We are survivors

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    « Andrà tutto bene ok? Te lo prometto. Ormai sei grande e riuscirai a superarla. E' una cosa con cui si convive, come tante altre cose. Poteva andare molto peggio. » Dicendo ciò si stringe nelle spalle e cerca di eludere le fitte di dolore che le attraversano tutto il corpo. Prima prerogativa di Beatrice Morgenstern: mai mostrare debolezza. Perché la debolezza genera sfiducia, e la sfiducia genera malintesi. Era questo che pensava più di un anno fa, e quel pensiero, quel modo di vedersi e di vedere il mondo era cambiato davvero poco nel trascorrere di un ciclo completo del sole. Poteva andare molto peggio. E come? Beh, solo per cominciare potevano essere morti, potevano portarsi cicatrici visibili per il resto della vita. E invece, in fin dei conti era andata piuttosto bene. Nessuno volto sfregiato, nessuna ferita che non si sarebbe emarginata. Certo, Beatrice si sarebbe portata quegli squarci nella pelle per il resto della sua vita, come pegno della sua stupidità; Sam dal canto suo, avrebbe combattuto con una bestia pelosa fino all'ultimo dei suoi giorni. A quei tempi si era proposta di aiutarlo, si era proposta di non abbandonarlo, di prenderlo per mano e aiutarlo a camminare di nuovo, mostrargli che tutto sommato la vita poteva essere bella anche senza essere perfettamente sotto controllo. A quei tempi sognava di dirgli che non gli avrebbe permesso di fare del male a nessuno, e soprattutto non avrebbe permesso che si facesse del male da solo. Tutte promesse che erano rimaste allo stato ipotetico nella sua mente, promesse a cui non aveva tenuto fede e del cui peso non si era mai liberata. C'erano cose più urgenti di cui occuparsi, cose che finché non sarebbero state risolte, non avrebbe permesso a nessuno di loro di vivere senza guardarsi perennemente alle spalle, terrorizzati all'idea che qualcosa come quanto sperimentato a pochi giorni dai primi rintocchi dell'Anno Nuovo sarebbe ricapitato. « Devi promettermi che ti prenderai cura di lui. Non lasciarlo da solo ok? Ha bisogno di un amico e ha bisogno di sentirsi.. se stesso. » Aveva detto a Dean, senza sapere nemmeno lei cosa ciò significasse. Poi gli aveva fornito il nome di un pozionista che non avrebbe fatto nessuna domanda e avrebbe fornito loro qualunque cosa avessero avuto bisogno nel caso in cui altri canali ufficiali e/o ufficiosi fossero venuti a mancare. Vieva a Hogsmeade e rintracciarlo non sarebbe stato difficile. Beatrice si era rivolta a lui più di una volta per curare le emicranie che l'avevano colpita in seguito alla maledizione che aveva tirato fuori dalla quarantena le sue due amiche. Non se ne era andata a cuor leggero, ma tutto sommato per quanto possibile aveva cercato di sistemare le cose. Maniaca del controllo com'era, l'idea di gettar tutto alle ortiche per gettarsi nell'ignoto le era sembrato a dir poco stupido e folle e decisamente fuori dalle righe. Ma si sa, quando Beatrice Morgenstern si mette in testa di dover fare qualcosa, non c'è storia che tenga, non c'è scusa o impedimento abbastanza forte che riesca a trattenerla dal fare quanto si sia messa in testa di fare. E così parte; e come le migliori del suo genere, non si lascia cadere preda ai sentimentalisti. Non saluta nessuno di persona e non avvisa nemmeno nessuno del momento esatto in cui se ne andrà. Ha paura che qualcuno potrebbe fermarla, e qualcuno, potrebbe essere davvero un forte deterrente. A chi di più caro lascia un biglietto e così sparisce nella notte di un freddo giorno di fine gennaio dando ben poche notizie di sé. Ogni tanto scrive qualche lettera per i ragazzi, facendo ovviamente attenzione di non dare la parvenza di essere aggiornata su tutto, nonostante grazie alle lunghe chiacchierate in compagnia di Eric sia proprio così; ogni tanto manda loro un qualche cartolina da uno dei vari posti in cui si trova, ma per lo più lascia che loro si scordino di lei, lascia che continuino la loro vita senza aspettarla - sempre che loro abbiano mai avuto l'intenzione di aspettarla.

    Ci vediamo nelle cucine alle 22:00. Sii puntuale!
    Una tua ammiratrice segreta.

    Poche semplici parole per quell'incontro che in realtà bramava sin da quando era tornata a scuola il giorno prima. Samuel Scamander era una delle persone che maggiormente le premeva di incontrare il prima possibile. Aveva passato la serata in compagnia di Dean, Olympia e Reina, cercando di recuperare quanto perso nell'ultimo anno. Si erano seduti comodamente in Sala Comune fino a tarda ora aggiornandosi su quanto fosse successo, sugli ultimi gossip. Le era mancato; la scuola le era mancata, ognuno di loro le era mancato come l'aria e trovarsi nuovamente lì con loro, per quanto le cose fossero cambiate, la portava ancora ad avere un po' di speranza nel genere umano. Certo la situazione stava peggiorando. La sua in particolare era diventata ormai scomoda e ben difficile da reggere; tra la gilda il subbuglio per la dipartita di Richard e la squadra di Inquisizione che premeva perché prendesse una decisione in merito alle parti da scegliere, la sua posizione non era certo delle migliori. Ma ora, Beatrice voleva solo illudersi di poter stare per un po' bene. Non era facile, ma ci avrebbe quanto meno provato.
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    Quindi, eccola lì, seduta su uno dei vari banconi dell'enorme cucina, con accanto una serie infinita di schifezze che ha dovuto racimolare non appena gli ultimi elfi domestici hanno abbandonato i locali. Si sta guardando intorno mentre sta sgranocchiando energicamente le patatine fritte raccolte in un grande contenitore di plastica, avanzate in seguito alla cena. Quando sente i primi passi, salta giù e si nasconde dietro il bancone in attesa che il ragazzo si avvicini abbastanza. Il locale poco illuminato le da un vantaggio sul suo ospite. Poi, quando i passi vibrano sempre più vicini, Beatrice fa capolino da dietro il bancone. « Sorpresa! » In realtà non sa come potrebbe reagire il ragazzo; non sa come ha preso di preciso la sua partenza e nemmeno come abbia vissuto le sporadiche notizie che ha dato di sé nell'ultimo anno. Certo è che a lei è mancato. Le è mancato potersi crogiolare al sole nel cortile in sua compagnia e in quella di Dean. Le è mancato bastonarlo perché le chiedeva sempre di copiare i suoi compiti e le è mancato semplicemente perché lui era Sam, e nel suo modo tipicamente molesto, riusciva a farla sorridere e metterla di buon umore. Avevano avuto alti e bassi nel passato, ma Beatrice poteva dire con certezza di volergli bene, sin troppo per la sua stessa sanità mentale. Ricorda ancora quel giorno in cui erano finiti in ospedale, e insieme a Dean, mano nella mano si era diretti verso quella maledetta stanza in cui giaceva la loro compagna in coma. Ricorda il momento in cui al San Mungo si sono abbracciati in seguito all'attacco che ha cambiato la vita di entrambi. Andrà tutto bene, ok? Gli corre incontro e lo abbraccia fortemente prima di stampargli un bacio sulla guancia. Piuttosto espansiva questa Morgenstern, chissà per quanto durerà? « Andiamo Scamander, non fare quella faccia. So che ti eri già fatto mille pippe mentali su come avresti steso la squizietta di turno sul bancone della cucina, ma per questa sera dovrai accontentarti solo di me e delle patatine fritte. » Dicendo ciò saltò sul bancone e gli allungo il contenitore delle patatine, prendo a sua volta uno dei muffin al cioccolato che aveva diligentemente racimolato assieme al resto. Gli sorrise e si strinse nelle spalle. « Come va? » Avrebbe voluto chiedergli tante altre cose; gliele avrebbe chieste, ma per ora, un inizio soft.



     
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    Ci vediamo nelle cucine alle 22:00. Sii puntuale! Una tua ammiratrice segreta. Si passa più volte il biglietto tra le mani, cercando di riconoscere la scrittura. Non è mai stato bravo in certe cose, i dettagli non sono mai stati il suo forte, perciò l'impegno messo in quell'impresa scema pochi secondi dopo aver cominciato. Ispeziona il foglio, davanti e dietro, alla ricerca di una minima traccia, una sbavatura che porti con sé l'identità segreta di quella fantomatica ammiratrice segreta. Il punto esclamativo finale sembra dirgli qualcosa. Una ragazza decisa, precisa, che sa quello che vuole. Mi piace. L'idea lo stuzzica nel profondo. Lo fa eccome, il pensiero di avere un appuntamento con una ragazza è sempre una idea rosea e paradisiaca nel suo immaginario di ragazzo in piena fase ormonale, umana e per di più anche ferina. Alza gli occhi dal foglio, incontrando gli occhi cerulei di Dean. Alza le sopracciglia, indicando con il mento il biglietto. Sam, dal canto suo non sembra accennare a volerglielo passare. Erano cose private, certe cose. Seh, come no. «Bello mio, stasera dovrai proprio fare a meno di me.» Gli sorride, sghembo, mentre appoggia la gamba sulla panca di legno, pronto a scattare in piedi. «Ouch, mi ferisci così. E il motivo di questo abbandono?» Gli angoli delle labbra di Sam si piegano leggermente verso l'alto, mentre sventola in aria il biglietto di pergamena stretto tra pollice e indice. «Ammiratrice segreta, a quanto pare. Mi ha dato appuntamento alle cucine. Sai, il tavolo da lavoro..» Sciabola per due volte le sopracciglia verso l'alto, con sguardo allusivo, scoppiando a ridere in contemporanea con l'amico. «Chissà, magari dopo il movimento, farò anche un po' di scorta. Per la fame chimica.» Si gratta appena il capo, facendo poi leva con la mano libera sul tavolo per potersi rialzare. «Cioccolato e patatine, al solito?» L'amico annuisce, prima di dargli una pacca sulla spalla, a mo' d'incoraggiamento. «Falla nera!» Con un sorrisetto malizioso, il moro si allontana dal tavolo di Grifondoro, avviandosi verso l'uscita della Sala Grande. Direzione docce. Non può di certo presentarsi ad un appuntamento, che spera sfoci in sesso animalesco sul ripiano dove solitamente cucinano gli elfi, in uno stato che non contempli la perfezione. L'igiene, in certi ambiti, è la cosa a cui si deve sempre tenere conto, non ci si può di certo presentare impreparati ad un'occasione del genere. Perciò, dopo una veloce ma accurata sciacquata, una sistemata ai capelli e indossata la sua felpa porta fortuna, esce dal dormitorio, con la bacchetta alla mano. «Lumos!» Ed è in quel momento che un'idea sfiora la sua testa da ragazzo il cui unico pensiero, solitamente, è uno e uno soltanto. E se è una racchia? C'hai pensato? Che hai intenzione di fare? Di fare retrofront appena la vedi? Mossa poco elegante e ti giochi sicuramente la reputazione, se lo va a raccontare in giro. E se è uno scherzo? Magari sorridi, dici che l'avevi già capito, ma che volevi stare al gioco. Semplice, lineare, ne esci pulito e pure con la fama del burlone. Fa sempre bene. Ma se è una racchia e ti vuole pure zompare addosso? Che si fa? «Merda!» Si ritrova a dire, mentre i suoi piedi si arrestano di fronte le porte in legno della cucina. E' indeciso, non sa che fare. Entrare e ritrovarsi davanti una persona dall'aspetto esteriore poco gradevole è la cosa che più lo terrorizza. Non può fare beneficenza, non è di certo suo padre che prende tutto ciò che gli passa il convento. Lui è selettivo, solitamente è lui che sceglie e per quanto sia lusingato di aver ricevuto quel biglietto, lo stare in una posizione di svantaggio lo rende irrequieto. Il non sapere chi è che lo attende lo irrita. A poker gli piace giocare al buio, senza nemmeno vedere le carte. Quando si tratta di ragazze, beh, la cosa prende decisamente una piega differente. Decide però di entrare. Non è un vigliacco. Per quanto detesti le lacrime di una ragazza, sa come affrontarle. Ha qualche frase ad effetto sempre pronta. Non roba come "Non sei tu, sono io", ma qualcosa di decisamente più vincente, con la quale si è tirato fuori dai guai svariate volte. Allunga la mano a spingere la porta, mentre ad accoglierlo c'è una cucina decisamente deserta. Illuminata, ma completamente vuota. Uno scherzo. Si ritrova quasi a tirare un sospiro di sollievo all'idea di aver scampato la mina vagante, quando una voce femminile lo richiama. « Sorpresa! » Si ritrova davanti Beatrice. Sgrana appena gli occhi, guardandosi intorno, come a cercare qualche telecamera, come in quei programmi babbani dove il malcapitato protagonista è la vittima di un atroce scherzo. Ma lei è lì, lì davvero e gli corre incontro, lo abbraccia e lo bacia. Lui rimane imbambolato, a braccia allargate, in balia della sua presa espansiva. Deve essere cambiata tanto questa Beatrice in quest'anno. Sente il proprio viso tirarsi in un sorriso raggiante e sente che l'emozione che riesce a scaturirgli quell'abbraccio è di felicità. Vera. Vera davvero. Stringe le braccia intorno al suo esile corpo, prima di lasciarle un frettoloso bacio tra i capelli. Il calore del suo corpo è amichevole, familiare e subito si sente più tranquillo. Avverte i propri occhi brillare d'emozione, mentre lei si stacca. Le è mancata, dannatamente. Se ne accorge davvero soltanto nel secondo i suoi occhi si possono posare nuovamente su di lei e su quello sguardo penetrante. « Andiamo Scamander, non fare quella faccia. So che ti eri già fatto mille pippe mentali su come avresti steso la squizietta di turno sul bancone della cucina, ma per questa sera dovrai accontentarti solo di me e delle patatine fritte. » La guarda e le sorride, constatando quanto lo conosca bene. E con una punta di amarezza sente di non essere cambiato, in quello. Lei lo ha fatto, lui no. E' rimasto fermo. Ma scrolla la testa, ridendo alla sua battuta. «Non ti mentirò! Avevo una paura fottuta all'idea di ritrovarmi in questo posto con una..» si blocca di scatto, sapendo di non poter continuare con la parola che gli lampeggia in testa. Non davanti a Tris, oppure il ceffone dritto in faccia è assicurato «..con qualcuno di poco carino, ecco! Sarebbe potuto rivelarsi un vero problema.» In fondo la diplomazia non è mai stato il suo forte. Ridacchia, passando l'indice a sistemarsi il cerchietto al labbro inferiore, prima di tornare a guardarla. «Ma te lo giuro, non mi posso lamentare. Oh no che non lo faccio. Sei ancora più gnocca di quando sei partita!» Lo dice sinceramente, senza pensarci due volte. Non si è mai trattenuto dal fare apprezzamenti sull'amica. Era una figa, lei a volte sembrava dimenticarselo e qualcuno lo doveva pur fare. Segue il suo esempio e salta sul bancone, il bancone dei suoi sogni, proprio vicino a lei. Si lascia tentare dal pacchetto di patatine fritte, cominciando a sgranocchiarle con voracità. Una delle tante cose che aveva ottenuto dal morso era stata proprio la fame da lupi. L'allusione è puramente casuale. « Come va? » Scuote la testa, divertito. Non c'era domanda più cretina di quella, a suo avviso. L'aveva sempre trovata stupida, per il semplice fatto che non poteva esserci una sola risposta a quel quesito. Non dopo un anno in cui non si vedevano. Ma decide di accontentare la sua curiosità, le è grato di aver cominciato con una domanda così leggera. E' felice di tenere un livello basso, tranquillo, spensierato. «Ora? Alla grande! Sono più figo, resistente, in tutti i sensi..» inarca le sopracciglia con quel tipico sguardo alla "if you know what i mean", prima di proseguire. «Sono diventato capitano della squadra Serpeverde, quindi preparati psicologicamente alle perdite future che Grifondoro dovrà patire per mano nostra!» Sorride, dandole una leggera spallate. Le era mancato anche quello di lei, il poterla punzecchiare anche per le cose più cretine, come era quella di coglierla nel vivo del suo orgoglio rosso - oro. «Te invece? E' stato abbastanza lungo e rilassante il tuo giro del mondo?» Da quello che ha scritto ogni tanto, a lui e Dean, non sa poi molto di come Tris ha passato l'intero anno passato. In tutta sincerità ha sempre saputo pochissimo sul suo conto e questo, forse, gli è sempre dispiaciuto. Un po', non tanto, ma quel leggero pizzico d'invidia per Dean l'ha sempre provata. Sapere i segreti della Morgenstern, conoscere dettagli della sua vita, poterla aiutare in qualche modo, anche soltanto un po' di più rispetto al semplice sparare cazzate o farsi bacchettare di proposito per farle tornare il sorriso. Ma non le fa di certo una colpa. Doveva sistemare delle cose e probabilmente sistemare se stessa, dopo l'attacco del lupo ad Hogsmeade. Non era stato facile per nessuno, di certo non poteva esserlo stato nemmeno per lei. «Sei riuscita a trovare le risposte che cercavi?» E a metterti l'anima in pace? Non lo aggiunge, preferisce tenerselo per sé. La guarda negli occhi, finendo di masticare l'ultima patatina ficcata in bocca, sperando di ottenere da lei qualcosa di più di una semplice risposta sbocconcellata.
     
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    La verità era che c'era un senso di colpa di sottofondo ad annidarsi nel cuore della Morgenstern. Non aveva mai smesso di sentirsi in colpa per il modo in cui se ne era andata, perché tutto sommato, la sua azione era stata uno scarica barile di incredibili proporzioni. Non tutti avevano avuto la possibilità di andarsene, di sparire come se niente fosse; c'era chi a differenza sua era rimasto, aveva deciso di affrontare i problemi, uno alla volta, passo per passo, superandola nel mondo reale, quel mondo che ormai stava diventando giorno dopo giorno un po' più crudele e opprimente. C'era chi non era scappato, chi aveva affrontato i primi colpi del Ministero, chi aveva visto l'anticipazione dell'orrore che da lì a poco avrebbe colpito tutti. Beatrice dal canto suo aveva scelto qualcos'altro, aveva scelto di fuggire, di cercare risposte in solitudine, di allontanarsi da chiunque potesse chiederle spiegazioni su quanto accaduto non più lontano di un anno prima. Aveva scelto di affrontare la questione di petto. Eppure, in cuor suo sapeva ci fosse un che di codardo nelle sue azioni. Cercare vendetta cosa le aveva portato? Nulla, assolutamente nulla. Aveva avuto l'occasione di guardarli da lontano attraverso gli occhi di Eric. Ogni qual volta li scorgesse nella folla di studenti, un pezzo di se stessa si staccava, si rompeva, si tormentava di fronte all'idea che effettivamente non era lì. Non era lì per dare loro risposte che forse cercavano, non era lì per aiutarli o semplicemente per farsi aiutare. Perché a volte si sa, aiutando qualcun altro, si aiuta solo ed esclusivamente se stessi. Un sentimento che, a dirla tutta, la giovane Morgenstern conosceva come le proprie tasche, perché in fin dei conti, nessuna delle azioni da lei compiute, definite comunemente altruiste, erano tali fino in fondo. Salvare le sue compagne dal morbo, salvare i suoi compagni più e più volte dagli attacchi dei lupi, cercare sempre di migliorare chiunque avesse attorno, mostrarsi disponibile e pronta a dare una mano, non era altro che il suo biglietto d'ingresso in quel mondo, un mondo di cui non sarebbe mai stata completamente parte integrante, e che pure bramava con tutta se stessa. « Non ti mentirò! Avevo una paura fottuta all'idea di ritrovarmi in questo posto con una.. con qualcuno di poco carino, ecco! Sarebbe potuto rivelarsi un vero problema. Ma te lo giuro, non mi posso lamentare. Oh no che non lo faccio. Sei ancora più gnocca di quando sei partita! » Quelle parole portano le labbra di lei a piegarsi in uno spontaneo quanto sorprendete sorriso. Torna a fissarlo, restando in silenzio e annuendo per qualche istante. Il tempo di squadrarlo meglio, di avere la possibilità di soppesare i cambiamenti del giovane Scamander. E' decisamente più robusto, persino più alto; il volto del bimbo sperduto, leggermente tormentato, ha lasciato spazio a un più maturo e decisamente di bel aspetto ometto in pieno divenire. Si stringe nelle spalle con apparente noncuranza prima di tornare a fissare il recipiente pieno zeppo di patatine fritte. « Beh dai, nemmeno tu sei male. » Più di quanto ci si possa aspettare da un'ermetica Morgenstern. Torna a concentrarsi sul volto di Samuel mentre è tutto intento a divorare patatine senza sosta. C'è qualcosa di estremamente famigliare in tutto questo, in questa parvenza di normalità che entrambi sanno di non poter più nemmeno lontanamente aspirare. Entrambi incasinati, entrambi presi da problemi che non sono pronti a urlare al mondo. Sa, Beatrice, che tra loro c'è una zona d'ombra, qualcosa che non hanno nemmeno il coraggio di esprimere a parole. Entrambi, hanno comportamenti suicidi dello spirito, entrambi sono dediti allo sbaglio perenne. Ed entrambi sono bravi a nasconderlo - Beatrice dietro una coltre di fumosa perfezione, Samuel attraverso il suo solare quanto magnetico spirito. Gli chiede come va. Così poco appropriato di fronte alle migliaia di cose che effettivamente avevano da dirsi e raccontarsi. Così stupido di fronte alle questioni decisamente più delicate e puntuali su cui Beatrice avrebbe voluto concentrarsi. « Ora? Alla grande! Sono più figo, resistente, in tutti i sensi.. Sono diventato capitano della squadra Serpeverde, quindi preparati psicologicamente alle perdite future che Grifondoro dovrà patire per mano nostra! » Beatrice scoppia a ridere. Le fa piacere vedere di persona che tutto sommato Samuel l'ha presa bene. Non deve essere stato facile all'inizio. Forse tutt'ora non lo era affatto, ma tutto sommato, qualunque cosa stesse provando davvero, era in grado di dissimularlo abbastanza bene. Tra i suoi amici era sempre stato quello - almeno apparentemente - a vedere più di tutti il bicchiere mezzo pieno. Non come Dean; Samuel era più poetico, a tratti decisamente più volubile, più eccentrico. « Presuntuoso il ragazzo. » Si lascia scuotere leggermente dalla spallata prima di tornare a sua volta a mangiare. « Uno degli effetti collaterali deve essere di sicuro la vanità. Sogna pure, spelacchiato, lo sceriffo Morgenstern è tornato in città. E stai certo che non vi renderò la vita facile.. per niente. » Un leggero sorriso malizioso si dipinse sulle sue labbra. Si passò le mani tra i capelli prima di tapinarlo a sua volta con una leggera gomitata nel fianco. « Te invece? E' stato abbastanza lungo e rilassante il tuo giro del mondo? Sei riuscita a trovare le risposte che cercavi? » Abbassò d'istinto lo sguardo, evitando lo sguardo di lui. Forse perché di quel viaggio era tutto fuorché orgogliosa. Un anno in cui aveva seminato morte, un anno in cui non si era avvicinata nemmeno un po' di più alle risposte - come le aveva definite Sam - che stava cercando. Li aveva vendicati, sì, ma era davvero ciò che loro avrebbero voluto? Era davvero ciò che Sam avrebbe desiderato, ora che era uno di loro? Si strinse nelle spalle.
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    « No.. non credo. Non appena sono tornata ho realizzato che non sono andata nell'unico posto in cui avrei voluto essere.. » L'unico posto che le era mancato. Tatev. Il monastero. Le colline della sua infanzia. I suoi maestri. Forse non lo aveva fatto per vergogna; i suoi maestri se ne sarebbero accorti che c'era qualcosa di definitivamente sbagliato in lei. E c'era qualcosa, qualcosa che di irreversibile. « Rilassante, non è propriamente la parola che avrei usato. Ma tutto sommato mi è servito. Ho visto tanti piccoli paesini, esplorato tante foreste, posti che credo che il nostro amico amante della luna piena, dormiente ma qui presente, gradirebbe tanto. » Non con i cacciatori in giro. Si accorse della stronzata appena detta non appena esalò le ultime parole. C'era però una cosa su cui faceva leva; ora che Richard non c'era più i cacciatori non sarebbero mai stati quelli di un tempo. Non avrebbero più fatto del male indistintamente. Non a quelli come Sam. Non agli innocenti. « E' un'esperienza mistica dormire nei motel, fare l'autostop, accamparsi in mezzo alle foreste. » Una vita da vero cacciatore. « Bidonare le tavole calde perché hai finito i soldi è qualcosa che non ti consiglio. Nelle zone di montagna i babbani tengono dietro i banconi grossi fucili da caccia.. e ti giuro che provano a spararti anche per poche sterline. » Vere avventure quelle di Beatrice e Holden, molte delle quali Eric non aveva nemmeno più di tanto gradito. Era presente quando quel grosso omaccione aveva cercato di spararli alle gambe per impedir loro di svignarsela senza aver pagato dopo una cena coi fiocchi. Ma che altro avrebbero potuto fare? Erano a corto di soldi e non avevano avvistato nulla di effettivamente commestibile nei dintorni da quasi un giorno. Il pesante freddo del vette scozzesi spaventa anche i più temerari animali durante la bassa stagione. « Non è stato come lo aspettavo. » Asserisce improvvisamente trovando il coraggio di guardarlo a sua volta negli occhi. « Ciò che ho perso è stato più di quanto ne abbia avuto da guadagnare.. Mi sono persa tutto questo. Li ho letti i giornali.. so che qui le cose stanno diventando complicate. » Ma lei non riusciva a fermarsi. Non si sarebbe fermata finché non avrebbe trovato il mandante. Finché non avrebbe trovato la testa pensante di tutti quegli attacchi, di tutte quelle vite rovinate. « Ho dovuto accettare compromessi personali di cui non vado particolarmente fiera.. » Si ferma per un secondo. Non sa se dirglielo o meno, ma a dirla tutta, non può che fidarsi di Sam. Sam è il suo amico, uno dei migliori, e lei l'ha sempre tenuto all'oscuro da così tante cose, mentre lui dal canto suo gli ha confidato cose così personali su di sé. « .. con Eric. » Uno sguardo d'intesa prima di tornare a fissare le patatine. « E anche con tutto il resto del mondo. » Come se tutto il resto del mondo avesse davvero il peso specifico della persona menzionata. La verità è che non aveva nemmeno un tono lamentoso nel dirlo. Se certe cose era successe poteva solo che incolpare se stessa. Nessun altro. All'inizio era stato facile, piacevole, tutt'ora Beatrice si convinceva fosse così, ma non poteva fare a meno di pensare che se solo avesse preso decisioni diverse, le cose sarebbero state sì.. diverse. Scuote la testa cercando di tornare il più possibilmente serena. « Cazzo, riesco a essere così lacrimogena certe volte. » Nessun riferimento a suo padre, non era il caso di rendere la situazione ancora più pesante. D'altronde conversazioni come quelle in cui rientra l'argomento è morto pinco pallino/mio padre diventano sempre particolarmente silenziose. E Beatrice voleva vedere tutto fuorché silenzioso quel Sam. « Ma non divaghiamo, latin lover. Voglio sapere con chi mi contendo i complimenti quest'anno. Chi c'è nel tuo raggio? Perché è ovvio: ti sei fatto il culo per diventare capito solo per rimorchiare ancora di più. » Appoggia i gomiti contro il bancone mettendosi più comoda. « Aggiornami. Visto che sei venuto qui è ovvio che ancora non ti sei sistemato nemmeno un po'. » Lo sguardo prende a fissare la superficie giallognola del soffitto, tempestata di macchioline di grasso. « Dovresti pensarci. Non è così male come dicono. » Disse quella che evidentemente sa gestire una relazione.


     
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