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    « Ahio. Ahio. Ahio. Ahio. » Ormai è un intercalare continuo e puntuale, a cui il giovane Grifondoro deve essersi abituato, quello della mora, che accompagna ogni passo della gamba destra ad un lamento di dolore, con tanto di piccola smorfia del viso. Stanno attraversando uno dei tanti corridoi deserti del quarto piano, e in lontananza riescono a sentire un coro di Wingardium Leviosa intonato dalle voci minute dei ragazzini del primo anno. « Dietro l'angolo, però » suggerisce Malia al suo compagno, facendo attenzione a guardarsi intorno. Hanno scelto quest'ala del castello perché è quasi sicuro che gli amichetti di Kingsley non ci mettano piede, ma, di questi tempi, non si può essere mai troppo cauti. Non sono proprio giorni in cui conviene essere visti dove non si dovrebbe essere.
    Mentre, un po' claudicante, si sta avvicinando al davanzale che ha adocchiato, si ritrova a poggiare il piede nel modo sbagliato, ed è costretta ad appoggiarsi alla spalla di Dean per non urlare di dolore. « Fan-cu-lo » sillaba a denti stretti, raggiungendo con un paio di saltelli la finestra tanto agognata. Si volta, dando le spalle ad essa e, con una spinta sulle mani, riesce a mettersi a sedere sul davanzale. Al sorriso beffardo di Dean rivolge un'occhiataccia, mentre si sposta da una parte per far accomodare anche lui. « E smetti di ridertela così tanto, tu. La prossima volta facciamo a cambio » dice convinta, appoggiando la testa al muro di pietra accanto a lei. Effettivamente a pensarci bene, al suo posto, con la sua muscolatura da uomo, Dean probabilmente non si sarebbe fatto nemmeno un graffio; ma c'è da dire che in quel caso molto probabilmente non sarebbero riusciti ad ottenere lo stesso effetto.
    Malia rimpiange amaramente i giorni in cui per marinare una lezione era sufficiente chiedere al professore di andare in bagno e poi, semplicemente, non farsi più vedere. Negli ultimi tempi, invece, i controlli all'interno del castello sembrano essere triplicati e dall'aula non si riesce ad uscire se non si è proprio in punto di morte. Ma siccome la creatività non manca mai, soprattutto se è volta al servizio di una buona causa, né Malia né Dean hanno lasciato che le nuove disposizioni di Kingsley li facessero demordere. E, nell'intento di ottenere un pass per la libertà (almeno per i successivi quarantacinque minuti), oggi Malia si è lasciata coinvolgere un po' troppo dalla sua performance.
    Ma, si sa, le cose o si fanno bene o non si fanno proprio, e, se l'unico modo di uscire dall'aula era infortunarsi, allora doveva sembrare reale. E siccome le Merendine Marinare le ha finite la settimana scorsa, lei e Dean hanno optato per qualcosa di più teatrale. A dieci minuti dall'inizio dell'ora di Incantesimi, una delle più noiose della giornata, la mora ha fatto in modo di tirarsi addosso accidentalmente una delle pesanti armature di ferro ferme ai lati della stanza, e di cadere al suolo con un urlo di scena, tale da attirare l'intera attenzione dell'aula su di sé. Poi è stato il turno di Dean, il quale, strategicamente piazzato nelle vicinanze, con una tempistica calcolata al centesimo di secondo, ha preso in braccio la ragazza agonizzante e, con fare eroico, ha esclamato che sarebbe andato tutto bene e che lui, da nobile cavaliere qual era, avrebbe portato in salvo la giovane donzella fino alle porte dell'Infermeria. O qualcosa del genere.
    Il problema è che, in tutta questa messinscena, è finita per farsi male davvero. « Mi sa che ho castato male il Morbido Cadent » spiega la ragazza, con una stretta di spalle, mentre piega il ginocchio destro e porta la caviglia sul davanzale, in modo da massaggiarla. Ovviamente, se in questo momento avesse la sua bacchetta, le basterebbe un istante per far sbucare un paio di bende, o richiamare con un Accio una crema che ha in camera, e tutto sarebbe a posto. Ma la prima cosa che ha fatto il professore d'Incantesimi, ancora prima di preoccuparsi per l'incidente, è stato togliere a lei e a Dean le loro armi. Questa cosa la fa sentire incredibilmente impotente, ma ha capito che, almeno per ora, non c'è modo di ribellarsi.
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    Apre la bocca, nell'intento di chiedere a Dean se ha qualcosa da fumare in questa loro pausa, ma viene interrotta dall'avvicinarsi di passi proprio dietro l'angolo. Trattiene il fiato, puntando gli occhi in quelli dell'amico. E se dovesse essere uno degli uomini di Kingsley, o un professore, che faranno? Come giustificheranno il fatto d non essere a lezione? Potrebbero fingere di essere del settimo anno e di avere un'ora buca, ma non se la berrebbero. Potrebbero dire di stare svolgendo un compito per qualcuno. Il professore di Storia della Magia ci stava parlando della nascita di Hogwarts e aveva bisogno di sapere quante sono le mattonelle di questo corridoio. Accidenti, mi ha fatto perdere il conto! Si morde il labbro. Potrebbero sempre far finta di essere già stati messi in punizione da qualcuno. Sono stati sbattuti fuori dall'aula perché si sono presi a botte, e la loro punizione è già stata assegnata. Sì, anche così ha senso.
    Dall'angolo che adesso entrambi stanno fissando, fortunatamente, sbuca fuori solo una ragazza di Corvonero che, Malia lo nota dal suo sguardo, non sembra trovarsi qui per caso. Nel vederla, tuttavia, la mora emette un sospiro di sollievo più profondo e rumoroso di quanto avrebbe pensato. La biondina, che riconosce essere del quarto anno, cammina decisa fino a loro, sfoggiando un sorriso smagliante in direzione del biondo. « Ciao Dean » pronuncia con fare lascivo, trascinando in modo quasi esagerato il nome del Grifondoro. Sorride di nuovo e se ne va, ancheggiando, non senza avergli rivolto qualche sbattito di ciglia di troppo.
    La Stone non attende nemmeno che la ragazza sia sparita dalla loro vista per piantare una vigorosa pacca sulla spalla dell'amico. « Ah però! Era proprio carina. Complimenti, tigre » si congratula, ridacchiando. « Anche se, ora che ci penso, stamattina credo di averti visto con una Tassorosso tutta tette... O sbaglio? Dimmi, quante faccende hai in fase di lavorazione? » aggiunge, sinceramente curiosa. Come Dean riesca ad adescare così tante donne in così poco tempo, per lei resta ancora un mistero. Ancor più incredibile, poi, è pensare che tutte quelle ragazze cascano puntualmente agli stessi tranelli, e alle sue battute riciclate da Don Giovanni. Ma, gliene deve dar atto in ogni caso, in questo campo il Grifondoro è un vero mago.
     
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    "No, io te lo dico, a me questa cosa fa girare le palle e non poco. Secondo me è una mancanza di rispetto." Opinabile ciò che Dean potesse ritenere tale. E soprattutto, a prescindere, verrebbe spontaneo commentare con un meritatissimo 'da che pulpito'. Il re della strafottenza, il re del non rendersi conto di quanto il proprio comportamento possa risultare inopportuno e a volte persino ferire il prossimo: lui, proprio lui, il famigerato Dean Moses, trovava che qualcuno gli avesse mancato di rispetto. E, per giunta, non uno qualsiasi. Mica parlava del Tassorosso stupido del quarto anno, no signori. Mica si riferiva al compagno infame di turno che si rifiutava di suggerirgli. No no. Lui parlava niente meno che del preside stesso, di EddyKing (soprannome che, per inciso, sembrava aver preso piede un po' tra tutti a scuola, e questo non poteva che renderlo orgoglioso di se stesso per averlo lanciato come moda). Incautamente reggeva una Malia claudicante nella strada verso la libertà, tenendole il braccio ben saldo attorno alle proprie spalle, senza tuttavia far troppo caso a quanto il suo passo risultasse decisamente più lungo e veloce rispetto a quello di lei. "Cioè, io le sto provando un po' tutte. Ho racimolato qualche punizione, qualche compito extra, qualche punto in meno, ma mai una volta che mi avesse convocato nel suo ufficio. Neanche una. Cioè, sono pur sempre il caposcandalo del castello o sbaglio? Se pensa di farmi desistere a colpi di menefreghismo - eh - ha sbagliato persona, 'sta merda. Gliele butto giù 'ste quattro tegole di scuola, cascasse il mondo!" Dean e le priorità: un sodalizio che nei suoi momenti migliori riusciva a sfiorare le vette dell'assurdo. Eppure ognuno ha le sue: c'è chi se l'era presa maggiormente per la bacchetta, chi per le uscite (tra questi anche Dean), chi per i nuovi alloggi e chi per il decadimento delle cariche. Dean, in particolar modo, se l'era presa per la poca considerazione che la nuova reggenza aveva mostrato per la sua somma autorità di scansafatiche e malandrino massimo. "Tu che ne pensi?" "Fan-cu-lo." "Già, lo dico pure io." Preso com'era da quell'arringa ci mise qualche istante a capire che l'imprecazione della compagna non era rivolta al preside, ma piuttosto all'infortunio che aveva appena subito, e che Dean sembrava essere ancora convinto che si trattasse di una messinscena. "Ma che te la sei data davvero l'armatura sulla gamba?" Sì, se l'era data davvero, e dalle smorfie di dolore che faceva non poteva proprio essere altrimenti. Inutile dire, dunque, che il Grifondoro non si trattenne tanto dallo scoppiare a ridere nella sua solita maniera scomposta, di cuore, tanto genuina quanto bastarda. "No vabbè, la meglio. Non te frega nessuno, Stone." "E smetti di ridertela così tanto, tu. La prossima volta facciamo a cambio." "Oh, è un complimento! Hai mostrato dedizione, cazzo. Grifondoro vera. Mi sei piaciuta." Un occhiolino veloce prima di sganciarle il braccio dal collo, aiutandola a issarsi sul davanzale per poi indietreggiare di qualche passo, prendendovi posto anche lui con un balzo. "Mi sa che ho castato male il Morbido Cadent." Uno. Due. Tre clic. Accendino di merda. Uno. Due. Tre. Deo gratia! Con un gesto sciolto del capo sbuffò il primo tiro della propria sigaretta, mentre scoccava di traverso alla mora uno sguardo divertito. "Ma lo sai? Mi sa proprio di sì, eh." Stava per ridere e darle una leggera spinta con la spalla, quando improvvisamente le sue orecchie si drizzarono nell'udire un ritmato rumore di passi dal corridoio. All'unisono, come in un duetto ben orchestrato, gli occhi dei due si spalancarono, fissandosi come se si stessero mentalmente interrogando sul da farsi. Panico. Nella frenesia del momento Dean, voltandosi da una parte e poi dall'altra senza sapere dove nascondersi, si ritrovò a buttarsi la sigaretta alle spalle con un ampio gesto del braccio, facendola cadere per tutti quei metri sotto di loro. Se doveva far perdere punti a Grifondoro, lo avrebbe fatto per qualcosa di eclatante che gli avrebbe finalmente consentito di avere un faccia a faccia con EddyKing, non di certo per una sigaretta. "Ciao Dean." E qui, anche voi senza bacchetta, appellate tutta l'immaginazione che avete a disposizione per farvi un'idea dell'incredibilmente vasta gamma di bestemmie tra le più creative che passarono per la mente del biondo nel vedere il sorrisino della Corvonero. "Ciao Sasha." Detta anche Sasha tetta floscia: il lusinghiero epiteto con cui si riferiva a lei quando ne parlava con Sam. La seguì con un sorriso sornione mentre passava di fronte al davanzale, per poi riconcentrarsi sul pacchetto di sigarette e la relativa accensione di una di esse non appena questa sparì dietro l'angolo. Istintivamente porse pacchetto e accendino a Malia, anticipando già la richiesta sottesa: ordinaria amministrazione. Tuttavia il pugno sulla sua spalla arrivò ben prima che la bionda si allontanasse, sebbene Dean avesse cercato di dissimularlo con tutto l'aplomb che riuscì a trovare in sé - aplomb, ovvero faccia da culo. "Ah però! Era proprio carina. Complimenti, tigre. Anche se, ora che ci penso, stamattina credo di averti visto con una Tassorosso tutta tette... O sbaglio? Dimmi, quante faccende hai in fase di lavorazione?" Sbuffò il primo tiro di sigaretta, passandosi una mano tra le chiare ciocche disordinate, mentre chiudeva un occhio e alzava al cielo l'altro in una smorfia tra il pensieroso e il 'ho fatto l'ennesima cazzata'. "Eh..bella domanda." Bella davvero. Dean si svegliava la mattina senza nemmeno ricordarsi dove aveva messo le mutande, figuriamoci se riusciva a tenere il filo di tutte le tipe con cui ci provava. Non che lo facesse con cattiveria, sia chiaro: lui provava un genuino interesse ai limiti dell'innamoramento facile per ognuna di quelle bellissime creature..il problema era che lo provava per tutte..e puntualmente durava non più di due settimane. Rimase per qualche istante in silenzio, guardando il cielo terso sopra di sé con fare pensiero, solo per poi scuotersi all'improvviso e riportare il sorriso alle iridi castane di Malia. "Lo sai? Ho letto da qualche parte che, statisticamente parlando, abbiamo già incontrato la nostra anima gemella prima dei ventun'anni. Mi sono fatto due conti: io tra un mesetto ne faccio diciotto." Un altro tiro di sigaretta "Ho tempo, è vero, ma la probabilità che ce l'abbia già avuta sotto il naso - e che ci abbia pure già provato - è davvero alta." E come biasimarlo? Dean ci aveva provato davvero con tante ragazze, e con buona parte il gioco gli era persino riuscito. E poi? E poi niente, come al suo solito si era stufato, così, dal giorno alla notte. Ogni volta partiva con le buone intenzioni, ogni volta ci si metteva di impegno, e ogni volta semplicemente non ce la faceva: c'era sempre qualcosa più in là, qualcuno di più bello, di più interessante, di più divertente, qualche mistero più misterioso di quello precedente. E probabilmente, alla fine dei conti, l'unico mistero era lui e cosa davvero stesse cercando. "Quindi ci ho pensato. Me le sono elencate un po' tutte. E sono giunto a una conclusione." Un altro tiro, altra suspance, altra riflessione irrefrenabile e tremendamente veloce, fin troppo per essere seguita a occhio nudo nelle sue iridi celesti. "O cerco un tipo di persona che non esiste - e quindi non me ne va bene una per forza di cose -, o semplicemente non ci sono tagliato per il lungo termine, oppure..bo..la devo ancora vedere. Vedere davvero, intendo, perché magari è tipo la Signora Grassa, e sono troppo superficiale per darle una possibilità." Rise a quelle parole, con il suo solito fare canzonatorio da giullare che sul serio ci prende un po' tutto e niente. Ecco, quello forse era il suo problema: che le cose le prendeva con troppa serietà a uno stadio in cui non avrebbe dovuto, per poi prenderle invece troppo alla leggera quando giungeva il momento di riflettere. Era nato al contrario, Dean Moses: ne' bianco ne' nero, ne' caldo ne' freddo, sempre a dire la cosa sbagliata nel momento giusto e la cosa giusta nel momento sbagliato, sempre a guardare dalla parte errata, alla persona errata. Dean era un ammasso disordinato di lettere che, a intuito, si riusciva a capire che avrebbero dovuto - o quantomeno potuto - formare una parola di senso compiuto se solo qualcuno si fosse preso la briga di riaggiustare un po' il loro posizionamento. Dean era il classico tutto a posto e niente in ordine. "O magari è solo una grossa cazzata. Che ne pensi?" scrollò ancora una volta le spalle, ridacchiando tra sé e sé prima di aspirare un altro tiro e riprendere parola "Ma soprattutto: come stai messa? Sento di tanti cuori trafitti per la famigerata bella di Grifondoro, ma non sento nulla di pratico. Ho fallito nella mia pettegolanza oppure è vero che non ti stai dando da fare?" Domanda retorica, dato che Dean sembrava essere il prete del castello: prima o poi tutti andavano a raccontagli i cazzi propri, forse perché uno spacciatore era la cosa più vicina a un prete che Hogwarts potesse offrire.
     
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    Dean Moses. Al castello non esiste una mente più stramba, ingegnosa, creativa e totalmente fuori dal comune della sua. L'ha sempre ammirato, Malia, perché riesce in tutto quello che fa (eccetto la scuola, ma quello, si sa, è un problema diffuso) e soprattutto ci mette dentro una passione incredibile; nei suoi sorrisi sornioni alle ragazze, anche adesso, mentre osserva l'avvenente Sasha allontanarsi - « Che faccia di culo che sei, lasciatelo dire » - in tutte le attività scolastiche, o, per lo meno, quelle che non richiedono impegno dal punto di vista dello studio, nella sua curatissima coltivazione di piantine che portano gioia alla scuola intera, e perfino nei continui e imperterriti tentativi di farsi mandare nell'ufficio del nuovo preside, per raggiungere chissà quale record o avere un qualche tipo di confronto con lui. « Dovresti provare con qualcosa di più eclatante » gli ha suggerito lei, appena prima che fossero interrotti dall'arrivo della Corvonero, due dita sotto al mento e l'espressione pensierosa « Hai provato a lanciare un minipetardo nella scala a chiocciola che sta sotto il suo ufficio? Secondo me fa un bel casino. Tipo che gli trema tutto il pavimento sotto ai piedi. Te l'immagini? » Uno scherzo che va eseguito con cautela, certo, perché un richiamo va bene, ma rischiarci pure l'espulsione... Anche se, quando poi ci pensa bene, ora come ora essere espulsi da Hogwarts non sarebbe una così grande tragedia. Qualunque posto al mondo potrebbe essere più piacevole.
    Osserva Sasha sparire dietro l'angolo e, con un sorriso di gratitudine, accetta il pacchetto offertole da Dean, insieme all'accendino. È la classica persona, lei, che non compra le sigarette perché non ha voglia di prendersi il vizio, ma che alla fine fuma lo stesso, scroccando un po' a tutti. Lei lo fa in particolare - e in modo decisamente esagerato - con il Grifondoro, ed il fatto che quest'ultimo non si sia (quasi) mai lamentato della cosa rientra senza dubbio nella top five delle cose più belle della loro amicizia. Sfila una sigaretta e se la porta alla bocca, per poi riuscire ad accenderla dopo qualche tentativo, e nel frattempo ascolta uno dei soliti discorsi assurdi di Dean, quelli che cominciano sempre con Da qualche parte ho letto che. Intercala le affermazioni del biondo con brevi cenni della testa e sospiri, ogni tanto, e qualche stretta di spalle.
    « Ho tempo, è vero, ma la probabilità che ce l'abbia già avuta sotto il naso - e che ci abbia pure già provato - è davvero alta. »
    Inarca un sopracciglio e sposta lo sguardo dal muro che ha di fronte al viso del ragazzo, improvvisamente più interessata al discorso. « Che fai se la tua anima gemella è una di quelle che ti sei fatto e a cui non hai più neanche mandato un gufo? E se la donna con cui dovresti passare il resto della tua vita ti odiasse già adesso? Okay, sto zitta. Continua pure » ridacchia, sinceramente divertita, mordendosi il labbro inferiore.
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    « O cerco un tipo di persona che non esiste - e quindi non me ne va bene una per forza di cose -, o semplicemente non ci sono tagliato per il lungo termine, oppure..bo..la devo ancora vedere. Vedere davvero, intendo, perché magari è tipo la Signora Grassa, e sono troppo superficiale per darle una possibilità. O magari è solo una grossa cazzata. Che ne pensi? »
    Annuisce, pensierosa, e soffia una piccola nuvola di fumo verso il corridoio. La brezza primaverile proveniente dalla finestra aperta alle loro spalle le solletica la nuca; sono a Maggio, ma qui in Scozia fa ancora troppo freddo per i suoi gusti. Si stringe nelle spalle, non esattamente sicura di come rispondere alla domanda del biondo. Lei, all'anima gemella, non ci ha mai creduto davvero; o forse ha smesso di crederci in corso d'opera, quando si è resa conto che tanto le relazioni vanno tutte male a prescindere.
    « Dipende tutto da che intendi tu per anima gemella. Perché se cerchi la persona perfetta per te non credo la troverai mai. Quello che voglio dire è » una breve pausa: si schiarisce la voce, rotea leggermente il busto in direzione del Grifondoro, così da potercelo avere di fronte mentre parla. « Ci sono, tipo, sette miliardi di persone al mondo, no? Ora, sono certa che tra tutta questa gente la persona perfetta per te ci sarà, quella che ride a tutte le tue battute - anche se francamente questo lo dubito - e che saprebbe leggerti nella mente come nessun altro. Magari c'è, davvero, una che ha un combinazione di geni e di caratteristiche fisiche e psicologiche e tutta quella roba lì tale da essere fatta su misura per te. Solo che poi è una thailandese di ottantasette anni » si stringe nelle spalle, un mezzo sorriso che nasce sul volto. Spera che Dean abbia afferrato il punto del suo discorso, nonostante lei sia stata un po' contorta nella spiegazione. « Quindi sì, in conclusione, secondo me cerchi una persona che non esiste. O, meglio, che è irraggiungibile. Ma va bene così, dopo tutto lo sentiamo sempre dire da tutti che le relazioni sono compromessi, eccetera eccetera, no? Metti che siamo tutti dei pezzi di un puzzle; ecco, l'incastro perfetto per il nostro non esiste, oppure è dalla parte opposta del tavolo e non possiamo raggiungerlo. E allora siamo costretti a trovarci un altro pezzo che con noi si incastra così così, che qua e là lascia un po' di buchi e che in altre parti dobbiamo forzare. Insomma, sì, alla fine scegliamo quello che fa meno male ai nostri pieni e ai nostri vuoti. » E alla fine di questa disquisizione filosofica, la Grifondoro si ritrova ad aggrottare le sopracciglia, ad un tratto anche lei confusa dalle sue stesse parole. Non è sicura di aver detto quello che intendeva. L'amore fa male, prima di tutto. Un concetto così antico, così trito e ritrito ma sempre estremamente e dolorosamente vero. Prima non la pensava proprio così, la giovane, e non si ricorda esattamente il momento in cui le cose sono cambiate, in cui ha cominciato a fare l'indifferente e respingere i sentimenti. A un certo punto del suo dicorso, però, deve ammetterlo, si è persa. Si stringe nelle spalle, noncurante, nella speranza che Dean abbia capito qualcosa del suo discorso che anche a lei appare così confuso e assurdo, e che non le rida in faccia - anche se, in fin dei conti, non sarebbe una gran novità. « Non so, hai capito quello che volevo dire? Perché io credo di essermi persa per strada » ribadisce alla fine, ridendo. Un altro tiro di sigaretta e accavalla le gambe, portando la destra sulla sinistra, e con la mano libera massaggia un po' la caviglia infortunata. È abbastanza certa che non sia nulla di grave; tra un paio d'ore al massimo sarà tutto passato.
    « Sento di tanti cuori trafitti per la famigerata bella di Grifondoro, ma non sento nulla di pratico. Ho fallito nella mia pettegolanza oppure è vero che non ti stai dando da fare? »
    Solleva gli occhi al cielo e sbuffa, fingendosi un po' esasperata. L'ultima cosa di cui ha voglia è parlare della sua vita sentimentale - anche perché, allo stato delle cose, come ha appena detto Dean, non ne ha una - e, se proprio dovesse condividere i suoi pensieri al riguardo, al momento il Grifondoro sarebbe senza dubbio la persona con cui meno converrebbe aprirsi. Ma è pur sempre Dean, e Malia le bugie non sa come dirle, figuriamoci a lui. Porta al petto il braccio sinistro, e con questo sostiene l'altro, che regge la sigaretta. Fa un altro tiro, prima di parlare.
    « Come potresti mai fallire tu, che sei una vecchia pettegola nata? » domanda retorica, e scoppia a ridere, dando al compagno una leggera spinta con la spalla. « Non c'è molto per cui darsi da fare, a dire il vero. Il problema è che forse la persona che mi piace è peggio di te, che se ne fa una diversa ogni giorno, e forse io non voglio essere l'ennesima tra le tante. Allora quale sarebbe il punto? » Confessa, in tutta sincerità. Queste cose non dovrebbe dirle. Non dovrebbe nemmeno pensarle. E, soprattutto, non dovrebbe dirle a Dean. Per quanto possa fidarsi del Grifondoro, conosce bene il legame che lo unisce a Sam, e sa che non può essere scavalcato da nessun'altra cosa. Stupida, stupida Malia dalla bocca larga. Cerca di rimediare, prima che lui possa ricamarci troppo sopra con i pensieri. « Ma alla fine non è importante. Se c'è una cosa che ho capito è che io e le relazioni non andiamo d'accordo. Mi finisce sempre a scegliere degli stronzi colossali oppure delle persone totalmente sbagliate per me. » Per ultimo Wilhelm, appunto. Niente a che vedere con Malia. Così dolce e gentile, intelligente, attento alle buone maniere, il ragazzo perfetto insomma. E lei come una stupida a pensare a qualcun altro. « Forse non sono fatta per stare con qualcuno, e basta. Non riesco a impegnarmi e non ho voglia di farlo. » Lo sa, Malia, che si contraddice da sola. Lo sa fin troppo bene. Quello che ancora non ha capito, però, è cosa vuole.
    Sospira, voltandosi verso Dean. « Pensi che ti verrà mai la voglia di... ecco, sì, di mettere la testa a posto? Insieme a tutto il resto, intendo. Famiglia e robe varie. »
     
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