So stupid

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  1. william tennant
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    - Perdonatemi, ma io ero convinto che gli Obliviatori avessero un po' più di arguzia - probabilmente non era la cosa migliore da dire, in quel dato contesto, ma William aveva sempre avuto un problema con il controllo lessicale. Il suo era un mondo di pagine scritte in cui vigevano delle regole ben precise, reale o narrative che fossero, e l'idea di mettersi a raccontare fandonie di fronte ad eventi di una tale importanza era contrario alla sua morale personale - Non troppa dico...giusto quella che basta a notare ciò che hanno di fronte al naso - probabile che quel modo di fare bastasse a contare come offesa a pubblico ufficiale? Cercò di ricordare quello che riportava il codice miniato che aveva in negozio, ma lungi dal ricordare gli articoli lì elencati a tornargli in mente erano invece gli splendidi disegni che ne decoravano le pagine e la magnifica fattura della rilegatura. Si mordicchiò il labbro, socchiuse gli occhi e...

    Codice Penale del Ministero della Magia Inglese, edizione celebrativa del 1752. Dono di Lord Chantebain del Galles al Duca di Edimburgo, allora delegato di sua Maestà per i rapporti fra babbani e maghi. Interessante soprattutto per la dedica che...

    No, niente. Non doveva vendere quel libro, doveva ricordare se poteva servirgli a qualcosa. Beh, non che se lo fosse tenuto se avesse trovato qualcuno interessato, ma non credeva che nessuno dei tre obliviatori che lo avevano portato fin lì da Russell Park guadagnasse abbastanza da permetterselo. Probabilmente era già abbastanza fortunato per il fatto che, essendo la casa di Mister Markyard tanto vicina, avessero deciso di tornare fino a lì per prendere la metropolvere per il Ministero. E quello era il lato positivo.
    Quello negativo era che gli avevano sequestrato il libro, la bacchetta e gli avevano messo un bel paio di manette.
    Agitò appena i polsi, facendo tintinnare gli anelli delle catene. Possibile che fossero davvero così stupidi - Sentite, io ero andato a comprarlo quel libro. Era già lì, e lui voleva venderlo proprio perché credeva portasse sfortuna - cercò di ripetere, e non per la prima volta. Sperava che Melisandre avesse ricevuto il suo appunto e che fosse arrivata "prima" che lo portassero così al Ministero. Lei gli avrebbe creduto e loro avrebbero creduto a lei. Morgana, non poteva pagare un'altra multa - Come potevo sapere che sua figlia l'aveva già letto e...e comunque starà bene, no? Perfino quella cosa della testa che gira si sistema. Era peggio se restava bloccata all'indietro, no? -
     
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    « Finisci tu quì? » Alza il capo, Melisandre, posando i suoi occhi violetti sulla figura minuta che la osserva al di là della stanza. Si trova nel suo ufficio, dietro la scrivania in legno massiccio, sommersa da un non indifferente malloppo di fogli e foglietti vari. Quartier generale degli Auror, ore 12 a.m. Ecco dov'è andata a finire, a firmare inutili scartoffie. Li tengono occupati, i nuovi capi del Ministero, ecco cosa fanno. Sono figure scomode, gli auror, ed è sicura che non dureranno ancora per molto. E' un mondo in crisi quello, precipitato ed imprigionato in una situazione troppo più grande di esso stesso. Non le piace ciò che è ormai diventato il suo lavoro. Nulla contro le mansioni d'ufficio, sia ben chiaro, ma non è fatta per quel tipo di cose. E' uno spirito libero Melisandre, destinata all'azione, allo scendere in campo e presenziare le prime file di una qualsiasi rivoluzione. E invece.. Eccola quì, su di una stramaledetta sedia così scomoda da farle male all'osso sacro ed una penna che scrive male in mano. Se avesse previsto tutto ciò non sarebbe mai tornata. Aveva deciso di lasciare il corpo degli auror per un po', qualche tempo fa. Con il nuovo governo al potere aveva bisogno di osservare ed analizzare bene la situazione, tenendosi più lontana possibile, come un predatore in agguato.
    « Ho altra scelta? » Sibila sovrappensiero, il tono di voce leggermente scocciato. Si passa una mano tra i capelli spettinati. Li ha raccolti dietro la nuca in una crocchia disordinata grazie all'aiuto di una matita. Due lunghe ciocche ribelli le ricadono davanti, sfiorandole le spalle. Elizabeth, la sua collega, rimane ferma alla porta, titubante. Alza lo sguardo Melisandre, osservandola. Si sforza di sorridere: non è con lei che deve prendersela in fondo. Sono tutti sulla stessa barca lì, e fa acqua da tutte le parti. Bisogna restare uniti, non creare divisioni interne, altrimenti la situazione peggiorerebbe ancora più del normale. « Puoi andare, tranquilla. Salutami il piccolo Dennis » Aggiunge, con tono di voce pacato. Riesce ancora ad essere gentile, quando le va, questo è un gran bel passo avanti. Elizabeth si congeda, non prima di averle fatto un cordiale cenno col capo e lei rimane completamente sola in quell'ufficio così disordinato da non capire dove siano inizio e fine. Non è mai stata una persona ordinata, Melisandre, nè particolarmente dedita alle faccende domestiche. Animo materno il suo, sì, ma non casalingo. Le piace il disordine, la fa stare bene. L'ordine e la staticità delle cose l'hanno sempre messa a disagio.
    « E con questa ho finito » Mormora ad un interlocutore inesistente, quasi tra sè e sè. Impila gli ultimi tanto odiati documenti, prima di strisciare la sedia per terra per alzarsi. Cammina a grandi falcate per l'ufficio, dandosi un'ultima all'occhiata alle spalle prima di agguantare il lungo cappotto viola e scivolare attraverso la porta. Sistema i grossi bottoni argentati della giacca, legandosi poi la cintura in vita mentre esce dalla struttura. Fortunatamente è ancora giorno. Ha parecchio lavoro da sbrigare una volta tornata a casa. Chissà quale guaio avrà combinato suo nipote con la nuova baby sitter. Ma qualcosa attira la sua attenzione. Una leggera pressione alla schiena, che la induce a scostarsi immediatamente verso dietro con uno scatto improvviso: odia il contatto fisico.
    « Mi scusi è lei la signorina Melisandre? » Un bambino. Lo osserva con sguardo curioso, i grandi occhi viola ridotti a due fessure. Annuisce. « Ti sei perso? - Chiede dapprima - - Un momento, come sai il mio nome? » Il bambino rimane in silenzio per qualche istante, prima di infilarsi le mani nelle tasche ed estrarre un piccolo foglietto di carta stropicciato. Allunga le piccole braccia per porgerglielo. « Oh, ti ringrazio » Lo incalza la donna, con un sorriso gentile a rischiararle il bel viso. Che quel piccolo nanetto sia un ammiratore segreto? Ridacchia appena mentre spiega il pezzo di carta spiegazzato. Conosce quella calligrafia elegante, non può essere altro se non... "Sono Will." Sospira, apprestandosi a leggere il resto. Dev'essersi cacciato in uno dei suoi soliti guai. Sospira, appallottolando il foglio ed infilandolo in una tasca del cappotto, estraendo poi un galeone. « Hai fatto il bravo, piccolo. Vai da Mielandia! » Lo porge al bambino, prima di scompigliargli un po' i capelli e smaterializzarsi nel luogo indicato dal biglietto. Si guarda attorno, setacciando la calca di gente dentro il locale per individuare il suo obiettivo. Ed eccolo lì, ammanettato e tenuto fermo da due uomini in divisa. Scuote la testa e sbuffa avvicinandosi a passo veloce.
    « Come potevo sapere che sua figlia l'aveva già letto e...e comunque starà bene, no? Perfino quella cosa della testa che gira si sistema. Era peggio se restava bloccata all'indietro, no? » Ed ecco Will ed il suo fantastico talento di peggiorare le cose. Si passa una mano tra i capelli, piazzandosi tra di loro. « Che succede quì? » Domanda, il tono di voce severo. Lancia il suo sguardo su Will, un sopracciglio inarcato in cerca di una spiegazione. « Dobbiamo ancora accertarci sull'entità del caso, ma sembra proprio un caso di.. » « Se dovete ancora accertarvi non vedo il bisogno di quelle manette. » Taglia corto la donna, estraendo dalla tasca il distintivo del Ministero. «Conosco quest'uomo e non farebbe mai del male ad una mosca. Pensate piuttosto alla violenza razziale che gira per le strade, invece che fissarvi su simili superficialità. » Schiocca la lingua sul palato, con un'espressione che non ammette repliche. « Quì ci penso io. Cos'è successo, Will? Hai rincorso il libro sbagliato? » Un leggero sorriso piega le sue labbra scarlatte. « Sii sincero o sarò io a spedirti in gattabuia. »
     
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  3. william tennant
         
     
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    Era ovvio che non ci fosse nessun bisogno di quelle manette, un po' come era però altrettanto ovvio che nessuno sembrava particolarmente interessato a levargliele. Nemmeno Melisandre, che pure lo fissava dall'alto in attesa di una spiegazione sicuramente meno assurda di quella che poteva darle lui. Un po' la detestava quando lo fissava con quell'aria da maestrina disillusa. La detestava in quel momento e ancor più l'aveva detestata quando stavano insieme, quasi che si fosse ritrovata di colpo a vivere accanto ad una copia sputata di sua madre. Che hai combinato stavolta? - Quando me le mettevi tu era più divertente - sorrise candido nell'alzare i polsi. Gli anelli metallici della catena tintinnarono a quel movimento come tanti piccoli campanellini. Un minimo di imbarazzo toccava anche a lei.
    Accavallò una gamba sull'altra, mettendosi comodo contro la sedia. Avere Melisandre lì gli dava fiducia, perché se non altro aveva la certezza che nessuno lo avrebbe portato in un vicolo per pestarlo. Beh, quasi. Diciamo che, se anche fosse accaduto, almeno così aveva la certezza che fossero mani amiche a farlo - Non ho ricnorso niente - chiarì subito, puntando un dito ammonitore al soffitto - Correre fa male alla salute, si suda e ci si ammala - un piccolo chiarimento di vita, mentre si prendeva il tempo necessario a rimettere insieme le idee. Gettò un'occhiata in direzione dei due uomini che lo avevano arrestato, poi tornò a sorridere a Melisandre - Ricordo male o una volta che eravamo ubriachi abbiamo fatto... - di nuovo un cenno del dito, ad indicare la porta dei bagni. Se la ricordava bene, quella sera.
    - Comunque - riprese, prima che lei potesse schiantarlo per farlo stare zitto. E non per la prima volta - Chiaramente è stato un malinteso. I signori qui presenti hanno pensato che io fossi là fuori per maledire una famiglia di babbani quindi, dopo aver obliviato tutti i presente, hanno deciso di portarmi con loro. Un scelta anche condivisibile, tutto sommato lo sai, sono una persona piacevole, però... - un nuovo cenno dei polsi, a far suonare le manette. Iniziava a esagerare e se ne rendeva conto - In realtà ero solo andato a comprare una collezione di volumi religiosi, trattati del cinquecento sulle filosofie paleocristiane, solo che mentre sono lì questo mi dice che la figlia sta male. Va bene, gli dico io, e inizio a studiare questi volumi, a controllarli, a farne una valutazione...insomma, ad un certo punto la bambina scende dalle scale camminando su quattro zampe, come un ragno, con la testa che ruota da sola...tutta, Mely, diovevi vederla, a trecentosessanta gradi...vomitando una roba verde e bestemmiando in aramaico. Letteralmente in aramaico - aggiunse adocchiando i due obliviatori. Non resistette - Per chi non lo sapesse l'aramaico è una lingua antica, morta, che nessuna undicenne di Londra dovrebbe saper parlare. In ogni l'ho schiantata, per non saper ne leggere ne scrivere, solo che poi ho dovuto schiantare anche il padre perché non sapeva chi fossi e altri due domestici perché...insomma, lo sai come vanno queste cose, no? - un leggero colpo di tosse, nel pugno chiuso - Insomma, stavi dicendo? Violenza razziale? -
     
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    « Quando me le mettevi tu era più divertente » Lo guarda in cagnesco, Melisandre, mentre l'uomo è intento a sorriderle angelicamente alzando i polsi per mostrarle le manette. Bravo Tennant, ottima tecnica fare incazzare la tua unica ancora di salvezza al momento. « Ti hanno colpito pure in testa oltre ad ammanettarti, per sparare certe stronzate? » Ribatte d'istinto, con il suo solito atteggiamento da raggio di sole. Melisandre non è mai stata una donna particolarmente delicata, sia nei modi di fare che nel linguaggio. A dispetto di ciò che il suo aspetto potrebbe lasciar intendere, non si è mai fatta problemi a rispondere in modi sicuramente poco consoni ad una signora. La sua amica Jean gliel'ha sempre fatto notare, ma lei, dal suo canto, l'ha sempre delicatamente mandata a quel paese. Quindi alza il capo con fare indifferente, il naso sottile all'insù e l'espressione neanche minimamente imbarazzata.
    « Non ho rincorso niente. Correre fa male alla salute, si suda e ci si ammala » Ribatte Will, agganciandosi con maestria al suo ultimo tentativo di prenderlo in giro. Con lui è sempre stato così, d'altra parte. Erano più le volte in cui aveva desiderato strangolarlo, è vero, ma riusciva anche ad apprezzare questo suo modo di fare. Questa sua capacità di tenerle testa con quel solito sorriso sghembo stampato sul bel viso. Ed una cosa è certa, per tener testa ad una iena come Melisandre Kendrick, ci vuole del fegato. O anche altro, ma meglio non essere volgari. Perchè in fondo, a quello, ci pensa già lei. Annuisce alle sue parole dunque, facendo un cenno con la mano come a volerlo zittire. Non lo guarda, gli occhi fissi in un punto non ben definito della locanda, ma è un lieve sorriso quello che le incurva le labbra scarlatte. Punto bonus per te, Tennant, riuscirai a mantenerlo? « Ricordo male o una volta che eravamo ubriachi abbiamo fatto... » ...Appunto, come non detto. Lo osserva in silenzio, aspettando che continui la frase. Ha capito il suo gioco, vuole metterla in imbarazzo. Non sa bene perchè, forse per semplice divertimento, o forse per sminuirla di fronte agli occhi dei suoi colleghi, ma andiamo..Se questa è la tua tattica vincente, Will, dovrai revisionarla.
    « Ricordi male. » Asserisce in un botta e risposta rapido e indolore « Chissà a quale sogno ti riferisci... » Lascia la frase a metà, incrociando le braccia sotto al seno e lanciando uno sguardo inquisitori alle due guardie, come se si volesse accertare che nessuna delle due osi ribattere. Per loro fortuna, rimangono in silenzio, forse leggermente imbarazzati o scocciati da quella strana quanto pittoresca situazione. In realtà Melisandre ha mentito, abilmente come è sempre stata brava a fare. Ricorda quella sera, seppur non in maniera nitida. Non è mai stata tipa da ubriacarsi e fare un certo tipo di cose in un posto pubblico, ma è capitato qualche volta, seppur non sia una cosa di cui le piaccia vantarsi. E questo Will deve averlo capito.
    « Comunque, chiaramente è stato un malinteso. I signori qui presenti hanno pensato che io fossi là fuori per maledire una famiglia di babbani quindi, dopo aver obliviato tutti i presente, hanno deciso di portarmi con loro. Un scelta anche condivisibile, tutto sommato lo sai, sono una persona piacevole, però...» « Su quest'ultimo punto avrei qualche dubbio... » Sibila infilandosi nel suo discorso, con un sorriso malizioso. Rimane poi in silenzio, intenta ad ascoltare con attenzione il suo racconto. Una storia che sembra esser stata rubata alla trama di un qualche film horror scadente, ma con uno come William..Beh tutto è possibile. Reprime dunque l'istinto iniziale di scoppiare in una fragorosa risata, mentre la sua espressione si fa più attenta ed interessata. « Per chi non lo sapesse l'aramaico è una lingua antica, morta, che nessuna undicenne di Londra dovrebbe saper parlare. » Si poggia una mano sulla bocca, ridacchiando sommessamente per quel suo solito modo di fare. Il solito so tutto io. Un po' come lei, d'altra parte. « [...] Insomma, stavi dicendo? Violenza razziale? » Sospira, schiudendo le braccia conserte per passarsi una mano attraverso i capelli e sistemarsi una ciocca violacea dietro un orecchio.
    « E hai combinato una cazzata, come tuo solito. Capisco.. » Commenta infine, dopo un lungo silenzio. Si volta poi verso i due colleghi, cercando di proferir loro un sorriso cordiale..Con risultati assai scarsi. « Ripeto, quì me la vedo io, potete andare. Credetemi, non vale la pena sprecare il vostro tempo con un soggetto simile.. » Si stringe nelle spalle, aspettando in silenzio che i due colleghi decidano finalmente di dileguarsi. Si gira poi verso di lui, scrutandolo attentamente con lo sguardo. Poi sospira e si siede di fronte a lui, dal lato opposto dello sgangherato tavolo in legno che li divide. « Tu stai bene Will? Ti hanno pestato, la bambina indemoniata ti ha fatto qualcosa? » Domanda all'improvviso, il tono di voce sinceramente preoccupato. Perchè in fondo è fatta così la Kendrick, più ti maltratta, più ti vuole bene ai conti dei fatti. Poggia la mano sul legno, tamburellando con le lunghe unghie smaltate. « Fa' più attenzione la prossima volta. Non so se ti sei informato sulla situazione politica attuale..Ma siamo abbastanza nella merda. Qualsiasi contatto coi babbani può esser travisato da ambe le fazioni e andare a finire davvero male. » Lei lo sa bene. « E non parlo di semplici multe, fidati.. » Si guarda attorno, adocchiando le varie persone che popolano quel locale. E' da un bel po' che non frequenta più posti del genere. Che non si concede un po' di svago, sempre troppo impegnata per com'è col suo lavoro e la sua vita privata. Sospira, rigirandosi verso l'uomo, ed è in quel momento che un luccichio gli ricorda che beh, è ancora in manette. Inarca un sopracciglio, mentre le sue labbra si distendono in un sorriso « Ops, ho dimenticato di togliertele..- Sussurra con fare innocente -Ma direi che ancora per un po' puoi tenertele. In fondo quando te le mettevo io era più divertente, no? » Mai sfidare una leonessa e pensare di passarla liscia.
     
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  5. william tennant
         
     
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    « Ripeto, quì me la vedo io, potete andare. Credetemi, non vale la pena sprecare il vostro tempo con un soggetto simile.. »
    Dovette mordersi l'interno della guancia, con forza, per non salutare a sua volta i suoi due nuovi amici mentre si stavano allontanando. Una qualche risposta arguta gli sarebbe uscita sicuramente, ma lo sguardo che Melisandre gli aveva lanciato poco prima gli aveva fatto capire che era arrivato pericolosamente vicino a QUEL limite, e QUEL limite non andava mai superato. Ce n'erano due, quando si trattava con lei, o almeno ne aveva sempre avuti due lui. Il primo era quello che era divertente sorpassare, per gioco o per il puro piacere di provocarla, ed era quello che di solito bloccava tutti gli altri. Mascella più rigida, occhi pungente, tono più suadente...William lo conosceva, quel limite, ed era lo stesso che aveva appena saltato a piè pari facendo delle stupide battute su quando stavano insieme. Voleva bene a Melisandre, davvero, e sapeva che anche lei ne voleva a lui, ed era per quello che era tanto divertente ridere sopra certe cose. Perché si volevano bene. Ma quell'altro limite...oh, nemmeno lui era tanto coraggioso, o stupido, da saltarlo solo per gioco. Labbra tremanti, sguardo fisso, voce che era un ringhio sussurrato. E silenzio, da parte di lui.
    Così si limitò ad un saluto con un dito verso i due Auror o presunti tali, a congedarli come richiesto da lei. In silenzio. Senza fare lo stupido più di quanto non avesse fatto fino a quel momento - Sì, sto bene - Tanto più che aveva sempre adorato quel momento in cui la rabbia e la seccatura lasciavano il posto alla preoccupazione e ad un affetto più visibile di quello che era abituata a mostrare normalmente. Era una versione diversa di Melisandre, e il solo fatto di vedersi guardato in quel modo - con quello sguardo capace di dirti che significavi qualcosa, per lei - aveva il potere di farlo sentire speciale.
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    Inspirò una boccata d'aria, distese la schiena per alleggerire i muscoli tesi e poi le sorrise, con una scrollata di spalle - No, davvero, a posto - riprese - Non sono stati delicati, ma niente che non possa gestire. E la bambina... - un sorriso gli sbocciò sul viso, incapace di resistere. Era il sorriso di un ragazzino che aveva appena scoperto qualcosa di fantastico - ...dovevi vederla, Mel, ti avrebbe fatto impazzire. Io una roba simile non l'avevo mai vista. Innocua eh, o quasi, però...pittoresca, ecco. Decisamente pittoresca - avrebbe dovuto tenerlo al sicuro, quel libro, e studiarselo bene bene. Chissà cos'altro ci avrebbe trovato dentro.
    Si spostò all'indietro, poggiandosi con la schiena al legno della panca - Sì, lo so...beh, più o meno - in fondo Melidandre sapeva che William viveva in un mondo tutto suo, e che era poco quello che considerava al di fuori del suo campo di interesse. Era un genio, quando si trattava di libri, ma poco del resto riusciva ad attirare davvero la sua attenzione - E' che io devo pur lavorare, no? E lo sai, se vedo un libro che mi serve...insomma, ti ricordi quella volta che mi sono infilato in quel villaggio di troll? Sono tornato a casa puzzavo di bestia da morire - ridacchiò. Aveva dovuto togliersi i vestiti per strada, perché lei lo facesse entrare, e ancora grazie che non lo aveva costretto a lavarsi lì, sul marciapiede. A suon di incantesimi. Tirò fuori il suo sorriso più angelico, mentre sbatteva le ciglia - Oh, era molto più divertente. Moltissimo. Anche perché tu eri nuda, nel mentre, e...insomma, nessun problema, se vuoi replicare. Il bagno è lì -
    Schiaffo in tre, due, uno...
     
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    Nonostante possa sembrare il contrario, Melisandre voleva bene a Will. Teneva a ben poche persone, nella sua esistenza, ed il brillante librario rientrava in questa lista ristretta. Ma per quanto gli volesse bene, c'erano volte in cui non desiderava fare altro se non mettergli le mani al collo per strangolarlo. Will sapeva come provocarla, nonostante Melisandre si fosse sempre vantata del suo autocontrollo. Sapeva come farle prudere le mani per l'istinto di prenderlo a pugni, come portarla al limite della sua pazienza. Ma ogni volta che lo sfiorava, ogni volta che giungeva quasi a farglielo oltrepassare, quel pericoloso quanto invalicabile limite, tornava sui suoi passi. Perchè Will era un uomo intelligente. Poteva vantare una mente eccelsa della quale Melisandre era sempre stata affascinata. E così, quell'uomo che tanto detestava, riusciva a placarla, modellando le sue reazioni sino a farla giungere persino a ridere o sorridere. Perchè sapeva essere anche divertente, a modo suo. Un'ironia particolare, astuta, comprensibile per pochi eletti. « Sto bene » Ed è un respiro di sollievo quello che solleva il petto della donna, mentre si rilassa appena, poggiando la schiena alla sedia. Perchè è fatta così, Melisandre, più ti maltratta e più ti vuole bene. Ha sempre avuto un modo particolare e sicuramente tutto suo per dimostrare l'affetto. Un modo che Will ha sempre compreso, nonostante spesso si sia premurato comunque di mandare tutto a puttane come suo solito. « No, davvero, a posto. Non sono stati delicati, ma niente che non possa gestire. E la bambina... - dovevi vederla, Mel, ti avrebbe fatto impazzire. Io una roba simile non l'avevo mai vista. Innocua eh, o quasi, però...pittoresca, ecco. Decisamente pittoresca » Sorride appena mentre lo ascolta. Ha sempre ammirato quel suo entusiasmo talvolta dai tratti quasi infantili ed ironici. Per una come lei, perennemente imbronciata e dedita al suo lavoro con una serietà e costanza talvolta estenuanti, Will ha sempre rappresentato un fulmine a ciel seleno. Una goccia rossa in quel mare nero. « Cosa pensi le sia successo? Una maledizione, qualche strano sortilegio? » Lo incalza, un po' per curiosità, un po' per agganciarsi al suo entusiasmo. Nonostante tutto e suo malgrado, le piace vederlo così felice. Come un bambino intento a decantare i vantaggi del suo giocattolo nuovo di zecca. « Sì, lo so...beh, più o meno » Lo fissa per qualche istante, un sopracciglio inarcato e l'espressione scettica, prima di lasciarsi andare ad una risata cristallina. « Continua a non interessarti nulla del mondo che ti circonda, eh Will? » Scuote la testa, scostandosi una ciocca di capelli che le ricade sul viso. « E' che io devo pur lavorare, no? E lo sai, se vedo un libro che mi serve...insomma, ti ricordi quella volta che mi sono infilato in quel villaggio di troll? Sono tornato a casa puzzavo di bestia da morire » Trattiene una seconda risata, poggiando il mento sul braccio poggiato al tavolo. Ricorda quella volta come uno dei tanti guai di William Tennant. Quelli che vedevano una Melisandre arrabbiata per tutto il tempo, ma infine, quando lui se n'era andato, era sempre un sorriso compiaciuto ad abbellire il suo volto perennemente imbronciato. « Che schifo, Will, avevo sapientemente rimosso questo ricordo.. » Si lamenta ridacchiando, arricciando il naso in una smorfia disgustata. Il sorriso di lui la distrae, segno indelebile che stava per rovinare tutto con una delle sue solite sparate. « Oh, era molto più divertente. Moltissimo. Anche perché tu eri nuda, nel mentre, e...insomma, nessun problema, se vuoi replicare. Il bagno è lì » Ecco, appunto. Si passa una mano sul viso, massaggiandosi le tempie per qualche istante, per reprimere l'istinto di prendergli la testa e sbattergliela contro il tavolo. Non si è mai fatta tanti scrupoli dal lasciarsi andare a simili dimostrazioni d'affetto, ma non vuole fargli troppo male. Non per ora e non davanti a tutti, per lo meno. Quindi rialza il capo, poggiando le mani sulle sue, stringendole tra le proprie tanto da affondare le unghie appuntite nella sua carne, quel poco che basta per dargli fastidio. « Oh tesoro, ancora a pensare a me nuda dopo tutto questo tempo? Cavolo, ed io che pensavo avessi superato la rottura... » Lo punzecchia, scostandosi. « Una birra per me ed un bicchiere d'acqua per il mio amico. » Ordina alla cameriera, prima di rivoltarsi verso di lui. « Allora, Tennant, dammi un motivo per: uno, non picchiarti. Due, non decidere di portarti al ministero. Tre, levarti le manette. E ti avverto, finora sei stato davvero poco convincente.. »
     
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  7. william tennant
         
     
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    E non era mai stato così difficile, per lei, porre la domanda giusta che serviva a farlo partire per la tangente. Bastava sapere dove toccare, fra i suoi pensieri, per dare quella piccola spintarella che avrebbe trasformato il sassolino della sua curiosità in una valanga di ragionamento - E' stato uno dei libri, chiaramente, anche se fossi maledetto se ho avuto il tempo di capire quale - esclamò con una certa nota di irritazione nella voce. Si alzò in piedi, muovendo qualche passo avanti e indietro per il locale mentre, ragionando ad alta voce, gesticolava a far tintinnare la catena delle manette. Una parte di lui si era già dimenticata di averle ancora ai polsi - Probabilmente uno dei trattati sulla demonologia palesocristiana, ma non posso esserne sicuro finché non li analizzo per bene. Ed è una cosa abbastanza seccante perché adesso quei libri sono rimasti là, a disposizione di chiunque abbia occasione di metterci le mani sopra, e va a sapere cosa finiranno per farci - di nuovo un gesto, e di nuovo un dietro front. Passò davanti a due ragazzi che stavano giocando a freccette, sfilando uno dei dardi dalle dita della ragazza e giochicchiandoci. Tenere qualcosa in mano lo aiutava a pensare, in genere - Era questo che facevano i primi cristiani. Siccome veniva abbastanza difficile spiegare qualcosa di astratto come il concetto di demone visto come parte dell'animo umano, di vizio, ad un esercito di pastori e contadini incestuosi e zoofili veniva più semplice loro creare degli incantesimi che impersonificassero questi vizi in persone cui bastava poi attribuire una colpa per poterle lapidare come esempio. Capito Mel, è quello che è successo. La ragazzina deve aver messo mano su uno di quegli incantesimi e...oh, mi scusi - preso com'era non si era reso conto di aver continuato a parlare con la ragazza cui aveva tolto il dardo di mano. Melisandre, dal canto suo, continuava a fissarlo dal posto cui era seduta fino a poco prima - Ehm...buona partita - borbottò un po' imbarazzato, tornando a sedersi di fronte all'Auror del suo cuore.
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    - Mi interessa molto del mondo che mi circonda - obiettò con le mani ancora legate posare adesso sul tavolo - Solo non la parte che interessa voi, probabilmente. E poi io lo so che non sono molte le cose di cui preoccuparmi, finché ci sei tu in giro - aggiunse con un bel sorriso. Un po' ruffiano, ovviamente, ma anche molto più sincero di quanto non si sarebbe detto ad un primo ascolto. Lui credeva davvero che Mel fosse una delle persone più integralmente irreprensibili in circolazione, e che finché ci fosse stata lei a baluardo della società non sarebbe potuto accadere niente di davvero brutto. Non troppo, almeno - Perché, dici che è tanto brutta? - le domandò comunque. A sfiorarlo era appena stata l'idea che lei, dal canto suo, potesse essere in un qualche tipo di pericolo.
    Alzò gli occhi al soffitto - Certo che ho superato la rottura, ma vorrei che mi spiegassi, secondo te, come possa essere possibile per chiunque non pensare a te nuda dopo averti visto una sola volta - e lui quel privilegio l'aveva avuto ben più di una volta sola - Probabilmente sarà una delle ultime cose cui penserò sul letto di morte, per consolarmi della vecchiaia - sempre che ci fosse arrivato, ovviamente, cosa che non sembrava più tanto ovvia in quel momento, a guardarla in viso Ok, ci sto. Allora...non mi picchierai perché mi vuoi troppo bene per farmi del male così, a sangue freddo, e perché se lo fai mi toccherà tirare fuori la faccia più tenere e l'espressione più da cucciolo che mi riesca, e sai che in quello sono una vera forza della natura. Non mi porterai al Ministero perché in realtà tu sei l'unica con un qualche diritto di farmi del male e ti seccherebbe un sacco se lo facessero loro. E mi toglierai le manette perché...perché...perché tanto sto comunque parlando un sacco, e non sono di sicuro quelle a fare la differenza. E poi mi servono le mani libere per pagare quella birra e anche un piatto della cosa meno indecente che hanno da mangiare in questo posto, per cena -
     
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