglietto da visita ci sarebbe stato scritto proprio quello, a lettere cubitali anche. Perché fondamentalmente c’erano due opzioni: o ero talmente sfigato da beccarmi sempre tutte le scocciature, oppure l’intera Hogwarts mi teneva d’occhio. Se propendessi per la seconda peccherei di superbia, quindi opterei per la prima, quella che sembra anche più plausibile, conoscendomi. Perché ovviamente la mia pace sulla riva del lago non era destinata a durare quanto avevo sperato, visto che dopo nemmeno un paio di minuti mi ero ritrovato la Caposcuola Serpeverde in persona seduta affianco. No, non ho merda, è solo un’impressione..di merda.
    “Dov'è la tua divisa? Hai idea di quanto ci costino in materia di punti le tue cazzate?”
    Con gli occhi già leggermente arrossati per via dell’erba le rivolsi uno sguardo eloquente da sotto le ciglia: probabilmente lo stordimento lo avrebbe celato, ma era chiaro nella mia espressione quanto poco me ne fregasse se Serpeverde perdeva o guadagnava punti. Di solito l’ultimo giorno di scuola tutti più o meno sapevano chi avrebbe vinto la coppa delle case quell’anno, per me, invece, era sempre una grande sorpresa. Anzi, dire che era una sorpresa ammetterebbe che me ne fottesse qualcosa, quindi diciamo soltanto che, per quanto ne sapevo io, la coppa delle case nemmeno esisteva. Ogni tanto qualcuno mi ricordava questa cosa dei punti, ma per me non erano altro che numeretti segnati su un registro, niente di più: alcuni ci erano fissati, altri meno, altri ancora per niente..io appartenevo alla terza categoria.
    “Mio Dio, non credo me lo potrò mai perdonare” dissi con una voce decisamente piatta e atona, ma dalla quale si poteva percepire una nota di palese sarcasmo. Di certo non mi sarei suicidato per aver fatto perdere qualche punto a Serpeverde..avevo ben altre ragioni per farlo..semmai.
    “Ho incontrato quello sfigato di Storia della Magia. E' convinto che tu stia sprecando il tuo genio. Ora tu farai finta di essere mortificato in seguito alla mia tremenda ramanzina e andrai a scusarti con lui, promettendogli che smetterai di mancare alle sue lezioni. Ci guadagniamo entrambi. E togli quella merda della mia vista. Se vuoi farti, almeno non farlo dove tutti possono vederti. Quest'anno a Hogwarts le cose vanno diversamente. Non possiamo più fare tutto ciò che vogliamo alla luce del sole.”
    Ridacchiai sotto i baffi. Lo sapevo che quel tricheco di Storia della Magia non vedeva l’ora di interrogarmi, lo avevo sempre detto!Dopo tutto non ci voleva niente, mi bastava studiare anche solo un’oretta per prendere un voto sopra la sufficienza, ma di certo non avrei messo in gioco il mio genio, come a quanto pare la gente si divertiva a definirlo.
    Mi spostai e, facendo leva sul braccio, mi posi di fronte a lei: le gambe incrociate sull’erba, i gomiti poggiati sulle ginocchia e gli occhi color cioccolato fissi in quelli verdi della ragazza.
    “Facciamo così, invece: io torno alle prossime lezioni, gli do’ la soddisfazione della sua carriera con un’interrogazione da.. che ne so? Quanto ti serve per fare buona impressione come redentrice? Accettabile? Posso fare anche Oltre ogni previsione, non c’è problema. Magari gli dico anche che sono stato convinto dal tuo commovente discorso..”
    Un sorrisino a metà tra il furbo e il fatto si era iniziato pian piano a dipingere sulle mie labbra, mentre lo sguardo era deciso a non mollare la presa da quello della Kingsley. Di solito non amavo essere disturbato durante le mie pause fumo, ma se si trattava di una bella ragazza, beh..si può sempre fare uno strappo alla regola.
    “In cambio, però, tu mi dai il lasciapassare per queste” e dicendolo gli sventolai la canna davanti al viso con un sorrisino malizioso stampato in faccia. Aspirai un altro tiro con fare di sfida, dopodiché le porsi la sigaretta, come imponeva la galanteria, o almeno la mia.
    “So che la fumi anche tu, non fare la schizzinosa. Come dici tu: ci guadagniamo entrambi, no?”
    Quel sorriso, sempre quel sorriso in faccia, come se bastasse quello ad ottenere tutto ciò che potevo chiedere da una persona, come se in realtà, sotto quella piccola azione, non ci fosse l’essere più disgustoso che si possa mai incontrare. Certo Brandon, magari a forza di ingannare gli altri riuscirai a ingannare anche te stesso, un giorno.

     
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    “Mio Dio, non credo me lo potrò mai perdonare” Il commento del ragazzo mi obbliga a sorridere. Un sorriso melanconico che ricorda i tempi di una volta. Quei tempi bui durante i quali ero come Gallagher e tanti altri; una semplice ragazza le cui uniche preoccupazioni erano quale tipo di droga adottare, a quale festino andare, quale lezione saltare, quanto tempo avrei avuto prima che un'altra punizione si riversasse inesorabilmente sul mio umore. Cose del genere. Cose normali. Cose da adolescente ribelle in preda alle primi crisi esistenziali. Io invece di crisi non ne avevo più nemmeno una. Il mondo l'avevo capito sin troppo bene. Avevo capito come girava, cos'era fondamentale fare e non fare, quanto lontano valeva la pena andare, quale gioco vale la pena adottare. Il mondo d'altronde, come l'essere umano e come tutto il resto, era regolato da meccanismi alquanto precisi; la digestione, il ciclo mestruale, il susseguirsi dei giorni, dei mesi e delle stagioni. Era tutto programmato in base alle nostre esigenze. Un'unica cosa più di tutte le altre scombussolava tale ciclo di Madre Natura. L'amore. I sentimenti in generale. Finché non sentivi niente eri il padrone dell'universo. Appena arrivava il minimo squilibrio, il minimo batticuore, sapevi di essere fottuto e il tuo mondo andava a puttane.
    Improvvisamente il biondo si spostò appena, posizionandosi di fronte a me. Io appoggiai i gomiti sulle ginocchia per poi appoggiare la mascella sulle nocche, guardandolo con un improvviso quanto finto sguardo innocente. Ma quale innocenza. “Facciamo così, invece: io torno alle prossime lezioni, gli do’ la soddisfazione della sua carriera con un’interrogazione da.. che ne so? Quanto ti serve per fare buona impressione come redentrice? Accettabile? Posso fare anche Oltre ogni previsione, non c’è problema. Magari gli dico anche che sono stato convinto dal tuo commovente discorso..” Quel ragazzo ci sapeva fare. Inutile dire che quella checca di Storia della Magia aveva ragione nel dire che era molto più sveglio della maggior parte dello studentato di Hogwarts. Aveva un modo decisamente strafottente di fare; si vedeva lontano un miglio che anche lui come me aveva qualche problema impiantato nel cervello. Ma non mi fregava un cazzo, per quanto mi riguardava poteva anche essere espulso, morire buttandosi dalla torre più alta di Hogwarts e così via. “In cambio, però, tu mi dai il lasciapassare per queste” “Evidentemente non sei così geniale come corre voce che tu sia.” Gli dico con una certa freddezza, iniziando tuttavia a fissare intensamente la sigaretta che ha tra le dita affusolate.
    “So che la fumi anche tu, non fare la schizzinosa. Come dici tu: ci guadagniamo entrambi, no?” Alzo un sopracciglio deliziata, prendendo la sigaretta che ha tra le ditta direttamente con le labbra. Aspiro intensamente per poi posarla tra le dita buttando il fumo nell'aria circostante. E' davvero troppo tempo che non fumo. Forse è il caso di fare un colpo di bacchetta al mio amato quanto figo spacciatore di Hogsmeade per un carico imponente. D'altronde dei ragazzini di Hogwarts non mi fido più. Vendono solo merda verdeggiante... altroché buona roba. Infine lascio che la cenere cada sull'erba fresca, fissando attentamente la sua traiettoria come se cercassi di trovare davvero qualcosa di interessante nei piccoli particolari. Niente da fare. Non ero minimamente sballata. I particolari non mi dicevano niente. Così decido che è il caso di giocare un po' con Gallagher. “Pensi che m'interessi davvero della tua media? Per quanto mi riguarda puoi anche farti bocciare, o meglio ancora... fatti espellere per la gioia di tutti!” No. Non era di certo la migliore opzione. Privarci di un bel faccino come quello di Gallagher? Peccato capitale. Peccato di morte. A rogo con chi oserà farlo. “Per questa volta, farò finta di non averti visto.” Faccio un ultimo tiro prima di spegnere la sigaretta e buttarla nel lago poco distante da noi. “... ma la prossima volta, non sarò altrettanto indulgente.” Sorriso malizioso, sorriso insopportabile, sorriso strafottente, sorriso di chi ha tra le mani il potere.
    Infine mi avvicino al suo viso candido, osservo le sfumature dei suoi occhi scuri, profondi come un abisso. Ispiro il suo profumo fresco e poi afferro la sua maglietta tra le mani stringendo il tessuto con una certa violenza che mi piace. Oh quanto mi piace trattarli male! Il sorriso malizioso persiste. Poi, gli occhi si impuntano sulla maglietta che indossa. “E dovrai scontare una punizione, perché sei stato un bambino tanto... tanto... taaaanto cattivo.” Occhioni da cerbiatta innocente. “La divisa si indossa, Gallagher, ricordatelo.”
     
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    “Pensi che m'interessi davvero della tua media? Per quanto mi riguarda puoi anche farti bocciare, o meglio ancora... fatti espellere per la gioia di tutti!Per questa volta, farò finta di non averti visto… ma la prossima volta, non sarò altrettanto indulgente.”
    Risposi al suo sorriso malizioso con un altro dei miei, per poi guardarla mentre aspirava un tiro dalla sigaretta tra le mie dita. La finì e la getto subito nel lago, con un mio lieve disappunto in quanto, a parer mio, c’era rimasto ancora un preziosissimo tiro o due.
    Tutti si chiedevano con quali soldi riuscissi a comprare quella buonissima erba: divisa di seconda mano, libri usati, vestiti di mio padre, questo era il mio standard, di certo non quell’erba di prima qualità. Alcuni, i meno informati, pensavano che mi prostituissi e dopo tutto non lo supponevano a torto, data la mia natura..libertina, chiamiamola così. Altri, invece, pensavano che io stesso spacciassi e non mi faccio problemi a dire che la cosa mi lusinga. Solo in pochi, pochissimi, sapevano la realtà: avevo un’attività piuttosto nascosta, più che altro perché non era esattamente permesso dalle regole di Hogwarts. Insomma, avete presente che tutti sono fissati con questa cosa che io sia una specie di genio, beh, magari non lo sarò per le materie prettamente magiche, ma con il mondo babbano e, nello specifico, con la tecnologia, ci so fare. Mi spiego meglio: molti ragazzi appena arrivati ad Hogwarts si disperano per non poter più utilizzare i loro cellulari o altri aggeggi elettronici, il mio compito è quello di toglierli da questo incomodo, facendomi pagare profumatamente e facendoli promettere di tenere la cosa piuttosto nascosta agli occhi indiscreti di corpo docenti e tirapiedi vari. Insomma, sono l’unico che può aiutarvi in casi del genere. Ecco spiegata la mia abbondanza di erba raffinata.
    “La tua magnanimità mi colpisce, Lewis.”
    Stavo allungando una mano verso il pacchetto di sigarette (questa volta sigarette normali) che tenevo in tasca, ma mi interruppi quando la Caposcuola mi si avvicinò pericolosamente, stringendo tra le dita quella mia maglietta che aveva decisamente visto tempi migliori. Alzai un sopracciglio divertito, senza scompormi nemmeno per un secondo: mi piacciono violente.
    “E dovrai scontare una punizione, perché sei stato un bambino tanto... tanto... taaaanto cattivo. La divisa si indossa, Mr Gallagher, ricordatelo.”
    Una risatina lieve e argentina sfuggì tranquilla dalle mie labbra, senza che in me si insinuasse nemmeno una vaga ombra di inquietudine o imbarazzo. Quelle erano le situazioni in cui mi sentivo più a mio agio, perché un pervertito come me si sente costantemente fuori luogo, tranne che quando ha tra le mani un qualcosa di altrettanto perverso, o almeno fatto di una materia sufficiente a diventarlo. In quel momento era come se mi trovassi nell’esatto luogo in cui dovevo stare, per giunta al tempo giusto e con la persona giusta.
    Strinsi tra le dita il mento della ragazza, sollevandolo appena per guardarla negli occhi con un sopracciglio alzato e lo sguardo divertito, malizioso, di chi ha tutta la voglia e il tempo di giocare. Assaporai l’odore della ragazza, gustai il suono che producevano i battiti del suo cuore, ormai così vicino da essere percepibile e, senza abbassare un momento lo sguardo, con tono di sfida, le sussurrai piano:
    “E questa punizione la sconterò con o senza divisa?”
    Chiunque mi avrebbe detto che non mi conveniva giocare con il fuoco, che quella volta provocare non era la migliore delle idee possibili, ma era questo che mi rendeva ciò che ero, ero questo che mi rendeva Gallagher lo psicopatico: fare quello che non andava fatto nel momento in cui era più sbagliato possibile. Era questo, però, che alle persone affascinava di me: come facevo ad avere quella sfrontatezza che loro non avevano?Semplice, non era sfrontatezza, era saper leggere le persone e capire, al nocciolo, cosa veramente volessero da me. Le ragazze?Beh, loro sono fondamentalmente tutte uguali: vogliono il principe azzurro e vogliono il cattivo ragazzo, il secondo lo vogliono solo per trasformarlo nel primo, niente di diverso. Volevano sentire l’adrenalina, volevano il brivido e l’infrazione delle regole, ma allo stesso tempo non volevano che si pensasse male di loro. Io mi limitavo soltanto a dargli ciò che volevano: sesso, puro e semplice, senza tanti giri di parole. L’umanità è sempre stata così, maschi e femmine, tutti che rispondono allo stesso istinto, non c’era nessuna di quelle differenze che millantavano libri e film: tutti quanti, sulla faccia del pianeta, non vogliamo altro.

     
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    Cerco di ignorare le battute del ragazzo. Dopo tutti questi anni, ho imparato a ignorare alla perfezione le malizie altrui, tanto che ormai ogni forma di perversione riversata in parole scontata mi lascia fredda. Durante gli ultimi anni a Hogwarts, mi hanno insegnato ad odiare profondamente l'animo umano poiché sporco, poiché privo di limitazioni, privo di inibizione. Se ho imparato qualcosa, allora ho imparato a diffidare, a disgustarmi di fronte a sin troppe cose; ho imparato a odiare, e alla fine di questo percorso pluriennale mi accorgo che non mi rimane niente se non la gloria di un anno da Caposcuola, mi rimane il ricordo di tutti quei sguardi spaventati di fronte alla mia presenza; mi rimane la supremazia ecco. Per il resto, rimango vuota e più squallida che mai. Squallida come Brandon. Squallida come qualunque creatura dimenticata da dio, contenuta tra queste quattro mura antiche. “E questa punizione la sconterò con o senza divisa?” Gli sorrido maliziosamente, inumidendomi appena le labbra; assaporando ancora una volta il retrogusto di quella sigaretta paradisiaca che ho appena fumato. E' un gusto che non si può catalogare. Potrei dire che è dolce, ma mi sbaglierei, poiché ha una punta di salato. Potrei dire che è salato, ma ha una punta di dolce e anche qualcos'altro che stuzzica il palato. Insomma. Gusto non catalogabile. “Troverò qualcosa che possa soddisfare tutti i tuoi desideri più nascosti, Gallagher.” Mi stringo nelle spalle soddisfatta e mi ritiro. Gallagher è un bel ragazzo e fa lo stesso effetto che potrebbe fare a qualunque altra ragazza. Insomma, chi non resterebbe ammagliata di fronte al suo bel faccino, di fronte a quelle fossette che si corrugano non appena mostra il suo bel sorriso apparentemente innocente? Gallagher è un angelo dalle ali nere, e sa sfruttare bene tutta la complessa opera che madre natura gli ha regalato alla nascita. Il problema era piuttosto che io non sentivo. Il problema era che nonostante Brandon potesse scatenare certi processi naturali, istintivi, il mio cervello rimaneva freddo, immobile, più piatto che mai, come se niente e nessuno potesse farmi alcun effetto. La macchinosità del mio corpo iniziava a darmi seriamente sui nervi. Per quanto la si potesse sfruttare in simili momenti per tenere testa a buffoni come Gallagher, a volte mi manca lasciarmi andare, buttarmi nelle storie più impossibili, rischiare per i motivo più improbabili. Mi manca avere diciassette anni; mi manca essere una bambina ribelle che fa e disfa tutto per capriccio, per incoscienza. Mi manca Charlie ecco. Mi manca la mia me bambina.
    “Se sei intelligente come si dice, dovresti smettere di sprecare la tua intelligenza così. Se avessi avuto metà di ciò che madre natura ha dato a te, probabilmente ora sarei lontana. Non sta a me dirtelo, ma questa merda non fa per te Gallagher.” Non so perché glielo sto dicendo, ma improvvisamente ho voglia di essere caritatevole, oppure la noia mi gioca brutti scherzi. Non importa, perché in ogni caso ormai ho iniziato a dare di matto. Evidentemente il lavoro da Caposcuola mi fa tutt'altro che bene, ma visto che è in ogni caso il mio lavoro e devo farlo bene, se non voglio essere buttata fuori da Hogwarts a calci in culo, tanto vale mostra magnanimità e interesse verso i miei stupidi compagni di casata. “Potresti fare la differenza là dove molti di noi hanno sbagliato.” Improvvisamente rabbrividisco. So di aver sbagliato. Tempo fa ho avuto l'occasione di fare la differenza; potevo scegliere se fare la cosa giusto oppure abbandonarmi alle stronzate, al sesso, alla passione. Cosa ho scelto? E' talmente scontato che non ha neanche senso dirlo. “Se non vuoi diventare uno stronzo senza palle che scende a compromessi con chi ha il potere, prenditi ciò che ti spetta finché sei in tempo.” Un tono sprezzante eppure leggermente melanconico si liberò dalle mie labbra, accompagnato da un sorriso ironico di chi una vita non ce l'ha più. A me non è rimasto niente se non la consapevolezza di non avere niente. E va bene così.
     
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    Il bello dell’umanità è che non cambiava mai: sesso, droga e alcool, ecco le uniche cose che avevano un senso, tutto il resto era solo un sottoprodotto a loro subordinato. Era sempre bello vedere come la gente rimaneva attaccata a quelle cose, facendone il centro della loro esistenza, nel bene o nel male. La vita, le relazioni, i doveri, erano tutti un contorno, una cornice a quella santa trinità. Poi c’erano persone come me, gente che ormai aveva capito lo schifo del mondo e che aveva deciso di eliminare del tutto quel contorno e passare direttamente al pasto vero e proprio, al succo del discorso. Brandon Gallagher: stronzo, misantropo, sesso-dipendente, autolesionista. Queste sono le uniche quattro parole che possono descrivermi veramente e, fidatevi, in merito sono una persona abbastanza oggettiva.
    “Troverò qualcosa che possa soddisfare tutti i tuoi desideri più nascosti, Gallagher”
    Sorrisi malizioso, allontanandomi di pochi centimetri dalla ragazza. Negli occhi l’abituale fuoco dell’eccitazione, lo stesso che albergava fin troppo spesso nel mio sguardo. In molti nel corso del tempo mi avevano chiesto come riuscissi a convivere con la mia dipendenza; è molto semplice: all’inizio l’avevo odiata, mi ero accanito contro di lei, avevo tentato di tutto pur di estirparla, ma alla fine mi ero arreso, capendo che dopo tutto era una parte di me, schifosa, ma pur sempre una parte di me. Sapete, una dipendenza è un motivo per andare avanti, una delle cose più umane che esista in quanto freezer dell’istinto di sopravvivenza: lo mantiene sempre intatto impedendoti di rinunciare a quella cosa a cui sei così morbosamente attaccato. Per me era il sesso. Credete che non abbia mai provato a farla finita? Illusi! Però c’era sempre quella piccola carogna, la consapevolezza che non sarei più entrato in una ragazza, a fermarmi puntualmente. La natura è veramente un qualcosa di perfetto.
    “Se sei intelligente come si dice, dovresti smettere di sprecare la tua intelligenza così. Se avessi avuto metà di ciò che madre natura ha dato a te, probabilmente ora sarei lontana. Non sta a me dirtelo, ma questa merda non fa per te Gallagher. Potresti fare la differenza là dove molti di noi hanno sbagliato.”
    Alzai gli occhi al cielo divertito, scrollando le spalle. Gallagher il genio, Gallagher il brillante, Gallagher che un giorno farà vedere a tutti quanto vale. Perché erano fissati con quella storia? E’ un ragazzo intelligente, ma non si applica. Stronzate! Ero solo un fottutissimo cretino con una fottutissima malattia, non c’era nessuna scienza infusa in me, era solo una cazzo di opinione diffusa, per altro sbagliata. La verità è che non avrei mai combinato niente nella mia vita, sarei finito a fare il barista o a spacciare o a riparare aggeggi elettronici e tanto lo avrei fatto solo per mantenere la mia famiglia, almeno quello glielo dovevo.
    “Fare la differenza..” ridacchiai come a una battuta che la ragazza non poteva capire “..certo..”
    “Se non vuoi diventare uno stronzo senza palle che scende a compromessi con chi ha il potere, prenditi ciò che ti spetta finché sei in tempo.”
    Quella volta non riuscii a trattenermi ed esplosi in una risata acuta, a scatti, da folle, decisamente inquietante. Non c’era niente da ridere o almeno non dal suo punto di vista, ma dal mio, che in quel corpo malato ci abitavo, sembrava tutto una grande, sarcastica ironia.
    “Non l’hai ancora capito, Kingsley? Io non ho scelta.”
    La guardai scuotendo la testa, negli occhi la mia classica luce folle che faceva scappare le persone e allo stesso tempo le attirava a me. Divertente madre natura: ci avvicina sempre alle persone che più possono distruggerci, quelle dannose e ormai intossicate dallo stesso veleno della loro vita. E’ tutto un circolo vizioso: gli innocenti sono attratti dai colpevoli in modo che questi si nutrano della loro innocenza, appropriandosene, lasciandoli vuoti. E’ la legge del più forte. Vedi anche: parassitaggio.
    “Sono un caso perso e me ne sono fatto una ragione.”
    Ancora una volta mi avvicinai pericolosamente alla ragazza, assaporando il suo respiro caldo che mi accarezzava il viso. Le allacciai la mano attorno al collo, scansandone i morbidi capelli ramati che vi ricadevano in ciocche disordinate e con straordinaria lentezza vi poggiai le labbra, chiudendole dolcemente attorno alla pelle candida e bollente dell’incavo del suo collo. Salii piano verso il suo orecchio, accarezzandolo con un sussurro.
    “E ora puniscimi, sono stato un bambino cattivo.”
    Quando sarei mai uscito da quello schifo? Il mio spiccato pessimismo mi suggeriva che probabilmente non sarebbe mai successo: quei demoni erano troppo radicati in me, troppo attanagliata alle mie povere ossa. Erano strisciati subdoli sotto le mie membra fin dal primo respiro, cospargendole di quella benzina che presto aveva alimentato il fuoco che divampava in me.
    Pensavo fossi attratto dall’oscurità, ma Brandon, tu sei l’oscurità.

     
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    “Fare la differenza.. certo.” Perché avevo l'impressione stesse per iniziare una sviolinata lunga quanto la mia vita? Il suo sorriso leggermente amaro mi diede la consapevolezza di quanto fosse in realtà una persona triste, non che la tristezza fosse parte integrante di Brandon, ma piuttosto perché lui ispirava tristezza. Ispirava pietà e commiserazione. Improvvisamente ho come l'impressione che non ho il diritto di lamentarmi poiché io a differenza sua ho ancora la possibilità di farcela. Non vedo una luce alla fine del tunnel ma ho come l'impressione che una piccola, remota, insignificante speranza ci sia, nonostante io non abbia la minima voglia di vederla o di sentirla. “Non l’hai ancora capito, Kingsley? Io non ho scelta.” Ride, ed io rido cinicamente assieme a lui. Lui non ha una scelta? Riparliamone quando avrà visto sfumare tutti i suoi sogni. Riparliamone quando avrà visto l'amore della sua vita sfuggire all'amore per il potere, per la pura voglia di sentirsi parte di qualcosa che non fosse puro. Quando Billie smise di starmi accanto fu come se un sogno irrealizzabile fosse andato in malore, e con esso andai in malore anch'io. Riparliamone quando si sarà visto nella posizione di calpestare tutti i suoi credi, tutti i suoi principi, tutto ciò che pensava fosse importante. Riparliamone quando avrà visto sguardi che lo assaliscono di pregiudizi e non perché è un manico votato al sesso violento, ma votato all'amore morboso per una persona a cui non gliene frega un cazzo di lui. Riparliamone. Lui non ha scelta? Brandon ha tutte le scelte del mondo, le ha come ogni ragazzo e ragazza di Hogwarts che non ha dovuto abbandonare tutto per il niente. Riparliamone quando avrà visto il cervello di una povera giovane spappolarglisi in faccia per puro capriccio. Riparliamone quando avrà assaporato tutta quella oscurità dei figli di Samael... e tutto ciò per cosa? Per il nulla. Perché così doveva essere. Era questa la risposta che mi davano ogni qual volta io m'interrogassi sui perché della vita. Doveva essere così punto e basta. Un postulato dall'aria malsana, che tutto ha tranne che senso. “Sono un caso perso e me ne sono fatto una ragione.” Si avvicinò di nuovo. Nel suo lavoro di conquista ci metteva la passione di un malato cronico di sesso; un malato che ben sapeva cosa voleva, ma che non aveva né il tatto, né la consapevolezza di cosa lo aspettasse. Innocente nel suo tenero intento di procedere ad ammagliarmi. Ed io, dal canto mio ero fredda. Così fredda da non sentire il minimo brivido mentre baciava leggermente la pelle del collo. Come una statua di marmo, restavo lì, aspettando che lui finisse, impassibile quasi come se del mio corpo non me ne fregasse ormai un accidenti. “E ora puniscimi, sono stato un bambino cattivo.” Un malato ossessivo. Un sociopatico. Uno schifosissimo parassita. Mi sussurrava all'orecchio parole colme di eccitazione ricordandomi qualcun altro che tendeva a comportarsi con me allo stesso modo. Billie. Anche lui era perverso. Anche lui vedeva in me spesso e volentieri l'oggetto di sfogo della sua rabbia. Sembra quasi che la metafora della mia vita sia quella di fare la donna oggetto per soggetto rabbiosi, che poco hanno capito del mondo e che pure s'impuntano a conoscerlo attraverso il corpo di una donna. Attraverso il mio corpo. Il mio corpo così sporco, così lurido, così schifosamente usurato da racchiudere in sé le sembianze del corpo di una donna ormai anziana che ha provato tutto nella vita e che non ha più voglia di provare niente. Io sorrido. Ad ogni bacio sorrido cinicamente; una cinica bastarda insensibile avente il cuore di pietra che non si risveglia neanche di fronte alle passioni della carne. Sorrido perché è ciò che so fare meglio. Quando i sentimenti riemergono io sorrido.
    Necessito vomitare. Gallagher è stomachevole. Billie è stomachevole. Tutti quanti sono luridi bastardi che non si meritano neanche un briciolo di affetto. Non si meritano niente. Perché dovrebbero? Il loro mondo gira attorno all'erba, al sesso, al fare i cattivi ragazzi. E' così semplice prendere quella scia. Troppo semplice. Improvvisamente appoggio violentemente la mano sul suo petto allontanandolo. Un'espressione di disgusto racchiude tutti i sentimenti contrastanti che mi sento dentro. Rabbia, frustrazione. Sono piena fino all'orlo. “Fai talmente schifo che mi fai pena.” Parole sprezzanti. Parole fredde. Fredde come la mia espressione, fredde come il mio comportamento mentre lui si arenava nel farmi provare piacere. “Tu non sei uno psicopatico. Sei solo un piccolo. Bastardo. Arrapato. Stronzzetto.” Detto ciò gli sorrido con la tipica ironia che caratterizza la famiglia Kingsley. Occhioni da cerbiatta sprofondano in quelli scuri del ragazzo mentre gli pizzico una guancia dandogli pochi piccoli schiaffi leggeri con l'aria di una zia apprensiva. “Povero piccolo bambino... vuole essere punito. Ti darò ciò che vuoi Brandon.” Ironia. Malizia. Cinismo. Disprezzo. Mi alzo in piedi e lo guardo dall'alto verso il basso. Poi mi avvicino al suo orecchio dandogli una pacca sulla spalla. “Ci vediamo alle sette in punto al Campo di Quidditch. E fai i compiti.” Voce vellutata che accarezza lievemente il suo orecchio, mentre il profumo fresco dei suoi capelli si diffonde nelle mie narici. “Per la cronaca, provaci un'altra volta ed io ti taglio le palle.” Con la stessa aria sprezzante lo fisso per qualche altro istante per poi dargli le spalle e dirigermi verso il castello. Mi aspetta un pomeriggio pieno zeppo di compiti e a quanto pare una serata all'insegna delle punizioni.
     
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