Think I got myself in trouble So I fill the bath with bubbles

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    Da quando avevano accettato mestamente di non vedere più la calda luce del sole irradiare le stanze attraverso le colorate vetrate a grifondoro? Quando era successo di preciso che li avevano rinchiusi lì sotto, a prendere muffa e umidità, come dei vecchi giocattoli che nessuno vuole più usare. I primi isterismi, e se ne era accorta anche lei, avevano lasciato il tempo che avevano trovato, e adesso nelle segrete del castello per quanto l'aria stantia rendesse tutto troppo pesante, si stava meglio. Lo vedeva nel volto coraggioso di Beatrice, negli occhi dolci di Olympia, nella vivacità della voce di Reina. Eppure il venticello sottile che si levava la sera quando di nascosto si alzava dal letto per aprire appena una delle grosse finestre, quella vivace ilarità che accompagnava i suoi - spesso futili – pomeriggio di studi, quella sensazione non era percepibile. Se prima era stata palpabile, reale e materiale, benché aleggiasse nell’aria, ora sembrava sparita. L’animo grifondoro non era stato represso, non era stato spento, il loro fuoco continuava ad ardere, ma sembrava essere stato domato. Scout si sorprese a pensare cose tanto profonde, tant’è che rise sonoramente facendo voltare il gruppetto di compagni. Olympia la guardò con sospetto, inarcando istintivamente il sopracciglio sinistro. « Niente, lasciate perdere» Con la mano scacciò la risata, provando a tornare seria, per quanto riuscisse ad esserlo e lo fosse mai stata. Forse proprio per questo, per il fatto che Scout rideva sempre senza motivo, che i suoi compagni tornarono a farsi gli affari propri, lasciandola assentarsi di nuovo. Scout Gallagher e le sue capacità di concentrazione pari a quelle di un moscerino cerebralmente menomato. Certo, chiunque si sarebbe distratto nel leggere il trattato della pace magica del 1659. O forse era 1596. Portò gli occhi al cielo, con fare pensante, senza abbassare la testa sul libro che aveva la risposta che cercava scritta a caratteri cubitali. Soprattutto, chiunque si sarebbe distratto in un noiosissimo sabato pomeriggio, con la pioggia battente, talmente forte che anche lì , in quell’angusto orifizio dove li avevano sbattuti, era possibile sentirla picchiettare contro qualsiasi oggetto che si parasse nella sua traiettoria. Troppo assorta nei suoi pensieri, Scout lasciò scivolare via il libro di storia della magia, materia mai troppo apprezzata dalla ragazza – voto tipico: Troll – come si scivola nei sogni.
    Fu il tonfo dell’enorme tomo che colpiva il pavimento a destare la sua attenzione. « Che cazz…?» Saltò a sedere, catapultata bruscamente alla realtà dai suoi viaggi mentali privi di logica e senso. « Scout.. sei con noi oppure no?» La grifondoro guardò perplessa il gruppetto. Chissà di cosa cavolo stavano parlando. « …mi sono persa una parte» Sorrise, sfoderando il suo migliore sguardo da cucciolo smarrito. « comunque per me va bene tutto» tagliò corto, come se avesse qualcosa di importantissimo da fare. « [color=#FF1C1C] Vi lascio continuare a studiare, io…» balzò in piedi e raccolse il libro gettandolo con disattenzione sul divanetto malconcio che ormai aveva preso la forma del suo sedere. « torno prestissimo

    Non sapeva nemmeno com’è che era voluta andare lì, ma il bagno dei prefetti, tutto ad un tratto, le era sembrato il luogo adatto per nascondersi un po’ dal mondo, e per rilassarsi.
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    Inoltre, ricordava dalle immagine vagamente delineate nella sua mente distratta, di un’enorme vetrata con una delicata sirenetta dipinta sul vetro. C’era stata un paio di volte, una delle quali aveva rischiato di allagare l’intera stanza sotto l’attenta supervisione e la totale complicità di Elliot, all’epoca ancora insignita della sua spilla. Trovare la strada quasi del tutto vuota per una persona poco fortunata come lo era lei, dall’innata capacità di farsi beccare nelle situazioni più inverosimili, era stato un vero colpo di fortuna. Qualche volta non sono impegnati a punire me. La statua di Boris il Basito, che la ragazza aveva sempre trovato vagamente ridicola, le ostruiva il passaggio, come era sempre stato. Guardò il suo sguardo perso, cercando di ricordasi della parola segreta che ne consentiva l’accesso. Impresa difficile, dal momento che la stessa parola d’ordine della sua ormai - a malincuore – sala comune veniva dimenticata dalla ragazza ogni paio di mesi, benché rimanesse praticamente invariata. Quante volte si era ritrovata ad aspettare qualche primino ignaro del tutto fuori al quadro della signora grassa, che nonostante oramai la conoscesse da sei lunghi anni, si rifiutava comunque, con i suoi sei doppi menti, di farla passare, guardandola con un’aria di presunta superiorità che non aveva senso di esistere. Sospirò, frugando fra la sua mente. Già era stato un miracolo riuscire a non perdersi, perché anche a senso dell’orientamento Scout non era mai stata un segugio. Kinsley merda pensò senza avere il coraggio di pronunciarlo, magari era quella la nuova parola d’ordine. Ma meglio non dirlo, dal momento che i suoi sospetti sul fatto che i muri della scuola avessero le orecchie sembrava sempre più reale. « Non è che potrebbe farmi passare e basta?» chiese alla statua immobile, che impassibile teneva lo sguardo perso nel suo. « No eh? Però non faccia quel muso lungo» disse ridendo della sua stessa triste affermazione. Dove sono i Corvonero quando servono pensò spazientita.
    Un vago ricordo, ripieno di dubbi, sembrò brillare davanti ai suoi occhi. « Frescospino» disse, buttandola un po’ lì, certa al novantanove virgola nove percento di aver sbagliato. Ma Elliot, era stata lei a dirgli la parola d’ordine, ora lo ricordava, perciò quando il vecchio cavaliere pensante prese vita per farsi da parte e farla passare la ragazza non rimase troppo sorpresa. Che poi, ora che ci pensava, quello none ra nemmeno più il bagno dei prefetti, dal momento che i prefetti, così come i caposcuola, non c’erano più, le loro cariche erano decadute. Perciò quello era territorio di tutti, come il resto della scuola. Si sentì un po’ meno fuorilegge una volta appurata questa cosa, perciò prima di perdersi ad osservare come incantata le vetrate dalle quali filtrava la luce creando un caleidoscopico arcobaleno di colori, Scout aprì tutti gli enormi rubinetti dorati lasciando che l’acqua corrente scorresse e riempisse quell’enorme vasca più simile ad una piscina che ad una tradizionale vasca da bagno. Il privilegio di quel bagno era stata l’unica cosa che le aveva fatto invidiare un po’ i suoi amici prefetti. Per il resto, troppe responsabilità.
    Si immerse fra le bolle alte quasi quanto lei con indosso della ridicola biancheria intima – le mutande con le paperelle erano da sempre le sue preferite – rimanendo in ammollo. La luce, l’acqua calda, tutto aveva un effetto lenitivo sulla sua mente stanca, un balsamo per quella sua testa che sembrava surriscaldarsi troppo quando davanti le venivano messe situazioni che richiedessero la sua eccessiva attenzione. Nemmeno si accorse del rumore della pietra che si rianima e dei passi avvicinarsi alla vasca. Probabilmente sarebbe potuta scoppiare la terza guerra magica, o un troll avrebbe potuto interrompere, e lei sarebbe rimasta lì a galleggiare fra le bolle colorate.

    Edited by fire-starter - 4/9/2017, 22:48
     
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    Quella situazione non gli piaceva. Non aver battuto ciglio nè tanto meno cercato di dare sfoggio di un minimo di ribellione quando il nuovo preside aveva dettato il suo nuovo decreto lo stava ripagando, e pure parecchio male. Era solo, completamente solo in una stanza che adesso, più grande che mai, sembrava al contrario andargli stretta. Sam, il suo compagno di stanza, era stato sbattuto in gattabuia, o "nei sotterranei", così come chi appoggiava Kingsley si ostinava a dire. Non gliene sarebbe fregato nulla di quell'inutile iniziativa, se non fosse giunta per colpirlo in pieno. Nonostante nelle sue vene scorresse sangue puro da generazioni, e nonostante probabilmente difficile a credersi, Arthur non era mai stato fissato con un certo tipo di stronzate. Era fissato con molte altre cose, ma non con questa. Un certo tipo di discriminazione la usava solamente nel tempo libero, quando non trovava degli altri motivi abbastanza pregnanti per tormentare chi di dovere. Non perchè ci credesse sul serio, semplicemente perchè, in quel preciso momento, quello era il motivo più facile e vicino da poter utilizzare a proprio favore per farsi voler bene come suo solito. Una testa di cazzo insomma, ma su questo non c'erano dubbi. Ed ora eccolo quì, col suo bel sangue pulito nelle vene, e nessuno a fargli compagnia in camera. Ha sempre sofferto la solitudine in maniera particolare, Arthur. E' nato in compagnia, ed in compagnia è cresciuto. Sua sorella Daveigh c'è sempre stata per lui, nel bene o nel male. « Posso dormire da te? » Le aveva chiesto qualche giorno fa, seduti al tavolo della sala grande per fare colazione. O quanto meno fingere di farla, per quanto riguardava il serpeverde. « Direi di no, sei un ragazzo. ..Anche se non sembra. » Aveva risposto Daveigh, con un leggero sorriso ad allargarle un angolo delle labbra sottili. Arthur aveva sbuffato, incrociando entrambe le braccia e sfoderando un broncio da vero duro. Quello che funzionava sempre coi suoi genitori quando voleva ottenere qualcosa, insomma. Perchè sì, era parecchio bravo a fare il viziato, quando ci si metteva d'impegno (e neanche poi tanto, ad essere del tutto sinceri). « Me lo devi. Sono sei anni che ti chiedo di farmi conoscere le tue compagne di stanza e tu mi ignori abilmente. » « Hai visto che hanno finalmente rimesso i muffins ai mirtilli per colazione? » « ..LO STAI FACENDO DI NUOVO » Aveva riso, Daveigh, stringendosi nelle spalle e chinandosi sulla tavola per agguantare uno di quei famosi muffins. Dei dolcetti informi di colore bluastro, con dentro una strana crema violacea assai losca, li aveva provati una volta. ...Ed aveva deciso di gettarli al suo gufo, che era quasi morto per i troppi zuccheri, ma questi son dettagli. « Andiamo, ce l'hanno mica d'oro che non posso conoscerle? » « Ti cacceresti nei guai se ti facessi entrare nel dormitorio femminile. » « Oh certo, dopo quello che abbiamo fatto sarebbe una notte nel dormitorio femminile a farmi cacciare nei- AHIA IL NASO NO! » Insomma, se ancora non si fosse capito, non aveva funzionato. Quindi eccolo là, Arthur Cavendish, disteso sul proprio letto, con la testa a pendere assieme alle braccia al di là dello spazio del materasso. Guarda il mondo capovolto, e stranamente gli sembra più equilibrato del normale. Sbadiglia, stiracchiandosi e rimettendosi a sedere così velocemente che un'esplosione improvvisa di sangue al cervello lo costringe a tenere gli occhi chiusi per un po'. Li riapre, sbattendo numerose volte le palpebre e cercando di decifrare la prospettiva di ciò che lo circonda. La sua vista peggiora...a vista d'occhio. Okay questa era davvero brutta, ma insomma, sta peggiorando negli ultimi tempi. Gli oggetti sembrano sbiaditi, come velati da uno scuro strato ombroso. Chissà come dev'essere la vita da ciechi. Forse, se continuerà così, non gli mancherà poi tanto per scoprirlo. Si comprerà un paio di quegli occhiali scuri e rotondi, ed un cane. Sì, vuole decisamente un cane. Si alza di scatto, balzando giù dal letto. La caviglia sinistra si piega di lato e ciò lo fa precipitare pericolosamente per terra, sfracellandosi la faccia contro il pavimento. Buttata giù qualche divinità vecchia e nuova si rialza, più nervoso di prima. Si massaggia il naso, mentre prende a camminare tentando di ignorare la caviglia dove ha preso la storta. Già non ci vede, se adesso zoppica pure siamo a cavallo. Esce dal dormitorio Serpeverde a passo svelto, addentrandosi nei sotterranei senza neanche guardarsi attorno. Non ha una meta e non gli interessa averla. Lascia che le scale lo guidino dove preferiscono, poggiandosi alla ringhiera mentre sbadiglia rumorosamente. « Dovresti metterti la mano davanti, ragazzo, è buona educazione » « Dovresti farti i cazzi tuoi, è buona educazione » Ci mancavano solo i quadri rompipalle, in quella scuola. Si guarda attorno una volta giunto in uno dei corridoi, e la sua attenzione si posa sulla statua di Boris il Basito. Il bagno dei prefetti, non sarebbe poi un'idea così cattiva.

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    « Boooooris! Vecchia canaglia come andiamo? » Non si ricorda la parola d'ordine, chiaramente. Se l'è fatta con qualche prefetto in passato, e devono avergliela detta (oltre che data) sicuramente, ma proprio non riesce a ricordarla. Non ha voglia di mettersi a pregare una fottuta statua, quindi decide di andare sul sicuro. « Senti, se tu mi lasci passare ed io non ti distruggo la faccia a martellate che ne dici? » Ma la tattica non sembra funzionare. E' bravo con le minacce agli umani, con quelle alle statue deve ancora imparare. « No aspetta, fresco..frescospino? » La statua si anima all'improvviso lasciandolo passare. Esulta, Arthur, sporgendosi per potergli dare un bacio sulle labbra marmoree prima di sgattaiolare dentro. « L'ho sempre detto che ti amo! » Si guarda attorno, mentre l'ingresso si richiude alle sue spalle. Non è solo. L'aria è intrisa dal profumo del bagnoschiuma, mentre numerose bolle di sapone danzano in aria. Una di esse si poggia sul suo naso prima di scoppiare facendogli strizzare gli occhi. Dovrebbe andarsene, senza disturbare la privacy di chi è arrivato prima di lui ma hey..E' di Arthur Cavendish che stiamo parlando. Cammina velocemente, piegando la testa di lato una volta giunto di fronte alla vasca. Il suo cuore perde qualche battito non appena la vede, mentre un sorriso di dubbia provenienza si distende sulle sue labbra sottili. « Ehilà, interrompo qualcosa? » Scout Gallagher, la sua più grande cotta. Attuale, per lo meno. I capelli rossi galleggiano tra le bolle di sapone, mentre la sua pelle diafana e nuda traspare attraverso l'acqua. Si morde il labbro inferiore, sfilandosi il maglioncino della divisa e sbottonando la camicia bianca sottostante. Si toglie anche i pantaloni e le scarpe in pochi istanti, prima di sedersi sul bordo della vasca. « Eddyking vi dà il permesso di lavarvi o dovrò fare la spia una volta usciti di quì? Magari se mi convincessi a non farlo.. » Sussurra, viscido come un serpente a sonagli, mentre scivola lentamente sotto il pelo schiumoso dell'acqua. « A proposito, carina la biancheria intima. Non ti facevo così sexy, le paperelle sono davvero eccitanti devo dire. » Si passa le mani ormai bagnate tra i capelli chiudendo per qualche istante gli occhi per poi tornare a guardarla. « Io non ricordo come ho le mie..Mmh » Affonda le braccia sotto la schiuma, rialzandole solo una volta essersi sfilato i boxer. Li osserva, pensieroso, poi la guarda di nuovo. « Oh..Semplicemente neri, che tristezza. » Che gran bastardo, Cavendish.


    Edited by haemolacria. - 5/9/2017, 00:37
     
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    Con una soglia dell’attenzione bassa come la sua era stato facile perdere qualsiasi contatto con la realtà e lasciarsi trasportare dal mare di bollicine colorate che la cullavano, come una dolce ninna nanna. Era una sensazione che vagamente le ricordava la sua infanzia, ma non era nemmeno sicura che quel ricordo le appartenesse o che fosse solo frutto della sua fervida immaginazione. In parte, non riusciva a nasconderlo, la sua carenza di ricordi e memorie del passato che la legassero in qualche modo a sua madre facevano soffrire terribilmente, ma era così strano vederla intristita che nessuno ci avrebbe mai giurato Così presa da quel leggero oscillare dell’acqua non fece caso al minimo rumore, i sensi assopiti e assorti in un viaggio sensoriale. A vederla così, con gli occhi dischiusi e le braccia a pelo dell’acqua qualcuno avrebbe potuto domandarsi cosa la sua giovane e vivace mente stesse fantasticando, ma in verità molto probabilmente di fantastico nella sua testa in quel momento non doveva esserci poi molto. Era andata lì per rilassarsi, per tenere lontani i pensieri, e Scout Gallagher era una maga nell’evitare di pensare. Nemmeno le assurde domande che solitamente la tormentavano sembravano presentarsi in quel momento. Nessun “com’è che riesco a galleggiare?” Nessun viaggio mentale su com’è che un corpo riesca a tenersi a galla secondo le leggi della fisica e non per pura magia, dal momento che il suo mondo posava le fondamenta proprio su quest’ultima. Pensieri troppo complicati che per una ragazza come lei, ritenuta per lo più poco brillante, si presentavano costantemente.
    Mentre i lunghi capelli rossi fluttuavano attorno alle spalle nude infrangendosi contro le bolle arcobalenate una voce squillante interruppe quel suo sacro silenzio. Provò ad ignorarla per un momento, in realtà non sembrò nemmeno accorgersene, ma un improvviso movimento dell’acqua le fece perdere appena il precario equilibrio con cui si teneva a galla .
    Assurdo come le persone possano tanto rassomigliare agli animali, pensò, mentre toccava piede nuovamente sul fondo dell’enorme vasca e si trovava costretta a guardare una delle persone più ambigue che la ragazza avesse incontrato da quando appena undicenne aveva messo piede ad Hogwarts « Eddyking vi dà il permesso di lavarvi o dovrò fare la spia una volta usciti di quì? Magari se mi convincessi a non farlo.. » La parlata del giovane Cavendish le rimandò alla memoria il sibilo rettili ano di un serpente, con la sua lingua biforcuta e le zanne leggermente scoperte. La giovane serpeverde si stropicciò gli occhi con le mani bagnate e maldestramente, con la sua solita scarsa femminilità, portò le fastidiose ciocche di capelli appesantite dall’acqua dietro le orecchie. « Neanche tu dovresti trovarti qui dentro» fece notare brillantemente Scout osservando i lineamenti ancora piuttosto infantili del ragazzo. Non gli era mai stato troppo simpatico, con la sua aria da straccione ma l’indole snob di chi come lui appartiene a quella parte della società che si pone al di sopra di tutto e di tutti. Mettiamoci poi il suo animo spiccatamente serpeverde e la grande attenzione prestata nel trovare modi per romperle le palle,
    diciamo che no, Arthur Cavendish non era l’individuo più apprezzato da Scout, soprattutto in quel momento. « A proposito, carina la biancheria intima. Non ti facevo così sexy, le paperelle sono davvero eccitanti devo dire. » Lo schizzò con l’acqua per poi immergersi fra le bolle per coprire leggermente il rossore di imbarazzo che ormai inondava le gote paffute. Per fortuna non aveva indossato quelle con gli unicorni, pensò, coprendosi con le mani, in maniera del tutto istintiva, le mutande ormai nascoste dall’acqua e dalle bolle. « Non era previsto che qualcuno le vedesse.» disse, mentre le guance tornavano lentamente al proprio colore naturale dandole quel poco di coraggio che aveva fatto di lei una fiera grifondoro. Poi vide il ragazzo scendere in acqua e con fare disinvolto armeggiare al di sotto della superficie.
    « Io non ricordo come ho le mie..Mmh » Un paio di mutande spuntò dal pelo dell’acqua come un delfino che salta allegramente in mare. « Oh..Semplicemente neri, che tristezza. » La grifondoro sbarrò gli occhi, terribilmente a disagio, terribilmente imbarazzata. Questa era sicuramente un’altra cosa che faceva di Cavendish una persone fin troppo ambigua. « Ehm... molto interessante » disse, spostandosi verso il lato opposto della vasca, tenendosi il più possibile lontano dal serpeverde. « Mi aspettavo qualcosa di più audace» gli disse, nel vago tentativo di fare la simpatica, nella speranza che il suo malcelato imbarazzo sparisse. « ..ora che abbiamo risolto il mistero delle tue mutande» si portò con la mano un mucchietto di schiuma davanti alla faccia, nel tentativo di nascondersi e probabilmente sparire, magicamente « puoi rimetterle, non vorrai prendere freddo e ammalarti, poi dovrei portarti in infermeria e farebbero un sacco di domande, non trovi?» disse in un raptus di logorrea tipica dei suoi momenti di nervosismo. « perciò Cavenshi…dish » si schiarì la voce e poi gli rivolse un’occhiata di sbieco « fai il bravo bambino e rimettiti le mutande » disse accompagnando le sue parole con un plateale gesto dell’indice, come una brava maestrina che da ordini ai propri alunni.
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    Edited by fire-starter - 4/9/2017, 22:51
     
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    « Neanche tu dovresti trovarti qui dentro» Si stringe nelle spalle, Artie, con un sorriso angelico. Ci sono tante di quelle cose al mondo che non dovrebbe fare ma che invece fa giornalmente, che ha ormai perso il conto. Tipo uccidere sua madre, per esempio, ma questo Scout non c'è bisogno che lo sappia. Sono piccoli, microscopici dettagli che non ti va molto di dire al primo appuntamento, questi. Che poi il loro non sia un vero e proprio appuntamento è tutta un'altra storia. Insomma, lui è in mutande -o meglio, senza mutande- lei è in mutande, più appuntamento romantico di così si muore, no?
    « Vuoi giocare a chi l'ha combinata più grossa? » Schiocca la lingua al palato, sibilando quelle parole come un vero e proprio serpente traditore. Prima d'allora non si era mai trovato così vicino a Scout Gallagher, nè tanto meno completamente soli. L'ha sempre incrociata per i corridoi, in Sala Grande o in aula. Proprio qualche settimana fa aveva pensato bene di metterle delle puntine sulla sedia, con l'unico problema che, dimenticandosene qualche minuto dopo, aveva finito per sedercisi lui sopra. Cazzo, il culo gli faceva ancora male. « Considerando che quì ai piani alti non ci dovresti nemmeno stare, direi che hai più torto tu » Continua, simpatico come un dito in un occhio. A dire la verità ad Arthur non è mai fregato nulla della questione mezzosangue o purosangue, nè prima nè dopo l'arrivo di Kingsley. A differenza di sua sorella Daveigh e probabilmente dell'intero nucleo familiare dei Cavendish, non ha mai vantato la purezza del suo sangue. Un po' perchè col senno di poi, con tutte le droghe che si è sparato, non può certo definirlo ancora puro e incontaminato, un po' perchè non gliene è mai fregato un cazzo e basta. Ma con Scout è diverso. Non sa nemmeno lui perchè, ma trovare anche il minimo appiglio mediante il quale prenderla in giro lo fa sentire meno vulnerabile in sua presenza. Perchè sì, si sente un coglione quando è con lei. ..Più del solito, per lo meno. E questa è una cosa parecchio grave.
    « Ma anche voi poveri avete il diritto di lavarvi, quindi per stavolta ti do un po' di tregua » Mormora, stringendosi nelle spalle con un sorriso angelico. Almeno fin quando non riuscirà a trovare un vantaggio da trarre da quella situazione. Ah, che piccolo bastardo. Lei lo schizza con l'acqua all'improvviso, ed Artie è costretto a passarsi le mani sugli occhi per scacciare via delle fastidiose goccioline che hanno iniziato ad appannargli la vista. Già è mezzo orbo per i fatti suoi, figuriamoci.
    « Non era previsto che qualcuno le vedesse.» Annuisce alle sue parole, con espressione indecifrabile. Il fatto che Scout non fosse lì mezza nuda ad aspettare qualcuno gli provoca più sollievo di quanto non dovrebbe. Si morde il labbro inferiore dunque, come a volersi punire per quella scomoda sensazione. La verità è che per quanto si sforzi per farle credere, tentando disperatamente di convincere anche sè stesso, Artie non l'ha mai odiata. L'odio è un sentimento che non crede di aver provato mai, nella sua ancora giovane vita. Non odiava neppure sua madre, se proprio vogliamo essere sinceri. E così come non odiava sua madre ma ha finito per ucciderla, Arthur Cavendish non odia Scout Gallagher ma continua comunque a tormentarla giornalmente. Wow, che grande logica, complimenti.
    « Quindi non ho interrotto nessuna imboscata clandestina? Ed io che ero piacevolmente sorpreso che fossi diventata tanto audace.. » Incurva la bocca verso il basso, tirando fuori il labbro inferiore in un teatrale broncio.
    « Ehm... molto interessante » La vede allontanarsi il più possibile da lui, visibilmente imbarazzata. Si sarebbe aspettato un pugno sul naso o una ginocchiata alle parti basse (e considerando il suo essere nudo, non sarebbe stata una gran bella esperienza quella) ma..Niente di tutto ciò. La Grifondoro è ferma lì, terribilmente a disagio, le guance decisamente di qualche tonalità in più rispetto al suo colorito naturale. Allora si sente quasi in colpa, Arthur, e per qualche minuto esita se rimettersi le mutande oppure no. Che ti prende Cavendish? Forse qualcuno quì ci tiene a qualcun'altro? Scuote la testa, come a voler scacciare quei pensieri. In fin dei conti la sua cotta per la rossa chiara persino ai muri, ha sempre tralasciato due leggermente importanti soggetti ignari: lui stesso e Scout. Gran bell'affare questo.
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    « Mi aspettavo qualcosa di più audace» Piega la testa di lato, inarcando un sopracciglio. Punto bonus per te, Gallagher, non c'è che dire. Medita poi per qualche istante sulle sue parole. Che cazzo, lo sapeva che doveva mettersi i boxer di Spongebob! Avrebbero fatto pendence con le sue mutandine a fantasia. «..ora che abbiamo risolto il mistero delle tue mutande - puoi rimetterle, non vorrai prendere freddo e ammalarti, poi dovrei portarti in infermeria e farebbero un sacco di domande, non trovi?» Scuote la testa, mentre una risata non particolarmente discreta esplode dal suo petto. Sarebbe un gran bel casino da raccontare alle infermiere quello. Non sarebbe certo la prima volta per lui, farsi beccare nudo da qualche parte del castello, ma questa è un'altra storia. « Tanto penseranno male comunque se ci dovessero beccare, quindi che ne dici di rendere veritiere le loro possibili supposizioni su ciò che stavamo facendo, nudi, dentro la vasca nel bagno dei prefetti? » Che genio, ragazzi « Così potremmo dire la verità. Voi Grifondoro le bugie non le potete dire, no? » Le si avvicina un po', calando le braccia in acqua per nuotare verso di lei. La vasca non è poi così grande, ma una barriera di bollicine e schiuma li divide comunque. «perciò Cavenshi…dish - fai il bravo bambino e rimettiti le mutande » Lo bacchetta infine, con tanto di indice da maestrina alzato in aria. Ridacchia, Arthur, decidendo di premiare quel suo colpo d'audacia. La mano con cui stava tenendo i boxer riaffiora, ed è proprio in quel momento che si accorge che...è vuota. Alza pure l'altra, le ha perse.
    « Che palle. Mi aiuti a cercarle? Sono serio, con tutta questa schiuma non ci capisco niente » Borbotta, guardandosi attorno. Decide di immergersi completamente sotto il pelo dell'acqua, ma non conclude parecchio. Allora riaffiora, e non appena si gira, si ritrova a sbattere contro la rossa. Allarme vicinanza Artie, ti ricordo che sei senza mutande! Rimane per qualche istante in silenzio, spiazzato dall'averla così vicina per, probabilmente, la prima volta da quando la conosce. E' bella, pensa, più bella di quanto non gli convenga. Non si è mai accorto prima di quanto siano grandi ed espressivi i suoi occhi. E anche...Okay Arthur, riprenditi. « Anzi, ora che ci penso.. Altrimenti cosa fai? » Domanda mellifluo, a pochi centimetri di distanza dal suo viso, passandosi la lingua sulle labbra.


    Edited by haemolacria. - 5/9/2017, 00:38
     
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    « Vuoi giocare a chi l'ha combinata più grossa? » Scosse invisibilmente il capo. Con Arthur Cavendish, quello nudo nella vasca da bagno con lei, quello che aveva interrotto il suo breve e agrodolce momento di libertà, che aveva fatto arrogantemente irruzione nella sua intimità, con lui Scout era certa di non voler giocare. Non che fosse granché selettiva, la giovane Gallagher, a vederla si capisce bene che lei è un’amicona, proprio con chiunque. Ma come Babbo Natale, che è sostanzialmente il suo idolo – perché essere grassi e barbuti e venire rispettati per questo, non è un po’ il sogno di chiunque? Anche delle ragazzine, suvvia- anche lei aveva una lista dei cattivi. Una lista nera. E’ inutile fare paragoni con liste nere di fama e rilevanza storica, sono lontane anni luce dalla mente della grifondoro, perciò il paragone con Babbo Natale è l’unico che regga veramente. Arthur Cavendish era, con molta probabilità, in cima. Non che lo avesse mai ammesso apertamente, o che ci avesse anche solo pensato. Scout era molto più propensa a dimenticare le cattiverie altrui e a perdonare, piuttosto che serbare rancore. Vuoi per la cattiva memoria, vuoi per l’indole buona, vuoi perché per farsela amica ci vuole davvero un battito di ciglia, così come per farsela nemica. Come Betthany Doyle, la corvonero del quinto anno che aveva, e qui viene il bello, rubatole non solo l’ultimo calderotto dal carrello dei dolci e osato mettere in dubbio l’autenticità dei suoi capelli rosso fuoco. Doveva essersene pentita, pensò Scout, quando si era vista andare in fiamme la sacca da quidditch e la scopa, una povera e indifesa nimbus 2010. Le era quasi pianto il cuore, ma se l’era meritato. Altroché.
    « Considerando che quì ai piani alti non ci dovresti nemmeno stare, direi che hai più torto tu » Touché, pensò, senza neanche sapere probabilmente cosa significasse. La segregazione, così era sembrato giusto chiamarla, aveva sortito un effetto depressivo sull’umore della ragazza. Sempre vivace, sempre allegra, Scout si era un po’… spenta? Non del tutto in realtà, la sua fiamma era rimasta viva, ma affievolita, in cerca di nuovo ossigeno. « Ma anche voi poveri avete il diritto di lavarvi, quindi per stavolta ti do un po' di tregua » Magnanimo, da parte sua. Mai che sia successo, in verità. Una tregua da parte di un Cavendish era così inverosimile, che nemmeno lei, ingenua com’è, riusciva a crederci. Perché i Cavendish, nessuno dei due escluso – non si era mai avvicinata alla sorella perché paradossalmente le metteva ancora più ansia di vivere – le avevano sempre dato l’impressione di non fare mai nulla se non per un tornaconto personale. Basta guardarli: anche il loro aspetto malandato, il viso emaciato, che emana comunque un’indiscutibile aura di bellezza, è fatto per dare, ma soprattutto per togliere. Specifichiamo, mai che Scout avesse pensato ad Artie come un ragazzo carino. Ugh. Che schifo


    « Tanto penseranno male comunque se ci dovessero beccare, quindi che ne dici di rendere veritiere le loro possibili supposizioni su ciò che stavamo facendo, nudi, dentro la vasca nel bagno dei prefetti? » Che una ragazza… poco sveglia come Scout pensi che gli altri siano stupidi è un fatto assai grave. Eppure questo pensiero non riusciva proprio a liberarle la testa. Perché per ignorare completamente ogni singola parola da lei detta o deve essere un’abilità o una totale assenza di comprendonio. Scout era convinta del secondo. « Così potremmo dire la verità. Voi Grifondoro le bugie non le potete dire, no? » Le si avvicinò sempre di più. Talmente tanto che le sembrò quasi di essere tornati giù, nelle segrete. Doveva davvero piacergli il contatto umano, a questo qua, abituato com’era ai sotterranei, a stare stipati come sardine sotto sale.
    « Io non sono nuda» ci tenne a precisare, alzandosi sulle punte come per rendersi ancora più distante dal serpeverde. « E poi le bugie possiamo dirle, sono i tassorosso che non poss…» Ammutolì nel vederlo alzare le mani dall’acqua e non vedendoci i boxer neri sfoggiati prima con tanto orgoglio. Ottima idea, quella di toglierseli, proprio splendida, pensò paranoica. Sembrò paralizzarsi, come un geco contro il muro che finge di non esserci per non essere preso. Forse fingersi morta sarebbe stata una soluzione ancora più azzeccata, ma considerando l’individuo qualche dubbio sul fatto che potesse piacergli la fece desistere.
    « Che palle. Mi aiuti a cercarle? Sono serio, con tutta questa schiuma non ci capisco niente » disse lui, mettendosi alla ricerca. Scosse la testa rossa, accompagnando i movimento con un teatralissimo gesto delle dita. «Ah ah, io quelle cose non le tocco ». Scout e la maturità, due treni che viaggiano su binari paralleli che non si incroceranno mai. Poi non lo vide più. Scomparso anche lui sotto il pelo dell’acqua. Il momento giusto per andarsene. Ma mentre fece per aggrapparsi al bordo della vasca e fare leva con le braccia per uscire qualcosa, o meglio qualcuno, le finì addosso. « PORCA TROIA » si lasciò sfuggire, poco elegantemente, spingendolo via senza alcun tipo di preoccupazione. Eppure Arthur rimaneva fin troppo vicino, fin troppo fisso a guardarla. « Fai tanto il ricco e poi sei un barbone depravato, ma non ve l’insegnano l’educazione? » chiese mentre come se nulla fosse successo l’ambiguo individuo continuava ad avvicinarsi. « DISTANZE DI SICUREZZA » disse, quasi urlando, all’apice dell’imbarazzo. « E smettila di fissarmi » Ma come aveva fatto anche prima, il ragazzo parve ignorare bellamente le sue parole. Forse qualcosa in comune dovevano averlo, quei due. Ignorare le parole degli altri. Certo, Scout sembrava farlo in maniera del tutto non intenzionale, a differenza del serpeverde che sembrava volontariamente fottersene di quello che la rossa gli aveva detto o chiesto.
    « Anzi, ora che ci penso.. Altrimenti cosa fai? » sibilò lui, talmente vicino che la ragazza riuscì a vedere per la prima volta il colore dei suoi occhi.
    Ipnotici, questo doveva ammetterlo, eppure tremendamente malati. Di così tante cose che sembrava non riuscire nemmeno a capirlo. Occhi che non sembravano poter appartenere ad un ragazzo di diciassette anni, ma che probabilmente avrebbero dovuto avere un proprietario più anziano. Anche quelli la mettevano a disagio, ma un disagio tutto nuovo, diverso dall’imbarazzo. Un disagio più forte, a tratti oscuro, quasi a farle paura. « Cavendish, mi togli l’aria. » disse, staccando finalmente gli occhi da quei pozzi glaciali. « perciò » proseguì mentre tornava a fare leva con le braccia sul bordo della vasca « io tolgo le tende, ti pare una buona idea? » Si sollevò dall’acqua, pregando che tutto fosse al proprio posto e che nessuna tetta o paperella si fosse mossa. Si ritrovò in piedi e gocciolante, appena il tempo di strizzare i lunghi capelli rossi prima di accorgersi di aver trovato i famigerati boxer neri. « Oh, ma questi sono i tuoi! » disse, staccando sonoramente le mutande zuppe d’acqua e sapone che sembravano essersi avviluppate al suo polpaccio. Rise, sbandierandole vittoriosa. « Me li tengo, si? » chiese, senza nemmeno l’intenzione di ottenere una risposta. Fortunata, pensò, mentre percorreva il perimetro della vasca per andare a raccogliere i propri vestiti. « E già che ci sono, prendo anche questi » disse, rubando anche quelli del ragazzo. « Finalmente una divisa di alta qualità » disse, quasi a volergli fare il verso. Troppo fortunata. « E’ stato un bagno piacevolissimo.» concluse, con fare quasi melodrammatico. E poi si mise a correre. Se non fosse che Scout era ed è tutt’ora una ragazza assolutamente imbranata, ferrata negli sport, ma non nel camminare, e se non fosse che il pavimento era completamente bagnato, cosparso di infinite piccole goccioline killer, probabilmente il suo furbesco piano avrebbe anche funzionato. Come una fiaba disney si sarebbe concluso con un vissero (quasi) tutti felici e contenti. Ma si dia il caso che Scout stesse vivendo nella vita reale e non in una fiaba per bambini e che il pavimento bagnato non era il dolce aiutante che copre le spalle alla protagonista. Il pavimento bagnato era la strega, il cattivo, ancora peggio di Arthur Cavendish. Perciò, troppo tardi perché potesse accorgersene, Scout si era ritrovata a fissare il soffitto decorato del bagno dei prefetti, con il culo e la schiena dolorante, di nuovo bagnata di acqua fuoriuscita dalla vasca. « Ti prego » supplicò se stessa « dimmi che almeno sono morta». Le parve quasi di sentire la fortuna che tanto si era vantata di aver avuto, ridere della sua imbranataggine. E l’acqua, che mai era stata troppo sua amica, prendersi la rivincita per tutte le volte che aveva rischiato di dare fuoco al mondo attorno a sé. Molto probabilmente era solo la risata di Arthur Cavendish, e la cosa sembrò farle ancora più male.
     
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