{CHAPTER ONE} the beginning of the end.

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    I walk in the Light, to serve the Darkness.

    Non è chiaro da dove fosse arrivato. Mai un incarico importante, mai una sola azione a far parlare di sé. Edmund J. R. Kingsley era un fantasma. Assunto dall'attuale Ministro della Magia in persona quale Preside di Hogwarts, anche all'interno della struttura, non si era mai fatto vedere. Pur essendo in carica già da un paio di mesi, non aveva mai presieduto nessuno dei banchetti della scuola. Quel posto era lurido, colmo di mocciosi che non dovevano avere il privilegio di calpestare quelle pietre millenarie. Per molto tempo era rimasto nell'ombra e pochi avevano avuto il privilegio di scorgerlo all'interno del castello. Le principali mansioni le aveva delegate ai suoi colleghi più fedeli, i professori di cui si fidava, che erano sempre pochi ma buoni. Qualunque azione dovesse compiere in prima persona la affidava appunto ai suoi collaboratori in prima fila, suoi compagni di viaggio verso quell'epurazione che tutti insieme sognavano. Il suo compito all'interno di Hogwarts era poco chiaro alla maggior parte degli abitanti del castello. Le voci che gli giungevano sul suo conto erano delle più disparate. C'era chi pensasse che fosse un fantasma; altri dicevano fosse completamente sfigurato. C'era chi addirittura pensava Hogwarts non avesse affatto un Preside e che il Ministero era incapace di trovare un responsabile per l'antica scuola all'altezza. Sorrideva e si beava di cotanta curiosità dei suoi piccoli pargoli. Edmund covava nell'ombra, aspettava che le voci si moltiplicassero, aspettava che i suoi studenti e i suoi insegnati più indisciplinati compissero più passi falsi possibili prima di agire, prima di dare sfogo alla manifestazione di forza di cui tutti avevano evidentemente bisogno. Quella sera aveva chiesto che tutti gli studenti e il personale scolastico fosse presente al completo, nessuno escluso. Piantare il seme del dubbio e lasciar correre la voce secondo cui il Preside si sarebbe finalmente fatto vedere era essenziale perché si creasse una certa aspettativa. Edmund d'altronde, nonostante la sua indole estremamente schiva, nonostante non lasciasse intendere nulla di sé, era una persona estremamente plateale. Un paradosso.
    La Sala Grande era più spoglia che mai. Sul soffitto incantato galleggiavano pesanti nuvole, presagio di una terribile tempesta. Sui tavoli decine di candele e nient'altro. Non un piatto, non una posata. C'era da chiedersi se gli studenti di Hogwarts avrebbero effettivamente mangiato quella sera, sempre se avessero avuto ancora appetito in seguito a quel cordiale incontro. Il rumore dei passi del misterioso uomo si palesarono di fronte alla doppia porta della Sala alle 21 in punto. Era stato estremamente chiaro sulla puntualità. Chiunque fosse arrivato in ritardo, avrebbe fatto una davvero pessima prima impressione.
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    E ora eccolo. Cammina lungo la navata centrale della Sala Grande immersa in un perfetto silenzio sin da quando vi aveva posato il piede. Schiena dritta, un portamento tipico da Lord inglese; non un'imperfezione su quel volto, più vivo che mai, fatto di carne ed ossa, fiero nelle più piccole movenze ed estremamente desideroso di fare strage. Una sigaretta tra le dita mentre soffia il fumo nello spazio ormai divenuto asfissiante. Si ferma solo quando, giunto di fronte al tavolo degli insegnanti si concede un attimo di respiro per guardarli uno ad uno negli occhi. I buoni e i meno buoni, i giusti e i meno giusti. Avrebbe avuto modo di mettere appunto gli affari anche con loro, ma per ora, le sue attenzioni erano tutte per i suoi pargoli. Si gira quindi nella loro direzione appoggiandosi contro il tavolo con una certa informalità. Tutto in lui sembra trasudare sicurezza. Questa scuola è sua e può farne ciò che vuole. Se lo desiderasse potrebbe risucchiarsi nei polmoni l'intera sala senza che nessuno possa battere il ciglio, perché ora, i domini di Hogwarts e i suoi più reconditi segreti appartengono solo e soltanto a lui, e alla sua protezione sono stati affidati quei luoghi così come quelle anime. Erano tutti suoi. Gli appartenevano.
    Scocca le dita e di fronte ad ogni partecipante compare una coppa colma del miglior vino delle cantine. Vino rosso, per tutti, anche per i minorenni, vino che non andrebbe mai stappato se non per la Regina in persona - ed Edmund ama la Regina. Evidentemente questa è un'occasione ancora più speciale. « Un brindisi; alla salute di Hogwarts e dei suoi studenti. » Alza la coppa e si assicura che tutti facciano altrettanto. Poi beve un sorso gustandosi le reazioni dei suoi pupilli.


    Edited by {LAST HORCRUX} - 21/2/2021, 12:00
     
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    Il potere è una forza strana, tanto più pregnante quanto più è nascosto. Tante erano le voci messe in circolo sul nuovo preside del castello: nessuno lo aveva mai visto, nessuno sembrava averci mai scambiato parola, eppure c'era. Tutti lì dentro potevano avvertire la sua presenza come quella di una nuvola carica di pioggia che incombe dall'alto di un cielo per il resto sereno. Era tanto più presente quanto più non si faceva vedere. Una mossa intelligente, gliene doveva rendere conto. Perché ovviamente Percy era sicuro al cento per cento che di una strategia si trattasse. Molti sciocchi tendono a fare l'errore grossolano di giocare da subito a chi piscia più lungo, ma non questo preside. Quell'uomo aveva pazienza, sapeva attendere e tenere i suoi sottoposti sulla graticola fino a quando lo riteneva opportuno. Come una divinità, Kingsley non mostrava il proprio volto ne' faceva udire la propria voce: teneva in mano i destini di tutti, da lui dipendeva ogni respiro e ogni parola, ogni azione e ogni sguardo, ma l'illusione di poterlo raggiungere non doveva essere contemplata. Le sue piccole, deboli creature non avrebbero esitato a rispondere al richiamo del Padre quando questo sarebbe giunto. E come volevasi dimostrare, il momento arrivò quando tutti meno se lo aspettavano. Percy aveva avuto ragione.

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    Entrò in Sala Grande con la sua solita puntualità, camminando a testa alta per la navata, lo sguardo fisso di fronte a sé con un sorrisino compiaciuto sul volto. Un Percy Watson allegro, cosa piuttosto insolita, ma che nell'ultimo anno era diventato un avvenimento sempre meno raro. In parte forse c'entrava la spilla che luccicava sul suo petto, ma per la maggiore si trattava di un tipo ben diverso di sicurezza: quella di chi è a tutti gli effetti intoccabile, se non addirittura una spanna sopra agli altri. Il nuovo regime era tutto ciò a cui il giovane aveva sempre auspicato, e per i suoi occhi smeraldini il futuro non poteva che essere brillante e pieno di porte spalancate. Senza contare che quella sera - e su ciò non aveva dubbi - sarebbe stata sicuramente speciale. Indimenticabile.
    Prese quindi posto al tavolo Serpeverde, assicurandosi la visuale migliore su uno dei punti più vicini al tavolo dei professori. L'attesa venne quasi immediatamente soddisfatta con l'ingresso di Kingsley alle nove in punto, quando il rintocco dell'orologio venne echeggiato dai passi sicuri dell'uomo lungo la navata della sala. La tensione era palpabile nell'aria, facilmente leggibile negli occhi degli impuri, di quei topini da laboratorio che si agitavano nei propri labirinti mentali tra mille domande e timori. Compagni, per lo più, ma anche qualche professore. Tutti stretti e uniti dalla paura, dal dubbio, dalla logorante attesa di mesi e mesi per una scure pronta a calare sulle loro teste. Gli facevano quasi tenerezza nella loro agitazione, e questo piacere sadico era ciò che più anima la delizia dipinta sul volto del Serpeverde, il quale si prestò volentieri al brindisi proposto dall'uomo. "Alla salute di Hogwarts e dei suoi studenti." A una serata che nessuno di noi riuscirà mai a dimenticare. Solo un posto in prima fila, niente di meno, per l'inizio di una grande era.
     
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    «Quindi non si sa altro?» Chiede una piuttosto stranita rossa, mentre sistema automaticamente la pila dei suoi libri sopra il baule in fondo al letto. Li sposta aiutandosi con i polpastrelli, finché non sono perfettamente allineati, non rendendosi nemmeno conto di quanto sia maniacale quel suo comportamento, fin quando non si gira a guardare Tris. «Sì insomma..» si schiarisce la voce, scrollando appena il capo, per lasciare che i capelli si ravvivano all'indietro. «A parte il fatto che vedremo per la prima volta il tanto famigerato preside Kingsley! Quale onore, non vedo l'ora.» All'idea di quell'uomo avvolto nel mistero, Olympia non sa cosa aspettarsi veramente. In tutta onestà non sa nemmeno cosa pensarne a riguardo. Da quando è stato investito della più alta carica nella scuola, nessuno l'ha mai visto, nessuno sa dire con certezza come sia fatto, se sia moro, biondo, giovane o vecchio. Nessuno ha mai sentito la tonalità della sua voce. Nessuno sa niente, a parte il nome e il cognome, affissi ormai all'entrata, in una delle teche, sopra la porta della Sala Grande. Completamente immerso in quell'alone di intrigo e tenebra che dovrebbe spaventare, eppure l'unico sentimento che anima la giovane Grifondoro in quel momento è disturbo. Sa per certo che non deve essere una figura tanto corretta se è stata scelta dal Ministro in persona per guidare Hogwarts. Il regime conquista terreno, si ritrova a pensare. Lancia un'occhiata alla mora, stringendo appena le labbra. Le acque in cui sta navigando il mondo magico e soprattutto la scuola non sono delle migliori, lo sanno entrambe ed è forse questo che sta chiedendo a Tris con gli occhi. Una rassicurazione che sa di non poter ottenere da lei, perché non vi è rassicurazione nella situazione in cui sta precipitando l'intera comunità magica. Senza volerlo, comincia a sentire nella testa le raccomandazioni che suo padre le ha fatto all'inizio di quell'anno scolastico. Gli occhi scivolano verso l'orologio consumato che ha al polso. «Forse è meglio andare» dice all'amica, stringendosi appena nelle spalle, mentre si avvia accigliata verso la porta. Come una persona prossima al patibolo.
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    La Sala Grande è desolata. Sembra avere un aspetto differente dal solito, fredda, spoglia. Persino il soffitto è in tumulto, come a voler avvertire gli ospiti della tragedia che si consumerà sotto di esso, di lì a poco. Cammina a passo svelto, al fianco di Tris, lasciando che il silenzio della stanza inondi anche la sua persona, fin quando non raggiungono il loro tavolo. Saluta con un sorriso frettoloso Scout, Reina e Dean, prima di soffermarsi sulla figura di Freddie. Si passa la lingua sull'arcata superiore, leggermente stizzita, prima di passare oltre, come se nulla fosse. Le tavolate sono completamente vuote, eccezion fatta per delle candele, le cui luci formano delle grottesche ombre sulle pareti. E nel momento in cui si stringe nelle spalle, il portone della Sala Grande si apre e una figura austera fa il suo ingresso. Il picchiettare delle sue scarpe contro il lastricato del pavimento è fastidioso e Olympia rabbrividisce, suo malgrado. C'è qualcosa di totalmente sbagliato in tutto ciò. Kingsley che si appropria della scuola con tutta la sicurezza di cui dispone, assumendo un atteggiamento strafottente, con quel suo sorriso dagli angoli amari. Al suo schiocco di dita, compaiono delle coppe di vino rosso di fronte a loro. Ascolta il brindisi, guarda alcuni dei suoi compagni alzare il calice, ma lei non si unisce. Rimane ferma. Non vuole di certo accettare quell'offerta di cosa, per l'esattezza? Di pace? No di certo. Quello che sta chiedendo loro Kingsley è di piegare la testa alla sua volontà, a quella delle regime e lei non ha nessuna intenzione di farlo. Non di certo alle loro condizioni.
     
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    Odio queste manifestazioni. Il castello è in subbuglio sin da questa mattina quando Kingsley ha annunciato il suo debutto in società. « Il mostro ha finalmente deciso di uscire dalla sua tana. » Esordisco quella mattina a colazione mentre leggo una rivista su cui sono ritratta in prima pagina; mi appoggio con la schiena contro la spalla di Dean, mentre mangio il mio bel cornetto integrale. Una constatazione assente. La verità è che voglio solo approfittare di quei pochi momenti che posso concedermi con lui. Dean è una di quelle persone da annoverare nella cerchia delle conoscenze piacevoli o quanto meno sopportabili e l'idea di non poter più passare del tempo con lui in alcun modo mi portare a pensare che sono stata ingiustamente privata di qualcosa che era mio. Ha preso una specie di posizione. Forse non lo ha fatto davvero, forse non è mai stato così, forse non lo ha pensato, ma sin da quando io e Sam avevamo smesso di pensarci, riuscire anche solo a estorcere più di un saluto dal Grifondoro era diventato leggermente più difficile. Non lo faceva con cattiveria Dean; è solo un amico molto fedele. In realtà mi sto chiedendo se non mi faccio solo troppe pippe mentali. Forse in realtà sono solo io; forse ad allontanarmi sono stata solo ed esclusivamente io. « Beh comunque, devo andare. Quella sega di Storia della Magia mi ha assegnato due rotoli di pergamena per domani. Se non le finisco mi boccia; stavolta per davvero. » Semplice leggiadra conversazione. « A stasera raggio di sole. »

    Cammino al fianco di Georgie. Se non fosse stato per lui forse non mi sarei nemmeno scomodata. Forse in realtà ci siamo trascinati l'un l'altro. La curiosità ci ha sospinti a partecipare a questa cosa strasupermegamondana di cui quanto al meno a me non frega un cazzo. « ..e così sono andata da lui, gli ho buttato i due rotoli di pergamena in anticipo e gli ho detto "Tenga prof, non dica mai che non faccio i compiti." » La verità è che per tre quarti di quei rotoli ho pagato un Corvonero del quinto anno.
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    Racconto le mie bravate con un che di energico e ironico mentre saliamo le scale dai dormitori Serpeverde dirigendoci verso la Sala Grande. Non è che sia davvero allegra, pimpante e piena di vita, ma con questi segaioli devi sempre fingere di essere al massimo della tua forma. Non devono capire che ci sia qualcosa che non vada. Noi siamo gli eletti, la creme de la creme, siamo superiori, siamo oltre ogni previsione anche quando studiamo per uno sdegnante scadente. « Si vede proprio che è un frustrato del cazzo. Scommetto l'attico di Montmartre a Parigi che è uno dei primi a finire in un fosso. » Quello lì, il prof di Storia della Magia, non riesce proprio a tenere la bocca chiusa. Deve ammorbarci con le sue stronzate rivoluzionare e altre cazzate di quel tipo. Non durerà molto per forza.
    Vengo salvata dalle conversazioni di circostanza dal brusio di sottofondo. Così posso finalmente tacere. Affondo le mani nelle tasche e poggio sulla lingua una piccola pasticca, ingoiandola. Alzo le sopracciglia in direzione di George. « Devi solo chiedere.. » Gli dico con un leggero sorriso malizioso. Poi, quest'ultimo scompare per qualche secondo non appena i miei occhi incontrano prima quelli di Moses, poi quelli di Scamander. Sbuffo e avanzo finché non individuo la figura di Watson. Gli poggio una mano sulla spalla, sorridendogli appena. « Sua maestà! » Una leggera riverenza, chiara presa per il culo. Con Watson vado d'accordo, ma prenderlo per il culo per il suo grado di precisione e minuziosità è più forte di me. Quel ragazzo proprio non riesce a prendere niente alla leggera. Su questo, io e Percy siamo incompatibili. Ciò che io reputo difficile da digerire, per lui proprio non esiste, e ciò che io reputo insignificante, per lui è di vitale importanza. Lui proprio senza avere gli appunti in ordine crepa. « Non si scomodi la prego. I suoi umili sudditi chiedono solo permesso di sedersi accanto a Sua Maestà. » Ti prego Watson fatti una risata. Mi siedo e faccio ceno a George di sedersi accanto a me. Le mie dita cercano le sue, intrecciandole indissolubilmente sotto il tavolo proprio quando le porte si aprono alle 21 in punto. Un improvviso gelo mi impedisce di prenderla sul ridere come fino a poco fa. Il tipo mi inquieta. E' completamente diverso da come me lo aspettavo. « Sapevi che la nonna lo conosce? » Chiedo sottovoce a mio fratello stringendo le sue dita in cerca di una qualche forma di sicurezza. Solo voci. Avevo sentito voci al riguardo. Che la nostra famiglia fosse invischiata con gente del genere era cosa di cui non ci si poteva più stupire. Nostra madre in primis era diventata la puttanella preferita del sistema. Quella, per due spicci e un po' di notorietà, avrebbe venduto persino me e George. « Un brindisi; alla salute di Hogwarts e dei suoi studenti. » Aggrotto le sopracciglia, lo fisso per qualche istante, poi odoro il contenuto nel bicchiere. Vino. Mi stringo nelle spalle e senza pensarci due volte alzo la coppa per poi buttare giù tutto fino all'ultimo sorso. E' buono. Ottimo vino di un'ottima annata. Deve essere un'occasione davvero speciale.

    Interagito all'inizio con Dean poi con George e Percy;
    Nominato Sam;
     
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    Come se un branco di adolescenti con le manie di protagonismo non fosse abbastanza, ecco che pure il preside si metteva a giocare a nascondino. Inutile dirlo: Ross ne aveva piene le scatole di quel nuovo ordinamento. Non si trattava tanto del fatto che il potere fosse ormai esclusivamente in mano ai maghi oscuri: i governi, d'altronde, si susseguono in un ciclo continuo come le stagioni, e questo era un fatto storico che anche i più idealisti dovevano accettare. Piuttosto il problema stava nelle condizioni in cui lui si trovava a lavorare. Gli studenti sembravano dei cerbiatti spaventati, gli insegnanti erano lasciati totalmente allo sbaraglio e la coordinazione era tutto fuorché all'ordine del giorno. Collaborazione? Figuriamoci! Si quella non se ne vedeva nemmeno l'ombra. Prendere appuntamento con Kingsley si era rivelata una missione impossibile nonostante l'insistenza sempre più pressante di Ross. No, decisamente non nutriva molto affetto per quella nuova aggiunta all'amministrazione scolastica, e anche la stima non sembrava essere un sentimento per cui l'uomo era pronto a propendere. Più volte in quei mesi ne aveva parlato a Daphne con gran foga, spiegandole quanto fosse davvero poco professionale il modo in cui il preside li stava trattando. Per giunta vi erano anche quelle palle al piede dei suoi studenti, i quali di tanto in tanto se ne uscivano con domande a proposito, domande a cui lui ovviamente non sapeva rispondere. Ma cosa poteva dirgli? Che nemmeno lui aveva mai visto la faccia del nuovo capo della baracca? Ci avrebbe fatto una figura di merda, e con lui tutti gli altri colleghi. Così snocciolava risposte secche e scocciate, intimando gli studenti a pensare a cose ben più serie: lo studio. La verità, tuttavia, era che il professore condivideva la stessa preoccupazione dei ragazzi. Il governo che si era venuto a instaurare muoveva i propri fili in maniera silenziosa, tessendo trame di ragno tanto sottili quanto insidiose. Nessuno era al sicuro, o almeno non chi aveva il sangue sporco.

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    Incazzato come una biscia - tanto per cambiare - il giovane professore fece il suo ingresso in Sala Grande in perfetto orario. Con le mani giunte dietro la schiena e lo sguardo di chi potrebbe tranquillamente dare fuoco al primo che gli rivolge parola, calcò a passi svelti la navata, lasciando che il rumore delle suone producesse una melodia che ben poco lasciava all'immaginazione riguardo il suo umore. Una volta giunto al tavolo del personale rivolse un sorriso cordiale ai colleghi, prendendo posto accanto a Daphne. "Tanto che c'erano potevano mettere Scamander come preside." bofonchiò, indicando con un cenno del mento lo studente citato "A parità di assenteismo, almeno lui ha la decenza di falsificare la giustificazione." Toh, parli del diavolo. Ed ecco che il sedicente preside faceva il suo trionfale ingresso al banchetto spoglio. Con occhio superiore squadrò uno a uno tutti i professori al tavolo. Ma guardo tu sto figlio de na.. "Un brindisi; alla salute di Hogwarts e dei suoi studenti." Con un leggero colpo di tosse alzò il proprio calice, mostrando un sorriso falso come una banconota da tre galeoni all'intera sala. Tuttavia non bevve un goccio. Col cazzo che bevo il tuo vino. C'è caso che ci sta il cianuro per mezzosangue. Evidentemente, però, non fu l'unico ad astenersi dal sorseggiarlo; con la coda dell'occhio, infatti, intravide Daphne fare lo stesso. Tuttavia non poteva essere mossa dalla sua stessa motivazione: lei era purosangue, era al sicuro lì dentro e fuori, non aveva davvero nulla di cui preoccuparsi. Aggrottò dunque la fronte, tenendo per sé l'interrogativo riguardo quella rinuncia. Che ne poteva sapere? Magari era un semplice atto di protesta.
    Interagito con Daphne, citato Sam

     
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    "Il mostro ha finalmente deciso di uscire dalla sua tana." Con la bocca piena di cornetto alla crema, Dean si guardò intorno con fare circospetto, guizzando gli occhi cerulei da una parte all'altra del tavolo Serpeverde alla ricerca del migliore amico. Ovviamente non era ancora arrivato: questo gli dava modo di scambiare tre parole con la Windsor senza sentirsi troppo Giuda. "Avrà finito di truccarsi, immagino. Secondo me in realtà è una donna: tornerebbe tutto." disse, mimando con i due indici la forma di un cerchio, come a indicare la perfezione di quella sua ipotesi. Una delle tante, forse anche la più plausibile. Nei mesi precedenti ne aveva sentite davvero di tutti i colori a riguardo di quel misterioso uomo, e lui stesso ne sfornava una al giorno per ingannare l'attesa. A un certo punto erano partite persino le scommesse, tanto che Dean e Sam si erano già fatti una mezza idea di racimolarci qualche spicciolo, ma alla fine si era concluso tutto in un nulla di fatto: i loro compagni erano troppo cagasotto per fare delle puntate serie. 'Mezza falce che secondo me è un drago sputa merda' aveva detto un Tassorosso, attirandosi una pioggia battente di vaffanculo da parte del biondo. "Beh comunque, devo andare. Quella sega di Storia della Magia mi ha assegnato due rotoli di pergamena per domani. Se non le finisco mi boccia; stavolta per davvero. A stasera raggio di sole." Salutò la Windsor con un mezzo sorriso e un cenno della mano, aspettandosi di rivederla in prima fila per la vestizione papale programmata per la serata. "Con Sam pensavamo di portare incenso e mirra come doni. Se tu vuoi metterci l'oro - dato che sei sfonda - ben venga." Concluse quell'intervento con un occhiolino e una risata, il tutto per poi riportare la propria attenzione al cibo in attesa dell'amico.

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    Ci mancava poco che facesse ritardo all'evento più figo dell'anno. Come al solito era collassato sul letto subito dopo pranzo, perdendosi non solo le lezioni pomeridiane o lo studio con cui avrebbe potuto sostituirle, ma anche la capacità di sentire il suono della sveglia. Svenuto, secco come un pino. Non a caso quando la bella addormentata era riuscita a destarsi passò qualche minuto nella convinzione che fossero le tre, massimo quattro del pomeriggio. Erano le otto e tre quarti. "Porca troia." Come un uragano era corso in bagno a svuotare il serbatoio, evitando accuratamente di guardarsi allo specchio o sistemare la divisa prima di correre fuori dalla stanza e giù per le scale, rischiando un paio di volte di rompersi l'osso del collo o di cadere nel vuoto. La puntualità, d'altronde, non era mai stata il suo forte. Senza contare che quelle fottutissime gradinate sembravano avercela a morte con lui sin dal primo anno: poteva scommetterci un capitale che quando gli sarebbero servite le avrebbe sicuramente trovate fuori posto, una dietro l'altra.
    Alla fine, tuttavia, riuscì a varcare la soglia della Sala Grande niente meno che alle nove meno due. Un colpo da maestro. Con un cenno frettoloso salutò dunque Tris, Olympia e Reina sedute al tavolo Grifondoro, il tutto per poi dirigersi a quello Serpeverde. Lì assestò una sonora pacca sulla schiena al compagno, intimandolo a scorrere per fargli un po' di posto. "Su, che pure con questo mi faccio riconoscere subito. Voglio essere il primo a venir convocato nel suo ufficio. Tanto lo sappiamo tutti che senza di me i presidi non lavorano." esordì subito, riferendosi alla sua scelta ben poco furba di infiltrarsi a una tavolata diversa da quella a cui apparteneva. "E comunque buonasera." Concluse così, riprendendo ancora fiato, rivolgendosi a Sam e a Fawn accanto a lui. Dopo quello ci fu ben poco da discutere, dato che il re del mondo si degnò di fare il proprio ingresso da vero rapper del ghetto. "Yo yo yo, Eddy-King in dah house madafackah." sussurrò a voce più bassa possibile verso i due compagni prima di riportare la propria attenzione alla scena. Solite cose: sguardo ai prof da 'ho il cazzo più duro nella stanza, stronzetti' e brindisino a vinello aggressivo. "Toh, pure il vino. Generoso, Eddy-King." commentò, come era solito fare. Perché se Dean non commenta ogni pisciata non è contento. Alzò quindi il calice, nascondendo con straordinaria abilità quel senso di ansia strisciante che lo accompagnava ormai da quasi un anno: l'ansia di chi ha il collo costantemente steso sulla ghigliottina. Fu proprio in virtù di quell'ansia che si fermò dal bere nel momento in cui le sue labbra toccarono l'orlo del bicchiere. Non che pensasse davvero a un avvelenamento di massa, ma di certo quell'uomo non gli ispirava fiducia a primo pelo. Posò dunque il calice sul tavolo, questa volta senza elargire alcun commento.
    Interagito con Charlie, Sam e Fawn
    Salutate Tris, Olympia e Reina

     
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    Aveva percepito l’agitazione, aveva visto con i suoi occhi di ghiaccio un insolito movimento, alle sue orecchie erano giunti sussurri preoccupati. La tensione nell’aria si poteva tagliare come un panetto di burro. Una specie di fibrillazione, l’ansia generale che si deve provare davanti all’ignoto.
    George aveva affrontato quel caos con il suo solito disinteresse, in maniera talmente apatica che gli sarebbe venuto da chiedersi cosa ci fosse di tanto interessante. Edmund Kinglsey, l’uomo nell’ombra, si sarebbe finalmente rivelato ai suoi studenti e al corpo insegnate, così aveva sentito dire da più di una persona. All’inizio il giovane Windsor aveva mostrato una certa curiosità, solleticato più dalle innumerevoli e fantasiose supposizioni sull’esistenza stessa di Kingsley, che dalla sua persona.Alla lunga i bisbigli avevano iniziato ad infastidirlo, e ogni genere di interesse era scemato, così come era comparso. abbiamo già abbastanza primedonne pensò, forse riferendosi anche a se stesso.
    Aveva aspettato sua sorella nella sala comune e poi l’aveva affiancata, camminando fianco a fianco verso quella serata tanto carica di mistero.
    Charlie gli parlava del professore di storia della magia, uno stronzo represso. « Si vede proprio che è un frustrato del cazzo. Scommetto l'attico di Montmartre a Parigi che è uno dei primi a finire in un fosso. » gli aveva detto lei, con una punta di crudele ironia. George sapeva che le sue parole corrispondevano al vero, probabilmente uno che parla tanto non è in grado di tenersi la testa attaccata al collo per lungo tempo. Peccato pensò, in un moto di pietà verso coloro che non sanno cosa li aspetta.
    La sala grande davanti a loro si presentò più gremita del solito, tutti lì per assistere allo spettacolo, pochi minuti prima che l’uomo del mistero si degnasse di svelare il suo volto. George, per inerzia, seguì Charlie fino al tavolo verde argento, ma poco prima di sedersi allungò lo sguardo al di là della tavolata, dalla parte opposta della sala, alla ricerca di due occhi color cioccolato.
    Nel vederli, per un momento riuscì ad avvertire l’ansia, la paura, che tanti stavano provando. Si morse il labbro, prendendo posto, fra quelli non sembravano scossi, ma incuriositi.
    Strinse le mani sottili di sua sorella, prima che la porta si spalancasse e Kingsley faccesse il suo ingresso.
    Teatrale pensò, mentre il brusio tipico della sala grande si trasformava in un silenzio carico di tensione.
    « Sapevi che la nonna lo conosce? » sussurra Charlie, mentre entrambi seguono con lo sguardo quell’ombra impetuosa che calpesta la fredda pietra del pavimento.
    «Mi meraviglierei se fosse il contrario » rispose lui, certo che ancora una volta sua sorella avesse detto una cosa più che giusta. La corona, aveva imparato a sue spese, sapeva essere un’istituzione estremamente corrotta. God save our gracious queen.
    « Un brindisi; alla salute di Hogwarts e dei suoi studenti. » la voce del preside irruppe nella coltre silenziosa, davanti ad ogni studente un ridente calice colmo di vino rosso.
    George si trattenne, poi come pochi altri su unì al brindisi, svuotando la coppa.
    Il vino buono, non si spreca mai, pensò con l'inconscia sicurezza di chi sa di non correre alcun rischio.


    interagito con Charlie e citata Reina
     
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    «Oh tesoro, non puoi mancare, seriamente. E' un evento a cui tu vuoi partecipare. Questa è roba che entrerà nella top five delle storielle da raccontare per forza alla prima occasione buona.» Guarda la biondina, con vivo entusiasmo nello sguardo. Gli frega veramente qualcosa del fatto che finalmente quel pesa culo del preside ha deciso di degnarli della sua presenza? Manco per sbaglio, chiaro. Ma Sam sa con certezza che eventi di quel genere portano scompiglio, creano panico, riescono a donare una certa sfumatura di aspettativa, mista a desiderio di conoscenza, misto a sua volta ad una vena di apprensione. Anche agli occhi di uno a cui non frega un cazzo della politica come Sam è chiaro che il nuovo preside non è il tipico personaggio con cui vorresti finire a cena insieme. E' certo che sarà soltanto un altro dei leccaculo del regime. Magari un vecchietto di mezz'età, ligio al dovere, che tenterà in tutti i modi di far rispettare le proprie regole cretine, restrittive, vincolanti. Al solo pensiero di avere dei nuovi limiti, il viso del giovane Serpeverde si accende di entusiasmo. Gli sono sempre piaciute le regole, e no, non per il motivo che potreste star pensando voi. Samuel Scamander ha sempre amato le restrizioni perché ciò implica il poterle valicare, infrangere, sfidare se stessi per trovare nuovi geniali metodi per fare qualsiasi cosa, uscendone con le mani pulite. O abbastanza per continuarlo a raccontare in eterno. «Cioè, non puoi mancare, capisci? E' roba grossa questa. Con l'aneddoto della prima volta ad Hogwarts di Edmure, il fantasma, conquisterai chiunque.» Le sorride, dipingendo davanti ai suoi occhi chiari l'immagine frizzante di come sarebbe andato a finire quell'incontro. Nella più rosea delle ipotesi. Incurva leggermente le sopracciglia, mentre la bocca si distorce in una smorfia divertita. «Facciamo una scommessa. Se ti annoierai e vorrai andartene di corsa, anche se questa eventualità mi sembra assolutamente improbabile, ti offro da bere. Il posto lo lascia decidere a te. E' un ottimo compromesso, no?» Le sorride, sornione come lo è sempre, mentre le offre il braccio, da vero galantuomo qual'è, prima di avviarsi verso la Sala Grande, stranamente in perfetto orario per l'appuntamento.
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    Un senso di vuoto e di tristezza gli attraversa la pelle appena muove il primo piede dentro la sala. Si guarda intorno, leggermente confuso, non riuscendo a capire il perché di quella strana sensazione. Il brusio degli altri studenti è appena percettibile, come se tutti fossero in trepidante attesa di assistere a quell'evento unico. E' in quel momento che incontra gli occhi di Eris, appena qualche secondo. Prova a sorriderle, poco convinto, ma provando a fare del suo meglio. Non gli piace la piega che ha preso il loro rapporto, eppure, ancora una volta, si dice che quello non è il momento adatto per ripensare a certe cose. Così si gira verso Fawn e la contempla per qualche istante, in silenzio. «Che dici? Vuoi provare il brivido di mangiare al tavolo della casata che più ti si addice?» Fa un cenno con la testa, indicandole il lungo tavolo di Serpeverde che sembra attenderli. La sta sfidando ancora una volta, perché è così il suo modus operandi quando si tratta di conoscere una persona. Vedere come si comporta quando le viene lanciata una sfida, quando viene messa alle strette, con le spalle al muro, fa capire molto di più di una semplice chiacchierata di circostanza. Si incamminano così verso il tavolo, mentre gli occhi del Serpeverde intercettano quelli di Tris a cui rivolge un sorrisetto divertito, per poi prendere posto sulla panca. "Su, che pure con questo mi faccio riconoscere subito. Voglio essere il primo a venir convocato nel suo ufficio. Tanto lo sappiamo tutti che senza di me i presidi non lavorano." Si gira divertito verso l'amico, scivolando sul legno per fargli posto. «Fawn lui è Dean. Il mio compare, con lui hai sempre roba di prima qualità. Dean lei è Fawn. La Corvonero più Serpeverde che io abbia mai conosciuto.» Non fa in tempo a chiudere bocca, che le porte si spalancano e Edmure, il baldanzoso entra sul ring con fare convinto. Si è sbagliato. Non è vecchio, anzi, deve riconoscere che è pure particolarmente accattivante con quel suo sguardo alla "Mo' so cazzi vostri." Sam lo osserva, distrattamente, come quando suo padre lo obbliga a guardare le partite di basket babbano alla tv. Non ha mai capito veramente perché gli piaccia tanto quello sport, ma non è questo il punto. Il punto sta nel fatto che il ragazzo riesce a scorgere dalle movenze dell'uomo quanto sia forte la sicurezza di possedere tutto in quella sala, fino all'ultimo capello dell'ultimo dei Tassorosso. Storce appena la bocca, cercando di trattenersi dal ridere della battuta di Dean, conscio di quanto fossero vere quelle parole. Kingsley si sentiva il re del ghetto e non cercava nemmeno vagamente di nasconderlo. «La scopa su per il culo ce l'ha, l'abbiamo appurato. Ma i denti d'oro? Se non ha i denti d'oro, mi dispiace, ma è soltanto il re di stocazzo.» Sussurra all'amico, prima che l'uomo offra loro qualcosa di meglio di un semplice sorriso fatto di lingotti. Vino, rosso come il sangue. Prende la coppa, Sam, portandosela al naso. Mica è tanto scemo, con un uomo come quello non sa ancora cosa ci si può aspettare. Classico odore di un buon vino corposo, probabilmente di un'annata talmente costosa da riuscire a dare a tutti subito la giusta impressione. Ho un pacco di soldi, voi non siete un cazzo, o meglio siete miei e mo' fate come dico io. Non brinda con gli altri, ma alza il bicchiere soltanto quando i suoi smeraldi incontrano quelli di Charlie. Un sorriso, divertito dalla sua reazione di pochi istanti prima, per poi portarselo alle labbra. Assolutamente consapevole della tattica che ha deciso di giocarsi Kingsley. Mettere alle strette e vederne l'effetto sotto i propri occhi.

    Interagito con Fawn e Dean,
    Salutate Eris, Tris e Charlie.

     
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    « Quindi non si sa altro? » Risorge da una massa di pensieri indistinta. Una coltre di preoccupazioni che si estende ben oltre le mura della scuola. Beatrice è tornata in servizio a conti già fatti, quando ormai le cose erano già belle che andate. Si era ritrovata ad accettare una serie di novità a cui non era certa di essere pronta ad voler assistere. Ma doveva. Sapeva che i suoi Grifondoro sarebbe stati i primi bersagli di qualunque cosa stesse per arrivare. I Grifondoro, non erano mai stati ben visti dall'aristocrazia, dallo status quo. Persino Richard, anni addietro, quando aveva scoperto che sua figlia era stata smistata tra i Grifondoro, non ne era stato del tutto contento. Aveva capito che la sua natura era diversa rispetto a quella che immaginava. « Non credo.. » Risponde sovrappensiero, cercando di sembrare calma e pacata come sempre. Beatrice è una roccia, interiorizza tutto. Poi quando esplode.. boom. « Sì insomma.. A parte il fatto che vedremo per la prima volta il tanto famigerato preside Kingsley! Quale onore, non vedo l'ora. » Beatrice è teneramente intimorita da questa figura misteriosa. Ha paura; una paura riverenziale. Quando non conosce il suo avversario si sente messa con le spalle al muro. Lei li ha visti; quelli dell'Inquisizione erano la funerale di suo padre. Apparentemente genti delle più cordiali. Venuti a porgere le loro condoglianze, avevano sin da subito messo in chiaro il più limpido dei messaggi che ci fossero. Vi stiamo guardando. Ovunque andrete, noi saremmo lì. E voi sarete nostri. In proposito Beatrice non si era ancora espressa; nonostante gli anziani facessero pressione affinché Beatrice desse il via al connubio con il regime, la cacciatrice non aveva ancora dato alcuna direttiva al riguardo. Sapeva che avrebbe dovuto farlo a breve, per evitare che gli stessi mettessero su un'insurrezione, ma non era certa della strategia da portare avanti. Dire di no al Ministro della Magia in persona significava diventarne nemico; significava doversi nascondere come topini e tornare a vivere una vita infinitamente miserabile. Se Beatrice era pronta a farlo, non era certa di poter decidere per tutti gli altri cacciatori. Doveva dare loro un'alternativa, qualcosa che facesse sì che non si sentissero con le spalle al muro. « Forse è meglio andare. » La Morgenstern annuì; non le piaceva vedere così preoccupata Olympia. Nonostante avessero avuto le loro differenze in passato, la Potter era la persona su cui maggiormente contava nella casata rosso oro. Si capivano, a prescindere; nonostante avessero modi diversi di vedere le cose, nonostante agissero in maniera diversa, si capivano, e unite sotto lo stesso stemma e gli stessi obiettivi sapevano fare un lavoro dannatamente eccelso. Le afferrò quindi il polso prima che potesse sgattaiolare fuori dalla stanza. Sarebbero state comunque in anticipo come sempre. « Olympia? » Esitò per un istante. Deglutì e abbassò la testa. Tra le due quella di ferro era Beatrice, quella calma, quasi impossibile da scalfire, quella che nel bene e nel male aveva la faccia tosta di guardare negli occhi e mentire spudoratamente se fosse necessario; non poteva sottrarsi da quel ruolo proprio ora. « Fidati: ne verremmo a capo. » Si diresse a sua volta verso la porta del loro dormitorio e, avvoltasi la sciarpa rosso oro attorno al collo, si diresse assieme alla compagna verso il ritratto della a Signora Grassa.
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    « Qui è decisamente morto qualcuno. » Ironia e un senso di irrimediabile inquietudine la assale mentre attraversa la Sala Grande. Riesce a rimapingere senza se e ma i momenti passati in natura, lontana da quel posto, lontano da tutto ciò che sta lentamente risucchiando il mondo tutto. Saluta con un cenno della testa tutti i suoi compagni. Un leggero sorriso non del tutto lieto si profila sul suo volto nel guardare ognuno di loro. Nessuno è tranquillo, nemmeno lei. Pararsi di fronte a un lupo mannaro sembra un gioco da ragazzi rispetto al sopportare questa tensione. Voci di ogni sorta s'infittiscono nella sala man mano che gli studenti arrivano. E poi il suo sguardo martoriato incontra quello di lui. Ha sempre pensato che stesse bene in divisa; e così, per qualche istante non riesce a toglierle gli occhi di dosso. Ciao. Dovrebbe avere così tante cose da dirgli, eppure in quel momento non gliene vene in mente nemmeno una. Ricorda cosa le ha detto poco prima che tornasse a scuola. In questo mondo, quelli come loro devono tenere la testa bassa e rigare dritto. Per ora. Per una testa calda come Beatrice, ciò che Eric le aveva detto le era risultato inizialmente un bel racconto da vigliacchi. Poi l'atmosfera di Hogwarts l'aveva effettivamente respirata, e si era accorta, che qualcosa effettivamente era cambiato. Si ritrovò a scoccare le dita in direzione di chiunque si trovasse nei paraggi, attirando loro l'attenzione. « Mi raccomando, comportiamoci bene. » Bacchettona? No, solo previdente. Conosceva i suoi polli e le teste calde. « Non sappiamo chi è e come sia fatto. Cerchiamo di non farci riconoscere da subito. » E a proposito di farsi riconoscere, ecco Moses che si siede alla tavolata dei verde argento. Quello stronzetto mi sentirà. Si ritrova a pensare scuotendo la testa. « Weasley, se fai qualche cazzata delle tue io lo saprò. Lo so già! Capito? Ti tengo d'occhio. » Inutile dirlo; è lampante quanto sia agitata. Beatrice ha sempre goduto del favore dei professori sotto il vecchio Preside. Ma ora? Ora non sapeva cosa sarebbe successo, quale sarebbe stato il suo margine di azione, quanta responsabilità avrebbero avuto i Caposcuola e i Prefetti. Nessuno diceva loro niente.
    L'atmosfera si gelò di colpo. Eccolo entrare in tutta la sua magnificenza. Tutto il contrario delle voci che giravamo sul conto di Kingsley. E' giovane, alto e decisamente insopportabile. Abbiamo quanto meno appurato che è vivo. Si ritrova a pensare scoccando una veloce occhiata in direzione di Donovan. L'atmosfera diventa sempre più tesa; lei dal canto suo cerca di respirare lentamente. Lo guarda, lo osserva, cerca di andare oltre quell'apparenza, ma quell'uomo le risulta intenzionalmente anonimo. Pieno di sé, plateale eppure così anonimo. Nessun tratto distintivo nell'abbigliamento, nei gesti, nelle espressioni. Ecco un uomo che sa non parlar di sé. « Un brindisi; alla salute di Hogwarts e dei suoi studenti. » Guarda con diffidenza il calice che ha di fronte. Vino. Audace. Le dita corrono verso il calice mentre lo sguardo si precipita sulla rossa accanto. Le colpisce il ginocchio col proprio, nemmeno poi con troppa delicatezza, vedendola indugiare e guardare quella coppa con disprezzo, per poi indicargliela con uno sguardo quasi minaccioso. « Alza quella coppa. » Le sussurra, mentre a sua volta la alza portandola alle labbra. Non pensa nemmeno di inumidirsi le labbra con quella roba, ma per ora meglio passare in sordina. Non sanno nulla di quest'uomo. Non di cosa sia capace, non di che carattere sia. Certo poi, le premesse non sono delle migliori. Poi lo sguardo corre verso i suoi compagni. I suoi cari compagni; cavolo non c'è nulla che non farebbe per quelli là. Perdere la dignità è un sacrificio che tutti possono fare per questa sera; lei di certo lo fa senza rimpianto alcuno.

    Interagito con Olympia, Eric #amodonostro, Fred e chiunque sia seduto nei pressi di Tris e Limpy;
    Nominato Moses e credo basta.
    Salutato un po' chi c'è.



     
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    Erano isolati dal resto del mondo, lontani da orecchie e occhi indiscreti; liberi di dar sfogo ai propri istinti e vizi. In quei rari momenti non erano un grifondoro e una serpeverde, non erano Rebekah e Freddie; erano semplicemente due persone che cercavano di evadere, di soddisfare quell’appetito fisico che li aveva legati dal primo momento. Quell’aula in disuso era spesso testimone dei loro incontri clandestini e anche quella sera si erano nascosti tra quei polverosi banchi impilati. Bekah era semisdraiata su uno dei banchi, le gambe avvinghiate ai fianchi di Freddie e le braccia aggrappate alle sue spalle. La gonna della divisa era attorcigliata intorno alla vita della ragazza, lasciando così scoperte le sue lunghe toniche gambe d’alabastro. La camicia sbottonata rivelava un elegante reggiseno di finissimo pizzo nero, direttamente dalle migliori boutique francesi. Anche la camicia del ragazzo era del tutto aperta sull’addome tonico, addome che aveva graffiato e baciato così tante volte da perderne il conto. «Cazzo…» Un sospiro scocciato le sfuggì dalle labbra quando le cadde l’occhio sul prezioso orologio
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    che portava al polso, quella sera il nuovo preside di Hogwarts li avrebbe finalmente degnati della sua presenza ed era un incontro a cui non poteva assolutamente mancare. «Freddie dobbiamo andare…» Controvoglia allontanò da sé il ragazzo e saltò giù dal banco. Riallacciò velocemente i bottoni, facendo ben attenzione a non saltarne uno, per sicurezza controllò che anche il grifondoro facesse lo stesso; l’ultima cosa di cui avevano bisogno erano persone che facevano domande inopportune. Si abbassò la gonna lungo i fianchi e sistemò le calze appena sopra il ginocchio. «Mi raccomando aspetta un paio di minuti prima di uscire.» Passò una mano tra i lunghi capelli neri e si lasciò tutto alle spalle, nel momento esatto in cui lasciò quella stanza tornò ad indossare la solita maschera di principessa viziata. La sua falcata era sicura, paragonabile a quella di una valchiria; gli studenti si scansavano al suo passaggio mentre lei proseguiva dritta per la sua strada, rifiutando l’idea che qualcuno potesse intralciarla. Frejia era il suo secondo nome e lei aveva tutto l’aspetto della dea della Seduzione, della Guerra e della Morte; tutto nel suo incedere sembrava urlare potere. Varcò le porte della sala grande con la sua innata sicurezza, con la coda dell’occhio vide Freddie superarla e raggiungere il resto dei suoi compagni: come se niente fosse successo. Incurante di tutto ciò che la circondava raggiunse la tavolata dei serpeverde, sedendosi di fianco a Percy. Non appena si sistemò le porte della sala grande si chiusero, impedendo a qualsiasi ritardatario di varcarne la soglia. «Diamo inizio allo show…» Il preside camminava con sicurezza, come se fosse il padrone di quel posto; un incedere a suo avviso fin troppo presuntuoso, neanche lo avessero eletto ministro della magia. Bekah dal canto suo se lo aspettava semplicemente più vecchio, magari addirittura con una lunga barba bianca. Nessuna presentazione o parole di incoraggiamento uscirono dalla sua bocca, si limitò semplicemente e far apparire calici colmi di vino davanti a tutti gli studenti. «Un brindisi; alla salute di Hogwarts e dei suoi studenti.» Alcool per minorenni? Quell’uomo aveva appena guadagnato punti. «Un bicchiere di vino non ha mai ucciso nessuno…» fino ad ora almeno. Con tutta la sua grazia si portò quel calice di vino alle labbra, gustandosi quella piccola e alquanto strana concessione.


    Interagito con Freddie e citato Percy
     
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    Pervinca non è certa di aver capito ancora perfettamente le dinamiche di Hogwarts. In realtà ancora si sta chiedendo il perché sia stata assunta come professoressa. Certo, lei è la somma Profetessa, come fa le profezie lei nessuno mai, perciò chi meglio di Pervinca Branwell può ricoprire il ruolo di professoressa di Divinazione? Eppure sente di essere sempre un po' fuori posto, rispetto agli altri professori. Vuoi perché a lei fondamentalmente non interessa molto delle regole da far rispettare, è sempre stata per il vivi e lascia vivere, perciò alle volte si trova in netto disaccordo con moltissimi dei suoi colleghi. Tranne Ric. Ric sembra capirla alla perfezione, viaggiano sulla stessa lunghezza d'onda loro due. Forse è per questo che, quando riceve la notifica dell'appuntamento fissato dal nuovo preside per quella sera, il pensiero corre subito a lui. Non l'hanno mai visto quel nuovo tizio. Ne hanno un po' parlato, a dire il vero. Giusto qualche chiacchiera di circostanza, niente di troppo approfondito. L'unica indicazione è data dal suo nome. Uomo, per forza. Dio ti prego, fa che non sia un bavoso rincoglionito perlomeno. Ne morirei si ritrova a pensare, mentre si appunta tra i capelli la spilla colorata che si è comprata da poco, in un negozietto vintage giù ad Hogsmeade. Si dice soddisfatta del suo appunto, professionale ed elegante, ma non troppo, dati i colori accesi del vestito. E' in quel momento che quel pensiero la colpisce in pieno: non vuole arrivare da sola in Sala Grande, non in una serata così importante. E chi vorrebbe al suo fianco per fare l'entrata trionfale? Il nome della prescelta sembra lampeggiarle in testa, mentre a grandi falcate, abbandona il suo ufficio in direzione della torre di Corvonero. Arriva davanti alla porta magica, la osserva per qualche istante. Non è nemmeno certa di potervi entrare così facilmente, ma tenta comunque. Alza la mano e bussa una volta e ancora una volta, giusto per sicurezza. Il batacchio a forma di aquila sembra prendere vita, ridestandosi dal suo sonno. Pervinca aggrotta le sopracciglia, leggermente divertita, piegando le ginocchia, giusto per ritrovarsi alla sua stessa altezza. «Hey tu!» Lo saluta, accennando con la mano un gesto di saluto. Il batacchio, dal canto suo, non è altrettanto cordiale. "Vive appeso ad un filo. Cos'è?" La donna rimane interdetta per qualche istante, non riuscendo a capire se quel coso fa sul serio o meno. «Oh, è così che forgiate i ragazzini quassù? Li lasciate al freddo e al gelo se non sanno rispondere a queste domande? Però, ingegnoso. Selezione naturale, mi piace.» Dice piuttosto compiaciuta, in direzione della porta. Quella, in tutta risposta, le ripropone la domanda, seccamente. Aggrotta le sopracciglia, leggermente infastidita. E che cazzo, è pur sempre una professoressa. Deve lasciarla passare. «Ascolta bella, se non mi fai entrare immediatamente, sei tu quella che vivrà attimi di tensione appesa ad un filo. Sono la professoressa Branwell, lasciami passare.» Ma la porta scura sembra non avere alcuna intenzione di farla uscire. Borbotta, Pervinca, decisamente su di giri, mentre sfodera la bacchetta, pronta a darle il colpo di grazia. «Non mi fai entrare? E io appello una motosega, poi vediamo chi ride, mh?» E sta per farlo, nel momento esatto in cui questa si apre e lascia uscire quel dolce pasticcino di Cassie. Le sorride, guardando prima lei e poi la bacchetta puntata, pronta a dar battaglia. La nasconde nuovamente tra le pieghe del vestito, mentre la prende sotto braccio. «Proprio te cercavo! Andiamo, che siamo già in ritardo. Non voglio perdermi l'arrivo di Kingsley!» Comincia a parlare, tutta euforica, mentre la spinge verso le scale. «Io scommetto che sarà un gran figo, tu che dici?»
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    Finalmente fa il suo ingresso in pompa magna e l'atmosfera in Sala Grande è simile a quella nella sala d'attesa del pronto soccorso, quando anni prima ci ha spedito suo cugino Ronald per intossicazione alimentare. Un vero mortorio. Tutti silenzioso, nervosi, ingobbiti. «Eddai ragazzi, non fatemi vergognare subito di voi. Siete Grifondoro, mica mosciarelle! Brio, spirito, forza!» Intima agli studenti della sua Casata, passando vicino alla loro tavolata, prima di salutare con un cenno di mano Cassie, che si avvia verso i suoi concasati. Sale l'ultimo scalino ed è in quell'istante che incontra i suoi occhi chiari. Inarca il sopracciglio, avvicinandosi a lui. "E' libero?" sembra chiedergli con un'occhiata, ma senza aspettare la sua risposta, gli si siede vicino. Appoggia un gomito al tavolo, ruotando il busto nella sua direzione. «Elettrizzato, emozionato, spaventato, terrorizzato, apatico? Qual'è lo spettro di emozioni sul quale viaggiamo questa sera, Ric?» Gli chiede, complice, facendosi più vicina a lui, prima di portarsi la mano a nascondere le labbra. Come a voler creare una barriera tra loro e il resto del mondo. «Oppure siamo ancora in fase mani infuocate Gli scocca un'occhiata allusiva, lasciando che le proprie labbra si pieghino in un sorrisetto malizioso. Le porte della Sala si aprono poi, riscuotendola e riportandola alla realtà. Si alza in piedi, tutta impettita e si ritrova a fare una piacevole scoperta. «Oh no, tu di certo non sei un bavoso rincoglionito..» commenta tra sé e sé, non riuscendogli a togliere gli occhi di dosso. E' magnetico in ogni suo movimento. E' affascinante con quella camminata sicura. E' decisamente troppo quando li squadra uno ad uno e lei si sente costretta a sorridergli, a sua volta. Come una ragazzina alle prese con i primi ormoni. L'incantesimo si spezza quando dà le spalle alla loro tavolata, ma poi fa la mossa vincente. Quella che serve sempre nella corsa al cuore di Pervinca. Offre loro da bere e non del semplice vinarello da quattro soldi, di quello che si trova ai supermercati babbani, in scatole di dubbia fattura. Quello è un vino invecchiato anni e anni, si percepisce dal semplice profumo che sale dal bicchiere che la bionda ha tra le mani. A Pervinca non è mai interessata la politica e forse non sta capendo effettivamente ciò che quel siparietto vuol dire per le sorti di Hogwarts. Se lo fa andare bene, con una scrollata di spalle in direzione di Ric. Alza il calice e poi butta giù un paio di sorsate. Sul suo volto è palese l'apprezzamento per quel liquido portatogli in dono. «Attento a non alzare troppo il gomito Ric. Sai poi come va a finire poi, no?»

    Interagito con la porta della Sala Comune di Corvonero , Cassie, Ric e intimato i ragazzi di Grifondoro a non fare i pisciasotto.

     
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    « Senti un po', ma te com'è che ti vesti? » Domanda Ric, passandosi una mano tra i capelli spettinati, mentre si specchia alla finestra appannata del proprio ufficio. Roba importante quella sera, dato che il preside aveva finalmente deciso di smettere di fare Rapunzel nella torre ed uscire allo scoperto. Per un po' di tempo si era chiesto svariate volte come mai non si fosse mai fatto vedere, nè da loro insegnanti nè dagli studenti. Ne aveva parlato anche con Pervinca, ma alla fine era arrivato alla conclusione che probabilmente, quel pover'uomo doveva avere qualche sorta di fobia. Sapete, tipo quelle robe da sociopatici che i dottori si divertono a chiamare con nomi in codice manco fossero l'FBI. Ed in fondo, chi era lui per giudicare? Ainis rimane seduta sul divano, le braccia conserte mentre gli dà le spalle. « Beh, normale, magari qualcosa di decente. Perchè? Ti sei dato alla moda? » Ride, Alaric, balzando sul posto per allontanarsi dalla finestra. Fa qualche passo, slacciandosi la cintura dei pantaloni e dirigendosi verso l'unico piccolo armadio presente in quella camera. Spalanca le ante, ispirando a pieni polmoni. La fitta coltre di polvere proveniente dall'interno lo costringe a tossire e starnutire. Cazzo, dovrebbe dare una pulita a quello schifo.« No, è che questo è l'unico mio completo buono.. » Mormora, abbassandosi i pantaloni per poi sfilarli e lanciarli senza ritegno alcuno dentro l'armadio. Si poggia una mano sul viso, accarezzandosi la barba. Sarebbe forse il momento di radersi? Nah, non voleva andare al banchetto con la faccia sfregiata. Sì okay, Joker fa sempre la sua porca figura, ma non sa se sarebbe questo il caso. Insomma, c'era anche Pervinca. A proposito, chissà cosa aveva deciso di indossare, per quella sera. Sperava davvero in qualcosa di accollato - "Davvero?" "No okay no" - quanto meno per riuscire a capire come si chiamava il preside e non distrarsi al primo secondo. « ..Sei in mutande. » La voce dell'amica lo fa girare. Le è di fronte, adesso, e può perdersi nelle sue iridi glaciali. Hanno lo stesso colore d'occhi, loro due, seppur quelli di lei li trovi molto più belli. Insomma, è riuscito a capire che si trovano sulla sua faccia e non sulle tette già da un po', quindi si tratta di una cosa serissima. « Appunto! Perciò immaginati come stanno messi gli altri » Una serietà disarmante, quella con cui risponde. Ainis lo fissa in silenzio per qualche istante, con un sopracciglio inarcato. E' allibita probabilmente, ma poco male. Non è ancora fuggita, nè gli ha lanciato un pezzo della mobilia. Quindi la faccenda non dev'essere tanto grave. Oppure è troppo fatta per picchiarlo, questo è possibile pure. « Se porto un po' d'erba dici che sorvolerà sui miei vestiti di merda? Magari diventiamo pure amici, o mi aumenta lo stipendio. »

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    « Wooh, e 'sto stile gotico? Ci sta pure Batman da qualche parte? » Esclama all'amica, senza aspettarsi una risposta vera e propria, non appena fa il suo ingresso in sala grande (coi pantaloni, per fortuna, tranquilli). L'atmosfera non è delle migliori. C'è un silenzio asfissiante, e sembrano tutti nervosi, angosciati, forse persino intimoriti. Simpatico, davvero simpatico. Si guarda attorno, scrutando con gli occhi chiari tutti i presenti. Beh, il lato positivo e che almeno dovrà concentrarsi soltanto sulle sue, di voci. Si dirige a passo svelto verso il tavolo di Grifondoro, poggiandosi con un gomito sulla spalla del signor Moses. « Come va, pulcini? Un po' inquietante quì, mh? » Osserva uno ad uno tutti gli studenti che si trova vicino, sino a posare i suoi occhi di ghiaccio sul viso della Caposcuola. Sembra in tensione, come quasi tutto il resto dei suoi compagni. « Rilassatevi, su, prometto che dopo vi porto tutti nel mio ufficio a fare festa. O mangiare, se quì non si conclude niente. Dean la roba la porti tu? » Gli fa l'occhiolino, prima di scostarsi ed allontanarsi dal tavolo. Si dirige a quello dei professori, salutando con un cenno della mano gli altri colleghi. A parte Ainis e Pervinca non crede di stare simpatico a molti. Chissà perchè, sicuro non perchè ha appena proposto un festino a degli studenti. Con tanto d'erba. Sospira, lanciando uno sguardo ad Ainis mentre si sistema ed allarga entrambe le sedie ai suoi lati. « Siediti. Io sto in mezzo, se dovesse arrivare Pervinca » Asserisce, poggiando una mano sulla sedia libera. Osserva il tavolo di fronte a sè, completamente vuoto. A che fare è venuto, se non si mangia? Questo preside già non gli piace. Non lo fa giocare con le forchette, e andiamo! Decide di occupare il tempo giocando con l'unica cosa presente: le candele. Passa la mano sinistra sul fuoco, velocemente, avanti e indietro, avanti e indietro..Fin quando non la vede. Bellissima, come al solito. Perfetta ed impeccabile. Gli fa un cenno, al quale Alaric risponde con un sorriso inebetito, prima di sedersi accanto a lui. "Io la leverei quella mano dal fuoco" « Ahia! » Squittisce, ritraendo immediatamente la mano che, distratto, aveva lasciato ad arrostire sopra la candela. « Ti ho tenuto il posto migliore del tavolo: quello accanto a me. Visto? » Scherza, massaggiandosela con quella libera. Ci butta un'occhiata, la pelle c'è ancora, quindi niente di grave. «Elettrizzato, emozionato, spaventato, terrorizzato, apatico? Qual'è lo spettro di emozioni sul quale viaggiamo questa sera, Ric?» Scuote leggermente la testa, divertito da quelle leggere provocazioni. In realtà non sa nemmeno lui come si sente. E' tranquillo, ..forse. Almeno per ora. «Oppure siamo ancora in fase mani infuocate?» Lo prende alla sprovvista, avvicinandosi a lui sussurrando. Ed ecco che le guance gli vanno in fiamme, al ricordo del loro, ahm, primo incontro. Ride, imbarazzato, stupendosi quasi di tutta quella timidezza. Dennis dev'essere passato di lì. « Direi in fase mano infuocata, letteralmente. Mi sono fatto male, potevi dirmelo anche a voce che non ti è piaciuto, senza farmi ustionare dal tuo fuoco, madre dei draghi! » Ride spontaneamente, riprendendosi. « Comunque, direi un misto tra apatico, elettrizzato e "se non mangiamo tra dieci minuti mordo il primo che passa". Te invece come va? Ma soprattuto.. quando spunta, il preside? Voglio vedere se ha davvero tre occhi per come dicono.. » E quasi come se l'avesse chiamato, ecco che le navate della Sala si spalancano, lasciando spazio ad un uomo dal passo deciso, austero. Rimane a fissarlo, il sopracciglio inarcato e l'espressione indagatrice. Quell'uomo non gli piace a primo impatto. Ma neanche lui si piace a primo impatto quando si guarda allo specchio, quindi poco male. Si avvicina al tavolo, scrutandoli uno per uno, ed Alaric si appresta a distogliere lo sguardo non appena quello del signor Kingsley giunge a lui. Non gli piace esser guardato negli occhi, figuriamoci da un tizio che neanche gli fa tanta simpatia. Si ricrede tuttavia non appena questi offre loro da bere. «Attento a non alzare troppo il gomito Ric. Sai poi come va a finire poi, no?» La voce di Pervinca non lo distrae dall'agguantare il calice di vino e buttar giù diverse sorsate. Socchiude un occhio, soffiando e ridendo mentre la testa gli gira per qualche istante. « Wooh, cazz-aspita. Ci tratta bene, questo Kingsley! » Esclama, apprezzando appieno quel succo d'uva così come lo chiama sempre. Si avvicina poi alla collega, parlando a bassa voce vicino al suo orecchio. « Perchè, non ti andrebbe un secondo round? Il drappeggio dovrebbe coprire la visuale, in fondo.. » Scherza, prima di tornare a bere ancora. Beh, alla salute del preside, ovviamente. Sarebbe cattiva educazione altrimenti, no?

    interagito con:
    - Ainis
    - Tavolo Gryff + Dean
    - Pervinca


    Edited by 'dysfunctional' - 31/3/2017, 22:18
     
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    Mi cambio la camicetta bianca nonostante quella indossata tutta la giornata sia ancora candida e il colletto ben inamidato. Ho scelto la gonna con le pieghe perfettamente dritte, controllato e ricontrollato che le calze non siano sfilate. Non so nemmeno io perché, ma una parte di me ci tiene a questo ordine maniacale. Lascio i capelli sciolti, cosicché i morbidi boccoli mi ricadano sulle spalle. Non sono in trepidazione per quella serata, non sono nemmeno terrificata, più di tutto sono incuriosita. Curiosa quanto gli altri di sapere chi sia finalmente il nostro preside. La notizia era arrivata a gran voce, poi si era presto trasformata in un sussurro, insidioso, carico di dubbi e false verità. Ero arrivata ad Hogwarts con un bagaglio di aspettative altissime, ero cresciuta con le fantastiche storie che vedevano Albus Silente come preside della scuola, ma tutto si era rivelato solo un'illusione. Anche Hogwarts a tratti non mi sembrava magica come me l'avevano descritta. Avevo percepito la mancanza di qualcosa, di qualcuno. Era strano però, ora che il pilastro centrale dell’intera struttura scolastica stava per rivelare il suo volto, ben pochi sembravano entusiasti. Avevo sentito bisbigliare le teorie più disparate, quella figura era avvolta in un mistero tale che si stentava a credere anche alle poche informazioni che ci erano state rivelate. Forse Kingsley non era nemmeno il suo cognome, aveva ipotizzato qualcuno. Una cosa era certa, e la si poteva leggere sui volti di chiunque, quella sua apparizione non porta va nulla di buono. Forse pensai avrei dovuto ascoltare i miei e rimanere ad Ilvermorny. Sarei rimasta in camera ben volentieri, ma era stata la curiosità a spingermi fuori dalla torre corvonero fino ai corridoi che portavano la Sala Grande.
    Scorgo così l'unico volto amico che conosco in quella calca di studenti che si affrettano a raggiungere la sala. Sam sta lì, con la solita espressione sfacciata, gli sorrido mentre lo raggiungo. Lo saluto, lasciandogli un innocente bacio sulla guancia, cercando nei suoi occhi qualsiasi tipo di tensione per l'arrivo del preside. «Quanto vorrei tornare in camera» confesso mentre seguiamo per inerzia gli altri, come risucchiati dalla corrente. «Oh tesoro, non puoi mancare, seriamente. E' un evento a cui tu vuoi partecipare. Questa è roba che entrerà nella top five delle storielle da raccontare per forza alla prima occasione buona.» mi apostrofa, quasi divertito. Inarco il sopracciglio, poco convinta delle sue parole.
    Sam continua a tessere le lodi della serata, di come sia roba grossa, un evento imperdibile, forse proprio per questo non mi intriga. Il suo viso si distorce in una smorfia, quella situazione deve divertirlo molto, o forse cercare di convincermi deve essere un vero e proprio spasso. Alzo le spalle, è lui l'esperto di Hogwarts d'altronde.
    «Facciamo una scommessa. Se ti annoierai e vorrai andartene di corsa, anche se questa eventualità mi sembra assolutamente improbabile, ti offro da bere. Il posto lo lascia decidere a te. E' un ottimo compromesso, no?» mi propone, sorridendo bonario. « Ok, ci sto. Ma se dovessi vincere, dovrai sorbirti anche le mie lagne a riguardo.» gli dico, puntandogli un dito verso il petto, punzecchiandolo . Mi appoggio al braccio gentilmente offertomi e puntuali come un orologio svizzero ci avviamo verso la sala.
    Non so cosa stanno provando i volti straniti che occupano le file, mi sento quanto mai fuori luogo in quel contesto, anche se Hogwarts è ormai la mia casa, nonostante sia restia ad ammetterlo. Non che Ilvermorny mi facesse scalpitare il cuore, ma era prassi, Ilvermorny era quotidianità. Arrivati al tavolo Corvonero sento Sam rallentare, quasi si ferma. Non so se deve salutare qualcuno, magari lo fa, ma fra le fila non riconosco nessuno con cui abbia scambiato più di due paroline.. «Che dici? Vuoi provare il brivido di mangiare al tavolo della casata che più ti si addice?» mi intima, indicando con la testa la tavolata verde e argento. E' un'altra scommessa, lo capisco dal luccichio dei suoi occhi. E' un problema che ho anche io, quindi penso sia solo divertente. Annuisco, seguendolo verso le panche. « Sei proprio convinto dell'errore del cappello parlante, eh?» domando, ironica mentre lui prende posto. «Fawn lui è Dean. Il mio compare, con lui hai sempre roba di prima qualità. Dean lei è Fawn. La Corvonero più Serpeverde che io abbia mai conosciuto.» mi presenta all'amico, se la memoria non mi inganna è lo stesso di cui aveva elogiato le doti da festaiolo. Lo saluto, sorridendogli, poi prendo posto anch'io.
    Le porte si spalanca subito dopo, ma non provoca alcun rumore, il silenzio della sala è glaciale, il cielo è tempestoso. Terrificante.
    La figura del misterioso mago è alta, snella, dal portamento fiero, come l'espressione che da lontano riesco ad intravedere sul suo viso. Sento i brividi percorrermi la schiena, e non sono affatto positivi. Cammina in maniera quasi regale, battendo un ticchettio regolare sul pavimento di pietra.
    Dean e Sam si scambiano battutine in un sussurro, si e no riesco a sentire qualche parola. Forse prendere con ironia una persona del genere è l'unico modo per non farsi paralizzare dalle aspettative. Il padrone di quel posto sovrasta la sala dalla sua postazione sul piccolo palchetto riservato ai professori. E' un uomo giovane, ammaliante, ma il suo volto sembra sbagliato. Non sono l'unica a cui non sembra piacere. Allo scocco delle dita davanti a tutti, studenti compresi appaiono calici ricolmi di un liquido scuro.
    Vedo i più scettici annusare il contenuto, deve essere vino, suppongo, non che me ne intenda di alcolici. Mi guardo attorno, mentre la maggioranza si unisce al brindisi del preside, qualcuno si dissocia. Non so se prenderlo come atto di coraggio o di follia. In quel momento so davvero poco, perciò imito chi mi sta accanto, ma il vino non mi piace, non mi è mai piaciuto e non credo che quel brindisi me lo farà mai piacere. « Sono sempre stati così i presidi di questa scuola?» domando preoccupata in un sussurro ad entrambi.


    interagito con Sam e Dean
     
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    Grifondoro: la culla dei coraggiosi di cuore. Eppure è difficile stabilire la linea tra ciò che impavido e ciò che non lo è. C'è più coraggio nel puntare i piedi e percorrere il fiume controcorrente per seguire le proprie idee, oppure ce ne sta più nel mettere da parte il proprio orgoglio per proteggere chi si ama? E' così difficile da capire, così sfumato come concetto, che chiunque potrebbe darsi del vigliacco tanto quanto dell'eroe. Eric ormai non sapeva più come chiamarsi. Da quando l'allenatore gli aveva sottoposto quel foglio di dimissioni in bianco, il moro aveva cominciato a sperimentare una spinta di timore verso qualsiasi parte il suo cuore si voltasse. Da un lato temeva gli attentati sempre più frequenti, ma dall'altro temeva anche quelle pressioni psicologiche a cui era sottoposto ogni giorno solo per il suo stato di sangue. Si sa come vanno queste cose: si inizia sempre con la parola sicurezza sulla punta della lingua, ma alla fine le teste che rotolano sono sempre quelle di chi non c'entra nulla. Lui, ad esempio. Sua madre. Beatrice. E quindi cosa fare? Aveva firmato, perché non poteva fare altrimenti. Figuriamoci: aveva paura persino di dire una parola sbagliata alle interviste. Gli occhi dell'allenatore erano puntati su di lui come quelli di un falco pronto a scagliarsi sulla propria preda, e per quanto gli facesse schifo ammetterlo, lui per la prima volta in vita sua si trovava davvero con le spalle al muro.
    A Hogwarts, poi, le cose non andavano molto meglio. La tensione si poteva tranquillamente tagliare con un coltello da burro, e il fatto che il preside si rifiutasse di farsi vedere non dava certo più sicurezza a studenti e personale scolastico. Uno spettro si aggirava per il castello, e nessuno ne conosceva il volto o il suono della voce. Non stava dando loro nulla, ne' una guida, ne' una rassicurazione, ne' tanto meno la sola idea che il rapporto tra lui e i suoi sottoposti sarebbe stato anche solo lontanamente egualitario. Il punto era che ci stava poco da girarci intorno: Eric aveva paura, punto. E ne aveva forse più di chiunque altro, perché viveva quella situazione tramite due realtà diverse: quella del ragazzo e quella dell'adulto. Nessuna delle due, tuttavia, sembrava rassicurante.
    Una volta entrato in Sala Grande prese velocemente posto tra i propri compagni, stirando qualche sorriso in direzione dei visi conosciuti. C'era anche Tris, ovviamente. E ancor più ovviamente lei non dava alcun segno di titubanza. Ciao. Sorride appena, cercando di risultare il più sereno possibile, pur sapendo di non esserlo affatto. Conscio anche del fatto che lei, per prima, non doveva certo essere molto più tranquilla di lui. "Eddai ragazzi, non fatemi vergognare subito di voi. Siete Grifondoro, mica mosciarelle! Brio, spirito, forza!" il primo vero sorriso della serata glielo strappò la professoressa di Divinazione, una donna estremamente sui generis. Se la ricordava fin dai primi tempi della scuola, quando lui era un piccolo nanetto del primo anno e lei una super gnocca del sesto. Ne avevano fatta di strada! Altra grande emozione della serata fu quella datagli dal docente di Astronomia, un altro che tutte a posto non le aveva. Festino per fare after? Magari non era esattamente dell'umore, ma in quel momento si sarebbe volentieri bevuto anche il piscio del professore se solo vi fosse stata una percentuale alcolica considerevole. Gli scoccò quindi un sorriso, alzando le mani come a segno di festeggiamento imminente.
    Tuttavia, si sa, le cose belle durano poco. Presto quel pizzico di brio portato dai due professori venne totalmente risucchiato dall'ingresso in sala del nuovo preside. Lo sguardo si spostò immediatamente su Tris, come a cercare una conferma ai dubbi che lo tenevano imbalsamato lì in silenzio. "Un brindisi; alla salute di Hogwarts e dei suoi studenti." Senza troppo entusiasmo, Eric alzò il calice, sporgendovi sopra il naso per annusarne il contenuto. Vino, o almeno così pareva. I suoi occhi saettarono veloci per la sala, notando più di una persona astenersi dal bere. Tris compresa. Con un grosso sospiro si fece coraggio, mettendo sulle labbra il sorriso migliore di cui era capace - quelli da pubblicità, per intenderci - e mandando giù di un fiato il liquido rosso. Qualcuno dovrà pur farlo. E mentre il vino scorreva lungo la gola, quel sofisticato e delizioso sapore, alle sue papille, aveva il retrogusto amaro di quello a cui il bere gli viene ficcato giù per la trachea con un imbuto.
    Citati Tris, Pervinca e Alaric

     
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    "Bell, tu che stai col naso sempre dentro ai libri: che ne pensi di questo nuovo governo? A me pare un sacco strano che il preside abbia deciso di farsi vivo proprio ora." Bellamy Hubert, per sua natura, è un ragazzo a cui piace più la carta stampata che la gente. Non fraintendete: lui adora le persone - non tutte, ma una buona parte - ed è convinto che la bontà alberghi anche nel cuore più nero, ma semplicemente preferisce di gran lunga passare una serata a leggere piuttosto che a chiudersi in qualche pubbino a parlare del nulla. Quel pomeriggio, tuttavia, aveva deciso di fare uno strappo alla regola e unirsi ad alcuni compagni di casata capitanati dal buon Greg. Greg era un tipo a posto, forse un po' irritante quando sbagliava i congiuntivi, ma pur sempre di buona compagnia. Soprattutto era conscio di non essere il più sveglio del castello, e in quella consapevolezza era in grado di non prendersi troppo sul serio, richiamando a sé una dote che ben poche persone possedevano: l'umiltà. Greg sapeva di non sapere, e dunque si affidava spesso a chi più di lui aveva interesse per l'informazione; in quel caso - come spesso accadeva - si era rivolto a Bellamy, il pozzo di scienza della cricca. Lui, dal canto suo, si strinse nelle spalle con fare sereno, mandando giù un bel sorso di tè caldo. "Penso che ancora sia presto per giudicare. Inoltre.." e dicendolo alzò un dito a mo' di monito, spezzando il discorso per tamponarsi le labbra con un fazzolettino di carta "..il dovere dell'intellectuel non è quello di appoggiare o meno un determinato sistema, ma piuttosto quello di non farsi andar bene nulla. C'è sempre qualcosa di buono, ma c'è anche sempre qualcosa di storto: su quello bisogna esprimersi, in qualità di - appunto - intellectuels." Ridacchiò delle sue stesse parole, cominciando a contare i galeoni all'interno dell'anonimo portaspicci. "Per il momento abbiamo ancora troppe poche informazioni. Ritengo inutile sparare sentenze con una base talmente parca." Gli altri tre presenti annuirono vigorosamente, scambiando qualche breve commento di appoggio alle parole del ragazzo. D'altronde tutti i torti non li aveva, e con una situazione tesa come quella in cui si trovavano, non valeva la pena sbilanciarsi su cose effettivamente sconosciute. Così il moro si dileguò con un saluto allegro, lasciando la giusta quantità di monete sul tavolo prima di incamminarsi verso il castello.
    Una volta poggiati i propri libri in camera ed essersi rimesso la divisa, il francese uscì dalla stanza come un treno in direzione della sala comune. "Bonsoir Betty!" esordì con un grosso sorriso in direzione della bionda, la quale cominciava ad avviarsi come lui verso il famoso banchetto. Le si presentò davanti con un piccolo inchino, offrendole poi il braccio nello scendere assieme le scale. "Pronta per la gran révélation della serata?"
    Oltrepassata la soglia della Sala Grande, i due si diressero dritti verso il tavolo della propria casata. Solo dopo avervi preso posto, Bellamy cominciò a scrutare il resto dei compagni, rivolgendo ampi sorrisi a Olympia, Eris - con tanto di guance in fiamme - e alle facce note che incontrava nel suo raggio visivo. Inutile dirlo: quasi tutti avevano l'espressione del viso tesa come una corda di violino, o almeno tutti tranne alcuni che sfoggiavano smorfie compiaciute. A entrambe le cose, Bell si trovò a scuotere appena il capo. Nemmeno lui sapeva che tipo di persona si sarebbero trovati davanti, ne' tanto meno aveva idea del motivo per cui Kingsley aveva deciso solo ora di presentarsi a loro, ma se c'era una cosa di cui era sicuro e che in tutto e per tutto si stagliava come il suo mantra personale, quella era proprio la frase "A preoccuparsi si soffre due volte." Frase che disse ad alta voce, rivolgendo un sorriso tranquillo alla compagna seduta accanto a lui. E sì, magari sarebbe tutto andato a rotoli, ma di certo a pessimismo non si poteva andare avanti. Così non assecondò alcun tipo di gaudio o scontento nel momento in cui il famigerato preside fece il suo ingresso in sala, proponendo un brindisi che pose di fronte a ciascuno di loro una coppa di vino rosso. "Mon dieu!" commentò tra sé e sé alla vista dell'alcolico, poco prima di alzare il bicchiere e berne un bel sorso. Per correre ai ripari c'era sempre tempo.
    Interagito con Betty, salutato Olympia e Eris

     
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