Il mare sotto questo sole

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    Le unghie, solide e robuste, s’aggrappano allo scoglio sporgente tirando su tutta l’enorme sagoma adagiata sui polpastrelli ruvidi e neri. La presa è salda ma una delle unghie gratta in modo sinistro dando vita ad un paio di scintille lì dove il metallo incantato incontra la roccia lavica con stridore e strepitio.
    Sono le prime luci dell’alba su quell’isola accogliente e calda isolata dal resto del mondo. Raggi d’un colore smorto tendente al bluastro macchiano la prima linea del mare e indorano le creste spumose delle piccole onde che agitano la superficie liquida.
    La bestia ha trovato il suo piedistallo e raggiunta la cima va a scuotersi di dosso grumi di sabbia rimasti incrostati nel pelo lungo e folto durante le ore notturne. La lunga lingua felpata saggia l’aria alitando tutta la sua inquietudine a quel clima estraneo tanto alla sua specie quanto alle sue abitudini; il sale è rimasto appiccicato a parte del manto e lì dove il grigio e il raro nero sporcano il bianco, i colori appaiono smorti, sporchi.
    I vispi occhi azzurri scrutano l’orizzonte con la precisione d’un predatore notturno, le piccole e folte orecchie ritte nella leggera brezza, vibrano e le fauci si chiudono per un istante quando, qualche attimo dopo, capta un fruscio alla propria destra, oltre la sporgenza scogliosa sulla quale è salito, fra la rinsecchita vegetazione spinosa della spiaggia e i rovi anneriti dal sole.
    I muscoli tesi per istinto e la posizione subito assunta del balzo, tornano a rilassarsi quando ad emergere non è null’altro che un coniglio marrone di quelli nani con il pelo riccioluto. La lingua torna ad emergere e, dopo un altro sguardo alla linea sabbiosa appena perlustrata, riprende il cammino saltando giù dalla sporgenza.
    Il villaggio residenziale non è molto lontano e già al suo tartufo giungono a quell’ora i primi odori d’una colazione che verrà servita, in pompa magna, a quei mostri in età da accoppiamento con gli ormoni uscenti dalle orecchie, dal naso e pure dalle dita dei piedi.
    S’appresta silenziosamente fino a giungere all’ultimo spiazzo sabbioso prima delle alte palme che delimitano i bungalow più esterni.
    Qui, dove le sue zampe affondano in modo instabile e fastidioso, si fermerà puntando il grosso muso verso terra.
    La spina dorsale è a prima componente a scricchiolare.
    Si allunga, di raddrizza, sporge premendo sulla carne per le cresce vertebrali, lo porta ad inarcarsi forzatamente in un modo innaturale e intanto le zampe si slogano, si accorciano, perdono la pelliccia e le zampe vedono i polpastrelli assottigliarsi, allungarsi, farsi dita.
    Il muso apre le fauci al cielo in un rantolo silenzioso mentre si appiattisce, si deforma e i peli sul cranio mutano in capelli, le piccole orecchie cambiano assetto e divengono umane, glabre.
    In ultimo l’intero busto si proietta in avanti e a finire nella sabbia saranno arti umani e non più zampe lupoidi.
    Inspira pesantemente.
    Ha il petto nudo ma la bacchetta e la pistola restano sorrette da una fondina da spalla che interseca le proprie fasce dietro la schiena sudata ove i muscoli brucianti e gonfi pongono in rilievo graffi e cicatrici più o meno freschi e più o meno gravi.
    Si alza.
    La mutazione non sarà durata più d’un paio di minuti giocati fra intenso dolore e estatico piacere ora mutato in sudore su una pelle chiara bruciata dal sole delle ultime settimane.
    I calzoni sono impolverati e i piedi nudi riprendono a calcare ciò che fino a quel momento hanno calcato le zampe mentre una mano annerita dalla sabbia sale a grattare via dalla barba incolta da una decina di giorni, i residui della salsedine.
    Una doccia.
    Il suo turno è appena finito.
    Entra nel complesso abitato.

     
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    La notte era sempre stato il momento migliore per Tallulah, quello in cui più sentiva dissolversi la coltre di limitazioni che gravava sulle sue spalle. Tutte le falsità, i sorrisi ostentati, le gentilezze affettate, le maschere che calava sul suo viso affinché fosse solo un'altra Weasley. Quelle parole erano il succo della sua intera esistenza: una farsa, uno spettacolino messo in piedi per tutti e per nessuno. Tallulah era un trucco da prestigiatori altamente orchestrato: dava a vedere una cosa, quando in realtà era tutt'altro. Era bella la notte, perché durante quelle poteva spogliarsi delle vesti del personaggio che interpretava, senza paura di controllare che la sua ombra non rifrangesse la realtà annidata nel suo animo: quell'essere sinistro che era diventata nell'ultimo anno. Noi, Edric, vediamo cose che gli altri non reputano che follie. Saremo sempre degli alieni. Quelle erano state le parole che aveva rivolto al suo amico non più tardi di qualche ora prima, e che ora sembravano continuare a rimbombare nella sua mente con un eco misterioso. Aliena. La Corvonero sarebbe sempre stata tale agli occhi del prossimo, poiché ormai un pezzo della sua umanità era stato ceduto a un'entità più alta di lei, una che non dava spiegazioni ma chiedeva in cambio molti sacrifici. E il punto era che a Tallulah, in fin dei conti, non dispiaceva farli.
    Mentre le ombre della notte cominciavano a sbiadire nel sorgere del tiepido bagliore rossastro dell'alba, la rossa si decise a muoversi dal luogo in cui aveva preso posto per la nottata. Non aveva dormito, ma non era una novità: dormiva più poco, la giovane. O piuttosto ne sentiva poco bisogno quando si trovava nella situazione di essere ben nutrita. Era con l'astinenza che il sonno diventava un macigno insopportabilmente perenne sul suo petto. Era dunque rimasta sulle rive di un laghetto, immersa tra i propri pensieri, a studiare quegli incantesimi in cui cercava di trovare una soluzione al morbo che aveva inflitto ad Artie ed Edric. E sì, anche a se stessa, sebbene non fosse certa di volerne davvero guarire. Era più forte, in quel modo, più vicina a sfiorare con le dita una conoscenza inaudita ai più. Per i suoi amici, però, doveva farlo.
    Si distrasse solo quando i suoi timpani captarono un rumore insolito nella vegetazione che la circondava. Alzò lo sguardo, ritrovandosi ad osservare un grosso lupo riprendere pian piano forma umana. Non disse nulla, lo osservò soltanto, come se si trattasse della cosa più naturale del mondo, senza il minimo timore. 'Potrebbe ucciderti' avrebbe detto qualche sciocco. Ma Tallulah non aveva paura di morire, non più. Poiché chiunque le avesse dato quell'esistenza per metà umana e per metà maledetta, aveva qualcosa in serbo per lei, ne era certa, e non si trattava di essere sgranocchiata dalle fauci di un lycan..non per il momento, almeno.
    Si alzò dunque dalla sua postazione, facendo per dirigersi verso il piccolo villaggio di bungalow in cui i compagni si trovavano ancora immersi nelle nebbie più profonde del sonno, quando d'un tratto incrociò con lo sguardo la figura dell'uomo di poco prima, andandogli quasi a sbattere incontro. "Mi perdoni." disse mellifluamente, senza tuttavia abbassare lo sguardo come ogni suo stupido compagno sembrava fare ogni qualvolta si trovasse di fronte a un inquisitore. Probabilmente avrebbe potuto e voluto finire lì la sua interazione, ma qualcosa nel viso dell'uomo la incuriosì, portandola a osservarlo con gli occhi appena ridotti a due fessure, come se lo stesse studiando. "Riesco a capire perché il suo manto sia di grigio, nero e bianco." inclinò il capo, continuando a leggerlo, questa volta da un'altra angolazione "La sua vita non deve essere stata facile: i suoi occhi sono pieni di contrasti." Si riscosse dopo poco, come se tutto ciò che fosse appena uscito dalla sua bocca si trattasse di una semplice constatazione su quanto le giornate si stessero cominciando ad accorciare. Sorrise, dunque, con quel suo solito fare enigmatico. "Perdoni la mia invadenza. Non mi capita spesso di leggere qualcosa di interessante in chi mi trovo di fronte."


    Edited by nocturnal animal - 29/8/2017, 22:16
     
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    Il processo che lo portava a convertire interamente i propri connotati, non era mai piacevole, era più un misto di estasi, dolore fino alla follia e trasfigurazione del mondo.
    Non ci si abituava mai ma si riusciva a non farsi sopraffare, fino anche ad accettare il processo come una parte integrante, e degna d’essere usata, della propria vita.
    Una maledizione non doveva per forza essere qualcosa cui sottostare e soccombere, in certi casi poteva anche portare dei vantaggi e la forma lupus ne aveva fin troppi.
    Mentre cammina verso il piccolo villaggio gli ultimi assestamenti scricchiolano sinistramente sotto la pelle bruciata dal sole: qui l’osso del collo, lì una clavicola, di là una vertebra che da sporgente si inabissa fra i gangli e i muscoli paravertebrali. Solo le pupille tardano, quelle restano sempre più del corpo incantate dalla bestia risvegliata e liberata.

    Un rumore.
    Si ferma a metà della propria traiettoria verso il ristorante ruotando di scatto.
    -E tu che ci fai fuori dal tuo alloggio?!-
    "Mi perdoni."
    Una ragazzina. Una maledetta ragazzina, sbucante dalla macchia rada che con le palme circonda il tutto, gli si accosta fino a piazzargli sotto il naso, ancora sensibile come quello d’un canide, tutto il suo odore: suo, degli amichetti con cui ha avuto contatti nelle ultime cinque ore elle cose cui s’è strofinata negli ultimi cinque minuti.
    -Un corno! Fila via: adesso!-
    L’indice indica il complesso di casupole graziose a non molta distanza da loro. Non era un mistero per i ragazzi che lui, seppure tendenzialmente cercasse di star loro il più lontano possibile, ovvero di non rompergli le scatole, esigesse il medesimo trattamento, pena: punizioni tale per cui gli ultimi trasgressori stavano ancora mugolando e trangugiando pozioni del dubbio gusto.
    Non li sopportava e lo si poteva leggere lontano un miglio, ma evidentemente la ragazzina doveva avere qualche problema di vista, supposizione che potrebbe avvalorare anche per via di quel suo modo di stringere le palpebre e…
    "Riesco a capire perché il suo manto sia di grigio, nero e bianco."
    -Prego?-
    La frase lo lascia interdetto tanto che tarderà un attimo a reagire dando lei il tempo di continuare con qualsiasi cosa stesse facendo.
    "La sua vita non deve essere stata facile: i suoi occhi sono pieni di contrasti."
    -AAAje gobbo!-
    L’espressione gli esce spontanea dalla labbra mentre ruota gli occhi al cielo come a chiedere perché gli intoppi idioti dovessero tutti capitare poco prima o poco dopo la sua seduta ad una tavola imbandita.
    "Perdoni la mia invadenza. Non mi capita spesso di leggere qualcosa di interessante in chi mi trovo di fronte."
    -Se non ti levi immediatamente dai piedi vedrai quanto saranno interessanti le prossime ore!-
    I denti brillano nel pronunciare le ultime parole rivelando canini ancora troppo spessi per essere semplicemente umani.
    Detto ciò, o meglio, promesso ciò in una specie di latrato, cercherà di oltrepassarla.




     
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    "Se non ti levi immediatamente dai piedi vedrai quanto saranno interessanti le prossime ore!" il sopracciglio di Tallulah si alzò automaticamente nell'analizzare il fare minaccioso che l'uomo aveva appena assunto nei suoi confronti. Oh, povero ingenuo. Non si mosse dunque di un millimetro, non indietreggiò, non si scansò, nemmeno mostrò alcuna espressione sul proprio viso se non la più completa assenza si stupore. La Weasley, infatti, era una creatura delle più rare: impassibile, capace di sanare qualsiasi ferita con un semplice sorriso, ma anche di aprirne alcune decisamente profonde con un solo sguardo. Lo lasciò dunque fare, solo per poi sciogliersi in un sorriso accompagnato da un lieve scuotimento del capo. Aveva lo stesso sguardo condiscendente di una mamma che guarda il suo cucciolo peccare di giovanile ingenuità. Perché sì, sebbene potesse sembrare il contrario, Tallulah sapeva più cose di lui. O quanto meno sapeva quelle che all'inquisitore sarebbero servite, ma che pareva troppo preso da se stesso per chiedere. Durante tutta la durata del campeggio non erano stati pochi i colleghi dell'uomo ad avvicinarla in varie maniere per indagare su dove fossero finiti sua cugina e suo fratello, o su quale fosse il legame tra la sua famiglia e l'ascesa dei ribelli. Tutte domande che Tallulah aveva aggirato con aria di innocente ignoranza, ma su cui aveva molte più informazioni di quante desse a vedere. Pensavo foste l'intelligence, voi dell'Inquisizione, ma sembra che non ce la facciate proprio a far parlare una ragazzina di diciassette anni. Scrollò le spalle, soffocando una piccola risata a quel pensiero, prima di scuotere il capo e riportare lo sguardo all'interlocutore, mordendosi il labbro un secondo prima di riprendere parola. "Le do un consiglio, signor Aldrich." cominciò, sottolineando il nome dell'uomo con cura, e accompagnandolo con uno sguardo eloquente per fargli intendere che sì, il suo nome lo sapeva. "E' libero di coglierlo o meno, ma le suggerisco vivamente di farlo." Una pausa, veloce, giusto il tempo di un sorriso a metà tra il benevolo e l'enigmatico "Stia molto attento al modo in cui si rivolge alle persone, siano esse sue pari, sue superiori, o semplici civili." Lasciò che quelle parole aleggiassero per qualche istante tra loro, piegando appena il capo, noncurante di qualsiasi cosa l'inquisitore avrebbe potuto dirle. Stava a lui fidarsi o meno di qualcuno che aveva avuto modo di vedere cosa ci fosse dall'altra parte del velo, qualcuno che però questo piccolo tassello di comprensione non glielo avrebbe dato. Si trattava pur sempre di fede, in fin dei conti, no? Infatti non spiegò le proprie parole, voltandosi piuttosto a salire i gradini del proprio bungalow e ad aprire la porta. Tuttavia non vi entrò subito, fermandosi sulla soglia a guardarlo per un momento, fino ad aggiungere "Sta arrivando una guerra, una per cui nessuno di noi è stato preparato, nemmeno lei. La bacchetta o le fauci non le saranno di alcun aiuto, ma i legami che stringerà - se lo saprà fare - potrebbero salvarle la vita." un colpo eloquente di sopracciglia "Lei è un guerriero, è evidente. Ma non ha la minima idea di chi sia il reale nemico da combattere." La prenda come una piccola profezia. Il fare serio sul viso della Corvonero si sciolse ancora una volta in un sorriso cordiale "Le auguro un felice proseguimento di giornata. E spero di rivederla.." sorriso che venne presto colorato da una vena sardonica "..magari quando potremo parlare senza vedermi costretta a ricordarle che l'educazione, signore, sta bene anche nella stalla dei porci." E detto ciò, senza attendere alcuna risposta, entrò nel proprio bungalow e si chiuse sonoramente la porta alle spalle. Deve ancora arrivare il giorno in cui Tallulah Weasley rimarrà a farsi trattare a pesci in faccia dal primo che passa.
     
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    Lungi dal levarsi dai suoi cari gioielli, la ragazzina s’era piantata dinnanzi a lui ostentando gesti e modi da donna fatta e finita che fecero rimpiangere al Lycan la piccola Jordan. Quell’ammasso di ossa e carne formato mini, con la testa rasata e l’appetito di un orso bruno adulto al risveglio dal letargo, aveva animato la sua vita per poco insinuandosi come un incidente e un peso, per poi finire con l’aprirsi e ritagliarsi un piccolo spazio particolare nel cuore indurito dell’uomo.
    Tutto s’era concluso con una decisione del chiarissimo ministero londinese e a lui le ragazzine e gli adolescenti in generale, erano tornate a stare bellamente sui cosiddetti e Tallulah non faceva certo eccezione.
    -Ti levi o no?!-
    Ribadisce avanzando d’un braccio, un arto forte, bruciacchiato dal sole della spiaggia e coperto da una peluria nera, proteso con l’intento di scansare fisicamente l’esile sagoma.
    E’ vero, quella testolina che davanti a lui scuoteva capelli aveva dentro di sé le risposte che i suoi colleghi cercavano di cavarle da settimane, i suoi colleghi, non lui.
    "Le do un consiglio, signor Aldrich.”
    Stavolta fu lui ad inarcare le sopracciglia.
    -Non te l’ho chiesto.-
    E che Tallulah sapesse il suo cognome era un indice di buona memoria ma nulla più. Un po’ tutti i pargoli di quel campo estivo sapevano nome e cognome dei loro custodi e carcerieri e lui, famoso per i modi rudi, non era certo nell’anonimato.
    "Stia molto attento al modo in cui si rivolge alle persone, siano esse sue pari, sue superiori, o semplici civili."
    E la fronte non fece altro che accentuare le proprie rughe: cos’era quella? Una promessa di rivalsa verso modi bruschi facilmente fraintendibili con la maleducazione?
    Ad ogni modo non aggiunse altro e fu chiaro che la Corvonero avesse ormai preso ai suoi occhi la forma della piccola stramba della comunità, una straba che finalmente gli si sposta da davanti.

    "Sta arrivando una guerra, una per cui nessuno di noi è stato preparato, nemmeno lei. La bacchetta o le fauci non le saranno di alcun aiuto, ma i legami che stringerà - se lo saprà fare - potrebbero salvarle la vita. Lei è un guerriero, è evidente. Ma non ha la minima idea di chi sia il reale nemico da combattere."
    Un miraggio. Aveva sperato invano di vederla rintanarsi nel bungalow.
    Sospira e abbassa le braccia. Giusto poco prima di partire s'era premurato d'inviare una lettera al proprio ministero:il suo mandato a Londra stava giungendo al termine, la sua pensione costretta stava finendo.
    -E immagino che tu invece lo sappia. Ma perché non vai a giocare al kukluxklan con i tuoi strambi amichetti?-
    Il sorriso cordiale della ragazzina gli dà ai brividi.
    "Le auguro un felice proseguimento di giornata. E spero di rivederla.."
    Grattatina al cavallo dei pantaloni e a ciò che esso contiene.
    -Sì,sì, come no! Fila!-
    E avanza, prova ad avanzare verso il tendone della colazione. Ormai non ha neanche tempo di darsi una ripulita, a breve le belve sarebbero giunte a sfamarsi e lui voleva evitare i loro schiamazzi e i loro odori post notte.
    "..magari quando potremo parlare senza vedermi costretta a ricordarle che l'educazione, signore, sta bene anche nella stalla dei porci."
    “Magari quando vorrai dirmi qualcosa che non posso saper andando a chiedere ad un cartomante babbano.”
    E se Tallulah avesse intenzione di seguirlo probabilmente lo vedrebbe entrare nel regno dei dolci e del latte e caffè.

     
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