Green cloth

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  1. william tennant
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    - Vino - confermò alla cameriera della Testa di Porco, con un sorriso angelico - Qualcosa di bianco, un po' frizzantino magari - aggiunse, tanto per rincarare un po' la dose. Ringraziò con un cenno della mano e tornò ad osservare il tavolo verde su cui le palle colorate avevano appena finito di rotolare. Che qualcuno chiedesse un calice di vino alla Testa di Porco, un luogo dove la birra più scadente e il wiskey annacquato la facevano da padroni assoluti, doveva spiccare esattamente quanto il suo completo spiccava sui vestiti di cuoio lavorato e tela grezza che indossavano gli altri clienti.
    Eppure, nonostante gli sguardi incuriositi che di tanto in tanto gli lanciavano, sembrava trovarsi stranamente a suo agio.
    Ringraziò di nuovo quando, pochi minuti dopo, gli venne servito quanto aveva richiesto. Posò la stecca, prese il bicchiere, lo sollevò e... sempre la solita storia, pensò con un sospiro. Nel calice gli avevano servito della birra corretta con uno spruzzo di acqua, in uno scherzo che doveva sembrare loro divertente nonostante fossero anni che veniva ripetuto. Perché lì lui, nonostante l'aspetto insolito, era di casa fin dai tempi della scuola - Se devo bere birra me ne porti una pinta, per cortesia. In un bicchiere pulito, magari - domandò alla cameriera, per poi voltarsi di nuovo verso i suoi rivali di quella serata d'inizio estate. Un velo di fumo si stava formando nell'aria, fra di loro, frutto delle sigarette che quasi tutti i presenti lasciavano pendere da un angolo della bocca.
    William si tolse la giacca per il caldo, posandola sullo schienale di una sedia, e poi si levò anche la camicia per non stropicciarla - In realtà sarei qui per vedere un cliente, ma è in ritardo - ammise indicando con un cenno del capo il pacchetto che aveva posato sulla seduta della stessa sia che gli faceva da attaccapanni. Un libro non particolarmente costoso anche se raro, che era già stato pagato e che andava solo consegnato - Non sono nemmeno sicuro che arriverà qualcuno - riprese chinandosi sul tavolo e puntando la stecca verso la palla bianca la colpì con delicatezza, imbucando l'arancione. Ammiccò - Facciamo che chi perde paga da bere? -
     
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  2. serendipity‚
         
     
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    Clodie non sa esattamente come ci è finita qui. In questo momento dovrebbe starsene seduta comodamente sul divano di casa, con una coperta sulle ginocchia e i capelli legati, così da non darle fastidio mentre lavora incessantemente su quelle formule per la crema al dittamo a cui sta lavorando, e di cui non riesce a venire a capo già da un paio di giorni. Non è assolutamente da lei, abbandonare così il dovere e andarsene in giro per Hogsmeade senza farsi troppi problemi.
    La verità, poi, se vogliamo dirla tutta, è che Clodie i problemi se li fa, eccome. È già da più di mezz'ora che non fa altro che ripetere a Marlene che lei ha cose da fare, che dovrebbe proprio essere a casa in questo momento, che magari, ecco, forse è meglio se cominciano ad andare che domani dovrebbero pure svegliarsi presto. Se Clodie è proprio quel tipo di persona, Marlene, che ha dieci anni in più di lei, è invece una festaiola nata, che va in giro con la pancia di fuori anche quando c'è una temperatura di dieci gradi e mette talmente tanto eye-liner che potrebbe tranquillamente sfidare il kajal di Cleopatra.
    La giovane Castillo si pente di aver acconsentito a questa pazzia improvvisa della sua datrice di lavoro, ma sa che, d'altronde, a lei non riuscirebbe mai a dire di no: e non solo perché è la persona grazie alla quale riesce ad essere autosufficiente nella sua vita, ma anche perché è una di quei tipi che, purtroppo, non sanno proprio accettare un rifiuto.
    « C'è questo barista della Testa di Porco » la discussione è iniziata così, nel pieno di un pomeriggio particolarmente spento in negozio, con una Clodie che faceva di tutto pur di mostrarsi interessata alla storia della mora. E così ha trascorso il pomeriggio con i gomiti sul bancone ad ascoltare le narrazioni di ogni singola interazione avuta tra Marlene ed il fantomatico uomo, ha seguito con falso stupore le congetture della donna, attenta a non mostrare nemmeno un briciolo di scetticismo, neanche quando ha ipotizzato che lo spruzzo di cannella chiaramente a forma di cuore che le aveva servito una volta sulla sua cioccolata calda fosse un possibile invito ad uscire.
    Solo che Marlene è anche una di quelle che si descrivono con la tipica frase: « Non sembra, ma sono incredibilmente timida. Non posso andare lì da sola, non saprei cosa dirgli! »; e veniamo dunque al motivo per cui questa sera Clodie non è in pigiama sul divano a sgranocchiare semi di zucca, bensì ha addosso uno di quei maglioni extra-large e appena un filo di lucidalabbra, e si ritrova a vagare senza una meta per i locali della Testa di Porco, mentre la timidissima Marlene se ne sta già con la faccia appiccicata a quella del barista.
    Non è esattamente sicura di come ci si comporti in queste situazioni, Clodie, però, mentre osserva i due, le verrebbe di dire che, a questo punto, il suo lavoro è concluso: le basterebbe solo avvicinarsi non troppo, abbastanza da trovare l'angolatura giusta perché Marlene la veda a distanza e noti il suo cenno di saluto, segno che sta tornando a casa. Non se ne andrebbe mai senza salutare. No, questo è proprio il piano perfetto.
    Sta per l'appunto studiando gli spazi del locale, valutando se sia più conveniente passare accanto a quel gruppo di ragazzi ubriachi dai volti un po' emaciati, rischiando di ritrovarsi del vomito addosso, oppure interrompere quella coppia che si sta baciando proprio al centro della sala e passare in mezzo a loro, quando « Facciamo che chi perde paga da bere? ».
    Guarda di fronte a sé, un po' confusa, il volto del ragazzo che ha parlato nella sua direzione. Ma dice a me? si guarda alle spalle, notando soltanto un tavolo vuoto ed un cameriere di passaggio con un vassoio in mano, e capisce che, sì, il tipo si è proprio rivolto a lei.
    Abbassa lo sguardo sul tavolo da biliardo, e osserva la palla bianca colpirne altre, mandandone già una in buca al primo colpo. Poi solleva il viso e incrocia di nuovo lo sguardo del ragazzo, un'espressione dubbiosa in viso. Non sa esattamente come rispondere; queste cose, di solito, non le capitano. « Non credo di saper giocare » confessa, con un'alzata di spalle. Resta in silenzio, a guardare la palla blu rotolare di qualche centimetro più in là, e lascia che la musica decisamente troppo forte del locale la disturbi per qualche altro secondo. « E poi io non bevo » aggiunge, dopo quelli che sembrano secoli di silenzio, e per rafforzare il concetto scuote un poco la testa. « Ma grazie lo stesso ».
     
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  3. william tennant
         
     
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    William si guardò intorno, incuriosito. Fissò la ragazza che gli aveva risposto con l'aria di chiedersi se stesse parlando con lui e cosa mai potesse volere, prima di voltarsi per cercare lo sguardo complice di...di...si voltò a destra, poi a sinistra e poi di nuovo a destra - Da lui non me lo sarei mai aspettato - il più profondo tradimento da una persona che aveva conosciuto solo mezz'ora prima, al bancone della Testa di Porco, ma sulla cui reputazione sarebbe stato pronto a giurare. Sulla pessima reputazione, a dire il vero, ma se non ci si poteva più fidare nemmeno di ladri e truffatori a quel mondo davvero non poteva immaginare di chi. Fatto sta che mentre lui si levava la camicia Robert, se poi questo era davvero il suo nome, aveva barcollato qualche metro più in là fino a sedersi al tavolo con due tizi dall'aria altrettanto poco raccomandabile. Uno dei due doveva essere almeno un mezzo troll, a giudicare da quanto era brutto, e l'altro aveva adocchiato un po' troppo il pacchetto con il libro che aveva posato poco più in là. Sospirò. E lui che sperava di aver finalmente trovato il pollo per quella sera, e invece avrebbero probabilmente cercato di rapinarlo non appena fosse uscito dal locale. Non ci si poteva fidare proprio più di nessuno.
    - Beh, ormai ho preso le palle - fece notare adesso alla ragazza, che rispondendo al posto di Robert si era appena candidata a ruolo di compagna per eccellenza, almeno per la successiva mezz'ora. Cosa poi ci facesse una ragazza che non giocava e non beveva in un posto come quello a quell'ora della sera era un mistero per lui. Probabilmente cercava di essere rapinata o, magari, qualcuno da truffare. Poco male in entrambi i casi, si disse: nel primo avrebbero potuto scappare insieme, nel secondo magari finiva per riuscire a scappare mentre lei e gli altri se lo contendevano come preda. In ogni caso aveva tutta quella partita per stare tranquillo - E odio giocare da solo. Quando vedi una persona che gioca da solo, con lo sguardo truce di chi si sta allenando per chissà quale competizione mondiale, non riesci mai a non trovarlo molto triste. Ci hai mai fatto caso? - una prima domanda, che celava in sé un'affermazione abbastanza categorica. Tristi erano tristi, poco ma sicuro.
    Si voltò un attimo, per recuperare una stecca e porgergliela da sopra il tavolo - Un po' come quelli che ci provano con una ragazza bloccandola con una scusa a caso in mezzo ad un locale di dubbia reputazione, me ne rendo conto, ma posso giurarti che il mio interesse è del tutto innocente e, per quanto strano sembri a dirsi, professionale - le sorrise, la stecca ancora tesa verso di lei, guardandola in faccia davvero per la prima volta da quando l'aveva apostrofata, per errore, poco prima. La fissò per un attimo, incerto - Ma noi ci conosciamo? -
    Certo, adesso si che si sarebbe convinta che non ci stava assolutamente provando.
     
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  4. serendipity‚
         
     
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    Mentre il suo interlocutore scruta qualcuno al fondo della sala, Clodie si morde il labbro inferiore e adocchia l'uscita. Fosse stata in silenzio, facendo finta di non aver sentito e mettendo su quell'espressione un po' snob che la contraddistingue, come fa sempre d'altronde in queste situazioni, a quest'ora non si troverebbe in questo pasticcio. Perché, sì, avere un uomo, probabilmente anche mezzo ubriaco, che al bar a quest'ora tarda ti propone di giocare a biliardo con lui è un pasticcio bello e buono. Perché Clodie è gentile e no non sa proprio dirlo a nessuno; ci ha provato, e adesso che il tipo sta insistendo non ha idea di come rifiutare. È un pasticcio, tutto questo, perché non sa giocare, farà una figuraccia davanti a tutta questa gente che non conosce ma soprattutto farà tardi, e lei non vuole assolutamente far tardi. Non dovrebbe nemmeno essere qui, per la miseria. Come ha fatto, diamine, come ha fatto a farsi trascinare in questa cosa? Sta cercando di pensare.
    « Ormai ho preso le palle » dice lui, e lei di nuovo si stringe nelle spalle: "Non posso farci niente, io" gli sta dicendo. "Trovati qualcun altro", "Non lo vedi che non ho voglia di essere disturbata?" "Lasciami-in-pace". Non lo guarda negli occhi. Le sue pupille vagabondano per un tempo infinitamente lungo tra le fessure del legno sulla parete di fronte, ne tracciano il profilo in modo quasi meticoloso, guardano i disegni che la natura ha formato distrattamente. Immaginano che cosa ci sia, dentro a quelle microscopiche fessure, in profondità. E poi è il turno delle finestre, che danno su una delle piccole strade di Hogsmeade, così stranamente vivace a quest'ora della sera. Sta arrivando la primavera pensa Clodie, notando attraverso il vetro lievemente ondulato la sagoma di una coppia che cammina in lontananza, mano nella mano, verso il centro del villaggio. Quando capitano questi momenti si chiede come dev'essere, godersi la vita; a pieno, se vogliamo essere precisi. Perché Clodie le sue giornate se le gode, per carità, lavora e lavora ma fa quello che le piace, poi legge tanto e, oddio, quanto sono belli i libri. Ha cominciato a sopportare un po' di più l'immagine che vede allo specchio. Si trucca pure, ogni tanto, e i capelli si sforza di tenerli sempre in ordine. Non porta più gli occhiali e nemmeno quelle scarpe da ginnastica per cui la prendevano sempre tanto in giro a Hogwarts. Sta così bene. Sì. Non potrebbe stare meglio. Davvero.
    E ora sta pensando a come scappare, da qui, a cercare una scusa che sia discreta abbastanza e che non sembri maleducata; che non faccia in modo che l'attenzione del locale si concentri su di lei; e che il giovane che l'ha appena avvicinata capisca, senza dispiacersi troppo. Clodie cerca la perfezione, sempre, e come sempre resta così amaramente delusa dalla mediocrità degli eventi e di tutte le cose. Il ragazzo ora sta parlando, di nuovo, e la bionda si chiede da dove venga questa sua voglia di parlare così tanto di continuo.
    « Non sono una che giudica il livello di tristezza di persone che giocano da sole » dice, più per cortesia che per reale interesse nella conversazione che si è instaurata. Che lui ha forzato. Lei vuole soltanto uscire da questo posto così affollato e caotico, tornare a casa e stare sotto le coperte. Dormire. E poi svegliarsi domani mattina, alle sei e quarantacinque come sempre, e ripetere la stessa giornata di oggi, con l'unica eccezione di un finale diverso. « Se uno vuole giocare da solo gioca da solo. Non ci ho mai visto granché. Forse sono quelli che vogliono giocare a tutti i costi con qualcun altro, ad avere un problema. Di dipendenza dalle persone, ad esempio. » Questa volta parla perché vuole parlare e, seppur controvoglia, stringe le dita intorno alla stecca che lui le sta passando, attirandola poi a sé. Non vuole giocare. Non sa giocare. O meglio, lo sa fare ma solo perché ha questa mania di osservare con attenzione clinica le persone, e l'ha visto fare agli altri. Deve colpire la palla bianca per far sì che quelle colorate entrino nei vari buchi intorno al tavolo. Che cosa stupida. Le basterebbe un colpo di bacchetta e sarebbe tutto finito. Che cosa babbana.
    Però lo fa; posiziona la stecca tra l'indice ed il medio della mano destra, prende la mira e poi colpisce delicatamente la pallina bianca. Questa rotola con lentezza estrema, fino a colpire la pallina verde, che a sua volta si muove fino a raggiungere uno dei buchi del tavolo. Ma non vi entra: si ferma appena qualche centimetro prima, e resta lì, ondeggiante, sul posto, fino a quando non è chiaro che è il turno dell'avversario. Clodie mette su un'espressione delusa, ma in realtà non le importa più di tanto.
    « Un po' come quelli che ci provano con una ragazza bloccandola con una scusa a caso in mezzo ad un locale di dubbia reputazione, me ne rendo conto, ma posso giurarti che il mio interesse è del tutto innocente e, per quanto strano sembri a dirsi, professionale »
    « Interesse professionale? » domanda a sua volta lei, un sopracciglio inarcato e le braccia strette al petto, con fare protettivo. Non sa esattamente cosa dire. Non crede proprio che lui abbia trovato un modo originale per provarci con lei, semplicemente perché nessuno ci prova mai con lei. Non è una cosa che le dispiace o le rincresce in qualche modo, questa: è solo un fatto, puramente scientifico, e niente di più. Non è il tipo di ragazza che si concede facilmente (non si concede a nessuno, mai) o che si lascia andare in qualche modo (mai successo), ed è ben consapevole quanto questo aspetto della sua personalità sia ben proiettato all'esterno dal suo modo di apparire. Non ci sono margini di dubbio, nel modo in cui si veste, o nelle sue occhiate sfuggenti. In questa sua vita c'è solo spazio per lei. « In ogni caso non ne dubitavo » ci tiene ad aggiungere, non sa esattamente perché, mentre il suo sguardo resta fisso sul verde scuro del tavolo da biliardo.
    « Ma noi ci conosciamo? » Solleva il viso e, per un attimo, brevissimo, le sue pupille incontrano quelle di lui. Poi le distoglie nuovamente, e focalizza l'attenzione da un'altra parte. C'è un uomo sulla cinquantina che sta infilando in bocca cinque o sei patatine fritte tutte insieme. Uno spettacolo.
    Solleva le spalle. « Non credo proprio » bugia. William se lo ricorda abbastanza bene, attenta com'è, sempre a tutto. Lui probabilmente non ha subito fatto caso a lei, considerato che l'ultima volta che devono essersi visti lei era una ragazzina con ancora addosso la divisa di Hogwarts, i capelli nerissimi ed un paio di occhiali dalla montatura davvero discutibile. Ma lei si ricorda, e non perché lui sia stato particolarmente speciale o chissà che cosa, ma perché, semplicemente, lei è una persona attenta. E ricorda sempre tutto e tutti. Non ha mai saputo molto di lui, in realtà, a eccezione del fatto che si chiamava William e che sua sorella Izzy doveva piacergli parecchio, considerati certi rumori che ha sentito una volta, per caso. Non crede di avergli mai nemmeno rivolto parola, nel periodo in cui lui e sua sorella... stavano inseme? uscivano? scopavano e basta? Non ne è sicura. E non sa nemmeno perché non ha voglia di fargli capire chi è, adesso. Forse vuole solo essere una sconosciuta ad un bar, una sera. Forse sta cercando tutti i modi possibili per concludere questa stupida partita e non dare a lui nessun motivo per bloccarla in questo stupido bar ancora per molto. Forse non ha voglia di essere, ancora una volta, come sempre nella sua vita, la sorellina piccola di.
     
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  5. william tennant
         
     
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    - Il che fa di te una persona decisamente migliore della media degli esseri umani di mia conoscenza - si limitò a commentare, anche se non era sicuro che fosse poi tanto vero. Giudicare, anche se in modo assolutamente involontario, era inevitabile per tutti coloro che assistevano ad una scena: il solo fatto di esserne stati spettatori faceva sì che se ne facessero una opinione, e perfino il non farsela si trasformava in una forma di giudizio. Il disinteresse era di per sé una condanna - Io quando vedo una persona che gioca da sola non posso fare a meno di chiedermi come mai sia lì, quale sia la storia che ce l'ha portato. Magari ha una moglie che è scappata con il postino e lui non ha alcuna intenzione di tornare in una casa triste e solitaria, piena solo di ricordi, o forse invece sua moglie è ancora lì ma lui non la ama più e si trova nell'imbarazzante situazione di non voler tornare a casa pur di non vederla ma, al contempo, di non avere il coraggio di scappare. Potrebbe essere perfino lui ad avere una storia con il postino, perché no? Dico solo che a me piace avere una dipendenza dalle persone...cioè, non dalle persone, loro di solito non mi piacciono...più dalle storie che si portano dietro. Mi incuriosiscono - prese la stecca, si piegò in avanti e colpì la palla bianca. Fu un tiro davvero pessimo, che rimbalzò su due sponde prima di andare a colpire la palla gialla e a farla rotolare contro una delle sponde, innocua - Tipo una ragazza sola, di evidente buona famiglia, che entra in un locale in cui il meglio in cui può sperare è una brutta sbronza e il peggio...beh - adocchiò con un sorriso il tizio con cui stava giocando fino a poco prima e i suoi due simpatici amici. Di colpo sembrava che il loro interesse si fosse diviso equamente fra lui e la sua nuova amica - Insomma, cos'è che ti ha portato qui, esattamente? E...lascia stare, se sto parlando troppo,
    mi hanno messo una pozione scioglilingua nell'ultima birra e sono obbligato a parlare tanto e a dire sempre la verità. Credo durerà almeno un altro paio d'ore -
    annuì tranquillo. A quello ci andava aggiunto il senso di vaga euforia che stava provando, attribuibile sia alla pozione che alla situazione in sé. Brutta bestia l'adrenalina.
    - Sì, in realtà sono venuto qui per lavoro, prima di essere coinvolto in un... - si strinse nelle spalle - No, questa te la dico dopo - non poteva mentirle e, comunque, sarebbe stato inutile spaventarla. Non sembrava particolarmente coraggiosa, quella ragazza. Più...ecco, il tipo di persona che andava in negozio il sabato pomeriggio, alla ricerca di qualcosa con cui passare la serata. Qualcosa, non qualcuno - Dovevo consegnare un libro, un volume abbastanza importante, solo che chi lo ha pagato non si è fatto vedere mentre invece...vabbé, c'è gente che aspettava lui, o lei, ma che visto che non si vede sta perdendo la pazienza e ha deciso di saltare un passaggio e di accontentarsi di quello che hanno qui, pronto sul piatto - inutile dire che quel qualcosa, nello specifico caso di cui stavano parlando, era lui. E con lui, lei - Sei sicura...? Perché assomigli davvero a...beh, non importa adesso. Come te la cavi nelle risse da bar? - aveva sperato in qualcosa di più corposo, a dire il vero, ma se l'Universo le aveva mandato lei doveva pur esserci un motivo.
     
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  6. serendipity‚
         
     
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    Si stringe nelle spalle, Clodie. Per quanto possa essere la solita so-tutto-io, talvolta un po' piena di sé e noiosetta, non ha mai avuto l'ardire di considerarsi come una persona migliore rispetto agli altri. Ci sono tante di quelle cose che non vanno in lei, da poterci riempire due pergamene intere, fronte retro. Ma non si piange addosso, non l'ha mai fatto, accetta piuttosto i suoi difetti, consapevole dei numerosi pregi di cui può vantare. Ma migliore non lo è, sa, per lo meno di non esserlo. Ha trascorso tutta la vita a rincorrere il primo posto, a voler essere meglio in tutto, più attenta, più organizzata, più veloce, più sveglia, più gentile. Ora, alle porte dei ventiquattro anni, sta cominciando a capire che forse "i migliori" non esistono, e che c'è solo un mucchio di gente che fa a gara per cose a caso, nel mondo, ma non è certa che qualcuno in questa cosa possa davvero vincere. Lei, per lo meno, ci sta pian piano rinunciando, o per lo meno abbandona gli standard per niente realistici che fino a qualche anno fa guidavano la sua vita.
    Si sforza di non ridere, alle parole del ragazzo di fronte a lei, che però le appare un po' buffo, per lo meno con il discorso che sta facendo; serra le labbra l'una con l'altra, cerca di mantenerle unite il più possibile, ma alla fine le sue parole le strappano comunque un sorriso. Porta una mano sopra le labbra, nel tentativo di mascherarlo. Chissà perché non le piace farsi vedere mentre ride da uno sconosciuto. È come mostrare le proprie debolezze agli occhi di qualcuno. Si stringe nelle spalle e si affretta a parlare, così da assumere un'espressione imperscrutabile. « Non lo so. Io vedo una persona che gioca da sola e ci vedo... una persona che gioca da sola. Però devo ammettere che tu hai parecchia fantasia. Cosa fai nella vita, scrivi romanzi? » solleva un angolo delle labbra, e questa volta lo fa perché la sua è una smorfia di scherno. Ogni tanto le piace anche prendere un po' in giro gli altri. È come se la facesse sentire un po' meglio.
    « Tipo una ragazza sola, di evidente buona famiglia, che entra in un locale in cui il meglio in cui può sperare è una brutta sbronza e il peggio...beh »
    Inarca un sopracciglio. Stringe la stecca da biliardo tra le dita sottili e affusolate, mentre si chiede in che modo può evadere questa domanda. Morde il labbro inferiore e abbassa un po' lo sguardo, concentrandosi per qualche istante sul tavolo di fronte a sé, e quasi non ascolta le ragioni di lui, che blatera qualcosa su una birra corretta e il dire sempre la verità. Fa difficoltà ad ascoltare sempre le persone, Clodie. Sembra un po' un controsenso, perché non te lo aspetteresti mai, da una attenta e vigile come lei, perché è proprio una di quelle fissate che non si perde un solo dettaglio di quello che la circonda, eppure ci sono volte in cui quasi spegne il cervello, e comincia a filtrare tutte le informazioni che riceve, selezionando solo quelle che considera importanti. È una cosa che fanno praticamente tutti, d'altra parte, ma le sue ragioni sono diverse. Non lo fa per noia, o per stanchezza, o semplice disinteresse, ma più perché non vuole farsi influenzare troppo. Non ha voglia di prendere davvero parte alla conversazione, farsi strappare un sorriso, appunto, o regalare una battuta che possa rompere di più il ghiaccio. Questo non succede con tutti, è chiaro, ma ci sono persone con cui tende a chiudersi a prescindere, senza nessun motivo in particolare. William, forse per il passato che l'ha visto legato alla sorella, forse per il luogo in cui si trovano, oppure per il modo a suo dire un po' prepotente con cui l'ha approcciata, è una di queste persone. Vuole fare in modo di essere più distaccata possibile.
    « Succede » si stringe nelle spalle, e questa è la sua spicciola risposta alla provocazione di lui. Non ha intenzione di aggiungere altro. Riservata com'è, non vuole concedergli informazioni troppo preziose.
    « Dovevo consegnare un libro, un volume abbastanza importante, solo che chi lo ha pagato non si è fatto vedere mentre invece...vabbé, c'è gente che aspettava lui, o lei, ma che visto che non si vede sta perdendo la pazienza e ha deciso di saltare un passaggio e di accontentarsi di quello che hanno qui, pronto sul piatto »
    Inarca le sopracciglia, confusa e, per la prima volta dall'inizio di questa conversazione, davvero spiazzata. Con chi è che sta avendo una conversazione? Si tratta forse di un qualche spacciatore dei sobborghi di Hogsmeade? Si guarda intorno, all'improvviso più ansiosa, e, giusto per sicurezza, individua con lo sguardo la via d'uscita più vicina. C'è un omone enorme con in mano una birra grande quanto la sua faccia che le bloccherebbe la strada, però...
    « Non ho intenzione di finire in una rissa qui dentro. Ma se mi succede qualcosa sarai ritenuto responsabile, è chiaro » ci tiene a precisare, fissando gli occhi in quelli chiari di lui, l'espressione terribilmente seria. Non ha intenzione di farsi male per colpa di uno stupido che la tiene ostaggio a un tavolo da biliardo per una partita. « Devo chiamare il proprietario del bar? » chiede alla fine, un tono di apprensione nella voce. Ogni tanto - ma solo ogni tanto, eh - anche lei si preoccupa per gli altri.
     
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  7. william tennant
         
     
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    - Li vendo - la corresse, posando la stecca sul lato del tavolo, sugli appositi ganci. Era più forte di lui, nonostante tutto non riusciva a tollerare il disordine là dove poteva farne a meno. Lanciò un'occhiata verso gli uomini che lo stavano scrutando. In effetti anche dove non poteva farne a meno - E li vivo - un'aggiunta abbastanza strana, a ben vedere, che non si sarebbe mai sognato di spiegare in quella maniera se non fosse stato per le pozioni che gli danzavano nel sangue. Di solito ci girava un po' intorno, più che altro per non sembrare pazzo - E' una cosa che succede con i libri magici, tendono ad incasinare la realtà ogni volta che possono. E...insomma, è quello il mio campo. Libri normali e libri magici, anche se ovviamente i secondi sono più impegnativi dei primi. Mordono, a volte - come in quel caso, anche se non letteralmente. William le sorrise, mentre si allungava a prendere il libro che aveva posato sulla poltrona. La sua vendita di quella sera.
    Gli uomini si alzarono, facendosi più vicini. Uno di loro si avvicinò alla porta. William sorrise a tutti, perché in fondo era una persona allegra - Succede sì,
    perché anche se non ci crediamo tendiamo sempre a trovarci nel luogo giusto al momento giusto. Tipo te, questa sera, in un posto che non frequenti abitualmente e che probabilmente non frequenterai più. Perché proprio stasera? -
    perché qualcuno, credeva lui, aveva guidato i suoi passi fino a lì, da lui. Ora, il destino aveva tanti modi piuttosto strani per far muovere le cose, ma raramente lo faceva per caso se gli davi il modo di agire liberamente. Se ci credevi, insomma. E lui ci credeva, oh se ci credeva - Puoi provarci, ma in realtà è un po' che il proprietario non si fa vedere in giro e che pare...pare, dico...che qui succedano cose brutte. Nel migliore dei casi il capo qui è andato in vacanza e loro si sono infiltrati come pakistani e...oddio, dici che era un commento razzista, questo? - in fondo quella cosa di infilarsi nelle case quando la gente era in ferie l'avevano inventata i pakistani, in Inghilterra, mica poteva farci qualcosa lui - Comunque...secondo me che io e te ci siamo incontrati qui stasera non è un caso, e probabilmente una rissa con me è la cosa minore che ti può capitare, però se ti fa sentire tranquilla sì, me ne prendo io tutta la responsabilità. pagherò tutti i danni, le spese mediche e tutto quello che vorrai - le sorrise ancora, finendo di scartare il pacchetto in cui aveva rinchiuso il libro. Uno degli uomini si appoggiò al biliardo, dall'altra parte del tavolo, sogghignando. William posò una mano sulla copertina del libro, si voltò verso la ragazza e le sorrise ancora, sempre allegro. Alzò l'altra mano verso di lei, porgendogliela perché la ragazza la prendesse - ok, so che è una domanda folle ma alla luce di tutto questo...ti fidi di me? -
     
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6 replies since 20/4/2017, 17:35   110 views
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