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    Boom. E poi il buio. Lui è morto sul colpo. Non se ne è nemmeno reso conto. Questo dicono i medici. I medici dicono che è un miracolo che ce l'abbia fatta solo con qualche graffio; probabilmente perché pur essendo presente, ero a parecchi metri dal centro dell'esplosione. Su chi l'abbia provocata si sta ancora indagando. I primi sospetti sono ovviamente i babbani, ma non è da meno l'ipotesi che possa esser stato un qualche gruppo dissidente che si è staccato dalla società protezionista in cui ormai stiamo vivendo. Oggi quando mi sveglio è su tutti i giornali. E' morto. Mio padre, nostro padre, è morto. Laurel non si è ancora fatta viva; le guardie mi hanno detto che sta rientrando nel paese proprio in questo momento. Nessuna telefonata. Nessuna parola di conforto. Io mio sento tutta dolorante, ma nonostante ciò, continuo a muovermi nel letto di ospedale cercando di contare i danni. Ho una gamba fasciata, le nocche ancora sanguinanti e mi sento bruciare sul volto un graffio che pare ancora una ferita aperta.

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    Un giorno prima.
    Il pronto soccorso è pieno zeppo di gente. Tutti i partecipanti al comizio sono stati trasferiti qui; mio padre ha scelto le parti sbagliate. Evidentemente il fatto che abbia preso le parti dei maghi apertamente non è piaciuto a qualcuno in particolare. Non me lo sarei mai sognata. Quell'uomo burbero e impostato ha fatto per una volta nella sua vita una scelta di cuore, e quest'ultima è stata la sua condanna a morte. So cosa direbbe Laurel in questi casi: ecco, ecco si riceve quando non si è in grado di essere lucidi. Pur odiando quella donna e tutto ciò che aveva a che fare con la vita assieme a lei, mio padre amava me e amava mio fratello. Non l'ha mai detto a voce alta; non ce l'ha mai detto, eppure, in cuor suo teneva a noi più di quanto pensassimo. Io dal canto mio ho sempre provato una specie di amore e odio nei suoi confronti. Non ho mai accettato il fatto che ci abbia lasciati per la sua nuova famiglia, per la sua giovane moglie e i suoi due figlioletti e così, quando se ne andato di casa, ho deciso di ignorare per molto tempo la sua esistenza. Io ed Andrew non parlavamo mai; le poche volte che lo andavo a trovare era per chiedergli soldi o favori. Lui non si faceva gli affari miei e io non mi faceva gli affari suoi. Era come se ci vergognassimo di parlare di noi stessi, forse perché in fin dei conti, io e lui siamo sempre stati sin troppo simili. Persone di pancia e di cuore più che di testa. Credo di essere in uno stato di shock perché non riesco a muovermi, non riesco a parlare. Sto ancora cercando di fare i conti col fatto che Andrew è letteralmente stato fatto a brandelli. E' stato polverizzato. La bomba si trovava proprio sotto il palco dal quale stava parlando. Non è stato nemmeno in grado di finire il discorso, la frase che aveva iniziato, prima che boom. Da quel momento tutto è confuso. Le guardie che mi portano via con qualcosa conficcato nella gamba, mi scaraventano su una delle macchine blindate e via di corsa all'ospedale. Non ho nemmeno avuto il tempo di realizzare cosa sia accaduto. Un po' come quando sono sotto l'effetto degli stupefacenti, dopo un blackout che per quanto mi riguarda potrebbe essere durato anche una vita, mi ritrovo qui, seduta su questa barella in una stanzetta privata, lontana dai flash dei fotografi che si sono già precipitati al San Mungo. Fottuti succhiasangue; vogliono l'esclusiva, la prima dichiarazione, l'intervista del secolo. Vogliono sapere cosa ne pensa la prediletta di Andrew. Credo di esserlo sempre stata:, la sua prediletta. Nonostante Robert e George siano sempre stati migliori di me in tutto, lui ha sempre avuto un debole per me. Mia madre mi ha odiato così tanto anche per questo. Perché la donna della vita di suo marito era sua figlia, non lei. Più giovane, più bella, forse addirittura più magnetica. Certamente più piena di vita e più insolita. « Malfoy, la numero 3. Te ne occupi tu.» Sento urlare da fuori, prima che la porta della stanza si apra. Le due guardie poste all'entrata guardano all'interno prima di far passare il ragazzo. Credo l'abbiano mandato perché è uno di fiducia. E' stato così tante volte a casa nostra che lo conosce come le proprie tasche. Strano. Un tempo eravamo davvero legati, e ora non so nemmeno che abbia deciso di lavorare qui dentro. Quando chiusa la porta, il rumore proveniente da fuori si attutisce, mi ritrovo ad alzare lo sguardo verso di lui. Ho ancora quella roba conficcata nel piede e probabilmente un aspetto da incubo. Il vestito verde imbrattato di sangue e polvere. Probabilmente molto di quel sangue non è nemmeno mio. Potrebbe essere il suo. Cazzo è letteralmente scoppiato. Scoppiato in mille piccoli pezzetti. Non appena è abbastanza vicino riesco a vederlo; quello sguardo dispiaciuto, quello del chi sta per dire mi dispiace, condoglianze, era un brav'uomo, o una stronzata di questo tipo. Scuoto la testa con sguardo implorante prima che lui possa dire qualunque cosa, mentre le lacrime prendono a raccogliersi nell'apparato lacrimale. « ..sigaretta. » Riesco a dire in modo sconclusionato. Ho bisogno di fumare cristo dio. Vorrei chiederglielo per bene, con quel accetto elegante, con il tono strafottente e tutto il correndo, ma è come se non riuscissi. E' come se le parole mi si fermassero in gola prima di formarsi.


     
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    «No Astoria, non capisco e non lo accetto. Ho faticato per ridare un nome a questa famiglia, ho dovuta sputare sangue affinché gli affari andassero nuovamente bene e lui se ne frega.» Una tranquilla cena di famiglia si era trasformata in un'accesa lite quando Scorpius aveva informato i suoi genitori che era stata accettato come specializzando al San Mungo. Suo padre aveva lasciato cadere la forchetta, facendo sussultare la moglie al suo fianco. Lo aveva guardato fisso negli occhi, assottigliando lo sguardo; forse sperava che gli dicesse che era tutto un banale scherzo e che non vedeva l'ora di lavorare con lui, ma il giovane, ormai ex serpeverde, non avrebbe mai fatto niente di tutto ciò. Sua madre aveva abbassato gli occhi, consapevole che suo marito non avrebbe preso bene il voltafaccia del suo figlio più grande. Draco aveva infatti perso la calma che lo caratterizzava e si era alzato dal tavolo infuriato, rovesciando la pesante sedia di legno dietro di sé. Scorpius aveva preso quella decisione dopo mesi e mesi di ripensamenti, mentre la sua carriera scolastica giungeva al termine non faceva altro che domandarsi che direzione avrebbe preso il suo futuro e mentre continuava a rimuginarci si ripeteva che non avrebbe mai potuto lavorare con suo padre. Era stato un piccolo opuscolo a fargli venire un'idea, a domandarsi se la professione medica sarebbe potuta essere una valida opzione. Alla fine dell'anno aveva ottenuto un colloquio con il primario e per la prima volta in vita sua si era sentito come se il suo cognome non contasse nulla; libero di quel gravoso peso che l'aveva sempre seguito. L'uomo che aveva incontrato non aveva fatto altro che valutarlo per i suoi meriti, senza giri di parole gli aveva detto che non avevano bisogno di persone che battevano la fiacca, lavorare in ospedale era pesante e sopratutto agli inizi implicava lunghi turni e, cosa più importante, non garantiva in alcun modo del tempo libero. Scorpius si era sentito elettrizzato all'idea, ma la selezione era dura e la concorrenza agguerrita; tutti volevano un posto nel miglior ospedale magico inglese. «Papà non hai idea di quanto io abbia sgobbato per ottenere questo posto.» La voce del giovane Malfoy era controllata, ma nascondeva una lieve patina di delusione; si era aspettato che i suoi genitori fossero orgogliosi di lui e dei suoi successi, ma ancora una volta il buon nome dei Malfoy veniva prima di qualsiasi cosa. Il pugno di suo padre si abbatté con forza sul tavolo di cristallo, Astoria si alzò sconcertata da quello scatto d'ira; quasi spaventata da quella versione arrabbiata del marito. «Ho dovuto ricostruire il nostro nome dalle polveri che ne erano rimaste e tu mi ripaghi così?» Il suo tono era oltraggiato, come se si vergognasse dell'onesta professione che il figlio aveva deciso di intraprendere. Scorpius era stanco di tutto quell'inneggiare al nome dei Malfoy, non gli aveva mai portato niente di buono e l'aveva sempre fatto sentire come un emarginato. Veniva sempre giudicato a priori, a nessuno interessava cosa pensasse, il suo cognome bastava a condannarlo. «Non farò marcia indietro, non questa volta.» Il ragazzo era determinato a mantenere la propria posizione, non avrebbe permesso alle sue origini di mettere a repentaglio il suo futuro. «Allora lo farai fuori da questa casa...»«Draco no...» La moglie corse al fianco del marito, cercando di impedirgli di prendere una decisione talmente drastica, decisione che avrebbe sicuramente rimpianto. «Fuori da questa casa e senza i soldi dei Malfoy.» Se c'era una cosa che Scorpius aveva preso dal padre era l'orgoglio, non si sarebbe mai piegato al volere di suo padre solo per compiacerlo o non essere sbattuto fuori di casa. Astoria scuoteva con forza il marito, cercando di farlo rinsavire, impedendogli di creare una frattura così profonda nel rapporto con suo figlio. «Non c'è nessun problema, me ne vado stasera stessa.» La madre abbandonò il fianco di Draco e abbracciò il figlio, sussurrandogli all'orecchio che avrebbe parlato con il marito e avrebbe cercato di farlo ragionare. Scorpius non se la sentì di infrangere tutti i suoi sforzi, non sarebbe mai tornato ad abitare in quella casa; dopotutto era ora che lui trovasse la sua strada con le sue sole forze.

    Lavorava al San Mungo da poco più di un mese e non era mai stato più stanco e felice di così in vita sua. I turni erano massacranti, spesso non aveva nemmeno la forza di tornare a casa e preferiva dormire nella stanza di guardiola riservata al personale. Dopo la rottura con suo padre era andato a vivere da sua cugina, Eleanor Greengrass non aveva esitato ad accogliere in casa sua il cugino. Sua madre andava spesso a trovarlo e cercava di passargli i galeoni di nascosto, ma Scorpius rifiutava sempre, non voleva metterla nei guai con suo padre. I problemi che aveva con Draco erano solamente loro, non voleva assolutamente coinvolgere anche sua madre. I medimaghi più esperti gli affidavano sempre compiti che la maggior parte avrebbe definito noiosi come cambiare le fasciature o dare un primo sguardo agli esami di un paziente, ma il giovane li svolgeva sempre con diligenza. Nessuno lo trattava meglio o peggio a causa del suo cognome, veniva sfruttato esattamente come succedeva agli altri specializzandi. Inizialmente le infermiere lo guardavano con sospetto, ma dopo la prima settimana si erano ammorbidite e ogni tanto gli sorridevano anche. Era un lavoro indubbiamente dura, ma ogni volta che si coricava riusciva ad essere fiero di sé stesso. Avere a che fare con i bambini era la parte migliore e peggiore della sua giornata, passava le sue pause pranzo con i suoi piccoli pazienti; benché uno dei suoi superiori gli aveva sconsigliato di affezionarsi troppo ai pazienti. Quella mattina era di turno al pronto soccorso, di tutti i reparti era sicuramente quello più impegnativo, richiedeva sangue freddo e prontezza mentale, spesso bisognava intervenire i velocemente altrimenti ne andava della vita del paziente. Stava spingendo la carrozzina di una vecchia signora quando venne interrotto dal suo capo. «Carter occupati tu della signora, Malfoy, la numero 3. Te ne occupi tu.» Lasciò che il suo collega prendesse il suo posto e seguì il dottor Matthews. «Quello che stai per vedere non potrà uscire da quella stanza, quello che stai per sapere no potrà uscire da quella stanza e di qualsiasi cosa tu abbia bisogno chiedi all'infermiera fuori perchè neanche tu lascerei quella stanza hai capito?» Scorpius era stranito da tutte quelle richieste, non aveva la minima idea di cosa aspettarsi, ma la piccola frenesia che sembrò colpire il pronto soccorso gli fece supporre che non era niente di buono. Un paio di guardie erano appostate al di fuori di una stanza, rigide e attente a tutto ciò che transitava nei paraggi. «Malfoy è una paziente di alto profilo e hanno espressamente richiesto di te, valuta la situazione e riferisci a me, solamente a me capito?» Annuì deciso alle richieste del suo supervisore, aveva capito che era successo qualcosa di grave e che la segretezza era fondamentale. Le guardie perquisirono ogni tasca del suo camice, alla ricerca di oggetti contundenti e quando non trovarono nulla lo lasciarono passare. Scorpius non era certamente preparato a ritrovarsi Charlie, la sua Charlie, ferita e sanguinante in un letto di ospedale. Fortunatamente i suoi riflessi entrano in azione prima che possa farsi prendere dalla rabbia, chi mai avrebbe potuto farle una cosa del genere?! Appoggiò le dita sul suo polso, voleva assicurarsi che il suo battito fosse forte, ma sotto le sue dita le vene pulsavano debolmente; molto probabilmente a causa della perdita di sangue causata dalla ferita alla gamba. « ..sigaretta. » Sorrise amaramente di fronte a quella richiesta, odiava i vizi di Charlie ed
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    era poco ma sicuro che non le avrebbe permesso di fumare in quelle condizioni in un ospedale per giunta. «Non ci pensare neanche.» Voleva chiederle cosa fosse successo, perchè era coperta di escoriazioni, trovare chiunque le avesse fatto del male e fargli rimpiangere di essere nato. Prese dall'armadietto una soluzione di acqua salina, doveva assolutamente aumentare il volume di liquidi nelle sue vene e poi prendersi cura del suo piede. Aggiunse un po' di morfina per far sì che il dolore sparisse, nella speranza che anche il suo bisogno di nicotina sciamasse. «Lasciami dare un'occhiata...» si avvicinò alla sua gamba ed esaminò con delicatezza la ferita, il pezzo di metallo era conficcato in profondità, ma la scarsa fluidità del sangue indicava che non era stata recisa l'arteria femorale. «Devo assolutamente togliere questo pezzo di ferro, la morfina ti ha un po' stordita, ma non toglierà tutto il dolore Charlie.» Preparò un impacco di dittamo vicino al letto, per rimarginare le ferite era sicuramente il rimedio migliore. Prese con entrambe le mani il pezzo di ferro e lo tirò verso di sé lentamente; qualcuno avrebbe potuto pensare che uno strappo veloce sarebbe stato meglio, ma Scorpius doveva stare attento a non creare più danni di quelli già fatti. Poggiò il pezzo di ferro sul piccolo tavolino e coprì immediatamente la ferita con l'impacco di dittamo, puntò la bacchetta vero la gamba e con un semplice ferula l'avvolse in una bianca fasciatura. Probabilmente le avrebbe dato fastidio, ma nel giro di un paio di settimane sarebbe stata come nuova. Si affacciò sul corridoio, trovando solamente l'infermiera. «Ho bisogno di acqua calda, ma non bollente. Di qualche asciugamano e di un camice grazie.» Chiuse nuovamente la porta dietro di sé e si affiancò al letto della ragazza prendendo una mano tra le sue. «Cos'è successo Charlie?» La sua voce era bassa e dolce, certo che lei ne avesse abbastanza di rumori troppo forti. Non avrebbe voluto chiederle a cosa aveva assistito, ma era fondamentale per lui saperlo altrimenti non avrebbe potuto aiutarla.



    Edited by quinzel. - 22/7/2017, 16:21
     
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    « Non ci pensare neanche. » Quella voce la conosco, ne conosco gli influssi, ne conosco la particolare tonalità quando vuole esprimere serenità e spensieratezza tanto quanto la conosco quando esprime contrarietà. Tra me e Scorpius e iniziata ed è finita; e a dirla tutta non so nemmeno perchè è iniziata e perché è finita. Io cercavo qualcosa di diverso; lui era bello ed era brillante ed esprimeva un grado di mistero che mi ha sempre affascinato. Diverso dal mio. Un mistero pulito , una scatola chiusa che non hai nemmeno il coraggio di aprire. Contrariamente a ciò che si pensa nel sentire il suo cognome, Scorpius è sempre stato un bravo ragazzo, ligio al dovere, estremamente riservato. Non so nemmeno per quale ragione abbia deciso di darmi una possibilità. Perché di questo si tratta: Scorpius mi ha dato una possibilità di essere normale. Lontana dalle macchinazioni, dai soliti sotterfugi, dalle invidie e addirittura per un po' persino dalla droga. « Devo assolutamente togliere questo pezzo di ferro, la morfina ti ha un po' stordita, ma non toglierà tutto il dolore Charlie. » Quasi non lo sento; osservo assente la sua figura mentre si destreggiare nel fare il suo lavoro. Il suo lavoro. Ho sempre pensato che il giovane Malfoy avrebbe seguito le redini del padre, portando avanti un lavoro diplomatico, qualcosa legato alla burocrazia. Ho sempre pensato che saremmo stati colleghi. Eppure non è stato così; non è successo perché effettivamente conoscendolo, non avrei mai immaginato Scorpius dietro una scrivania. Seppur così riservato e per le sue, il ragazzo era uno spirito libero. Sempre attivo, sempre così perennemente intento a fare qualcosa, qualunque cosa di suo interesse. Mentre i farmaci iniziano a fare effetto, sorrido appena. So di non stare bene, so di essere sotto shock. Seppur poco logica, c'è un angolo della mia mente perfettamente lucido, quello che racconta a me stessa di essere al sicuro, di stare bene. Stai bene Charlotte. Lui è morto ma tu stai bene e sei in ottime mani. Di Scorpius mi fido. Non so quale sia la sua storia, la storia di come è finito al San Mungo, ma so che non farebbe nulla se non fosse sicuro di poterla fare. « Wow, siamo saliti di livello nella mia classifica delle fantasie. L'infermiere sexy. » Le parole escono fuori trascinate, confuse, a tratti non perfettamente articolate, mentre il sorriso ebete si allarga sul volto. Sempre inopportuna. So che mio padre è appena schiattato, fatto a pezzi, so che dovrei essere sofferente, piangere, disperarmi. Ma non ci riesco. So che dovrei chiamare George o mia madre, so che dovrei pensare a quanto la vita sia ingiusta, ma la verità è che tutto ciò a cui riesco a pensare è che mi aveva promesso un té insieme il giorno seguente che non avremmo mai preso. Avevamo prenotato in un locale chic di Londra, e ora bisognava disdire la prenotazione. Ecco sì: le priorità.
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    Il dolore che mi provoca l'estrazione del pezzo di metallo mi porta a stringere i denti e buttare la testa all'indietro. Apatica persino nel dolore. Dovrei urlare, insultarlo, piangere. Cazzo dovrei fare così tante cose. Dovrei essere in così tanti modi, e invece sono tutto il contrario. Mentre finisce l'opera iniziata fasciando la gamba, il mio sguardo si concentra sul suo volto. Scorpius è bello. L'ho sempre trovato odiosamente bello. Più bello forse di tutti i ragazzi che mi sia invaghita, persino di quelli di cui mi sono follemente innamorata. La sua è una bellezza quasi disumana. Lo rende freddo, intoccabile, irraggiungibile. « Cos'è successo Charlie? » Eppure la sua voce è morbida, quasi di velluto, sempre così rassicurante e calma. Scorpius è sempre stato uno molto istintivo, eppure nel suo elemento naturale è sempre quasi innaturalmente calmo. Non mette le persone a proprio agio, a meno che non conoscano il tipo di persona che è. Ricordo ancora i tempi precedenti al nostro primo appuntamento. Lo prendevo sempre in giro, ridevo della sua seriosità e diligenza, un po' come ho sempre fatto con i tipi come lui. « Bisogna disdire la prenotazione da Harrods. Era per domani alle cinque. » Inizio in modo confusionario. Perché ho la fissa di questa cosa? « Era per due persone in una sala privata. C'è da pagare la penale. » Respiro a fatica mentre le immagini a cui ho appena assistito si ripetono all'infinito nella mia testa. « E bisogna chiamare una ditta di pulizie.. » Già Charlotte ha davvero senso. Peggio di quando ti fai di acidi. « ..una brava altrimenti il sangue non verrà via. E nemmeno i brandelli di carne.. c'erano ovunque. » Osservo le mie mani tremanti. Sono ancora sporche di polvere. Sul vestito schizzi di sangue. Forse ci sono anche dei brandelli. « A quella villa mio padre ci tiene tanto.. » E a quel punto mi fermo. Chiudo gli occhi e scuoto la testa, quasi come se avessi appena fatto uno errore stupido. « Teneva - ci teneva tanto.. » Altra pausa, tempo in cui lo sguardo si getta nel vuoto. Fisso un punto intangibile di fronte a me. E' morto. Come Robert, anche lui è morto. La gente muore attorno a me e io non posso fare niente per fermarlo. Ed è così, in quel momento tra una riflessione insensata e sconclusionata e l'altra che scoppio improvvisamente a piangere. Un pianto interrotto, singhiozzi che si alternano a respiri fatti a metà, sorrisi inopportuni, scollate di spalle e dinieghi espressi con la testa. « E' scoppiato. Puff.. proprio di fronte ai miei occhi. » Pausa. « Tutta la sicurezza del mondo non è bastata perché la bomba l'hanno fatta scoppiare comunque, sotto i suoi piedi. » Scuoto ancora la testa, ancora e ancora, mentre mi stringo le mani attorno alle spalle. « Stavo pensando che quel champagne era davvero buono. Era davvero ottimo, cazzo. Lui aveva organizzato tutto nei minimi dettagli perché voleva che il mondo intero sapesse che lui stava dalla parte dei suoi figli. E poi.. puff.. » Emulo l'esplosione con le mani in modo goffo. « E' scoppiato. Mio padre è.. es.. esplo... esploso.. »

     
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    Di fronte alla vista dello spirito ferito di Charlie si sentiva impotente, avrebbe voluto spazzare via la tristezza dai suoi occhi; far sì che potesse dormire fino al momento in cui la sua anima sarebbe guarita, ma tutto ciò era ben oltre al di là della sua portata. Scorpius non poteva fare altro che assistere impotente mentre il dolore la divorava. Vorrei fare di più diceva a sé stesso, ma lui poteva solamente agevolare la sua guarigione fisica, non poteva certamente cancellare tutto dalla sua mente e fingere che non fosse mai successo. «Wow, siamo saliti di livello nella mia classifica delle fantasie. L'infermiere sexy.» Il suo tono voleva essere scherzoso, ma in realtà era solamente grinzoso e pregno di sofferenza. Charlie cercava disperatamente di mostrarsi forte, indistruttibile, ma il ragazzo aveva avuto modo di guardare sotto la superficie; sotto quella maschera da principessa viziata non c'era altro che una ragazza che chiedeva di essere amata ed era
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    stato proprio quel suo bisogno d'amore ad attrarre Scorpius fin dal principio. «Conosci mio padre, per lui sono alla stregua di un operaio...» Voleva strapparle un sorriso, cercare di distrarla, ma come poteva fingere che tutto il mondo della ragazza non fosse appena andato in fumo? Charlie è così bella e fragile che si sente in dovere di proteggerla, chiuderla all'interno della stanza e tenere tutta la merda fuori perchè è sicura che prima o poi il mondo verrà a reclamarla e lei sarà costretta ad indossare la stessa maschera per l'ennesima volta. Si sedette sul bordo del lettino, di fianco al suo corpo ferito e alla sua anima straziata; voleva donarle solamente un po' di serenità. Le carezzò i capelli, in un primo momento pensò di asciugarle ma a cosa sarebbe servito? Presto ne sarebbero scese delle altre in sostituzione, inoltre piangere le sarebbe servito. Ascoltò il suo discorso su come dovessero disdire una prenotazione da Harrods, di come fosse di estrema importanza avvisare che non sarebbero potuti presentarsi. Lo faceva letteralmente incazzare vedere quanto quel mondo fatto di apparenze e doveri avesse influenzato la ragazza, in un momento come quello doveva pensare prima alla corona e poi al suo dolore. Bella ingiustizia del cazzo. «Shhh basta Charlie ci penso io, lascia che me ne occupi io.» Poteva farsi carico lui di quelle cose, l'aiuto non le mancava e di sicuro nemmeno i mezzi, non appena avrebbero spostato Charlie in un'altra stanza ne avrebbe approfittato per fare qualche chiamata e sistemare tutto per lei. Non poteva permettere che lei dovesse pensare anche a come ripulire il tutto. «E' scoppiato. Puff.. proprio di fronte ai miei occhi.» Vorrebbe poter cancellare quei ricordi, stringerla sé e aiutarla a dimenticare; potrebbe usare un oblivion ma così non sarebbe meglio dei farabutti che la circondavano da una vita intera. Aveva conosciuto suo padre e per quanto potesse sembrare strano era un uomo affabile, Scorpius aveva compreso immediatamente perchè il popolo lo amava così ciecamente. «E' scoppiato. Mio padre è.. es.. esplo... esploso..» Probabilmente continuava a rivivere quei pochi secondi ad oltranza nella sua testa, il fragore dell'esplosione, il sangue e le urla. Come poteva una persona riprendersi dopo un tale orrore? Come poteva ricominciare la sua vita come se niente fosse? Scorpius la abbracciò, la strinse a sé permettendole di nascondersi contro il suo petto, dandole la possibilità di essere fragile e di spezzarsi. In quella stanza non era la principessa Charlotte, era solamente Charlie; la ragazza che lui aveva amato a cui ancora voleva bene. Quando bussarono alla porta fu costretto a staccarsi da lei, a privarla della stretta delle sue braccia. L'infermiera gli aveva portato tutto ciò che aveva richiesto e prima che chiudesse la porta si raccomandò con le guardie di sicurezza. «Non fate passare nessuno. E per nessuno intendo anche sua madre...» Uno dei due uomini cercò di contraddirlo, ma il ragazzo lo fulminò con lo sguardo. «Non mi interessa chi busserà a questa porta, fosse il padre eterno o la triste mietitrice del cazzo non possono entrare.» Raramente il giovane Malfoy perdeva le staffe, ma in quell'esatto momento non volevo nessuno in quella stanza, nemmeno la cazzo di madre che Charlie si era ritrovata. Sbattè la porta alle sue spalle e poggiò la bacinella d'acqua vicino al letto di Charlie. «Direi che è ora di togliere questo abito ok?» Non voleva accennare a quanto fosse rovinato e sporco, bastò una semplice sforbiciata per vederlo disfarsi sotto i suoi occhi. Immerse l'asciugamano nell'acqua tiepida e dopo averlo strizzato per bene lo passò sul volto della ragazza. La polvere piano piano scivolò via, la pelle del suo viso era talmente pallida in quel momento che poteva chiaramente intravedere la trama di capillari che scorrevano al di sotto di essa. «Vorrei che ti fosse possibile fare il bagno o la doccia, ma al momento devi accontentarti di questo Charlie...» La ferita alla gamba era ancora fresca e la fasciatura non poteva essere assolutamente bagnata. Scorpius lavò il suo corpo delicatamente in modo meticoloso, voleva cancellare una piccola traccia di ciò che era successo quel giorno. L'acqua all'interno della bacinella non era più trasparente ma un miscuglio di rosso e grigio, polvere e sangue che fino a poco prima avevano ricoperto il corpo della ragazza. Senza permetterle di alzarsi le infilò il camice riservato ai pazienti, era un indumento leggero fatto di un tessuto quasi impalpabile, ma sicuramente più confortevole del suo vestito strappato. Mentre la copriva sentì un grande trambusto al di fuori della stanza, una voce isterica chiedeva di poter vedere la principessa. Nell'udire la voce di sua madre il volto di Charlie cambiò espressione e il ragazzo non voleva in alcun modo vederla agitarsi. Le premette le mani sulle spalle per impedirle di alzarsi, nelle sue condizioni non doveva assolutamente fare sforzi. «Non entrerà in questa stanza non ti preoccupare.» Si affacciò al di fuori della stanza e la vide in tutta la sua algida bellezza, una donna superficiale e incapace di amare i suoi stessi figli. Quando lo vide la sua espressione disperata venne sostituita da un flebile sorriso che solo un occhio attento come quello del giovane Malfoy era stato in grado di cogliere. «Scorpius caro fortuna che ci sei tu, non vogliono farmi entrare.» Quando gli poggiò le mani sugli avambracci fu tentato di scrollarli via disgustato, ma per liberarsi di lei doveva dimostrarsi affabile e non sicuramente scontroso. «Ho chiesto io che non entrasse nessuno. Charlie sta dormendo e non può ricevere visite.» La donna si coprì la bocca con la mano con un gesto teatrale degno del Teatro dell'Opera. «Ma io devo assicurarmi che la mia bambina sta bene.» Avrebbe voluto scuoterla con forza nella speranza di veder affiorare qualche emozione che non fosse finta o controllata, ma sapeva benissimo che era un tentativo del tutto inutile. «Ti assicuro che sta bene, ha bisogno però di assoluto riposo. Tu devi pensare alla stampa, non puoi permettere che entrino qui dentro.» Fare leva sulla possibilità di avere un po' di visibilità, di mettersi al centro dell'attenzione sembrò funzionare, non appena fece riferimento al fatto che l'ospedale sarebbe stato preso all'assalto dai giornalisti si dimenticò di avere una figlia che aveva appena rischiato di morire. Scorpius avrebbe tanto voluto mollarle un ceffone, mai avrebbe alzato le mani su una donna, ma la madre di Charlie non poteva essere definita tale. Con la schiena dritta e il mento alto si allontanò da quella stanza, impartendo ordini ai suoi collaboratori come fossero cani ammaestrati. Il ragazzo fu tentato di sbattere la porta dietro di sé ma avrebbe solamente contribuito ad innervosire la ragazza e lui non poteva permetterselo. «Ti ho detto che non sarebbe entrata.» Si sedette al suo fianco e strinse le mani tra le sue carezzandole teneramente.


    Edited by quinzel. - 5/8/2017, 10:39
     
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