Bohemian rhapsody

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    I critici si dividono in due tesi contrastanti riguardo Jack Faraday e lo studio: secondo alcuni, Jack proprio non ha la più pallida idea di cosa sia un libro; secondo altri, invece, Jack lo sa benissimo ma non ha voglia di fare nulla. Se lo chiedete direttamente a lui, vi dirà che la tesi giusta è la seconda. Tuttavia non è esattamente così, e in realtà vi è una terza opzione talmente tanto folle e insensata che nessuno ha mai davvero sfiorato l'idea di considerarla. Rullo di tamburi. Jack, in realtà, studia. Sappiamo bene che questa notizia scandalizzerebbe i più, portandoli a pensare che se l'americano studia sul serio ma mantiene comunque dei voti al limite del catastrofico, deve per forza di cose voler dire che è incredibilmente stupido. E anche qui ci si sbaglia. No, lui non è così scontato, non gli piacciono le cose semplici. Preferisce di gran lunga fare il giro lungo attorno a idee totalmente fuori dal mondo, come appunto quella di studiare per soddisfazione personale e poi umiliare di proposito suo padre con una pagella che a chiunque si confà tranne che al figlio di un Presidente. D'altronde l'americano sapeva benissimo che, una volta uscito da scuola, il padre le avrebbe trovate davvero tutte pur di imbucarlo in una qualche maniera nello scenario politico, di fargli intraprendere lo stesso percorso che ogni membro della famiglia Faraday aveva preso. Ma per fare determinate cose, una raccomandazione non basta, non quando la tua pagella vanta più Troll di una comunità di veri e propri troll. Il corso di Magisprudenza era fin troppo selettivo, e se una media accettabile avrebbe potuto veder chiudere diversi occhi di fronte al cognome Faraday, di certo quella che invece aveva lui non poteva essere considerata nemmeno per scherzo. Jack si era reso impossibile da raccomandare, e nel suo obiettivo era riuscito più che egregiamente. Tuttavia dalla scuola magica doveva pur sempre uscire: era solo al sesto e aveva già la bellezza di diciannove anni, di certo quanto bastava a scansare l'ipotesi del cursus honorum che suo padre aveva progettato per lui. Ora, dunque, si instaurava all'orizzonte una nuova prospettiva: finire quella dannatissima istruzione e cominciare a vivere la vita in proprio che aveva sempre desiderato. Il problema era solo uno: a parte combattere contro ciò che non voleva fare, cosa davvero voleva invece fare Jack?
    « Look. If you had one shot or one opportunity to seize everything you ever wanted in one moment, would you capture it or just let it slip? » Con le orecchie occupate dalle cuffie della musica sparata a volume altissimo, il Serpeverde si aggirava per i corridoi del castello con più scartoffie in mano di quanto potrebbe sembrare possibile. Su una spalla la custodia contenente il basso, sull'altra la tracolla di scuola e in bilico sulle braccia una montagna di quaderni e raccoglitori scombinati. La classica immagine dello studente medio arrivato a fine anno. Quella pausa pranzo, il giovane, l'aveva occupata - oltre che per il banchetto - per finire di buttare giù una base che lo soddisfacesse. Dopo varie bestemmie, ma soprattutto dopo aver completamente perso il senso del tempo, ci era riuscito, e resosi conto dell'ora che aveva fatto, si era affrettato a radunare tutto il possibile per dirigersi verso la biblioteca. Si sa: prima il piacere e poi il dovere. « You better lose yourself in the music, the moment you own it, you better never let it go. You only get one shot, do not miss your chance to blow. This opportunity comes once in a lifetime, you better.. » Molleggiava appena la testa al ritmo della canzone, ignorando il fatto che probabilmente avrebbe fatto prima a non metterle proprio le cuffie, dato che per quanto teneva alto il volume, chiunque gli passasse anche solo a cinque metri di distanza poteva tranquillamente sentire il flow di Eminem. E così il suo ingresso in biblioteca era stato annunciato da un attutito ritmo rap proveniente dal suo dispositivo. Non pochi sguardi si erano voltati, e non pochi di questi erano stati di carattere piuttosto assassino. Pensare che gliene importasse realmente qualcosa, tuttavia, sarebbe davvero da ingenui.
    Con un tonfo pesante aveva fatto cadere tutte le scartoffie su un tavolo vuoto, spegnendo infine la musica e riponendo l'aggeggio elettronico accanto a tutta quella marmaglia disordinata. L'unica cura, ovviamente, era stata riservata allo strumento musicale, adagiato sull'estremità vuota del tavolo con la stessa delicatezza con cui si rimetterebbe un neonato in culla. Il risultato? Praticamente aveva occupato un tavolo da otto solo per se stesso. E abbandonatosi scompostamente su una sedia, cominciò ad aprire vari quaderni di fronte a sé: appunti di pozioni, schemi di pozioni, libro di pozioni, e ultimo ma non da meno il quaderno del cazzeggio. Perché è cosa nota che Jack debba fare almeno due cose contemporaneamente per essere contento, altrimenti è tutto tempo sprecato. Da una parte, dunque, sottolineava, rileggeva e schematizzava. Dall'altra, invece, di tanto in tanto, buttava giù le rime della canzone per cui aveva finito la base poco prima. Tutto molto dispersivo, tutto molto Jack. Tanto che a volte tra le righe della canzone potevi trovare ingredienti della Polisucco, mentre sul quaderno di pozioni potevi trovare schemi in rima che avrebbero fatto vergognare Tupac delle proprie filastrocche. Jack Faraday era capace di buttarti giù la ricetta della Pozione Pepata in una maniera che gli avrebbe fatto vincere il disco di platino.
    Dopo un'oretta di quell'avanti e indietro, il Serpeverde si alzò di colpo dalla sedia, facendo sussultare una ragazza Corvonero seduta al tavolo accanto al suo. Mado', sti inglesi. Con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni si avventurò tra le tortuose file di scaffali, vagando con lo sguardo tra il distratto e il pensieroso in mezzo a tutti quei volumi polverosi. Una parte della sua testa era ancora alla ricerca della rima per completare l'ultimo verso, mentre l'altra se ne andava alla ricerca del manuale di erbologia necessario a chiarificargli un passaggio della polisucco. Una volta trovata l'ala giusta vi si infilò fischiettando, estraendo una mano dalle tasche per passare l'indice lungo uno degli scaffali più alti, tamburellarci sopra un paio di volte ed estrarre poi il volume desiderato. Solo quando fece per tornare indietro si rese conto della minuta figura che si ingegnava per reperire un po' ovunque le introvabili scalette necessarie a raggiungere gli scaffali più alti. Più alti..per lei. Non poté fare a meno di sorridere tra sé e sé nel vederla alle prese con una statura che non le consentiva di prendere il libro desiderato. Tuttavia, da bravo cavalier servente qual'era, si avvicinò alla compagna di casata, allungando senza sforzo un braccio per estrarre dallo scaffale il libro che stava tentando di raggiungere. A quel punto, appoggiatosi con la spalla all'immensa libreria, le porse il grosso tomo con un sorriso gentile. "A lei." disse solo, con una certa sfumatura divertita nello sguardo e nel tono, prima che quella stessa sfumatura assumesse un'aria prima interrogativa, poi titubante e in seguito più realizzata. Puntandole l'indice contro, e scostato appena il capo con espressione dubbiosa, come chi cerca la conferma a una domanda di cui in fin dei conti sa già la risposta, riprese chiedendo semplicemente "Aleksandra?" pausa "Carrow?" altra pausa "Jack Faraday. Campeggio magico. Estate. Ti ricordi?" A dirla tutta non era certo che si ricordasse di lui; probabilmente nemmeno lui l'avrebbe riconosciuta se solo non se la fosse trovata a pochi centimetri dalla faccia. La sua memoria, d'altronde, non era delle migliori in quanto a nomi e visi, però si ricordava di aver tentato un approccio e di aver lasciato perdere una volta capito che non c'era trippa per gatti. E poi Jessica la tettona gliel'aveva sbattuta in faccia tipo per giorni, quindi le attenzioni di Jack erano state convogliate altrove per il resto della vacanza. "Che fai, i tuoi ti ci rimandano anche quest'anno in quella colonia di zanzare e ormoni giovanili?" chiese ironicamente, lasciandole intendere con uno sguardo quanto bassa fosse la sua considerazione di quel posto. Carino, per carità..quando hai tredici anni, quando ne hai diciannove un po' meno. Scosse quindi la testa, alzando appena un sopracciglio con aria rassegnata al solo ricordo di quel luogo tedioso in cui l'età media si aggirava intorno agli undici anni. Bella punizione, papà, per l'espulsione. Però intanto Jessica di anni ne aveva sedici, e se glielo chiedi, te lo dirà lei come le abbiamo viste le stelle e l'aria buona. Ripercorse velocemente quei ricordi, lasciando che il domino delle proprie associazioni mentali lo portasse a raddrizzare le spalle in un istante di realizzazione. Quasi involontariamente si ritrovò a chiedere di getto "Aspetta..tu sai cantare? Mi sembra di ricordare che la tua voce non fosse male." In un moto improvviso si staccò dalla libreria, cominciando a frugare in tasca alla ricerca di un volantino spiegazzato che portava appresso da giorni. Con un movimento secco lo dispiegò sotto gli occhi della Carrow. 'Song contest & Rap battle - festa di fine anno. Sabato 10 Giugno (se tutto va bene), ore 21.00, stanza delle necessità. Da girare solo tra fedelissimi, che se ci sgamano ci inculano male. B.Y.O.I. (Bring Your Own Instruments). In palio..lo vedrete.' "Per la rap battle sto messo a posto." Perché per il freestyle non ti puoi organizzare: viene dal cuore. E poi lo sanno tutti che gli inglesi non sanno rappare nemmeno per sbaglio. "Per il song contest avrei già la canzone, però mi servirebbe anche una voce femminile nel ritornello." Con quelle parole alzò lo sguardo dal foglio, rivolgendole un'occhiata complice da sotto le ciglia. "Che ne dici?"
     
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    « E tu cosa sogni? » E' iniziata così, forse una delle poche amicizie che considerava sincera. Una domanda, semplice, detta lì di getto, senza troppe pretese, senza doppi sensi. Una conversazione a cuore aperto tra due adolescenti il cui futuro appariva tutto sommato florido. Lui le aveva raccontato della sua famiglia e lei, cercando di eludere le parti più terrificanti, aveva fatto altrettanto. Non era altrettanto facile prenderla alla leggera, ma Jack era stato in grado di farla sciogliere, di farla sorridere, una cosa che non le capitava poi molto spesso. « Il dopo. » Una risposta così eterea, così sognante, così scontata eppure così sopra le righe. Quelli del suo calibro, quelli delle famiglie importanti, sapevano già tutto sulla propria vita, cosa avrebbe fatto, dove sarebbero andati, come si sarebbero comportati. Avevano un futuro già scritto. Aleksandra invece, dopo la morte del padre, aveva perso quella scia perfettamente delineata. Sapeva di dover sposare un ragazzo che le era stato promesso forse prima ancora di essere nata. Sapeva che avrebbe dovuto fare qualcosa di rilevante, qualcosa che contasse, ma non sapeva cosa. L'attuale capo famiglia, suo fratello, era stato sin troppo elastico nei suoi confronti, e sin da quando l'ha liberata dalla morsa spasmodica del padre, le ha permesso di fare ciò che non ha mai pensato di poter fare. Sognare. « Il mio sogno è andare alla Juilliard. Danza classica. » Non c'era una cosa che riuscisse a rendere la piccola Carrow più libera della danza. Le dava la possibilità di esprimersi come non sarebbe mai stata in grado di fare a parole. In realtà, Aleksandra faceva tante cose; suonava, cantava sotto la doccia, cuciva abiti, creava oggetti apparentemente inutili; tutte cose creative, fuori dal comune, così distanti dal mondo che i Carrow si sarebbero aspettati da un degno appartenente alle loro schiere. « New York eh? Praticamente sotto casa mia. » Le rivolge un sorriso sincero, e lei risponde con altrettanta genuinità. « Vorrà dire, Miss Carrow, che ci vederemmo ancora. » D'altronde andavano entrambi a Hogwarts. Si sarebbero visti comunque, ma era bello sapere che semmai fosse arrivata nella Grande Mela, avrebbe trovato qualcuno con cui gustarsi un buon tè - anche se era certa che gli americani non fossero in grado di fare un buon tè. Lui avrebbe ordinato il suo terribile caffé americano, che Aleksandra avrebbe senza ombra di dubbio sbeffeggiati, ed entrambi si sarebbero messi a ridere. Un po' come succedeva anche durante le colazioni al campo estivo.
    Purtroppo le fantasie finiscono sempre e anche in fretta. Quell'amicizia era sbiadita di botto, esattamente come era iniziata. Ognuno era tornato ai propri affari. Aleksandra è tornata ai suoi libri - a quei tempi era piuttosto impegnata in una seconda lettura di Guerra e Pace, e Jack è tornato a qualunque cosa facesse Jack per divertirsi. Per un po' lei lo ha cercato ancora, ma quando si è resa conto che quei primi giorni non erano stati altri che una breve fermata del suo tragitto al campo estivo, ha smesso di farlo. Un po' come sempre, la giovane Carrow si è lasciata vincere dalla sua insicurezza, dal suo dannato senso di non essere mai abbastanza. E così lo ha lasciato stare. Sarebbe stati davvero dei grandiosi amici; lei ne era certa. Chi lo sa, forse a New York quelle incursioni da Starbucks di cui parlavano le avrebbero davvero fatte. Forse fuori dalle logiche scolastiche, in cui Aleksandra sarebbe sempre stata fuori posto, le cose sarebbero cambiate. Lontana da Hogwarts, da Londra, dalla sua famiglia, forse sarebbe finalmente riuscita a emergere. In fin dei conti, bastava guardarla negli occhi per accorgersene che dietro quello sguardo da cerbiatta innocente, c'era qualcos'altro. Aleksandra era combattiva, era una bambina piena di ingenio, sapeva essere dispettosa e a tratti persino furba. L'unica cosa a non permetterle di dispiegare quanto il Cappello Parlante aveva chiaramente visto in lei, era quel suo perenne blocco. L'ultimo giorno di campeggio lei lo aveva salutato con un leggero cenno della mano, mentre l'autista di famiglia caricava le sue valigie in macchina; lui non l'aveva nemmeno notata. E così tutto era finito. Fino a quel pomeriggio.
    Temeraria e combattiva, non voleva rinunciare all'idea di buttar giù quel libro; lo avrebbe fatto anche con la forza del pensiero e la suggestione se fosse stato necessario. Perché non esisteva proprio che un dannato libro avesse la meglio su Aleksandra Carrow. Incattivita a dismisura, continua a saltellare seguendo diverse angolazioni, senza alcun risultato. Quanto vorrebbe la sua bacchetta in questo momento, e quanto sta odiando il fatto di non poterla più avere se non durante le lezioni. Odia il fatto che la gente pensi che lei sia una privilegiata. La situazione dentro la scuola è diventata sempre più pesante, tant'è che anche Aleksandra ha dovuto reinventarsi. Ha dovuto imparare a rispondere alle provocazioni, guardare in faccia i suoi dispettosi compagni, convincendoli che lei non era il target più facile. Certo, non sempre ci riusciva, ma ormai quella lingua biforcuta, tratto tipico di famiglia stava lentamente venendo fuori. Aveva ripreso a respirare, la piccola Carrow. Chi l'avrebbe detto che le ci sarebbe voluto un tale dissidio per iniziare a stringere i pugni e mordersi la lingua pur di non essere più acida del necessario. In cuor suo era lo stesso capriolo spaventato che tutti conoscevano; ma ormai si stava proteggendo, si stava preservando. Nessuno poteva metterle i piedi in testa, soprattutto per sciocchezze come il mio letto è meno comodo del suo. Come se fosse colpa sua, come se i suoi compagni meno fortunati li avesse mandati lì sotto lei. Anche se non trovasse la cosa del tutto giusta, non è come se lei potesse fare davvero qualcosa. Tutti pensavano che perché si chiamasse Carrow, allora, la sua parola, la sua opinione contasse più di quella degli altri. Non era così, anzi se possibile, la sua contava ancora di meno. La bambina spaventata, traumatizzata, tenuta chiusa in una cantina per tredici anni. Chi avrebbe mai potuto darle un briciolo di credito? Non se lo sarebbe dato da sola, figuriamoci se gli altri lo avessero fatto gli altri. « A lei. » Il libro le viene offerto con gentilezza. Lei si sistema i capelli da una parte dall'altra, rimettendo al proprio posto le ciocche fuori posto, svolazzate qua e là durante tutto quello saltellare per poi accettare il libro con un grande sorriso. « Grazie. » Ed è solo allora che alza gli occhi, riconoscendolo all'istante. Il sorriso cordiale sbiadisce appena, mentre stringe il libro al petto. Incantesimi, il modulo avanzato. Per un secondo mentre cerca qualcosa di gentile da dire, ma tutto ciò che le viene da pensare e una domanda alquanto stupida. Perché devono studiare Incantesimi se non hanno una bacchetta con cui esercitarsi? Non divagare Aleksandra. Gentilezza! Su! Ne hai sempre una per l'occorrenza. Ma non ce ne è bisogno, perché dopo un tempo infinitamente lungo, è Jack a parlare di nuovo. « Aleksandra? Carrow? Jack Faraday. Campeggio magico. Estate. Ti ricordi? » Allora si ricorda. E' possibile leggere un certo stupore sul volto della ragazza e anche una certa difficoltà nel capire come reagire. Sfruttando quindi quell'aria confusa, si scioglie infine in un leggero sorriso annuendo appena, quasi come se quel volto e quel nome venissero riesumati da chissà quale lontano ricordo. « Oooh Jack! Mi sembravi un volto noto. » Falsa come una banconota da tre sterline. « Il newyorkese vero? » Ancora più falsa. « Quello del caffè annacquato. » Abbandonare la missione. Mayday mayday, troppi dettagli. Resta lì impallata per qualche istante con lo sguardo basso, mentre giocherella con le pagine dell'importante tomo che la tra le braccia. « Che fai, i tuoi ti ci rimandano anche quest'anno in quella colonia di zanzare e ormoni giovanili? » Sperava vivamente di no. Non aveva apprezzato quell'esperienza. Sapeva Deimos l'avesse fatto per aiutarla a socializzare, ma a dirla tutta l'aveva trovata un'esperienza piuttosto traumatizzante. Lo aveva odiato, davvero tanto. Le ragazze erano davvero crudeli e tre quarti dei ragazzi erano troppo spinti nell'arte del rimorchio estremo. Alla fine Aleksandra era finita per chiudersi nella sua casetta, cercando di intralciare il meno possibile le sue due compagne di stanza. Due arpie, una più competitiva dell'altra. Faceva a gara a chi si vestisse in modo più succinto e facevano a gara anche a chi mandasse frecciatine più cattive ad Aleksandra. Alla fine dell'estate lei aveva messo nello shampoo di entrambe colla e coloranti alimentari, così entrambi si erano ritrovati con i capelli di un verde fluo, aggrovigliati in un ammasso indistinto sulla testa. Ovviamente nessuno aveva sospettato di lei; se l'erano presa con le altre troiette del campo, convinte che quella fosse opera loro. « Non lo so. » Disse stringendosi nelle spalle con un certo imbarazzo. « Spero vivamente di no. Quel posto era davvero.. » Davvero cosa piccola Lex? In fin dei conti la piscina, le attività all'aria aperta, i giochi di squadra, dovrebbero essere cose che piacciono a tutti quelli della tua età. Per non parlare poi delle feste. Bellissime feste. Tutto ciò, per Aleksandra era apparso come troppo. A parte il fatto che qualunque cosa le piacesse fare, le sue compagne finivano per rovinarla, scoraggiandola perennemente. Non finì la frase, rimanendo per un po' in silenzio, presa da quelle terribili reminiscenze.
    Trasalì solo quando il ragazzo parlò di nuovo. « Aspetta..tu sai cantare? Mi sembra di ricordare che la tua voce non fosse male. » Rimase piuttosto sconvolta. Durante una delle prime sere, si erano messi a strimpellare la chitarra. Inizialmente lei era stata sin troppo timida per cantare, ma dopo un paio di accordi si era lasciata andare e così, avevano ripercorso insieme canzoni di ogni sorta senza troppe ansie.
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    Le allunga un volantino, e lei, curiosa di natura com'è lo afferra e prende a leggere in fretta e furia il testo, scuotendo d'istinto la testa. Oh no no no. Sa dove vuole andare a parare, e no, non se ne parla proprio. « Devi confonderti con qualcun'altra. » Bugiarda patologica. D'istinto le note di quella Can't help falling in love le risuonano nella testa. Uno dei primi falò. Alla fine un sacco di gente si era riunita attorno a loro, e Aleksandra, presa dal momento, si era decisa di guardarlo negli occhi per non fare una figuraccia. Se si fosse fermata avrebbero riso di lei o peggio avrebbero pensato già da subito che fosse una cretina. Così si era affidata a lui e alla sua chitarra, e avevano fatto un dannato lavoro di cristo! « Per la rap battle sto messo a posto. Per il song contest avrei già la canzone, però mi servirebbe anche una voce femminile nel ritornello. Che ne dici? » Lei gli restituì il volantino trovando finalmente il coraggio di alzare gli occhi in quelli di lui. Aleksandra non sapeva dire di no, ma quella proposta era troppo persino per lei. Gli sorrise cordialmente indietreggiando di qualche passo. « Mi dispiace non posso aiutarti. Dovresti cercarti qualcuno che sa stare sul palco. Temo che ti farei fare brutta figura. » Dicendo ciò si strinse il libro al petto con maggiore vigore, pronta a continuare il suo giro di libri da raccattare tra gli scaffali. « Chiederò tra le mie compagne comunque. » Sembrava quasi delusa dalla sua mancanza di spirito di avventura. Ma era la cosa giusta da fare. Non voleva fargli fare brutta figura, e poi, l'ultima cosa che Aleksandra voleva era trovarsi su un palco, di fronte a gente, gente che l'avrebbe guardata, giudicata, osservata. « Grazie per il libro.. sei stato gentile. » E dicendo ciò gli diede le spalle sparendo dalla sua visuale nel corridoio accanto, dove avrebbe trovato l'altro libro di approfondimento di Storia della Magia che le serviva per finire la sua ricerca da consegnare entro la fine della settimana. Il problema tuttavia si ripresentò. Dopo una breve ricerca, il libro risultò ancora una volta troppo in alto. Cercò di salire sul tomo che aveva già per le mani ma niente. Saltellii e sbuffate varie non le furono sufficienti. I grandi occhioni, ancora una volta alla ricerca di qualche scaletta, vennero di nuovo delusi. Non esistevano scalette nella biblioteca di Hogwarts. A cosa servivano quando un semplice Accio un tempo sarebbe bastato? Prese quindi a camminare su e giù di fronte allo scaffale cercando di trovare un modo per farlo saltare giù ma niente. A quel punto, la testolina di lei fece di nuovo capolino timidamente sul corridoio accanto. Lui stava leggendo un libro. Subito tornò a nascondersi, prima di fare capolino di nuovo. Stava ancora leggendo e a quel punto, la terza volta, assumendo una posizione il più dignitosa possibile, tornò all'attacco, schiarendosi la voce. « Jack? » Bello chiedere aiuto, dopo che lo si è rifiutato al prossimo. « Che posso chiederti di prendermene un altro? » Si stringe nelle spalle sorridendogli appena con un certo imbarazzo. « E' troppo in alto.. »
     
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    "Mi dispiace non posso aiutarti. Dovresti cercarti qualcuno che sa stare sul palco. Temo che ti farei fare brutta figura." Le faremo sapere. Non sei tu, sono io. Ti meriti di meglio. Ti lascio perché ti amo troppo. Quelle semplici parole riecheggiarono nella sua mente come uno dei tanti punti in un'immensa lista di frasi fatte, quelle che ti dicono a un colloquio di lavoro per non farti rimanere male, o quando ti piantano in asso per scansare la nomea di infame. Aleksandra le diceva, probabilmente, perché si vergognava e basta di salire su un palco - il che era piuttosto naturale, sebbene Jack per i propri parametri lo trovasse immotivato -. "Chiederò tra le mie compagne comunque. Grazie per il libro.. sei stato gentile." Non lo avrebbe chiesto alle proprie compagne, o se anche lo avesse fatto, probabilmente si sarebbe ritrovato di fronte a due soli scenari possibili: o una tipa la cui voce non lo soddisfaceva, oppure una squinzia che si credeva più brava di quanto fosse in realtà e voleva semplicemente stare al centro dell'attenzione per una sera. Pessimista? No, Jack era solo testardo; quando si metteva in testa di volere una cosa, voleva quella e basta, a maggior ragione se cercavi di impedirgliela. Avrebbe trovato anche il più stupido degli appigli per contestare qualsiasi altra persona gli fosse stata proposta, e non per un reale deficit della stessa, ma semplicemente perché non era quella che lui aveva scelto in prima istanza. Tuttavia sia mai che l'orgoglio di Jack decidesse di scendere per cinque minuti dal piedistallo; il biondino sapeva incassare i propri no con tutta la regalità che si addice a un Faraday, ovvero mostrando un sorriso smagliante e piegando il capo in un gesto ondulato di assenso. Questo non significava che avrebbe gettato la spugna, ma semplicemente che avrebbe preso tempo per studiare altri metodi coercitivi in grado di portarlo al risultato che si era prefissato. "Non fa niente, figurati. Sarà per la prossima." E così, con la frase fatta più frase fatta che potesse trovare, si strinse nelle spalle, salutandola con un cenno della mano prima di appostarsi con la schiena contro lo scaffale alle sue spalle, aprendosi il libro scelto sotto gli occhi e cominciando a sfogliarlo alla ricerca di ciò che gli serviva. D'altronde non aveva nemmeno tanto senso portarlo con sé al tavolo, dato che dopo nemmeno cinque minuti avrebbe esaurito la sua utilità e si sarebbe ritrovato ad alzarsi per rimetterlo a posto. Tuttavia la sua lettura durò meno del previsto, dato che con la coda dell'occhio gli sembrò di intravedere la figura della Carrow fare capolino con i suoi occhioni da dietro la navata opposta di scaffali. Sulle prime non ci fece troppo caso; la seconda volta, tuttavia, già un piccolo sorrisino sornione cominciò a farsi spazio sulle sue labbra. Non alzò comunque lo sguardo, intento a continuare quel gioco fino a quando non gli sarebbe stata direttamente rivolta la parola. "Jack?" Eccola. Come se si fosse appena risvegliato da un profondo sonno, l'americano scosse i riccioli biondi, alzando il capo a mostrare uno sguardo talmente sorpreso e interrogativo da meritarsi un Oscar. "Sì?" Falso come una banconota da tre galeoni e mezzo: lui, la sua espressione e il suo tono di voce innocente. "Che posso chiederti di prendermene un altro? E' troppo in alto.." Ah, il dolce suono della parabola del figlio prodigo! Con uno schiocco chiuse il volume di Erbologia, raddrizzando le spalle e staccandosi dallo scaffale a cui si era appoggiato per raggiungere la Carrow. Giusto il tempo di scoccarle un sorrisino a metà tra il sornione e il soddisfatto prima di farle cenno con la mano di precederlo "Fai strada." Una volta giunti di fronte al tomo desiderato, allungò una mano a raggiungerlo senza sforzo, gettando un occhio a leggerne il titolo. "Le veela e il loro sortilegio: breve storia dalla magia antica ad oggi." recitò, scandendo le parole con aria interessata. Un'occhiata da sotto le ciglia alla Carrow, poi di nuovo al libro, poi di nuovo a lei, questa volta alzando un sopracciglio con aria beffarda. "Ti informi sulla concorrenza?" E detto ciò fece per porgerle il tomo, solo per poi sottrarglielo da sotto il naso non appena lei allungò una mano per prenderlo. Con fare di sfida, alzò il libro sopra la propria testa, protraendolo fino al punto più alto che riusciva a raggiungere. "Perché non vuoi partecipare al contest?" chiese di getto, sul fiore di un sorriso, mentre schivava ogni suo tentativo di raggiungere il volume, indietreggiando passo dopo passo con fin troppa facilità. "Ti vergogni? Non vuoi partecipare con me? Hai paura che ti fischino?" Ipotesi, per lo più sparate, ma anche quelle più plausibili. "E' solo il ritornello, che ti costa? Potremmo spartirci il premio..qualunque esso sia." Stai a vedere che è una cazzata. Mi ci gioco la casa che lo è. Si voltò su se stesso, avendo esaurito lo spazio di manovra per indietreggiare ulteriormente nella direzione che stava prendendo. "Capisco l'imbarazzo..ma non devi guardare per forza loro. Guarda me. Ti vergogni anche di me? Ti ho già sentita cantare, non ha senso." La fissò dritta negli occhi per qualche istante, tenendo il mento leggermente alzato senza abbandonare quell'aria di sfida. Poi, di punto in bianco, si fermò di colpo, rischiando di farla inciampare dritta per dritta contro di lui. Solo allora abbassò il braccio che teneva alto il libro; sulle prime le fece una piccola finta, porgendoglielo solo per ritrarlo, ma alla fine glielo diede sul serio, incrociando poi le braccia al petto. "Facciamo così. Una prova, non ti chiedo altro. Mi dai un'ora del tuo tempo, proviamo la canzone, e se non ti piace, o non ti senti a tuo agio, o preferiresti scontare il resto dei tuoi giorni con un Troll piuttosto che cantare con me, allora non ti disturberò più." Fece una piccola pausa, stringendo le spalle nello scoccarle un piccolo sorriso "Tentar non nuoce. Non ti mangio mica.." altra pausa "..sei troppo magrolina: ci mangerei poco." concluse, ampliando il propri sorriso in uno decisamente più largo e smagliante, a dir poco da pubblicità. Aveva forse ragione suo padre quando diceva che era naturalmente portato per fare il politico, quando voleva.
     
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    « Le veela e il loro sortilegio: breve storia dalla magia antica ad oggi. Ti informi sulla concorrenza? » Sta cercando di metterla a disagio, e ci riesce anche. Non a caso, la giovane Carrow arrossisce appena prima di allungare la mano in direzione del libro. Non importa.. se lo è effettivamente meritato. Capisce che un no per uno come Jack Faraday è qualcosa di assolutamente inconcepibile. E lei ne va anche dannatamente fiera. « Gra.. » Ma non fa in tempo a finire quella frase che il libro le viene sottratto prima ancora di aver avuto l'occasione di sfiorarlo. Bullo. Cerca di afferrarlo, ma Jack lo posiziona sempre più in alto, e per quanto Aleksandra provi a saltellargli attorno, il tutto risulta inutile, oltre che terribilmente ridicolo. Si sente stupida. L'ha ingannata; e lei odia essere ingannata, anche sulle stupidaggini. « Andiamo Jack! Devo studiare.. » Asserisce ridacchiando appena, più per imbarazzo e frustrazione che per serio divertimento. Quando la gente sfrutta le sue debolezze, Aleksandra non si diverte mai, anzi se possibile s'innervosisce, e così eccola lì a sbuffare come una bambina, mentre cerca di costringerlo ad abbassare il braccio e porgerle il libro. « Perché non vuoi partecipare al contest? » Di nuovo il contest. Non riesce proprio ad accettare un no, l'amico Jack. Non risponde nemmeno alla sua domanda, concentrata com'è nel cercare di recuperare il suo libro. Lui si diverte, ed è a dirla tutta coinvolgente; non può fare a meno di sorridere a sua volta seppur imbarazzata e decisamente poco contenta di quel suo atteggiamento. Jack ha un che di magnetico. Effettivamente, dirgli di no è difficile; fa tutto con noncuranza, con leggerezza, tanto che persino prendersela con lui risulta complicato. « Ti vergogni? Non vuoi partecipare con me? Hai paura che ti fischino? » Tutte e tre magari? Non era certo il tipo di persona che si sarebbe mai sentita a suo agio su un palco. Gli sguardi delle persone l'avrebbero sempre terrorizzata. Seppur una Carrow, Aleksandra era un'atipica, poco disciplinata sul versante sicurezza e consapevolezza di sé. Di conseguenza, non aveva la più pallida idea di come contenere il panico e il terrore. A volte aveva difficoltà persino a parlare in classe di fronte ai suoi compagni; succedeva che balbettasse o che semplicemente si tenesse la risposta tutta per sé per paura di fare una figuraccia. Figuriamoci fare qualcosa che non aveva mai fatto di fronte a un pubblico se non quello ridotto e decisamente fatto e/o ubriaco del campo estivo. Probabilmente quei ragazzi nemmeno si ricordavano di lei. Era certa d'altronde che nemmeno Jack si ricordasse di lei. Troppo insignificante per rimanere effettivamente impressa. « E' solo il ritornello, che ti costa? Potremmo spartirci il premio..qualunque esso sia. Capisco l'imbarazzo..ma non devi guardare per forza loro. Guarda me. Ti vergogni anche di me? Ti ho già sentita cantare, non ha senso. » « Ma quanti anni hai? Possibile che tu debba fare così? » Saputello! si ritrovò a pensare lei mentre cercava ancora di raggiungere il libro. Jack era uno di quei tipi sicuri di sé; uno di quelli a cui non si dice di no. Jack era uno di quelli che sapeva come girasse il mondo, aveva esperienza con le persone. Lui piaceva alle persone; a tutti, indistintamente. Piaceva persino a quelli che dicevano di trovarlo antipatico, perché era sempre sorridente, sempre pronto a mostrarsi disponibile. A modo suo era sempre gentile ed energico e coinvolgeva la sua platea con quel suo sorriso degno da una pubblicità dei dentifrici. Era un tipo sbarazzino, apparentemente noncurante di nulla. E' di queste persone che chiunque vorrebbe circondarsi. Di quelle magnetiche che prendono la vita alla leggera, per cui un no non esiste e nessuna prova è davvero insuperabile. Aleksandra in confronto non era altro che una codarda e una a cui piaceva mollare troppo facilmente, a volte persino prima di averci provato. Ciò che fondamentalmente stava accadendo in quello stesso momento. Non è che non avesse davvero voglia di farlo; buttarsi, prendersi i meriti di un talento che forse effettivamente aveva, le avrebbe fatto davvero bene, eppure la paura di sbagliare era più forte del rischio. Alla fine il libro le viene restituito e lei abbassa istintivamente la testa. Nemmeno questa è stata una sua vittoria, bensì un'altrui concessione. Tutto nella sua vita si basava su concessioni, permessi, limiti, lecito. « Facciamo così. Una prova, non ti chiedo altro. Mi dai un'ora del tuo tempo, proviamo la canzone, e se non ti piace, o non ti senti a tuo agio, o preferiresti scontare il resto dei tuoi giorni con un Troll piuttosto che cantare con me, allora non ti disturberò più. Tentar non nuoce. Non ti mangio mica.. sei troppo magrolina: ci mangerei poco. »
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    E lei resta lì in silenzio a rimuginarci. Deve ammettere che una prova non è certo dire di sì. Sarebbe divertente e.. diverso, sì. Diverso dalla solita monotonia. Qualcosa che rallegri queste tristi giornate di studio. E poi, a lei la musica piace davvero. Sotto la doccia canta a squarciagola, soprattutto ora che le sue compagne di stanza non sono più lì a prenderla in giro chiamandola piccolo usignolo. Odiose! « Perché dovresti voler cantare con me? E' per caso una scommessa? Vuoi mettermi in imbarazzo? Perché sai che succederà.. non esiste una sola versione in cui questa cosa funzionerà.. » Sempre paranoica e poco sicura di sé, la piccola Carrow. Glielo chiede con la sua solita spontaneità, con quella dose di innocenza patologica di cui è intrisa e di cui se potesse farebbe ben volentieri a meno, ma di cui, a dirla tutta.. non può. « Potresti chiederlo a qualunque ragazza, e nessuna ti direbbe di no.. scommetto. » Qualcuna di più bella, più sicura di sé. Qualcuna che sappia effettivamente quello che fa. Una di quelle con cui lo si vede solitamente in giro. Le voci sul suo conto certo non smettono mai di girare; un vero spacca cuori, Jack Faraday. Mentre accenna una qualche smorfia chiaramente sintomo del suo indugiare, ci pensa e ci ripensa. Sarebbe davvero divertente. Buttarsi, rischiare, anche solo per una volta, sarebbe davvero divertente. Chiude gli occhi e stringe i denti per un istante, consapevole della sua sconfitta. « Solo una prova.. ma questo non significa che lo farò sul serio. » E questo conferma che Aleksandra non è l'eccezione alla regola. Potresti chiederlo a qualunque ragazza, e nessuna ti direbbe di no.. scommetto. Già, piccola Aleksandra, hai marcato in pieno l'obiettivo di schiaffeggiare Jack Faraday e il suo harem. Ma lei non ci pensa, non se ne rende nemmeno conto. « A due condizioni.. » Ed ecco una piccola serpe fare capolino dai meandri della sua infinita dolcezza e innocenza. Più un modo per non sentirsi palesemente sconfitta che altro. « Mi porterai i libri per una settimana.. no.. due settimane.. a partire da ora. » E dicendo ciò gli molla tra le braccia entrambi i grossi tomi con fare altezzoso. Molto credibile. E molto minacciosa. Un modo per non sentirsi palesemente sconfitta. Un modo stupido. « Eeee.. mi accompagnerai alla festa dei diplomandi.. » Per ka quale non aveva un accompagnatore e alla quale non voleva andarci da sola. Ma questo non glielo disse ovviamente, ben convinta che non fosse ovvio. Lo vedeva più come un metterlo in castigo, la piccola Aleksandra. Certo sarebbe stata dura andare con lei, piuttosto che invitare una qualche ragazza che certamente gli avrebbe fatto di gran lunga molta più compagnia. Che ragazzaccia, Aleks! Davvero una grande ragazzaccia. Prese a dondolare sulle punte dei piedi rendendosi conto solo in seguito delle richieste ridicole che aveva fatto. Ma in fin dei conti non avrebbe saputo cosa altro chiedergli quale pegno. « Se siamo d'accordo, dimmi dove e quando. »


     
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3 replies since 23/5/2017, 20:28   63 views
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