Could be brave or just insane

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  1. [golden boy]
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    "Dai, non è la fine del mondo. Sono due giorni, due e basta. E poi non dirmi che ti diverti a stare lì dentro perché sappiamo entrambi che sarebbe un'enorme cazzata." Ed ecco come era finito Scott McCormick: a pregare i propri colleghi in ginocchio per mettersi sulle spalle un altro po' di lavoro. O meglio, non proprio per lavoro voleva sostituire l'altro auror di turno al castello in quei due giorni specifici. Infatti, sebbene la sua relazione fosse un colabrodo che faceva acqua da tutte le parti, l'irlandese era uno di quei tipi che prima di ammettere l'evidente sconfitta farebbe in tempo a morire di vecchiaia e risorgere. Così trascurava il problema fino a quando non si sarebbe risolto da solo, nella speranza che in realtà si trattasse solo di una fase burrascosa - cosa che non era difficile da credere, dato gli stravolgimenti dell'ultimo anno. Insomma: quello era il primo anniversario con Lisbeth, non poteva semplicemente ignorarlo e risolvere tutto con un gufo e una scatola di cioccolatini. Sarebbe passato dalla parte del torto in tempo record, oltre che per quello dei due a cui davvero non importava nulla di quel lento declino. In poche parole, a Scott non piaceva essere rimbeccato sul proprio comportamento, e dunque cercava sempre di fare il possibile affinché una tale situazione non andasse a verificarsi. "E' per tuo fratello, vero?" Peter. Peter che lavorava a Hogwarts. Peter che faceva l'insegnante di Volo. Improvvisamente gli occhi di Scott si spalancarono, fissando il collega con aria frastornata, per poi scuotersi improvvisamente, esalando un sospiro affranto. "Già, è per Peter. Sono preoccupato per lui; se la situazione non è bella per noi, che abbiamo la possibilità di entrare e uscire dal Ministero quando ci pare..figuriamoci per lui, chiuso lì dentro, praticamente prigioniero. Devo vederlo, Joe." Ok, non era esattamente una cazzata così grossa; Scott sarebbe davvero andato a trovare Peter: d'altronde in due giorni il tempo per vederlo e parlare un po' ci stava eccome. Tuttavia, come ben sappiamo, non era il motivo principale, e quello Scott non lo avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura. Insomma: non ci avrebbe fatto una bellissima figura, soprattutto dopo aver più volte rimbeccato i suoi coetanei che si interessavano alle ragazzine. Però per me è diverso. Ottimo punto. "Va bene, dai. Chiederò di farmi sostituire per quei due giorni. Ma mi devi un favore, McCormick." "Vabbè, un favore semmai me lo dovrai tu: ti tolgo pur sempre dall'impiccio di startene chiuso lì dentro a portare un branco di tredicenni da una lezione all'altra. Non mi pare di averti chiesto un gran sacrificio, eh." "Sì sì, come ti pare."

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    E alla fine, contro ogni aspettativa, Scott McCormick ce l'aveva fatta. Aveva fatto letteralmente l'impossibile per evitare Lisbeth e non rovinare la sorpresa; non era stato semplice, ma ci era riuscito. E soprattutto, a rendere la cosa ancor più difficoltosa, vi era il problema della Squadra di Inquisizione. Certo, l'irlandese aveva tutti i permessi per essere lì, ma a lui quei tipi non erano mai piaciuti, e di certo non voleva che nessuno di loro fiutasse il vero motivo della sua presenza lì a scuola. In fin dei conti, tuttavia, se riusciva a evitare quotidianamente all'interno dello stesso ufficio, figuriamoci se non era in grado di farlo dentro un castello enorme come quello di Hogwarts. Aveva comunque passato tutta la giornata a trattenere il respiro, timoroso di incontrare praticamente chiunque: Lisbeth, suo fratello, l'inquisizione, quei maledetti infami dei fantasmi. Per tutto il giorno aveva tenuto il passo svelto e la testa bassa, evitando persino di incontrare gli sguardi dei dipinti, certo che almeno qualcuno di loro si sarebbe ricordato di lui; in fin dei conti, ai suoi tempi, Scott era stato un ragazzo davvero molto popolare e benvoluto: prima Prefetto, poi Caposcuola, sin dal terzo anno portiere della squadra di Quidditch Tassorosso. Non c'era anima viva o morta in quel luogo che non avesse conosciuto l'irlandese, e il suo buon cuore era sempre stato particolarmente elogiato da quei quadri appesi alle pareti, i quali sembravano sempre aver memoria di ogni studente passato per quei corridoi. Non c'è da stupirsi, dunque, se arrivato alla fine della giornata si trovò a tirare un grosso sospiro di sollievo, infilandosi nella stanza delle necessità come da piano. Per prima cosa, però, era passato dalla guferia, premurandosi di recapitare a Lisbeth un gufo anonimo che riportava le sole parole: 'Stanza delle Necessità, 21.00 in punto. Non mangiare troppo a cena.' E infatti, non appena aveva varcato la soglia della stanza magica, questa aveva assunto i connotati di un vuoto ristorantino al centro del quale si trovava un piccolo tavolo. Su questo era poggiata una tovaglia a scacchi rossi e bianchi, una candela e una rosa rossa. Accanto vi era un piccolo carrello su cui si trovavano due piatti delle due portate scelte: pasta con vongole e cozze e torta sacher. Due, sì, poiché era certo che in ogni caso Lisbeth sarebbe arrivata con lo stomaco già mezzo pieno. Attese dunque il suo arrivo, trovandosi a tormentare le dita delle mani in un intreccio frenetico, camminando nervosamente da un lato all'altro della stanza e sistemando maniacalmente ogni cosa. Quando sentì il cigolio dell'uscio, i suoi occhi cerulei corsero alla porta, spalancando le labbra in un sorriso e le lunghe braccia ad indicare tutto l'ambiente. "TA-DAN! Sorpresa! Buon anniversario." E che Dio me la mandi buona. In fin dei conti ogni Auror che si rispetti dovrebbe capire quando una missione è suicida, e forse Scott ancora non era arrivato a chiedersi per quale motivo stessa davvero facendo di tutto pur di ignorare quella consapevolezza.
     
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0 replies since 17/5/2017, 11:22   17 views
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