Never let me go

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    Giorno 1
    Caro Diario,
    me ne sono andata all’alba come una perfetta codarda, ma non avevo il coraggio di rimanere. Mi sento ancora il suo profumo addosso e se chiudo gli occhi riesco a sentire il calore delle sue carezze, ho paura e non posso fare altro che scappare. Samuel non è pronto ad affrontare i sentimenti che ho iniziato a provare per lui, se solo capisse ciò che provo sono sicura che scapperebbe. Non voglio trovarmi con il cuore spezzato perché non sono indistruttibile e la prossima volta potrei spezzarmi definitivamente. Nessuno di noi è pronto, forse la vita ci ha ferito così profondamente che non siamo più in grado di lasciarci andare.

    Inquietudine [in·quie·tù·di·ne] L’essere inquieto; stato d’animo turbato, senso di apprensione, di ansia provocato soprattutto da incertezza, timore, preoccupazione.
    Una sensazione che Eris provava sin dal suo ritorno ad Hogwarts, dopo un anno lontana da quelle mura non sapeva cosa aspettarsi e non aveva idea di come comportarsi. La sua famiglia l’aveva accolta con freddezza, sua madre e sua sorella le avevano a malapena rivolto la parola; sua sorella per invidia mentre sua madre per ripicca. Dall’esatto momento in cui aveva scelto di trasferirsi in America per un anno si era sentita tradita e nonostante fosse sua madre non aveva minimamente provato a comprendere il suo punto di vista. Aveva spedito un sacco di lettere e l’unico che le rispondeva era suo padre, aveva addirittura rinunciato a chiamarli dopo che la prima volta aveva sentito sua madre, in sottofondo, dire a suo padre che non era in casa. La delusione pian piano aveva lasciato il posto all’accettazione, Eris infatti aveva ormai capito che, per quanto le sarebbe piaciuto, i suoi non l’avrebbero mai capita fino in fondo. Era cresciuta in quell’anno, aveva imparato ad andare avanti e a non lasciarsi abbattere; aveva finalmente trovato la sua strada e non doveva fare altro che seguirla. Aveva anche tentato di scrivere a Sam, ma ogni lettera iniziata era rimasta incompiuta; non sapeva come giustificare il suo gesto, certa che il ragazzo non avrebbe mai compreso i suoi motivi. Tornare ad Hogwarts era stato un po’ come tornare a casa, Ilvermorny era stata un’esperienza magnifica, ma le mura di quel castello inglese erano la sua vera dimora. Lydia l’aveva accolta con calore e aveva preteso che le raccontasse qualsiasi cosa sulla scuola di stregoneria americana, ogni minimo dettaglio. Eris era contenta che almeno lei fosse entusiasta dell’anno che la corvonero aveva appena passato, avevano passato l’intera serata a spettegolare sui loro letti e a ridere; una cosa che Eris non faceva da un sacco di tempo. Si era trattenuta dal chiedere notizie su Sam perché aveva quasi paura della risposta che avrebbe
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    potuto ricevere, non voleva sapere quanto fosse o non fosse rimasto ferito dalla sua partenza. «Vado a fare il mio dovere di caposcuola!» Avrebbe di gran lunga preferito rimanere a parlare con l’amica per tutta la notte, ma tra i suoi compiti c’era anche quello della ronda notturna; controllare che tutti gli studenti fossero nelle loro sale comuni era infatti suo compito. Indossò un caldo maglione verde, abbinato ad un comodo paio di jeans blue navy; fortunatamente doveva solamente indossare la sua spilla da caposcuola e non la divisa. I corridoi erano pervasi da una luce soffusa, quasi impalpabile e tutto intorno a lei taceva. Ogni tanto il silenzio era interrotto dai suoni molesti che provenivano dai quadri, molti soggetti infatti russavano sonoramente e senza ritegno. C’era un non so ché di poetico in quel silenzio e in quella leggera oscurità, molti sarebbero spaventati all’idea di percorrere in completa solitudine quei corridoi, ma per Eris era un privilegio di cui far tesoro. Il suo giro venne interrotto dal chiaro rumore che un banco provoca strisciando sul pavimento, quando si affacciò sulla porta dell’aula si ritrovò davanti ad un classico cliché; una coppietta aveva infatti scelto l’aula di incantesimi per appartarsi. Rimanendo sulla porta si schiarì la voce e subito i due amanti si allontanarono allarmati. Quando mise a fuoco il ragazzo smise quasi di respirare, un pugno in pieno stomaco sarebbe sicuramente stato meno doloroso. Sam era nudo dalla cintola in su, il maglione giaceva ai suoi piedi e le gambe della ragazza erano ancora avvolte intorno ai suoi fianchi. Poco meno di un anno prima lei era al posto di quella ragazza e, come se fosse ieri, ricordava chiaramente la sensazione che aveva provato quado le sue mani avevano sfiorato il suo corpo. «Io…io non ce la faccio.» Scappò via correndo, cercando di cancellare dalla sua mente la scena che aveva appena visto. Era stata lei ad andarsene e non poteva biasimare il ragazzo per essere andato avanti, nonostante ciò non riusciva ad impedire a sé stessa di sentirsi ferita. Si rifugiò in aula caduta in disuso, veniva usata come deposito e lungo le pareti file di banchi impolverati erano accatastate. Appoggiò la fronte contro il muro e abbracciò sé stessa, nella speranza di riuscir a rallentare il ritmo del suo cuore che sembrava deciso a saltarle fuori dal petto. Aveva promesso a sé stessa di essere forte, ma in un attimo tutte le sue difese erano crollate riducendola in pezzi; senza alcun controllo le lacrime iniziarono a rigarle il volto e questa volta non poteva fare altro che incolpare sé stessa.



    Edited by quinzel. - 11/5/2017, 15:28
     
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    Famelico. Era così che era diventato. Si cibava di sensazioni, emozioni, situazioni, carnali perlopiù. Ed era alla ricerca disperata di una soddisfazione fisica che si stava abbandonando cosciamente, in quel momento. Le mani scorrevano tra i capelli di Diana, stringendoli appena arrivate alla radice, per costringerla ad allungare il collo all'indietro, lasciandogli così campo libero. Le labbra scendevano infuocate sopra la sua pelle, graffiandola con i denti che, impazienti, richiedevano di essere sfamati. Da quando aveva ricevuto il dono tutti i suoi sensi avevano si erano sviluppati enormemente, tanto da riuscire a percepire le proprie terminazioni nervose rispondere al tocco coinvolgente della ragazza. Diana, una distrazione perfetta nel caos in cui era caduto il suo mondo, da un anno a quella parte. La perfetta presenza per cercare di scacciare la maggior parte dei pensieri che gli affollavano la testa, pressanti. Silenziosa, compiacente, non faceva troppe domande, non si aspettava che il sesso sfociasse in coccole, non si aspettava di essere richiamata il giorno seguente, ma solitamente si concedeva tutte le volte in cui Sam ne aveva bisogno. E punto assolutamente a suo favore: era una dea del sesso. Quello di cui aveva bisogno in quel momento. Uno svago, un passatempo che la bionda sembrava donargli senza alcuna pretesa, senza alcuna richiesta né remora. Diana gli tolse il maglione senza che lui opponesse alcuna resistenza, avvinghiato com'era tra le sue gambe. Una mano risalì la coscia della ragazza con avidità, intrufolandosi sotto la sua gonna, fino ad arrivare a pizzicarle il bordo delle mutandine. Rise sulle sue labbra, improvvisando un movimento di bacino piuttosto concitato, tanto da far strisciare all'indietro di qualche centimetro la cattedra sulla quale si erano appoggiati con assoluta tranquillità. Le aule di notte erano il loro posto preferito per quegli incontri casuali. Una risata lasciò in contemporanea le labbra dei due, quando i sensi di Sam si misero in all'erta, avvertendo una presenza nel corridoio. Si voltò di scatto, scostandosi appena dalla presa sensuale di Diana mettendo a fuoco all'istante la figura di Eris. Quando era tornata? Perché non era andato a cercarlo subito? Si schiarì la voce, guardando prima la ragazza, poi Diana, riuscendo ad intuire soltanto in quel momento quanto fosse imbarazzante l'intera situazione. Non fece però in tempo ad aprir bocca che Eris, dopo aver mormorato qualche parola incerta, aveva girato i tacchi, allontanandosi più velocemente possibile da lui. «Cazzo» disse a metà labbra, girandosi a cercare il proprio maglione, abbandonato poco più lontano, sul pavimento. «Diana scusami tanto, ma devo proprio andare. Ci vediamo dopo» e con il maglione in mano, con falcate lunghe e veloci, uscì dall'aula. Arrestò i suoi passi, lasciando cadere l'intero corridoio nel silenzio più tombale. Eccezion fatta per un cuore che sembrava battere velocemente, fin troppo. Si lasciò guidare dal suo udito, fin quando non raggiunse il battito. E colei il cuore sembrava non volersi calmare. Nella penombra dell'aula, i suoi occhi ferini si abituarono all'istante, riuscendo a mettere a fuoco la figura di Eris. Stretta nella presa delle sue braccia, con la fronte appoggiata al muro. Anche da quella distanza Sam sapeva con certezza che c'erano delle lacrime a rigarle il volto, senza vergogna alcuna. Si rivestì velocemente, osservandola dalla porta, senza riuscire ad aggiungere molto. Non la vedeva da un anno. Da quando aveva deciso di essersi stancata del castello, della vita di ogni giorno, di lui, tanto da prendere e partire nel cuore della notte, senza metterlo al corrente di nulla. Un giorno prima era al suo fianco, il giorno, puff, sparita e dissolta nel nulla. Da Lydia, in seguito, era venuto a sapere di quell'anno scolastico all'Ilvermorny. Aveva sorriso, un sorriso amareggiato che aveva distorto le sue labbra, per appena qualche secondo, nel constatare quanto poco le fosse interessato di renderlo partecipe di quell'opportunità favolosa per la sua carriera. Non aveva riposto la sua fiducia in lui, lui che l'avrebbe appoggiata probabilmente meglio di chiunque altro. Lui che si era affidato a lei come con nessun altro nella sua vita. «Non ti lascerò odiare te stesso, ci sono io Sam. Faremo un passo alla volta ok? Siamo in questa cosa assieme.» Niente di più tristemente falso. Combattuto sul da farsi, continuò a respirare lentamente, con la spalla appoggiata allo stipite della porta, le braccia incrociate al petto. Immobilizzato in quel contrasto di emozioni. L'aveva ferito, la sua partenza inaspettata l'aveva ferito e le sue promesse erano andate dritte dritte nel cesso, con la tirata di sciacquone annessa. D'altra parte era felice di vederla e il semplice fatto di sentirla piangere riusciva a farlo sentire in colpa. Non sapeva bene per cosa, ma quella era la sensazione. Riusciva a percepirla distintamente. Così, prendendo un gran respiro, si avvicinò a lei e senza chiederle il permesso avvolse le proprie braccia intorno alle sue, affondando il viso tra i suoi capelli. Rimase in quella posizione per degli istanti interminabili, che gli servirono a dare libero sfogo a quella parte di lui che era sinceramente felice di riaverla lì, con lui. Al suo fianco, come era sempre stato. Senza dire nulla, si tirò indietro, di qualche passo, fino ad incontrare un banco, sul quale si appoggiò con i palmi della mano. «Perché?» Chiese infine, tentando di rimanere più calmo e rilassato possibile. In quell'ultimo anno, dopo la trasformazione, era sempre stato più difficile controllarsi e tenere a bada la rabbia. Ma con tanto sforzo e tanta pratica le cose sembravano essere migliorate. Almeno un po'. «Perché te ne sei andata così?» Una smorfia gli corrugò le labbra, mentre le dita andavano a stringere con maggiore forza il tavolo. «Oh e grazie per avermi detto dove andavi. L'indirizzo mi ha fatto davvero comodo.» Una frecciatina che lo costrinse ad incurvare le labbra verso l'alto, in un sorriso divertito.
     
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    Il dolore era per lei qualcosa di famigliare, come un compagno di bevute sempre al suo fianco. Daisy era stata ferita talmente tante volte nella vita che si chiedeva se esistesse ancora un brandello intatto del suo cuore, quanto ancora avrebbe dovuto sopportare prima di spezzarsi definitivamente? Un anno prima aveva preso quella decisione per salvaguardare sé stessa, ma soprattutto per salvare Sam. La trasformazione e i segreti che sarebbero stato costretto a tenere erano ciò su cui si doveva concentrare; lei rischiava solamente di essere una distrazione lungo quel nuovo tortuoso percorso. Eris doveva solamente incolpare sé stessa, ma nonostante quella consapevolezza non riusciva a sentirsi meglio; non riusciva a rivedere quella scena senza sentirsi soffocare. Ad un certo punto del suo percorso aveva pensato di rendere permanente il suo trasferimento in America, ma la sola idea di non poter vedere più Sam le era del tutto insopportabile. Nonostante i gemiti di sofferenza riuscì a sentire chiaramente il momento in cui il ragazzo entrò nella stanza. Desiderava scomparire la corvonero, cancellare la propria esistenza per smettere di soffrire. Quel silenzio, rotto solo dai suoi singulti era pieno di parole non dette; carico di una tensione pronta ad esplodere. Quando le braccia del serpeverde si chiusero attorno al suo corpo smise del tutto di respirare, c’era un calore famigliare in quell’abbraccio; il respiro tra i suoi capelli le fece venire i brividi, tanto che il suo respiro prese lo stesso tempo di quello del ragazzo. Quel breve momento di pace venne ridotto in frantumi dal ricordo di ciò che aveva appena visto, il pensiero di Sam avvinghiato alla ragazza la spinse a tremare in maniera controllata. «Ti prego lasciami.» Il suo era stato appena un sussurro, una richiesta disperata; una supplica. Eris riusciva quasi a sentire il profumo dolciastro della ragazza, una fragranza fin troppo fruttata che le dava il voltastomaco. Sentii i passi di Sam allontanarsi di poco, ma nonostante il distacco riusciva ancora a percepire il calore del suo corpo. «Perché te ne sei andata così?» Una domanda a cui sapeva di dover rispondere, ma come poteva farlo in quel momento? Come avrebbe potuto lui credere che l’aveva fatto per il loro bene? Lei era stata talmente delusa della vita che non riusciva a lasciarsi andare, permettere a qualcuno di avere una presa così forte sul suo cuore avrebbe significato smarrire sé stessa; finire distrutta per l’ennesima volta. Tutti pensieri vuoti e inutili dal momento in cui si era ritrovata lo stesso con il cuore spezzato, con migliaia di chilometri a separarla dall’unica persona con cui voleva davvero stare. Durante ogni notte, passata
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    lontano dalla stretta delle sue braccia, aveva ricordato le sue carezze, i suoi baci, la sensazione della loro pelle che si sfiorava; e ogni notte si era addormentata tra le lacrime. «Non servirebbe a niente saperlo.» Perché non capiresti e continueresti a pensare che ti ho abbandonato. Era cambiata la sua voce in quei mesi, la sofferenza aveva lasciato posto ad una forza ancestrale che sembrava pervadere tutto il corpo di Sam; una forza bestiale. «Oh e grazie per avermi detto dove andavi. L'indirizzo mi ha fatto davvero comodo.» Un sorriso amaro si dipinse sulle labbra della corvonero, nascoste nel suo baule c’erano decine e decine di lettere scritte e mai spedite; tutte indirizzate a lui. Ogni volta che ne terminava una la imbustava e la nascondeva in fondo al baule, quelle poche righe pregne di sofferenza erano il suo unico modo per sentirlo ancora vicino. «Eppure sapendo dov’ero non mi hai mai cercata.» Una verità dolorosa, che ancora oggi le spezzava il cuore. Ricordava chiaramente la lettera in cui Lydia le diceva di aver vuotato il sacco con Sam, una notizia che aveva riacceso in lei una piccola speranza, ma che giorno dopo giorno era andata sgretolandosi. Quando si voltò verso di lui vide chiaramente lo sforzo che stava facendo per trattenersi, le mani erano letteralmente aggrappate al bordo del banco e i tendini erano talmente tesi da poter essere chiaramente distinti sotto la pelle. Si tormentava nervosamente il piercing al labbro un gesto che spesso faceva volutamente in passato, ma che in quel momento era del tutto involontario. I ricordi tornarono prepotenti nella sua mente e le immagini di loro due strette in un intimo abbraccio la invasero; anche in quel momento non riusciva a staccare gli occhi da quel piccolo anellino argentato, completamente stregata dal modo in cui Sam ci giocava. Lo aveva sfiorato con le dita, saggiando prima le sue labbra morbide e quel piccolo anellino di metallo; una cosa del tutto nuova per la ragazza. Senza bisogno di indicazioni, ma spinta solamente dall’istinto, si era avventata sulle sue labbra; stringendo le gambe attorno al suo corpo. Sam sapeva di tabacco e di menta, un sapore che per lei era diventato inebriante e sinonimo di casa; mordicchiò le sue labbra e poi si dedicò del tutto a quel piccolo oggetto. Nelle mani del ragazzo non era solo un ornamento, ma una vera e propria arma di seduzione che Eris stava imparando ad apprezzare. Sam aveva sorriso di fronte al suo spirito di iniziativa; un sorriso talmente dolce che ricordarlo le provocò l’ennesima fitta al cuore. Dov’erano finiti quei ragazzi? Si sarebbero ritrovati o il tempo aveva provocato fratture irreparabili? «Me ne sono andata perché era la scelta giusta. Non eravamo pronti Sam e tu avevi problemi più importanti ad affrontare.» La sua era stata una scelta sofferta, ma ben ponderata. Samuel non era un tipo da relazione fissa e lei non voleva diventare un peso per lui, specie quando i sentimenti di lei erano così chiari e cristallini; non voleva che lui si sentisse costretto a ricambiarla in un momento così delicato della sua vita. «Forza dimmi che sbagliavo, dimmi con sincerità che eri pronto ad impegnarti in una relazione.» Eris purtroppo non si sarebbe potuta accontentare di meno, si meritava tutto perché era disposta a dare tutta sé stessa; era disposta ad attraversa le tenebre per lui, ma non sarebbe rimasta a guardare mentre lui si allontanava per paura. Lei voleva troppo e lui non abbastanza.


    Edited by quinzel. - 11/5/2017, 15:30
     
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    «Non servirebbe a niente saperlo.» Scollò la testa, Samuel, incrociando le braccia al petto, con una risata a deformarle la linea calda che formavano le sue labbra. Era davvero divertente come le persone, persino le più insospettabili, riuscissero a rivoltare la frittata come meglio credevano. «E questo l'hai deciso tu, non è vero? Come hai deciso di partire senza lasciarmi uno straccio di spiegazione. Giusto, mi sembra una spiegazione più che plausibile.» La risata andò morendo, sostituita immediatamente da uno stringere di denti che costrinse il resto del viso a diventare dei lineamenti duri e freddi. I primi giorni erano stati difficili per lui. Una vera merda, a dirla tutta. Colei, che gli aveva promesso che sarebbe andato tutto bene, che avrebbe affrontato con lui tutto quell'enorme ammasso di casino puro, aveva deciso di prendersi un anno sabbatico, un anno di studio all'estero, lasciandolo a subire da solo una trasformazione che non aveva richiesto, un dono che non aveva voluto e una serie di inconveniente di cui avrebbe fatto volentieri a meno. L'aveva pensata. Durante il primo periodo l'aveva anche sognata, ne era quasi certo. Ma poi, come tutte le cose belle, anche il ricordo di quelle parole, delle promesse, dei baci che si erano scambiati avevano preso a scivolargli addosso, lasciando alla mera quotidianità con cui doveva cominciare a scendere a patti. «Eppure sapendo dov’ero non mi hai mai cercata.» Alzò le sopracciglia lentamente, leggermente divertito da quelle parole. Era stato un anno buio, quello che aveva appena attraversato, era vero. Eppure era stato anche un anno altrettanto istruttivo, in cui era riuscito a comprendersi a fondo, scoprire le sfumature che la sua nuova natura aveva portato con sé. Questo aveva provocato in lui un profondo cambiamento, non evidente all'esterno, forse, ma assolutamente tangibile per lui. Questo aveva comportato un'irrigidimento generale nel gestire le relazioni personali. Aveva cercato sempre, e troppo a lungo, l'affetto degli altri come bisogno primario, non fermandosi mai a concentrarsi sul proprio di amore. Sul rispetto per se stesso, per l'affetto per se stesso. Finalmente aveva imparato a farsi scivolare le situazioni addosso e ciò implicava non rincorrere più chi non voleva essere preso. Eris faceva parte di questo gruppo, ben fornito, per altro. «E perché mai avrei dovuto? Mi è subito sembrato lampante il fatto che non volessi essere trovata, altrimenti me ne avresti parlato, suppongo. Solitamente sono una persona che sa lasciare gli spazi alla gente, quando mi vengono richiesti.» Cercò di dare al proprio tono di voce una sfumatura leggermente più calda e meno tagliente, per quanto il tumulto che aveva dentro glielo permettesse. Non l'aveva beccato di certo in un buon momento. Aveva mandato in fumo la sua serata di sesso assicurato. Si era sentito costretto a seguirla e per cosa? Per dei giochetti e delle domande a cui lei sembrava non avere alcuna intenzione di rispondere? Bella merda. «Me ne sono andata perché era la scelta giusta. Non eravamo pronti Sam e tu avevi problemi più importanti ad affrontare.» Rimase interdetto, non sapendo cosa dire nell'immediato. Era per questo che se n'era andata? Perché lui non era in grado di avere una relazione stabile? Perché non era in grado di impegnarsi in qualcosa di serio, che valesse la pena di essere vissuto? Lui sapeva bene quanto valesse Eris, quanto valesse la sua amicizia per lui. Quanto fosse stata un punto di riferimento per lui. Un dolce incontrarsi. «Forza dimmi che sbagliavo, dimmi con sincerità che eri pronto ad impegnarti in una relazione.» Si passò la lingua sull'arcata di denti superiore, leggermente imbarazzato dalla piega che stava prendendo quella conversazione. Non voleva vederla piangere. Non riusciva nemmeno a credere di essere lui il motivo di quelle lacrime. Strinse più forte le braccia contro il petto. Stentava a credere alle sue orecchie. Cosa avrebbe dovuto risponderle? La verità le avrebbe fatto male, ma una bugia l'avrebbe ferita ancora più profondamente. «Non sbagliavi.» Rispose soltanto, facendo una smorfia poco convinta con le labbra. Allora come in quel momento, la sua visione di una relazione seria e affidabile era sempre la stessa. «E non ti sbagli. Sai che non sono fatto per certe cose. Ma non credevo che questo fosse un problema, non per te che mi hai sempre accettato per come sono fatto.» Si grattò il mento, per prendere tempo, tempo utile pensare. Fin quando quel pensiero lo colpì talmente forte da riuscire a destabilizzarlo per qualche istante. Se n'era andata perché lui non poteva garantire un qualcosa di duraturo. Ciò significava soltanto una cosa. La guardò, cercando di celare il proprio stupore dietro una maschera di indifferenza. Non sapeva cosa fare o dire. Non voleva ferirla, non più di quanto non stesse già facendo rimanendo lì impalato, a non dire nulla. «Cosa vuoi che ti dica Eris? Che mi sei mancata? Mi sei mancata, cazzo. Veramente tanto. Ci sono stati giorni in cui non ho pensato ad altro» disse, aprendo le braccia, come a sottolineare l'evidenza di quel fatto. Non poteva però dirle cose che non pensava, non poteva farlo. «Ma io sono questo, lo sai.» Altro punto evidente della sua essenza. Non era pronto, non si sentiva pronto a lasciare tutta la sua libertà per mettersi in gioco con una persona. Una persona come Eris, che si meritava tutto il meglio e il meglio non era ciò che Sam poteva darle. Era ormai evidente. Si morse il labbro inferiore, andando a cozzare i denti contro il piercing. «Ti prego dimmi cosa vuoi che ti dica, perché sinceramente non so cos'altro aggiungere. Davvero.»
     
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    Un cuore spezzato e lacerato può tornare a battere? Eris ne dubitava fortemente, nella sua vita era talmente abituata ad essere ferita che ormai non ci faceva più caso. Era gentile e buona con tutti, ma la maggior parte delle volte non veniva ripagata con la stessa moneta. Di fronte alla realtà dei fatti si convinse che aveva preso la giusta decisione andandosene, solo grazie alla partenza era stata in grado di mettere in salvo ciò che rimaneva del suo cuore. Conosceva Sam da talmente tanto tempo che non averlo avuto per un anno intero nella sua vita l'aveva cambiata. Ma come poteva rimanere quando neanche lei sapeva quali fossero i suoi reali sentimenti? L'unica cosa di cui era certa era che non potevano essere amanti e amici allo stesso tempo, Eris voleva qualcuno che per la prima volta si prendesse cura di lei e non il contrario. Sam per quanto buono fosse non era in grado di farlo. «Non sbagliavi.» Sentire quell'ammissione le provocò una dolorosa forra al cuore, ma allo stesso tempo le permise di respirare nuovamente; di non colpevolizzare più sé stessa per essersene andata. «Bene...vuol dire che un anno fa ho preso la decisione giusta.» Sam non era pronto per una relazione e non voleva una relazione, darsi ad un'altra persona significava diventare vulnerabili e lui non se lo sarebbe mai permesso. Eris al contrario era pronta, aveva passato tutta la sua breve vita a sacrificarsi per gli altri; era una colpa desiderare che qualcuno lo facesse per lei?! Prese un respiro profondo e si asciugò le lacrime, non poteva più cullarsi nelle sue pie illusioni, doveva permettere a sé stessa di dimenticare e andare avanti. «E non ti sbagli. Sai che non sono fatto per certe cose. Ma non credevo che questo fosse un problema, non per te che mi hai sempre accettato per come sono fatto.» Di fronte a quelle parole le scappò una piccola risata, Sam era così abituato a commiserarsi da non riuscire a capire che il suo più grande nemico era proprio lui e le sue stupide supposizioni. Aveva cercato talmente tante volte di farlo sentire degno di essere amato che ormai non sapeva più cosa fare; era una battaglia che lei non poteva combattere per lui. «Balle Sam. Tu non vuoi essere fatto per queste cose perché preferisci commiserare te stesso.» È vero lei lo aveva sempre accettato per quello che era, ma non poteva permettere a sé stessa di venire risucchiata dal suo mondo. «Io sono letteralmente spezzata Sam e non solo per colpa tua, eppure non mi piango addosso, ma soprattutto non mi precludo la possibilità di amare ed essere amata...» Io sono abbastanza coraggiosa da non arrendermi. Nonostante in quel momento non potesse fare a meno di sentirsi usata, perché Sam aveva lasciato che le cose si spingessero oltre l'amicizia se non voleva qualcosa di serio?! «Anche tu dovresti conoscermi bene, eppure hai lasciato che le cose andassero avanti...cosa avresti fatto quando ti saresti stufato?!» Probabilmente sarebbe passato alla prossima e lei avrebbe dovuto raccogliere i cocci di lei che rimanevano. Quell’anno lontano l’aveva aiutata a raggiungere una nuova consapevolezza, spronata a crede in
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    sé stessa e a ciò che poteva fare da per sé da sé; aveva finalmente imparato come camminare da sola. Il suo buon cuore è sempre stato il suo più grande nemico, lo concedeva con fin troppo facilità e nessuno sembrava volersene prendere cura. Sam aveva badato a lei in moltissimi modi, l’aveva sostenuta e per lei si era addirittura azzuffato, ma purtroppo non poteva permettersi di rimanere ulteriormente invischiata. «Cosa vuoi che ti dica Eris? Che mi sei mancata? Mi sei mancata, cazzo. Veramente tanto. Ci sono stati giorni in cui non ho pensato ad altro.» Non lo aveva mai messo in dubbio, ferirlo era l’unica certezza che l’aveva tormentata dal momento in cui aveva abbandonato Hogwarts. Nonostante ci fosse un oceano a dividerli ogni giorno sentiva la sua presenza più che mai, aveva provato ad uscire con qualche ragazzo, ma le sembrava sempre di tradire quei teneri sentimenti che nemmeno lei aveva capito fino in fondo. «Ma io sono questo, lo sai.» Il suo tono la infastidiva, sembrava che lui non potesse farci; come se essere questo fosse una cosa al di fuori del suo controllo. Chiunque veniva ferito o tenuto a distanza poteva scegliere due strade: darsi con tutto sé stesso oppure chiudere fuori il mondo. Eris avrebbe sempre scelto la prima, mentre Sam si era lasciato scivolare nella solitudine, punendo sé stesso per l’incapacità di amare di altre persone. «Odio quando parli così! Perché tu vuoi essere questo!» Mai era stata così dura con l’amico, ma era giunto il momento per entrambi di venire a patti con la realtà. La corvonero doveva smettere di affidarsi così tanto agli altri e iniziare a credere di più in sé stessa, ad amare sé stessa più di chiunque altro. La strada per Sam era completamente diversa dalla sua, i loro percorsi viaggiavano infatti su binari differenti. Non poteva salvarlo e farlo sentire degno di essere amato se lui per primo non ci credeva; provarci avrebbe solamente significato essere trascinata a fondo con lui. «Ti prego dimmi cosa vuoi che ti dica, perché sinceramente non so cos'altro aggiungere. Davvero.» La distanza tra di loro era insormontabile in quel momento ed Eris purtroppo non voleva fare l’ennesimo passo avanti a scapito dei suoi sentimenti. Entrambi non erano pronti, ma forse erano anche sbagliati l’uno per l’altra. «A volte quando qualcosa si rompe non può essere sistemato Sam…» Alla luce di quel chiarimento Eris capì che non aveva bisogno del perdono di Sam, ma allo stesso tempo non era disposta a concedergli il suo. Non era arrabbiata con lui perchè non ricambiava i suoi ingenui sentimenti; era arrabbiata con lui perché aveva lasciato che le cose superassero il limite. Lei aveva accettato di farsi carico del suo dolore, di supportarlo e lui non aveva pensato minimamente a come lei potesse rimanere ferita da quella relazione senza futuro. Forse il tempo li avrebbe aiutati a perdonarsi a vicenda, ma in quel momento non poteva permettersi di essere risucchiata nel mondo confuso e sregolato del serpeverde. «Abbiamo sbagliato, non…non saremmo mai dovuti s-stare insieme Se avesse potuto tornare indietro non avrebbe permesso a sé stessa di farsi coinvolgere così tanto. «Io ho bisogno di andare avanti...» Da sola avrebbe voluto aggiungere, ma Sam non era certamente stupido.


    Edited by quinzel. - 11/5/2017, 15:31
     
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    Gli sembrava di star vivendo un fottutissimo incubo, da cui non vedeva l'ora di svegliarsi. Vederla reagire così, sapere di non poter convertire quei lineamenti decisi e delusi nei soliti raggianti tratti di Eris, riusciva a farlo incazzare come pochissime altre cose. La guardava e le sembrava di riconoscerla. Anche lei, come tutti coloro che avevano deciso di andarsene durante quell'anno, era cambiata, irreversibilmente. Riusciva a comprenderlo, forse riusciva anche ad esserne felice, almeno un po'. Il semplice fatto che Eris riuscisse a tenergli testa, non abbattendosi, ma anzi, alzando il proprio viso verso di lui, per fronteggiarlo, lo costringeva a provare una dualità indissolubile di emozioni. Ne era orgoglioso e allo stesso tempo ferito. Sì, perché quelle parole non sembravano essere le stesse della ragazza che l'aveva lasciato un anno prima. Pronunciate in maniera diversa, persino la voce sembrava aver mutato qualche sua sfumatura, tanto da irrigidirne le caratteristiche più calde, così familiari nella sua voce. «Balle Sam. Tu non vuoi essere fatto per queste cose perché preferisci commiserare te stesso. Io sono letteralmente spezzata Sam e non solo per colpa tua, eppure non mi piango addosso, ma soprattutto non mi precludo la possibilità di amare ed essere amata...» La guardò incredulo, mentre le pupille si andavano allargando impercettibilmente. Non poteva credere alle sue parole. Era quindi questo ciò che lei pensava veramente di lui? Che non era altro che una vittima, che rimaneva fermo per cercare di non essere visto dai problemi? «Davvero, Eris?» Le domandò, portandosi le braccia al petto, stringendole in una morsa di ferro che avrebbe impedito loro di tremare ulteriormente. «E' davvero così che ti vuoi giocare la tua arringa?» Scosse la testa, imitando la sua risata divertita di pochi secondi prima. Stentava ancora a credere che tutto quello fosse realtà. «Preferisco commiserare me stesso? Io non commisero proprio nessuno. Io mi accetto, ci vivo bene con me stesso. Non ho dubbi su come voglio vivere la mia vita. Se ti dico che non sono fatto per una storia seria è perché non sento quello che serve per poter cominciare una storia seria. Mai.» Falso, ma per il momento voleva convincersi di questo. Non voleva risultare duro o sgradevole, ma voleva che l'amica capisse alla perfezione le sue motivazioni e non solo le proprie a cui sembrava essere arrivata con così tanta facilità. Cominciò a girare in tondo, cercando di trovare la lucidità giusta per proseguire senza aggredirla e magari dire cose che non pensava realmente. Si portò una mano al volto, strofinandolo con energia, come a voler stemperare il caldo atroce che provava in quel momento. «Il semplice fatto che tu dica e creda, anche lontanamente, che io mi pianga addosso mi fa incazzare, in un modo che non riesco nemmeno a quantificare. Se per te chiederti aiuto può essere considerato piangersi addosso, bene. Ne prendo atto. Prendo atto di aver riposto la mia fiducia nella persona sbagliata.» Sbraitava, muovendo nervosamente le mani in aria, come un malato di testa. Se ne rendeva conto, ma non aveva alcuna intenzione di indorare la pillola. Non dopo quello che aveva appena sentito. Si sarebbe volentieri pianto addosso, un anno prima. L'avrebbe voluto fare altre mille volte, dopo essere stato morso. L'avrebbe desiderato con tutto se stesso. Ma non l'aveva fatto. Nemmeno una volta. Non poteva credere al fatto che lo stesse incolpando di una cosa tanto meschina, dopo averlo visto sgretolarsi di fronte ai propri occhi, in quel letto d'ospedale. In quel momento l'avrebbe mandata volentieri a quel paese, senza troppe cerimonie. «Tutti si spezzano in mille pezzi e sono costretti a raccogliere la propria merda da soli, per riprendere a vivere. Dovresti saperlo bene.» Non aveva intenzione di cominciare lo sfinente gioco dell'accollarsi colpe a vicende. In tutta onestà, se non fosse stata Eris così importante per lui, avrebbe volentieri girato i tacchi già da tempo. Ma non lo fece. Rimase lì, ad ascoltare la domanda che forse lo ferì di più, di tutti quei discorsi. «Anche tu dovresti conoscermi bene, eppure hai lasciato che le cose andassero avanti...cosa avresti fatto quando ti saresti stufato?!» E a ferirlo non fu lei, ma fu il rendersi conto di non averci assolutamente pensato. Si era lasciato andare con lei come se fosse la cosa più naturale del mondo, lo aveva fatto perché lo faceva stare bene, perché lei era importante. Ma non aveva pensato nemmeno una volta alle conseguenze, troppo preso ad immergersi in quelle acque inesplorate. Inspirò ed espirò a fondo, dandole le spalle, mentre appoggiava una mano al muro. Si sentiva una merda perché era una merda, una grandissima testa di cazzo. Lo sapeva lui, lo sapeva lei. Cosa avrebbe potuto risponderle? Cosa avrebbe dovuto rispondere a sua discolpa? Nulla, non c'era nulla che avrebbe alleviato quel senso di colpa che lo stava prendendo nel suo turbinio irrequieto. «Io..sono uno stronzo.» La consapevolezza che mise in quelle parole fu enorme. Ne era stato sempre cosciente, ma mai così tanto prima di quel momento. «Stavo così bene, quando ero con te, che l'idea di una qualsiasi delle possibili conseguenze non mi hai mai toccato, nemmeno una volta.» Era la pura e semplice verità. Una verità egoistica, ma era la sincerità che aveva scelto di adottare con lei. In quel momento, oltre a sentirsi la persona peggiore del mondo, riusciva a sentirsi un cretino patentato. Come aveva fatto a non pensarci davvero? Solitamente era lui il ragazzo che valutava sempre tutto, senza lasciarsi sfuggire nulla. Con Eris era stato diverso. «Scusami.» Lasciò che quella parola aleggiasse tra di loro, senza guardarla in volto. E mentre lei continuava a parlare, si rendeva sempre più conto di quanto fosse effettivamente una persona pessima con la quale avere a che fare, se si parlava di sentimenti che valicano di appena poco i semplici d'amicizia. Eppure si piaceva. Era una contraddizione vivente, ma gli piaceva vivere la vita come faceva solitamente. Era dispiaciuto per aver lasciato, involontariamente, che Eris soffrisse per cose a cui non aveva minimamente pensato. Le voleva bene, bene davvero e mai avrebbe voluto fare la parte dello stronzo con lei. Lui che aveva sempre cercato di proteggerla da certe situazioni. Storse la bocca alla sua affermazione. «A volte quando qualcosa si rompe non può essere sistemato Sam…» Il primo istinto fu quello di urlare e urlare ancora. Chi cazzo è stato a romperlo? Perché? Io non ho chiesto niente di tutto questo. Inconsciamente, sentiva come di essere rimasto travolto nel centro esatto di un tornado, che non poteva controllare in alcun modo e che non sembrava aver intenzione di smettere a breve. Respirò affannosamente, girandosi a guardarla. Con le spalle chiuse verso l'interno, l'occhio spento di chi non ha più la forza necessaria per continuare. Serrò la mascella, avvicinandosi di qualche passo. «Io ho bisogno di andare avanti...» Annuì, silenziosamente. Aveva capito l'antifona, non era certo un cretino. Si portò davanti a lei, con le braccia ciondolanti lungo i fianchi. La osservò per qualche secondo, puntando lo sguardo smeraldino in quello di lei. Cercando di capire come fare a rimediare, come risolvere quel casino che non aveva minimamente previsto. Aveva immaginato il giorno del suo ritorno. L'aveva anche sognato, un paio di volte. Si era immaginato uno scambio reciproco di battute, magari qualche frecciatina da parte sua, per poi concludere tutto come al solito. Con un abbraccio, un sorriso e via di nuovo come se non fosse successo niente. Ma la Eris che aveva di fronte era determinata. Non lo voleva più nella sua vita. Strinse le labbra, in una smorfia d'accettazione passiva. «Certo, tranquilla, ho capito alla perfezione.» Asserì, come se avesse voluto cercare di stoppare le parole successive di Eris. Parole che era certo non sarebbero arrivate. «Quindi è così che vuoi che finisca tutto?» Si sentiva un deficiente anche soltanto a chiederglielo. Lo faceva arrabbiare il fatto che lei lo volesse tagliare fuori, ma sapeva anche che lo faceva per se stessa. Era evidente. «Semplici conoscenti, che si salutano per i corridoi quando si incontrano per caso, magari? Sempre con quella leggera coltre d'imbarazzo che ci farà distogliere lo sguardo immediatamente, forse?» Annuì con il capo alle sue stesse parole, accennando un sorriso dalle sfumature amare, che morì immediatamente sulle labbra. «Però. Bella merda!»
    And how was I to know. I'm not strong. I should have saved you.

     
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    Come erano arrivati a quel punto? Perché la loro amicizia sembrava essersi ridotta ad un cumulo di niente?! Quell’anno separati sembrava aver creato più danni che altro; si fronteggiavano senza esclusioni di colpi, decisi a tirar fuori tutto ciò che aveva covato al loro interno in quei mesi. Eris avrebbe voluto semplicemente gettarsi tra le sue braccia e stringerlo a sé come aveva fatto in ospedale e nelle notti a seguire. Prendersi cura di lui per lei era stato naturale, quando condividevano il letto Eris non si addormentava fino a quando non sentiva il suo respiro regolare; certa che anche lui stesse dormendo sonni tranquilli. Come si erano ridotti ad urlarsi contro in quel modo? Eris era più che incattivita e anche ferita per la situazione in cui poco prima aveva colto Sam, odiava le immagini che continuavano a vorticarle in testa. «Preferisco commiserare me stesso? Io non commisero proprio nessuno. Io mi accetto, ci vivo bene con me stesso. Non ho dubbi su come voglio vivere la mia vita. Se ti dico che non sono fatto per una storia seria è perché non sento quello che serve per poter cominciare una storia seria. Mai.» Bugie e ancora bugie che la corvonero voleva smontare una ad una. Eris doveva impedire a sé stessa di reprimersi per non farlo soffrire, Sam meritava di sentire la verità e lei si sentiva in dovere di dirgliela. Si avvicinò al ragazzo con tutta la dolcezza che Eris possedeva, certa che lui non l’avrebbe respinta. Poggiò le mani sulle sue spalle e lo spinse indietro, costringendolo a sedersi sulla superficie di un banco. Le era mancato il calore della sua pelle e il suo profumo, sensazioni da cui non poteva lasciarsi distrarre in quel momento. Gli accarezzò il volto, saggiando la morbidezza della pelle e l’ispidezza della barba appena pronunciata. «Tu non capisci Sam che sei fatto per amare. Ti neghi così tanto. Io ti vedo e so che sei molto di più di quanto tu stesso pensi.» Appoggiò la fronte contro il suo petto, addolorata dall’idea che lui stesso non capisse quanto realmente poteva dare alle altre persone. Era stato lui ad insegnarle come farsi valere, come non essere schiacciata e far sentire la sua voce. Si aggrappò
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    disperatamente a lui, alla ricerca di quel calore che aveva bramato e desiderato in quei lunghissimi e interminabili mesi. «Quanto vorrei che tu riuscissi a capirlo…» Si dovette far forza per allontanarsi da lui, si sedette sullo stesso banco lasciando solo pochi centimetri a separarli. «Io..sono uno stronzo. Stavo così bene, quando ero con te, che l'idea di una qualsiasi delle possibili conseguenze non mi hai mai toccato, nemmeno una volta.» E anche lei stava benissimo, tra le sue braccia riusciva a sentirsi al sicuro, amata e protetta; come se niente e nessuno potesse farle ancora del male. Lei aveva sempre lasciato che le persone si approfittassero del suo buon cuore, di fronte a tanta noncuranza verso i suoi sentimenti si sentiva del tutto sgomenta. Non era giusto, lei non faceva altro che rattoppare e prima o poi sarebbe arrivata ad un punto dove sarebbe diventato impossibile sistemare le cose. «Forse siamo stati troppo incauti entrambi…» Non era assolutamente colpa solo di Sam, avevano fatto tutto in due e lei non si era certamente tirata indietro; con lui si era come risvegliata da un lungo letargo. Gli strinse la mano quando cercò di scusarsi con lei perché lei non voleva le sue scuse, voleva qualcosa che lui non poteva darle. Sam credeva di non aver niente da dare e purtroppo Eris non sapeva più come fare per fargli capire che aveva un intero universo da offrire. Non voleva allontanarsi da lui, ma allo stesso tempo non sapeva come affrontare le cose; come venire a patti con i loro cuori e spiriti spezzati. Sam si parò di fronte a lei, deciso a non accettare il fatto che lei avesse bisogno di tempo e distacco; la corvonero non poté fare a meno di perdersi nei suoi verdi occhi tormentati. Quasi senza pensarci lasciò scorrere le mani lungo le braccia del ragazzo, dopo quell’anno separati aveva disperatamente bisogno di sentirlo nuovamente vicino. «Quindi è così che vuoi che finisca tutto?» Affatto, Eris non voleva minimamente allontanarsi da lui, ma temeva che l’unico a farne le spese sarebbe stato il suo cuore. Scosse la testa più volte, incapace di formulare a parole il bisogno che aveva di sentirlo vicino. «Semplici conoscenti, che si salutano per i corridoi quando si incontrano per caso, magari? Sempre con quella leggera coltre d'imbarazzo che ci farà distogliere lo sguardo immediatamente, forse? Però. Bella merda!» La sua voce era dura e aspra, cosa che sollevò un po’ la ragazza perché significava che lui non voleva perderla. Eris non voleva assolutamente abbandonarlo, l’unica cosa che voleva era stare al suo fianco e non lasciarlo. Lo tirò a sé con foga per abbracciarlo, per non lasciar dubbi su quali fossero le sue intenzioni. «Io non voglio che vada così Sam…» Non gli importava che fino a pochi minuti prima fosse spalmato addosso a un’altra ragazza, l’unica cosa che per lei contava era riaverlo con sé. Forse Sam non era mai stato davvero suo, ma per un brevissimo lasso di tempo lui aveva tenuto in pungo il suo cuore. «Solo che non so come affrontare tutto ciò che mi frulla per la testa.» Aveva pensato a lungo mentre era ad Ilvermorny, alla sua famiglia, al suo futuro e anche a Sam; specialmente a lui. Avrebbe voluto tornare dall’America con le idee chiare, ma in realtà era tutto ancora più confuso; aveva provato a lasciarsi andare, a fare nuove amicizie, ma ogni si ritrovava a pensare al bello e dannato in piedi di fronte a lei. Uno studente della casata del tuono alato aveva avuto l’ardire di invitarla ad uscire e lei aveva accettato, nella speranza che tutto ciò avrebbe potuto aiutarla, ma, a fine serata, quando il ragazzo aveva posato le labbra sulle sue Eris si era sentita stranamente fuori posto. Imbarazzata si era scusata e si era rifugiata nella sua stanza, per tutta la sera non aveva fatto altro che sentirsi demoralizzata; soprattutto perché aveva capito che quella lontananza non avrebbe certamente migliorato le cose. «Mi dispiace di averti abbandonato…» Era la prima volta che lo ammetteva ad alta voce, ma nonostante si fosse raccontata infinite volta che si era allontanata per salvare entrambi non aveva potuto fare a meno di biasimare sé stessa. «Pensavo che fosse l’unico modo.» L’unico modo per non finire con il cuore spezzato. Riavvicinarsi avrebbe sicuramente chiesto tempo perché le cose non potevano tornare come prima dall’oggi al domani; prima di ciò doveva capire come superare quello strano miscuglio di sentimenti che continuavano a frullare nella sua testa. Voleva sapere cosa gli era successo in quell’anno, come andava con le trasformazioni e un milione di altre cose, ma temeva di non avere più il diritto di porgli quelle domande.


    Edited by quinzel. - 11/5/2017, 15:32
     
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    «Tu non capisci Sam che sei fatto per amare. Ti neghi così tanto. Io ti vedo e so che sei molto di più di quanto tu stesso pensi. Quanto vorrei che tu riuscissi a capirlo…» Gli viene da sorridere nel sentire quelle parole. Queste sono le parole che una madre dovrebbe dire al proprio figlio, per rassicurarlo, per fargli capire che il mondo non fa paura come sembra, che l'amore, alle volte, cambia completamente la visione generale delle cose. Quelle sono le parole che Sam avrebbe sempre voluto sentirsi dire, invece le sente da Eris, la ragazza che più ha ferito, senza accorgersene, proprio perché non sa gestire certe cose. Non sa come si fa e vuoi un po' per paura, un po' per stupidità, se ne tira sempre indietro, con la convinzione di non averne bisogno. Socchiude appena le palpebre quando le dita della ragazza si infrangono contro il viso. Gli solletica la barba rada mentre lo accarezza con quella stessa dolcezza che ricorda essere tipica di lei. Non vi è più durezza nel suo tono di voce, sembra essere tornata la Eris che conosceva un tempo. Proprio per questo si costringe a guardala, schiudendo gli occhi e fissandoli nei suoi. Si morde il labbro inferiore, come a voler prendere tempo, come a voler ripescare le parole giuste da dirle. Ma la verità è che non ce ne sono, perché si rende conto di essere fatto completamente sbagliato. E non ha nemmeno tutta la colpa sua madre, non questa volta. Questa volta è colpa sua, lo sa, eppure non sente di dover cambiare. Di voler cambiare. Scuote la testa e sospira, leggermente sconsolata da quella revisione dei fatti. «Eris non ho bisogno che tu mi salvi.» Le disse infine, alzando una mano per seguire il profilo del suo viso, dalla tempia al collo, con delicatezza. «Non voglio che passi la tua vita a stare dietro a me. Un giorno mi sveglierò e finalmente capirò.» Si spera. O forse no, non avrebbe capito mai perché in realtà a lui va bene così. Perlomeno per ora. Non ha bisogno di altro. Ha quasi diciannove anni, ha un sacco di amici di cui si può fidare, quasi prossimo all'uscire da Hogwarts, con nient'altro che se stesso come garanzia per il futuro. Un futuro sicuramente incerto, per il suo caso, ma pur sempre un futuro decisamente felice, viste le premesse iniziali. «Forse siamo stati troppo incauti entrambi…» Scivola al suo fianco, sedendosi accanto. «Sì, forse è così..» annuisce, mentre si rende conto, per l'ennesima volta quella sera, di quanto sia stato un deficiente nel non pensare minimamente ad un suo possibile coinvolgimento emotivo. Un qualcosa che andasse al di sopra del semplice "Stiamo insieme, stiamo bene, ognuno però è libero di fare ciò che vuole." Lui forse è troppo abituato a quel tipo di rapporto per accorgersi che effettivamente c'è altro al mondo. Conosce solo questo tipo di rapporto, se si parla di quello strettamente sentimentale, e gli piace rimanere nell'ignoranza. E' una cosa che gli dà sicurezza. A volte ignorare tutto è la chiave ad ogni possibile problema. Il suo abbraccio lo coglie alla sprovvista, lasciandolo con le braccia distese lungo i fianchi per qualche istante. Poi ogni terminazione nervosa sembra essere rianimata da quel contatto e la stringe a sé, con forza. Inspira forte tra i suoi capelli, riuscendo a percepire ogni minima sfumatura del suo profumo. Deve essere nuovo, non lo ricordava così dolce. «Io non voglio che vada così Sam…Solo che non so come affrontare tutto ciò che mi frulla per la testa.» Annuisce ancora una volta, mentre si stacca un po', stringendo le mani sulle sue braccia. «Farò qualsiasi cosa tu abbia bisogno. Hai bisogno di un po' di spazio? Hai bisogno di ridere? Che tutto torni alla normalità? Chiedimi quello che vuoi, sarò il tuo genio della lampada.» Le sorride, mentre la guarda, sentendosi finalmente bene. Come rincuorato da quel cambio repentino delle carte in tavola. Fino ad un attimo prima discutevano sul non parlarsi mai più e ora la situazione sembra essersi calmata, almeno in parte. E' pronto anche a farsi da parte, per un po' di tempo - che nella sua testa è quantificabile con qualche giorno al massimo -, tutto per cercare di ricucire un rapporto che, in questo momento più che mai, sente di non potersi permettere di perdere. Ne ha bisogno. Ha bisogno di Eris, delle sue occhiate severe, dei suoi sorrisi sinceri, del suono della sua risata, dei suoi abbracci caldi. Ha bisogno di esserle amico come ha bisogno di averla al suo fianco. «Mi dispiace di averti abbandonato…» Scuote la testa e inclina il volto in avanti, fin quando la fronte non si appoggia alla sua. A volte tutto quello di cui si ha bisogno è qualcuno che si fermi. Che si fermi fino a che la pioggia non sia finita. Che si fermi fin quando non passa la paura. Che si fermi per sempre, al tuo fianco, stringendoti la mano. Che si fermi con te, dentro una macchina da buttare, sotto un cielo stellato, a sognare su quel futuro incerto di cui entrambi avete paura. Che si fermi perché tu sei speciale e non può permettersi di perderti. «Io sono qui.» La scosta appena da sé e la guarda. Uno sguardo intenso, che non ammette deviazioni. Guardami, io sono qui. «Io sono qui. Rimango per te. Qualsiasi decisione prenderai, al di là di ciò che ti frulla in testa, tu sai che io ci sono. Sempre stato e sempre sarà.» Perché alle volte quello di cui abbiamo bisogno è soltanto qualcuno che rimanga. Per noi.
     
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    «Eris non ho bisogno che tu mi salvi.» Uno schiaffo l’avrebbe sicuramente ferita di meno, Eris era talmente frastornata che non riusciva nemmeno a sentire la sua dolce carezza; percepiva solamente i pensieri che si accumulavano nella sua testa, incapaci di lasciarla in pace. «Non voglio che passi la tua vita a stare dietro a me. Un giorno mi sveglierò e finalmente capirò.» Sorrise amaramente di fronte a quella eventualità, ma la corvonero sapeva che lui stava solamente cercando di indorare la pillola; di rendere tutto meno doloroso. La loro amicizia era destinata a rimanere tale, preziosa, unica, ma pur sempre un’amicizia. Ammettere quella verità le tolse un enorme peso dal petto, finalmente poteva nuovamente respirare. Pensava sempre di essere lei quella sbagliata, una figlia non abbastanza in gamba, una sorella mediocre e inadatta come fidanzata; ogni volta incolpava sé stessa, addossandosi tutti i difetti. In realtà non c’era niente che non andasse in lei, l’indifferenza dei suoi genitori l’aveva apparentemente indebolita, ma in realtà l’aveva resa più forte; l’aveva indubbiamente temprata e preparata ad affrontare il mondo. «Va tutto bene Sam…» La corvonero era ormai adulta, non avrebbe lasciato che lui si addossasse tutta la colpa, lei stessa aveva preso le decisioni che li avevano condotti fino a lì. Avrebbe potuto dire di no e non complicare le cose rimanendo soltanto amici, ma
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    non ci era riuscita, aveva preferito godersi il momento. Come al solito sarebbe toccato a lei rassicurarlo, fargli capire che nonostante tutto lei sarebbe stata bene e che prima o poi le cose sarebbero tornate al proprio posto. Sam non avrebbe fatto che colpevolizzare e biasimare sé stesso, quando avrebbe smesso di cercare di portare tutto il peso del mondo sulle spalle? Eris non faceva che chiederselo da anni, ma non era mai stata in grado di trovare una vera e propria risposta. «Farò qualsiasi cosa tu abbia bisogno. Hai bisogno di un po' di spazio? Hai bisogno di ridere? Che tutto torni alla normalità? Chiedimi quello che vuoi, sarò il tuo genio della lampada.» Nella sua voce c’è una lieve nota disperata, come se temesse che da un momento all’altro lei possa nuovamente scomparire. Sarebbero stati due illusi a pensare che sarebbe potuto tornare tutto alla normalità, avevano superato un confine che aveva cambiato la loro amicizia irrimediabilmente e la corvonero non erano ancora in grado di dire se in meglio o in peggio. Eris però sapevo che aveva bisogno di un po’ di tempo, di riavvicinarsi a lui a piccole dosi; non poteva buttarsi a capofitto nelle cose come se niente fosse successo; aveva sì bisogno di un po’ di spazio. «Ho bisogno che tu ti faccia un po’ da parte…» strinse le mani sulle sue spalle perché la ragazza che temeva che lui avrebbe percepito in maniera sbagliata quella sua richiesta. . «Non sto parlando di evitarci, ma ho bisogno di fare le cose con calma.» Lo guardò negli occhi nella speranza che lui non la contraddicesse, che capisse perché aveva bisogno di fare le cose secondo i suoi tempi. «Io sono qui. Rimango per te. Qualsiasi decisione prenderai, al di là di ciò che ti frulla in testa, tu sai che io ci sono. Sempre stato e sempre sarà.» Per quanto tempo ancora avrebbe voluto chiedergli lei, ma persino lei capiva che era una domanda meschina nei suoi confronti e lei non farebbe mai niente per ferirlo intenzionalmente. Lui avrebbe fatto parte della sua vita per sempre, ci era entrato di prepotenza diversi anni addietro e da quel momento non aveva fatto altro che spalleggiarla e darle conforto. Samuel era speciale, senza neanche accorgersene donava tutto sé stesso alle persone e la ragazza a cui un giorno donerà il suo cuore sarà immensamente fortunata. «Lo so e che tu ci creda o no sei una delle poche costanti nella mia vita, non posso immaginare un futuro dove non siamo amici.» Presto Hogwarts sarebbe finito e la vita adulta gli avrebbe reclamati, Eris non vedeva l’ora di trasferirsi a Londra definitivamente e forse un giorno sarebbe stata abbastanza fortunata da trovare una persona che le avrebbe donato il suo cuore incondizionatamente. «Devi promettermi che non ti incolperai per ciò che c’è stato tra noi. Non era destinato a durare però per me sarà sempre un ricordo prezioso e non uno sbaglio.» Non poteva più considerare uno sbaglio ciò che i suoi sentimenti l’avevano portata a fare, non era la cosa migliore per lei, ma non era certamente un errore. Forse Sam un giorno avrebbe compreso tutto il potenziale che lei vedeva in lui, così come lei aveva creduta alle sue parole quando le aveva detto di essere forte; di non lasciarsi abbattere e di lottare per sé stessa. La loro amicizia sarebbe cambiata e molto probabilmente in meglio, ma per ora avevano davanti una strada in salita che necessitava di uno sforzo costante; altrimenti si sarebbero ritrovati a scivolare verso il fondo.
     
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