Prophets

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    Le note di un sassofono si distendono in una melodia infinita e il tempo sembra scorrere differentemente. Lo spazio, anche, non ha le nostre stesse leggi. Si fissano negli occhi, in silenzio come sempre, ciascuno sulla propria poltrona. Ancora lui. Ultimamente era sempre lui che veniva a fargli visita, quanto meno quando c'era qualcosa importante da comunicargli; quell'uomo con la faccia per metà mangiata dal fuoco e un occhio vitreo. La dissidenza, probabilmente, non sarebbe mai esistita senza di lui. Non sapeva il suo nome, non sapeva da dove provenissi ne' il motivo per cui si trovasse nella Loggia; a dirla tutta non sapeva nemmeno se gli apparteneva sul serio, dato che al di fuori di quei sogni non vedeva mai il suo viso ne' sentiva la sua voce. Un messaggero. "Sta procedendo tutto secondo i piani." Byron serrò appena la mascella, aggrottando lo sguardo. "Siamo pochi. Avevi detto che c'erano tante persone lì fuori.." pausa "..ad attendere." In tutta risposta, l'uomo gli mostrò un sorriso sghembo in quella sola metà sensibile della faccia. "Ce ne saranno altre. Devi portare pazienza. Il frutto è solo appena germogliato." Facile a metterla così, un po' più difficile quando ti trovavi effettivamente a tirare le redini di quel carro che pareva destinato ad andare a fuoco da un momento all'altro. Per il momento si trovavano ancora in una zona franca: nessuno sapeva di loro e potevano tranquillamente muoversi alla luce del sole senza destare sospetti, ma non ci sarebbe voluto molto prima che la situazione degenerasse. Prima o poi avrebbero capito, i mandati di arresto sarebbero stati emanati e la vita che conoscevano non sarebbe più stata praticabile; quanti, a quel punto della situazione, si sarebbero uniti alla loro causa? Quanti avrebbero rinunciato alle proprie case e ai propri lussi per seguire un ideale incerto, continuamente ostacolato? Quanti, anche tra quelli che già vi si erano uniti, sarebbero rimasti? "Il governo acquista consensi minuto dopo minuto. Noi siamo un gruppo allo sbaraglio, con nulla di fatto tra le mani. Ci nascondiamo come ladri, e non possiamo di certo reclutare alla luce del sole: la fiducia, di questi tempi, è il bene più di lusso che esista, e nessuno di noi può permettersela." Per qualche istante, tra di loro, si creò il silenzio, privo anche del sottofondo del sassofono. Pian piano, poi, un pezzo per volta, nello spazio che li divideva cominciò a formarsi un'immagine traslucida. Una mano, all'inizio, che poi si allargò alla figura di un uomo seduto al centro di un lungo tavolo; accanto a lui, alla sua destra, in seguito, una donna. "L'ultima cena." disse piano, quasi in un sussurro, mentre fissava quell'immagine in attesa del suo completamento. Un completamento che non arrivò: rimasero solo le figure di Gesù Cristo e Maria Maddalena, con i posti vuoti tutti attorno a loro. Istintivamente Byron aggrottò le sopracciglia con fare interrogativo, spostando lo sguardo negli occhi dell'uomo. Questo, in tutta risposta, recitò lentamente "Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato." fece una pausa, indicando il quadro incompleto con un cenno del mento "Vai dove il ferro porta ovunque. Nel suo nome si intrecciano passato e futuro. Il prossimo pezzo giace nella tomba delle parole. Parti dal nuovo 9,9." Stava per dire qualcosa, forse per chiedere cosa significasse tutto ciò, ma l'uomo lo fermò prontamente con un cenno della mano, pronunciando il suo ultimo monito prima di scomparire "Hai cinque ore di tempo. Cammina a ritroso."

    Le prime luci di un'alba soffusa filtravano dalle tapparelle sgangherate della finestra quando gli occhi di Byron si aprirono sul soffitto della sua camera. Lentamente scivolò fuori dal letto, facendo attenzione a spostare con delicatezza il braccio di Renton attorno alla sua vita. Nella casa addormentata mosse passi silenziosi fin verso gli scaffali in cui teneva i propri libri, estraendone il grosso tomo consumato che recitava a grossi caratteri il titolo più noto della storia: Bibbia. Velocemente, le sue dita si mossero tra le pagine sottili del volume, andando alla ricerca di ciò che gli era stato chiesto. Parti dal nuovo 9,9. Nuovo Testamento, paragrafo nove, verso nove. Ma io vi dico che di ogni parola infondata gli uomini renderanno conto nel giorno del giudizio; poiché in base alle tue parole sarai giustificato e in base alle tue parole sarai condannato. Vangelo secondo Matteo. "Di lì, essendo andato più oltre, Gesù vide un uomo chiamato Matteo, seduto al banco della gabella e gli disse: « Seguimi ». Ed egli, alzatosi, lo seguì." recitò a bassa voce, come se i suoi pensieri avessero arbitrariamente deciso di esprimersi tramite le sue labbra. Il grugnito di un Jeth addormentato scompostamente sul divano lo riportò alla realtà, facendogli chiudere il libro e rimetterlo al proprio posto. Matteo. Il primo evangelista. Colui che più volte, citando le profezie dell'Antico Testamento, vi si era riferito con le parole « Affinché si adempisse ciò che il Profeta aveva detto »; colui che del dimostrare la parola di Cristo ne aveva fatto uno scopo nella vita, redigendo il testo più lungo tra i sinottici. Devo trovare Matteo. E a quel punto furono le altre parole ad affiorare alla sua mente. Nel suo nome si intrecciano passato e futuro. Il prossimo pezzo giace nella tomba delle parole. Ritrovarsi ad arrovellarsi il cervello su tali questioni, a tali orari indecenti, si manifestò nella testa di Byron sotto forma di una bestemmia bella e buona rivolta a quelle stramaledettissime Logge e a chiunque le governasse. Mai una volta che gli dessero un nome specifico, o un indirizzo, o anche solo uno straccio di indizio di semplice fattura; no, sempre e solo enigmi su cui doveva spaccarsi la testa per ore. Per occupare il tempo mise sul fornello la macchinetta del caffè, cercando come poteva di districare quella matassa di pensieri e indicazioni fumose. Ok, devo trovare una persona. Sovrappensiero versò il liquido scuro in una tazzina, mettendosi a sedere attorno al tavolo della cucina. Questa persona deve dimostrare le nostre parole, le deve difendere. Con la fronte aggrottata, cominciò a sorseggiare la bevanda amara, tenendo lo sguardo ceruleo fisso sul nulla di fronte a sé. Tutto sta nel capire cosa cazzo sia questa maledetta tomba delle parole. Rimase a pensare più a lungo di quanto riuscì effettivamente a percepire, provando una crescente ansia nell'osservare lo spazio di luce che filtrava dalla finestra acquistare sempre più terreno sulla zona d'ombra. Dovevano essere circa le sei di mattina quando un fruscio lo fece voltare verso una delle finestre, dalla quale - come ogni mattina - era entrato un gufo tra le cui zampe si reggeva una copia de La Gazzetta del Profeta. Sovrappensiero porse all'animale il compenso necessario, dispiegando il quotidiano sotto gli occhi per lo più disattenti. Lo sguardo corse con basso interesse tra i titoli in grossi caratteri, per lo più riferiti ad allarmismi sui babbani e a quel ridicolo scandalo che avevano costruito attorno alla figura del tizio dei Falcons. La Gazzetta, checché se ne dicesse, non era più quella di una volta, e con essa anche tutti gli altri giornali. La tomba dell'informazione. Si ritrovò a pensare quelle parole senza davvero rifletterci, solo per poi fermarsi di colpo in mezzo alla stanza, come folgorato da un'idea. La tomba delle parole. Freneticamente raggiunse di nuovo il tavolo, dispiegandovi sopra il giornale e cominciando a scorrere le pagine alla ricerca di nomi che potessero saltare all'occhio. Nel suo nome si intrecciano passato e futuro. Nel suo nome si intrecciano passato e futuro. Lo sentiva, c'era vicino. Il suo Matteo era più prossimo di quanto credesse. Ed eccolo che, all'improvviso, si arrestò su un piccolo trafiletto firmato da un nome che non poteva di certo essere ignorato - seppur relegato a uno spazio esiguo -. Teddy Lupin. Vai dove il ferro porta ovunque. King's Cross.

    MrbpDSc
    Alle nove e mezzo in punto, Byron si trovava alla stazione di Londra, quella da cui per sette anni era partito alla volta del castello. Non era l'unica stazione della città, ma era l'unica in cui si poteva trovare un mago, in particolare un mago giornalista. Il Ministero se ne era uscito ultimamente con la proposta di aumentare gli incantesimi di sicurezza del famoso binario, il che significava che a quelle parole sarebbe sicuramente seguita un'inchiesta; e Teddy Lupin doveva essere la persona a cui era stata affidata, se la Loggia gli aveva detto di cercarla lì. Dunque, preso posto sulla panchina più prossima alla grossa colonna che divideva la parte babbana da quella magica, rimase ad aspettare tutto il tempo necessario, guardandosi intorno di tanto in tanto. Non male come posto: per lo più babbano, affollato..la Loggia non sbaglia proprio mai un colpo, gliene devo rendere atto. E infine eccola apparire da dietro un colonnato, in tutto e per tutto identica alla foto di lei che era stata apposta sul giornale accanto al suo nome. Immediatamente si alzò dalla panchina, guardandosi intorno con fare circospetto prima di avvicinarsi alla donna. "Teddy Lupin?" chiese, quando le fu abbastanza vicino per essere udito "Devo parlare con te. E' importante." fece una pausa "Mi serve il tuo aiuto. Seguimi."
    Con un cenno del capo le indicò una piccola panchina poco più isolato, accanto a un binario dismesso su cui non passava alcun treno. Una volta accomodativisi, prese un profondo respiro, spostando lo sguardo nei suoi occhi. "La piega che ha preso il tuo lavoro non ti piace." un'altra pausa, durante la quale indicò la sua interlocutrice con un cenno del mento "Ti si legge in faccia." Trovare le parole giuste..su quello non mi hanno lasciato nessuna indicazione. "La piega che ha preso tutto non ti piace. Non piace nemmeno a me..e ad altri." A quelle parole le scoccò uno sguardo eloquente. "Tanti altri, però, non sanno cosa sta accadendo, e soprattutto cosa è evidente che accadrà. I giornali non ne fanno parola, ma c'è bisogno che qualcuno inizi a parlare. A parlare con chi è disposto ad ascoltare, e a informare chi è disposta ad essere informato. Mi segui?" Attese una risposta prima di riprendere il discorso. "Tu, la tua famiglia, conoscete bene la storia. Sono sicuro che siate certi tanto quanto me della sua ciclicità. Ecco, io voglio evitare che certe cose si ripetano..ma non posso farlo da solo. Per questo sono qui, a chiederti di aiutarmi. In cambio non potrò offrirti nulla, ne' il potere, ne' le ricchezze, ne' i benefici, forse nemmeno la salvaguardia personale. Non ho le stesse leve che altri hanno se non la consapevolezza di agire per una causa giusta: e la giustizia, quella è tutto ciò che ho da mettere sul piatto."
     
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    « Un braccio. La prossima volta che cosa sarà. LA TESTA? MA CHI SI CREDONO DI ESSERE??? » Le urla di Molly Weasley fanno tremare le mura della Tana. Quella donna, quando è arrabbiata, spaventata o si sente messa con le spalle al muro, sa fare un'unica cosa. Farsi sentire. E' chiaro che ce l'abbia a morte con Teddy. D'altronde, in cuor suo, la piccola Lupin sapeva che sua nonna acquisita aveva ragione nell'essere così furibonda con lei. « Nonna, non è niente. Davvero. Stai tranquilla. Sarà stato solo un borseggiatore. » Solo un borseggiatore. No. Era certa piuttosto del contrario. Da tempo Teddy faceva sin troppe pressioni in redazione; faceva troppe domande, chiedeva incarichi troppo lontani dalla sua portata. Faceva costantemente il passo più lungo della gamba, e nessuno voleva davvero ascoltare quanto avesse da dire. Era diventata la ficcanaso; quella che non sa starsi zitta, quella che non riesce a stare al proprio posto nemmeno se legata alla propria sedia. Ogni giorno se ne tornata in ufficio con una storia più complottista di quella precedente. « Theodore Andromeda Lupin, guarda che non sono mica nata ieri io, eh! Ormai sei madre. Hai una figlia. » Lizzie. Si era fatta spazio nella sua vita come un tornado, tanto che Teddy non aveva nemmeno avuto modo di rendersene conto. Molly Weasley aveva ragione; non poteva più permettersi di rischiare la vita come se niente fosse. Senza di lei, quella bambina non aveva nessuno. Nessuno che, giuridicamente parlando, avrebbe potuto proteggerla da una triste sorte da orfanella. « Lo so.. » Era davvero mortificata. Si lascia curare i graffi dall'anziana signora che preme un tampone contro la sua fronte con una pressione esagerata. Vuole farle male, e ci riesce perfettamente. « E allora smettila di correre per strada di notte come una scapestrata. Non puoi agire da sola. » Capiva la posizione di sua nonna. Ogni qual volta decidesse di seguire una pista, correva alla tana e scaricava Lizzie là, per poi girovagare per la città, in cerca della storia perfetta. La storia che l'avrebbe tirata fuori dall'anonimato, la storia della sua vita, qualcosa che valesse la pena di essere scritto. Non avendo il supporto della Gazzetta, doveva fare tutto da sola. Nessun tipo di risorsa, nessun appoggio morale o materiale, nessuna tipo di garanzia. Di solito si affidava all'aiuto di amicizie pregresse, che la facevano scorrazzare di nascosto tra gli archivi degli antichi edifici della città. La Gringott, il Ministero, il QGA. Era sempre una latitante, pur non essendolo a tutti gli effetti. Doveva agire di nascosto, nell'ombra. E fino a quella notte, ci era perfettamente riuscita. Era sbucato fuori letteralmente da nulla, iniziando a scagliarle contro incantesimi di ogni sorta. Se solo non si fosse trovata in un parcheggio abbastanza affollato e se solo non fosse stata una discreta strega, schivare tutti quegli incantesimi, sarebbe stato impossibile. Una lotta all'ultimo sangue, dalla quale alla fine era dovuta scappare smaterializzandosi. Avrebbe voluto cercare di catturarlo, metterlo alle strette. Ma lui era troppo in gamba, probabilmente molto più grande ed esperto di lei. « Mi dispiace ok? Non succederà più. » E per un secondo sembra tornare ad avere sedici anni. Sa che deve smetterla. Sa che non deve succedere mai più. « Devi smetterla sul serio, Teddy! Questa è gente pericolosa. Se ti hanno preso di mira.. » La sua voce si spezza. Sembra teneramente impaurita e preoccupata. E infine scoppia a piangere. « Nonna.. no no no, ti prego non fare così. Ti prometto che non succederà più, davvero. » Riesce a leggere nei suoi occhi l'impotenza dell'età; Molly Weasley non è più giovane, non può più scorrazzare di qua e di là come un tempo. I capelli quasi completamente ingrigiti. E' ancora una forza della natura, ma non potrebbe mai combattere come un tempo, e questo evidentemente le fa male. Le fa male non poter più essere la mamma orsa di un tempo. « Scusami. Non volevo farvi preoccupare.. ma io devo trovarli. So che sono lì da qualche parte. Le strade pullulano di voci sul loro conto. Non faresti la stessa cosa se fossi al mio posto? Questi sono gli assassini dei miei genitori.. sono i loro figli, i loro complici, sono quelli che non hanno imparato nulla. Questa gente è la stessa che.. » « ..ha ucciso Fred. » Teddy annuisce ed entrambe, si guardano eloquentemente negli occhi. « Non possiamo stare a guardare.. » Sospira. « Starò più attenta, te lo prometto, ma un braccio rotto e qualche graffio non mi fermeranno. » Dopo la sostanziosa colazione lei e Lizzie sono pronte per lasciare il nido. Accompagna prima la bambina a scuola per poi recarsi in ufficio nella speranza che quel giorno le briciole siano più sostanziose. Ogni giorno Teddy si sveglia con la stessa speranza. La speranza che una storia migliore le capitasse per le mani, la speranza che la Gazzetta affidasse ai freelancer qualcosa di più corposo delle solite storielle e notizie di seconda mano. Ogni giorno Teddy sbagliava.

    Incaricati del Ministero, facilmente riconoscibili, si aggiravano attorno ai binari più famosi di King's Cross. Ormai all'entrata del nove e 3/4 c'erano due Inquisitori fissi. Ma altrettanto succedeva per l'otto e 1/3 e del 4 e 1/2; queste le principali mete. Il primo diretto collegamento con Hogwarts, gli altri due diretti sbocchi verso Edimburgo, Belfast e Dublino. « Theodore Lupin, incaricata della Gazzetta del Profeta. » Incaricata, non reporter; lei sul libro paga del quotidiano non figurava a chiare lettere e così, anche il tesserino che sfoggiava, era sempre qualcosa di estremamente fumoso e frustrante. « Lupin eh? Dì al tuo capo che ho già rilasciato dichiarazioni a Wilson. » Nessuno voleva parlare con Teddy. Nessuno si fidava di Teddy. Non era nessuno. Quella sembrava una storia interessante; e ci avevano mandato lei, proprio perché sapevano non ci potesse arrivare al succo; non attraverso i metodi tradizionali, quelli del botta e risposta. Nessuno all'interno dell'Inquisizione avrebbe risposto a Teddy Lupin. « Come mai sono stati aumentati i controlli di sicurezza anche sul otto e 1/3 e il 4 e 1/2? Sono rotte poco trafficate. Mi pare un grande spreco di risorse. » L'Inquisitore la guarda in cagnesco, prima di avvicinarlesi con fare minaccioso. « Lo abbiamo fatto affinché ficcanaso come te possano venire a romperci le palle. E ora vedi di sparire, Theodore Lupin. » Dopo più di un'ora e tante altre domande, sempre più taglienti e intricate, il risultato non cambia. Nessuno risponde, nessuno fa dichiarazioni, e il suo compito è ottenere le loro dichiarazioni. Se dovesse seguire percorso alternativi, non le pubblicheranno alcun pezzo e lei si ritroverà di nuovo a dover fare affidamento al fondo fiduciario di Lizzie per poter fare la spesa. Non può attingere ulteriormente a quei soldi. Quelli sono i soldi di Lizzie, i soldi che sua madre le ha lasciato per assicurarle un futuro florido e privo di preoccupazioni. E' sfiduciata, ormai esasperata e al limite dell'esasperazione, quando quella voce la fa trasalire. « Teddy Lupin? Devo parlare con te. E' importante. Mi serve il tuo aiuto. Seguimi. » Ha un fiuto impressionante Teddy, e così, non appena i suoi occhi incontrano quelli del uomo, una parte di sé sa già di doversi fidare. E così lo segue fino a un'area più isolata della stazione. Si siede con fare naturale sulla panchina, appoggia la borsa accanto e aspetta. « La piega che ha preso il tuo lavoro non ti piace. » Doveva solo scoprire chi fosse. Ha bisogno del suo aiuto. « La piega che ha preso tutto non ti piace. Non piace nemmeno a me..e ad altri. » Altri. C'è qualcosa in quell'altri che attira la sua attenzione. Soppesa molto attentamente le sue parole. Lo fa con grande minuzia e attenzione. « Tanti altri, però, non sanno cosa sta accadendo, e soprattutto cosa è evidente che accadrà. I giornali non ne fanno parola, ma c'è bisogno che qualcuno inizi a parlare. A parlare con chi è disposto ad ascoltare, e a informare chi è disposta ad essere informato. Mi segui? » Tutto ciò di cui Teddy ha bisogno è un'opportunità. Qualcosa.. qualcuno che creda in lei. Qualcuno che metta a frutto tutte quelle energie, la sua voglia di mettere sotto sopra il mondo. E così, di fronte a quell'ultima domanda, lo sguardo di lei si posa sul volto dell'uomo e annuisce, senza conferme verbali. In cuor suo sa di dover stare attenta. Sa che non si è mai abbastanza attenti. « Tu, la tua famiglia, conoscete bene la storia. Sono sicuro che siate certi tanto quanto me della sua ciclicità. Ecco, io voglio evitare che certe cose si ripetano..ma non posso farlo da solo. Per questo sono qui, a chiederti di aiutarmi. In cambio non potrò offrirti nulla, ne' il potere, ne' le ricchezze, ne' i benefici, forse nemmeno la salvaguardia personale. Non ho le stesse leve che altri hanno se non la consapevolezza di agire per una causa giusta: e la giustizia, quella è tutto ciò che ho da mettere sul piatto. »
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    Resta per qualche istante in silenzio, osservando l'uomo che ha accanto. Lo soppesa con i suoi grandi occhi azzurri cercando di capire se è il caso di parlare o meno. Lo ha aspettato. Quel momento, lo ha aspettato per tanto tempo. Li ha cercati, ha setacciato quella città da cima a fondo. E alla fine.. forse, solo forse, erano stati loro a trovare lei. « Sei uno di loro, non è vero? » Cerca di nascondere l'entusiasmo nel rendersi conto di trovarsi faccia a faccia con uno di coloro che ha cercato instancabilmente per gli ultimi mesi, di notte, con sospetto e non poco timore. « Se vuoi che questa cosa funzioni, dovrai iniziare ad affinare le tue tecniche di reclutamento. Il discorso sulla giustizia può funzionare per chi non ha nulla da perdere; ma per chi dentro al sistema ci sta già, le cose sono nettamente più complicate. » Disorganizzato e diretto. Primo segno che la sua sia una crociata e non un piano prestabilito. Al Ministero sono molto più furbi, molto più subdoli. Le sue parole appaiono sincere, semplici, senza fronzoli. « Guardati intorno. Mi stai mettendo al patibolo. Ci sono almeno dieci Ministeriali nel raggio di un chilometro. Ciò significa che semmai tu dovessi entrare sulle liste dei ricercati - questione di tempo, direi - e semmai qualcuno di questi Ministeriali dovesse fare caso a noi, io verrei direttamente additata come tua complice in futuro. » Si stringe nelle spalle e gli rivolge uno sguardo eloquente. Non ha paura che loro possano sorprenderli insieme. C'è troppa gente a King's Cross. Troppe persone a cui badare; due giovani su una panchina sono l'ultima delle loro preoccupazioni. Cercano gente sospetta; loro sono anonimi. « Per non parlare del fatto che tu non mi abbia dato alcuna sicurezza del fatto che questa non sia una trappola. E' altamente improbabile, ma potresti benissimo essere un Inquisitore che cerca di scovare elementi scomodi. » Pare quasi che Teddy stia sostenendo una specie di colloquio. Li sta mettendo al corrente di cosa la Gazzetta reprime. Perché si stia fidando, così, su due piedi, senza nemmeno battere ciglio, non lo sa. Vuole chiamarlo intuito, speranza, insofferenza ad altra attesa ancora. D'altronde, è certa, per il modus operandi del Ministero, usare l'identità degli Altri per scovare chi con le loro politiche non è d'accordo, sarebbe infinitamente degradate. Poco dignitoso. « L'unico elemento che gioca dalla tua è la fortuna o il tempismo.. non saprei. Hanno già tentato di farmi fuori, quindi sono certa che non hanno intenzione né di imprigionarmi, né tanto meno di farmi una bella lavata di cervello. » Lo dice con leggerezza. Ci ha già fatto i conti con quella situazione, con quella evenienza. In fin dei conti, che lo volesse ammettere o meno, quel discorso ha fatto breccia perché anche Teddy è una che ha ben poco da perdere, a parte Lizzie, ovviamente. « Tutto ciò per dire che più ti inoltrerai tra gli indecisi, tra coloro che effettivamente hanno legami e leve che li tengono attaccati a questa società, più sarà complicato presentarsi così. » Pausa. « Detto ciò, non voglio sapere come ti chiami, da dove arrivi o dove stai andando. Dimenticherò la tua faccia. Tu sei Nessuno, per ora. » Sospira lungamente ben consapevole del fatto che le seguenti frasi sono il suo salto nel buio, il rischio per eccellenza, il lancio senza paracadute, il momento in cui passa dall'anonimato a una situazione di alta imputabilità civile e penale. Alto tradimento. « .. no, non è che non mi piaccia. Lo detesto. Lo odio. Tutto. » Odia il modo in cui cercano di ostacolarla a tutti i costi. « Quindi.. come posso aiutarvi? »

     
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    LBn1du4
    "Sei uno di loro, non è vero?" Loro. A quella domanda, Byron bloccò ogni tipo di espressione sul proprio volto, limitandosi solo ad annuire. Non era poi tanto sicuro che esistesse un loro: più andava avanti e più si rendeva conto di quanto quella crociata fosse difficile, oltre che pericolosa e a tratti suicida. Erano davvero pochi, molti meno di quanto sarebbe bastato per fare una cosa qualunque, anche solo un festino in maschera. E sì, che fossero ancora agli inizi era un dato non trascurabile, ma non per questo l'irlandese si sentiva più rassicurato. Tuttavia doveva ammettere che la circolazione di voci, se da una parte alimentava un'attenzione particolarmente alta da parte di chiunque volesse stanarli, dall'altra gli faceva un buon gioco: significava che qualcuno ci stava davvero, che non era tutto così liscio e roseo come il governo tentava disperatamente di dipingere. Per il momento, ciò, gli tornava utile semplicemente come leva psicologica, poiché il non sapere chi fosse coinvolto creava un fronte in tutto e per tutto ideale, capace di ospitare tre persone come mille: l'inquisizione non sapeva chi fossero, ma soprattutto in quanti fossero, e questo non poteva che essere un vantaggio. Il vantaggio maggiore, tuttavia, sarebbe venuto in seguito, quando prima o poi la dissidenza sarebbe diventata qualcosa di reale, e nell'ostacolarla, il governo avrebbe smascherato da solo la propria faccia repressiva. "Se vuoi che questa cosa funzioni, dovrai iniziare ad affinare le tue tecniche di reclutamento. Il discorso sulla giustizia può funzionare per chi non ha nulla da perdere; ma per chi dentro al sistema ci sta già, le cose sono nettamente più complicate." Sorrise a quelle parole, piegando appena il capo con aria leggermente divertita. "Diciamo che ho amici che sanno..indirizzarmi." Una maniera decisamente riduttiva per dire che aveva un'orda di fantasmi all'interno della propria testa, tra i quali ne spiccava uno che faceva da intermediario divino per degli alti piani di cui non conosceva ne' la natura, ne' l'obiettivo, ne' tanto meno il fautore. Per quel che ne sapeva, poteva essere al servizio di Dio tanto quanto a quello di Satana senza nemmeno rendersene conto. "Per non parlare del fatto che tu non mi abbia dato alcuna sicurezza del fatto che questa non sia una trappola. E' altamente improbabile, ma potresti benissimo essere un Inquisitore che cerca di scovare elementi scomodi." Ancora una volta sorrise, scuotendo la testa. "Se fossi un Inquisitore, strategicamente parlando, la prima porta a cui avrei bussato sarebbe stata quella di Harry Potter: marchiando di infamia lui agli occhi del popolo, il resto della famiglia Potter, Weasley e Lupin sarebbe venuto a ruota. Puntando il dito contro di te, invece, dovrei moltiplicare esponenzialmente il lavoro. Poco astuta come mossa." Concluse quelle parole con una stretta di spalle. "L'unico elemento che gioca dalla tua è la fortuna o il tempismo.. non saprei. Hanno già tentato di farmi fuori, quindi sono certa che non hanno intenzione né di imprigionarmi, né tanto meno di farmi una bella lavata di cervello. Tutto ciò per dire che più ti inoltrerai tra gli indecisi, tra coloro che effettivamente hanno legami e leve che li tengono attaccati a questa società, più sarà complicato presentarsi così. Detto ciò, non voglio sapere come ti chiami, da dove arrivi o dove stai andando. Dimenticherò la tua faccia. Tu sei Nessuno, per ora." Annuì. Era giusto così, almeno per il momento. Persino alcuni tra gli stessi dissidenti non sapevano il suo nome, tanto meno da dove venisse. Teddy Lupin, nello specifico, era il tipo di persona a cui l'avrebbe anche potuto dire: mai e poi mai la Loggia lo avrebbe indirizzato verso qualcuno dalla dubbia fedeltà, non se non aveva intenzione di darsi la zappa sui piedi da sola. E quanto meno, per il momento, Byron poteva contare proprio su di ciò: che qualsiasi fosse il motivo per cui stavano attuando quel piano, la salvaguardia dell'irlandese sarebbe sempre stato il loro primo interesse, poiché senza di lui, qualsiasi libertà acquisita o finestra sul mondo sarebbe svanita di colpo così come era arrivata. ".. no, non è che non mi piaccia. Lo detesto. Lo odio. Tutto. Quindi.. come posso aiutarvi?" Sospirò, passandosi una mano sul viso e poi tra i capelli, lasciandola infine ricadere sulle proprie stesse ginocchia. Servivano così tante cose, a quello strano e disgregato gruppo, che non avrebbe nemmeno saputo da dove cominciare. L'unica cosa che sapeva era che quei pochi non bastavano, non più, non se volevano diventare davvero un'alternativa valida per chiunque non fosse in linea con le politiche governative. "Il fatto è questo, non ti mentirò: siamo in pochi. Ci stiamo organizzando per un posto stabile, ma non è facile con i nostri numeri. E se l'Inquisizione può tranquillamente mettere manifesti di reclutamento in giro per Diagon Alley, per noi quella strada non è praticabile." Una cosa evidente, ovvia, che lei stessa non aveva mancato di sottolineare. "Hai visto cosa è successo al giocatore dei Falcons: due parole e improvvisamente è il fuggitivo più ricercato. Quando la bolla esploderà - e prima o poi esploderà - saremo tutti additati come complici dei terroristi. Loro hanno i canali di comunicazione, tutti. Ogni giornale e radio è allineato al pensiero governativo." Scoccò alla bionda uno sguardo eloquente, alzando il sopracciglio. Lei doveva conoscere quella situazione meglio di chiunque altro, sicuramente meglio di lui. "Quello di cui noi abbiamo bisogno, dunque, è un canale tutto nostro..con le dovute precauzioni, ovviamente. Dobbiamo far sì che le notizie, quelle vere, quelle che non vengono pubblicate, arrivino alla gente, senza vivere nel terrore di essere consegnati direttamente nelle mani dell'Inquisizione." Più ne parlava e più si rendeva conto di quanto quella situazione fosse davvero tragica. Per quanto il governo cercasse di mantenere il faccino pulito da educande composte, il semplice fatto di doversi nascondere come la Carboneria per qualsiasi bisbiglio fuori dal coro la diceva lunga. E ci sta davvero chi ancora sostiene che tutto ciò sia giusto e fondato? "Una redazione, insomma. E qualcuno di competente che la diriga." dicendo quelle parole le scoccò un'altra occhiata, ancora più eloquente di tutte le altre "E possibilmente un posto in cui basarla per non concentrarci troppo nello stesso luogo. Non possiamo rischiare di saltare tutti in aria in un colpo solo. Ci serve una qualche sorta di rete."
     
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    « Se fossi un Inquisitore, strategicamente parlando, la prima porta a cui avrei bussato sarebbe stata quella di Harry Potter: marchiando di infamia lui agli occhi del popolo, il resto della famiglia Potter, Weasley e Lupin sarebbe venuto a ruota. Puntando il dito contro di te, invece, dovrei moltiplicare esponenzialmente il lavoro. Poco astuta come mossa. » Teddy si ritrovò a inarcare un sopracciglio con fare suscettibile. « Oppure no. » Si stringe nelle spalle ben consapevole che se vuole entrare nel gruppo non sia il modo migliore, oppure proprio il modo migliore. « Senza offesa, ma saresti davvero un pessimo Inquisitore. Vedi, quando sei in una posizione vantaggiosa, non colpisci mai alla testa. E' estremamente pericoloso e può trasformarsi in un'arma a doppio taglio. Tienilo a mente per quando ce ne sarà bisogno. » Teddy sapeva il fatto suo. Sapeva anche che nella posizione in cui si trovavano gli altri, colpire altrove se non alla testa sarebbe stata una perdita di tempo. Per quanto riguardava il governo invece, conosceva sin troppo bene le sue mosse. La sua totale assenza di impiego le aveva permesso di studiare le loro mosse molto attentamente. Ogni teoria del complotto, ogni cosa che fiutasse come non prettamente giusta e onesta. « Le loro mosse si basano per lo più - a meno che non abbiano altra scelta - sulla regola dell'anello debole. Non tagli mai la testa al serpente. Colpisci nel fianco. Non togli il mattone in cima; togli un tassello da qualche parte nel mezzo e aspetti che l'intera struttura si sgretoli. Nello specifico, colpire me, significa in ogni caso colpirli tutti, ma indirettamente. Fai perdere loro di credibilità e li smantelli pezzo per pezzo. A meno che tu non sia l'unico sciocco al mondo a pensare che Harry Potter sia l'anello debole della nostra catena, sei tutto fuorché un Inquisitore. » E questo era un buon principio. A dirla tutta c'era qualcosa nel suo portamento, nel suo modo di parlare e di agire che era completamente diverso da quello degli Inquisitori. E poi, a dirla tutta, ora come ora, marchiare d'infamia la sua famiglia, era l'ultima delle preoccupazioni del Ministero. Forse lo avrebbero fatto, semmai avessero fiutato che fossero diventati un problema, ma per ora, erano ben più impegnati nello spazzare via altri. Gli anelli deboli, appunto.
    « Il fatto è questo, non ti mentirò: siamo in pochi. Ci stiamo organizzando per un posto stabile, ma non è facile con i nostri numeri. E se l'Inquisizione può tranquillamente mettere manifesti di reclutamento in giro per Diagon Alley, per noi quella strada non è praticabile. Hai visto cosa è successo al giocatore dei Falcons: due parole e improvvisamente è il fuggitivo più ricercato. Quando la bolla esploderà - e prima o poi esploderà - saremo tutti additati come complici dei terroristi. Loro hanno i canali di comunicazione, tutti. Ogni giornale e radio è allineato al pensiero governativo. » Teddy annuì, concordato pienamente su ogni parola che lo sconosciuto ribelle le avesse rivolto. Nessuno più di lei, che ci era dentro, poteva comprendere la frustrazione di sentirsi con le mani legate. Di non sapere mai se il giorno seguente avrebbe trovato il modo per mangiare. Ultimamente Teddy era stata persino costretta ad accettare lavori part time, cose che non c'entravano nulla con il suo lavoro e che le permettevano quanto meno di pagare le bollette di quella magnifica casa che si era fatta intestare e che certamente non era prettamente facile da mantenere.
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    I Potter si erano offerti di darle una mano, ma Teddy era troppo fiera per accettare il loro aiuto. Una volta uscita di casa, Teddy non ci sarebbe mai più tornata, e insieme al suo prendere il volo dal nido, doveva anche accettare tutte le conseguenze del caso. « Quello di cui noi abbiamo bisogno, dunque, è un canale tutto nostro..con le dovute precauzioni, ovviamente. Dobbiamo far sì che le notizie, quelle vere, quelle che non vengono pubblicate, arrivino alla gente, senza vivere nel terrore di essere consegnati direttamente nelle mani dell'Inquisizione. Una redazione, insomma. E qualcuno di competente che la diriga. E possibilmente un posto in cui basarla per non concentrarci troppo nello stesso luogo. Non possiamo rischiare di saltare tutti in aria in un colpo solo. Ci serve una qualche sorta di rete. » « Una voce.. indipendente. » Risponde quasi istintivamente, dando voce ai suoi stessi pensieri. Lo sguardo resta fisso di fronte a sé mentre pensa e ripensa a tutte le cose che le sono appena state riferite. Grimmauld Place era perfetta. Un punto di appoggio. Non uno indifferente oltretutto. Quella casa era un pezzo di storia, protetta da incantesimi di maghi di talenti inimmaginabili.
    « È la qualità delle proprie convinzioni che determina il successo, non il numero dei seguaci. » Asserisce infine lasciando che un sorriso nostalgico, colmo di un affetto difficile da spiegare o immaginare, si dipinge sul suo candido volto. Kingsley Shacklebolt le ha raccontato quell'aneddoto quando era davvero piccola, e lei quella frase non se l'è mai scordata. « Lo diceva mio padre.. » Non sa se lo ha detto solo una volta o più di una volta. Teddy non sa niente. Non sa niente dei suoi e non può rievocarli se non attraverso i ricordi di terzi. Hanno dato la vita per un mondo migliore, per un mondo in cui lei potesse crescere sana e salva. Se non poteva evitare che il mondo degenerasse, poteva quanto meno onorarli, lottando per la stessa cosa per cui loro prima di lei hanno lottato. « Vi aiuterò. Ma.. ora io devo tornare al lavoro e non possiamo parlarne qui. » Dicendo ciò strappò in fretta e furia un foglietto dal suo taccuino imprimendovi sopra a caratteri eleganti poche parole. Grimmauld Place, numero 12, Londra. « Ci vediamo qui stasera alle 19. Ci vorranno tre colpi sul marciapiede tra l'11 e il 13 a distanza di tre secondi ciascuno. » Dicendo ciò gli porse il foglietto e senza indugiare ulteriormente si perse tra la folla.

    Alle sette in punto, mentre riponeva i suoi fascicoli sul tavolo della cucina, ordinando per quanto possibile, ecco che il campanello suona. « VADO IO. » Ed ecco Lizzie che corre giù per il corridoio principale, prima che Teddy possa fermarla e ordinarle di andare in camera sua, lasciando gli adulti a parlare. Ultimamente Lizzie ha il privilegio di conoscere sin troppa gente, gente non prettamente raccomandabile e normale. Chissà che idea si sarà fatta di tutta quella gente che va e viene a casa loro, quasi come se fosse una specie di rito di passaggio. La sente balbettare giù per il corridoio, cose del tipo, non posso aprire a sconosciuti e altre menate tipiche da bambina diligenti. « LIZZIE, FALLO ENTRARE. » Le ordina mentre si precipita lungo il corridoio verso la porta d'entrata, aprendola per il loro ospite. Prende la bambina in braccio e gli fa strada verso il salone, non prima di aver riposto la ragazzina giù, di fronte alla rampa di scale che porta al piano superiore. « Tu al letto, ci siamo capite? » Lei sbuffa e borbotta qualcosa sulle teorie secondo cui gli sconosciuti non dovrebbero farli entrare dentro casa. « E non dimenticarti di lavarti i denti. » Le scocca un bacio sulla testa prima di indirizzarla verso le scale, dandole una leggera pacca sul fondo schiena con fare scherzoso. Avanti soldato! Ritirarsi! « Scusala. E' una forza della natura. Tenerla a bada è sempre complicato. » Gli fa cenno di seguirla in cucina dove gli lascia scelta su dove sedersi. Il famoso tavolo delle riunioni. Suo padre si sedeva là, proprio in quel posto, sempre lo stesso, alla destra del capotavola, posto che solitamente era riservato al padrone di casa, Sirius Black. « Volevo che la vedessi di persona.. Grimmauld Place. » Pausa. « E anche Lizzie. » Disse infine alzando gli occhi in quelli di lui. « Prima di andare avanti, prima di spiegarti perché ti ho portato qui, voglio essere chiara su una cosa; non ho molto da perdere nella vita. Ho una famiglia che mi vuole bene, amici, conoscenti. Ma loro possono cavarsela senza di me. Quella creatura non può. Semmai dovesse succedere qualcosa, qualunque cosa, lei non può restare qui, non può restare in questa società. Senza di me finirebbe in un orfanotrofio e i miei parenti non avrebbero alcun potere legalmente vincolante in grado di fermare una simile cosa. » Deglutisce prima di prendere fiato. « Vi darò tutto ciò che posso e non chiederò nulla in cambio, se non la garanzia che farete qualunque cosa in vostro potere per far sì che quella creatura possa farcela. » Dicendo ciò allargò le braccia, lasciando che lui potesse guardarsi intorno. « Se siamo d'accordo, casa mia è casa vostra. Senza riserve. » Non ne aveva di riserve. Non Teddy Lupin. Non la figlia di Remus Lupin, dell'uomo che aveva combattuto ben due guerre contro generazioni passate degli stessi maghi. « E' a vostra disposizione. Avevo intenzione di trasformarla in ogni caso in una sorta di redazione. Aspettavo solo.. il giusto momento. Credi che potrebbe funzionare? Vuoi farci un giro? »

     
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    Si era presentato, puntuale, nel luogo che la Lupin gli aveva indicato. Tre colpi sul marciapiede come da istruzioni, e il palazzo di fronte ai suoi occhi aveva cominciato a dividersi, facendo lentamente emergere una parte di esso celata agli occhi babbani e non. Che dire? Niente male come posto. Sorrise tra sé e sé, apprestandosi verso il portone di ingresso, suonando poi il campanello; dopo pochi secondi la casella delle lettere sulla parte inferiore della porta si alzò con uno scatto, portando Byron ad abbassare di istinto lo sguardo verso il paio di occhioni che se ne intravedevano. "Chi sei?" chiese una voce sottile e al contempo inquisitoria, a tratti persino autoritaria. Non sembra la voce di un elfo domestico. "Sono un amico di Teddy." Non sembrava convinta. "Mi dispiace, non posso aprire agli estranei." fu il suo modo particolarmente irremovibile di rispondergli, mostrando tutta l'aria di chi non avrebbe ammesso repliche. "Fai benissimo. Ma..Teddy mi ha invitato qui. E' qui che abita, no? Theodore Lupin, dico." La sua piccola interlocutrice stava per dirgli qualcosa, probabilmente ripetergli che non aveva il permesso di farlo entrare in casa, quando dall'interno dell'abitazione giunse la voce della donna che aveva incontrato quella mattina. "LIZZIE, FALLO ENTRARE." Allo sguardo dubbioso che la bimba gli scoccò da quella buca per lettere, Byron rispose con un sorriso gentile. Quando poi la porta si aprì, la scena che si trovò di fronte fu quella di Teddy..e di una bambina accovacciata a terra. Ha una figlia? Quel quesito si stagliò nella sua mente con la stessa violenza di una lama affilata, portandolo a spalancare gli occhi e dischiudere leggermente le labbra, come a voler dire qualcosa senza davvero sapere cosa nello specifico. Seguendola oltre l'uscio di casa e chiudendosi la porta alle spalle, mormorò un semplice "Grazie." rivolto alla ragazzina, per poi abbassare immediatamente lo sguardo e aspettare che la sua ospite si prendesse tutto il tempo necessario per mandarla a dormire. Un tempo breve, certo, ma che nella testa dell'irlandese sembrò dilatarsi per ore e ore. Ha una figlia, cazzo. Si sentiva in colpa? Sì, decisamente. E per lo più sembrava aver dimenticato tutto ciò di cui avrebbe voluto parlare con la sua nuova conoscente. "Scusala. E' una forza della natura. Tenerla a bada è sempre complicato." sorrise appena, incurvando le labbra in una linea millimetrica e annuendo, il tutto per poi seguirla verso la cucina dell'abitazione. Era decisamente un bel posto: antico, ma curato. Ne aveva spesso sentito il nome all'interno dei libri di Storia della Magia, riferito al periodo in cui l'Ordine della Fenice vi si riuniva per contrastare la minaccia di Voldemort. Quanti sogni, gioie e dolori doveva aver visto quella casa. "Volevo che la vedessi di persona.. Grimmauld Place. E anche Lizzie." nell'udire quel nome, Byron si ridestò dall'osservazione dell'ambiente circostante, riportando lo sguardo negli occhi della sua interlocutrice, muto. "Prima di andare avanti, prima di spiegarti perché ti ho portato qui, voglio essere chiara su una cosa; non ho molto da perdere nella vita. Ho una famiglia che mi vuole bene, amici, conoscenti. Ma loro possono cavarsela senza di me. Quella creatura non può. Semmai dovesse succedere qualcosa, qualunque cosa, lei non può restare qui, non può restare in questa società. Senza di me finirebbe in un orfanotrofio e i miei parenti non avrebbero alcun potere legalmente vincolante in grado di fermare una simile cosa. Vi darò tutto ciò che posso e non chiederò nulla in cambio, se non la garanzia che farete qualunque cosa in vostro potere per far sì che quella creatura possa farcela. Se siamo d'accordo, casa mia è casa vostra. Senza riserve. E' a vostra disposizione. Avevo intenzione di trasformarla in ogni caso in una sorta di redazione. Aspettavo solo.. il giusto momento. Credi che potrebbe funzionare? Vuoi farci un giro?" Ingurgitò tutte quelle informazioni come un carcerato sotto tortura: legato a una sedia, con un imbuto cacciato giù per la gola e un aguzzino senza pietà che vi gettava dentro un liquido particolarmente acido. Se Byron aveva una debolezza, infatti, era proprio quella dei bambini. O meglio: non l'aveva mai avuto, fino a quando non era nata Summer. Quando era morta, poi, quella debolezza non aveva fatto che acuirsi, scavando un vuoto dentro al suo cuore ogni qualvolta si trovasse faccia a faccia con un bimbo. Era più forte di lui: ognuno di loro gli ricordava la sua piccola, quella tenera bambina che non aveva mai avuto modo di crescere, di farlo impazzire con i propri problemi adolescenziali o di passare per tutte quelle fasi che ogni persona prima o poi attraversa. Poiché il dolore vero, per Byron, non stava tanto nell'averla persa per sé, ma piuttosto nella consapevolezza che per colpa sua, a Summer era stata tolta la possibilità di diventare qualcuno, di crescere e scegliere la persona che voleva essere. Non ne aveva mai realmente parlato con nessuno; in parte perché erano davvero poche le persone a conoscere la sua storia, e in parte perché non si sentiva a suo agio nel tirarla fuori. Con un cenno della mano le fece segno di fargli strada, come una risposta affermativa alla sua ultima domanda. "Anche io avevo una bambina." disse di getto, quasi sovrappensiero, mentre salivano le scale strette dell'abitazione. "Si chiamava Summer. Aveva tre anni quando lei e sua mamma mi sono state portate via." disse quelle parole con un tono talmente asettico da apparire innaturale, sebbene fosse percepibile tra di esse una sfumatura di profondo dolore, quello che ormai ha avuto tempo di maturare ma che in fin dei conti non si è mai davvero rimarginato. "Credo non esista tragedia peggiore di perdere un figlio." Soprattutto quando torni a casa dal lavoro e vedi la tua casa bruciare senza poter fare nulla a riguardo. Guardi e basta. Una parte di te, quella disperata, quella che nega l'accaduto per puro e semplice meccanismo di difesa, cerca di fare di tutto pur di rimediare, dicendosi che ancora un rimedio è possibile. L'altra parte, però, lo sa. Lo sa che non c'è nulla da fare, e che ormai quella bimba che hai cresciuto con più amore di quanto credevi potessi realisticamente provare, altro non è se non un mucchietto di cenere. "Le persone responsabili sono le stesse che ora emanano decreti per proteggerci." Per proteggere quei bambini che ancora non hanno bruciato nei loro letti. Si arrestarono all'interno di una stanza per lo più vuota, ospitante un grosso arazzo pieno di volti e nomi, alcuni dei quali bruciati. Sovrappensiero, le dita di Byron andarono a scorrere su uno di questi, sotto il quale era scritto Sirius Black in un'elegante calligrafia. Rimase a fissarlo per qualche secondo, prima di affondare la mano in una tasca dei pantaloni, estraendone il portafoglio. Lo aprì, andando a tirarne fuori una fotografia sbiadita dal tempo: quella del compleanno di Summer, la stessa che lo aveva portato da Alek qualche mese prima. Rimase a fissarla per qualche secondo, lasciando che i sorrisi di quella famiglia lontana, di lui, sua moglie e sua figlia, che quelle guance di Summer che si gonfiavano per spegnere le candeline lo portassero lontano nel tempo con la memoria. Il tutto per poi passare la fotografia a Teddy, lasciandogliela tra le mani e voltandosi verso di lei a fissarla in viso mentre la contemplava. "Io sono solo uno, Teddy. Ma non sono solo. E tutte le altre persone che conoscerai - se vorrai - si sono trovate ad affrontare cose indicibili, disumane." fece una pausa, incrociando le braccia al petto e umettandosi le labbra "E no, non avremo i mezzi giusti, o i grandi numeri, forse nemmeno il senso politico di chi ci governa. Ma abbiamo sin troppi motivi per credere che un'opposizione sia necessaria. Chiamalo egoismo, ma io mi rifiuto di credere alle false politiche perbeniste di chi non si è fatto troppi scrupoli a radere al suolo una casa con dentro una donna e una bambina innocenti, solo per colpire me." Passo falso: dovevate far bruciare anche me in quel rogo. Perché per ogni anno tolto a mia figlia, per ogni risata e pianto che le avete sottratto, io toglierò a voi tutto ciò che vi ha reso possibile pulirvi la faccia dal suo sangue. Tirò un sospiro profondo, immergendo le mani nelle tasche e stringendosi nelle spalle. "Non posso parlare per tutti quanti, ma per me sì. E ti do la mia parola che farò qualsiasi cosa per far sì che Lizzie abbia la possibilità che Summer non ha mai avuto: quella di vivere ogni parte della sua vita come ciascuna persona merita." fece una pausa, fissando gli occhi in quelli della bionda "Ciò che è successo a me e a tanti altri non deve ripetersi mai più. E puoi stare certa che me ne assicurerò in ogni maniera possibile, a costo della mia stessa vita." In un qualsiasi altro contesto, con una qualsiasi altra persona coinvolta, le parole di Byron sarebbero sembrate più che mai esagerate. Eppure in lui quella promessa non era eccessiva, ne' tanto meno pronunciata con troppa leggerezza; Byron era la somma di tantissime esperienze accumulate nel tempo, un granello dietro all'altro che aveva finito per formare una montagna insormontabile. Tutto ciò che gli era successo nella vita lo aveva portato a quel punto, e forse in quell'ottica poteva essere visto come strumentale a un bene maggiore. Byron era lì, a dare tutto se stesso per una causa che non sapeva se sarebbe andata a buon fine, perché ne aveva viste così tante da essere giunto al punto massimo di saturazione in cui non avrebbe ammesso nessun altra ingiustizia, neppure la più piccola e insignificante. E tutto ciò, pur se non detto a parole, gli si leggeva ben stampato in faccia senza possibilità di replica. "Questo per dire che accetto la tua condizione, perché per me non è una condizione, ma un punto di partenza minimo. E già il fatto che la sua garanzia sia incerta, di questi tempi, dà la cifra del punto a cui siamo arrivati. Queste sono cose che non dovrebbero nemmeno avvicinarsi al tavolo della discussione: sono diritti fondamentali e inalienabili..o almeno dovrebbero esserlo, a casa mia lo sono." un'altra pausa, durante la quale annuì tra sé e sé "E vorrei che lo fossero anche in questa di casa, tanto per cominciare. E poi in tutte le altre." Detto ciò, riportò lo sguardo all'arazzo, picchiettando il dito sull'alone nero che campeggiava sul punto in cui un tempo doveva esserci stato il volto di Sirius Black. "Cominceremo da qui. Dalla memoria. Perché prima di costruire, c'è bisogno che la gente ricordi cosa c'è stato alle fondamenta di ideali in cui un tempo avevano creduto." a quel punto lo sguardo tornò nuovamente su di lei "Conosci qualche giornalista capace che possa aiutarti a farlo? E nel frattempo.." sorrise "..direi che spetta a te scegliere il nome di questa redazione."
     
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