Art is everywhere

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    Click. Uno stormo di rondini in arrivo dal Sud. Dove vanno le rondini durante le stagioni fredde? Se lo è sempre chiesto. A volte, durante i mesi che precedono l'arrivo dell'inverno, si siede alla finestra del suo dormitorio e segue questi affascinanti stormi in partenza, chiedendosi come facciano a sapere quando è tempo di andarsene. Come fanno a conoscere il tragitto esatto da seguire? Quanti arriveranno a destinazione? Quanti invece cadono prima di raggiungere la meta prestabilita? Le rondini sono uccelli viaggiatori. Estremamente intelligenti, nonostante il comune pensare. Incredibilmente protettivi con i propri cuccioli. Hanno una grazia innata e una bellezza che agli occhi di una artista si propaga ben oltre la forma aerodinamica che assumono durante il volo. Una rondine è sinonimo di libertà, di una bellezza spassionata e travolgente. Click. Un dettaglio su una rondine poggiata su un ramo di uno degli alberi maestri del parco del castello. Le rondini sono tutto ciò che Fitzwilliam Gauthier non ha ancora avuto il coraggio di essere. Libero. Fosse per lui lascerebbe la scuola, prenderebbe il primo traghetto e sbarcherebbe nelle Americhe. Sogna un lungo viaggio attraverso i paesi latini a Sud, tra cucine coloratissime e personaggi variopinti. Sta cercando un'esperienza vera, una vita semplice; rinuncerebbe a tutti i suoi averi pur di provare qualcosa di effettivamente autentico. L'autenticità è un complesso da cui è ossessionato. Si chiede se anche lui è visto dagli altri, così come lui vede quella rondine. Si chiede se la gente è in grado di comprendere la sua spontaneità, la leggerezza con cui ammette e accette se stesso in tutte le sue sfaccettature. Probabilmente no. L'essere umano giudica piuttosto che comprendere. L'essere umano imita, piuttosto che cercare l'autenticità. L'emulazione non è mai stata una cosa che Fitz abbia cercato. L'accettazione invece sì. Ma evidentemente, questi non sono tempi adatti a districarsi con pensieri così utopici. E quindi guarda questa rondine. Vorrebbe chiederle come fa a conoscere il suo percorso, il suo destino, dove e quando arriverà alla meta del suo tragitto. Una palla di cristallo. Vorrebbe averla davvero; vorrebbe che qualcuno gli dicesse che le sue decisioni sono quelle giuste, quelle che effettivamente lo porteranno ad avere una vita piena e soddisfacente. Una vita autentica e indimenticabile. Click. Il volto di una giovane Grifondoro. Lunghi capelli scuri le scendono lungo le spalle fino al fondo schiena. Alcune ciocche indugiano sui seni piccoli e tondi, fermandosi all'altezza del girovita. Sorride mentre si dirige verso le sue amiche. La gonna leggermente troppo corta, lascia intravedere un paio di gambe perfettamente proporzionate. La bellezza. Non è mai così invitante come durante il periodo di maturazione. Per questa ninfa, Fitz ha un'infatuazione megalomane da un paio di giorni. Non osa avvicinarsi a parlarle, non perché sia troppo timido oppure perché teme un rifiuto. Ha solo paura che non appena dovesse avvicinarlesi, tutta la sua bellezza svanirà. Molte e molti riescono a far scemare il suo interesse semplicemente aprendo bocca. Alcune cose è meglio mantenerle misteriose, non scoperchiarle mai. Lei è bella, davvero bella, e guardarla è una gioia; e semmai dovesse inficiare quell'immagine con qualche cosa di stupido e insensato, Fitz verrebbe privato di una bellezza di cui non saprebbe farne a meno. Click. Zooma e l'obiettivo si sofferma sui suoi occhi. Occhi scuri. Molto espressivi. Sa che prima o poi dovrà farlo. Osservare da lontano non è cosa da lui. Prima o poi la curiosità lo spingerà a parlarle, a scoprire cosa cela quella ninfa dalla pelle diafana. Sei bella, di una bellezza indicibile. Come vorrei affondare le dita nelle tue giovani carni, assaporare la freschezza della tua pelle morbida, mordere il dolce frutto proibito della tua beltà. Un estimatore calcolato, nella cui mente ogni dettaglio si annidava con estrema precisione. Fitz sapeva; sapeva cosa avrebbe voluto da quel corpo, ma la cosa peggiore, quella che avrebbe potuto arrecargli danno, dispiacere e delusione, è ciò che quella mente poteva offrirgli, o non offrirgli. Per il giovane Gauthier, non esisteva amore fisico senza amore mentale; non esisteva sesso, senza una dose non indifferente di intrigo prettamente psicologico. La sfida delle passioni umane era proprio quella; trattenersi solo per il meglio, oppure accettare qualunque cosa pur di arrivare alla mera soddisfazione temporanea dei sensi.
    Click. Il volto del giovane ha un che di infantile, grezzo, deve ancora maturare; come quello di Fitz. I suoi occhi pretendono, vogliono, e vogliono tutto subito. Squadra il mondo come se tutto gli appartenesse. Come se tutto gli fosse concesso. Giovani e ricchi, ecco cosa erano Fitzwilliam e Nathan, privilegiati della più alta categoria.
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    Si avvicina, senza tuttavia disturbare l'amico da qualunque cosa stia facendo. Riporta la camera fotografica di fronte al viso e scatta una panoramica del lago nero che si distende di fronte ai loro occhi. Click. Click. Dall'angolazione in cui si trovano, seduti sul prato verdognolo, la linea dell'orizzonte compie uno zig zag molto particolare. Le montagne incontrano il cielo in punti irregolari, creando una linea di demarcazione apparentemente pasticciata. Quando si pensa all'orizzonte, si pensa sempre a una linea piatta; una retta monotona che separa il cielo dalla terra o dal mare. Non lì. Quella è una linea dell'orizzonte coi fiocchi. Qualcosa che i pittori darebbero l'anima per vedere, ammirare e dipingere.Lo sguardo del giovane, posta la macchina accanto a sé, si concentra poi sul cielo, colmo di nuvole biancastre di passaggio. Così tante linee, così tante forme, così tante immagini che mutano da un momento all'altro. Tutto in movimento. Tutto perennemente mutevole. Nessuna costante. Nessuna certezza. « Dimmi un po', che cosa vedi? » Nessun saluto; sempre etereo, sempre sopra le righe, mai scontato, mai convenzionale. Fece un cenno con la mano cercando di indicargli il fotogramma da visualizzare. « Dico.. di fronte a te, intorno a te. » Era sempre interessante comprendere cosa gli altri vedessero. Come percepissero i colori, gli odori e i sapori. Cosa un'immagine scaturisse nelle loro anime. Nessuno vedeva mai le stesse cose. Nessuno aveva una risposta univoca. Lui, Fitz, stava ancora decidendo cosa stesse ammirando.
     
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    Sta sul prato. Prima di mettersi a sedere ha ponderato la decisione per qualche istante, scegliendo, alla fine, di ignorare il fastidio del retro dei pantaloni sporco di erba in favore della veduta che questa postazione gli concede. C'è il sole che piano tramonta, il Lago Nero che questo pomeriggio sembra meno minaccioso che mai, le montagne in lontananza e un gruppo di Grifondoro carine che ridono e scherzano proprio di fronte a lui. Tira fuori una sigaretta dall'elegante contenitore d'argento che porta sempre con sé, e mentre se la sistema tra le labbra e si accinge ad accenderla, le mani a coppa per riparare la fiamma flebile dal leggero venticello primaverile tipico della Scozia, pensa che non gli potrebbe andare meglio. L'occhio cade nuovamente sulle gonne corte delle ragazze, ai suoi occhi fin troppo lunghe e coprenti, e un angolo delle sue labbra si piega in una smorfia che assomiglia vagamente ad un mezzo sorriso. Una di loro ha già cominciato a fargli gli occhi dolci a distanza, ma non è quella giusta. Sbuffa una nuvola di fumo, lasciando che s'interponga tra lui e il resto del mondo, e poi rivolge lo sguardo da un'altra parte.
    Gli piacciono, questi momenti di tranquillità. Non sono qualcosa che si concede spesso, semplicemente perché è difficile trovare un attimo in cui non abbia proprio nulla da fare, e poi perché ha la brutta abitudine di annoiarsi troppo facilmente. È uno che ha gli occhi perennemente annoiati, Nate. Non sono rare le volte in cui si fa a gara per catturare la sua attenzione e mantenerla, perché è così, la sua presenza è talmente sfuggente e inafferrabile che pare quasi un premio concesso ai migliori. Solo di tanto in tanto, ad esempio durante qualche discorso particolarmente affascinante del preside Kingsley, o quando intrattiene una conversazione con qualcuno che ritiene essere della sua stessa altezza intellettuale, allora quelle nuvole verde-grigio, che solitamente lanciano occhiate sprezzanti a destra e a manca, s'illuminano; e pare quasi un miracolo incredibile.
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    «Dimmi un po', che cosa vedi?» Inarca un sopracciglio, Nate, e riduce gli occhi ad una fessura. Continua a guardare di fronte a sé, determinato a non mostrarsi più interessato alla conversazione di quanto dovrebbe. Sebbene, sempre intento a non sbilanciarsi mai troppo, non abbia mai espresso particolari apprezzamenti per Fitzwilliam, deve ammettere fra sé e sé di aver sempre provato una certa stima nei confronti del giovane. È pur vero, ci sono cose che non riesce a condividere del suo modo di vedere la vita: per quanto ognuno sia libero di fare quello che vuole, ad esempio, a suo avviso, se tu decidi di andare con i maschi, potrai anche essere la reincarnazione di Einstein e Newton messi insieme, ma qualche problemino devi avercelo per forza. Ma, per il resto, il giovane Corvonero gli è sempre sembrato un tipo a posto, con cui intrattenere dialoghi degni di nota e di cui, forse, si potrebbe anche fidare. «Dico.. di fronte a te, intorno a te.»
    Aggrotta le sopracciglia. Non è bravo a parlare del più e del meno, Nate. Sin da piccolo ha sempre cercato di evitare i discorsi futili sui troppi compiti a casa e sulle mezze stagioni; preferisce impiegare il proprio fiato in scambi che ricorderà in futuro, attimi verso cui vale la pena concedere la sua attenzione. Di primo acchito pare una cosa assai complessa, aggirare le chiacchierate inutili, perché talvolta sono necessarie, e fanno parte della buona creanza, ma il giovane Douglas non ha mai riscontrato particolari difficoltà nel fare quello che vuole; d'altronde, è raro che rivolga la parola a qualcuno che non appartenga al suo medesimo rango sociale - a meno che non sia una ragazza, ma in quel caso non perde tempo in conversazioni stupide, e cerca piuttosto di andare dritto al punto. E quindi Fitzwilliam rientra esattamente in quella cerchia di persone con cui parlare non è un peso, ma... anzi. Uno scambio di idee con il giovane Gauther può risultare addirittura piacevole, perché, come lui, è uno che ama l'arte, la vita, la poesia, e tutte quelle cose che rendono l'esistenza più leggera.
    «Sempre a rompere i coglioni Fitzwilliam, non è vero?» esordisce con un sospiro breve, mentre aspira ancora dalla sua sigaretta. Una, due volte. Sposta lo sguardo in direzione delle cime degli alberi della Foresta Proibita, in lontananza. «Ne vuoi una?» chiede, un cenno breve della testa verso l'involucro d'argento sull'erba che invita l'amico a servirsi da solo. Infila due dita tra il colletto della camicia e la cravatta verde argento e allenta leggermente il nodo. Comincia a fare caldo, anche a Hogwarts, dove non hanno più le bacchette per rinfrescarsi con qualche incantesimo, e dove non esiste nemmeno un pidocchiosissimo sistema di aria condizionata babbana. E Nate non crede che riuscirà a sopportare questa stagione estiva. Di certo non con le nuove direttive di Kingsley, il quale, per carità, ha fatto cose sacrosante in questa scuola, ma avrebbe potuto almeno lasciar loro le bacchette - e con "loro" si riferisce, ovviamente, a loro, gli unici che le meritano davvero, a lui e a Fitzwilliam, ai pochi veri degni di essere chiamati maghi all'interno della scuola.
    «Dimmi un po', Fitz, vuoi la risposta noiosa o quella speciale?» un sorriso breve si forma sulle sue labbra, che si stringono intorno al mozzicone della sigaretta per l'ultimo tiro, prima che il ragazzo se ne disfaccia con un rapido gesto della mano. Uno sguardo veloce verso il suo vicino, poi scuote impercettibilmente la testa. «È ovvio che vuoi la risposta noiosa. A te non te ne frega niente di sapere cosa vedo lì in fondo...» e mentre parla la mano si protende in avanti, in direzione delle Grifondoro e delle loro divise accollate che nascondono gli oggetti delle fantasie del giovane. Sorride, nel posare lo sguardo ancora su di loro, e si trattiene dall'esplicare esattamente ciò che sta pensando, anche con Fitzwilliam, perché, a prescindere dal tipo di confidenza che li unisce, Nate Douglas farà sempre in modo di non risultare mai volgare con nessuno. Non è educato. «Se vuoi ti dico cosa vedo qui, nell'aria...» e adesso fa un gesto ampio con il braccio, come a voler sottolineare che adesso sta riferendosi davvero a tutto ciò che lo circonda, ad ogni filo d'erba, ogni molecola, ogni granello di polvere che svolazza intorno a loro. «Vedo un mondo troppo perfetto per persone che perfette non sono. A parte qualcuno. Vedo il sole, le nuvole, le montagne e il prato e poi vedo noi incastrati in queste divise di scarsa qualità che aspettiamo... Boh, che aspettiamo? Un diploma? Una raccomandazione? Aspettiamo qualche anno ancora e poi andremo a lavorare nei posti da ricchi che ci danno i nostri papà e ci dimenticheremo un po' di tutto quanto. Di fare foto. Di guardare le belle ragazze. Di fumare una sigaretta sotto il sole. Tu dici che è giusto?» si stringe nelle spalle e inarca le sopracciglia, mentre fa finta di non spiare il viso del compagno. Era questa, la risposta che desideravi? Allunga il piede e con la suola copre il mozzicone di sigaretta non ancora del tutto spento che ha lanciato qualche istante fa. Poi volge lo sguardo verso Fitzwilliam, per poi indicare con un cenno della testa la sua macchina fotografica. «E tu con quella che ci fai? Fai le foto alle ragazze di nascosto? Oppure le fai ai ragazzi?»


    Edited by everybody lies. - 27/5/2017, 13:39
     
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