The beginning of the end

Per Delilah

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  1. Sweet Sin
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    Alexander Smith

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    Avete presente quell'esatto momento in cui vi rendete conto che ogni cosa, dalla più piccola alla più grande dovrebbe andarsene all'inferno? Quello è il momento esatto in cui aprendo gli occhi capite che dovete portare il vostro culo fuori dal letto. E' quel momento esatto in cui vi rendete conto che dovrete uscire da quella nicchia, avere a che fare con tutte le stronzate che vi bombarderanno il cervello. Si, è il maledetto momento in cui riprendi a vivere. Ecco perché con gli occhi ancora chiusi decido di ignorare ogni singolo rumore che proviene dai dormitori, diligenti studenti che si prepararono per la lezione del giorno.. tutti tranne uno che tirandosi le coperte sopra il volto tenta di mantenere ancora quello stato di coma che non ti permette di comprendere se sei vivo o morto. Ah si, quel coglione che girandosi su un fianco fa finta che niente intorno a lui sta accadendo sono io, Alexander -Alex- Smith. Mugugno appena mentre sento come ogni cosa interrompa i miei più che vani sforzi, il mio corpo è rannicchiato mentre le braccia sono incastrate tra loro, non so molto di quello che succederà oggi, so solamente che di qui a poco quelle stesse braccia che adesso mi sembrano messe in una posizione intelligente mi ricorderanno quanto io sia stato un coglione. Avete mai fatto caso a come si presta più attenzione ai rumori quando non si può vedere con i nostri occhi ciò che li provoca? Adesso, rimanendo in posizione fetale posso sentire come ci siano ragazzi vicini a me intenti a strascicare i loro piedi in cerca di chissà quale libro nei loro bauli, ci sono quelli che parlano piano per via di alcuni che come me hanno deciso di continuare a rimanere ostaggi del letto.. poi ci sono quelli che se ne fregano e si muovono stile Troll in un negozio di cristalleria «Svegliati!» -e poi ci sono i coglioni che tirandoti via le coperte decidono di farti incazzare- «Fanculo idioti», è così che questa principessa dormiente si alza dal letto, in mutande, con ogni singolo tatuaggio in bella vista, con una faccia che sta per ''ora di uccido lentamente'' e con una dannata voglia di spaccare realmente la faccia a quei tre che mi porto appresso ogni benedetto giorno «Alex se fai di nuovo tardi la preside ti beccherà» -non fate caso al mio ghigno che compare mentre scansando qualche miserabile matricola mi volto verso i due.. io sono malato e prima me ne rendo conto meglio è- «John, spero proprio che mi becchi allora» loro ridono mentre io dovrei seriamente rivedere le mie priorità che non dovrebbero essere: Merlino come mi farei volentieri la preside! Gli occhi faticano a rimanere aperti, tutta colpa di quel dannato Whisky Incendiario che sono riuscito a far entrare sia all'interno del castello sia all'interno del mio corpo, la testa è alle prese con un cerchio che comprime le tempie mentre stanco mi dirigo verso il bagno. Ora, volete dirmi per quale maledetto motivo l'unico momento in cui un povero uomo è in pace con sé stesso deve essere quando posa le chiappe sul water? Ecco, certe cose ti fanno pensare a due cose, o che sei un uomo di merda oppure che la vita in generale è una merda, in ogni caso non cambia il fatto che se vuoi un posto dove poter startene in pace senza sbattimenti devi per forza andare in bagno. Al di là di quella porta ondate di ragazzini imprecano perché sono in ritardo, perché hanno perso un libro.. imprecano semplicemente perché sentono gli altri imprecare, una gara a chi fa più cose, a chi copia meglio, una sorta di competizione a chi si fotte per primo con le proprie mani 'Alexander, sei intelligente, molto più di quanto dimostri, perché devi fare così', perché caro padre io non voglio essere all'altezza delle aspettative di nessuno, non voglio dover mantenere uno status solamente perché è quello che ci si aspetta da me. E che cazzo, adesso pure i monologhi interiori faccio! Le mani si posano al lavandino, le dita stringono appena il bordo mentre lo specchio riflette il volto di un ragazzo che è alle prese con i troppi vizi della vita. Occhiaie leggere solcano i miei occhi rendendoli di un azzurro acquoso, le pupille ancora troppo dilatate per quello spinello della buonanotte che verrà seguito da quello del buongiorno.. un susseguirsi di azioni che alla fine non fanno altro che ripetersi. La scimmia pensa, la scimmia fa.. il problema sta soltanto in quello che la scimmia pensa. Lento il collo si piega in basso schioccando appena mentre le dita azionano il rubinetto che lascia uscire l'acqua fredda, di nuovo mi osservo, beh principessa è l'ora di svegliarsi, di vedere come la realtà sia sempre la solita e di tornare nel mondo dei folletti. Fuori da questa porta ci sono tre ragazzi che mentre mi aspettano non fanno altro che torturare qualche pivello solamente perché l'hanno visto fare a me, fuori da questo bagno ci sono un sacco di ragazzini che credano che io sia figo. la verità? Lo sono, ma non per questo meritano una medaglia al valore per averlo capito. Lenti sono i miei movimenti mentre sospirando sento come la nicotina sia necessaria adesso a questo organismo leggermente provato mentre lo stomaco inizia a svegliarsi ricordandomi di quella fame sintetica che mi assale ogni volta, ancora in mutante mi dirigo fuori dal bagno quando un nano cozza direttamente con il mio petto «Mi hanno spinto loro» -blandamente i miei occhi seguono il suo dito che indica i tre coglioni che se la ridono- «E a me?», no sul serio, dovrebbe essere un problema mio se ti fai prendere a mazzate da tutti come se tu fossi un bolide? «Cazzo Alex, sei sempre in mutande» -capitan ovvio colpisce ancora. Con una fucilata che è partita direttamente dalle mie iridi lo guardo mentre infilandomi i jeans opto per l'unica soluzione plausibile al momento- «Io buco, dite che mi sento male o una roba del genere, non mi interessa, ci vediamo durante la pausa» ci sono momenti in cui percepisci quando devi convincere la persona a fare l'esatto opposto di quello che ti dice ma poi ci sono momenti -come in questo caso- in cui capisci che dire anche solo una parola potrebbe davvero renderti spiacevole la giornata.. e nel vederli uscire senza dire niente fui davvero grato che nella loro idiozia fossero stati in grado di captare almeno questo.

    Torre. Di preciso quale torre sia non ne ho idea, so solo che percorrendola mi ritroverà nella guferia, luogo che oramai è più casa di questo castello. Casa, è così che Hogwarts viene definita, ma non da me. Si perché se ci penso allora la mia casa è la stessa di altri centinai di marmocchi, condivido la mia casa anche con persone delle quali farei veramente a meno. Se ci penso, e credetemi ci penso, sento come in fin dei conti io non appartenga a questo posto. Gradino dopo gradino lancio ogni tanto occhiate indietro, posso immaginare l'espressione di uno dei professori nel caso mi beccasse a vagare senza una meta, o meglio, mi beccasse a marinare le lezioni, che volete che vi dica, un motivo c'è se sto ripetendo il quarto anno no? Di colpo un suono familiare mi porta a schiudere le labbra in sorriso sghembo mentre aprendo la porta della guferia Tear mi appare in tutto il so splendore nero e verdastro «Ehi, di nuovo pioggia?» stranamente più calma e più calda è la voce mentre avvicinandomi a li lascio che strusci il suo muso piumato contro la mia mano, lenti sono i movimenti mentre sposandomi mi dirigo verso la grande finestra.. ebbene si, sono solamente con una camicia e nemmeno tanto pesante ma non preoccupatevi, il vostro Alex è assolutamente deciso a rimediare al freddo che alberga in questa danata torre. Con un piccolo balzo mi siedo sul muretto sporgente che incastra la finestra, di fronte a me l'intero lago nero si espande in tutto il suo misterioso splendore mentre il culo inizia a gelarmi, Tear si posiziona in grembo mentre incrociando le gambe distrattamente accarezzo le sue piume, vorrei poter dire che tutto sommato gli esseri umani sono simili agli animali, anzi che sono meglio.. ma sapete cosa vi dico? Che se dipendesse da me solamente gli animali avrebbe il diritto alla vita, a vivere su questo mondo, si, perché loro al contrario di noi sanno cosa sia il rispetto per ciò che li circonda. Di nuovo il verso malinconico di Tear mi fa sussultare mentre prendendo un respiro profondo tiro fuori dal taschino della giacca lo spinello del buongiorno, la mano libera estrae la bacchetta dai passanti dei jeans mentre una piccola fiammella accende ciò che farà aumentare la pressione sanguigna del mio corpo rendendo decisamente più leggera la mente e più sopportabile il freddo. Occhi chiusi, testa appoggiata la muro e corpo totalmente rilasso sorrido nel sentire la testa di Tear ogni tanto strusciarsi alla mia mano libera come a volermi ricordare che devo coccolarla, lenta invece è l'altra mano che porta lo spinello alle labbra permettendomi così di fare profondi tiri che escono dalla mia bocca sotto forma di piccola nube tossica. Pensaci Alex, solamente in questi pochi minuti hai appena infranto una decina di regole.. se ti va bene. 'Alexander, io non so più cosa fare con te', la voce petulante di mio padre si affaccia ogni tanto tra una tirata e l'altra, mentre io cerco di recuperare quell'Eden dal quale sono strappato dai tre coglioni mi ritrovo adesso a dover sentire la voce del vecchio che mi ripete quanto ci sia in me del potenziale «Ti dico un segreto Tear. Se non li vai bene, che si fottano» si, e tu Alex stai parlando con un pennuto mentre tenendo ancora gli occhi chiusi fumi tranquillamente infischiandotene di chi potrebbe entrare. Alexander Smith, certe volte non so se sei realmente il coglione che dici di essere o la più complicata bugia di te stesso che questo mondo abbia mai visto. Tiro dopo tiro sento come il mio corpo inizi a surriscaldarsi, sino ai gomiti rimbocco le maniche mentre sistemandomi meglio porto entrambi i piedi al muro di fronte incastrandomi alla perfezione con Tear in grembo, l'ozio signori miei è l'arte nella quale sono maestro ma è proprio mentre faccio un altro tiro che dei rumori catturano l'attenzione del pennuto e la mia. il primo fa schioccare il becco puntando la porta mentre il secondo -che sarei io- se ne sbatte allegramente e spera vivamente che sia la preside. No sul serio Alex, devi toglierti quella donna dalla testa, ma che poi cosa ci combina proprio non lo so, comunque dicevo, alcuni gradini che conducono qua sono leggermente disconnessi e producono un suono abbastanza udibile quando vengono calpestati, continuando a fumare lascio al pennuto il compito di osservare la porta.. l'unica cosa che mi viene da pensare è solamente: speriamo che non sia un rompicoglioni.. per il resto.. beh, chiunque tu sia non è affar mio!



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  2. kissedbyfire;
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    Percorreva silente i corridoi del bel castello, maledicendo mentalmente colei che portava il nome di sua sorella. Robin. Le stava rendendo una vita un inferno ancor più del solito, con le sue lamentele ed i suoi borbottii. Non bramava di sentir la sua voce, non bramava neppure di vederla apparire all'orizzonte. Eppure la criniera rossa della serpeverde, la maggiore della prole dei Sullivan, pareva esser creata appositamente per ghermirla. Piovevano gocce sottili e solitarie, cadevano ritmate quasi seguissero il rombo di una grancassa. Il cielo svettava su Hogwarts come una pesante coltre di cenere fredda e posticcia, impalpabile. Avrebbe voluto sollevare una sola mano, una soltanto per acchiappare un ciuffo di quelle stesse nubi temporalesche per saggiare: avrebbero avuto il sapore dello zucchero filato, e della neve appena caduta, del gelato alla fragola e di baci gentili. Avrebbe avuto un buon sapore per lei, che bramava nel vedere le saette in lontananza, spaccare il Lago Nero in due identiche metà. Godeva nell'udire i suoi secchi dei tuoni, nel vedere la propria stanza illuminarsi di giallo e d'azzurro, mentre qualcuno al suo fianco la riscaldava e la proteggeva per qualche tempo ancora. Avrebbe voluto, ahimè, ma si trovava intrappolata tra pareti troppo alte perché potesse con un balzo stringerli alle nuvole. Aveva dapprima seguitato a cercare la dannata sorella, domandando alle compagne verde argento se l'avessero vista: nessuna disse di sì, tutte erano troppo impegnate a correre a lezione, lei non ci sarebbe andata. La spilla da prefetto che le brillava sul petto sarebbe stata per l'ennesima volta la copertura perfetta. Poi, come un ricordo, come la memoria fallata di chi non ha più un passato, lei era sfuggita alle luci per cercare l'ombra, il fresco, la libertà. Quel desiderio le lambiva i fianchi come il più appassionato degli amanti, la stringeva e la ghermiva. Se per nascita era una predatrice, si ritrovava adesso ad essere invece la vittima di un qualcosa di difficilmente raggiungibile, per lei. La libertà, una dolcissima utopia. La libertà, qualcosa che riusciva a raggiungere soltanto in certi precisi momenti, ben descritti e ben nascosti. Momenti che le avevano donato la reputazione di poco di buono, di cagna. Non le importava, perché quella non era affatto la verità. Era scivolata lesta sull'erba bagnata cercando Robin, nelle narici ancora l'odore di tempesta e di vento freddo e pungente. Non era triste, affatto, era lieta d'esistere e di poter fare della sua vita ciò che voleva, seppur per qualche ora. L'erba era fresca, sotto ai suoi piedi fasciati da scarpette nere, lucide come gli occhi velati di pianto di una ragazzina triste, bruttina, rifiutata dall'amore della propria vita. Ma che cos'era l'amore? Non lo sapeva, eppure qualcosa la scuoteva, qualcosa di non ben identificato che tuttavia non profumava di violette e fiori di campo, piuttosto di guai. Le gambe,e la testa immersa nell'infinito verde del prato intorno a lei. Stava bene, nonostante in pugno stringesse un gufo dai tratti ormai resi sbilenchi dalla pioggia. E respirava, il suo petto si sollevava ed abbassava con una tale naturalezza che neppure se ne rendeva conto. I bambini lottano per respirare, gli adulti lo danno ormai per scontato. La pioggia le aveva bagnato le gambe, nude, ed il petto. I capelli si erano arricciati, molesti, e la frangetta spostata di lato le dava un'aria più bambina. Tremava, quando ancora una volta rientrò tra le mura grigie e pitturate di quadri chiacchieroni e chiassosi. Aveva freddo sino alla punta dei piedi eppure tutto in lei bruciava, quasi covasse una fiamma sempre eterna, ed era sveglia, vigile e silenziosa. In tutto ciò però, Robin non si trovava da nessuna parte.
    Incespicò sui gradini più volte, arrampicandosi in quell'angusto spazio di pietra sbeccata. Si era domandata molte volte se la battaglia era imperversata anche lassù, tra le alte guglie. Già sentiva tubare i gufi, e gli scrosci solenni della pioggia che pareva essere divenuta un temporale in piena regola. Sorrise, e rise, pesticciando sugli scalini malfermi che conducevano ancora più su. Se possibile tra le stelle. Tuonò, tra un piano e l'altro, e la torre tremò. Quando finalmente giunse, nel suo pugno la pergamena ricevuta dai genitori non era che un malloppo di sbaffi e di carta stropicciata. Bidget le volò incontro, oscurandole la vista ma non prima che vedesse qualcuno seduto in un angolo, con la sua bestia dappresso. Non dovresti essere a lezione tu? Domandò a quello che doveva essere un ragazzo. Non l'aveva inquadrato bene, con il suo gufo a strusciarle la testa contro in cerca di biscotti e coi capelli bagnati ad ostacolarle la vista. Intrecciati in una lunga treccia castana questi erano impregnati di pioggia, così pesanti che avrebbe dovuto scioglierli in una pioggia di rame ed ebano, di chiaro e scuro insieme. Per un momento non li fece, li lasciò costretti in quella acconciatura austera, quasi virginale, ma in più punti disfatta. Sfilò dunque l'elastico che li tratteneva liberandoli in volute eleganti, a tratti ribelli come era lei. Porta questa a Robin, ovunque sia! disse al suo animale, sottovoce, rimirandolo spalancar le ali per fuggire via. Che si sentisse in colpa quella stronza, gliene avrebbe dette quattro una volta giunta in sala grande per pranzo, o per cena. Sarebbe persino andata a scovarla tra i serpenti suoi compari se fosse stato necessaro. Non che io sia innocente, te lo concedo. Aggiunse anche, in una risata calda ed avvolgente mentre sì, si sedeva sul bordo di una delle finestre ad annusar l'aria densa di tempesta.

    Edited by kissedbyfire; - 14/10/2013, 20:14
     
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  3. Sweet Sin
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    Alexander Smith

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    Di fatto, ogni silenzio consiste nella rete di rumori minuti che l'avvolge: il silenzio dell'isola si staccava da quello del calmo mare circostante perché era percorso da fruscii vegetali, da versi d'uccelli o da un improvviso frullo d'ali, da quando l'uomo ha smesso di ascoltare il silenzio? Raro è trovarlo tra queste mura, sempre troppo piene di mocciosi urlanti, in preda al delirio per una qualche banale magia. Raro è schivare liti, urla. Raro è ogni cosa qua dentro. E allora spari giustificazioni sul tuo modo di rintanarti, di escludere il mondo fuori. Dici che se sali in cima a questa torre è solo per trovare quel silenzio che tanto ti piace, se ti isoli nel cortile dici che lo fai perché ti piace stare all'aria aperta ascoltando la natura. In generale spari una miriadi di stronzate solamente per giustificare una tua azione. A questo si è ridotta l'umanità, una sequela di giustificazioni che hanno come unico scopo quello di farti sentire il meno in colpa possibile. In colpa di cosa poi? Bianco o nero. Dolce o salato. Niente deve dare spazio a diverse interpretazioni. Se dici Bianco non puoi un giorno venirtene fuori dicendo che il Nero non è niente male, eh no signori miei perché al giorno d'oggi il ''lo faccio perché mi va'' non è una cosa che viene presa in considerazione. Che si fottano allora, loro e i loro stupidi modi di vedere le cose. Nel silenzio aleggiano ogni decisione, ogni suono. In esso vi sono ogni sorta di tinte e tu puoi lasciare che esse dipingono le tue giornate, a seconda del tuo umore, a secondo di quello che ti frulla nel cervello. Puoi lasciare che il silenzio scenda su te facendoti prendere in considerazione ciò che fino a pochi attimi fa dicevi di non volere. Ma fa paura, sapete? Fa una paura del cazzo dover ogni santissimo giorno essere in balia dei propri istinti, dei propri voleri. Ti senti come se non avessi il controllo su niente, come se ogni cosa ti sfuggisse di mano quando più lo ritiene il momento giusto. Si, faceva paura anche a me, anche quando sto per andare a lezione, quando svegliandomi mi sento in vena di ascoltare ciò che hanno da dirmi, anche in quel momento in cui al posto di superare la porta dell'aula svolti per andartene in un posto che sia fuori dal mondo, fuori da quei doveri che sono solo obblighi travestiti. Fa paura perché ti rendi conto che sei su una barca senza remi, in balia di un mare che non ti fa mai il favore di dirti quando sta per agitarsi, sei in balia di onde che non sai mai dove ti portano. E' quello il silenzio in fondo, un continuo mutare che non puoi percepire, che ti lascia senza fiato quando come uno schiaffo di sbatte in faccia il suo cambiamento. L'intelligenza non è non commettere errori, ma scoprire subito il modo di trarne profitto, forse è proprio per questa mia capacità che il vecchio si ostina tanto nel credere che da me può ricavarci qualche cosa di buono. E potrei starmene qua a spararvi una serie infinita di motivazioni per le quali io non ostento quell'intelligenza contro cui mio padre si accanisce tanto. Io non sono il ragazzo che vi chiede scusa, non sono la persona di cui innamorarsi. Non sono nemmeno la persona che tra profitto e lealtà sceglie la lealtà. Io sono solo il coglione che beve, che fuma, sono il bastardo che dopo una notte insieme nemmeno ti saluta quando ti vede, io sono reale. Sono quello che sono e forse non sono per niente intelligente, no, forse sono davvero uno stupido che invece di sorriderti fingendo di essere qualche cosa di normale, di buono semplicemente alza le spalle e ti mostra il dito medio perché in quel momento li gira così. Io sono ogni maledetta cicatrice che la mia anima fin troppo nera porta, non sono il risultato di niente se non di quello che sono. La verità è che io sono la fastidiosa consapevolezza che fa scattare la vocina nella vostra testa, quella vocina che vi dice: Ehi, guarda quel coglione, lui si che è libero di fare quello che vuole. Libertà. Cielo come sprechiamo così tante volte quella parola, quel significato che tengo stretto a me con le unghie e con i denti. Proprio come il Patronus, proprio come quell'Aquila che dalla bacchetta sgorga spalancando le proprie ali. Proprio come il vento che soffia sferzando la pelle del viso quando meno te lo aspetti. Libertà. Un significato che va ben oltre una semplice sensazione, che è qualche cosa di infinito e non racchiuso in un singolo attimo. Ma per adesso posso solo prendermi la libertà di starmene per gli affari miei perché non ho voglia di stare con gli altri, mi prendo la libertà di marinare le lezioni perché ho voglia di oziare.. mi prendo un sacco di libertà anche quando ci sono mille regole che ti vietano di farlo. Tra le labbra il simbolo della leggerezza mentre i miei occhi scrutano un cielo che sempre più da ragione a quel lamento che Tear ogni tanto lancia. Seguo il cadere di quelle gocce che bagnano indiscriminatamente sia il buono che il cattivo, osservo il loro percorso, il loro schiantarsi al suolo. Applico a ogni goccia la teoria gravitazionale ovvero che ogni oggetto cadrà al suolo per produrre il maggior danno possibile. Osservo come le gocce creino il manto malinconico di una giornata uggiosa, tipicamente inglesi e penso a quella Londra, adesso pregna di odori forti, di indaffarati esseri che tentano di cercare un riparo da quel cielo che non da tregua. Londra, così scalpitante, così folle. Ed è proprio la sua follia quella che più mi manca, quelle scosse che violente ti spingono verso esperienze che lucidamente mai ti sogneresti di fare. Mi manca Londra? No, non mi manca la città in sè ma mi manca la sua vita, il suo clima umido, la sua aria soffocante. Mi manca il suo non avere regole nonostante ne abbia scritte molte, forse troppe. 'Cazzo Alex, riprenditi!' e ghigno da solo, immerso in questo silenzio mentre facendo un altro profondo tiro chiudo gli occhi. Ho sentito diverse prediche circa il mio uso di droghe, sia di quelle leggere che di quelle più pesanti, migliaia di teorie psicoanalitiche del cazzo, mille mani si sono tese quando devastato mi fiondavo nel primo bar giusto per mettere nello stomaco qualche cosa. La carità, quanto piace all'uomo donare la propria carità, sentirsi importante aiutando il povero disgraziato di turno. Ma voglio dirvi chiaramente che le strade schiomano di droga, invadono ogni singolo quartiere, e non parlo solamente di quelle chimiche. Parlo di droghe contro l'infelicità, contro l'insonnia, parlo di droghe acquistate grazie a una prescrizione medica. Parlo di ogni cosa che viene sparata nel corpo affinchè si possa pensare che dal momento dell'assunzione in poi tutto andrà per il meglio.. ecco, ciò che tengo tra le dita adesso è la mia droga, il mio biglietto per l'evasione da questo tempo che incessante continua a scorrere ricordandomi quanto cazzo sia faticoso dover prestare attenzione a tutte quelle cose di cui non me ne frega una virgola. Altri tiri si susseguono, altre nuvole tossiche di fumo escono dalle mie labbra quando il suono di quei gradini fa scattare l'attenzione di Tear che appollaiato sul mio grembo riscalda con le sue piume il mio ventre. Eppure i miei occhi non si staccano dalla finestra, non cessano di osservare quelle gocce che adesso danzano seguendo diverse linee, più dilatate sono quelle pupille così troppo scure per le mie iridi, così impossibile è non vedere gli effetti di quella droga che entrando in circolo mi rende più vittima dei miei istinti, più pericoloso forse, più coglione di certo. Blando adesso è il mio gesto di accarezzare la testa del pennuto quando il suono secco del suo becco mi giunge alterato, più forte, più fastidioso.
    Non dovresti essere a lezione tu?
    Blando è anche quel mio modo di portare lo sguardo in direzione della figura che ha parlato. Occhi cerchiati dai turbinii di una vita sregolare sono quelli che scrutano la figura della ragazza, seguo le gocce che dai suoi capelli cadono ai suoi piedi. Gravità.. ho già parlato della gravità? Profondo è il respiro che gonfia il mio petto mentre un ghigno per niente dolce e nemmeno lontanamente rassicurante solca le mie labbra, la mano che tiene la sigaretta dagli effetti miracolosi si tende mentre con quelle stesse due dita indico la spilla che ha addosso. Oh perfetto, Caposcuola e per giunta Grifondoro «Se avessi quella di certo potrei essere dove voglio senza sbattimenti» Alexander Smith, sei un vero e proprio coglione ma che ci posso fare se Miss devo far rispettare le regole Grifondoro si è presentata nel momento in cui le mie facoltà mentali sono leggermente alterate? E un sopracciglio si alza sottolineando la mia aria da bastardo in maniera più decisa, la mano conduce nuovamente la ''sigaretta'' alla bocca, a ogni tiro l'odore intenso dell'erba si spande mentre affinando lo sguardo cerco di ricordare dove io abbia già visto il suo volto. Di certo non ci sono andato a letto, altrimenti quel gufo me lo avrebbe scagliato contro.. pensa Alex, pensa.. si, vorrei vedere voi a pensare in questa situazione, vorrei proprio vedervi nel tentativo di ricordare una figura con i postumi di una sbronza micidiale e con il carico di quest'erba che a stomaco vuoto mi sta scorrendo nel corpo.. eppure io quella faccia sono certo di averla già vista sbucare da qualche parte. 'Anche se un pensierino potrei anche farcelo'
    Non che io sia innocente, te lo concedo.
    Cazzo l'ho detto. Cazzo dico? Ok, calma. Seguendo i suoi movimenti lascio che le cose diventino un tantino ordinate. Punto uno: non ho detto niente circa il mio stato ormonale fin troppo attivo. Punto due: non ci sono altri punti, semplicemente non ho aperto bocca! Ghigno come un vero deficiente che sembra abbia visto un negozio di dolciumi durante l'età infantile mentre scostandomi appena dal muro so già che mi pentirò di ogni maledetta cosa che avverrà da ora in poi. Maledetta erba che mi rende troppo socievole. Maledetto Tear che te ne stai appollaiato a sonnecchiare. Alex, dovresti davvero azionare il cervello ogni tanto «Non giudico» e stranamente confidenziale esce quel tono insieme a quell'occhiolino che segue il mio gesto di porgerle la sigaretta «allora Miss non sono innocente, vuoi favorire?» si, e perché già che non ci sei li chiedi anche di farti espellere dalla scuola? Magari potrebbe mandarmi dalla preside.. Alex, per la barba di Merlino, vuoi finirla con la storia della preside?



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  4. kissedbyfire;
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    Nere nubi di una terra incantata, si stagliavano alte gocciolando malinconia. Amava la pioggia tanto quanto amava il sole, erano momenti che completavano il suo stato d'animo e lo manipolavano, plasmandolo almeno un poco. Delilah rifuggì ancora per un momento ai pensieri, osservando in lontananza gli alti alberi neri della foresta proibita. Non si volse neppure, nell'udire le parole dell'altro unico avventore di quel mondo sospeso. Per quanto fosse sporco, ed umido, quel luogo serbava in sé una malinconia quasi poetica. Parlava di addii, di attese. Di ciò che sarebbe potuto accadere ma forse anche no. Di assensi e dinieghi. Parlava di una solitudine difficile da spiegare, di quelle che ti strappano agli amici ed ai conoscenti, che ti rende succube e diviene una droga. Ne senti l'esigenza, quella di estraniarti da tutto ciò che un tempo era la tua vita. E muori dentro, forse piano, ma muori. Sorrise e sospirò, ritirandosi dal vento che truffaldino aveva preso a tirare ancor più forte, volgendosi verso la figura che poco prima aveva soltanto incontrato fugacemente, nel mandar via il suo piccolo amico pennuto. Bidget avrebbe trovato Robin, e con un po' di fortuna l'avrebbe persino beccata sulle nocche. Dite tutti la stessa cosa, non è proprio una pacchia la spilla da prefetto. Lo sai vero? Non lo sapeva mai nessuno. Il novanta per cento del tempo lo era, ma quel dieci per cento le rovinava tutte le gioie, tutte le notti insonni, tutti i gingilli requisiti. Quella decina, che avrebbe persino potuto ignorare se non fosse stata tanto cocciuta, così tanto e fortemente pretenziosa. Ad esempio dobbiamo fare rapporto ai rappresentanti di casata. Giustificare le assenze durante i turni di ronda e sopratutto far da guida turistica ai primini. Dovresti provare, è così gratificante! Aveva smesso di sorridere. Le venne in mente di come suo fratello, appena giunto a castello, aveva ammorbato l'allora prefetto Quentin qualcosa ed il caposcuola. Erano passati molti anni da allora, eppure ogni volta che un piccolo bambino le si avvicinava temeva sempre iniziasse a parlare a ruota libera come il sangue del suo sangue aveva fatto. Aveva riso, allora, ma adesso? Era tanto brava con i ragazzi della sua età quanto incapace con i piccini e rassicurarli era ben più complicato che far sospirare un sedicenne. L'aria aveva un odore strano, non sapeva soltanto di pioggia e di cacca di gufo ma di qualcosa di frizzante, di dolciastro. Lo osservò di nuovo, con fare più incuriosito e malizioso comprendendo cosa celasse tra le dita. Che frase ad effetto! Rise Delilah, arricciando il naso a trillare quel sorriso cristallino. Uno scampanellio. Neppure lei giudicava il prossimo, eppure aveva d'ogni suo conoscente un'idea chiara e ben definita. Sapeva che Judas sotto tutta la sua arroganza sfrontata non era che un ragazzo stanco, ma in definitiva di animo gentile. Sapeva che Jupiter per quanto sembrasse una lady per i primi dieci minuti di conversazione si trasformava in un'amica scapestrata ed anche un poco scurrile. Conosceva piccoli tratti di personalità distinte ed ambivalenti. Si alzò silenziosa in un fruscìo di stoffe e si avvicinò. Chiunque la conoscesse sapeva che lo stava guardando come guarda qualcosa di curioso e divertente, di nuovo. Io ti conosco. Gli soffiò il faccia, sedendoglisi accanto qualche attimo dopo. Il pennuto triste che aveva in grembo, e che di tanto in tanto faceva strani versi, la guardò con un occhio aperto e lei gli fece la linguaccia. Grazie. Come se nulla fosse rubò dalle dita di lui la sigaretta artigianale, portandosela alle labbra con lentezza calcolata. Ne fece un lungo tiro, e gliela restituì. Fuori, un baleno illuminò i loro volti in disegni truci e spaventosi, in linee che temibili parevan essere risorte dall'inferno. Contò mentalmente ed al suo tre un tuono squarciò quel silenzio improvvisato che non aveva il sito dell'imbarazzo. Doveva essere vicino, forse oltre il Lago. Lasciò andar via il fumo soffiandolo il piccoli cerchi contro gli occhi - anch'essi cerchiati - di lui. Sì, ti conosco. Sorrise, facendogli l'occhiolino. Tu sei un serpeverde, sei stato smistato prima di me. Intendo dire proprio prima di me. Non mi ricordo il tuo nome però. Si strinse nelle spalle, probabilmente lui non si ricordava neppure, di lei.
     
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  5. Sweet Sin
         
     
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    Alexander Smith

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    Ultimo lamento e infine un rumore secco sgorga dal cielo. Tear e la sua capacità di predire i temporali. Mio padre con la capacità di rompermi le palle. Gli insegnanti e la loro capacità di inculcati ciò che sanno. Ognuno con una capacità che mettono a disposizione del prossimo ma fine soltanto a sé stessa. Un po' come quando aiuti un vecchietto ad alzarsi, certo, lo fai per bontà ma alla fine, se proprio analizziamo il tutto tu aiuti un'altra persona solamente perché ti fa sentire meglio, quindi scusatemi se alla fine dei conti io mi mostro per quello che sono, per quello che in realtà anche voi siete. Ipocrisia, la lascio a voi e mi tengo molto volentieri il menefreghismo. I miei occhi si perdono oltre questo vetro, acquosi come questo lago le mie iridi cercano di perdersi in quello che è questo esatto momento. Il tempo. Ogni cosa viene scandita dal tempo, ogni nostra azione, perfino io che me ne sto qua a non fare una mazza. Il tempo non ha nessuna divisione visibile che ne segni il passaggio, non una tempesta con tuoni, né squilli di tromba che annuncino l’inizio di un nuovo mese o un nuovo anno. Persino quando inizia un nuovo secolo siamo solo noi mortali che suoniamo le campane e spariamo in aria con le pistole. Ogni nostra cosa è solamente l'alternarsi del tempo e della pazienza, perfino il pensare non è altro che il dover portare pazienza prima che giunga il tempo di compiere l'azione pensata. Un'altra nuvola di fumò uscì dalla bocca mentre il silenzio fu rotto solamente da alcune parole uscite da quella gola adesso sempre più impastata dalla sostanza che rallentava ogni mio ragionamento, credo che se dichiarassero illegale il succo di zucca mi sparerei in corpo anche quello. Ci sono persone che necessitano di limiti e persone -come me- che hanno bisogno di superarli, l'eterna lotta tra gli opposti, un po' come l'eterna lotta tra bene e male. Eppure più guardavo distrattamente queste gocce mi mi sentivo come se in un qualche modo assomigliassi a esse, non per quanto riguarda il loro venir rifiutate, poco mi importa di quello che la gente pensa di me, più che altro per la loro inesattezza nei contorni, il loro non assomigliarsi per quanto all'occhio possano sembrare gocce identiche. Umano sono, certamente, due gamba, due occhi e tutto il resto eppure ben diverso sono da tutti quei presenti fuori. Persone che semplicemente si arrendono, che decidono di accettare ogni loro fottuto limite decretando chiusa la lotta con loro stessi, è come se l'essere umano non esistesse al di là della lotta contro i propri limiti, come se il dover combattere per poi arrendersi siano esattamente quel contorno che rende la sua esistenza più reale. Ovviamente poi ci sei tu, vero? Ci sei tu -Alex- con la tua filosofia del cazzo, con il tuo ciarlare e fregartene di quello che succede intorno a te. Si, ci sono io con le mie teorie così sbagliate da sembrare anche assurde. Ci sono io e insieme a me c'è tutta la bruciante verità su quanto in realtà anche il più buono degli esseri umani faccia schifo. Se ne stanno tutti lì a dir che vogliono vivere ma nessuno che alla fine voglia pagare il prezzo di quella vita. La morte. A nessuno piace, tutti lì stanno, satolli di esperienze, di stronzate, pronti a darti i loro consigli del cazzo ma quando arriva il momento di pagare fanno un passo indietro lasciando come vittima il povero stronzo che della vita non ha goduto un cazzo. Sapete che vi dico? Che io voglio vederla in faccia la morte, voglio che sudi così tanto per prendermi da sorridermi, da rendersi conto che quel prezzo io me lo sono meritato tutto. Al diavolo le regole, al diavolo le etichette. Io la vita la voglio sentire dentro, voglio la sua esplosione negli organi, voglio che mi confonda e mi stordisca proprio come sta facendo quest'erba.. perché se di vita ne abbiamo una sola allora io non voglio di certo perdermi qualche cosa 'Credo che mi stia venendo un certo appetito' e poi ovviamente tutti i bei discorsi se ne vanno quando con aria da vero cretino mi rendo conto che mi sto perdendo, tutte le belle teorie vanno via quando tornando al presente mi rendo conto che non sono solo e che forse dovrei anche un tantino controllarmi. Ah si certo, questa è la stronzata delle.. che ore sono?
    Dite tutti la stessa cosa, non è proprio una pacchia la spilla da prefetto. Lo sai vero?
    Un ghigno solca sulle labbra mentre facendo un altro tiro con la mano libera continuo ad accarezzare la testa del pennuto. Tutti? Ehi Bambolina, stai parlando con Alex sono un bastardo adorabile Smith, perciò gentilmente evita di ficcarmi in un quadro generale. Una risata che sinceramente è più dovuta all'erba che alla situazione sgorga dalla gola mentre portando di nuovo la testa appoggiata al muro lascio che la rondine sul mio collo spicchi su quel carnato così bianco «Io non ho detto che è una pacchia. Ho detto solo che se avessi quella spilla la userei solamente per fare quello che voglio senza sbattimenti» si, perché tu adesso Alex segui le regole una per una vero? La guardai nonostante iniziasse a essere difficile mantenere un certo filo logico o una certa compostezza -che nemmeno da lucido possiedo-, soprattutto perché in un qualche modo mi sembrava che il suo volto fosse un qualche cosa di familiare ma per niente legato alle mie attività, come dire, extra scolastiche.
    Ad esempio dobbiamo fare rapporto ai rappresentanti di casata. Giustificare le assenze durante i turni di ronda e soprattutto far da guida turistica ai primini. Dovresti provare, è così gratificante!
    «Allora perché hai scelto di diventare Prefetto?» E dovresti anche ogni tanto chiuderla quella bocca, soprattutto quando escono certe sottolineature che sono davvero fastidiose. La voce stranamente più curiosa mentre di nuovo gli occhi tornarono sul suo volto. Se mi avessero detto che in futuro avrei indossato quella spilla come minimo sarei scoppiato a ridere, chiunque mi conoscesse concordava soltanto su di una cosa: ero incapace di rispettare le regole, figuriamoci farle rispettare. Come campanelli la sua risata arrivò alle mie orecchie, lento ruotai di nuovo la testa in direzione stavolta del pennuto che con il becco aveva iniziato a tirarmi la camicia. Sul serio, no dico, vuoi farmi compiere dei movimenti adesso, nello stato in cui sono, alzando le mani in segno di resa tenni la sigaretta tra le labbra mentre allungandomi appena dovetti aprire uno spiraglio della finestra aiutandomi anche con qualche spinta del piede. Ora, pennuto, le cose sono due, o esci in fretta prima che muoia ibernato oppure smetti di rompermi le palle. E credetemi fui davvero felice quando scelse la prima opzione che mi consentì di tornare al mio angolo di paradiso con tanto di spifferi che adesso alleviavano il calore che sentivo.
    Che frase ad effetto! Io ti conosco. Grazie.
    Il sorriso che mi si stampò sulle labbra svanì quando soffiandomi sul volto diede vita a quelle orrende sensazioni che mi colpiscono ogni volta che ho a che fare con una ragazza conosciuta in maniera un po' più intima. Sono fottuto. Ecco cosa balenava nel mio cervello mentre cercavo di svegliare quei neuroni addormentati che mi ritrovavo. Di certo trovarsi in cima alla torre, solo con una tipa di cui non mi ricordo ma che a quanto pare ho conosciuto non è il miglior scenario per uno come me. Soprattutto quando potrebbe ricordarsi che magari sono proprio quel bastardo che dopo averla portata a letto se ne è fregato del suo stato emotivo. Alex, dovevi metterlo in conto. Si, dovevo mettere in conto che molto probabilmente io sarei morto per mano di una mia stronzata «Sei un Prefetto, di sicuro mi hai visto correre via da qualche punizione -quello che stavo dicendo non aveva senso ma preferivo di gran questa bugia piuttosto che all'idea di venir gettato di sotto per via di una femmine ferita nell'orgoglio. Sorrisi appena mentre tendendole la sigaretta da me fatta appoggiai di nuovo la schiena al muro- figurati, non capita tutti i giorni di corrompere un Prefetto», e adesso pure li splenditi facciamo. Se si dovesse calcolare l'idiozia in base alle azioni direi che io sono il Re degli idioti. C'è la probabilità che questa ragazza sia una delle molte, c'è la probabilità che non appena si ricorderà di me mi getti giù dalla torre ed io tutto quello che sono in grado di fare è pure provocare in maniera maliziosa. Ha ragione mio padre, certe volete so essere veramente un gran coglione.
    Sì, ti conosco. Tu sei un serpeverde, sei stato smistato prima di me. Intendo dire proprio prima di me. Non mi ricordo il tuo nome però.
    Sia ringraziato Merlino. Allungandomi appena per prendere la sigaretta mi ritrovai con il volto proprio davanti al suo, il calore iniziava a scuotere le viscere, la fame iniziava a farsi sentire e la lucidità iniziava a farsi benedire mentre ghignando risposi al suo occhiolino «Mi è andata bene allora -basso uscì quel soffio mentre portando la sigaretta alle labbra tornai alla mia posizione iniziale. I miei occhi mai si staccarono dai suoi mentre una nuvola leggere uscì dalla bocca- Così potrò darti un falso nome, magari il nome di un altro studente per metterlo nei guai», una risata divertita uscì dalla gola mentre affinando lo sguardo di colpo mi venne in mente il perché quel volto mi sembrasse familiare. Di colpo schioccai le dita mentre con la sigaretta tra le labbra puntai il dito verso lei «Tu sei la sorella di Robin! -si, e direi che sarebbe anche saggio sorvolare circa il mio ultimo incontro -avvenuto diversi mesi fa- con la Serpe, non che ci sia andato a letto ma nemmeno ci siamo guardati nelle palle degli occhi, insomma c'è stato solo un bacio, certo, avrei avuto qualche cosa di più se non fossi stato beccato e messo in punizione, e forse avrei anche dovuto cercarla dopo averla piantata in quell'aula da sola. Cazzo, sono nei guai allora- Allora, come mai un Prefetto ha deciso di venire meno ai suoi doveri?» E come mai tu Alex senti la necessità di sviare l'argomento? Ovviamente perché non sapendo in che rapporto le due fossero le possibilità di vedermi gettato fuori dalla finestra stanno aumentando in maniera esponenziale.



    «Ozio: intervalli di lucidità

    nei disordini della vita»
     
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