You home with me.

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    Cena di Natale, 2017
    Olympia aveva cominciato nuovamente ad apprezzare le festività natalizie. L'aria di festa, il calore umano, il tepore di un buon camino addobbato per l'occasione, il rituale dell'albero di Natale, i regali e i maglioni imbarazzanti che sua nonna Molly le confezionava a mano. Era un uragano di emozioni che non riusciva a gestire ancora alla perfezione, ma a cui si stava abituando, molto lentamente. E pur non amando particolarmente le domande asfissianti dei suoi parenti, stranamente quella sera non aveva poi così tanta paura all'idea di affrontare un'intera cena insiema a loro. Il termostato del suo disagio sociale era decisamente sotto controllo mentre finiva di aiutare Teddy ad apparecchiare la tavola. Quando il campanello di casa suonò tre volte. Il classico segnale che suo zio Ron usava per farsi riconoscere. Casa Potter piombò in un attimo nel delirio più totale, mentre gli occhi verdi di Olympia riuscivano a fissare soltanto lui. Fred. Le cose tra loro non si erano mai appianate del tutto. Dopo il ballo, il Capodanno e la gita, non avevano mai avuto modo di chiarire fino in fondo la situazione. E di certo Olympia mai si sarebbe aspettata di ritrovarselo a cena. La sera di Natale. A casa sua.
    Si mosse verso di lui, piuttosto indispettita. «Vieni.» Sibilò al suo orecchio, prima di costringerlo con la pressione delle dita sul suo braccio a seguirla nella stanza più vicina. La porta si chiuse subito dietro le sue spalle. «Che ci fai tu qui?» Non era mai stata brava a gestire le situazioni che prevedessero del tatto. Dritta al sodo, senza tergiversare. «Sono venuto a cena...» Lo sguardo confuso di Fred sembrava non essere assolutamente toccato dall'insofferenza di fondo che si poteva trovare nel tono di lei. «Okay. E' chiaro che c'è bisogno che io mi spieghi meglio.» Si portò entrambe le mani a stringere i propri fianchi, passeggiando nervosamente sopra le mattonelle, producendo un fastidiosissimo ticchettio, che la costrinse a bloccarsi di botto. «Riformulo la domanda. Perché sei qui, insieme ai miei zii?» Uno scontro di sguardi, silenzio e intenso, prima che il ragazzo riprendesse la parola. «Perché sono i miei tutori legali.» Il ragazzo ricalcò l'importanza di quel pronome, grattandosi il capo, mentre Olympia cominciava a rendersi conto di essere un emerita deficiente. Aprì la bocca, ma non ne uscì altro che un suono stridulo d'indecisione. Che cosa poteva chiedergli? Che fine avessero fatto i suoi? Perché proprio i suoi zii? In risposta avrebbe potuto soltanto ottenere un Fatti i cazzi tuoi e non avrebbe potuto nemmeno biasimarlo. Dopo mesi passati ad ignorarlo, non avrebbe potuto aspettarsi niente di meglio. «Che è su-..mi dispiace Fred.» Alzò una mano per azzardare una pacca sulla sua spalla, prima di farla ricadere lungo il fianco, imbarazzata. Poi un pensiero le lampeggiò insistentemente in testa. «Ommioddio ferma un attimo» si ritrovò a dire, portandosi una mano alla fronte. «Questo vuol dire che ti avrò sempre in mezzo ai piedi, anche qui?» Un sorriso divertito incurvò le labbra del ragazzo, mentre Olympia, con il suo solito tatto da bradipo morto, si disperava a quell'idea.

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    Non sapeva bene come fosse arrivata lì. Né tanto meno perché si trovasse esattamente lì. Sapeva soltanto che la festa di San Valentino le metteva sempre una profonda tristezza addosso. Non perché sentisse il bisogno di festeggiarlo con qualcuno, di essere circondata da mazzi di fiori, cuoricini, cupidi volanti e palloncini. Assolutamente no. Ma per il semplice fatto che non riusciva a comprendere la motivazione dietro a quella stupida festa. Un giorno soltanto all'anno in cui festeggiare l'amore. Perché? Perché soltanto un giorno e non tutto l'anno? C'è qualcosa di profondamente sbagliato in tutto questo.Erano queste le domande retoriche che avevano invaso la sua testa, mentre si scolava le ultime gocce della bottiglia di Incendiario che teneva sotto il letto. Tris non era in camera, lei si sentiva sola, abbandonata e talmente triste da decidere di saccheggiare la scorta privata di erballegra di Fred. Tanto non ci sarà nemmeno in stanza pensò facendo spallucce, mentre con un balzo, saltava l'ultimo gradino, ritrovandosi davanti alla sua porta. Bussò, più per abitudine che per effettivo interesse nell'avere una risposta dall'interno, e senza troppi convenevoli, spinse in basso la maniglia, ritrovandosi dentro il caos primordiale. Che quella fosse la stanza di alcuni ragazzi non c'era alcun dubbio: calzetti e vestiti sparsi ovunque sul pavimento, libri che venivano usati come livellatori delle zampe dei tavolini, bauli traboccanti di roba alla rinfusa. Il tasso alolemico del sangue nelle sue vene sembrava aver superato di poco la soglia del "Non mi frega niente del resto del mondo" tanto da permetterle di sorvolare bellamente sulle condizioni disastrose e igieniche della stanza. A quelle ci avrebbe pensato l'indomani, con ogni probabilità. Si guardò intorno, cercando di individuare il letto di Fred. Chissà dov'è quel cretino che non sa tenerselo nei pantaloni nemmeno a pagarlo si ritrovò a pensare, piuttosto scocciata, avviandosi verso il più disordinato dei tre letti, con ancora le coperte disfatte. Ma che ti frega dove sta, o con chi sta in questo momento. Pensa a trovare l'erba. Giusto, l'erba. I mesi che erano trascorsi da quando casa Weasley e casa Potter erano diventate la sua nuova casa erano serviti positivamente ad Olympia. Grazie alla convivenza forzata, la ragazza aveva cominciato a conoscerlo più approfonditamente. Così tanto da sapere con assoluta certezza il punto esatto del materasso nel quale teneva sempre una bustina ben fornita di erballegra, con annessi e connessi. Con entrambe le mani cominciò a tastare il tessuto candido, fin quando, i polpastrelli non arrivarono ad un leggero rigonfiamento. Bingo. «Te ne stai con la sciacquetta di turno, mh?» Chiese ad alta voce ad un interlocutore non ben identificato, mentre muoveva sapientemente le dita sopra la cartina allungata. «E io mi fumo la tua roba. Chiaro, logico, semplice.» Si portò la sigaretta alle labbra, biascicando le ultime parole, mentre dava fuoco alla punta con il primo accendino che le capitò sotto mano. Fece un paio di boccate, ributtando fuori il fumo che andò condensandosi nell'aria della stanza. I suoi occhi chiari si posarono inavvertitamente su un piccolo stereo babbano, fornito di piccole casse rosse, al quale sembrava essere collegato un i-pod di ultima generazione. Senza nemmeno pensarci, si allungò a pigiare il tasto d'accensione, mentre la stanza veniva inondata da una musica decisamente lontana dai generi musicali preferiti della rossa. «Gesù, chi l'ha cruciata questa qui per cantare così male?» Sbottò, cambiando immediatamente canzone, fino a trovarne una che sembrava andarle a genio, tanto da farla cominciare a muoversi sinuosamente sul posto. Si schiarì la voce, copiando il cantante. «I say you look so fine that I really wanna make you mine.» Canticchiando, ondeggiava in giro per la stanza, con le braccia alzate a mezz'aria, che ogni tanto si abbassavano quel tanto da permetterle di portarsi il filtro alle labbra. Se all'inizio aveva creduto di passare una giornata come le altre, sicuramente quel San Valentino stava rivoltando le carte in tavola, divenendo ai suoi occhi quasi interessante. E più fumava, più cantava, più ballava, più la sua testa si faceva leggera, tanto da farla cominciare a vaneggiare del tutto. Sicura che non sei venuta in camera di Fred solo per assicurarti che non fosse qui con qualcun'altra? «Well I could see, you home with me, but you were with another man, yea!» Cantava, tentando di distarsi da quelle idee malsane. O magari sei venuta qua così che una volta tornato, vedendoti in stanza, dovrà per forza andare in bianco con la ragazzetta di turno. Furba, Olympia, davvero furba! «I said, are you gonna be my girl?» Cantò ancora più forte, saltando sul posto, prima di ritrovarsi faccia a faccia con Fred. Un sorriso si andò ampliando sulle sue labbra che si stringevano intorno alla sigaretta. Alzò le mani al cielo. «Signor agente, mi ha beccato!» Le parole uscirono totalmente deformate, ma abbastanza comprensibili. Poi ridacchiando, si portò il dito indice davanti alla bocca, accompagnandolo il gesto con uno stridulo Shh!. Con una piroetta a tempo di musica, si mosse su se stessa, tornando a guardarlo qualche istante dopo. «Me ne stavo in sala comune a..» In camera da sola come un cane, precisiamo «..a parlare con quel bel ragazzo del settimo, credo si chiami Cedric! E ho pensato..» Come posso rovinare il San Valentino a Fred? «"Chissà come deve sentirsi solo Fred in questa giornata di cuoricini e amore!" e quindi eccomi qua, a rischiarare le tenebre della tua serata!» Fece una profonda riverenza a braccia tese, prima di avvicinarsi a lui di qualche passo. Una volta accorciate le distanze, alzò il viso ad incontrare il suo, osservandolo da sotto le lunghe ciglia. «Vuoi?» Domandò senza staccare gli occhi dai suoi. Lasciò che l'allusione galleggiasse nei suoi zaffiri, prima di portare la sigaretta alle sue labbra. «Offre la tua casa.» Un sorrisetto malizioso incurvò gli angoli della sua bocca.
     
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    « Amortentia » La voce del professore giunge ovattata alle sue orecchie. Lezione di pozioni, ore 12am. Un Frederick Rudolph Weasley intento in una delle sue solite opere artistiche sui banchi di scuola. Una donna nuda anche oggi, probabilmente sorella di quella di ieri. Ha sempre fatto schifo a disegnare, Freddie, ma con le donne nude deve ammettere che ci sa fare. Un dono innato, il suo, potrebbe avere un futuro. Pozioni è una materia che non gli è mai piaciuta. A partire da quella stramaledetta aula internata nell'angolo più nascosto ed inquietante del castello, per finire a tutte le volte che, messo in punizione, è stato costretto a scrostare i calderoni. E non è mai stato sicuro che quella sostanza verdognola fosse gelatina alla menta, come gli aveva riferito un giorno Eric per consolarlo.
    « Chi sa dirmi cos'è? » Chiaramente, non alza neanche lo sguardo verso il docente. Severo ma giusto il ragazzo. Non ha studiato, non studia mai, figuriamoci se sa cosa diavolo è quel filtro che sembra avere il nome di un personaggio dei libri fantasy. Un'elfa dai capelli rossi di nome Amortentia, suona bene. Alza appena lo sguardo da Betty (sì, così si chiamava la signorina per bene disegnata sotto il suo blocco degli appunti) per osservare il resto della classe. Le ragazze sembrano particolarmente interessate all'argomento. Circondano il professore riposte a cerchio, e pendono dalle sue labbra. Sì okay, gran bel pezzo di fusto il prof, ma c'è qualcos'altro sotto. Da bravo ragazzo diligente ed attento ai particolari, decide di alzare la mano.
    « Signor Weasley, vuoi per caso rispondere alla domanda? » Chiede il docente, mentre lo sguardo dell'intera classe si catapulta su di lui che, dal canto suo, sfoggia il miglior sorriso che abbia in repertorio: quello da idiota. Classico, no?
    « In realtà io dovevo andare al bagno.. » Un vocio generale si innalza, assieme a qualche risata celata malamente. Freddie si morde il labbro inferiore, con espressione innocente. Il professore non sembra altrettanto divertito, e per qualche secondo ha quasi paura che lo stia per trasformare in un lama. Non sa perchè proprio un lama, ma sì, un lama.
    « Vieni quì » Sussurra, con un cipiglio severo sul viso. Freddie rimane seduto per qualche altro minuto, sperando in una distrazione dell'uomo che gli permetta di sgattaiolare via. Si guarda attorno, cogliendo lo sguardo divertito di Eric che, da bravo amico, fa spallucce. "Ti ammazzo il gatto" mima in labiale il ragazzo: che atroce vendetta. Chiaramente non l'avrebbe mai fatto. Un po' perchè aveva paura di quel demone peloso, un po' perchè...aveva paura di quel demone peloso.
    « Allora? » Il professore sembra non volerne sapere di lasciarlo andare. Si alza strisciando la sedia per terra in una melodia afrodisiaca, sbuffando e trascinandosi al centro della classe.
    « Prof ma io devo andare sul serio al bagno... »
    « Non importa, mi serve il tuo aiuto per spiegare il nuovo filtro. »
    « Ma devo fare pipì.. » Niente, lo sguardo da cucciolo bastonato e la sincerità da ragazzo disagiato con la vescica piena non funzionano. Incrocia le braccia, imbronciato. Il professore gli fa cenno di avvicinarsi e, onde evitare ulteriori sguardi spacca ossa, il ragazzo obbedisce.
    « Forza.. » Lo incita l'uomo, indicando il calderone che sta ancora bollendo. Freddie inarca le sopracciglia, palesemente confuso. Che deve fare, l'ha per caso scambiato per un nuovo ingrediente? "Aggiungere un pizzico di ragazzo sexy per completare la pozione".
    « Ho capito cosa vuole fare. Come le torture nei film medievali, vuole farmi bere questa cosa bollente! La prego prof, giuro che non la faccio più la pipì... E poi è rosa, la fragola nemmeno mi piace! »
    « ...Devi solo avvicinarti ed annusarla »
    « ...Ah. Beh.. Okay » sempre meglio di morire scorticato internamente è, no? Si avvicina al calderone, stando attento per non essere spinto dentro una volta distratto. L'ha visto com'è finita Hansel e Gretel, quella povera strega buttata nel forno! Ispira il fumo perlaceo della pozione, senza capire bene in un primo momento di cosa sappia effettivamente. Sembra..cioccolata. O forse, no. Frutti di bosco? Cambia fragranza ogni secondo che passa, e ciò lo confonde e non poco. Il professore sorride, riprendendo a camminare per la classe.
    « Come avrete già studiato -e non parlo di te, signor Weasley, chiaramente- l'amortentia è uno dei più potenti filtri d'amore conosciuti fin'ora nel mondo magico. Si dice che abbia un profumo diverso per ogni persona che lo sente, secondo le fragranze che preferiamo di più, oppure... » E' un profumo familiare. All'inizio può sembrare cacao, ma si trasforma continuamente. E' buono, sa di pulito e di casa. E' fresco e piacevole, gli inebria i polmoni e li riempie fino all'orlo. Vorrebbe rimanere lì per sempre. Non riesce tuttavia a ricondurlo a qualcosa, o meglio...a qualcuno. Cerca tra gli studenti, setacciando i loro volti e scartandoli abilmente, fin quando non la trova, in piedi assieme ad alcune compagne grifondoro, il blocco degli appunti stretto al petto ed i capelli rossi a ricaderle morbidamente sulle spalle: Olympia. All'improvviso ogni domanda sembra ottenere una risposta.
    « Si può percepire l'odore della persona che più ci piace, o della quale siamo innamorati. Curioso, vero? » Davvero curioso..

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    Che ci crediate o no, non aveva grossi impegni per quel San Valentino. A dirla tutta era anche una festa che non gli era mai andata granchè a genio. Non che non gli piacessero il cioccolato o le ragazze, ma si sentiva sempre piuttosto a disagio, in quella giornata. Dopo la lezione di pozioni, che simpaticamente era stata fissata proprio in quella data, aveva deciso di uscire un po' per schiarirsi le idee. Perchè aveva guardato Olympia? Perchè quel profumo gliel'aveva ricordata così tanto? La risposta era così ovvia che, chiaramente, gli risultava impossibile decifrarla. Era rimasto fuori fino a sera tardi, senza una meta ben precisa. Era semplicemente passato di locanda in locanda, scofanandosi muffins e pezzi di torta e bevendo qualche bicchiere di burro birra e whiskey incendiario in più. Con il naso arrossato per l'aria gelida e quel po' d'alcool, aveva deciso di rientrare al castello. Non era ubriaco, ma nemmeno particolarmente lucido. Barcollava appena, e si sentiva la testa leggera. Il viso di Olympia era rimasto nei suoi pensieri fino al terzo bicchiere di whiskey. Il detto bere per dimenticare faceva davvero cagare. Chissà dove si trovava in quel momento, la ragazza. Andiamo, era un prefetto, era una delle ragazze più carine della scuola, non poteva certo esser sola. Quella consapevolezza lo rendeva alquanto nervoso e..Era gelosia quella?
    « Ragazzi cazzo trovatevi una stanza! » ammonisce una coppietta intenta in un appassionato bacio con tanto di spalline del reggiseno calate e maglietta alzata, stretti contro una delle statue del castello. Il ragazzo gli fa il dito medio, e Freddie decide di farsi i fatti i suoi e passare avanti. In una situazione diversa si sarebbe gettato con i pugni a mezz'aria, ma era San Valentino, e siamo tutti più buoni no? ..O forse era un'altra festa quella. Si infila le mani in tasca mentre percorre le scale che lo portano alla sala comune. Col senno di poi, passare quella festa da solo a letto a dormire era davvero triste. Ma non aveva proprio voglia di andare a cercare divertimento. Quel profumo continuava ancora ad aleggiare nei suoi polmoni..Scuote la testa ed apre la maniglia della propria camera con decisione. ..Venendo investito dal fumo. Il suo fumo.
    «Signor agente, mi ha beccato!» Olympia Lynx Potter nella sua stanza la notte di S. Valentino..Okay, evidentemente deve aver bevuto più di quei tre bicchierini di whiskey incendiario, altrimenti non si spiega.
    « Olympia, che ci fai quì? E.. Hey, quella è la mia roba? » Chiede, confuso. La ragazza sembra particolarmente su di giri, non l'ha mai vista così. Ridacchia, gli fa un cenno con la mano e poi si libera in una spiritosa piroetta. ..D'accordo, è decisamente fatta. Edit: un'Olympia fatta nella sua stanza la notte di S. Valentino: cosa diavolo c'era in quei bicchierini di whiskey? Si richiude la porta alle spalle velocemente, preoccupato che qualcuno possa vederli. La sua reputazione l'ha sedotto ed abbandonato da parecchio tempo ormai, ma per il prefetto di Grifondoro non dev'essere certo così. "Da quando ti preoccupi così tanto per qualcuno, Freds?"
    «Me ne stavo in sala comune a..a parlare con quel bel ragazzo del settimo, credo si chiami Cedric! E ho pensato.."Chissà come deve sentirsi solo Fred in questa giornata di cuoricini e amore!" e quindi eccomi qua, a rischiarare le tenebre della tua serata!» Storce il muso nel sentire il nome del ragazzo. Quel pallone gonfiato, cos'è che ci troveranno tutte di tanto bello ed affascinante in lui? Beh a parte il cavallo dei pantaloni gonfio, i muscoli da mastrolindo ed il capello biondo e fluente. Olympia si avvicina a lui di qualche passo, e, automaticamente, Fred scatta in avanti non appena la vede piegarsi per fare una goffa riverenza. Per fortuna, la ragazza non perde l'equilibrio, ma quando si rialza le distanze tra loro sono ormai minime. Quel volto che l'ha accompagnato per tutta la giornata è lì, adesso, in carne ed ossa di fronte ai suoi occhi. Sente uno strano torpore dentro, e non è tanto sicuro che siano ancora i postumi dell'alcool.. «Vuoi?» Un sorriso malizioso si allarga sulle labbra carnose della ragazza. «Offre la tua casa.» Schiude la bocca, passandosi la lingua sulle labbra ed inumidendole. Tutta quella situazione sembra esigere una ed una sola risposta. Nei suoi sogni più nascosti ed imbarazzanti, una Potter disponibile è sempre stata al primo posto. L'istinto di gettarsi in avanti per zittirla con un bacio è forte, e l'alcool non lo aiuta certo a pensare razionalmente. Sono anni che desidera un momento del genere, e da quando è stato adottato dai Weasley, la stretta vicinanza con la ragazza ha reso quel bisogno ancora più forte. Prende un respiro profondo, riacquistando lucidità e quasi non crede a ciò che sta per dire. « Sei strafatta, Olympia, se ti dovesse vedere qualche caposcuola come faresti? Cavolo ti cacceresti in un sacco di guai! » "Perchè mi stai facendo questo, Freds? Perchè non puoi approfittarne?" Non sarebbe giusto. Non è in lei e..e...Non pensare altro ed agisci Weasley, prima di cambiare ulteriormente idea e mettere da parte tutto l'onore da Grifondoro. Allunga un braccio, afferrando con delicatezza la ragazza per un polso. « Adesso ti riaccompagno in camera tua, okay? Ti metti a letto, dormi, e non ti fai vedere da nessuno... » Mormora, il tono di voce rassegnato. Onore, che brutta bestia. Per Merlino, ne aveva fatte di cose disonorevoli nella sua vita, doveva risvegliarsi giusto adesso quello stronzetto? Sei proprio uno sfigato, Weasley. Fa dunque per indietreggiare, ma quel miscuglio letale di confusione, fumo, musica e desiderio nascosto lo fa inciampare. Avviene tutto così velocemente che quasi non se ne accorge nemmeno. In pochi istanti si ritrovano entrambi catapultati sul letto, lui su di lei, ad una vicinanza impressionante. Un brivido gli corre lungo tutto il corpo, e sente già il richiamo d'allarme provenire da sotto i suoi pantaloni. Spera soltanto che Freddie Jr non si svegli, o, vicini per come sono, Olympia se ne accorgerebbe subito..
    « Cazzo! Tutta intera? » Chiede, alzando appena il capo per poterla guardare. Fa per rialzarsi, ma qualcosa lo tiene ancorato lì per altro tempo. Nonostante la caduta, la sigaretta sosta ancora tra le labbra della ragazza. Il fumo gli si sparge su tutto il viso, facendogli sentire la testa leggera all'improvviso. Labbra carnose e rosee sotto i suoi occhi, pronte ad essere baciate. Esita per diversi istanti,con lo sguardo fisso su di esse, e si accorge fin troppo tardi di starsi avvicinando. Quando la distanza è ormai annullata, e quasi le sfiora..piega il collo per poterle rubare la sigaretta dalla bocca afferrandola con la propria, accompagnandola poi con due dita per sistemarla. Ispira il fumo a pieni polmoni, buttandolo via con un sorriso malizioso, atto a voler nascondere l'insicurezza di qualche secondo prima.
    « Questa direi che è mia, mhm? » Ancora non accenna a spostarsi « Allora, in che modo volevi "rischiarare le tenebre della mia serata"? » Chiede infine, lasciando che l'allusione ambigua della sua domanda aleggi nell'aria. Siamo proprio sicuri che l'onore sopravviverà a tutto questo?
     
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    Non sa perché si sentiva così a disagio, ma lo era per davvero. Si guardava intorno scandagliando la sua stanza con gli occhi verdi, sapendo che quella sensazione non l'avrebbe lasciata tanto facilmente. Non l'abbandonava da più di un anno ormai, domandarsi il perché ci tenesse tanto a farsi presente una volta ogni tanto non giovava poi a molto. Ormai si era abituata. Non voleva provarla, eppure si era abituata. Guardò appena fuori dalla finestra, scostando le tendine color carta zucchero. Tutto nella sua camera sembrava essere stato vomitato direttamente da un unicorno e dal suo arcobaleno magico. C'erano pupazzi, tinte color pastello, vecchi giochi di quando era piccola. Sua madre era un'inguaribile romantica e non le riusciva di buttare via le sue cose. Era una stanza da bambina, constatò con suo rammarico, mentre si portava le mani tra i capelli per la frustrazione. Era quasi una donna eppure era così piccola. Così indifesa, così indietro con i tempi. Decisamente troppo indietro rispetto a quelli delle sue coetanee. Irrequieta, diede un'ulteriore occhiata al vialetto che riusciva a scorgere dalla sua finestra. I lampioni si erano accesi con il calare del sole e grazie alla loro luce Olympia riuscì a scorgere le due figure. Strinse forse le dita tra di loro, mentre continuava a sbirciarli nel buio più totale in cui era caduta la sua stanza, uscita direttamente dalla casa delle bambole. Smettila Olympia. Smettila subito! Più tentava di distogliere lo sguardo, più rimaneva incollata ai due ragazzi che sembravano parlare, tenendosi a distanza. Perché? Perché continui a farti questo? Scrollò la testa, confusa. Non lo sapeva nemmeno lei perché continuava a farsi del male, in silenzio. Non sapeva nemmeno lei perché provava quella sensazione che le chiudeva lo stomaco al solo vederlo con un'altra. Non sapeva nemmeno lei perché si comportava sempre più come una deficiente quando era nei paraggi. Nascosta dietro la tenda, continuò a guardare Fred con la sua nuova fiamma di turno. Li aveva visti uscire il pomeriggio, sul presto. Quei giorni gli zii erano in viaggio e Fred aveva deciso di rimanere a Londra, appoggiandosi da loro. Olympia non ne era stata felice. Lo era stata e non lo era stata. Di certo, in quel momento stava maledicendo con tutta se stessa il giorno in cui era entrata in quella dannatissima tavola calda. Malediceva se stessa per aver scelto proprio lui, per non aver rivolto lo sguardo altrove, vedendo solo e soltanto lui. Si morse le labbra, mentre li vide avvicinarsi, troppo. Masochista, lo era sempre stata. In clinica spesso glielo aveva ribadito la psichiatra. «Non riuscirai mai a guarire perché non vuoi stare meglio. Provare dolore sembra piacerti. In un modo innaturale. Sei una masochista e non riesci nemmeno a riconoscerlo a te stessa.» Lei rimaneva in silenzio, di solito, lasciandola parlare a sproposito. Perché lei sapeva di esserlo, di avere qualcosa che non andava in testa. L'incidente l'aveva cambiata in modi che non riusciva nemmeno a comprendere, ma sapeva di essere una dannata autolesionista. E riusciva ad ammetterlo a se stessa anche in quel momento, mentre come una ficcanaso, guardava quella scena che le faceva venire il mal di stomaco, sentendoselo stringere in una stretta di ferro. Alla fine distolse lo sguardo, puntandolo verso un punto indefinito della stanza. Rimase immobile in quel modo per quelle che le parvero ore lunghissime. In silenzio, in piedi, al buio. Non si era mai sentita più patetica di quel momento. O forse sì, più patetica lo era stata qualche ora prima, quando, presa da un momento di rabbia accecante, era entrata nella stanza di Fred, quella degli ospiti. Aveva chiuso la porta a chiave e, armata di bacchetta, aveva cominciato ad allentare tutte le viti del letto, tutte le viti della libreria sopra il letto, tutte le legature che tenevano assemblata la sedia che troneggiava di fronte alla scrivania. Tutto ciò che sarebbe potuto essere usato come appoggio per una delle sveltine che Fred amava tanto consumare. La rabbia le aveva corroso le vene, non facendola più ragionare razionalmente. Stupida, sei soltanto una stupida gelosa di una persona che non hai mai nemmeno avuto veramente. Respirò a fondo, scongelandosi da quella posizione quando sentì sbattere la porta di casa. Era rientrato. Trattenne il fiato, riuscendo a contare tutti i passi fatti sugli scalini, per salire al piano di sopra. Senza pensarci due volte, Olympia scattò in avanti, non rendendosi nemmeno bene conto di ciò che stesse facendo. Spalancò la porta di corsa, ritrovandosi nel corridoio, di fronte al ragazzo. «Fred, non..» cominciò, non sapendo cosa dire per proseguire quella frase. Come poteva spiegargli il perché non dovesse entrare nella sua stanza? I suoi occhi si soffermarono nei suoi, per qualche secondo, prima di notare una macchia, più in basso, proprio sotto la mandibola. Inclinò appena la testa di lato, sapendo già cosa fosse, ma volendone avere una masochistica conferma. Un cerchio irregolare, tra il viola e il marrone acceso, sul collo. Arricciò il naso, non riuscendo a trattenere quella rabbia che di nuovo faceva capolino tra i suoi pensieri, tingendoli di rosso. «Va al diavolo.» E così dicendo, scese le scale di corsa, prendendo il giacchetto dall'appendiabiti in corso d'opera, prima di sbattere la porta di casa, per allontanarsi da tutte quelle sensazioni che non la faceva ragionare più con lucidità.

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    « Sei strafatta, Olympia, se ti dovesse vedere qualche caposcuola come faresti? Cavolo ti cacceresti in un sacco di guai! » La rossa alzò un sopracciglio, cercando di non scoppiare a ridergli in faccia. «E chi potrebbe mai beccarmi qui dentro? Tris che è l'unica che potrebbe farlo, in camera non c'è. Gli altri non possono nemmeno entrare nel nostro Dormitorio, come sai. E' tutta una scusa per liberarti di me?» Una risatina lasciò le sue labbra, mentre riprendeva a ballare con le braccia rivolte verso l'alto, non curante delle occhiate confuse che le lanciava il Grifondoro. « Adesso ti riaccompagno in camera tua, okay? Ti metti a letto, dormi, e non ti fai vedere da nessuno... » Si lasciò andare ad uno sbuffo insoddisfatto, cercando di sfuggire alla sua presa delicata. «Poi sarei io la guastafeste? Eddai Fred, lasciati trascinare» cominciò ridacchiando, quando Fred inciampò, successe un casino che i sensi compromessi di Olympia non riuscirono nemmeno a seguire e nel giro di pochi secondi, si ritrovò catapultata sul letto. Con il ragazzo sopra di lei. Rimase a guardarlo in silenzio, annuendo diligente alla sua domanda premurosa. «Stasera ti stai preoccupando davvero troppo di me. Attento o potrei cominciare a pensare che ti interessa davvero qualcosa di me.» Gli fece un occhiolino fugace, quando lui decise di rispondere al fuoco con il fuoco. Lo vide avvicinarsi sempre di più, tanto da risultarle difficile anche solo distinguerlo dalla macchia sfocata che era diventato, avvicinando fin troppo a lei. Schiuse le labbra, in un gesto automatico, sentendosi terribilmente accaldata. Le guance dannatamente in fiamme. Olympia che cazzo fai? Fai la donna di mondo, piena d'esperienza. Smettila di essere la ragazzina con la riproduzione reale della camera delle bambole. Deglutì piano, cercando di darsi un tono. Che doveva fare? Permettergli di baciarla? Voleva baciarlo dopo tutto quello che le aveva fatto? Lo voleva davvero. Fortunatamente, a spazzare via tutte le sue domande, ci pensò Fred che, con un gesto repentino si piegò di lato, giusto per prendere tra le labbra la sua canna. Olympia si ritrovò a tirare un respiro di sollievo, che di sollievo aveva ben poco. Per quei pochi istanti aveva voluto davvero che quelle labbra si imprimessero sulle sue. Non riusciva a dirsi il perché provasse certe cose, ma le voleva, con un'intensità tale da farle quasi male. Ma per fortuna l'effetto dell'erballegra sembrava non essere assolutamente svanito, tanto da renderle possibile lo scivolarle addosso il fatto che Fred non aveva alcuna intenzione di baciarla, o di fare con lei le stesse cose che faceva con metà della popolazione del castello. Perché l'altra metà erano maschi. Lei non era come le altre e non nel senso bello del termine. Non era speciale e rara, era danneggiata. Diversa. « Allora, in che modo volevi "rischiarare le tenebre della mia serata"? » Si lasciò distrarre dalla sua voce, mentre rimaneva ingabbiata dal suo corpo. Socchiuse appena gli occhi, per cercare di controllarsi e concentrarsi su qualsiasi altra cosa che non fosse il suo intero corpo sopra il suo. Si schiarì la voce, ridendo in risposta alla sua domanda, per prendere tempo. In suo aiuto ancora una volta sembrò arrivare la musica, che nel frattempo era cambiata. «Oh ma allora avete anche qualcosa di decente in quell'ipod.» Una scarica di adrenalina le percorse il corpo, andando ad animare ognuna delle sue terminazioni nervose. «Sapevo che questa festa sarebbe potuta essere leggermente triste per te. Sai tutte le coppiette innamorate in giro, cuori, amore, tu solo come un cane...» Stai descrivendo te stessa, lo sai vero? «Perciò pensavo di farti un po' di compagnia. Magari potrei aiutarti a finire una delle bustine che tieni nel materasso, che dici?» Inarcò il sopracciglio con fare sensuale, o così sperava che arrivasse, prima di fare leva con le proprie mani sul suo petto - Ommioddio, senti questi muscoli. Falla finita. -, e liberarsi velocemente dalla sua presa. Balzò a terra e con una giravolta si voltò nuovamente verso di lui. A tempo di musica, si chinò verso di lui, appoggiandosi con le mani al letto. Si protese verso di lui quel tanto che le bastò per avvicinarsi alle sue dita, senza staccargli mai gli occhi di dosso. Dischiuse le labbra e le strinse pochi istanti dopo intorno al filtro della sigaretta. Un angolo delle labbra si piegò verso l'alto, mentre faceva un tiro e un altro ancora. Osa, Olympia, cazzo, osa. Divertiti. «Che ne dici se facciamo un gioco?» Continuò a guardarlo, anche mentre lasciava che il fumo denso lo colpisse in faccia. Una risata cristallina liberò la bocca del fumo residuo, mentre si allontanò dal letto con una piroetta che le gonfiò appena la gonna. A tempo di musica, cominciò a ballare, portando le braccia al cielo e chiudendo gli occhi. «Fred, ti sfido a ballare.» Schiuse le palpebre soltanto per fissarlo qualche secondo. Lui avrebbe capito all'istante l'allusione al gioco che li aveva fatti conoscere. «La posta in gioco puoi sceglierla tu, solo in caso di vittoria.»
     
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    Se un giorno qualcuno gli avesse detto che si sarebbe ritrovato in una situazione del genere con Olympia, Fred avrebbe risposto con una sonora risata. Era ancora convinto di aver bevuto troppo, e di stare sognando o, al massimo, di immaginarsi la Potter nel suo letto al posto di qualcun'altra. Magari in realtà in quel momento si trovava proprio sopra a Jenna la baffona, chi lo sa. Aveva quasi baciato Jenna la baffona, in quel caso. Brrrr «Stasera ti stai preoccupando davvero troppo di me. Attento o potrei cominciare a pensare che ti interessa davvero qualcosa di me.» Quelle parole giungono alle sue orecchie ovattate, facendosi abilmente strada verso il suo cervello. Effettivamente Freddie non era mai stato tipo da preoccuparsi per qualcuno. Unico figlio di una famiglia in declino, non gli era stato insegnato a condividere. Era sempre stato solo, e, da solo, aveva imparato a crescere. Si chiedeva ancora perchè il cappello l'avesse smistato tra i rosso-oro. Coraggioso lo era, o quanto meno credeva di esserlo (il gatto di Eric, per esempio, continuava a fargli paura), ma magnanimo e leale...Quello proprio no. Un bulletto da quattro soldi, il nostro Freddie, ecco come si presentava. Il classico ragazzo che preferiresti non presentare mai ai tuoi genitori. Sfuggente, superficiale e talvolta egoista. Allora perchè, perchè quando si trattava di Olympia, cambiava così drasticamente? La risposta era più che ovvia, ma, mosso da una codardia fuori dal comune, non voleva saperla. Insomma, ci litigava un giorno sì e l'altro pure. La detestava per la maggior parte del tempo, con quei suoi capelli di quel colore meraviglioso, quegli occhi che gli facevano volare le farfalle nello stomaco ogni volta che la guardava e quel sorriso, cazzo quel sorriso...Okay, stiamo divagando. «Oh ma allora avete anche qualcosa di decente in quell'ipod.» Alza appena il capo, Freddie, per ascoltare meglio quella canzone. Una scarica d'adrenalina si impossessa del suo corpo, e si ritrova quasi incapace di trattenere quel brivido che gli percorre la schiena. Fa un altro tiro dalla sigaretta ormai prossima alla fine, per distrarsi. Non ha idea di quanto il suo autocontrollo possa durare, in quelle condizioni. In realtà non ha idee e basta. Non riesce a pensare, con Olympia così vicino e così disponibile. L'aveva sempre vista come uno scalino insormontabile, un traguardo inafferrabile. Perfetta nel suo essere diversa. Era intelligente, costante, orgogliosa e decisa, tutte -o quasi- qualità che a lui mancavano. Ricordava ancora la prima volta che l'aveva vista ed il loro primo bacio. Generalmente, Freddie non ricordava neanche i nomi delle sue ex fiamme, figuriamoci il primo bacio. Era maschilista da dire, e sapeva che Hermione gli avrebbe sbattuto la testa contro il muro fin quando non sarebbe diventato un unicorno, ma ecco, beh, le ragazze gli interessavano soltanto per una cosa. E potete immaginare di cosa stiamo parlando. Con Olympia però era diverso, si faceva sempre un sacco di domande quando era in sua presenza. In che modo salutarla, come approcciarsi a lei, se chiederle o meno come stava, che effetto avrebbero avuto le sue azioni o parole su di lei..e perchè no, anche se quel giorno si era cambiato o meno le mutande. Non si riconosceva quasi, in sua presenza, e ciò non faceva altro che confonderlo ancora di più. La confusione lo portava alla paura, e la paura alla difesa personale che sfociava nell'odio. Un odio abusivo e decisamente irreale che si vantava tanto di provare per lei. Che lo conduceva dunque a sfidarla, di giorno in giorno. A rivolgerle mezzi sorrisi maliziosi, a portarsi due o tre ragazze a casa giusto per vedere la sua reazione. Effettivamente, era un coglione. E la cosa peggiore è che lo sapeva pure.
    «Sapevo che questa festa sarebbe potuta essere leggermente triste per te. Sai tutte le coppiette innamorate in giro, cuori, amore, tu solo come un cane...Perciò pensavo di farti un po' di compagnia. Magari potrei aiutarti a finire una delle bustine che tieni nel materasso, che dici?» Le mani di lei si poggiano sul suo petto, facendo leva per spostarlo. Scivola di lato, ridendo appena, mentre si alza con la schiena per potersi sedere sul letto ad osservarla. La vede balzare a terra, fare una giravolta e piegarsi nuovamente verso di lui. Si sente avvampare e non è poi tanto sicuro che sia un effetto della maria che, a proposito, sta già iniziando a circolare nel suo sangue. Si sente la testa leggera ed improvvisamente la prospettiva di trascorrere quella notte assieme alla grifondoro non gli sembra più tanto sbagliata. In fondo è lei che è venuta nella sua stanza, no?
    « Ah, bene, quindi è una sorta di volontariato il tuo? Olympia Lynx Potter, sempre così piena di sorprese. » ridacchia, stringendosi nelle spalle. Dal canto suo, Olympia si appoggia al letto a tempo di musica, protraendosi verso di lui per rubargli nuovamente la sigaretta dalle dita. Si morde il labbro inferiore, irrimediabilmente preso da tutta quella situazione. I movimenti sinuosi di lei, i suoi sguardi, la musica non fanno altro che aumentare un desiderio che fino a qualche minuto prima non ha neanche lontanamente pensato. La vede sorridere, e non le stacca gli occhi di dosso. Si rende conto di pendere letteralmente dalle sue labbra, ma sa di non poterci fare nulla. E' così vicina che potrebbe contare le sfumature smeraldine dei suoi occhi. E' così vicina che, di nuovo, avrebbe voglia di baciarla. «Che ne dici se facciamo un gioco?» Annuisce, ormai dipendente da lei, schiudendo le labbra per poter respirare il fumo che gli si infrange contro il viso. Chissà quante domande gli avrebbe fatto Eric, la mattina dopo. Chissà se loro stessi avrebbero ricordato qualcosa, la mattina dopo. E' ancora abbastanza lucido, ma non sa ancora per quanto tempo resisterà. E sinceramente..Poco gli importa. « Spara. » Si avvicina a lei quel tanto che basta per poterla guardare più da vicino mentre inizia a danzare, con gli occhi chiusi e le braccia in alto. Non l'ha mai vista così, ma il tempo delle domande è finito, adesso vuole soltanto godersi il momento prima che finisca.

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    «Fred, ti sfido a ballare. La posta in gioco puoi sceglierla tu, solo in caso di vittoria. » Ed ecco che, come la prima volta, tutto stava iniziando con una seconda sfida. Un sorriso sgembo distende le sue labbra, mentre si alza dal letto per accendersi un'altra sigaretta. Ne aspira il fumo a pieni polmoni, godendosi quella sensazione inebriante che implode in lui in uno scoppio di sensi ed emozioni. In un attimo ripercorre tutti gli anni passati, dalla loro prima sfida, il loro primo bacio, il ballo del ceppo, il capodanno, il primo Natale passato assieme.
    « Sai che ti dico? Ci sto. » Asserisce, deciso. Non è mai stato bravo a ballare, anzi a dirla tutta ha sempre fatto abbastanza schifo, ma sia mai che si dica un giorno che Freddie Weasley non ha accettato una sfida. Quella musica gli entra dentro, insinuandosi in ogni suo vaso sanguigno, ogni sua terminazione nervosa. Sente il ritmo e l'adrenalina espandersi a macchia d'olio. Allunga le braccia per poter prendere quelle della ragazza, facendola piroettare su sè stessa mentre canticchia a tempo di musica, fischiettando.
    « I wanna run away, you and I » Continua a muoversi, senza lasciarle le mani. Ormai è ufficiale, il miscuglio di alcool e spinelli sta facendo il suo corso. Il mondo inizia a perdere i propri contorni, che si fanno sfocati e tremolanti. La canzone giunge al suo udito in una tonalità ovattata. La vista si appanna leggermente, ma poco gli importa di tutto ciò. Riesce a distinguere alla perfezione la figura della Grifondoro, sempre più vicina a lui. Vorrebbe che quel momento durasse per sempre. Si avvicina ulteriormente al suo corpo, sperando che lei non lo respinga. Appoggia il viso tra l'incavo del suo collo e la spalla sinistra, ispirando il suo profumo come fosse la migliore delle droghe sul mercato. E' familiare, pensa. « Hai mai sentito parlare di strip poker? » Sussurra al suo orecchio, strofinando appena le labbra contro il suo collo per poi scostarsi, guardandola negli occhi. « Adattiamolo, mhm? Altrimenti che divertimento c'è, a parte te che mi rubi la mia roba. Chi sbaglia un passo paga. E con paga intendo levandosi i vestiti » Si morde il labbro inferiore, non riuscendo a celare un tono malizioso nelle sue parole. « Che ne dici, ci stai? O forse è troppo per te, Limpy? »
    Attento Freddie, a giocare troppo col fuoco potresti anche finire per scottarti.
     
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    « Ah, bene, quindi è una sorta di volontariato il tuo? Olympia Lynx Potter, sempre così piena di sorprese. » Alzò le sopracciglia, annuendo con il capo, lasciando che i suoi occhi dicessero più di quanto le sue parole avrebbero mai potuto dire. Arricciò appena le labbra, per poi tornare a ballare nuovamente. «Perché ne sei così sorpreso? Sono sempre stata una ragazza dall'animo magnanimo. Cerco sempre di aiutare i più sfortunati..» rispose, continuando a volteggiare, senza guardarlo. Lasciò che la propria testa seguisse il ritmo prima lento poi più ritmato della canzone, che andava aumentando di battiti con l'avvicinarsi del ritornello. «Perché credi che io stia ancora parlando con te, altrimenti?» Un sorriso divertito le sfuggì inconsapevolmente, mentre cominciava a saltare, come animata da quella canzone. Olympia non era mai stata una grande ballerina, per sommo dispiacere di sua madre. Avevano provato di tutto quando era piccina. Danza classica, hip hop, latino americano, persino tango argentino, su richiesta della piccola Olympia. Ma da una parte le punte le torturavano i piedi tanto da renderle impossibile sembrare un cigno durante i pochi saggi che fece, prima di smettere definitivamente con quel patimento. Dall'altra non era abbastanza sciolta per sembrare una piccola bulletta di quartiere che riusciva a dare il meglio di sé soltanto quanto i bpm della musica si facevano più lenti e suadenti. In più i muscoli del suo corpo sembravano non darle mai retta. Latino americano sembrava essere il giusto compromesso fra i desideri della piccola e quelli di Ginny Potter, ma Olympia e gli insulti gratuiti non erano mai andati d'accordo, fin dalla sua tenera età e la prima volta che ne ricevette uno riguardo il suo essere essenzialmente scoordinata, per la bambina chiacchierona non finì poi tanto bene e Olympia abbandonò quello sport dopo appena quattro lezioni. Tango argentino fu ancora peggio, considerata la poca femminilità che poteva possedere una ragazzina di dodici anni. Morale della favola? Olympia non si era mai ritenuta una brava ballerina e non aveva mai creduto di poterlo fare apertamente, in pubblico. Ma già una volta era stata smentita, quando aveva deciso di partecipare al Ballo della scuola. Una serata sicuramente da dimenticare per molti aspetti, ma da ricordare per il fatto che aveva ballato tutta la sera, con persone diverse, si era divertita e per una volta si era sentita semplicemente una ragazza di diciassette anni che faceva cose che chiunque avrebbe dovuto fare a quell'età. Un po' come si stava sentendo in quel momento. Per quanti difetti avesse Fred, per quanto lo odiasse, per quanto riuscisse a farla imbestialire un giorno sì e l'altro pure, sapeva che di lui poteva fidarsi. Non si sentiva giudicata, in quel momento. Si sentiva semplicemente una ragazza di quasi diciotto anni, quasi del tutto sbronza e decisamente fatta. Ed è in quel momento che lui accettò la sfida, ricercando il contatto con le sue mani. Non si ritrasse, Olympia, né indietreggiò di fronte a quel contatto fisico che ormai aveva cominciato a riconoscere come familiare, non più come estraneo. Così si lasciò trasportare dai suoi movimenti sconclusionati, senza un senso, mentre l'unica cosa che riusciva a fare era ridere, ballare, ridere e fumare. Quella sembrava essere a tutti gli effetti una notte meravigliosa. Una di quelle notte che forse possono esistere soltanto quando si è giovani ed era per quel motivo che la rossa tentò di assaporarne ogni istante, così da costruire un ricordo dettagliato e accurato di quella notte. Un ricordo felice che mai sarebbe potuto essere toccato o deformato. «Dov'è che mi porteresti, se potessi?» O se solo volessi. Chiese senza nemmeno pensarci, riprendendo alla frase che aveva appena canticchiato il ragazzo, prima di buttare la testa all'indietro, lasciando così che i capelli le carezzassero la schiena. Non lo sentì subito, fu un qualcosa di lento e misurato. Sentì le sue dita stringere le proprie e avvertì all'istante un senso di torpore prenderle il corpo, fin quando lo avvertì vicino, fin troppo. Riusciva a percepire il suo respiro caldo sul proprio collo e l'unica cosa che riusciva a pensare erano quei pochi centimetri che dividevano le sue labbra dalle proprie. Quelle labbra che le sfiorarono il collo con delicatezza, come se fosse un gesto normale, di routine. Tutte le sue terminazioni nervose ne furono risvegliate, tanto da scuoterle il corpo in un tremolio d'eccitazione. Stava giocando con il fuoco, l'aveva fatto consapevolmente fin dal momento in cui aveva deciso di entrare in quella stanza. Era inutile continuare ad incolpare l'alcol, l'erba, la tristezza. Lei era lì per un motivo e non era quello che aveva detto pochi istanti prima per cercare di convincere Fred e se stessa. Un motivo c'era, ma non era quello. Lo sapeva bene e quella consapevolezza riusciva a spaventarla come nient'altro. Non poteva, non poteva volerlo, eppure lo voleva, lo voleva con tutta se stessa.

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    « Hai mai sentito parlare di strip poker? Adattiamolo, mhm? Altrimenti che divertimento c'è, a parte te che mi rubi la mia roba. Chi sbaglia un passo paga. E con paga intendo levandosi i vestiti » Quella proposta la lasciò senza parole, appena per qualche istante. Olympia, no, ascoltami. Non fare cazzate. Pensaci bene, da questa cosa non si torna più indietro. Sei una ballerina di merda, lo sai tu, lo so io. Finiresti in mutande ancor prima di cominciare a ballare. Evitati questa figura di merda. Ti scongiuro. Si scostò da lui per guardarlo negli occhi. Non che i suoi riflessi fossero abbastanza intatti da riuscire a fare un'analisi approfondita, ma conosceva Fred, fin troppo bene e sapeva riconoscere i segnali di quando stava bluffando. Lo fissò, alla ricerca di qualche ripensamento o vacillamento. Nulla. Era serio. « Che ne dici, ci stai? O forse è troppo per te, Limpy? » Schiuse le labbra, lasciando scoccare la lingua contro il palato, in un chiaro segno di stizza. Era stata colpita nel vivo del suo orgoglio. Per quanto potesse essere convinta del contrario alle volte, Olympia era in tutto e per tutto una Grifondoro, come suo padre, come sua madre. E non c'era sfida che Olympia Lynx Potter non avrebbe accettato a scatola chiusa, anche se ciò avrebbe implicato il doversi spogliare. Sorrise quindi, bonaria, mentre ciò che rimaneva degli ultimi bagliori della sua lucidità si misero in moto per trovare una strategia con la quale rispondere. Non poteva di certo permettersi di perdere fin da subito. Come le aveva ricordato, giustamente, la sua testa, lei era una pessima ballerina, non c'erano dubbi su questo. Magari poteva contare sulla spigliatezza data dal miscuglio di roba che le era entrato in circolo. Poteva contare sull'essere assolutamente disinibiti in quel momento, ma non era certa di poter fare altrettanto con i suoi piedi. Così puntò il suo sguardo in quello di lui, prima di farlo scivolare sull'intreccio che formavano le loro mani, a mezz'aria. Rimase a guardarlo qualche secondo. «Ci sto. Non è per me che sarà troppo. caro mio. Te lo assicuro» Le labbra si tesero in un sorriso calcolato, mentre lasciavano intravedere i denti bianchi. «Ad una condizione però. A turno, nel momento in cui riterremo più opportuno, decideremo quale sarà il passo di danza da eseguire. Chi perderà tra i due dovrà spogliarsi del capo che l'altro sceglierà di fargli togliere.» Ommioddio, non ci credo. Non l'hai fatto veramente. Non l'hai detto veramente. MA COSA STAI FACENDO? Ti sei scavata la fossa e ti ci stai lanciando dentro ad angelo. Scrollò la testa, prima di voltarsi verso l'ipod. Dopo una rapida ricerca, alzò le sopracciglia divertita e la musica cominciò a fuoriuscire dalle casse. Si girò verso di lui, prendendo a ballare. «Però, sei migliorato dal Ballo del Ceppo. Ma forse è soltanto l'erba che ti dà questo effetto sciolto, dopotutto.» Una frecciatina la sua che sperò con tutta se stessa arrivasse a segno. Le tensioni tra di loro, in seguito a quel ballo, non si risolsero mai veramente, ma soltanto messe a tacere da un po' di buon senso comune. Sapevano di non poter cominciare una guerra civile vivendo sotto lo stesso tetto, o quasi. E mentre continuava a ballare, cercò di pensare ad un passo di danza che sapeva per certo di fare alla perfezione. Una risata si palesò sulle sue labbra, mentre riusciva ad immaginare alla perfezione la confusione che il passo scelto avrebbe creato sul viso di Fred. «Sei pronto a perdere e rimanere in mutande, Fred?» Lo canzonò liberamente, accennando uno sbuffo di sfida sul viso. «Direi che possiamo partire con un po' di can can, giusto per scaldarci. Sai cos'è ovviamente, no?» Ottima pensata, Olympia. Arrenditi all'evidenza, Fred. E' un uno a zero assicurato questo.
     
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    «Perché credi che io stia ancora parlando con te, altrimenti?» Ridacchia Freddie, mordendosi l'interno del labbro superiore. Era atto anche di questo il loro rapporto, battutine pungenti e punzecchiamenti che, a dirla tutta, con il tempo aveva imparato a sopportare ed apprezzare. Facevano parte di Olympia e della sua vita con lei. Aveva sempre apprezzato il proibito. Il fascino di ciò che non puoi avere, ottenere, possedere. Non facilmente, per lo meno. Olympia era questo. No aspettate, la parola possedere ed il nome Olympia nella stessa frase possono dare origine a qualcosa di davvero ambiguo - ma insomma non divaghiamo! Non risponde alla sua provocazione, Freddie, si limita ad incassare il colpo con un sorriso compiaciuto. Uno a zero per te Potter, ottima mossa, tanto di cappello. La vede saltare, come animata dal ritmo di quella canzone. Non può fare altro che seguirla in quelle movenze, seppur lui sembri più uno che ha appena visto un grosso ragno, che un ballerino. Ma poco gli frega, sinceramente. Vuole godersi quel momento, conscio del fatto che presto finirà. Conscio del fatto che probabilmente il giorno dopo torneranno a lanciarsi occhiatine dispettose e si saluteranno soltanto con un cenno svogliato del capo in sala grande. Uno strano senso di nostalgia lo assale, ma scuote la testa velocemente per scacciarlo. Non è questo il momento per certi pensieri. Voleva divertirsi, con lei, soltanto questo.
    «Dov'è che mi porteresti, se potessi?» In un primo momento neanche riesce a collegare quella domanda a tutto il resto. Dopo, si accorge ed ammette a sé stesso che la porterebbe ovunque desidera. Si accorge che qualsiasi viaggio, qualsiasi meta, anche i più noiosi, regalerebbero dei ricordi indimenticabili, in presenza di lei. La porterebbe in riva al mare, in una spiaggia soleggiata dell'America. La osserverebbe intenta ad immergersi nelle acque limpide, con degli occhiali da sole arancioni ad incorniciarle il viso. Giocherebbe con lei, a schizzarla con l'acqua, a sollevarla per farla urlare ridendo, a deformarle con giocoso dispetto i castelli di sabbia appena costruiti. La porterebbe in montagna, dove per scaldarsi sarebbero costretti a stringersi di fronte al fuoco scoppiettante di un caminetto in pietra. La porterebbe ovunque, anche sulla Luna, e saprebbe che sarebbe comunque magico.
    «Dov'è che vorresti andare, Lympy? Ti porterei anche in capo al mondo, se solo volessi » Le rivela, con una sincerità disarmante. Non sa cosa gli prende, ma sa che si sente a suo agio in quel momento. Vuoi la droga, vuoi l'atmosfera, ma non gliene frega più un cazzo dei sui stupidi dubbi e del suo orgoglio. Non gliene frega della loro reputazione, del fatto che probabilmente presto verranno richiamati per la musica ad alto volume. Non gli importa di aver trascorso il San Valentino in un modo che di certo non gli aspettava, né che probabilmente l'indomani si sveglierà con un fastidioso malditesta. Gli interessa lei, solo e soltanto lei. « Tu scapperesti sul serio con me, se te lo chiedessi? » Aggiunge, ritrovandosi a sperare con tutto sé stesso in un . "Ma che diavolo ti prende, Freds?"
    La sente scoccare la lingua sulle labbra, ed è certo che stia per accettare la sua sfida. E' una Potter, una fiera Grifondoro, sa di averle dato pane per i suoi denti, con quell'ultima, pungente, domanda. Ed è per questo che gli piace. E' per questo che non può fare a meno di lei, perché sì, nonostante tutte le volte che l'ha cacciata dalla sua camera, nonostante tutte quelle volte che le ha risposto da vero idiota, ha bisogno di lei. Lo sguardo smeraldino della ragazza si pianta sui suoi occhi, e lui, dal canto suo, riesce a sorreggerlo. Le stringe appena le mani intrecciate con le proprie, come se volesse di più da quel contatto.
    «Ci sto. Non è per me che sarà troppo. caro mio. Te lo assicuro» La vede sorridere e fa lo stesso. Quella sì che si prospetta come una notte indimenticabile. Già si vede l'indomani, a raccontare ad Eric di aver fatto del fucking strip..dance con la prefetta di Grifondoro. Cazzo se poteva vantarsene! « E' una minaccia questa? » Domanda, senza riuscire a nascondere un sorriso compiaciuto. «Ad una condizione però. A turno, nel momento in cui riterremo più opportuno, decideremo quale sarà il passo di danza da eseguire. Chi perderà tra i due dovrà spogliarsi del capo che l'altro sceglierà di fargli togliere.» Inarca un sopracciglio, Freddie, preso leggermente alla sprovvista da tanta audacia. Non che considerasse la ragazza debole, su questo non ci piove, ma non l'aveva mai vista così..Spinta. Di solito era lui quello che osava. Era lui quello che faceva proposte oscene che puntualmente, ogni volta, venivano ignorate o rimproverate. A dirla tutta non si aspettava nemmeno che lei avrebbe accettato. Si era scavato la fossa con le sue stesse mani. Sarebbe riuscito l'onore a sopravvivere ad un stramaledetto strip? Non ne era così sicuro. Per non contare il fatto che lui facesse davvero schifo, a ballare. Avrebbe fatto sicuramente prima a spogliarsi direttamente, senza ulteriori perdite di tempo. Ma era arrivato a questo punto da solo, e da solo doveva uscirne vincitore.
    « Mi piacciono le tue condizioni. Ci sto! » Si ferma per qualche istante mentre la osserva avvicinarsi all'ipod e cambiare musica. Una nuova canzone esplode nell'atmosfera, animandolo di nuove emozioni e sensazioni. Si sente vivo, e non lo è mai stato come in quel momento. Riprende a ballare di fronte a lei, osservandola fare lo stesso. Ride, non di lei ma con lei. E' tutto così dannatamente assurdo. E' tutto così dannatamente fantastico.
    «Però, sei migliorato dal Ballo del Ceppo. Ma forse è soltanto l'erba che ti dà questo effetto sciolto, dopotutto.» La frecciatina di lei arriva giusto al punto. Fred inarca un sopracciglio, scettico, poi ridacchia sommessamente. Era stato un anno strano, il loro. Ne avevano avute di situazioni spiacevoli o imbarazzanti. Tante volte si era convinto che non si sarebbero più rivisti, eppure eccoli qui, adesso, a ballare, ridere e divertirsi assieme. Tutte le loro domande erano rimaste senza una risposta ben precisa. Avevano semplicemente deciso di abbandonare per un po' l'ascia di guerra e cercare di coesistere pacificamente. Ma era in momenti come questi che, talvolta, scapolavano dal loro intento.

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    « Tutta invidia la tua, Potter? » Ride, per poi girare su sé stesso in una piroetta tutt'altro che aggraziata. Si rimette in equilibrio, guardandola e piegando le ginocchia in uno di quei comecavolosichiamano francesi, sì insomma quegli inchini che fanno sempre le ballerine. Qualcosa gli diceva che sarebbe finito in mutande ben presto, quel giorno, ma sarebbe stato divertente. Certo, in una situazione del genere non era poi tanto sicuro che le sue mutande avrebbero resistito..Ma poco male.
    «Sei pronto a perdere e rimanere in mutande, Fred? Direi che possiamo partire con un po' di can can, giusto per scaldarci. Sai cos'è ovviamente, no?» Merda. Alza lo sguardo sul viso della Grifondoro, palesemente confuso. Non ricordava neanche cosa diavolo fosse il can can, e risparmieremo battute umilianti sui cani giusto per non andare fuori tema. L'aveva forse sentito nominare o visto in qualche film quelle volte che con Cassie erano andati a qualche cinema babbano ma..Nient'altro. Com'è che si faceva? Si alzavano le gambe o sbaglio? Sì ma in che modo? Mannaggia a lui e la sua attenzione riposta soltanto sulle cosce nude delle signorine e non sulla danza in sé. Si rende conto di esser rimasto in silenzio per svariati minuti, con la stessa espressione di chi ha appena visto un fantasma, quindi tenta di riprendersi con uno dei suoi soliti sorrisi poco raccomandabili. Due a zero per te, Olympia.
    « Okay, dovevo proprio immaginarlo che non vedevi l'ora di sfruttare l'occasione per vedermi in mutande.. » le fa l' occhiolino, aspirando nuovamente dalla sigaretta per poi lasciarla sul comodino. Improvvisa qualche passo di danza, alzando prima una gamba e poi l'altra: uno spettacolo davvero imbarazzante. Per poco non precipita sul pavimento. « E comunque, la tua è stata una mossa davvero scorretta. » Si lamenta poi, con espressione teatralmente risentita. Rimane per qualche istante a guardarla, conscio della propria sconfitta. Decide dunque di reagire, senza temporeggiare altrimenti. Si sbottona il maglioncino rosso, lanciandole un'occhiata per poi sfilarselo via. Rimane con una canottiera nera al di sotto, sa di avere i muscoli (quei due bicipiti che mamma ha concesso di fargli) ed i tatuaggi in bella vista, ed è proprio questo il suo intento. Distrarre il nemico, Freds, distrarre il nemico! « Ops, scusa, dovevi decidere tu cos'avrei dovuto levarmi! » Il tono innocente non ti riesce per nulla bene « Ma visto che ho perso platealmente, ho deciso di anticipare i tempi. Se vuoi però me lo rimetto, eh.. » Le lancia un'occhiata maliziosa, stringendosi nelle spalle e lanciando via il maglioncino. Si guarda poi attorno, come in attesa di qualcosa; allarga le braccia, facendo un cenno col capo. « Allora, questo can can? E sappi che voglio le gambe scoperte com'è giusto che sia, altrimenti non vale. E vedi di farlo bene, perché la prossima mossa è una semplicissima electro dance. Sono proprio curioso di vedere se hai messo quel reggiseno con i pois che hai ricevuto per Natale! »
     
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    «Dov'è che vorresti andare, Lympy? Ti porterei anche in capo al mondo, se solo volessi» Si fermò. guardandolo per alcuni secondi con un'occhiata indecifrabile. Non se lo aspettava, aveva buttato là quella domanda per giocare, giusto per seguire le parole della canzone che stava accompagnando i loro movimenti fuori tempo. Eppure lui aveva risposto, lasciandola di stucco. Giusto il tempo di riflettere ed elaborare una risposta decente che non fosse "Portami ovunque, non mi interessa la destinazione. Partiamo. Ora.". Riprese infine a ballare, scuotendo la testa a destra e sinistra, per cercare di camuffare quell'istante d'indecisione che l'aveva colta. «Voglio andare in Thailandia. Voglio nuotare nelle acque del Mar dei Caraibi. Voglio andare a New e perdermi per le strade, pattinare al Rockfeller Center, vedere uno spettacolo di Broadway e tutte queste cose che probabilmente ti annoierebbero a morte dopo cinque minuti.» Sorrise, spensierata, sentendosi leggera, quasi fluttuante, mentre si avvicinava nuovamente a lui per rubare ancora qualche tiro dalla sigaretta magica che aveva acceso. «Sai, è lì che vorrei abitare, un giorno.» E con la mente cominciò a volare, figurandosi tutti i posti di New York che aveva sempre immaginato guardando la televisione babbana, le riviste mondane, i film al cinema. Era talmente immersa in quel suo sogno mentale che quasi non sentì la domanda del ragazzo. « Tu scapperesti sul serio con me, se te lo chiedessi? » Domanda insolita la sua. Non la domanda che Olympia si sarebbe mai aspettata da Fred, il ragazzo che poteva avere tutte, che non si prendeva mai la briga di interessarsi ad una soltanto di loro, ma che continuava a cambiarle nemmeno fossero capi di abbigliamento. Non si prese la briga di dare troppa importanza alla cosa, seppur qualcosa si fosse mosso in fondo al suo stomaco, appena il ragazzo aveva pronunciato quella parole. Gli sorrise, accondiscendente, mentre si esibiva in un paio di movimenti bizzarri con le braccia, prendendo così tempo per rispondere. Cosa vuoi che ti risponda, Fred? sembravano dire i suoi occhi lampeggianti, mentre si riflettevano in quelli grigi di lui. «Intendi anche ora?» Chiese infine, guardandolo attraverso i capelli che avevano formato una tendina di fronte al suo viso. «Certo. E' l'anno dei nostri diciotto anni, se non le facciamo ora queste cose, quando mai le potremo fare?» Una risposta piena di retorica la sua, formulata con fatica giusto per non sembrare l'ennesima ragazzina che avrebbe acconsentito a tutto, pur di stare anche soltanto qualche minuto con Fred. Poi la situazione si andò scaldando nel giro di pochi istanti. Lo strip dance, le occhiate di sfida, la musica assordante (fortuna che prima di cominciare ad alzare il gomito anche con l'erba, Olympia aveva ben pensato di insonorizzare la camera con un Muffliato, giusto per non essere colta in flagrante proprio lei che le leggi avrebbe dovuto farle rispettare). « E' una minaccia questa? » Il sorriso sulle labbra di Olympia si fece ancora più ammiccante. «Oh, non sai quanto.»

    Londra. Qualche anno prima.

    «Okay, calma. Calma. Hai solo baciato il primo sconosciuto dentro una tavola calda. Che sarà mai?» Tenta di calmarsi, Olympia, mentre sente il proprio corpo andarle letteralmente a fuoco, per tutta l'adrenalina che ha in circolo nelle vene. Non ci crede. Non riesce a crederci nemmeno lei di aver fatto una cosa così poco da lei. Guarda Simon, con un sorriso a 32 denti, lanciando un gridolino eccitato, prima di vedere lo schermo del proprio cellulare lampeggiare nuovamente. Nuova sfida. Lo tira su, per mettere a fuoco la scritta. Trova un passaggio per la città. 100 sterline. Si gira a guardare l'amico, che dal canto suo, alza le mani, facendo una smorfia. Non ha la macchina. Si guarda intorno cercando di trovare una soluzione ed è in quel momento che lo vede. La figura si staglia nell'oscurità che è calata ormai da tempo, grazie alle luci dei lampioni e delle insegne sfarfallanti della tavola calda. E' in sella a quella che potrebbe essere benissimo un motorino o una moto, ma Olympia non ci capisce molto di macchine e motori, così si lascia il beneficio del dubbio. Storce la bocca, prima di decidere di improvvisare. «Simon, ci vediamo a casa. Non entrare senza di me, altrimenti mi posso sognare le uscite libere fino a diciotto anni.» Gli dà un bacio, frettoloso, prima di correre verso il ragazzo. «Ciao. Di nuovo» lo saluta, guardando prima lui, poi i propri piedi che si muovono, nervosi. «Sai, io sto partecipando ad una specie di..» Si blocca, alzando lo sguardo verso di lui. Sta sorridendo, beffardo, prima di farle vedere lo schermo del suo cellulare. Portala in città. 100 sterline. Sorridono, questa volta insieme, mentre Olympia si rende conto che anche lui partecipa al gioco. « Sembra che gli spettatori vogliano vederci fare squadra. » La guarda, cercando di capire le sue intenzioni. In fin dei conti sono due semplici sconosciuti, mai visti prima di quel momento, ma che hanno già condiviso un bacio. Senza sapere nemmeno i corrispettivi nomi. « Che ne dici? Gli diamo quello che vogliono? » Non ci pensa nemmeno un secondo, Olympia, prima di annuire convinta. Di certo non si lascerà spaventare dal salire sulla moto con un perfetto sconosciuto. Prende il casco che le porge, prima di infilarselo e alzare la visiera. «Andiamo.» Gli scocca un'occhiata d'intesa, prima di poggiare un piede sull'apposita leva, per poi darsi lo slancio per sedersi dietro di lui. Passa le mani intorno al suo torace, senza chiedergli il permesso. Ormai sono compagni di team, devono cooperare anche in quello e lei ha fottuta paura di cadere da quel trespolo infernale. Perciò si aggrappa a lui, come se fosse la cosa più naturale del mondo. «E se non vai piano, o mi fai cadere, o fai una qualsiasi delle cose che possono danneggiarmi fisicamente o psicologicamente, sappi che patirai le pene dell'Inferno.» Lo strinse ancora di più, riuscendo a percepire una fila di muscoli tendersi, sotto la sua presa. «Letteralmente.» Sente una risata alzarsi dalle sue labbra, mentre mette in moto. Il motore sotto il suo sedere comincia a rombare, dandole una strana sensazione di calore. Ecco, è così che le ragazze muoiono comunemente. In sella a cosi babbani, con dei ragazzi poco raccomandabili, mentre partecipano ad un gioco assurdo. « E' una minaccia questa? » Olympia alza gli occhi al cielo, pur sapendo di non poter essere vista. La moto parte e lei capisce di non essersi mai sentita più libera di quel momento.


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    Lo vide un attimo spaesato, mentre cerca di capire come si faccia il passo che ha appena suggerito. Sorride, gustandosi già la vittoria di quel round. « Okay, dovevo proprio immaginarlo che non vedevi l'ora di sfruttare l'occasione per vedermi in mutande.. » Scosse la testa, portandosi le braccia al petto, con un'espressione derisoria ad illuminarle il viso. Ma non rispose, gustandosi istante per istante il breve stacchetto danzante che Fred improvvisò per cercare di portare a termine la sfida. Una risata le esce cristallina dalle labbra, mentre il pollice della mano destra scivola verso il basso. «Ah, deludente. Davvero deludente. Eppure con la tua cultura in fatto di donne mezze nude, ero sicura di facilitarti con questo passo.» Si portò entrambe le mani ad incorniciarle il viso, tese verso l'esterno, fingendosi rammaricata per quell'inconveniente. « E comunque, la tua è stata una mossa davvero scorretta. » «Sai come si dice, no? Mors tua, vita mea.» Disse, prima di bloccarsi appena un istante. Fred, come suo solito, decise di fare ciò che gli riusciva meglio. Spiazzarla. Apertamente. Come sempre. Cominciò a sbottonarsi il maglioncino, rimanendo in canottiera in men che non si dica. Un sorriso malizioso velò le labbra di Olympia, mentre i suoi occhi scivolano lungo le sue braccia. Era fatta, completamente andata e l'unica cosa che riusciva a pensare era quanto fosse sexy ciò che stava osservando in quel momento. Gli si fece più vicino, poggiandogli l'indice sul bicipite destro. «E questo? Quando l'avresti fatto?» Gli picchiettò la pelle nuda, mentre gli girava intorno con uno sguardo tutt'altro che da lei. Come un predatore guarda la sua preda, studiandola nei minimi dettagli, prima di far calare la mossa successiva. «No, ormai quel che è fatto, è fatto. Io avrei scelto i calzini, ma così mi faciliti di molto il gioco.» Gli sorrise, posizionandosi nuovamente di fronte a lui. Strinse la gonna da entrambi i lati, alzandola un po', quel tanto che bastava per lasciare intravedere metà coscia. Si passò la lingua sul labbro inferiore, prima di mettere in scena il suo siparietto, comico senza alcun dubbio, ma perlomeno più realistico di quello di Fred. Una gambe piegata in aria, poi distesa, poi l'altra, stessi movimenti e di nuovo a rotazione. Concluse il suo omaggio a quel ballo francese con una profonda riverenza, prima di guardarlo, aspettandosi un applauso da parte sua. «Erano abbastanza scoperte per i tuoi gusti?» Sfrontata, si lasciò andare a quella domanda, prima di venire assalita da mille dubbi, sentendo la sua consegna. « E vedi di farlo bene, perché la prossima mossa è una semplicissima electro dance. Sono proprio curioso di vedere se hai messo quel reggiseno con i pois che hai ricevuto per Natale! » Storse appena le labbra, confusa nel non sapere assolutamente cosa fosse quella..danza elettronica? Aveva capito bene? Si morse il labbro inferiore, in una risata nervosa, mentre espirava rumorosamente. «Questo invece ti sembra giocare pulito?» La domanda rimase sospesa tra di loro, perché la musica precedente lasciò il posto ad una canzone che Olympia non aveva mai sentito prima di quel momento. Rimase incantata dal suono ipnotico dei bassi. Era musica che non aveva nulla di particolarmente affine ai soliti gusti della rossa, eppure c'era un qualcosa in quelle note che riusciva a farle vibrare ogni cellula del corpo, seguendo lo stesso ritmo, facendola sentire senza freni. Forse fu proprio grazie a quella musica che cominciò a ballare quella che in testa sua sperava essere la electro dance. Silenziosamente sperò perlomeno di beccare almeno un passo, giusto per non fare la figura della cretina totale. Si lasciò andare senza pensarci troppo, scivolando all'indietro ad occhi chiusi, verso il letto di Fred. Il letto si abbassò sotto il peso del suo corpo, mentre portava le braccia al cielo, muovendosi lentamente, seguendo alla perfezione il ritmo della musica. Riaprì gli occhi giusto un'istante, incontrando quelli di Fred al di là della tenda rossa che celava alla bell'e meglio il letto. La mano sinistra si strinse intorno ad una delle assi del baldacchino, mentre il corpo si lasciava volteggiare intorno ad essa, fino a ricadere nuovamente con i piedi a terra. Ridacchiò, leggermente inebriata da quel momento. «Lo so, lo so. Non aveva nulla di quella danza di cui parlavi te, non è così?» Sospirò. Un respiro profondo, a palpebre serrate, prima di accingersi ad eseguire l'inevitabile. Alzò gli occhi smeraldini, puntandolo in quelli di lui. Doveva spogliarsi di fronte a lui? Allora non avrebbe potuto abbassare il suo sguardo ceruleo. Sbottonò con cura il maglioncino. Bottone dopo bottone, mentre un sorriso innocente si faceva spazio sul suo viso. Fatta sì, audace e disinibita anche, ma sempre con quel pizzico di pudicizia che tanto la caratterizzava. Una volta liberata ogni asola, lasciò che il tessuto le carezzasse le braccia, fino a scivolare a terra, rimanendo con solo una canotta rossa a coprirle la parte superiore del corpo. «Per il reggiseno, devi ritentare. Magari la prossima volta sei più fortunato e finalmente scoprirai se l'idea che ti tartassa la mente è realtà.» Alzò un sopracciglio, mentre giocherellava nervosamente con l'anellino al naso. La musica tornò a pizzicarle la pelle e riprese a ballare, scuotendo i capelli con le mani. «Toglimi una curiosità» chiese, senza guardarlo. «Perché sei da solo la sera di San Valentino? Non avevi nessuna con cui rotolarti nel letto come fai sempre?» Il tono vagamente stizzito, ma deciso. Non era certa di voler conoscere la risposta a quella domanda puntigliosa, eppure c'era una forza insolita in lei che la spingeva a fare un passo in più, ancora uno, per avvicinarsi a quel limite che si era sempre imposta. Gli ballò intorno, ridendo, portandosi vicino al suo comodino, per prendere ancora una boccata di fumo, prima di avere l'illuminazione. «Non senti un po' caldo con quella canottiera? Voglio una pirouette che finisca in un plié. In quinta posizione, ovviamente.» Sorrise, strategica. Finalmente le tornavano utili quelle lezioni di danza classica con cui sua madre l'aveva torturata da piccola.
     
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    «Voglio andare in Thailandia. Voglio nuotare nelle acque del Mar dei Caraibi. Voglio andare a New e perdermi per le strade, pattinare al Rockfeller Center, vedere uno spettacolo di Broadway e tutte queste cose che probabilmente ti annoierebbero a morte dopo cinque minuti. Sai, è lì che vorrei abitare, un giorno.» Sorride a quelle parole Freddie, mordicchiandosi l'interno della bocca con i denti inferiori. Vorrebbe dirle che no, niente di tutto ciò lo annoierebbe, in sua compagnia. Ma rimane in silenzio, palesemente confuso da quei pensieri. Perchè la prospettiva di fuggire con lei lo attira tanto? Non è mai stato un tipo prudente, il Grifondoro. Tante volte quelle povere vittime di Hermione e Ron hanno dovuto fare i conti con il suo animo parecchio..Ribelle, non ci sarebbe altro modo per descriverlo alla perfezione. A parte stronzo, irresponsabile e particolarmente idiota, ma dettagli. A volte Freddie aveva persino creduto che i suoi nuovi genitori si sarebbero stancati prima o poi di tutti i guai che combinava quotidianamente, tanto da rispedirlo indietro con tanto di bigliettino legato al collo con sopra scritta qualcosa come "Il prodotto non ci soddisfa, vogliamo il rimborso". Ma nonostante si sforzasse per comportarsi bene, ..O almeno di tanto in tanto ci provava, non rientrava proprio nelle sue corde. La paura di esser buttato fuori non lo aveva mai fermato. Da quando era stato costretto ad abbandonare la sua vera famiglia, non era più riuscito a provare affetto per come avrebbe dovuto nei confronti di qualcuno che non fosse sua madre, quella vera. Era precipitato in un baratro di freddo ed apatico egoismo che lo portava a credere di non avere bisogno di nessuno. Per tanto voleva sì bene ai Weasley, ma era convinto che se anche loro un giorno si fossero stancati di lui, se ne sarebbe fatto una ragione ed avrebbe continuato per la sua strada come aveva sempre fatto. L'unico pensiero che lo preoccupava di tutta questa possibile ed estrema conseguenza, era quello di non poter più rivedere Olympia. Beh, non anche a casa, per lo meno. E seppur provasse in tutti i modi di negare questa sua ansia, sfidando ogni giorno Ron ed Hermione per vedere fino a che punto sarebbero potuti arrivare, non ne era capace. Dunque, ritornando al punto da dove siamo partiti: Freddie non avrebbe avuto paura di fuggire di casa realmente per andare chissà dove con chissà chi. Avrebbe potuto farlo da un momento all'altro, se solo avesse voluto. Non era un traguardo irraggiungibile, eppure la prospettiva di poterlo raggiungere assieme a lei era l'unica cosa che riusciva a pensare. «Intendi anche ora?» Annuisce il ragazzo, leggermente preso alla sprovvista da quella domanda. Era sicuro al 90% che l'Olympia che ha sempre conosciuto l'avrebbe tranquillamente ignorato ad una proposta del genere. Non dopo tutto ciò che le aveva combinato per lo meno. E invece eccola lì, perfetta nei suoi lineamenti da mezza veela, ad inchiodarlo con quei due grandi occhi smeraldini. Annuisce con sfrontatezza dunque, tentando di salvarsi in calcio d'angolo da quell'indecisione sin troppo..Intima. « Certamente. Altrimenti dov'è il bello? » Si stringe appena nelle spalle, cercando di scorgerla attraverso i capelli che le coprono il viso. «Certo. E' l'anno dei nostri diciotto anni, se non le facciamo ora queste cose, quando mai le potremo fare?» Ridacchia appena, piacevolmente sorpreso da quell'affermazione. Caparbia ed audace, gli ricorda così tanto la stessa Olympia di qualche anno prima, quel giorno in cui si erano conosciuti direttamente con un bacio grazie alla scommessa di quel giochino per ragazzi. Gli ricorda così tanto la stessa Olympia di cui si è..Cosa Fred? Ti sei cosa? Scuote la testa, arricciando il naso. « Bene. La nostra prossima destinazione è New York, allora, ci stai? Già vedo le facce terrorizzate e sconvolte della tua..-della nostra famiglia! Ma sai cosa? Poco mi frega. Voglio solo poter stare con te. » Ah sì? «..Per poterti tormentare anche fuori frontiera, chiaramente!»

    «E questo? Quando l'avresti fatto?» L'indice di lei picchietta sul suo braccio. Gira appena il capo, non prima di aver notato quella nota di malizia nel suo sguardo. Si morde il labbro inferiore, preso in contropiede ma soddisfatto suo malgrado. Si stringe appena nelle spalle, tendendo involontariamente -ma forse nemmeno poi tanto..- il muscolo del braccio sotto il tocco di Olympia. La pelle sembra « Qualche mese fa. I tuoi zii non sono stati particolarmente contenti...Ma dì un po', da quando questo interesse? » La punzecchia, prima di deglutire rumorosamente. La osserva incapace di distogliere lo sguardo mentre lei si alza la gonna della divisa fino a scoprire metà coscia. Merlino Freds, cosa c'era in quegli spinelli? Ridacchia durante il suo stacchetto, senza ombra di dubbio migliore del proprio. Si ritrova ad osservare con un interesse piuttosto indiscreto le sue gambe in movimento, e crede di dover aver fatto qualcosa di davvero ammirevole durante quella giornata, per essersi meritato un simile spettacolo. «Erano abbastanza scoperte per i tuoi gusti?» La sua voce sembra ridestarlo da quella sottospecie di trance nella quale è precipitato sin dal primo istante in cui il primo centimetro di pelle scoperta della Potter ha fatto il suo ingresso in scena. Annuisce, con ancora l'espressione inebetita -più del normale, per lo meno- boccheggiando come un pesce fuor d'acqua prima di riuscire a mormorare un « Sì. » Da quando tutta questa indecisione Freds? Non è certo la prima volta che vedi delle gambe scoperte. Non ha altro tempo per continuare con quelle silenziose domande, che una nuova canzone esplode nell'atmosfera. Sente il ritmo scorrergli attraverso ogni tessuto ed espandersi a macchia d'olio dentro i suoi vasi sanguigni. Sembra rigenerarlo, facendo crescere in lui una voglia di ballare quasi del tutto sconosciuta. L'adrenalina lo avvolge mentre il ritmo di quella canzone entra attraverso le sue orecchie sino ad arrivare alla sua mente, impossessandosene. I suoi occhi grigiastri si posano su di Olympia, che sembra aver avuto il suo stesso effetto. Vogliamo essere sinceri? Non aveva la più pallida idea di cosa fosse l'electro dance e di quali passi fosse composta. L'aveva forse vista qualche volta al cellulare, per curiosità e di sfuggita, ma mai vi si era soffermato particolarmente. Perchè dunque, l'aveva proposta? Per perdere, chiaramente. Quando il risultato di quella sfida sarebbe stato rimanere entrambi quasi nudi, perdere andava bene. «Questo invece ti sembra giocare pulito?» Si stringe nelle spalle, Fred, scuotendo leggermente la testa con espressione innocente. Lui ed il gioco pulito sono destinati a vagare per due rette parallele che con ogni probabilità non si incontreranno mai. La vede ballare a tempo, come se il ritmo dei bassi di quella nuova canzone avesse sempre fatto parte di lei. Sorride senza nemmeno accorgersene, mentre indietreggia di qualche passo non appena lei gli volteggia accanto, ondeggiando in dei passi improvvisati che non ha idea se corrispondano sul serio all'electro dance, prima di lasciarsi cadere sul suo letto. Incontra il suo sguardo, mentre si morde il labbro inferiore per riavvicinarsi. «Lo so, lo so. Non aveva nulla di quella danza di cui parlavi te, non è così?» Scuote la testa il Grifondoro, con finta espressione solenne. I patti sono patti, no? « Direi proprio di no. Ma devo ammettere che te la sei cavata abbastanza dignitosamente. ..Ma ora, via la maglia! » Lei scende dal letto, piantando i suoi occhi smeraldini su di lui. Inarca un sopracciglio, sorridendo alle prese con tanta audacia. Un sorriso innocente si dipinge sul bellissimo volto della ragazza, e per qualche istante Fred sembra riconoscere l'Olympia di sempre. E questo, non gli dispiace. E' diversa, e lo è in senso positivo. Gli è sempre piaciuta per questo. ..Aspetta che? La sua attenzione si posiziona sui bottoni che la ragazza sta liberando lentamente dalle asole. Uno per uno, con movimenti sinuosi. Un brivido gli sale lungo la schiena, mentre tenta di reprimerlo inutilmente: il fumo ha reso i suoi sensi ancora più acuiti ed avvolgenti. Gli riesce quasi impossibile bloccare qualsiasi tipo di emozione. «Per il reggiseno, devi ritentare. Magari la prossima volta sei più fortunato e finalmente scoprirai se l'idea che ti tartassa la mente è realtà.» Sfoggia un broncio non indifferente nel vederla ancora coperta da quell' antipaticissima canottiera. Ma nonostante tutto, butta un'occhio per osservarla bene. Le aderisce perfettamente sul corpo formoso, cingendole i fianchi ed il seno morbidamente. « Beh, sempre se prima non riuscirò a farti spogliare per altri motivi che non c'entrano nulla con lo strip.. » Sussurra, lasciando che l'ambiguità di quella frase quasi incompleta si insinui tra di loro. Riprende a muoversi seguendo i movimenti di lei, in un'imitazione non particolarmente fedele. Si avvicina a lei, prendendola per entrambe le mani per poi farla piroettare su sè stessa, coi suoi lunghi capelli sciolti a sfiorargli il viso durante la giravolta. « Toglimi una curiosità. Perché sei da solo la sera di San Valentino? Non avevi nessuna con cui rotolarti nel letto come fai sempre? » Chiede all'improvviso, senza guardarlo in faccia, e Fred si ritrova a ringraziarla di non averlo fatto. Non può voltarsi per guardarsi allo specchio, ma immagina già la confusione che dev'essersi palesata sulla sua faccia in risposta a quella domanda all'apparenza semplice. Perchè, Freds? Si morde il labbro inferiore, cominciando a torturarlo nervosamente con i denti superiori. Di compagnia per quella sera ne avrebbe trovata, se solo avesse voluto. Il problema era che..beh, non voleva. Non aveva mai creduto a quella festa, nè l'aveva mai percepita come qualcosa di tanto importante. In genere la trovava soltanto un modo per mangiare cioccolata e ricavarti qualche appuntamento facile. E ne aveva passati di S. Valentino sfruttando queste modalità, ma questa volta era stato diverso. Non aveva la più pallida idea del perchè. Ma qualcosa -seppur non volesse ammetterlo- gli suggeriva che aveva a che fare con la stessa ragazza che si trovava di fronte in quel momento. Prende un lungo respiro dunque, accorgendosi di aver temporeggiato fin troppo in completo silenzio.

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    « E' gelosia la tua, Potter? » La punzecchia, lanciandole uno sguardo inquisitorio. Poi si stringe nelle spalle, allontanandosi da lei per recuperare la sigaretta lasciata qualche minuto prima sul posacenere. « Non mi andava di passarlo con nessuna, tutto quì. Sai, a volte mi secca cambiare così spesso compagna..Avrei bisogno di.. - Alza automaticamente lo sguardo verso gli occhi smeraldini di lei - ...Una ragazza, probabilmente. Sì insomma una fidanzata fissa. O forse è solo la droga che mi fa dire certe stronzate! » Annuisce, precipitando nuovamente nel suo solito baratro di superficiale egoismo. Basta con tutti questi dubbi Freds, non avrai mica il ciclo? « E tu? Nessuna fiamma all'orizzonte per la bella Potter? Non ci credo che eri così disperata da decidere di passare il tuo S. Valentino con me... » Mormora, provocatorio come suo solito. In realtà non è così sicuro di voler scoprire la risposta a quella domanda. Sa che con tutta probabilità stringerà i pugni con così tanta forza da farsi diventare le nocche bianche. Smorza leggermente il nervosismo ridacchiando ai movimenti della Grifondoro che ha preso a ballargli attorno. «Non senti un po' caldo con quella canottiera? Voglio una pirouette che finisca in un plié. In quinta posizione, ovviamente.» Inarca un sopracciglio, scettico. Una picosa? Scuote la testa, con espressione delusa. Se l'è scampata travisando il suo turno per l'elettrodance, ma non è così sicuro di poterlo fare anche stavolta. Olympia lo fissa, con sguardo sveglio. Si sente studiato come una preda, ma a differenza del solito, gli piace. Non ha la più pallida idea di quale sia questa quinta posizione, per tanto si limita a fare ciò che sa. ..O quanto meno crede di sapere. Deve aver visto qualche film di danza, qualche volta, ed è a quei ricordi sbiaditi che si affida. Indietreggia dunque, alzandosi sulle punte delle scarpe alla meno peggio, alzando le braccia fin sopra la testa e girando su sè stesso con fin troppa forza. Ritorna stabile con ben poca grazia, calandosi per esibire un pliè sbilenco, che lo fa barcollare. Allunga le braccia per potersi tenere da lei, ma non riesce a raggiungerla e cade per terra ugualmente, sbattendo il sedere. « Vale per buono o mi sono ammaccato il mio bellissimo culo per niente? » ridacchia, rimettendosi in piedi ed alzandosi la maglia a metà, in attesa di un nuovo comando da parte della ragazza.« Sai, ho la sensazione che non aver trovato nessun'altra compagnia per oggi sia stato un bene. Mi piace..stare quì con te. Insomma, beh, la droga ti rende quasi simpatica.. » La osserva per qualche istante, in silenzio. « Perchè hai scelto proprio me? Il giorno della scommessa. So che te ne sarai pentita almeno un centinaio di volte di averlo fatto da allora ad oggi ma...Perchè? »
     
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    « Bene. La nostra prossima destinazione è New York, allora, ci stai? Già vedo le facce terrorizzate e sconvolte della tua..-della nostra famiglia! Ma sai cosa? Poco mi frega. Voglio solo poter stare con te. » Per un attimo, involontariamente, sente il proprio cuore saltarle un battito. «..Per poterti tormentare anche fuori frontiera, chiaramente!» Poi lui si corregge e il cuore riprende a battere secondo il suo ritmo normale. Si sente una ragazzina, forse perché effettivamente lo è davvero. Ma se ne vergogna, almeno per qualche istante. Sa di non essere tipa per certe cose. Non è la classica ragazza che aspetta un complimento, che pende dalle labbra di un ragazzo, che vive nell'attesa di quella prima mossa che serve a smuovere le acque. Lei, solitamente, non è interessata proprio al genere umano maschile. Non lo è più da tanto tempo, da quando ha avuto l'incidente. Eppure, Fred sembra riuscire sempre a scatenare nella sua testa quella orda di interrogativi continui che la fa sentire una cretina e una deficiente al tempo stesso. Perché non vorrebbe farsi domande, eppure se le fa. Allora tergiversa, come suo solito. «Della nostra famiglia, già.» Gli fa eco, riprendendo a muoversi, per non guardarlo in faccia. Le fa ancora strano saperlo di famiglia. Non l'ha mai chiamato cugino, non ci riuscirebbe nemmeno sotto tortura, eppure da una parte è contenta di saperlo con un tetto sopra la testa e non a spasso sotto un ponte. «Sono quasi certa che zia Hermione non ti farà mettere piede sull'aereo nemmeno se la implorassi per giorni!» L'apprensione sembra essere di casa nella famiglia Potter-Weasley, eppure è quasi certa che, sbattendo un po' le ciglia, con un bel sorrisone da figlia prediletta, suo padre non le farebbe storie per un eventuale viaggio all'estero, soprattutto se si portasse dietro la scorta. Freddie, stranamente, è sempre andato a genio a suo padre. Forse perché non è propriamente a conoscenza dei trascorsi che ha con la sua unica figlia femmina. L'ombra di un sorriso le distorce le labbra all'idea di Harry Potter che rincorre per strada Freddie, brandendo il suo ultimo manico di scopa.
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    « Qualche mese fa. I tuoi zii non sono stati particolarmente contenti...Ma dì un po', da quando questo interesse? » Gli sguardi si scontrano, mentre la rossa dischiude automaticamente le labbra, quasi a volerlo prendere in giro. «Ho sempre avuto una passione particolare per i tatuaggi. Lo sapresti, se solo mi ascoltassi qualche volta!» Lo punzecchia, girandogli intorno, per poi cominciare ad alzare la gonna. «Sapresti anche che ne ho uno, per esempio..» Continua a blaterare parole senza pensare. La lingua è a ruota libera, sciolta dall'alcol e dall'erba. Non sembra nemmeno più lei, così proiettata in avanti, così spinta, così sfrontata. Eppure sa, in cuor suo, che quella è una sfumatura essenziale di sé, che non tira fuori da tanto, ma che è presente, sepolta sotto strati d'indifferenza, di dolore, di cose non dette.
    « Beh, sempre se prima non riuscirò a farti spogliare per altri motivi che non c'entrano nulla con lo strip.. » Gli lancia un'occhiata indecifrabile, mentre alza un sopracciglio, come a volergli far intendere quanto sia divertita da quell'affermazione. Gli si fa più vicina, spingendosi in avanti, mentre i piedi continuano a ballare sempre più scoordinatamente, ma non le importa. Arriva fin sotto il suo viso, continuando ad ondeggiare con ben poca leggiadria. Lo fissa, qualche istante, per poi sorridergli. Un sorriso dalle mille interpretazioni, dai mille sapori, dalle mille motivazioni. Eppure gli sorride. «E questo che vorresti?» Domanda infine. Aggiungerebbe un "Ti piacerebbe", giusto per far sembrare una semplice provocazione quella domanda, ma non lo fa. Si è spinta oltre il limite labile che si è eretto tra di loro da quando Freddie è diventato ufficialmente parte della famiglia. Ha attraversato quel confine senza nemmeno accorgersene, eppure, dopo aver pronunciato quelle parole, non si sente pentita. Non si sente in colpa. Prova una vena leggera di paura, nell'udire la risposta a quella domanda impertinente, ma in fin dei conti le basta questo: l'aver esternato i propri dubbi. Per questo motivo allunga le braccia, andando ad intrecciare le proprie mani sulla sua nuca. Le dita gli sfiorano dolcemente i capelli, mentre lei continua ad ondeggiare. Non risponde nemmeno alla sua provocazione, ma lo ascolta parlare. Come un fiume in piena che non ha assolutamente intenzione di arginarsi, di provare a rallentare il proprio corso. « Non mi andava di passarlo con nessuna, tutto quì. Sai, a volte mi secca cambiare così spesso compagna..Avrei bisogno di.. - Una ragazza, probabilmente. Sì insomma una fidanzata fissa. O forse è solo la droga che mi fa dire certe stronzate! » Sta sorridendo, sente che lo sta facendo davvero e prova a storpiare le labbra con un'espressione più decisa e fredda, ma non ci riesce più di tanto. Smettila di fare la cretina! Le urla la testa, ma lei sembra non sentire più nulla. «Freddie Weasley pronto ad impegno con una sola ragazza? Ma non mi dire! Chi l'avrebbe mai detto?» Se ne esce, guardandolo negli occhi, senza avere alcuna intenzione di sciogliere quello strano abbraccio da ballo del liceo. «E' sicuramente l'erba a parlare. Domani non ricorderai nulla, ma tranquillo: il tuo segreto è al sicuro con me.» Si porta i due indici a formare una X di fronte alle labbra, prima di far scivolare nuovamente le dita lungo il suo addome. Non si fa problemi, non si vergogna mentre le lascia slittare su di lui come fosse la cosa più naturale del mondo. Abbozza un sorriso, mentre ascolta la sua domanda. Già, perché? Perché sei qui e non a spasso con qualsiasi altro ragazzo del castello? Senza considerare, ovviamente, il fatto che non è stata invitata da nessuno, perché 1) lei non dà confidenza a nessuno, 2) se solo qualcuno ci avesse provato, con ogni probabilità si sarebbe beccato un due di picche che nemmeno un accanito giocatore di poker avrebbe tirato fuori dal mazzo. Così sorride, leggermente intontita, mentre cerca di trovare una risposta plausibile che non la faccia passare per la solita sfigata di turno. «Non mi piace, come festa intendo. La trovo stupida..» comincia, senza troppa convinzione. Persino alle sue orecchie, quelle sembrano nient'altro che le classiche scuse che usano le zitelle per giustificare il fatto di aver adottato un nuovo gatto. «Okay, diciamo che sono leggermente sfiduciata sul genere maschile. Ecco perché poi alla fine mi sono ritrovata qua. Il che è tutto in dire, se consideriamo l'intera situazione.» Un ghigno di scherno si palesa sulle sue labbra prima di indietreggiare per assistere al totale fallimento che si rivela essere la prova di ballo di Freddie. Scuote la testa divertita, mentre lo osserva dall'alto. « Vale per buono o mi sono ammaccato il mio bellissimo culo per niente? » La maglia è alzata fino a metà, tanto che alla rossa basta un'occhiata verso il basso per notare i leggeri muscoli che vanno a definire il bacino del ragazzo. Alza un sopracciglio, prima di tornare a guardarlo in faccia. «Scherzi vero? E' stato un totale fiasco e il fatto che sei caduto a gambe all'aria ne è la prova!» Dal canto suo, grazie a quegli anni di tortura cinese che le ha inflitto mamma Ginny, riesce a portare a termine il suo stesso compito con facilità, fluttuando sulla gamba sinistra. Chiude la piroetta in quinta posizione, per poi tornare a guardarlo. «Forza, che aspetti? Un gioco è un gioco, no?» Attende in silenzio, per poi essere presa in contropiede dalle sue parole. « Perchè hai scelto proprio me? Il giorno della scommessa. So che te ne sarai pentita almeno un centinaio di volte di averlo fatto da allora ad oggi ma...Perchè? » Lo guarda, l'osserva da sotto le folte ciglia, portandosi entrambe le braccia a stringersi sotto il seno. Non dice nulla, rimane in silenzio valutando la situazione. Entrambi sono fatti, lei è pure leggermente ubriaca, si stanno spogliando e le cose potrebbero peggiorare, di secondo in secondo. Sicura di voler stare al suo gioco? Sicura di voler essere completamente sincera con lui? Annuisce, rispondendo agli interrogativi che si palesano nella sua mente. Lo vuole. Per una volta soltanto, vuole concedersi questo sfizio. Così si avvicina ancora una volta, mentre la musica in sottofondo è cambiata e lei non ci ha fatto nemmeno troppo caso. Non le interessa più il gioco. «Stavi leggendo "La Fabbrica di Cioccolato".» Risponde, sciogliendo l'abbraccio delle proprie braccia. Allunga una mano, leggermente tremolante, verso la sua. La sfiora con i polpastrelli, la carezza con delicatezza, prima di risalire il polso, poi il braccio, con estrema lentezza. Si ferma all'altezza del cuore, lasciando che le proprie dita disegnino dei cerchi concentrici sopra la sua pelle calda. «E' sempre stato uno dei miei libri preferiti, fin da quando ero piccola. Me lo leggeva spesso mio padre. E' stato questo a convincermi. Avevamo una cosa in comune, una cosa che non avevo con nessun altro dentro quella tavola calda.» In realtà non si è mai pentita di quel bacio. E' stato effettivamente il suo primo bacio, se non si contano i vari tentativi squallidi fatti durante un giro del gioco della bottiglia, rintanati nella cameretta di Simon, durante la festa che i suoi genitori stavano dando in casa propria. «Senza contare il fatto che eri l'unico, all'incirca, della mia età. Non avrei mai baciato l'uomo di mezza età che se ne stava al bancone e che puzzava di alcol da un metro di distanza.» La butta sullo scherzo, seguendo i movimenti delle proprie dita, senza mai guardarlo una sola volta negli occhi. Non le viene facile essere sincera quando si tratta di cose così personali. Non le è mai facile esserlo con Freddie, questo ormai l'ha capito da tempo. Ma quella sera c'è qualcosa di diverso tra di loro. Una vibrazione particolare, una nota differente alla quale sembrano rispondere entrambi i loro corpi. Entrambe le loro menti. Una nota che non vi era nel loro spartito, fino a quel momento. «Non me ne sono mai pentita, se è questa la domanda con la quale ti stai arrovellando la testa.» Si permette di guardarlo negli occhi, mordendosi l'interno del labbro per non scoppiare a ridere. «Certo, l'anno scorso ho pensato più volte ai vari e possibili modi con cui affogarti per non avermi invitata al ballo, ma è stato molto bello lo stesso e non posso dartene una colpa! Anzi, dovrei quasi ringraziarti per avermi dato questa possibilità..senza di te Terribilmente sincera, fin troppo, tanto da riuscire a spaventarsi da sola. Il ballo era stato un tasto dolente per lei. In cuor suo, aveva sempre sperato di sentire arrivare il suo invito, per il semplice fatto che lui la conosceva, era a conoscenza delle sue ansie, delle sue paure e si sarebbe potuto rivelare perfetto come cavaliere in un'occasione del genere. Eppure, a distanza di un anno, era felice di non essere stata la sua accompagnatrice, per il semplice fatto che si era messa in gioco, superando i propri limiti, aiutando a sua volta Felix. Era un bel ricordo per lei, quel ballo. Un ricordo che non avrebbe mai dimenticato. «Te invece? Ti sei mai pentito del fatto che ho scelto proprio te? E' vero che il pubblico ci voleva insieme, eppure potevi anche tirarti indietro.» I loro occhi si scontrano ancora una volta e sembrano brillare, di un'intensità talmente forte da farla quasi desistere, nel voler distogliere lo sguardo e rifugiarlo in un posto meno pericoloso di quei due cerchi grigiastri. La mano risale il collo esitante, fino ad avvicinarsi alle labbra. Le sfiora con delicatezza, senza ascoltare più la testa. Posa le dita sopra di esse, coprendole completamente, prima di avvicinarsi e posarvi un bacio. Sopra il proprio palmo. Lo fa con disinvoltura, senza sapere nemmeno il perché. Non si sconvolge nemmeno di quel piccolo, inavvertito gesto. Le sue pupille non si allargano, le dita non le tremano e lei fa soltanto ciò che sente di voler fare. Non c'è una spiegazione in niente di tutto ciò che le sta accadendo quella sera, perciò tanto vivere, prendendo le situazioni come le vengono proposte sul tavolo da gioco. Alza una carta, e poi un'altra ancora. Lo guarda, allontanando la mano dalle sue labbra lentamente. Si morde il labbro inferiore. «Io non so che..»sto facendo! Non so cosa mi stia passando per la testa. E' tutto così confuso. E la confusione sembra spingerla ancora oltre, muovendo un altro passo al di là della linea del confine. Si sporge verso di lui, ritrovandosi in punta di piedi. La musica arriva ovattata alle sue orecchie, mentre i loro occhi non cedono dall'evitarsi e la mano scivola a trovare la sua giusta posizione nell'incavo del suo collo. «Voglio provare una cosa..» gli soffia sulle labbra. Riesce a percepire il suo respiro, lo sente scaldare la propria pelle e questo le dà la nota che le serviva per cominciare quel concerto di cui non conosce lo partitura, ma di cui vuole scrivere ogni singola battuta. Gli sfiora le labbra, dolcemente, all'inizio. Poi la propria bocca si modella sopra la sua, coincidendo alla perfezione, mentre si fa spazio in quelle terre che non ricordava di conoscere così bene. E' un bacio veloce il loro, ma più maturo, più desiderato degli ingenui baci che si sono scambiati in passato. Si stacca poco dopo e le proprie labbra sembrano quasi gridarle il loro dissenso per quel contatto negato. «In memoria dei vecchi tempi, valeva la pena riprovare in questa magica serata, no?» Un sorriso rilassato le dipinge le labbra e per una volta può dirlo davvero. Non si è mai sentita meglio. Mai più libera. Mai più leggera.


    Edited by ¬ sense8. - 15/4/2017, 20:24
     
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