E' solo il giorno che muore

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    Sarà morto? Silenziosamente e con lentezza a dir poco disumana, l'orecchio di Lyanna si tese a captare ogni soffio d'aria di lì a pochi centimetri. Aggrottò la fronte per un istante, non percependo nulla. Poi, di colpo, il ragazzo al suo fianco esalò un grugnito nel sonno, facendola sobbalzare dallo spavento. Oddio, grugnisce pure. Ma chi l'ha fatto uscire dalla stalla questo qui? In preda a un piccolo attacco di panico cominciò a guardarsi intorno alla ricerca di vie di uscita, cercando nel frattempo di richiamare a sé i ricordi della sera prima. Ok, ok, consecutio. Artie porta l'incendiario, io porto l'erba, non so chi porta questo animale. E sulle basi ci siamo. Poi? Poi ha tirato fuori la storia che gli piace scrivere romanzi. Che gran cazzata; ma quanto incendiario ho bevuto per crederci? Questo non avrà nemmeno la terza elementare. Una smorfia di disgusto si dipinse sul suo volto mentre fissava il viso addormentato in una strana smorfia del tipo. Poi siamo arrivati alla rimessa delle barche..cioè qui. Ha detto che era colpa del freddo perché ce l'aveva piccolo. Credo di essermi addormentata prima che finisse. Ed ora eccola lì, con un braccio del tizio pesantemente avvolto attorno al suo busto nemmeno fosse la piovra gigante. Con estrema lentezza, come si farebbe durante una partita di shangai, cominciò a far scivolare un braccio fuori da quella presa millimetro per millimetro. Un altro grugnito la fece sussultare quando riuscì a liberare definitivamente la mano, la quale andò veloce a porsi sotto gli occhi cerulei di lei per consultare l'orologio da polso. Cazzo! Sono pure in ritardo. Fottuto annuario. Tuttavia ci volle poco per rendersi conto che almeno altri cinque minuti per uscire da quella situazione le sarebbero serviti tutti. Non voleva svegliare il tizio: non tanto perché ci tenesse al suo riposo, ma più che altro perché non aveva questa gran voglia di parlarci in quel momento..o per il resto delle loro vite. Così, seppur con qualche difficoltà, riuscì ad allungare il braccio libero fino a stringere la mano attorno a un remo lasciato sul pavimento poco distante (perché sì, in tutto ciò loro stavano su una stretta barchetta del cazzo). Quando arrivò a stringerlo si ritrovò a far affidamento su un piano che non sapeva quante possibilità di buona riuscita avesse, ma che era anche l'unico a sua disposizione. Così, con la punta della lingua che le usciva dalle labbra per lo sforzo di concentrazione e un'estrema perizia nello sgusciare abbastanza da lasciare uno spazio tra il suo busto e il braccio di lui in cui inserire il remo, Lyanna applicò il concetto delle leve per alzare quanto bastava l'arto del ragazzo. Una volta creatasi l'aria di manovra necessaria, si spostò con tutto il corpo fuori da quella presa, lasciando che il tizio dei grugniti si abbarbicasse al remo di legno. Gli rivolse un'ultima smorfia di disgusto prima di passare dalla barca alla terraferma, buttandosi addosso i vestiti che aveva sparso qua e là e sistemandosi i capelli in un disordinatissimo chignon.
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    Tutto il resto fu abbastanza una corsa contro il tempo, dato che le fu necessario tornare in camera propria per riappropriarsi dell'amatissima macchinetta fotografica e gettare in borsa un paio di rullini di riserva per ogni evenienza. Un altro sguardo all'orologio da polso. Vabbè, un'ora di ritardo..che vuoi che sia? Occhiali da sole tondi infilati sul naso e due dita alzate a mo' di saluto verso l'inquisitore che se ne stava appollaiato a controllarla dall'ingresso. "Non dovresti essere a lezione?" Con aria annoiata, senza nemmeno guardarlo veramente in faccia, estrasse dalla borsa un foglio di pergamena che andò a dispiegare teatralmente sotto gli occhi dell'uomo, solo per poi rivolgergli uno sguardo tra il vacuo e il truce da sopra gli occhiali. "Fotografa dell'annuario. Ho l'esonero per tutta la giornata. Se vuoi faccio una foto di classe anche a te e ai tuoi amici: tanto ormai siete della banda." Stirò un sorriso privo di qualsiasi divertimento e della durata di mezzo secondo massimo prima che questo le rivolgesse un'occhiataccia, intimandola a procedere svelta e a tapparsi la bocca. Senza farselo ripetere due volte imboccò l'uscita da quei sotterranei, risalendo sempre più in superficie fino a uscire nuovamente dalle mura del castello, avviandosi verso le sponde del lago nero, lì dove avrebbe dovuto vedersi con Fitz un'ora prima. Non sapeva nemmeno se fosse rimasto ad aspettarla, o se l'avrebbe superata nel ritardo, ma non ci pensò troppo, sicura che tanto un tipo come lui avrebbe di certo trovato la maniera di occupare il proprio tempo senza spararle inutili cazziatoni che in ogni caso non avrebbe ascoltato. Quando avvistò la sua figura sul pontile accelerò leggermente il passo, facendoglisi accanto con le mani alzate a mo' di discolpa. "Lo so, lo so. Ho avuto qualche problema logistico." disse svelta, mentre teneva lo sguardo fisso e aggrottato nell'interno della borsa, nella quale andò a rovistare per tirarne fuori il necessario a girarsi velocemente una sigaretta. In un batter d'occhio se la mise tra le labbra, accendendola col clipper rosso fuoco e facendogli poi cenno col capo di avviarsi. La cosa era questa: i due Corvonero, unici fotografi del castello - gli unici decenti, o forse i più dotati - erano stati personalmente scelti dal consiglio di classe per occuparsi del servizio fotografico che sarebbe stato usato nell'annuario. Sulle prime Lyanna aveva chiesto a cosa servissero due fotografi, più che altro perché non aveva questa gran voglia di stare in piedi per ore a fotografare gente che sicuramente le avrebbe chiesto trecento scatti in più perché almeno hai più scelta - come se a Lyanna fregasse un cazzo di come venivano in foto; minimo per quella gente avrebbe scelto gli scatti peggiori. La risposta era stata che tutto ciò serviva a far collaborare gli studenti tra loro - e blablabla - e perché sarebbe stato carino se si fossero fatti qualche foto a vicenda mentre svolgevano quell'onorevole compito.
    Dopo nemmeno un paio di minuti di camminata si imbatterono in un gruppetto di ragazzi che avevano tutta l'aria di aver marinato una lezione, stesi al sole come lucertole a fare gli Adoni della situazione. A quella vista, Lyanna si fermò di botto, accucciandosi a terra per scattare un paio di foto a quella scena e rimettersi poi la macchinetta attorno al collo. Diede un ultimo tiro di sigaretta, spegnendola sul coperchio di un cestino in cui poi andò a buttarla. Un sospiro profondo e poi si rivolse al compagno. "Non credi che sia un po' la morte della fotografia?" fece una pausa, scoccandogli un'occhiata per poi indicare la scena con un cenno della mano "Questo, dico." Il fottutissimo annuario. "Andare dalla gente, chiedergli di farsi fare una foto e che frase vorrebbero che ci venga scritta sotto." Con le dita cominciò a giocare con la tracolla della borsa marrone, arricciando appena il naso mentre spostava lo sguardo verso quel gruppetto di ragazzi, i quali ancora non sembravano essersi accorti di loro. Quello era il motivo principale per cui gli aveva scattato la foto: perché almeno, prima di imbarcarsi in quel compito tedioso, avrebbe potuto assaporare quello che a lei piaceva del fare foto, ovvero cogliere attimi naturali, senza pose e sorrisi studiati a tavolino. Meccanicamente fece scattare la piccola manopola che metteva in posizione il rullino per un secondo scatto, volgendola tranquillamente verso Fitz. Click. Non essendo digitale, solo una volta sviluppate avrebbero scoperto se fosse venuta bene o meno. "Che poi non capisco la ragion d'essere dell'annuario. Ci parliamo tutti alle spalle, scriviamo cose impensabili nei bagni, ci strapperemmo gli occhi a vicenda per delle cazzate.." pausa. Un altro scatto alla manopola del rullino. E' davvero vecchia questa macchina. Ma in fin dei conti la amava anche per questo. "..e poi ci firmiamo l'annuario con 'Buone vacanze. Non cambiare mai. XOXO'" Con la punta dell'indice si riaggiustò meglio gli occhiali sul naso, calciando nel frattempo un sassolino. Rimase qualche istante in silenzio a fissare ancora quei tipi, solo per poi indicarli nuovamente a Fitz con un cenno del capo, incrociando le braccia al petto. "Secondo te tra qualche mese saranno ancora così tra loro?"
     
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    « Ma perché è quadrata? » Ma perché sei una stupida oca del cazzo? No. Non l'ha pensato davvero; Fitzwilliam Gauthier è galante persino nei propri pensieri. Lui snobba con classe, snobba con eleganza. Sa già infatti che non ci sarà una seconda volta con Penelope Wilson. Corvonero del quarto, gran bella ragazza, due tette che fanno invidia persino alle più grandi, e una chioma biondo cenere che ha stregato il ragazzo istantaneamente. Alla fine dopo un paio di passeggiate qua e là, Penelope si era autoinvitata nella stanza di Fitz, e lui non aveva certo disdegnato l'idea di passare del tempo di qualità con la sua compagna. Ora che il suo compagno Jimmy, era finito nei sotterranei, il ragazzo aveva tutto il dormitorio per sé. Inutile dire che non gli era poi dispiaciuto più di tanto. Jimmy era un tipo chiuso di mente, gli faceva sempre quelle battutine del cazzo che non andrebbero mai fatte a un tipo dalle vedute aperte come il qui presente Gauthier. Certo, lui non ci faceva caso quasi mai, ma non per questo non ha mai sognato di sfondargli i denti a suon di martellate. Con la departenza non troppo sofferta di Jimmy, Fitz aveva occupato a dovere tutto il dormitorio, sistemando meglio le sue cose, usando il suo bagno a mo di camera oscura e parte del dormitorio come studio. C'era lì buttato in un angolo un cavalletto, i muri completamente nascosti da serie e serie di schizzi che il giovane appendeva uno sopra l'altro, c'erano liste di libri che doveva ancora leggere e via così. La scrivania di Jimmy era stata trasformata in una specie di banco da lavoro dove Fitz lavorava qualunque sorta di materiale potesse essere lavorabile. Legno, plastica e calcificati trovati in giro nei pressi della foresta. Aveva persino scoperto di avere un certo pollice verde; non a caso, la finestra che delimitava a metà gli spazi di entrambi, era stata riempita di una serie di piante insolite - piante carnivore. Sempre molto romantico, il piccolo Fitzwilliam. « Mi piaceva così. » Le risponde con naturalezza mentre l'abbraccia da dietro, lasciando sulla pelle chiara di lei una scia di baci leggeri. Una risposta semplice che dovrebbe chiudere una qualunque forma di dibattito. La foto in questione ritrae una composizione di piante e oggetti riciclati qua e là, posti in un particolare ordine, apparentemente caotico, che andavano a comporre una qualche forma di scultura. La cosa più particolare però, non era tanto l'immagine quanto il fatto che fosse stata impressa sulla carta fotografica in modo particolare, lasciando ai lati, due non indifferenti margini bianchi. Nonostante la forma rettangolare del supporto, l'immagine appariva quadrata, e a lui piaceva dannatamente così. Era una cornice perfetta, ma non solo. Quel modo di stampare emulava in pieno il formatto 4:3 dei film retro. Il 4:3 in realtà, vorrebbe dire a Penelope, non è quadrato. E' solo un rapporto d'aspetto diverso da quello a cui loro, la generazione X sono abituati. E come dice il rapporto stesso, 4:3, l'altezza non è uguale alla lunghezza; matematica elementare: il quadrato è un quadrilatero con quattro lati e quattro angoli uguali. Non amorba Penelope con quelle sue pippe mentali da perfetto maniaco dell'ordine e geloso custode delle sue idee; preferisce raccoglierle i capelli tra le proprie mani e posarle le labbra sulla nuca. « Dovresti tagliare questi orribili bordi bianchi. Distraggono un sacco. » Oh ma allora sei proprio una stupida oca giuliva. Lui non risponde. Appoggia la fronte contro la sua testolina chiaramente pietosa ai suoi occhi, e ride tra se e se, prima di sfilarle la foto da sotto gli occhi. Mentre lei si da ad altri racconti insignificanti, Fitz continua a fissare la sua composizione. Raccolta nel vecchio tronco di un albero trovato per caso ai confini con la foresta proibita, ha sullo sfondo un immensa distesa di terriccio e ghiaccio. L'ha scattata quest'inverno, quando pochi temerari avevano il coraggio di avventurarsi all'alba dalle parti della Foresta Proibita. Aveva un che di estremamente triste e solitario; sotto i raggi freddi di un sole nascente, quasi sul punto di essere soffocato dai pesanti nuvoloni grigi, le piante verdeggianti, sottratte dalle serre di erbologia, si intrecciano al fil di ferro, una scarpa mezza rotta, qualche spilla sporca di fango, una piuma consunta e pagine di pergamena bruciacchiate. Si concentra su quest'ultime che assumono sotto quel particolare taglio di luce, una sfumatura tendente al marroncino chiaro. Lettere d'amore. Lettere che ha scritto e che non ha mai spedito, semplicemente perché, non le ha mai indirizzate a nessuno. Era sempre un caro/a Bla Bla; caro/a futuro/a testa di cazzo; caro/a luce dei miei occhi. Sempre etereo questo Fitzwilliam Gauthier, sempre a pensare a cosa potrebbe avere e mai a cosa ha. L'ha bruciata. L'intera composizione. Dopo aver scattato quelle foto, l'ha fatta bruciare; anche dell'arte in fiamme ha scattato qualche foto, ma non gli sono piaciute, e così stanno lì buttate in fondo a un cassetto. Aveva ormai perso la luce ideale in cui scattare le foto perfette. « Fitz? Ma mi stai ascoltando? » Purtroppo sì. La stava ascoltando. « Mister Fragolina sta male, povera stella. Beh, dai sono certo che si rimetterà. » « Già ma se non dovesse..; il veterinario ha detto che questa sua forma di.. » La interrompe prima che lei possa finire. « Penny senti, io ora ho da fare. Che ne dici se me lo racconti un'altra volta? » Magari all'inferno, quando avrò tanto tempo da perdere con gente insipida come te.

    Sigaretta tra le labbra e una chiara aria da artista incompreso, con gli occhiali da sole sul naso e i capelli riccioluti scompigliati, se ne sta lì disteso sull'erba a scarabocchiare frasi senza senso sul suo amatissimo taccuino, così rovinato da non sembrare nemmeno più un taccuino. Per quanto perfezionista, maniaco dell'ordine, Fitzwilliam si circondava di caos, di disordine. Un disordine in cui lui era perfettamente in grado di trovare tutto, ma in cui nessun altro si sarebbe potuto immergere senza cadere in un baratro di disperazione. Gli piaceva solo il suo di caos; quello era il caos perfetto, era il caos bello. Quello degli altri andava sistemato e organizzato, catalogato, ingrigliato a più non posso. Tipico di Fitz cercare di sistemare tutto e tutti, tranne che se stesso. Chi? Chi avrebbe mai sistemato lui, se nemmeno lui voleva essere sistemato? « Lo so, lo so. Ho avuto qualche problema logistico. » Alza gli occhi per un istante dal proprio taccuino prima di richiudere il taccuino con cura e riporlo nella costosa tracolla di cuoio, che ha tutta l'aria di essere appena uscita da una discarica. Barbon chic. Radical chic. E minchiate di questo genere. Si alza con uno scatto, buttando la borsa in spalla, lasciandola pendere dietro con noncuranza, passandosi poi la cinghia della macchina attorno al collo. Pronto e operativo per una giornata che come minimo gli farà venire il mal di vivere. Non si è nemmeno accorto di quanto tempo è passato, forse perché in fin dei conti, il compito che gli hanno assegnato, non gli faceva fare i salti di gioia. L'unica nota positiva? Lyanna. Non l'aveva mai inquadrata, e forse, questa era la parte migliore di lei. Correvano così tante voci su quella ragazza; era insolita, inusuale, decisamente sopra le righe e particolare. E proprio perché non era ancora stato in grado di connotarla in una precisa categoria lo intrigava. Si era soffermato a fissarla non poche volte, anche con una nota non prettamente innocente. Molto proporzionata; aveva un bel viso e una pelle che al tocco doveva essere una favola. E poi aveva quei capelli dorati tipici delle ninfe; una piccola gioia per gli occhi di cui Fitzwilliam non voleva privarsene, e non se ne sarebbe privato durante l'intero giorno. Senza aspettare che si metta in posa, porta la macchinetta di fronte al viso, mette a fuoco con una certa maestria e click, mentre i capelli di lei svolazzano disordinatamente di qua e di là, presi nella morsa di uno chignon sbarazzino. E così s'incamminano per iniziare il loro fatidico lavoro.« Non credi che sia un po' la morte della fotografia? Questo, dico. Andare dalla gente, chiedergli di farsi fare una foto e che frase vorrebbero che ci venga scritta sotto. » Lui sorride, lasciandosi trasportare dall'immagine scattata dalla compagna. Un gruppo di ragazzi stesi al sole sul prato. Ridono e scherzano, ignari delle due spie che li stanno immortalando. Fitz si sposta di parecchio rispetto a Lyanna, cercando di catturare perpendicolarmente i raggi solari rispetto all'obiettivo. Una foto appannata dalla luce, in cui le figure appaiono quasi il sottofondo. Non sono mai le persone il vero protagonista. E' tutto il resto a esserlo. Dovrebbe essere così. « Che poi non capisco la ragion d'essere dell'annuario. Ci parliamo tutti alle spalle, scriviamo cose impensabili nei bagni, ci strapperemmo gli occhi a vicenda per delle cazzate.. e poi ci firmiamo l'annuario con Buone vacanze. Non cambiare mai. XOXO. » Mentre l'ascoltava, prese a scattare foto di tutto fuorché delle persone. Se in un primo momento la scena gli aveva rievocato un quadro di Renoir, pochi istanti dopo, aveva già perso interesse nel guardarli. La luce si era spostata; aveva mutato appena le sfumature dei colori, rendendoli più accesi. Poco interessante. E così, ecco il dettaglio sulle mani di Ly, strette attorno alla sua macchinetta. Una foto di metà del suo volto; un'angolazione molto particolare che ritrae anche il tatuaggio sul suo collo. Ecco un terzo click in cui le ciocche sbarazzine vengono messe a fuoco su uno sfondo verdeggiante davvero suggestivo. Quando aveva accettato quell'incarico - non che avesse poi molta scelta - si era affidato al pensiero di non avergli spiegato come svolgere quel compito. E lui, da bravo furbetto, non aveva chiesto poi molte spiegazioni. Così ora si sentiva in dovere di fare come gli pareva e consegnare loro quello che gli pareva. Se non avessero gradito, potevano ficcarsele nel culo, le foto dell'annuario. « Tu dai per scontato che noi andremo lì e chiederemo loro di farsi fare le fotine. » Sorrise, abbassando appena gli occhiali scuri sulla punta del naso facendole l'occhiolino. Al massimo si sarebbero presi un'ora o due durante le pause studio, per scattare qua e là quelle tipiche foto di gruppo del cazzo; ma quel giorno, quell'esonero da qualunque attività scolastica, andava sfruttato al meglio, non certo dietro a fotine tra amichetti. « E tu vorresti davvero sprecare la libertà così? Faremo le loro foto del cazzo il giorno della consegna. » Tutto di fretta. Tutto all'ultimo. Si meritavano le robe peggiori che potessero trovarsi su carta stampata. Che poi, che spreco di alberi. Segue lo sguardo della ragazza ancora intenta a fissare l'allegra compagnia.
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    « Secondo te tra qualche mese saranno ancora così tra loro?» Una fotografia mentale, quella che scattò questa volta il giovane Gauthier. Voleva ricordarli così. « Onestamente? Lo spero per loro. » Lo sperava anche per se stesso. Sperava che nulla cambiasse in generale. Anche se a dirla tutta, sapeva già che le cose stessero cambiato, in un certo qual modo; le cose cambiano sempre. In fin dei conti, già qualcosa tra loro due era cambiato; la compagna non viveva più sotto il suo stesso tetto già da parecchio. Dicendo ciò, le diede le spalle facendole segno di seguirlo, mentre al contempo appoggiava tra le labbra un'altra sigaretta, accendendola con il suo zip dorato. « Andiamo. Non tormentare quella tua bella testolina con questioni fumose e di dubbia conoscibilità. »

    Non ci vuole molto prima che quella prima parte formale dell'incontro si trasformi. Eccolo mentre le fa fare una piroetta scattando in sequenza foto di entrambi in movimento. Eccolo ancora mentre le indica questa e quell'altra cosa, roba per lo più senza senso, solo per obbligarla a non guardare in obiettivo. Le racconta cose sparso; parlano del più e del meno. Conversazioni su orologi e caseifici al nord del Canada. Battute sulla gonna troppo lunga di quella Tassorosso sin troppo timida, apprezzamenti su tette e fondoschiena niente male e ancora click mentre ride. Lyanna è un soggetto perfetto quando non si accorge di essere guardata. E' semplice, una bellezza al naturale. « Fiiiiiiiitz! » Porco demonio quella voce. « Pensa! Io e Daisy stavamo parlando giusto di te. » « Pee.. » Pee come Penelope. Pee come pipì. Pee come porco.. megliononcontinuare. « Che cosa fai..? » E nel dire ciò lo sguardo si posa sulla bionda accanto a sé con un che di astio e disgusto. Non è mai stata ben vista, Lyanna; molti e molte gli chiedevano che cosa ci facesse in giro con quella. Ed era proprio a quella domanda che Fitz smetteva di ascoltare, perché in giro con quella erano cazzi suoi cosa ci facesse. « Scusa Pee, non ho tempo. Io e Lyanna siamo alquanto impegnati. » E dicendo ciò passa una mano attorno alle spalle della ragazza attirandola di più a sé. « Uhm.. capisco. » Non le chiederà di farsi fare la fottuta foto per l'annuario. Questione di principio. Nell'annuario la foto di Penelope Wilson non ce la vorrebbe. Troppo anonima. Troppo cretina. Stupida oca giullare, si ripete ancora una volta internamente. « Ci vediamo stasera allora? » Col cazzo. Finto sorriso gentile e un'aria dispiaciuta mentre sospira scuotendo la testa. « Stasera.. guarda Pee, stasera proprio non posso. Abbiamo.. » Finge di inventarsi una scusa all'ultimo - e ci tiene farle vedere quanto sia inventata, balbettando cose strane, mentre guarda la bionda stretta nel suo abbraccio - prima di tornare a fissare Penelope. « ..quel compito. Si.. il compito. Dobbiamo.. va beh hai capito. Non posso. » E così, senza aspettare altre risposte dalla ragazza, la supera con un ciao Pee, trascinandosi Lyanna lontana, prima di scoppiare a ridere, dirigendosi verso l'area della tenuta attorno a Hogwarts meno frequentata, lì dove, ai margini con la foresta proibita c'era un posto particolare in cui Fitz passava sin troppo tempo. « Mi sono scordato di chiederle se volesse una foto. » Ne aveva parecchie di lei. Dai tempi in cui ancora non si conoscevano e Fitz passava le ore a scattarle foto di nascosto. A quei tempi Penelope era ancora una bella ragazza, una bellezza ancora inesplorata, qualcosa che stuzzicasse la sua inesauribile curiosità verso il genere umano. « Comunque, Miss Branwell, parlando di cose ben più interessanti, sto per portarla in un posto davvero unico nel suo genere. E' un segreto, e lei, mia dolce fanciulla, saà unica a conoscerne l'ubicazione oltre al sottoscritto. » E oltre a qualche altro pazzo che l'avrà scoperta durante gli anni. Con aria da dolce fanciullo d'altri tempi e un'espressione innocente, si posiziona alle sue spalle lasciando fluttuare le dita di fronte ai suoi bei occhioni, col chiaro intento di coprirli. « E' una sorpresa. Degna inaugurazione di questi giorni di libertà. » Pausa. « Allora.. ci stai?» Le chiese infine, questa volta sussurrando quelle parole al suo orecchio con un'area leggermente più misteriosa. Sempre stuzzicare la curiosità di un Corvonero.
     
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    « Il bottaio deve intendersi di botti. » I piccoli piedi della Branwell, chiusi in un paio di converse nere sgualcite, si muovevano a passi lenti e instabili sulle venature di un tronco abbattuto, tenendo lo sguardo ben concentrato di fronte a sé e le braccia larghe nel tentativo di mantenere quell'oscillante e precario equilibrio che aveva stabilito. I raggi di sole che trapelavano dalle fronde degli alberi facevano apparire i suoi capelli ancora più bianchi di quanto già non sembrassero per il loro naturale colore platinato omaggio di sua madre. Sapeva che Fitz le stava scattando delle foto, lo sapeva perché quei click erano inconfondibili, e nonostante facesse finta di nulla, in cuor suo non poteva davvero dire che la cosa le facesse piacere. Lyanna era il tipo di persona che se ne stava sempre dall'altra parte dell'obbiettivo, mai di fronte. E non sapeva nemmeno dire per quale motivo non le piacesse essere immortalata; era una sua cosa, come tante altre che in lei sembravano non trovare mai una vera e propria spiegazione logica. Lyanna Branwell era un fantasma in quelle mura; non solo per la sua pelle tanto chiara da apparire traslucida, ne' tanto per i suoi capelli che con la giusta luce apparivano quasi argentei. Era un fantasma perché Lyanna, anche se era lì, presente, non c'era mai davvero. Dissociazione. Un termine che i suoi genitori e i suoi insegnanti usavano spesso con sguardo grave per definirla. Troppo ancorata alla realtà per certi aspetti e troppo evanescente per altri: un continuo traballante equilibrio in tutto e per tutto simile a quello che stava conducendo sul tronco d'albero. « Ma io conoscevo anche la vita, e voi che gironzolate fra queste tombe credete di conoscere la vita. » Un altro click. Non disse nulla. Ancora una volta fece finta di non sentirlo, sebbene una parte di lei avrebbe voluto spaccare in due quella maledettissima macchinetta del ragazzo. Non fotografarmi. Avrebbe dovuto dirglielo, quanto meno perché l'esternare il suo scontento le avrebbe poi dato l'effettiva giustificazione per spaccarla sul serio la macchinetta nel caso in cui avesse scattato anche solo un'altra fotografia. Però rimase in silenzio, lo lasciò fare, senza nemmeno sapere perché. Chiedendosi, tuttavia, cosa ci potesse mai trovare di interessante da fotografare in lei. In ogni foto che la ritraeva, la Branwell appariva come un elemento di sfondo, un oggetto catturato lì per sbaglio, senza una vera ragion d'essere o una sostanza che sprigionasse qualche misterioso significato. La Corvonero era una roccaforte i cui posti di guardia adempivano al proprio compito in maniera egregia, lasciando fuori chiunque. Un mistero per la cui risoluzione lei non dava mai indizi. E non era di certo fotografandola che Fitz avrebbe scoperto cosa vi era al di là del velo, poiché la natura di Lyanna era la stessa che scorreva in un ruscello o nel vento che attraversava le fronde di una foresta: quieta, indicibile e talmente semplice da risultare più complessa di qualsiasi altra cosa. Non lo aveva scelto, ci era nata, lo aveva nel DNA come ogni progenie Veela. Le Veela, quelle pure, non hanno padre ne' madre: nascono dalla natura, sono parte integrante di essa. Lyanna era per metà umana, ma l'altra metà conservava quelle caratteristiche: legata a doppio filo a tutto ciò che è il creato più di qualsiasi altro essere umano. Una volta sviluppate quelle foto, Fitz, capirai di non aver fotografato nulla; ti chiederai il perché. La luce è buona, il soggetto è carino. Foto esteticamente inattaccabili, ma così vuote e asettiche. Le riguarderai fino a non poterle più sopportare, fino a odiare tutto quel nulla. E alla memoria ti torneranno le tue stesse parole leggere: non tormentare quella tua bella testolina con questioni fumose e di dubbia conoscibilità.
    "Fiiiiiiiitz! Pensa! Io e Daisy stavamo parlando giusto di te." E' tutto sempre un sottofondo. Non a se stessa, ma al resto. Anche i suoi stessi pensieri sono un sottofondo ad altro; al rumore del vento, al cinguettare degli uccelli, al gorgoglio di creature marine che si muovo nel lago nero. Passa tutto in secondo piano, e tutto scorre come gocce di pioggia sulla pelle diafana della ragazza. Con un saltello scende dal tronco d'albero che ormai ha esaurito il proprio tragitto. "Che cosa fai..?" Lo sente bene lo sguardo di disprezzo della tipa. Non che gli interessi, non è mica la prima. Lyanna è il tipo di persona che non vorresti mai vedere accanto al ragazzo che ti piace. Branwell troia schifosa, c'era scritto in qualche bagno, sebbene la cosa che più l'aveva disturbata di quella frase erano i cuoricini sulle i. Tuttavia non rifuggì dallo sguardo della tipa - a lei completamente sconosciuta -, fissandola negli occhi con una certa serenità disinteressata; non sfida, non astio, non malizia, non divertimento, ma puro e semplice menefreghismo al suo stato più limpido. « Credete che il vostro occhio abbracci un vasto orizzonte, forse, in realtà vedete solo l'interno della botte. » Non disse nulla, ancora una volta, quando Fitz le mise un braccio attorno alle spalle, sebbene anche quella fosse una cosa a lei poco gradita: il contatto fisico quando non era lei stessa a instaurarlo per prima o a dare il via al prossimo. Oltre alla macchinetta, questa volta, avrebbe voluto spezzargli anche il braccio. Non lo fece, ovviamente. "Scusa Pee, non ho tempo. Io e Lyanna siamo alquanto impegnati." Ancora più vicino. Togliti. Niente, muta come Dio. Lyanna se ne stava sempre zitta, lasciava che la gente scrivesse sulla sua pelle la storia che preferiva, attribuendogli il significato che voleva dargli; in questa maniera avrebbero smesso di cercare quello reale, accontentandosi di ciò che loro stessi tingevano in lei. Niente conferme ne' smentite: vedi quello vuoi e lo interpreti come ti pare. Sono qualsiasi cosa tu vuoi che io sia; in ogni caso, non credo che vedresti nient'altro nemmeno se te lo lasciassi fare. Un depistaggio coi fiocchi, diretto a tutti e a nessuno in particolare, nella ferma convinzione - di cui ogni volta riceveva la prova - che a nessuno interessasse davvero conoscere il prossimo, ma solo definirlo in base a se stesso, a ciò che rappresenta per sé. « Non riuscite a innalzarvi fino all'orlo e vedere il mondo di cose al di là, e a un tempo vedere voi stessi. » Tutto scorre, istante dopo istante, come il flusso continuo di un fiume che percorre la sua strada verso il mare. Anche le due tipe se ne vanno, senza lasciare traccia, senza lasciare nulla di significativo se non uno scambio di parole fuggenti, di sentieri sconnessi che qualsiasi persona con un po' di cervello vedrebbe privi di sbocchi. E tutto è transitorio, come le mille altre persone che sono passate per quello stesso punto in cui si trovano lei e Fitz, con le proprie agonie e con le proprie gioie. Senza lasciar nulla, proprio come loro. "Mi sono scordato di chiederle se volesse una foto." stirò un sorriso distratto, alzando la punta del naso al cielo, mentre un click andava a immortalare quegli alberi che le coprivano la visuale della coperta azzurra da cui filtravano sparuti raggi di luce. « Siete sommersi nella botte di voi stessi – tabù e regole e apparenze sono le doghe della botte. Spezzatele e rompete la magia di credere che la botte sia la vita, e che voi conosciate la vita! » "Comunque, Miss Branwell, parlando di cose ben più interessanti, sto per portarla in un posto davvero unico nel suo genere. E' un segreto, e lei, mia dolce fanciulla, sarà unica a conoscerne l'ubicazione oltre al sottoscritto." Alzò un sopracciglio con aria quasi divertita. "Ovvero?" Scattò un'altra foto, questa volta a un insetto verdognolo che camminava lento sul limitare di una foglia. Il tutto prima che la visuale le venisse preclusa dall'apposizione delle mani di Fitz sui suoi occhi. "E' una sorpresa. Degna inaugurazione di questi giorni di libertà. Allora.. ci stai?" Sorrise appena, più per la sfida intrinseca a quelle parole che al contorno che le coronava. Altra cosa per cui non aveva una gran passione: i bisbigli all'orecchio. "Stupiscimi."
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    Si lasciò guidare, passo dopo passo, tenendo la macchinetta stretta in una mano per paura che potesse succederle qualcosa. E a modo suo, Lyanna, ingannava l'attesa. "Il bottaio deve intendersi di botti. Ma io conoscevo anche la vita, e voi che gironzolate fra queste tombe credete di conoscere la vita." disse piano, poiché non c'era bisogno di alzare la voce in una foresta. E le parole, che di per sé sono sempre l'origine di ogni male, devono essere pronunciate con rispetto alla natura, a quel qualcosa di ineffabile e spaventosamente più grande di tutti noi. "Credete che il vostro occhio abbracci un vasto orizzonte, forse, in realtà vedete solo l'interno della botte. Non riuscite a innalzarvi fino all'orlo e vedere il mondo di cose al di là, e a un tempo vedere voi stessi." Quello che Lyanna dice e fa è sempre un apparente riempimento di tempi morti. Sconnessa, dissociata, priva di alcun senso logico che stia in cielo o in terra. Alcuni la davano per totalmente svampita, altri solo per inquietante. Eppure il dettaglio, per lei, come una minuscola formica all'interno del suo gruppo, che trascina la mollica di pane più a rilento delle altre, era sempre più significativo dell'immagine nel complesso. Tutte parole al vento, le sue, fino a quando non lo sono più. E in fin dei conti non ne hai mai la certezza, del perché, del motivo. Non sai mai se le dice per dire oppure no. Ma il fatto che tra le tante siano quelle che decide di pronunciare, e che lo faccia in un determinato momento con una determinata persona, non è mai veramente casuale. "Siete sommersi nella botte di voi stessi – tabù e regole e apparenze sono le doghe della botte." Le pronuncia tutte con lentezza, senza alcuna fretta, lasciando anche che passino minuti prima di passare al verso successivo. "Spezzatele e rompete la magia di credere che la botte sia la vita, e che voi conosciate la vita!" recitò infine, con tono ancora più soffuso e al contempo solido, quando i loro passi si arrestarono. Tolto il blocco della visuale, la bionda iniziò a guardarsi intorno, lasciando lentamente la presa sulla propria macchinetta. Non era molto diverso dal punto che avevano lasciato, eppure lo era. Nessuna differenza, ma una differenza immensa. Rimase in silenzio ad ascoltare il cinguettio sereno degli uccelli, alzando gli occhi al cielo in quel mare limpido solcato da sparute rondini. Era bello in una maniera che solo poche persone al mondo potevano comprendere, con una misteriosa indecifrabilità che andava a riempire gli occhi cerulei della ragazza, la quale muoveva lenti passi nell'ambiente, accovacciandosi appena sotto il tronco di un albero, circondata da qualche margherita. Non disse nulla per due minuti buoni, dandosi tutto il tempo di immagazzinare in sé ciò che più amava al mondo: l'incontaminato. Solo a quel punto rivolse lo sguardo a Fitz. "Vuoi vedere una cosa?" chiese semplicemente, senza una reale intonazione, prima di fargli cenno con la testa di avvicinarsi. "Mettiti seduto. Guardale." Le margherite. Comunissime e anonime margherite. "Quella è più corta. Dovrebbe essere appena nata." spiegò, mentre la fissava, indicandola con un cenno del mento. Alzò per un istante lo sguardo in quello di lui, come ad accertarsi che stesse seguendo le sue istruzioni, per poi riportarlo sul piccolo fiore ancora chiuso. Delicatamente avvicinò la punta delle dita alla sua corolla compressa, sfiorandola appena. Inizialmente sembrò non succedere nulla, e poi, come sempre accade, si verificò tutto di colpo, in un flusso veloce e al contempo aggraziato. Lo stelo della margherita si protese dal terreno, crescendo a ritmo sostenuto fino a farla sbocciare totalmente, mostrando i petali bianchi distesi sotto i loro occhi, facendoli ruotare come una giovane ragazza che mostra alle amiche il magnifico vestito per il suo primo ballo. "Mia mamma riesce a fare tante altre cose. A me si può dire che abbia passato questa e basta." Fece una pausa, il tempo di inclinare appena il capo a guardare con più attenzione e quieta ammirazione quel piccolo fiorellino che aveva fatto crescere tra mille altri identici; quel fiore, ora, non sarebbe mai più stato anonimo per lei, e Lyanna avrebbe per sempre lasciato una traccia in quel posto, per quanto transitoria e sconosciuta agli occhi altrui. "Il mio segreto per il tuo. Siamo pari." concluse infine, allontanando le dita dal fiore.
     
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    « Stupiscimi. » Gli bastò quello per raccogliere il guanto della sfida. A dirla tutta, probabilmente la maggior parte delle persone non avrebbero trovato poi molto d'interessante nel posto in cui Fitz stava portando Lyanna, ma forse, lei, tanto quanto lui, ne avrebbe fatto tesoro quando e semmai ne avesse avuto bisogno. Non era certo del perché volesse condividere il suo piccolo angolo di paradiso. Solitamente Fitz faceva le cose in modo disinteressato per due motivazioni: perché poteva ricevere qualcosa in cambio o perché doveva lavarsi in un qualche modo la coscienza. In questo caso, l'obiettivo postosi gli era davvero del tutto sconosciuto e se c'era, il suo subconscio aveva deciso di celarglielo ben bene. Non c'è miglior cieco di chi non vuol vedere. Rimase in silenzio lungo tutto il tragitto, lasciandosi catturare dai gentili dettagli stupefacenti che la natura aveva loro da offrire. Ad accompagnarli quei pochi versi che Lyanna sfoderò dolcemente. La guidava affiancandola, una mano poggiata sui suoi fianchi per evitate che inciampasse. Strappa più di un'occasione per ammirarla. È piccolina rispetto a lui; i suoi dolci capelli risultano fili di grano che sotto i raggi del dolce sole estivo risultano meravigliosi, sfumati dalle ombre create dai folti rami degli alberi. Raggi di sole strappati al loro più lucente fratello astro celeste. Esamina l'incurvatura naturale delle labbra di lei, il contrasto sulla pelle diafana, il collo slanciato. Lyanna è una bellezza unica nel suo genere, non una di quelle che il padre piazzerebbe su una delle sue copertine. È una bellezza più intima, più risoluta, un inno alla naturale beltà del genere femminile. L'istinto di toccare la pelle di quel suo collo è difficile da trattenere, eppure, oltre al contatto necessario per avanzare nella fitta vegetazione che precede la radura verso la quale la sta conducendo, non c'è nient'altro. Riesce a percepire il suo profumo, leggermente fruttato. È una donna, una giovane donna in divenire, ancora acerba; il sogno proibito di qualunque pittore o poeta maledetto. « Un certo William Willinghton - bravissimo - ha fatto una raccolta fotografica da Spoon River. Lo sapevi? » Disse d'istinto riconoscendo i versi. Versi della tradizione degli immediati vicini dei canadesi. Nello stesso momento si posizionò alle sue spalle togliendole la benda dagli occhi, lasciando che a sua volta potesse ammirare la meravigliosa radura. Non erano ancora arrivati, ma quanto meno, poteva godersi a sua volta l'intima collisione naturale tra uomo e selva che quel particolare posto offriva a chi avesse occhi per guardare davvero. La lascia fare e questa volta la osserva più da lontano, mostrandosi curioso ai suoi movimenti apparentemente incerti, eppure così decisi. « Vuoi vedere una cosa? Mettiti seduto. Guardale. Quella è più corta. Dovrebbe essere appena nata. » I fiori hanno un senso puramente artistico per Fitz. Non le ha mai considerate creature, pur essendolo effettivamente; e non considerandole tali, non si è mai soffermato a guardarle sotto quell'ottica. Così, il ragazzo, curioso di natura com'è, si siede accanto alla bionda, e segue da direzione da lei indicata. Osserva il fiore meno alto rispetto a molti suoi simili, lo fissa con attenzione nella sua incerta postura, eppure nella sua decisione nell'ergersi verso l'alto. Un po' come colei che gli siede accanto. Un fiore appena sbocciato eppure ben intenzionato a dispiegare con sempre maggiore decisione i propri petali. Non importa cosa molti dicano di lei, questo esserino, cela molto dietro l'apparente immagine di donna oggetto che le hanno affibbiato. Per un istante, Fitz pensa che deve essere stato orribile vivere ciò che ha vissuto lei. Per mesi ha sentito le stesse identiche voci sul conto di Lyanna. Quando si è rifiutato di vedere quel video, ovviamente i più hanno deciso di dargli ulteriormente del frocio; chi invece le palle di farlo non le aveva avute, aveva deciso semplicemente di pensarlo. Bastò che Lyanna sfiorasse appena il fiore perché qualcosa di semplicemente miracoloso accadesse. Lui, aggrottò appena la fronte, portando lo sguardo dal fiore a lei e poi di nuovo al fiore. Lo sfiorò appena a sua volta, ma ovviamente non successe nulla. Forse voleva solo accertarsi che non si trattasse di una qualche forma di illusione ottica. Non era così. Il fiore era davvero cresciuto, come rimpolpato dalla linfa vitale della bionda al suo fianco. « Mia mamma riesce a fare tante altre cose. A me si può dire che abbia passato questa e basta. Il mio segreto per il tuo. Siamo pari. » Fu talmente folgorato da quella rivelazione che non poté fare a meno di sorridere, un sorriso sardonico che non prometteva nulla di buono. Saltò in piedi e le offrì la mano per fare altrettanto.
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    « No. Non lo siamo. Il mio segreto devi ancora vederlo. » L'aiuta ad alzarsi ed elettrizzato continua. « Ho trovato la mia Clori. » E così dicendo posiziona una sigaretta tra le labbra accedendosela, seguendo nuovamente un percorso ben prestabilito. Conta i passi, posti equivalentemente alla stessa distanza in una direzione ben stabilita verso nordovest, inoltrandosi nuovamente tra gli alberi. Dopo un percorso zigzagante di qualche minuti, si ritrovano di fronte a una grossa quercia dal tronco millenario. La sua imponenza è spaventosa. Talmente spessa che dieci uomini in età adulta a braccia ben tese in cerchio non riuscirebbero a circondarla. Fitz si avvicina, accarezzando con gentilezza la corteccia spessa e rugosa fino a fermarsi in un punto in cui quest'ultima si squarcia lasciando intravedere al suo intero una stretta scalinata a chiocciola. Là sopra non sembra esserci nulla, eppure da qualche parte quella scalinata sembra pur condurre. Le fa cenno di avvicinarsi per dare un'occhiata, prima di calpestare il primo gradino. « Questo posto l'ho trovato al terzo anno, durante una delle mie prime incursioni nella foresta. Credo sia qui da molto tempo. Prima che arrivassi era una specie di serra. La usavano per coltivare erballegra. Qualcuno dei nostri predecessori deve averne capito l'estrema utilità. » Dopo qualche dozzina di scalini si ritrovarono come per magia su una specie di piattaforma di legno, posizionata tra i maestosi rami della quercia. Un muretto di non più di mezzo metro delimitava la magnifica terrazza che Fitzwilliam aveva trasformato nel suo regno privato. Su un tavolino in un angolo, qualche vasetto conteneva ancora dell'erba allegra essiccata e qualche piantina, dalla cui scorta il ragazzo ha attinto più di una volta pur di non pagare i ladrissimi spacciatori che bazzicavano in giro per Hogwarts. Era chiaro non avesse il pollice verde, in effetti, parte delle piantine era andata distrutta grazie alla sua incapacità di tenere fede al ritmo naturale delle piante. In questo, forse Lyanna sarebbe stata più brava. Ma ciò che risaltava all'occhio più dell'angolo verde, era tutto il resto. Tele appoggiate a terra, alcune finite, altre ancora in via di completamento. Barattoli di vernice, spray colorati, palette imbrattate di colori ad olio. Un tavolo riempito di una serie infinita di fogli su cui il ragazzo aveva abbozzato forme e figure non ben delineate. Due cavalletti al momento privi di un soggetto prediletto. Un atelier in piena regola, con fotografie appesa a fili di lana cadenti come una pioggia di immagini. Accanto alla scrivania, un vecchio grammofono appoggiato su una cassa di bottiglie stappate. File e file di pennelli immersi in barattoli dai vetri appannati. E poi ancora, un piccolo angolo salotto con mobilio chiaramente riciclato qua e là; un divanetto consunto, qualche sedia precaria e un tavolino da caffè chiaramente improvvisato e ricavano da un asse appoggiata su due casse di legno rubate nelle cucine. Tutto frutto di anni di furtarelli qua e là. Gli ci è voluto parecchie perché mettesse su tutto quello. Al solo pensiero che l'anno prossimo l'avrebbe dovuto abbandonare, una parte di lui si rattristava alquanto, tanto da, desiderare ardentemente che quella sua eredità passasse in mano a qualcun altro, affinché continuasse a vivere. Con aria assorta, il ragazzo sfiora le tele andando a pescarne una in particolare, poggiandola su uno dei cavalletti, invitando la ragazza ad avvicinarsi e guardare con i suoi stessi occhi, quanto Fitz avesse creato. Un estratto de La Primavera di Botticelli, in particolare l'estratto della metamorfosi di Clori in Flora, reinterpretato. Pur mantenendo lo stile del Botticelli, Fitz ha centrato la scena più bella - a suo parere - del quadro; sullo sfondo, a intravedersi attraverso un fitto bosco fiorito, il castello di Hogwarts in tutta la sua magnificienza. Le uniche parti mancanti, lasciate ancora in bianco, i tre protagonisti; o meglio, i due protagonisti. « So che non è nulla di originale, ma ho un debole per il Rinascimento. » Una piccola pausa mentre osserva le tonalità usate per lo sfondo. Va parecchio fiero delle combinazioni usate, del modo in cui ha sagomato il castello sullo sfondo. Tutto è perfettamente di suo gradimento, eppure, per qualche motivo, quando ha dovuto iniziare a dipingere i tre protagonisti, mancava qualcosa. I soggetti perfetti. Qualcuno di immortale, eppure che avesse una tangenza fisica, esattamente come il castello alle loro spalle. « Ciò che mi ha impedito di finirlo è il non aver trovato i miei Zefiro e Clori. Li volevo reali. Volevo rendere immortali.. due mortali.. » Il sorriso leggermente malizioso si rivolge ora direttamente alla bionda al suo fianco. « Se me lo permetti, mia dolce donzella, la mia Primavera l'ho trovata. » Le spiega, chiaramente alludendo a lei. « Ho il tuo permesso? » Una ninfa.. veela. La musa perfetta.

     
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