choose life

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    Zip ha accettato di buon grado quella condizione di prigionia dorata che gli è stata imposta? Non proprio. Ha le sue remore a riguardo, eppure non gli dispiace troppo essere stato buttato in quel posto dimenticato da Dio, immerso nel verde, nel lusso, nello sfarzo, in mezzo a ragazze che hanno gli ormoni impazziti dalla mattina alla sera. Anzi, se deve essere proprio sincero, quel campo di concentramento per piccoli bambini speciali gli piace proprio tanto, per i motivi sopra citati. E anche perché, metti insieme un branco di adolescenti, costretti a vivere insieme 24 ore su 24, nella buona e nella cattiva sorte, e vedi come fioriscono le vendite di erba, anfetamine e polvere di fata per quelli che hanno i soldi che gli scappano pure dal buco del culo. Quindi, tutto sommato non è che gli sia poi andata tanto male. A lui in fondo basta poco per essere felice. Una sigaretta, vendite che gli permettono di vivere senza chiedere soldi a casa, una botta a sera e passa la paura. E quella sembra essere proprio una di quelle sere speciali, quella in cui si incontra l'anima gemella, almeno quella giusta per quella sera. Camilla Newton, del famoso scienziato porta soltanto il cognome, perché in quanto ad intelligenza lascia molto a desiderare e il Cappello Parlante sembra averci visto lungo, schiaffandola tra i Grifondoro. Però le sue tette hanno il loro enorme perché. Forse ha un po' i fianchi morbidi, ma Zip non è certo uno che fa discriminazioni, specie se poi si prestano a fare qualsiasi cosa. «Vuoi un tiro?» Le allunga la canna rollata in precedenza e appena accesa con l'accendino da cui non si separa mai, per nessunissimo motivo al mondo. La ragazza la osserva per qualche secondo, prima di scoppiare a ridere come una deficiente. Zip alza un sopracciglio, mentre si tira su a sedere in mezzo al letto, nudo come quella bastarda di sua madre l'ha fatto. "Ma sei matto, Zeppelin? Una canna? Io?" Appunto, in quanto ad intelligenza, quella biondina tutto pepe non sa davvero eccellere. Ma ha altre qualità, eccome se le ha, ed è solo per questo che Zip reprime il desiderio di trattarla male, lì, seduta stante. Insomma, una scopata assicurata non si
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    mette mai a rischio, nemmeno se la ragazza ha il cervello delle stesse dimensioni di quello di un Asticello. «Zip.» La corregge con un sibilo degno di un serpente a sonagli, mentre si porta la canna alle labbra, aspirando fino in fondo. Si gira verso di lei e posa le labbra sopra le sue. Si muove affinché dischiuda la bocca quel tanto da farci penetrare dentro il fumo rilasciato. Si stacca velocemente, osservandola con il sopracciglio inarcato. «Congratulazioni Camilla, ti sei appena fatta la tua prima canna.» La ragazza si porta una mano al petto, mentre tossicchia, buttando fuori gli ultimi rimasugli di fumo persino dalle narici. «Oh no, bambina, dal naso no. Ora sì che andrai a fuoco in men che non si dica» commenta, mentre la ragazza comincia a sventolarsi le mani davanti al viso. "Ommioddio, che mi hai fatto? Ora mi cadrà il naso. Ommioddio, come farò?" Zip scoppia a ridere, rotolandosi tra le lenzuola acciuffate intorno ai suoi fianchi. E' una scena davvero esilarante e la cosa migliore è che lei sembra davvero credere che le si sta per staccare il naso. Dopo qualche secondo la situazione scema, placandosi da sola e lui si volta a guardarla dal basso, non in tempo per captare la cuscinata che gli sta arrivando dritto in faccia. La riceve con un gemito sommesso, mentre lei gli si butta sopra per continuare a menarlo. «Pronta già per un secondo round? Bastava chiedere, invece che fare tutta questa scenetta. Ti avrei accontentata subito» dice, ridacchiando, passandole le mani sui fianchi nudi, per posizionarla meglio. Poi due bussi alla porta richiamano la loro attenzione. "Signorina Newton, c'è qualche problema?" Zip non riconosce assolutamente quella voce maschile, al contrario di Camilla, che sbianca all'improvviso, sgranando gli occhi. "E' uno di quelli dell'Inquisizione che pattuglia le casette delle ragazze di notte" lo rende partecipe della terribile notizia, con quella faccia da funerale che si ritrova. Dal canto suo, il biondo è abbastanza tranquillo, mentre continua ad affondare le dita nella carne viva della ragazza, come a volerla incitare a continuare. "No Zip, non hai capito, te ne devi andare, ora, subito." E così dicendo rotola di lato, cominciandolo a spingere affinché esca dal letto. «Okay, okay, smettila. So camminare, faccio da solo» sussurra non poco infastidito, mentre atterra sul pavimento con un balzo. "Signorina Newton, si sente bene?" Zip comincia a guardarsi intorno per intercettare i vari strati di tessuto che solitamente indossa. Individua per prime le mutande incastrate tra la testiera del letto e il muro. Se le mette velocemente, mentre Camilla rimane impietrita nel letto. «Gli rispondi oppure preferisci che butti giù la porta con un Bombarda e mi trovi in mutande dentro la tua stanza?» E' autoritario nello spiegarle quanto è da cretini il continuare a rimanere in silenzio, sperando che il problema passi oltre, come se nulla fosse. "Ehm sì, sto bene. Non si preoccupi, sto per andare a letto." Il tono di voce non è convincente ma almeno è qualcosa. Continua intanto la ricerca degli indumenti, perlustrando il pavimento centimetro per centimetro. La canna accesa ancora stretta tra le labbra. "Signorina sento l'odore di un qualcosa che non dovrebbe essere presente nel campus. Apra immediatamente." Zip allora si gira a guardare di scatto la porta e si accorge di non aver messo niente a protezione di quella fessura maledetta. «Cazzo, l'asciugamano.» Borbotta, mentre Camilla comincia letteralmente a dare fuori di matto. Si alza velocemente e lo spinge verso la finestra, senza aspettare una sua reazione in risposta. "Signorina, mi vedo costretto ad aprire la porta diversamente, se non sarà lei a farlo di sua spontanea volontà." Zip scavalca la finestra agilmente, mentre la bionda raccoglie da terra tutte le sue cose, ammassandole in una palla di vestiti e scarpe, per poi lanciargliela contro. "Arrivo, mi sto mettendo la vestaglia" risponde per temporeggiare, prima di guardare il ragazzo fuori dalla finestra per un'ultima volta. «Ci vediamo domani sera?» E in tutta risposta riceve un dito medio, prima che il vetro della tapparella venga abbassato con forza. Zip scoppia a ridere di gusto, prima di accorgersi di luci in lontananza che vengono nella sua direzione. Comincia a correre come un forsennato, mentre ride come un pazzo, non sapendo bene dove andare visto il buio pesto che è calato sull'isola nel giro di pochi minuti. Dà un'occhiata veloce dietro le sue spalle e non sa se è colpa dell'erba o altro, ma vede le luci avvicinarsi e allora decide di fare la cosa più plausibile al mondo: entrare nell'ennesima casetta. Perché chiaramente il modo migliore per scappare da un supervisore che ti sta cercando perché eri nella stanza di una ragazza è quella di entrare in quella di un'altra. Una mossa assolutamente brillante, degna del migliore dei Corvonero. E allora si butta a capofitto dentro la finestra aperta che si trova di fronte, atterrando a quattro di spade sul pavimento, provocando lo scricchiolio sinistro delle assi in parquet. Scrolla la testa, per cercare di riprendere dalla botta piuttosto violenta e si alza con un salto. La camera è illuminata dalla luce della piccola lampada che si trova su uno dei due comodini. Ed è in quel momento che incontra quegli occhi neri come la pece. Gli piacciono, molto. Le sorride, sornione, mentre finalmente riesce a fare un tiro decente della canna che si è fumata l'aria, mentre stava correndo. Ne rimane un piccolo mozzicone, ma il ragazzo sembra farsela bastare. E si trova pure piuttosto a proprio agio mezzo nudo, nella stanza di una ragazza che non conosce. Insomma, normale amministrazione per Zip Foster Trambley. «Buonasera» la saluta, mentre stizza la sigaretta fuori dalla finestra che gli ha dato la salvezza dai segugi. «Serata incantevole, non trovi?» Le buone maniere prima di tutto quando si è appena magicamente materializzata nel suo mirino a raggi x l'ennesima succulente preda. «Oh, merda, ne vuoi un po'?» Distende la mano verso di lei, con quello che rimane della canna stretta tra pollice e indice. «Tranquilla, ho anche altra roba. Per dopo


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  2. ‚calypso
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    Due sagome longilinee si muovono velocemente attraverso le tenebre. « Non fare la cagasotto e affretta il passo! » Asserisce una di loro, il tono di voce deciso. Nella penombra di quella serata ormai quasi inoltrata, luccicano due occhi assai poco convenzionali. Un'iride è tanto scura da uniformarsi quasi alla lugubre atmosfera circostante, l'altra invece, ben diversa a dir poco, brilla in tutto il suo alone glaciale.« Mi fanno male le gambe, quant'è che camminiamo? » Ribatte l'altra figura, piegandosi su sè stessa mentre si poggia le mani sulle ginocchia. I capelli rossi sembrano quasi neri per via della poca luce, mentre i suoi occhi castani si uniformano al buio, riducendosi soltanto a due piccoli quanto flebili scintillii in mezzo al nulla che li sovrasta. « Non sono neanche cinque minuti. » Asserisce la ragazza dagli occhi bicolore. Il suo nome è Maya, Calypso per i più audaci. Ha lunghi capelli intrecciati a ricaderle sulle spalle nude, ed un'espressione ironica stampata sul bel viso in penombra. Le sue labbra carnose sono piegate in un sorriso di dubbia provenienza, mentre si passa una mano tra quelle innumerevoli treccine intenta a scostarsele da sopra la schiena. Maya è una studentessa, al di là di tutto. Una studentessa Grifondoro che tende a combinare un guaio al minuto. Non è colpa sua, non lo fa neanche apposta la maggior parte delle volte, ma è fatta così. C'è nata, e probabilmente ci morirà. Quel pomeriggio come tanti altri, il suo guaio si era ridotto in un pugno sul naso di un povero disgraziato. Il suo nome era Henry Gillmore, e a dirla tutta non ricordava nemmeno tanto bene il perchè avesse deciso di colpirlo. « Comunque secondo me è stata una punizione davvero esagerata » Si lamenta allora, riprendendo a camminare. Non si accerta neanche se l'amica la stia effettivamente seguendo, mentre si stringe nelle spalle immersa nel suo monologo. L'inquisizione l'aveva fregata. Un raccomandato di merda, ecco cos'era Gillmore. La fai facile, quando puoi vantare tua madre nelle fila di chi è al potere. « Hai insultato sia Gillmore che sua madre.. » Annaspa Katherine, affrettando il passo per raggiungerla. Ed effettivamente aveva ragione. La madre di quel povero disgraziato non gli aveva fatto nulla a dire il vero, e Maya non era mai stata tipa da mancare di rispetto alla famiglia. Seppur non ne avesse mai avuta una vera e propria, la famiglia rappresentava per lei un nucleo indissolubile e sacro, da difendere ad ogni costo. Sua nonna era morta per difenderla, così come sua madre prima di lei e forse probabilmente anche suo padre. Ce l'aveva nel sangue. Ma Maya è un tipo strano, impulsiva a dir poco. E nonostante i suoi principi sicuramente giusti, ci vuole ben poco per farle cambiare idea. Una testa calda, ecco cos'è. « Peggio per lei che ha messo al mondo un coglione come suo figlio. » Si stringe nelle spalle, con un'indifferenza magistrale nel tono di voce tranquillo. Prosegue a passo veloce, guardandosi attorno e scrutando l'aria per decifrare dove si trovino. Manca poco alla loro casetta. Presto potranno intrufolarcisi e, dopo essersi preparate, sgattaioleranno fuori a divertirsi. O quanto meno questo è il piano. Per fare un po' di luce sulla questione: era stata messa in punizione per aver picchiato un suo compagno. Che poi non l'aveva picchiato neanche così forte..Beh se non fosse stato per il sangue dal naso. Quello era stato un problema. Probabilmente ciò che aveva fatto andare di matto la signora Meredith Browning in Gillmore. Ad ogni modo, aveva deciso di scappare al momento più giusto ed adesso eccola quì. « E comunque, quando ti scopriranno si arrabbieranno tantissimo.. » Sentenzia Katherine, dopo qualche minuto di silenzio. Si stringe nelle spalle, Maya, continuando a guardare di fronte a sè mentre cammina. « Però...Grazie. » Si volta verso di lei a quel punto, scrutandola coi suoi grandi occhi, mentre un angolo della sua bocca si piega in un sorriso bonario. Non aggiunge nulla, perchè Katherine lo sa che è la sua migliore amica e farebbe di tutto per lei. Ed era proprio per lei che aveva aggredito quell'idiota di Gillmore. Perchè l'aveva illusa e lei non si meritava un trattamento del genere. Katherine era una ragazza ingenua, talvolta con la testa tra le nuvole, fin troppo buona per sovrastare il male di questo mondo. Maya lo conosceva bene, quel male. L'aveva visto negli occhi di quegli invasati, in quel villaggio che l'aveva vista nascere. « Come siamo sentimentali oggi.. » Il suo sorriso si fa malizioso, mentre le assesta un buffetto sulla spalla, probabilmente esercitandovi fin troppa forza, visto l'urletto dell'amica. « Ops, scusa. » Ridacchia, voltandosi verso la loro casetta, ormai distante da loro di solo qualche metro. E' in quel momento che si accorge della sagoma che si aggira lì vicino. Spinge l'amica dietro il muro di un'altra struttura, tappandole la bocca con una mano. « Shhh! » Le intima, prima di liberarla. Katherine la guarda interrogativa, affacciandosi per qualche istante prima di riappiattirsi al muro. « Per Merlino Maya e adesso cosa facciamo? Non posso permettermi una sospensione sai come sono fatti i miei genit- » « Passeremo dal retro, niente panico, cagasotto. » Katherine si lamenta per qualche altro minuto, ma Maya decide di ignorarla e spingerla in avanti al momento giusto. Le dà un pugno sul braccio al suo ennesimo gridolino, senza staccare gli occhi di dosso dall'inquisitore in lontananza. « Che palle, non possiamo uscire e lasciare la camera incustodita. Una di noi dovrà necessariamente rimanere quì » Ragiona a voce alta, ravvivandosi i lunghi capelli con una mano mentre aiuta l'amica ad entrare dalla finestra. Si guarda attorno, dando un'occhiata di circostanza alla porta, poi si rigira verso di lei. « Che c'è? » « In realtà..Beh..Jackson, quello del settimo anno mi aveva dato appuntamento e... » La fissa con un sopracciglio inarcato per qualche interminabile minuto di silenzio, poi scoppia a ridere, scuotendo la testa. « Kate, Kate, Kate...Ora capisco tutta la tua impazienza per uscire a fare baldoria questa notte. Vai, ti copro io le spalle » L'amica sembra esitare, lo sguardo fisso per terra, mentre si tortura le dita delle mani. Maya decide di passarle accanto, rialzando la finestra scorrevole e facendole un cenno del capo. « Se sei sicura..ahm, grazie, di nuovo, giuro che ti ripagherò. » La zittisce con un gesto della mano, come a voler scacciare quelle parole, e si affaccia poi dalla finestra poggiando i gomiti sul davanzale. « Dici a Jackson che se ti mette incinta gli apro il culo! » Ridacchia, allontanandosi senza richiuderla.

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    Si sfila la maglia, rimanendo con solo il reggiseno ed un pantaloncino di jeans che lascia ben poco spazio all'immaginazione a coprirla, mentre si stende sul proprio letto, coprendosi alla meno peggio con il lenzuolo. Sta ancora decidendo se provare a dormire oppure no, quando un rumore attira la sua attenzione, facendole girare il capo di scatto giusto in tempo per vedere una figura schiantarsi contro il parquet della sua camera. Inarca un sopracciglio, mettendosi lentamente a sedere, le gambe incrociate e le braccia poggiate sulle ginocchia. «Buonasera» Decide di rimanere in silenzio, setacciandolo con uno sguardo misto tra la curiosità e la diffidenza. Non le sembra di conoscerlo, eppure ha un viso familiare. «Serata incantevole, non trovi?» Il ragazzo approccia un vago accenno di buone maniere, e allora Maya decide di sorridergli -e non divorarlo, almeno per ora-, annuendo silenziosamente. E' carino, pensa, soffermandosi sui muscoli in tensione del suo petto e del suo torace. Okay forse anche più che semplicemente carino. «Oh, merda, ne vuoi un po'?» Le offre quello che sembra essere il mozzicone di una canna quasi finita, ed una risatina scuote il petto della giovane, che si appresta ad allungare una mano per accettare quel dono. Un regalo non si rifiuta mai in fondo, no? « Grazie, un po' povera come offerta devo dire, ma compensi con questo bello spettacolo gratuito, dai. » Gli lancia un'occhiata maliziosa ed assai sfrontata, da capo a piedi. Aspira allora dalla sigaretta, lasciando che il fumo le trapeli morbidamente dalle labbra carnose. «Tranquilla, ho anche altra roba. Per dopo.» Piega la testa di lato, con un sorriso compiaciuto. Si rilassa allora, poggiando entrambe le braccia sul letto e battendo una mano sul materasso per invitare il ragazzo a sedersi accanto a lei. « Forza, siediti. Non si rifiuta mai l'invito nel proprio letto di una ragazza » Aspira nuovamente dalla sigaretta, e gliela porge per lasciargli l'ultimo tiro. « Cosa ci facevi in giro mezzo nudo a quest'ora? Serata in bianco? » Lo incalza ironica, piantando i suoi occhi in quelli di lui, resi scuri dalla scarsa luce della stanza. « E dimmi, dimmi. Quale sarà mai quest'altra roba per dopo? Dovrò aspettare molto? Sai, non mi piace aspettare. »


    Edited by ‚calypso - 21/9/2017, 18:16
     
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    Ora c'è da dire subito una cosa: Zeppelin Lyam Foster - Trambley non ha mai avuta troppa fortuna nella vita. Anzi, a dirla tutta ha avuto quanto più sfiga si possa avere in appena diciannove anni di vita. E' entrato e uscito dal riformatorio magico per ben due volte, ha fatto a botte, si è spaccato il setto nasale per ben tre volte, le sopracciglia, invece, non fanno più caso a quanti tagli e ferite le adornano, gli è uscita la clavicola, due volte e si è rotto il menisco. Senza contare il fatto che ha avuto dei genitori talmente merda da dimenticarsi il più delle volte dove lui e sua sorella Led fossero, lasciandoli in giro per Vancouver e costringendoli a fare l'autostop per tornare a casa. Senza contare che non vive più con sua sorella da quattro anni e quelle poche volte che la vede non è più quando erano spalla contro spalla, insieme contro il mondo. Insomma, Zip ha dovuto spalare la sua buona merda durante la vita. Ma non si è mai lamentato, seppur sia stato sempre cosciente che qualcuno, da lassù, avesse deciso di mettergliela nel culo sempre e ripetutamente, facendola cascare a bocca avanti, così da avere un'angolazione migliore. Ora però si sente quasi ripagato di tutta quello schifo che è stato costretto a mangiarsi negli anni. Perché si è lanciato a peso morto dentro la stanza di una ragazza che non conosce, che però dorme mezza nuda e grazie alla luce che ha accesa sul comodino, può dire che è davvero un bel vedere. Inclina la testa di lato, giusto per considerare la coppa di reggiseno. Non sono troppo grandi, ma sono di quella giusta dimensione perfetta per entrare in una mano. Una seconda coppa C, con ogni probabilità. Si dice soddisfatto della sua valutazione ad occhio, pensando già a quanto potrà essere accurata quella manuale, se quello lassù decide di non rompergli i coglioni come suo solito. « Grazie, un po' povera come offerta devo dire, ma compensi con questo bello spettacolo gratuito, dai. » Congiunge le due mani, teatralmente, di fronte a sé, come se stesse ringraziando il cielo. «Oh fare leva subito sul mio orgoglio, ottima mossa fiorellino Gli angoli delle labbra si distendono, mentre si allunga a passarle gli ultimi due o tre tiri di quella canna ormai finita. «La prossima volta mi farò perdonare, promesso. Porterò un carico che saprà ringraziarti a dovere per la tua generosa
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    ospitalità.»
    Si appoggia con il gomito alla finestra ancora aperta, mentre la osserva dalla penombra della stanza. Cazzo se è bella. Lui è a Hogwarts da poco più di quattro mesi, sei se si considera la piacevole villeggiatura agli arresti domiciliari. Ma quello zuccherino non è mai entrata nel suo radar, altrimenti se ne sarebbe ricordato. E pure lei l'avrebbe fatto. «E comunque, tanto per la cronaca, anche lo spettacolo da qui non è niente male. Bell'aquila» accenna con il mento al tatuaggio che ha sul braccio destro. E bello anche tutto il resto, non c'è che dire. Rimane a guardarla fumare, rimanendo a sua volta in silenzio, senza accennare minimamente al fatto di potersi rivestire. Dà un'occhiata veloce ai suoi vestiti aggrovigliati ai suoi piedi. No, non ci pensa nemmeno un attimo a rimetterseli addosso, non dopo che la signorina dagli occhi diversi gli ha detto che è un bello spettacolo. « Forza, siediti. Non si rifiuta mai l'invito nel proprio letto di una ragazza » Vede la mano di lei sbattere contro il materasso, come a volerlo invitare lì con lei e lui rimane lì impalato. Finge di volersi sottrarre da quello stereotipo sociale, con le braccia conserte e la testa che scrolla perentoriamente. Ma poi si scioglie in un sorriso, qualche istante dopo, avviandosi verso di lei e mettendosi abbastanza comodo, con gli avambracci appoggiati al letto, a sorreggere il peso del suo busto. « Cosa ci facevi in giro mezzo nudo a quest'ora? Serata in bianco? » Scoppia a ridere, mentre si porta per l'ultima volta il mozzicone alle labbra, per aspirare la poca linfa di vita che ne è rimasta. Vede poi un posacenere sul tavolo, si alza, spegne la canna contro il vetro freddo e torna a sedersi vicino alla sua nuova amichetta. «So che non dovrei dirlo, per sperare di non mandare a puttane la notte con te, ma purtroppo quella stronza di mia madre mi ha fatto sincero e, ahimè, non so mentire.» Si stringe nelle spalle, ridacchiando, mentre si mette di fianco per guardarla negli occhi. «Ho incontrato una tua compagna di casata» e il resto è storia. Non aggiunge altro. Non le dice che ha capito che è una Grifondoro dallo stemma di una delle magliette accatastate sulla seggiola. Non le dice il nome della ragazza, né cosa ci faceva nella sua stanza a quell'ora della notte, anche se è certo che la mora non abbia bisogno di quelle spiegazioni. E' fin troppo sveglia, lo capisce dal luccichio dei suoi occhi quando si passa a parlare del dessert che ha per lei. « E dimmi, dimmi. Quale sarà mai quest'altra roba per dopo? Dovrò aspettare molto? Sai, non mi piace aspettare. » Arriccia le labbra in una smorfia soddisfatta, prima di scoccare la lingua contro il palato. Sempre meglio, sempre meglio. «Se fosse per me, saremmo già passati all'altra roba senza tutte questi convenevoli» dice alzandosi, per dirigersi verso dove ha abbandonato i suoi pantaloni. Ma voglio divertirmi un po' con te, prima di arrivare al culmine. Rovista un po' nella tasca destra, per poi trovare una bustina trasparente che lascia intravedere tutto il suo magico interno. Gliela sventola sotto il naso, ributtandosi sopra il letto con ben poca grazia. «Polvere di fata di prima qualità, solamente per te fiorellino Le sorride, aprendo la busta per intingervi il mignolo. Tira su un po' della polverina bianca, per poi portare il dito tra lei e lui. Guarda prima lei, poi la cocaina e poi ancora lei. Alza un sopracciglio, quasi a volerla sfidare. Perché sì, la sta sfidando. «Voglio fare un giochino, qualcosa che ci può aiutare ad entrare meglio nel mood per la parte finale della nottata.» Le lancia un'occhiata carica di allusività, mentre le labbra si distorcono in una sorriso sghembo. Gli occhi sembrano incupirsi, mentre la sua mente riesce già a creare i fantastici scenari che potrebbero risolvere la sua serata, lì con lei. E a lui i giochini son sempre piaciuti. Sia quelli che servono a scaldare l'atmosfera, sia quelli sotto le lenzuola, sopra il tavolo o sopra qualsiasi superficie orizzontale e liscia al punto giusto. «Giochiamo ad obbligo e verità, ma leggermente rivisitato. Mi devi raccontare qualcosa di te. Può essere vero, può essere completamente inventato sul momento. Ma devi essere convincente, talmente tanto convincente da spingermi a crederti. Se ti credo, hai vinto tu e io mi alzo tutto ciò che ho sopra il mignolo.» La guarda fissa negli occhi. Non è certo che la ragazza che ha davanti sia tipa da droghe, specie se pesanti e chimiche. Sa bene che non tutte sono come Camilla. Ne ha incontrate di pazze in quei mesi rinchiuso tra le mura di Hogwarts. Ma esistono anche delle Camille al mondo, che hanno delle tette enormi, ma che non sanno reggere nemmeno un tiro di erba e misticanza.«Se vincerò io, la tirerai su tu. Fino all'ultimo granello, senza lasciarne indietro nemmeno un grammo.» Sorride angelico, mentre la guarda e non riesce a pensare ad altro che vedere scivolare via quei reggiseno e quei pantaloncini che gli danno una visuale davvero paradisiaca, da dove si trova. Insaziabile è vero, ma maledettamente fortunato nell'avere incontrato proprio quella ragazza. «Allora, mi vuoi dare prova del perché ti hanno smistata tra i tanto decantati e coraggiosi Grifondoro?» Domanda, piuttosto divertito. «Oppure mi lascerai qui, tutto triste e deluso per aver puntato il fiorellino sbagliato?»



    Edited by handle with care‚ - 30/9/2017, 18:34
     
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  4. ‚calypso
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    «Oh fare leva subito sul mio orgoglio, ottima mossa fiorellino.» A dirla tutta, a Maya non sono mai piaciuti i nomignoli. L'ultima volta che qualcuno l'ha chiamata baby, ha finito per ritrovarsi con il naso disintegrato in tre sezioni. Certo è che, però, dipende tutto dalle situazioni. E' sempre stata una questione di situazioni e circostanze. Prendete Maya, lei è fatta di situazioni e circostanze. Ci sono quei giorni in cui ogni cosa le va bene. Quei giorni in cui è sempre un sorriso ciò che vedremo vagare sul suo bel visino. Poi, però, al contrario ci sono quelle volte in cui vi ricaverete una testata sulle gengive anche solo per non averla salutata nel modo giusto. Un paradosso che cammina, tutto e niente messi assieme, bianco e nero. Con Zip, però, è diverso. Ha un modo di fare oltremodo magnetico che riesce a farle mettere da parte qualsiasi istinto omicida. Al momento, -non è detto che non potrebbe cambiare idea- non crede gli farebbe mai del male. Con un faccino (e non solo il faccino) del genere, fargli del male sarebbe proprio un peccato. Che poi Maya non è neanche una tipa violenta. ..No, okay, lo è. Ma la violenza gratuita non l'ha mai accettata di buon grado. E' solo che..Beh, la gente si diverte a farla arrabbiare. Come quel coglione di Gillmore. «La prossima volta mi farò perdonare, promesso. Porterò un carico che saprà ringraziarti a dovere ospitalità. E comunque, tanto per la cronaca, anche lo spettacolo da qui non è niente male. Bell'aquila.» Ed ecco perchè quell'audace ragazzo non suscita i suoi istinti peggiori. Sa come prenderla. A Maya i falsi complimenti non sono mai piaciuti. E' una di quelle persone che al "come stai" detto soltanto per circostanza, ti risponderà sempre con un leggiadro "che cazzo vuoi?". Poco delicata e rozza, ecco cos'è. Così è cresciuta e così molto probabilmente ci morirà chissà forse un giorno. Cala lo sguardo verso il suo tatuaggio. Non ricorda neanche quando l'ha fatto. Un simbolo, nella cultura africana, il totem dell'aquila. Maya è fatta anche di questo: simboli. Indizi impressi sulla sua pelle, che, se guardati nel loro insieme, se analizzati con migliore attenzione, porterebbero ad una conoscenza più approfondita che, al momento, neanche lei stessa possiede. Maya non sa cos'è. O forse lo sa, ma non vuole accettarlo. E quindi lo ignora, come ormai è diventata brava a fare nei suoi diciassette anni di vita. Lo ignora quando si alza dal letto la mattina e la sente. Calypso è tanto Maya quanto Maya è Calypso. Un dualismo a prima vista pregnante, ma in fondo inesistente. Lei è, nessuna possessione, nessuna falsa leggenda. Lei è ciò che è, in ogni sua forma e nella sua completa essenza. « Vedi che ci conto, non deludere le mie aspettative. » Non ti converrebbe farlo, fidati di noi. No, fidati di me, soltanto di me. Non c'è nessun noi. Confusa, ecco cosa. E' confusa tutte quelle volte in cui Lei spinge contro la sua coscienza. « Grazie. E' un simbolo, nella tradizione dei totem l'aquila è la maggiore rappresentante della forza divina, il Grande Spirito. » E quando è confusa, diventa ambigua. Parla, pronuncia alcune parole e non sa chi effettivamente le stia dicendo. E ciò la fa innervosire. Ed ecco che Maya ritorna, più forte di prima. Sovrasta lo spirito e si convince che nulla di tutto ciò esista. Simboli, profezie, divinità: tutte stronzate. Si passa una mano fra i capelli, sforzandosi di sorridere, mentre il fumo di quella sigaretta ormai quasi completamente terminata sembra rilassarne un minimo i nervi. Ma Lei è ancora lì, e la sente. Lei è ancora lì, e la ignora come sempre. Lo sente ridere prima di porre fine alla loro sigaretta in comune e spegnerla in un posacenere poco lontano da loro. Si siede accanto a lei, abbastanza vicino da sfiorarla, ma Maya non si sposta. Anzi si sistema meglio, le gambe incrociate, per poterlo osservare. Proprio un bel ragazzo, Zip,non c'è che dire. Il contrasto tra capelli scuri ed occhi e pelle chiara la affascina particolarmente. «So che non dovrei dirlo, per sperare di non mandare a puttane la notte con te, ma purtroppo quella stronza di mia madre mi ha fatto sincero e, ahimè, non so mentire. Ho incontrato una tua compagna di casata» Lo guarda seria per qualche istante, prima che una risata cristallina non si liberi dal suo petto. Scuote la testa, infilandosi le dita tra i lunghi capelli neri per scostarseli dal viso. « Oh tesoro, hai chiuso. Come ti sei permesso a passare la serata con un'altra prima ancora di conoscere me? » Scuote la testa con fare teatrale, prima di stringersi nelle spalle. Ed ecco un altro aspetto di Maya: la sfrontatezza. La vergogna è un concetto che non l'ha mai interessata più di tanto. Non sa perchè, ma non rientra nelle sue corde. Maya dice ciò che pensa esattamente quando e come lo pensa. E' per questo motivo che la maggior parte del suo tempo al castello l'ha passato e lo passa sempre in punizione. « Scommetto che non vi siete guardati negli occhi, dunque. Ne è valsa la pena almeno? » Ciò le fa ricordare che lei, fin ora, al campo si è comportata anche fin troppo bene. Con una come Kate come compagna di stanza, tra l'altro, è sempre stata un po' costretta a farlo. Una brava ragazza Kate, senza ombra di dubbio, ma un'inguaribile cagasotto. Chissà che oggi non possa rimediare un po' di divertimento. Il suo sguardo si posa nuovamente sul ragazzo, sdraiato su di un fianco di fronte a lei. Piega la testa di lato per guardarlo meglio. Beh, la sua anonima compagna di casata con la quale deve aver passato la nottata a fare baldoria, a quanto pare, è stata davvero fortunata. Il ragazzo ha un fisico scolpito, reso ancora più evidente e particolare dalla sostanziosa mole di tatuaggi che ne decorano la pelle bianca. Si mordicchia l'interno della bocca istintivamente, mentre il suo sguardo di ghiaccio vaga attraverso ogni centimetro della pelle di lui senza pudore alcuno. «Se fosse per me, saremmo già passati all'altra roba senza tutte questi convenevoli» Lo vede alzarsi e inarca dunque un sopracciglio. Allora cosa aspetti, Trambley? Trambley, dev'esser questo il suo cognome. Deve averlo visto qualche volta a lezione. «Polvere di fata di prima qualità, solamente per te fiorellino.» Le sventola una bustina davanti al viso, e per un primo momento, Maya rimane impassibile, l'espressione indecifrabile. La droga non è mai stata un tabù per lei, nè tanto meno una necessità. La conosce, la conosce pure abbastanza bene, ma non le è mai interessata oltre il semplice spinello nel bagno dei prefetti. « Ah, quindi non solo mi invadi la camera, ma porti pure la droga. » Il tono di voce severo per qualche minuto, prima di scoppiare a ridere. « Mi domando dove sei stato nascosto per tutto questo tempo! » No, la droga non le piace. Ma il divertimento sì, la vita sì. Le piace prenderla così per come viene, assaporarla in ogni sua sfumatura. Maya non si ferma davanti a niente e nessuno. Trambley è uno degli inconsapevoli sicari -e che sicario!- che la vita tende a mandarti per metterti alla prova, e lei dopotutto non è nessuno per ignorarlo. Quindi sì, Trambley, se vuoi giocare allora giochiamo. Smette di ridere non appena lui, dopo aver intinto il mignolo della mano destra nella bustina, lo piazza in mezzo a loro. Lui la sta guardando, e la sta sfidando. Lo sente, lo percepisce, ha sempre avuto fiuto per un certo tipo di cose. «Voglio fare un giochino, qualcosa che ci può aiutare ad entrare meglio nel mood per la parte finale della nottata.» Piega la testa di lato, piacevolmente sorpresa dall'ambiguità delle sue parole. «Giochiamo ad obbligo e verità, ma leggermente rivisitato. Mi devi raccontare qualcosa di te. Può essere vero, può essere completamente inventato sul momento. Ma devi essere convincente, talmente tanto convincente da spingermi a crederti. Se ti credo, hai vinto tu e io mi alzo tutto ciò che ho sopra il mignolo. Se vincerò io, la tirerai su tu. Fino all'ultimo granello, senza lasciarne indietro nemmeno un grammo.» Che dire, ci sa fare. Le sue labbra sottili si piegano in un sorriso sghembo. Le piace la piega che quel gioco sembra aver preso, seppur non le sia mai piaciuto parlare di sè.
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    Cos'avrebbe da dire in fondo? « Sei sicuro di voler sapere qualcosa di me? Potrei non piacerti, una volta conosciuta. » Potresti avere paura di me. Dovresti avere paura di me. «Allora, mi vuoi dare prova del perché ti hanno smistata tra i tanto decantati e coraggiosi Grifondoro? Oppure mi lascerai qui, tutto triste e deluso per aver puntato il fiorellino sbagliato?»Ah, Trambley, attento a cosa desideri.

    « Ci sto. » Come già detto, a Maya non è mai piaciuto parlare di sè. Ciao, mi chiamo Maya, sono nata in Africa e sin da bambina tutti coloro che conoscevo si sono fatti le seghe mentali sul mio essere una divinità. Ah sì, una volta hanno pure provato a sacrificarmi! non è mai stato il modo migliore per fare amicizia con le persone. Ciò nonostante, l'idea che con ogni probabilità si possa trattare proprio di ciò che dirà, la diverte alquanto. E allora giochiamo. « Sono nata in Africa, anche se so che non si direbbe. Il Cairo, per la precisione. » Inizia « Non ho mai conosciuto i miei genitori, molto probabilmente sono morti prima che io compiessi anche solo un anno. » Si stringe nelle spalle, indifferente. Non è mai stata capace di provar pena per qualcuno che non ha mai nemmeno conosciuto. « Ad ogni modo, un villagetto di poca gente, ma tutta abbastanza fuori di testa. Sai, da dove vengo io mi hanno sempre considerata..diversamente. » Non usarmi per questi giochetti, intima una voce dentro la sua testa, ma decide di ignorarla, mentre lo guarda negli occhi. « Una divinità, ecco cosa hanno sempre creduto che fossi. "Calypso si reincarnerà in colei che il mare sceglierà" » Si passa una mano fra i capelli, ravvivandoli, prima di alzarsi sulle ginocchia. Si piega verso di lui, mentre le sue mani vanno a poggiarsi sulle sue spalle. Le dita vanno a tracciarne il contorno, percorrendole avidamente nella sua interezza. « Fai palestra? » Scherza, prima di esercitare un minimo di forza per farlo sdraiare con la schiena contro il materasso. A quel punto gli sguscia addosso, a cavalcioni, andandosi a poggiare proprio lì dove non dovrebbe, seduta su di lui. Si scosta i capelli dal viso e sorride. « Ti piace il mare, Trambley? » So che non ti piace. « E la mia storia? Scommetto che non era proprio ciò che ti aspettavi. Non sono stata abbastanza convincente? » Fa spallucce, prima di lasciar andare le sue spalle per lasciare che le dita si insinuino sulle mani di lui. Le stringe tra le proprie, prima di sollevarle per poggiarsele in mezzo al petto, là dove l'amuleto d'acqua marina giace sin da quando è nata. « Questo è il sigillo che mi tiene ancorata a questa insulsa forma umana. Sfilalo, e vedrai da solo quanto so esser convincente quando voglio. » Il suo tono di voce è ambiguo, mentre qualcosa spinge dentro di lei. E' Lei, la sente. Per qualche istante umano e divino si fondono in un tutt'uno, mentre una strana scintilla sembra illuminare lo sguardo gelido della ragazza. Ma dura tutto qualche istante, prima che l'ennesima risata la scuota dall'interno. « Credo di aver perso per questo giro. » Si muove appena su di lui, strusciando « Tocca a te adesso, raccontarmi qualcosa. A meno che tu non sia così poco Corvonero da volerti accertare sul serio se le mie parole sono vere o false. »
     
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    « Grazie. E' un simbolo, nella tradizione dei totem l'aquila è la maggiore rappresentante della forza divina, il Grande Spirito. » Annuisce, prendendo sul serio quelle parole. In fondo lui viene da una scuola dove lo Sciamanismo, Talismani e Tinture e Misture sono vere e proprie materie scolastiche. Ilvermorny è nettamente superiore ad Hogwarts, Zip l'ha sempre pensato, sopratutto per quella tendenza mistica sul quale è improntata la didattica. Hogwarts è più reale, tangibile, rimane con i piedi per terra, per quanto insegnare magia concede ed escludendo la Divinazione. Ilvermorny è sempre stata rivolta verso quel qualcosa di metafisico che va oltre la semplice materia superficiale. Strano a dirsi, Zip ha sempre adorato certe materie astratte, seppur la sua indole suggerisca il contrario. Ma ne è sempre stato terribilmente affascinato, eccellendo in maniera particolare in una materia che ad Hogwarts se la possono semplicemente sognare. «Ad Ilvermorny ti insegnano a controllarli gli spiriti degli animali. Ognuno ha il proprio spirito guardiano, una sorta di Patronus, seppure il Nahual può rivelarsi anche uno spirito malefico.» Al contrario dei Patronus che sono soltanto benefici. «Se avessi studiato lì, sono certo che l'aquila sarebbe stato il tuo spirito guida. Ti calza a pennello.» Considerazioni sciocche, mentre stizza la canna ormai finita. Ma è rimasto colpito dalle parole di lei, dall'uso di quei precisi vocaboli. Il grande spirito, divinità. Razionalmente parlando, il ragazzo sa benissimo che sono un ammasso di cazzate, però lo affascinano lo stesso. Sempre detto che la mente del giovane Trambley segue dei sentieri non esattamente convenzionali. « Oh tesoro, hai chiuso. Come ti sei permesso a passare la serata con un'altra prima ancora di conoscere me? » Scoppia a ridere, seguendo il suo esempio, mentre si piega in avanti sul letto di lei. «E' stato un errore, una debole caduta morale. Non accadrà più, te lo giuro tesoro. Perdonami. Dammi un'altra possibilità.» Congiunge le mani, mentre la prega di donargli la grazia divina per quell'ignobile evento. « Scommetto che non vi siete guardati negli occhi, dunque. Ne è valsa la pena almeno? » Le punta contro il dito indice, sorridendo sghembo. Sembra volerle dire "Hai centrato il bersaglio". «Ci siamo guardati negli occhi, un paio di volte perlomeno, anche se sono altre le angolazioni che preferisco.» Sorride a trentadue denti e ci manca solo che gli spuntino le ali e l'aureola tanta è l'innocenza che si insinua tra i tratti del suo viso. «Ma un vero signore non parla dell'esperienze passate mentre è in compagnia di un'altra, dico bene?» Perché tu sei un vero signore Zip. Certo, sei mezzo nudo, le sei entrato nella stanza di soppiatto, le hai offerto una canna e per finire in bellezza, le hai appena detto che preferisci posizioni dove non ci si guarda necessariamente negli occhi. Un vero gentiluomo da golf club, hai ragione. Non può fare a meno di farsi sfuggire una risata, mentre non riesce a staccarle gli occhi di dosso. L'ha vista di sfuggita altre volte, ma cazzo, com'è possibile che non ci abbia mai veramente parlato prima di quel momento? Una mancanza davvero imperdonabile.
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    « Sei sicuro di voler sapere qualcosa di me? Potrei non piacerti, una volta conosciuta. » Scuote la testa, convinto che non può essere così. «Non puoi essere peggio di quelli che conosco già. Mettimi alla prova.» Risponde, guardandola fisso, in quegli occhi talmente verdi e brillanti, simili a quelli di un gatto, da rimanerne inglobato. Lei alla fine accetta e il gioco ha inizio. « Sono nata in Africa, anche se so che non si direbbe. Il Cairo, per la precisione. » Zip si domanda all'istante quante volte quella ragazza è stata oggetto della domanda "Ma se sei Africana, perché sei così pallida?" Metterebbe la mano sul fuoco che almeno un paio di volte le è assolutamente capitato. « Non ho mai conosciuto i miei genitori, molto probabilmente sono morti prima che io compiessi anche solo un anno. » Ragazza fortunata. Almeno nei sei cresciuta con degli essere spregevoli. Potrai immaginarteli sempre come vorrai, non avendoli mai conosciuti. « Ad ogni modo, un villagetto di poca gente, ma tutta abbastanza fuori di testa. Sai, da dove vengo io mi hanno sempre considerata..diversamente. Una divinità, ecco cosa hanno sempre creduto che fossi. "Calypso si reincarnerà in colei che il mare sceglierà" » Fa una smorfia d'ammirazione, prima di lasciarsi trascinare dalle mani di lei verso il materasso, scuotendo la testa per rispondere alla domanda riguardo la palestra. Lei decide di prendere il controllo della situazione e lui la lascia fare, affascinato ancora una volta dalla schiettezza e della sfrontatezza che sembra guidare lo spirito della mora. Sicura, gli si siede sopra e Zip non può fare a meno di umettarsi il labbro inferiore con la punta della lingua. Cazzo, diventa interessante il giochino. Ci sa fare. Non presta nemmeno attenzione al fatto che ha delle coca su un mignolo. Le mani si fanno strada lungo le cosce di lei, risalendole, fin quando non incontrano i pantaloncini. Si infilano agili sotto di essi e le dita si conficcano nella sua carne. Avide. « Ti piace il mare, Trambley? » Scocca la lingua contro il palato, preso evidentemente in contropiede. «No, lo detesto.» Zip ha sempre avuto un'irrazionale fobia dell'acqua. Non ha mai imparato a nuotare e le poche volte che era andato in spiaggia, con Led, era rimasto sul bagnasciuga, con i piedi come un'unica parte del corpo effettivamente toccata dal mare, mentre la sorella nuotava con un delfino, al largo. « E la mia storia? Scommetto che non era proprio ciò che ti aspettavi. Non sono stata abbastanza convincente? » Ci pensa su qualche minuto, stringendo le labbra. «Mi piace la tua storia. Molto dettagliata, molto pittoresca. Sarei portato a non crederti, insomma, è piuttosto fantasiosa come cosa» risponde, mentre continua le mani continuano a fare su e giù lungo le sue gambe, senza averle chiesto nemmeno il permesso. Come ha fatto lei con lui, d'altronde. «Ma come già spiegato, vengo da una realtà ben diversa da quella che Hogwarts propone, quindi mi è facile pensare che pure in Africa ci siano certe credenze particolari.» La guarda, sorridendo appena. «Sei stata convincente. Ti credo.» Le mani di lei si chiudono sopra quelle di lui e se le porta al petto, lì dove risiede un ciondolo azzurro, tra i suoi seni. « Questo è il sigillo che mi tiene ancorata a questa insulsa forma umana. Sfilalo, e vedrai da solo quanto so esser convincente quando voglio. » Poi tutto diventa strano. Diventa anche leggermente creepy, mentre il moro capta una scintilla ambigua farsi strada negli occhi di lei. E' una frazione di secondo, non gli lascia nemmeno il tempo di obiettare, di capire o di provare semplicemente a dire qualcosa. « Credo di aver perso per questo giro. » La guarda stralunato, mentre prende a strusciarsi con il bacino. Okay, potrebbe essere potenzialmente pazza, ma è sexy da fare schifo si ritrova a pensare. « Tocca a te adesso, raccontarmi qualcosa. A meno che tu non sia così poco Corvonero da volerti accertare sul serio se le mie parole sono vere o false. » Scuote la testa in risposta. «Mi fidavo delle tue parole ma mai dare torto ad una signorina. Hai detto che hai perso il giro, tocca a te alzarti un po' di quella.» Con un cenno del capo le indica la bustina lasciata sola sopra il comodino di lei. Non fa in tempo a finire che una mano si fa strada sulla sua schiena, l'altra la tiene ben salda sul fianco e così facendo, capovolge le posizioni, lasciandola ricadere sul materasso. La guarda dall'alto, per qualche secondo, con sguardo ambiguo. Ti racconto la verità oppure infiocchetto qualcosa? Si domanda, prima di cominciare. «Sono nato in Canada e ho una sorella gemella.» Senza lasciare il contatto con i suoi occhi, comincia a scivolare verso il basso. «Quando ero a Vancouver facevo parte di una specie di clan, una fratellanza. Ci chiamavano le Vipere perché strisciavamo ovunque, senza mai farci beccare. O quasi.» Una risata esce dalle labbra, mentre il viso è arrivato all'altezza delle sue gambe. Rompe per qualche secondo il contatto visivo solo per constatare che sulla coscia destra si è andata formando una striscia bianca. La polvere si è posata sopra la sua pelle e non sembra avere intenzione di andarsene. Non fin quando qualcuno decide di toglierla. Scivola fino al ginocchio, lì dove la striscia comincia, alza lo sguardo per allacciarsi a quello di lei, mentre le labbra si schiudono e fuoriesce la lingua. Segue un piccolo pezzo di quel percorso, prima di staccarsi. «Facevamo girare la migliore roba in città. Pian piano è diventato un vero e proprio impero, avevamo il potere, avevamo i soldi, avevamo la città ai nostri piedi. Ma c'è una cosa che si dice di Vancouver: nessuno può regnarci, al massimo si amministra La lingua prende a ripulire la coscia, risalendo quel peccaminoso sentiero chiaro. «E quando si tenta di fare il sovrano, le cose prendono una brutta piega.» Le parole escono veloci dalle sue labbra, perché la lingua è impaziente di riprendere il suo lavoro. «Ci hanno beccato. E io sono finito in riformatorio. Tre volte.» La storia si fa sempre più frammentaria, mentre è quasi arrivato all'altezza dei pantaloncini in jeans. Le sorride, con il suo solito sguardo divertito. «E una di queste l'accusa era di omicidio.» Decide di optare per l'onestà, raccontarle un pezzo della sua vita, ma aggiungendo un minuscolo particolare sbagliato. Fa leva sulle braccia per tornare sopra di lei, non prima di posare un bacio veloce sul basso ventre, poco sopra l'orlo degli short. Risale lento e si abbassa quel tanto che basta per far sì che le proprie labbra finiscono a sfiorare le sue. Quel tanto che basta per farle assaporare la polvere bianca che è rimasta intrappolata tre le righe della sua bocca. La lingua sguscia fuori, seguendo il profilo del labbro inferiore di lei. «Allora, fiorellino, ti ho raccontato la verità oppure ho fatto lo stronzo?» L'alito caldo di lui si mescola a quello di lei, mentre un angolo delle sue labbra si incurva, perverso, verso l'alto. «Pensaci bene, altrimenti ti tocca la razione doppia e questo mi porrà in una situazione decisamente avvantaggiata
     
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