Moonlight

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    Una luce azzurrognola proveniente da una dieci pollici in abete, brilla insistentemente in un antro oscuro della biblioteca. I raggi di una luna piena bruciano sulla pelle bianca come la neve, mentre occhi neri come la pece scorrono pagine ingiallite dal tempo. Seduta a un tavolo in angolo nella penombra, si circonda man mano di libri e giornali tirati fuori diligentemente e con una meticolosa ratio che solo quella creatura conosce. Ogni tanto si massaggia il collo mentre scorre nomi e didascalie, articoli dei più variegati. Beatrice si prepara, si prepara a una guerra imminente che si sente nelle vene, ma che ancora non riesce a realizzare a livello cosciente. Prima di uscire dalla sala comune è rimasta a fissare la figura addormentata di Olympia, trafitta da sogni non prettamente sereni. Quando sogna, Olympia corruga le sopracciglia, un po' come quando si concentra per dare il meglio di sè coi compiti. È preoccupata; lo sa, Beatrice, che quanto successo non le farà dormire sogni tranquilli, forse mai più. La rossa cerca a volte di scovare sul volto della Caposcuola le stesse preoccupazioni, ma Beatrice è una pietra millenaria, forgiata nei freddi inverni di Tatev, un posto colmo di corrosive insidie. Padre Yusef le direbbe di non lasciarsi scalfire. Non lasciarti abbattere. Non dubitare mai di te stessa. Sei nata per cose più grandi di te e per ottenerle devi credere nelle preziose potenzialità che la natura ti ha donato. E' ingiusto porre nelle mani di una ragazzina cotanta responsabilità; è ingiusto farle credere che proteggere gli altri sia il suo unico compito e l'unico motore portante della sua esistenza. Si ottiene questo effetto. Si ottiene un esserino così fragile, così facile da penetrare dalle insidie della vita, eppure al tempo stesso quasi insensibile, disumano. Non più lontano di qualche mese fa il suo sangue, suo padre, è stato sbranato da una creatura della notte. Lo ha lasciato lì grondante di sangue. Lo ha guardato morire senza battere ciglio, perchè Richard Morgenstern era diventato un uomo incontrollabile. Sacrificarne uno per salvarne mille. Mai una simile decisione dovrebbe gravare sulle spalle di una bambina. Perchè in fin dei conti, per quanto forte, Beatrice era pur sempre una bambina, sbocciata troppo in fretta, per così tanti versi ancora acerba. Un bocciolo che appassiva prima ancora di dispiegare i propri petali. È così questo nostro mondo. Getta in pasto i giovani a un destino che non sono pienamente in grado di affrontare. E così era per questa Morgenstern. Svestita della sua innocenza si preparava per uno scontro tra titani con una corazza ancora non pienamente formata, già piena di crepe. Ogni qual volta si guardasse allo specchio, vi scorgeva già la nefasta aura della sua mostruosità; vi scorgeva l'assenza della sua anima, ormai frammentata, svenduta a pezzi per nobili scopi che l'avevano trasformata paradossalmente nella cosa che maggiormente aveva paura di diventare. Non più lontano di due anni fa, durante una lezione di Trasfigurazione aveva scorto in un'insidiosa ricordella dalle particolari proprietà, la sua più grande paura: una versione di sé martoriata dall'oscurità, e adesso, era più vicina che mai a diventare quella stessa creatura che temeva. Ogni sera prima di andare a dormire prega; prega per la sua salvezza, prega ma il suo Dio non l'ascolta più. Semmai l'ha ascoltata, ora non c'è più. C'è solo il silenzio e nessuna risposta. Ci sono solo gli incubi, il tormento, la negligenza e la trascuratezza di se stessa; pensa Beatrice, che se continuerà a sacrificarsi, riuscirà a redimersi, e riuscirà a ritrovare la sua strada. Dorme poco; mangia poco; parla sempre di meno. L'alcol è un amico di fiducia; beve a tarda ora, beve per dimenticare, beve per non ricordare. Nell'ultimo anno è stato l'unico modo per conciliare il sonno, per non urlare nel sonno, insospettendo così il fratello. Dopo un paio di bicchieri crollava così stanca che non riusciva nemmeno a sognare. Anche ora, ha al suo fianco un bicchiere; la bottiglia di Incendiario come fedele compagna, mentre gli occhi si spostano freneticamente tra le pagine degli antichi libri di alberi genealogici. Cerca notizie su Edmund Kingsley. Cerca di capire chi è il drago che alloggia ormai negli incubi dei suoi compagni. Ed è indifferente all'idea che qualcuno potrebbe sorprenderla durante quell'incursione notturna in biblioteca. Ha già le scuse pronte; compiti di storia della magia. Si è persino munita di tutti gli appunti diligentemente presi durante le lezioni per non destare sospetti. Non che ci sia poi molto di sospettabile in quello che ha di fronte. Non c'è nulla sul conto di Kingsley. È un fantasma. Come fai a metterti in guardia da un uomo di cui non sai assolutamente nulla? A Beatrice è stato insegnato di studiare il proprio target, di qualunque natura esso fosse e qualunque fossero le intenzioni dietro lo studio preposto. La caccia era fatta di un periodo di osservazione dei comportamenti del soggetto. Non sapeva fare altrimenti; troppo cauta per buttarsi a capofitto in una sorta di rivoluzione. Che poi a far rivolte, Beatrice non è mai stata brava. Lei è la ragazza nell'ombra, lei è quella che agisce di soppiatto, che veglia sugli altri quando nessuno può vederla.
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    Dopo un'altra mezz'ora è talmente innervosita che butta giù tutto d'un fiato il bicchiere di Incendiario. Il sapore pungente le scalda le vene. C'è fuoco in quegli occhi, un fuoco che non ne vuole sapere di spegnersi. Se ne versa un terzo, forse il quarto. Ha perso il conto. E così anche la vista si annebbia. È pronta a rinunciare per compressione della sua stessa capacità di agire. L'alcol alimenta la rabbia e contemporaneamente spegne la fiamma della sua volontà. Frustrata e spazientita a dismisura, afferra uno dei libroni che ha di fronte e lo scaraventa lontano da sè. Comprime le tempie con la forza dei pugni prima di gettare la spugna. Pronta ormai a recuperare il libro si accorge lentamente della figura gettatasi sulla sua scena del crimine. Riesce a metterla a fuoco dopo un leggero sforzo, tempo in cui riduce gli occhi a due fessure. « Mi lasci indovinare: sono in punizione. » Troppo frustrata, troppo inebriata dai fiumi dell'alcol per accorgersene di quanto sconsiderato sia il suo comportamento. Non è da Beatrice; tutta questa situazione la fa imbestialire a tal punto da fregarsene. Se ne frega, Beatrice. Non vuole saperne di essere responsabile. Della giovane che intimava la Potter ad alzare il suo calice durante la cena appena trascorsa, non ne è rimasto poi molto. « Tanto vale berci sopra finché non prosciugheranno questo dannato castello anche di questo. » Dice infine gettando il bicchiere ai piedi del professore. Il cristallo del contenitore si frantuma bagnando le pietre millenarie del pavimento di una pattina ambrata. « Un brindisi; alla salute di Hogwarts e dei suoi studenti. »



     
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    Si passa una mano fra i capelli, mentre si guarda allo specchio. « Che faccia improponibile! - Oh e andiamo. » Non ha idea di chi abbia parlato, e seppur ne abbia le palle piene di entrare in contatto con gli Altri già appena sveglio, non può dargli tutti i torti. Due profonde occhiaie nere solcano il suo viso pallido, facendo sì che gli occhi, di un azzurro ceruleo quasi sbiadito dalla stanchezza, sembrino più infossati del normale. Ha un colorito da brivido e dei capelli imbarazzanti. Insomma, non un bello spettacolo. Si combina quasi sempre così, quando non dorme, e considerando che non lo fa quasi mai, il suo aspetto base è quello da deportato sotto droghe pesanti per quasi ogni giorno del mese. Ma c'è anche dell'altro, questa volta. C'è una certa preoccupazione instauratasi da poco in un angolo del suo cervello.
    "Come se non ne avessimo già abbastanza."
    "Tipo, hai cambiato le mutande stamattina?"

    « Sono serio. » Taglia corto Alaric, poggiandosi una mano sulla testa, proprio sopra ai capelli, per cercare di dare un certo contegno alle voci (e magari, con un po' di fortuna, sistemare quei capelli orribili). « ...E comunque sì, dovrei averle cambiate » Ci pensa per qualche minuto, con tanto di indice sul mento, poi si stringe nelle spalle e si allontana dallo specchio. Non riesce a dormire, odia quando non riesce a dormire. Da quando è rientrato dal banchetto per fare festa ad Eddy "io ce l'ho più lungo" King non è stato capace di prendere sonno. Eppure ci ha provato per svariate ore. Si è messo sul divano, infilandosi persino il pigiama, sigarettina della felicità per mettere a tacere i pensieri, ed occhi chiusi. Ha aspettato per diversi minuti, che si sono facilmente trasformati in ore, ma niente. Si era alzato dunque, mettendosi a sedere sul divano con le gambe incrociate ed il lenzuolo avvolto sulle spalle. Lo sguardo vitreo, fisso in un punto non ben definito della stanza. Ed è così che si ritrova in questo momento. Stessa espressione idiota, stesso divano. Ha ancora in mente le parole del preside. Ha ancora in mente le facce dubbiose e spaventate dei suoi studenti. Chi era quell'uomo, per decidere di fare tutto ciò? Li aveva messi sotto chiave, ecco cosa. Li aveva rinchiusi in un fottutissimo scrigno, girato la chiave tre volte e buttata chissà dove. Non era un tipo particolarmente incline all'ansia Alaric...Ahahah no okay cazzata. Di ansie ne aveva eccome, e detestava avercele. Viveva con una ventina di persone impiantate e stabilitesi nella sua testa del cazzo. Di preoccupazioni ne aveva già moltiplicate per venti, non aveva bisogno della ventunesima. Ma indovinate un po'? Era arrivata. E sotto le sembianze di un uomo anche parecchio affascinante, tra l'altro! Che bastarda. Si allunga per agguantare una bottiglia lasciata semiaperta sul tavolino di fronte al divano. Spera nel conforto di Gin, la sua fidata bottiglia di vodka (ha chiamato una bottiglia di vodka, gin, avete capito bene). Allunga il collo ed alza la testa, spalancando la bocca e chiudendo gli occhi nell'attesa di scolarsene tutto il contenuto. Ma soltanto una gocciolina tremolante gli bagna le labbra, e quando li riapre per osservare la bottiglia, si accorge che non vi è nulla al suo interno. Fantastico, adesso ha pure finito l'alcool. Sbuffa, palesemente infastidito, lanciandola per terra in un raptus d'ira.
    "Bravo il coglione, adesso devi pulire." Si morde il labbro inferiore, rimanendo immobile per qualche altro istante, poi si rialza, oltrepassando senza curarsene i frammenti di vetro sparsi sul tappeto. Si dirige verso l'armadio, spalancandone le ante e agguantando i primi vestiti che gli capitano a tiro. Ha bisogno di uscire da quella fottuta stanza. Non ha idea del perchè si senta così irrequieto, a non riesce a controllarlo. Deve assolutamente distrarsi, o è sicuro che non finirà bene. La porta in legno del suo ufficio trema appena non appena gli si avvicina, ed Alaric è costretto a socchiudere gli occhi e stringere la maniglia con forza per farla smettere.

    tumblr_inline_nxjhjbj92M1rc0vff_500"Calma, calma..Respira profondamente.."
    "Calma un cazzo."
    La spalanca con forza, uscendo. L'odore familiare di quei corridoi riesce a stanare buona parte del suo nervosismo. Nel suo ufficio, in genere, c'è sempre puzza d'erba e fumo, habitat naturale al quale sembra essersi abituato ormai. Cammina a passo lento, guardandosi attorno mentre si infila le mani in tasca. E' immerso in un silenzio innaturale. I quadri affissi ai corridoi dormono, nonostante non riesca a decifrare bene le figure che si celano dietro quel buio. Chissà se anche la signora Grassa sta dormendo. In tempi di carestia, un bell'abbraccio inglobato nelle sue grandi, grandissime tet-braccia, non gli dispiacerebbe affatto. E a proposito di tette, si domanda cosa stia facendo Pervinca in quel momento. "Probabilmente sta dormendo come ogni persona normale." Ed effettivamente è ciò che spera. Beh, se c'è un lato positivo di quell'esodo improvviso di studenti, è che l'affascinante professoressa ne avrà molti di meno a disposizione da "convocare" nel proprio ufficio. Non che sia geloso, ovviamente, ma..Sì okay un po' geloso lo è. E anche parecchio invidioso."E aggiungiamo imbarazzante." "Sì, imbarazzante va bene." Annuisce senza ribattere, voltando l'angolo ed apprestandosi a percorrere le scale. Spera che a quelle non piaccia cambiare anche di notte, perchè a lui piace bestemmiare, in maniera direttamente proporzionale. Sospira, lanciando uno sguardo verso l'orizzonte di un corridoio infinito. Non gli piace quella situazione, non gli piace per niente. Non è mai stato un tipo particolarmente interessato al sociale, seppur avrebbe dovuto eccome. Era un nato babbano, quasi completamente incapace con la magia. Quanto tempo sarebbe passato prima che il nuovo preside ed i suoi sgagnozzi spedissero anche lui nella nuova area assieme ai suoi studenti? Già, i suoi studenti. Licenziati, divisi e rinchiusi senza preavviso alcuno. Avrebbe dovuto fare qualcosa, ma cosa? « Porca troia! » Urla col suo solito fare da signore, quando un rumore improvviso lo fa sobbalzare. Si guarda attorno, decidendo di seguirne la fonte. Magari troverà qualche studente imboscato e chiederà loro dell'erba allegra gratis per non levargli punti. ..E questa magari la tagliamo. Varca la soglia della biblioteca, abbastanza illuminata rispetto a tutto il resto del castello. Il cadavere di un libro giace esanime per terra, lo osserva immobile, fermandosi davanti, poi alza lo sguardo. « Mi lasci indovinare: sono in punizione. » Beatrice Morgenstern, o meglio, una ragazza ubriaca che le somiglia davvero tanto. Impossibile che sia lei, fuori dal proprio letto oltre il coprifuoco, una bottiglia di Whiskey incendiario vicino e l'aria palesemente brilla. Inarca un sopracciglio, scettico, calandosi per raccogliere il libro. Sta per rialzarsi, quando qualcosa si infrange ai suoi piedi. « Cazzo! Vuoi ammazzarmi? » Squittisce, spostando con la scarpa alcuni frammenti di vetro da terra. « Tanto vale berci sopra finché non prosciugheranno questo dannato castello anche di questo. Un brindisi; alla salute di Hogwarts e dei suoi studenti. » ...Okaaay, quì c'è qualquadra che non cosa. Si morde il labbro inferiore, prima di avvicinarsi alla ragazza. « Vengo in pace, non lanciarmi pure la bottiglia contro, per favore. » Mormora, sforzandosi di sorridere mentre alza le mani in segno di resa. Si accosta al tavolo, poggiandosi contro con la schiena, prima di sedersi. Vi posa il libro, osservando poi tutto il materiale che la ragazza deve aver ricercato tra i meandri polverosi di quella biblioteca. Con uno sguardo veloce setaccia le carte, prima di arrivare alla bottiglia di whiskey. Allunga un braccio velocemente, quasi di scatto, appropriandosi dell'alcolico e buttandone giù qualche sorsata.
    "Qual'è il ponte dove andrai a vivere domani, quando ti licenzieranno?" « Ahh- sospira -Ora sì che va meglio. Anche se non è di grande qualità, ne dovrei avere uno migliore nella mia scorta in ufficio. ...E tu questo non dovresti saperlo. » Con ancora la bottiglia in mano, volteggia su sè stesso roteando le gambe -attento a non mollarle un calcio- per potersi girare in sua direzione. Professionale al solito tuo, Ric. La osserva per qualche istante, in silenzio, dall'alto in basso data la posizione. Beatrice Morgenstern era una delle studentesse più in gamba del castello, tanto da essersi ricavata il titolo di Caposcuola. Beh, almeno fino a quella sera. Sempre impeccabile, costante, pronta a bacchettare i suoi concasati se necessario. Non ricordava come andasse nella sua materia -perchè a dirla tutta tendeva a mettere dei buoni voti a tutti- ma era sicuro che eccellesse anche lì. Era strano vederla così. Poco lucida, disillusa, quasi incurante delle regole. « Nah, niente punizione. Tu non spiffererai che ho detto parolacce e bevuto in tua presenza, io terrò la bocca chiusa sul tuo comportamento, okay? Anche se cavolo, ragazza, se devi ubriacarti almeno fallo bene e con roba decente.. » Le fa un occhiolino, sorridendo affabile. Allunga poi un braccio per porgerle il whiskey, arricciando appena il naso. « Che ci fai quì Beatrice? E' successo qualcosa? » Domanda con tono apprensivo, leggermente preoccupato. Più una domanda retorica la sua: sa bene cosa può essere successo, probabilmente lo stesso che gli ha impedito di dormire per quella notte. Ma non vuole rigirare il coltello nella piaga. Non fin quando la Morgenstern ha ancora una bottiglia e tanti libri da 500 pagine l'uno a portata di mano da potergli lanciare contro. « Cosa stavi cercando, o meglio, chi stavi cercando? E non dirmi che ripassavi per qualche verifica perchè non ti credo. »

     
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    « Cazzo! Vuoi ammazzarmi? Vengo in pace, non lanciarmi pure la bottiglia contro, per favore. » Oh no! Sarebbe un grande spreco. In cuor suo Beatrice ha già perso la pazienza. E' stanca di dover sempre rendere conto di ogni cosa che faccia ed è stanca soprattutto di sentirsi perennemente giudicata a prescindere da cosa faccia. Prendete il banchetto. Il suo grande piano geniale era quello di non fa niente. Ma non era poi una cosa così stupida. Certo apprezzava molto l'animo vorace di alcuni suoi Grifondoro, ma come al solito la Morgenstern non riusciva a condividere le loro prese di posizioni così estreme. Cosa sapevano in fin dei conti sul conto di Edmund Kingsley? Assolutamente nulla. Venuto giù dal nulla, si è calato nelle loro vite come una piovra nella notte e ora con i suoi tentacoli li stringeva in una morsa d'acciaio. Osserva Wilde avvicinarsi; non cerca nemmeno di nascondersi. Deciderà anche in questo caso come comportarsi sul momento. Così, lo fissa con i suoi occhi di carbone mentre si appresta ad approcciarsi con tutto il materiale sparso sul tavolo da lavoro. Libri di alberi genealogici, dai più antichi ai più nuovi compilati. Alcuni particolarmente attendibili, altri più audaci sia nel loro approccio che nelle ricerche effettuate per assemblare le discendenze dei maghi più importanti. Ma pare proprio che la cosa che interessi maggiormente il professore di Astornomia sia la bottiglia di Incendiario, di cui si appropria bevendone qualche sorso. Lo ha sempre trovato non convenzionale, Beatrice. Era amico di tutti, anche di quelli che la sua amicizia non la volevano. Un professore modello per tutti coloro che tra i banchi di scuola non cercavano solo ed esclusivamente un'istruzione nozionistica. Che poi Wilde insegnasse loro non come fosse la vita, ma come sfuggirgli, era un altro paio di maniche. Dean lo adorava, e altrettanto facevano altri suoi amici, ma lei dal canto suo si era sempre tenuta un po' lontana, forse per paura che la mina vagante quale evidentemente era Alaric Wilde potesse colpirla. In cuor suo sapeva fosse un brav'uomo. Aveva questa specie di super potere, Beatrice; con le persone aveva un certo intuito, ma non per questo decideva di avvicinarsi loro, quasi come se la paura più grande non fosse quella di affezionarsi, quanto di far loro del male. E in fin dei conti, era una paura più che fondata; sin troppe persone che avevano varcato quella soglia, si erano fatte del male. Prende a sedersi sul tavolo, avvinando la sua tracolla soltanto per estrarre un pacco di patatine che aprì e iniziò a ingurgitare con l'eleganza che tanto la contraddistingueva. « Ahh- Ora sì che va meglio. Anche se non è di grande qualità, ne dovrei avere uno migliore nella mia scorta in ufficio. ...E tu questo non dovresti saperlo. »
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    Aspetta Beatrice, aspetta in silenzio di sapere se dovrà pulire le stalle dei Thestral oppure la cacca di gufo in Guferia. Non farebbe alcuna differenza a questo punto della storia. Tornerebbe comunque lì, ci proverebbe ancora e ancora, finché non avrebbe capito contro quale drago ha indirizzato tutta la sua rabbia repressa. « Nah, niente punizione. Tu non spiffererai che ho detto parolacce e bevuto in tua presenza, io terrò la bocca chiusa sul tuo comportamento, okay? Anche se cavolo, ragazza, se devi ubriacarti almeno fallo bene e con roba decente.. » La Morgenstern solleva un sopracciglio con fare scettica. Davvero? Gliela fa scampare così facilmente? Solo allora si rende conto della persona quale è. A parti inverse Beatrice non avrebbe battuto ciglio nel bastonare il colpevole di turno. Troppo rigida, troppo impostata, troppo relegata a quelle regole che tanto le erano care. Il punto è che quella mente è caso calmo e per controbilanciare ha bisogno di ordine, un'ordine quasi maniacale di cui non può e non vuole fare a meno. « Ha comunque il coltello dalla parte del manico. La mia parola contro la sua.. ma la sua vale di più. » Si stringe nelle spalle infine, accettando ben volentieri la bottiglia prendendone un altro sorso. Chi l'avrebbe detto; Beatrice Morgenstern che si ubriaca in compagnia di un professore. Queste erano storie da annotare negli annali. Quasi a mo di ringraziamento, per smorzare la tensione che effettivamente creava da sola in quella situazione, gli porse il pacchetto di patatine. Se entrambi dovevano infrangere le regole, tanto valeva farlo con stile.. e schifezze. « Non è che possa permettermi di fare la schizzinosa. Introdurre alcol dentro Hogwarts è diventato difficile anche per i Caposcuola. » Improvvisamente abbassa la testa. Non era più una Caposcuola e l'idea da un certo punto di vista la disturbava davvero tanto. Non era una questione di spilla. Di quella gliene fregava ben poco. Era ciò che rappresentava quella spilla. Per tutta la vita era stata investita di compiti, diritti e doveri che arrivavano dall'alto. Una specie di eredità che doveva, volente o nolente, portare avanti. Quella spilla, la scuola, ogni piccola vittoria ottenuta tra quelle mura era invece unicamente frutto del suo duro lavoro. Se dall'oggi al domani avesse perso il suo diritto di nascita e il potere sui cacciatori, probabilmente ne sarebbe stata meno delusa, perché quella di capo della gilda, era una cosa al di là di lei, una cosa imposta, una cosa che avrebbe dovuto fare in ogni caso. La spilla non era nei suoi piani, ma non appena l'aveva ottenuta, aveva capito che doveva aver fatto qualcosa di dannatamente giusto. « Che ci fai quì Beatrice? E' successo qualcosa? Cosa stavi cercando, o meglio, chi stavi cercando? E non dirmi che ripassavi per qualche verifica perchè non ti credo. » Beatrice riesce a controllare ben poco i suoi stati emotivi ora come ora. L'alcol ha preso il sopravvento e quella sua vena particolarmente cinica e pessimista si fa spazio sempre più prepotentemente. La reprime quasi sempre; fatta di così tante parole taglienti, di frase lasciate a metà, di sguardi poco amichevoli. « Davvero mi sta chiedendo se è successo qualcosa? » Gran burlone, Wilde. Questo glielo deve concedere. « Pare proprio che non abbiamo assistito alla stessa cena questa sera. Perché io ho assistito a una cena in cui tutti i miei compagni e amici venivano rintanati dio sa solo dove, per dio sa quale motivo. » In realtà per il perché aveva più di un sospetto. Una parte di sé tuttavia si rifiutava di pensare che Hogwarts fosse entrata nelle stesse logiche di cui Eric le aveva parlato più di una volta. Divisione tra Purosangue e Mezzosangue, mettere sotto torchio i secondi per pura diffidenza. « Lo ha visto anche lei. E' venuto su dal nulla. Nessuno sa niente sul suo conto. Non da dove viene, non quali sono le sue idee - anche se a questo punto ne abbiamo più di una dimostrazione - non quali sono le sue capacità. » Si sentiva in colpa Beatrice. Ancora una volta si sentiva in colpa nel rendersi conto di essere impotente. Forse i suoi compagni avevano ragione a gettarsi a capofitto nelle cose. Perché lei certamente, più ci ragionava su, più cercava armi per combattere il drago, più sembrava camminare in cerchio, tornando sempre allo stesso punto di partenza. « Lei è d'accordo? » Non una risposta a quanto le avesse effettivamente chiesto. Cercava una rassicurazione, il più sincera possibile, prima di decidere se aprirsi o meno. Probabilmente non si sarebbe fidata comunque, ma quanto meno avrebbe avuto un solido dubbio su cui decidere il da farsi. Wilde era un burlone, lo aveva sempre considerato tale, eppure più di una volta aveva ritrovato in alcune sue frasi, in alcuni suoi modi, una personalità estremamente raffinata, molto sveglia. Forse non era il tipo di persona con cui Beatrice si sarebbe fatta una conversazione filosofica normalmente, ma sicuramente poteva essere un ottimo candidato per una sbronza coi fiocchi. Così gli porse nuovamente la bottiglia, aspettando forse una qualche forma di rassicurazione. Sapere che qualche adulto fosse dalla sua, l'avrebbe convinta a combattere con più decisione.

     
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    « Ha comunque il coltello dalla parte del manico. La mia parola contro la sua.. ma la sua vale di più. » Si impettisce appena, Alaric, incrociando le braccia. "La mia parola vale di più" "E' forse la prima studentessa che ti reputa un professore degno di nota" "E non è bellissimo?" Non ha mai ricevuto tanta considerazione all'interno del castello, Wilde. C'era chi lo amava, certo, ma anche chi lo odiava. Colleghi e studenti, non faceva differenza. Tante volte si era trovato di fronte ad un colloquio con qualche genitore -strafatto, come suo solito- a dover sorridere ed annuire a delle vere e proprie ramanzine. 'Dovrebbe svolgere il suo lavoro in maniera più professionale' Lo accusavano sempre ma Alaric, dal canto suo, non aveva mai ribattuto. Non aveva nulla di professionale lui, neanche un capello. Aveva ottenuto quel posto Dio solo sa come, e nonostante fosse un uomo davvero parecchio intelligente, l'insegnamento non faceva per lui. Troppo fatto per insegnare. Troppo buono -almeno in parte- per bacchettare dei poveri adolescenti. Uno di quei classici studenti che da piccoli, tra i banchi di scuola, si dicevano sempre "da grande, se insegnerò, non diventerò mai come il signor Smitherson" e che, alla fine, non lo era diventato davvero. Non stava parecchio simpatico ai suoi colleghi, nonostante si sforzasse ogni giorno per esserlo (tipo quella volta in cui aveva portato il caffè caldo alla docente di erbologia ma aveva finito per rovesciarglielo sui capelli) e neanche ad alcuni suoi studenti. Molti dei Serpeverde o dei Corvonero, ad esempio, non lo vedevano di buon occhio. Un nato Babbano con un metodo d'insegnamento del cazzo non era tanto facile da digerire per chi, Hogwarts, la prendeva seriamente. C'era chi lo sfidava ogni giorno, chi ignorava i suoi -assai rari- rimproveri o chi addirittura, più audace del solito, gli faceva qualche scherzo di cattivo gusto. Ma Alaric, al suo solito, ed ancora una volta, non ribatteva. Viveva in uno stato di quiete assai forzato ed anestetizzato dai chili di psicofarmaci che buttava giù assieme a litri di whiskey ogni giorno. Una bomba prossima all'esplosione, ma ben contenuta nel suo recipiente in titanio. Ma per quanto ancora nessuno lo sa. « Oh buone queste, non ne mangio da.. » "Da mai, sei troppo povero persino per un pacco di patatine" « Da un pò. Grazie.. » Agguanta qualche patatina dal pacchetto che la Grifondoro gli sta gentilmente porgendo. Una situazione paradossale quella, dove un uomo adulto e per giunta professore come lui dovrebbe farsi qualche domanda. Ma siamo di fronte ad Alaric Irvin Wilde, signori, l'uomo che una volta scappato di casa ha deciso di mettersi "Whiskey" come terzo nome all'anagrafe; di domande non se ne possono fare. « Non è che possa permettermi di fare la schizzinosa. Introdurre alcol dentro Hogwarts è diventato difficile anche per i Caposcuola. » Annuisce con fare teatrale, Alaric, con una parvenza persino intelligente...Crunch crunch. Se non fosse per il sonoro scricchiolio delle patatine che ha iniziato a masticare. "Sei un caso perso" Nota la ragazza abbassare il capo, come a voler cercare sulla propria divisa qualche che, ormai, non v'è più. Sa cosa, lo sa bene. Ha assistito impotente a quell'ingiusto licenziamento. Aveva sempre pensato che Beatrice Morgenstern fosse un'ottima Caposcuola, che fosse nata per quella carica. Non vi aveva mai avuto parecchio a che fare, vista la diffidenza con cui la ragazza si rivolgeva a lui, ma non si era mai offeso per questo. Nonostante non sembrasse, era bravo a capirli i suoi studenti, a studiare i loro caratteri, percepire le loro emozioni. Gli voleva bene, e come un padre che vuole bene ai propri figli, ci teneva ad entrare in empatia con loro. Così aveva scoperto le varie categorie. C'era chi scherzava con lui, chi stava ai suoi giochetti, chi faceva qualche visitina notturna al suo ufficio e chi, come Beatrice, tendeva a starsene nel suo. E lui, dal canto suo, aveva sempre rispettato questa decisione. Certo, aveva fatto ed avrebbe continuato a fare il rompipalle comunque, ma questi son dettagli. « Davvero mi sta chiedendo se è successo qualcosa? » Ma adesso lei ha bisogno d'aiuto. Loro hanno bisogno d'aiuto. Lo capisce, anche se sa che non vorrebbero mai ammetterlo, Beatrice -con ogni probabilità- per prima. Le ha viste le loro facce spaventate durante il banchetto. Li ha percepiti i loro pensieri confusi. Le voci gli hanno parlato. E non erano parecchio felici. « Pare proprio che non abbiamo assistito alla stessa cena questa sera. Perché io ho assistito a una cena in cui tutti i miei compagni e amici venivano rintanati dio sa solo dove, per dio sa quale motivo. » Sospira, Alaric, agguantando altre due o tre patatine e buttando giù qualche altro sorso di whiskey. Si prospetta una lunga notte inaspettata. Una lunga notte inaspettata passata con Beatrice. Non in quel senso (seppur non gli dispiacerebb- "Smettila.") « Ed è per questo che stai bevendo ed infrangendo almeno un trilione di regole, capisco..Beh motivo valido, direi. Io mi faccio per molto meno. ...E anche questo tu non dovresti saperlo. » Siamo in vena di confessioni oggi eh, Wilde. Confessioni che ti costeranno il posto probabilmente, ma hey, tanto ti licenzieranno comunque prima o poi, quindi perchè non fare ciò che vale la pena di fare? « Lo ha visto anche lei. E' venuto su dal nulla. Nessuno sa niente sul suo conto. Non da dove viene, non quali sono le sue idee - anche se a questo punto ne abbiamo più di una dimostrazione - non quali sono le sue capacità. Lei è d'accordo? » Rimane in silenzio, la bottiglia di whiskey ancora stretta tra le mani. Inizia a farla girare in un movimento rotatorio, orario ed antiorario, osservando con sguardo assente il liquido ambrato che vortica all'interno. Fuori il silenzio, dentro di sè il caos. Non è d'accordo, non lo è affatto. Non lo è stato sin dal primo momento in cui Kingsley ha varcato la soglia di quella stramaledetta sala grande. Ha fiutato puzza di guai sin dal primo istante. Un cervello assai sveglio il suo, anestetizzato dai farmaci e dall'erba, sì, ma sempre vigile. E Kinglsey non gli piace. Non piace a lui, non piace agli Altri. Le voci crescono nella sua testa, costringendolo a socchiudere gli occhi e poggiarsi una mano su di una tempia. La bottiglia di whiskey trema appena tra le sue mani. Sente che presto qualche crepa potrebbe spaccarla in mille pezzi. Scuote la testa visibilmente, non è quello il momento per crollare. Beatrice è lì ed ha bisogno del suo aiuto. « No che non sono d'accordo. » Asserisce, il tono di voce improvvisamente serio. Per qualche istante non sembra nemmeno lui, l'espressione muta: sopracciglia arcuate in un cipiglio inflessibile, sguardo affilato. Un uomo rigido, completamente differente dal solito Alaric, quell'hippie strafatto che si diverte a smutandare i suoi studenti. « Come posso essere d'accordo quando i miei studenti vengono trattati come criminali da uno sconosciuto del quale a malapena conosciamo soltanto il nome? Non solo non sono d'accordo, sono incazzato. Non ti dirò la solita stronzata da tranquilla, siamo in buone mani, tutto si sistemerà. Non lo conosciamo, e ciò che non si conosce è pericoloso a prescindere. » "E tu lo sai bene, vero Alaric?" Si morde il labbro inferiore, mentre qualcosa in lui inizia a traballare. Quell'equilibrio si spezza, il caos torna, la sua mente riprende ad urlare. Piega la testa di lato, buttando giù un altro sorso di whiskey. Silenzio. tumblr_oon30jfQVJ1tf42qso2_250« Ahh, finalmente. » Sospira « Scusa, dicevamo? » Ed eccolo quì, già di ritorno. Sguardo assente, espressione da burlone, tono di voce assai ironico. Non ricorda neanche cose le abbia detto qualche istante prima, non ha idea di chi abbia parlato, in quel momento. "Vi prego, mica le avete detto cose oscene?" "Ah boh, io sono stato zitto." "Vabbe, speriamo." « Senti, detta da me è davvero una grandissima stronzata, ma non si risolve nulla con alcool e patatine. Andiamo, sei Beatrice Morgenstern, conoscevo la tua fama da spaccaculi ancora prima di venire ad insegnare qui. Non puoi lasciarti abbattere dal primo che passa. Kingsley ha voluto giocare a chi ce l'ha più lungo togliendovi il distintivo e rintanandovi in culo al mondo. Bene, questa prima mossa l'ha vinta lui, ora sta a voi controbattere. » Fa il segno del pugno con la mano, con un non so che di teatrale. Come rovinare un discorso quasi serio in pochi, semplicissimi gesti. « Non troverai molto quì... » Dà un'occhiata ai fascicoli e libri aperti sul tavolo, come ad indicarle che -nonostante non sembri- ha capito le sue intenzioni « Credi che uno come Kingsley abbia lasciato qualche traccia in un posto così facilmente accessibile da chiunque? Dubito troveremo qualcosa persino nel reparto proibito, perchè lo sappiamo bene che in questa scuola il "proibito" è soltanto un concetto effimero. Perciò, il suo ufficio. Quello sì che è un posto di quelli che se ci entri senza permesso ti sparano a vista. Secondo me è lì che potremmo trovare qualche informazione sul suo conto. Quindi datti una mossa tesoro, beviti un altro po' di whiskey e svegliati da questo inutile stato depressivo in cui sei caduta. Andiamo, lo so che non ti fidi di me e che probabilmente ti sto anche abbastanza sulle pal- aaaantipatico, ma fallo per loro, i tuoi compagni..Hanno bisogno di te.» Scende dal tavolo con un balzo, porgendole la bottiglia e rubando un'altra patatina dal pacchetto. Si guarda intorno, come a volersi accertare che nessuno li stia spiando. Allunga un braccio verso di lei, allargando tutte le dita della mano. Beh l'ha sempre visto fare nei film, durante questi momenti di pathos. « Sei abbastanza ubriaca per seguirmi in questa impresa letale? Non preoccuparti, se dovessero scoprirci mi assumerò tutte le responsabilità. In fondo mi licenzieranno, prima o poi, se devo farmi cacciare tanto meglio farlo per qualcosa di cui ne vale la pena. » Le fa un occhiolino, sorridendo. Dov'è che era quel ponte niente male che aveva visto quest'estate?
     
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