We're all liars here

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    Per poco non sussultò, il giovane Watson, quando la porta del piccolo ufficio in cui era stato messo a trascrivere vecchie sentenze non si aprì di colpo, sbattendo contro il battiscopa in legno che costeggiava l'orlo inferiore di tutta la stanza. La piuma d'oca sbafò di qualche millimetro sul foglio di pergamena, mentre lo sguardo ceruleo del ragazzo guizzava verso l'uscio, incontro gli occhi da cocainomane di Jameson, il responsabile del suo tirocinio. "Alzati." disse veloce, senza tanti convenevoli, invitandolo a muoversi con un cenno impaziente della mano. "Ma Kruger mi ha dato.." cercò di dire, con le palpebre spalancata nell'incertezza del da farsi. Se da una parte Jameson lo aveva preso sotto la sua ala protettiva, guidandolo attraverso il complesso meccanismo del Ministero che si svolgeva anche e soprattutto al di fuori degli uffici, dall'altra Percy stava pur sempre seguendo un corso molto impegnativo che lo teneva ancorato con il culo alla sedia per tutto il giorno (e a volte anche di notte). Il praticantato cambiava soggetto di settimana in settimana: durante la prima lo avevano messo a lavorare in archivio, ora invece era al servizio di un membro dell'inquisizione. Tuttavia non fece in tempo a finire la frase che prontamente venne interrotto dall'uomo. "Frega un cazzo di Kruger. Alle brutte ti prendi un fottutissimo caffè e torni a lavorare stanotte, Watson. Alza quel culo e vieni con me, ti devo presentare una persona." Istintivamente l'ex Serpeverde aggrottò la fronte, rimanendo basito per qualche istante prima di arrendersi alla legge di ciò che più gli conveniva (ovvero la sola a cui fosse devoto) e alzarsi dalla propria postazione, seguendo l'uomo oltre l'uscio dell'ufficio. "Di chi si tratta?" chiese piattamente, mentre i loro passi sonori nel corridoio cominciavano pian piano a omologarsi in ritmo, come quelli di due soldati. "Morgan Zabini." Se il ragazzo non fosse stato una persona dotata di un contegno a dir poco innaturale, probabilmente sarebbe sbiancato sul colpo. E forse, da qualche parte dentro di lui, il suo animo lo fece, ma non riuscì ad affiorare fin sul suo viso marmoreo. Ora capisco l'urgenza. "Perché?" La prima risposta a quella domanda fu un sonoro sbuffo di Jameson a cui seguì una sbrigativa spiegazione "Perché sei un figlio di puttana e fai il tuo lavoro, ovvero le uniche due cose che ti fanno arrivare da qualche parte qui dentro." Le labbra di Percy si stirarono in un millimetrico sorriso dai tratti sardonici, lasciando che tra lui e il responsabile cadesse il silenzio per tutto il resto dell'esiguo tragitto tra i tortuosi corridoi ministeriali.
    I passi lunghi dei due cominciarono progressivamente a rallentare quando svoltarono l'angolo che li mise in vista di una grossa W dorato sotto la quale si trovava un lungo bancone in legno e marmo, a cui era seduta con aria annoiata una donna ben vestita, con i capelli raccolti in un tirato chignon e gli occhiali da vista calati sulla punta del naso. Nell'udire il rumore di passi gli occhi verdi della donna guizzarono verso le loro figure, osservandoli da sopra il bordo delle lenti. "Avete un appuntamento?" chiese con tono piatto. "Sì, fissato da Richard Jameson per Percival Watson." Senza dire nulla la segretaria cominciò a sfogliare svogliatamente le pagine di un grosso registro, passando l'indice laccato di rosso tra le fitte righe di nomi fino ad arrestarsi su uno, per poi voltare il tomo in direzione del ragazzo. "Firma." Impugnata la piuma d'oca, Percy lasciò la sua elegante calligrafia sulla pagina, riponendo poi lo stilo sul panno dove l'aveva trovato. "Un secondo." e detto ciò, la donna sparì oltre un'elegante porta scura alla destra del bancone, riemergendone solo un paio di minuti più tardi. "La signorina Zabini è pronta a riceverti." Stirato un sorriso cordiale, e rivolta una veloce occhiata a Jameson, Percy si sistemò la cravatta scura e lisciò le pieghe assunte dalla giacca di alta sartoria, dirigendosi poi a testa alta oltre la porta che lo separava dall'ufficio della Zabini. 'Un ragazzo fortunato a cui è stata concessa una fortunata e succosa occasione' direte voi. Ma chi conosce anche solo un pochino Percy, sa che nulla con lui è mai frutto del caso, ne' tanto meno della fortuna. E di certo non stava per entrare nell'ufficio del capo del Wizengamot a mani vuoti. Il suo motto personale, non a caso, è l'enunciato di virgiliana memoria: labor omnia vicit improbus, et duris urgens in rebus egestas.

    Tre giorni prima.
    "Kruger ti ha lasciato altri rapporti da trascrivere in duplice copia." Una volta esisteva il buongiorno, magari anche un sorriso finto per augurarlo. Ora non più, non da quando era precipitato in fondo alla catena alimentare sotto le spoglie di uno stagista schiavo il cui stacanovismo veniva sfruttato affinché qualcuno sopra di lui potesse prendersi quattro pause caffé invece che due. Inutile dire che la cosa non gli andava particolarmente a genio, in particolare perché all'ex Serpeverde si potevano attribuire molti difetti, ma di certo non lo si poteva imputare di non avere un'etica del lavoro estremamente seria e impeccabile. Timbri il cartellino, svolgi il tuo impiego con serietà per tutto il tempo per cui sei retribuito, quando hai finito timbri l'uscita e da lì puoi farti i cazzi tuoi come più preferisci. Facile, no? Ma non tutti sembravano vederla allo stesso modo, e di certo la presenza di stagisti a cui non era data possibilità di ribattere alcun ordine favoriva moltissimo la svogliatezza di molti impiegati. Uno scempio, agli occhi di Watson, che di giorno in giorno guardava la professionalità millantata di molti suoi superiore andare a farsi tranquillamente benedire. Tuttavia non era lì per piantare grane che non avrebbe mai potuto possibilmente vincere, e così - suo malgrado - aveva accettato di pulire la merda altrui e ingoiare rospi e fango per tenersi stretto il lavoro. Aveva sacrificato troppe cose nella sua vita per arrivare a quel punto, e non aveva alcuna intenzione di mandare quei sacrifici a puttane solo per una stupida questione di onore e orgoglio, una crociata già persa in partenza.
    Di malumore il ragazzo si chiuse nell'ufficio (che era più uno sgabuzzino delle scope che un vero e proprio ufficio) a lui designato per la settimana, facendo cadere pesantemente la tracolla a terra prima di passarsi una mano tra i capelli e abbandonarsi sulla sedia. Un sorso di caffè, giacca scura tolta, maniche della camicia tirate fino al gomito, occhiali da lettura ed eccolo pronto ad affrontare un'altra gioiosa giornata di crampi alla mano. Passò ore a ricopiare quei vecchi rapporti Auror risalenti al 2007, ore con il culo piantato sulla sedia a ignorare persino lo stimolo di andare in bagno perché non aveva diritto a una pausa fino all'ora di pranzo. Ore a fare il lavoro di qualcun altro, che se ne stava allegramente a ridere al bar del Ministero..sotto lauto compenso, per giunta.
    Finito di ricopiare per ben due volte l'ennesimo rapporto si prese il tempo di agitare nel vuoto la mano destra, stringendola più volte e scrocchiando le nocche nella speranza di risolvere il problema dei crampi prima di rimettersi all'opera. Nel farlo, tuttavia, cominciò a far scorrere già gli occhi tra le righe del rapporto successivo, aggrottando la fronte nel leggerne la data assisa. Maggio 2017. C'era un errore. Lui doveva ricopiare e correggere (altrimenti sarebbe stato molto più semplice usare l'autoscribo) i rapporti del 2007, non del 2017. Senza contare che vicino alla data non vi era il simbolo del Corpo Auror come per gli altri fogli, ma quello dell'Inquisizione. Per qualche istante venne attanagliato dal dubbio sul da farsi: avvertire Kruger oppure continuare a lavorare? Istintivamente il suo sguardo si spostò ulteriormente tra le righe del rapporto, scoprendo che si trattava di un'operazione inerente al Corpo Auror. Forse non è un errore, allora. Solo trascrivendolo, però, si rese conto di quale fosse il nocciolo di quel rapporto: una cimice piazzata nel rossetto della giocatrice di Quidditch Campbell da parte del suo stesso pubblicista, in accordo con l'inquisitore Gecko in seguito al caso di abuso di potere da parte dell'Auror Renard. Testimone per il QGA al processo: Lily McCormick. In seguito alla trascrizione dell'intero processo vi era anche quella della conversazione registrata tra la Campbell e la McCormick nella macchina di quest'ultima. E lì, la frase fatidica dell'Auror: "Mi dispiace infrangere i tuoi sogni di gloria, ma devi scendere dal piedistallo: questo processo non era ne' per te ne' per la tua squadra. A insabbiarlo sarebbe bastato un attimo, proprio come tutte le tue altre bravate. Questa era una manovra politica fatta e finita: tu e Grant non siete stati altro che un pretesto." Sorrise.
    Solo la sera stessa venne a sapere che quel rapporto era davvero finito lì per errore, e che sarebbe stato destinato all'inquisitore mandante della cimice. Tuttavia, un po' perché Kruger non voleva ammettere di aver sbagliato, e un po' perché il resto della conversazione registrata sembrava tradire una marcia indietro da parte dell'Auror per poi subito interrompersi sospettosamente per ore e ore, il superiore di Percy non diede peso alla faccenda, liquidando il tutto come informazioni di cui Gecko non se ne sarebbe fatto nulla. Ah, la negligenza, brutta bestia. La stupidità, quella ancora di più. Peccato che Watson, a differenza di Kruger, non fosse uno stupido. "Se tanto l'hai già ricopiato, archivia l'originale e tieni pure le copie come fogliacci di brutta copia." erano state le ultime parole dell'uomo, quelle che avevano ufficialmente legittimato Percy dal compiere la propria mossa sullo scacchiere. Instillare poi in Jameson il seme dell'idea di organizzare un colloquio tra lui e la Zabini non era stato difficile: quell'uomo beveva troppo per il suo stesso bene, e a volte il suo gusto nel trarre spunto dalle parole degli altri per metterli in condizione di debito nei suoi confronti poteva essere utilizzato come arma a proprio vantaggio. D'altronde, per l'ex Serpeverde, era meglio lasciar credere a quell'avvocato che il suo scopo fosse quello di un'arrampicata sociale di cui lui avrebbe preso il merito piuttosto che lasciargli intendere che tra le mani aveva un affare scottante, cosa che se Jameson avesse saputo non avrebbe esitato due secondi a estrometterlo e spacciare per una trovata propria. L'aveva detto lui stesso: Percy era un figlio di puttana, e di certo la scelta più stupida che avesse fatto da quando lo aveva preso sotto la sua ala protettiva, era stato fidarsi di lui e del fatto che gli avrebbe confidato ogni suo passo nella caotica scala dell'ordine Ministeriale.


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    "Buongiorno." asserì compostamente, piegando il capo in un cenno di saluto verso la Zabini, facendosi vicino di qualche passo per stringerle la mano. "Percival Watson. E' un piacere conoscerla." Cortese, discreto, professionale. Nessuna lingua da far cadere a terra per leccare il pavimento su cui la donna muoveva i propri passi: non era da lui, non era serio. Attese dunque che si svolgessero tutti i convenevoli del caso prima di prendere posto su una delle sedie poste dall'altro capo della scrivania rispetto al quale sedeva lei. Solo allora, come imponeva l'etichetta, espresse il motivo di quel colloquio. "Sono qui perché, nel lavoro di trascrizione che mi è stato affidato durante questa settimana di stage sotto l'inquisitore Kruger, sono incappato in un documento che credo possa essere di alto interesse giudiziario." sciorinò serenamente, prima di sorridere pacato "In realtà sono solo uno stagista alle prime armi, dunque la prego di perdonarmi nel caso in cui si tratti di una perdita di tempo prezioso dati i suoi numerosi impegni, ma immagino che se ciò che ho letto non è sfuggito al mio occhio, di certo sarà invece più che palese al suo." E detto ciò estrasse dalla borsa a tracolla la cartellina che conteneva la copia esatta del rapporto da lui letto. "L'originale si trova negli archivi, nella sezione 14B. L'ho archiviato io stesso sotto ordine di Kruger, che però mi ha permesso di tenere questa copia, ritenendo il contenuto inutile ai fini dell'indagine in corso. Non conosco bene le specifiche di quest'ultima, dunque immagino che le parole del mio superiore corrispondano alla realtà, ma credo anche che se non è utile all'Inquisizione, potrebbe invece esserlo a lei." Detto ciò, stese le labbra in un sorriso dai tratti quasi angelici, allungando il plico sulla scrivania. Potrebbe esserti utile, già..dato che non più tardi di ieri è stata messa in discussione la meritocrazia della tua promozione a capo del Wizengamot tramite l'accusa di nepotismo a tua sorella. Trovare un infiltrato nel corpo Auror e smantellarlo una volta per tutte non sarebbe poi così male per mettere a tacere le malelingue, no?
     
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    Pausa caffè. Solitamente Morgan non se la concede mai, eppure quel giorno decide di farlo. Non è mai stata l'anima della festa, né da ragazzina, né tanto meno crescendo. Fin troppo secchiona a scuola, con quei suoi occhialoni a coprirle metà del viso, fin troppo temuta lì al Ministero. Ma quello è un giorno speciale. Il giorno prima il Lago dei Cigni di Tchaikovsky che rendeva più vivace l'atmosfera nel suo appartamento spoglio era stata interrotta amabilmente dall'Eco della Rivolta, una trasmissione radio talmente faziosa e sediziosa da far uscire un sorriso sincero sulle labbra della Zabini. Era stata tacciata dell'arrivista sociale. Tutto il Mondo Magico aveva uditi i due speaker radiofonici dire che la ragazza si trova a ricoprire il posto che ha solo per nepotismo, invece che per meriti propri. Eppure Morgan aveva sorriso la sera prima, come stava sorridendo in quel momento, mentre si apprestava a bere il terzo caffè della giornata, mantenendosi in disparte, con il gomito appoggiato al largo bancone del bar del Ministero. Si sente le occhiate addosso. Sente i sussurri, i bisbiglii e questo non fa altro che alimentare il suo buonumore. Lei ci ha sempre sguazzato nell'odio. Ha un nome importante, lo sa da quando aveva l'età giusta per parlare e per poter cominciare a capire come gira il mondo. La famiglia Zabini è sempre stata oggetto di critiche, di diffamazioni, di ingiurie, per questo motivo Morgan è abituata a portarne il peso. Dapprima le provocavano tristezza le male parole che le venivano indirizzate contro ad Hogwarts. Ma poi il tempo, la tristezza era diventata virtù. La debolezza era diventata un punto di forza e le labbra rivolte verso il basso erano diventate pian piano un fiero sorriso sprizzante di superbia e altezzosità. Lo stesso che ha su in quel momento, nascosto in parte dalla tazzina color pastello che ha di fronte alle labbra strette in un soffio, volto a raffreddare la bevanda. "Morgan". La sente, ma fa finta di nulla. Riconoscerebbe quella voce tra mille e proprio per questo non si gira. La ignora volutamente. "Morgan, sei diventata sorda?" Annabelle Keaton si fa spazio, fino ad arrivarle vicino. Morgan si gira a guardarla, con quel chiaro e lampante sorriso falso che è la prima cosa che ha imparato ad indossare in vita sua. «Scusami, ero assorta nei miei pensieri.» La donna, capo dell'ufficio Internazionale della legge sulla Magia, aveva sempre cercato di entrare nelle grazie della minore delle sorelle Zabini. Aveva provato, sì, senza mai rientrarvi. Ma il concetto, purtroppo, non le era mai stato fin troppo chiaro. Perciò Morgan se la ritrova sempre tra i piedi, tutta pimpante nel condividere fatti della sua vita che alla donna non sono mai interessati. "Oh sì, capisco, cara, capisco." Le fa una carezza sul braccio, alla quale Morgan, stranamente, non si ritrae. Rimane impalata, mentre Annabelle fa di tutto per farla parlare, guardandola insistentemente come a volerle dire "Puoi sfogarti con me, piccina. Puoi fidarti di me." La donna però rimane in silenzio, abbozzando un sorriso di circostanza piuttosto distaccato. Annabelle, allora, si schiarisce la voce, prima di individuare una sua collega alle spalle di Morgan. "Vanessa, Vanessa, unisciti a noi cara." Si sbraccia la donna attempata, mentre la sua amica si avvicina con circospezione. Gli occhi di Morgan incontrano quelli di Vanessa appena qualche secondo, perché quest'ultima li abbassa subito. Sorride, Morgan. Tutti continuano a temere la Vedova Nera. Perché porta sfortuna parlarle. Porta sfortuna persino parlarle. "Allora, mi stavi dicendo Morgan, dove andrai in vacanza?" «In realtà non ti stavo dicendo nulla.» Si accorge dello sguardo leggermente dispiaciuto della donna e si sente in dovere di osservare le buone maniere. «Andrò al nord, in montagna» aggiunge, svogliatamente, mentre un piccolo aeroplanino le punzecchia la schiena. Lo prende tra le dita e lo apre lentamente. «Voi invece, dove andrete?» Lascia scivolare il proprio sguardo tra Annabelle e Vanessa, notando le loro espressioni sbigottite, prima di riportarlo al pezzo di carta. Lo legge velocemente, portandosi la tazzina alle labbra per bere l'ultimo sorso di caffè. "Io credo proprio che la passerò a -" Alza il capo, piantandolo gli occhi in quelli di Vanessa. «Oh scusa, mi sono appena ricordata che non mi interessa.» Sorride angelica, mentre accartoccia l'avviso di Lucille, la sua segretaria, buttandolo in un cestino poco in più in là. «E ora dovete scusarmi, ma qualcuno dovrà pur lavorare in questo posto.» Sbatte le ciglia, congedandosi con un cenno della mano e lasciandosele alle spalle velocemente.
    «Lucille, non te lo dico spesso, ma sei una risorsa preziosa.» La donna è con lei da poco, dopo che ha fatto la sua vecchia segretaria dopo anni di onorata carriera al servizio dell'Inquisitore del Wizengamot. La bionda la guarda, con un sincero sorriso sulle labbra, mentre Morgan rientra velocemente nel suo ufficio, per poi uscirne di nuovo. «Quindi seriamente ho un appuntamento con un tirocinante?» Lucille annuisce, guardando gli appunti. "Percival Watson. Sembra sfacchinare per Kruger, questo mese." Sembra piuttosto interdetta Morgan, mentre arriccia le labbra per capire cosa un ragazzo può avere a che fare con il Tribunale del Wizengamot. Alla fine fa spallucce, avviandosi nuovamente verso il suo ufficio. «Fammi sapere quando arriva» dice, prima di chiudersi la porta dietro le spalle.
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    "Buongiorno." Lo guarda dal basso, prima di alzarsi in piedi, come l'educazione comanda. Stringe la mano del giovane per qualche istante, prima di far ricadere la propria lungo il fianco. "Percival Watson. E' un piacere conoscerla." «Piacere mio» risponde con garbo, indicandogli con la mano la sedia che si trova alle sue spalle, prima di prendere nuovamente posto sulla propria. «Desideri qualcosa, Percival? Caffè, tè, qualcosa di freddo magari?» Seppur sia un ragazzo, Morgan osserva anche con lui le buone maniere, chiamando poi Lucille per farsi portare comunque dell'acqua. "Sono qui perché, nel lavoro di trascrizione che mi è stato affidato durante questa settimana di stage sotto l'inquisitore Kruger, sono incappato in un documento che credo possa essere di alto interesse giudiziario. In realtà sono solo uno stagista alle prime armi, dunque la prego di perdonarmi nel caso in cui si tratti di una perdita di tempo prezioso dati i suoi numerosi impegni, ma immagino che se ciò che ho letto non è sfuggito al mio occhio, di certo sarà invece più che palese al suo." Lo ascolta, mentre valuta parola per parola, soffermandosi ad osservare la gestualità e le espressioni del suo viso. Per quanto voglia risultare pacato e ingenuo a parole, i suoi occhi sembrano brillare di luce propria. La luce di chi sa di sapere. Di chi sa di avere qualcosa d'importante tra le mani. Ha avuto la sua età e ha avuto la sua stessa ambizione a motivarla, giorno dopo giorno. Perciò continua ad ascoltarlo, accavallando le gambe sotto il tavolo e poggiando il gomito del braccio destro alla scrivania. "L'originale si trova negli archivi, nella sezione 14B. L'ho archiviato io stesso sotto ordine di Kruger, che però mi ha permesso di tenere questa copia, ritenendo il contenuto inutile ai fini dell'indagine in corso. Non conosco bene le specifiche di quest'ultima, dunque immagino che le parole del mio superiore corrispondano alla realtà, ma credo anche che se non è utile all'Inquisizione, potrebbe invece esserlo a lei." Gli occhi di Morgan si fanno più affilati, mentre li abbassa sulla cartellina che il giovane le sta avvicinando. Legge in ogni sua parola la voglia di fare, di aiutare, di essere utile ad una causa. Magari ottenendo qualcosa in cambio. Le dita affusolate si allungano a raccogliere il plico e se lo porta sotto il viso, sfogliandolo con attenzione. Cade il silenzio nell'ufficio, mentre studia riga per riga il rapporto che parla di una certa giocatrice di Quidditch e un'Auror. Lucille entra silenziosamente, lasciando quanto richiesto sul tavolino a fianco della scrivania, richiudendosi velocemente la porta dietro. Storce le labbra, quando arriva in fondo e vede la firma dell'Inquisitore in questione. Alza gli occhi e incontra quelli chiari del ragazzo. Riconosce un po' di sé in lui, nel vedere quello sguardo fiero e altezzoso. «Il Ministero ha davvero bisogno di menti acute e brillanti come la tua, Percival» commenta, ticchettando le unghie della mano destra sul bordo del tavolo. «L'Inquisitore Kruger non avrà di certo colto il punto saliente di questo rapporto» prosegue, senza distogliere lo sguardo da quello di Percival. «Altrimenti sono certa che avrebbe fatto il suo lavoro egregiamente, come suo solito.» Coprire le spalle ad un collega Ministeriale davanti agli occhi di un dipendente era probabilmente la prima lezione che le era stata impartita la prima volta che aveva messo piede in quel posto. «Ma ti ringrazio. E' bello già scorgere in te questa scintilla collaborativa. Ti porterà lontano, ne sono certa.» Sorride, mentre va ad unire entrambe le mani sopra il fascicolo che ha appena riportato alla sua attenzione. Lo guarda fisso, attenta a non perdere il suo interesse. «Dimmi, c'è qualcosa che posso fare per te, Percival?» Cosa posso darti in cambio? Come posso ringraziarti? Il suo lavoro è questo. Manus manum lavat. Una mano lava l'altra ed entrambe lavano il viso. E lei è sempre pronta a lavare la mano di coloro che sacrificano sul suo altare tali doni pregiati. Avere la prova per incriminare un Auror traditore, in tempi tanto burrascosi, non fa altro che aiutare la regina nera ad avvicinarsi di un passo per lo scacco al re bianco.
     
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    Il mondo è un luogo orribile in cui vivere; chiunque con un po' di sale in zucca lo sapeva e doveva farci i conti ogni giorno. E nel mondo esistono posti in cui tutto ciò che vi era di peggiore sembrava agglomerarsi come in un grande calderone: gli enti governativi. Un covo di serpenti, in parole povere. Quei pochi che vi facevano parte senza esserlo duravano davvero poco, e solitamente finivano molto male, schiacciati dalle pesanti ruote del carro su cui viaggiavano i più scaltri. Ma in fin dei conti, se quelle persone orribili non esistessero, probabilmente non esisterebbe nemmeno alcuna legge al mondo o nessuno abbastanza credibile da farla rispettare. Erano un male necessario, le persone come Percy Watson, un male che garantiva l'esistenza stessa della società. Una civiltà a se stessa incoerente, incongrua, che ha il dovere di ingabbiare parte della spontaneità animale intrinseca all'uomo per permettere un mondo civile. Nel corso del progresso sociale, l'uomo le ha pensate tutte pur di canalizzare quella pulsionalità che man mano era costretto a cedere in cambio di sicurezza, e l'unico espediente socialmente accettabile che gli è rimasto in mano è probabilmente quello più forte e pericoloso: la lotta per il potere. Basta guardare al punto in cui stiamo ora, perché il presente illumina sempre il passato in maniera retrospettiva. I romani, conquistatori, non furono forse i padri dei moderni colonizzatori? E non è forse dalla colonizzazione che è nata l'odierna società europea? Questo per dimostrare che l'intera civiltà, la sua storia, e tutto ciò che siamo adesso, sono cose uscite da un atto di violenza e furto: ne sono state il prodotto e ora lo riproducono. Percy Watson e tutti coloro a lui simili ne erano l'esemplare più raffinato, la più alta forma di uomo a cui quel mondo potesse aspirare. Lui, come anche una Morgan Zabini, esistevano per combattere tutto ciò che non era civile, tutto ciò che per la loro società era oscuro; ma per portare avanti quella lotta, la stessa oscurità che combattevano dovevano anche averla loro per primi. Al culmine di sé, la civiltà si converte in barbarie: un'irrazionalità che si veste di razionalità, e dietro la razionalità c'è il potere.
    "Il Ministero ha davvero bisogno di menti acute e brillanti come la tua, Percival. L'Inquisitore Kruger non avrà di certo colto il punto saliente di questo rapporto. Altrimenti sono certa che avrebbe fatto il suo lavoro egregiamente, come suo solito. Ma ti ringrazio. E' bello già scorgere in te questa scintilla collaborativa. Ti porterà lontano, ne sono certa." Sorrise, inclinando il capo di un cenno di ringraziamento, prima di prendere un lungo sorso dal tè caldo che aveva accettato di farsi offrire dalla donna. Si sa: la cortesia prima di tutto. "Dimmi, c'è qualcosa che posso fare per te, Percival?" La domanda fatidica, quella da un milione di galeoni, nonché quella che Percy stava aspettando di capire se gli sarebbe stata posta o meno. Non si trattava tanto dell'interesse per la cosa in sé, ovvero per ciò che avrebbe potuto ottenere da quell'incontro, ma piuttosto di un modo per comprendere che tipo di persona fosse quella che si trovava di fronte. Evidentemente la sua prima impressione non era andata lontano dalla realtà, e la sua interlocutrice aveva perfettamente colto quanto l'azione di Percy fosse una lama premeditatamente posta nelle sue mani in piena consapevolezza di quanto fosse affilata.
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    Si prese qualche secondo per riordinare i propri pensieri, o più che altro dare a vedere che lo stava facendo quando in realtà li aveva già belli che chiari. Durante quel tempo sorseggiò la propria bevanda, per poi porre la tazza sul poggia-bicchieri di fronte a sé. "Sa, da quando ne ho memoria ho sempre avuto un sogno: quello di studiare Magisprudenza. Nei miei anni di scuola ho fatto di tutto per realizzarlo, e alla fine i miei meriti mi sono stati riconosciuti e sono stato ammesso allo stage. In molti me lo hanno sconsigliato, dicendomi che in realtà sarebbe stato più veloce fare domanda in un ufficio a caso del Ministero, o magari farsi assumere come segretario da un avvocato." Si strinse nelle spalle, giocando con il manico della tazza da tè "Forse avevano ragione: sarebbe stato più semplice..ma non sarebbe stato da me. Sarò onesto con lei, riguardo la mia attuale situazione. Il lavoro che sto facendo non mi piace – non piace a nessuno – ma mi piace quello che c'è nel lavoro: la possibilità di trovare se stessi. La propria realtà – per me, non per gli altri – ciò che nessun altro potrà mai conoscere." fece una breve pausa, sospirando per poi stendere le labbra in un sorriso "In questo momento mi sento inutile, che forse è la peggior cosa che un essere umano possa provare. Sento il bisogno di imparare, di farmi le ossa prima di affrontare il carico che un vero e proprio lavoro porta con sé - un lavoro fatto bene quanto meno. Attualmente sto accumulando praticantati nei settori più disparati, e appena mi sembra di cominciare a capire ciò che sto facendo, vengo spostato da qualche altra parte. Ciò che mi piacerebbe chiederle, dunque, è la possibilità di rendermi utile..a lei." Nel dire quelle ultime parole si sporse meglio oltre la scrivania, guardandola negli occhi con una scintilla di fervore: il sacro fuoco di chi dalla vita chiede più di un tozzo di pane. "Mi permetta di essere il suo stagista, mi tenga con sé, mi insegni tutto ciò che c'è da sapere sulla Magisprudenza, perché nessun altro all'interno del Ministero potrebbe farlo meglio di lei. Sono l'ultimo arrivato qui, ma lavoro sodo e imparo in fretta. Mi consenta di esserle utile, e le prometto che non se ne pentirà." Il corso che Percy frequentava, d'altronde, era mirato principalmente a inserire gli studenti nel Ministero, lasciandogli il modo di capire quale settore fosse quello in cui volevano lavorare. Ma il giovane Watson non era un indeciso, aveva sempre saputo cosa volesse dalla vita, quale fosse il suo scopo: lui aveva messo piede lì dentro puntando al Wizengamot, e nulla lo avrebbe fatto desistere da quell'idea.
     
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    Si avvicina la tazza di tè alle labbra. Un vero inglese sa berlo caldo anche in piena estate, seppur lei non sia nata nemmeno lontanamente nei territori sotto il governo della regina. Ma l'importante è l'impressione che si dà all'altro, dopotutto. Perciò sorseggia il tè, mentre i suoi occhi vanno a captare tutti i particolari che le servono per buttare giù un quadro più completo di Percival Watson. Non deve avere più di venti anni. Ha lo sguardo sicuro di chi sa dove vuole arrivare, seppure lo mascheri con sapiente innocenza. E' una caratteristica che affascina Morgan. Stringe appena gli occhi, con un sorriso che si nasconde al di là del bordo della tazza, lì dove non può essere intravisto dal ragazzo che ha di fronte. "Sa, da quando ne ho memoria ho sempre avuto un sogno: quello di studiare Magisprudenza. Nei miei anni di scuola ho fatto di tutto per realizzarlo, e alla fine i miei meriti mi sono stati riconosciuti e sono stato ammesso allo stage. In molti me lo hanno sconsigliato, dicendomi che in realtà sarebbe stato più veloce fare domanda in un ufficio a caso del Ministero, o magari farsi assumere come segretario da un avvocato." Sarebbe stato sicuramente più facile farsi assumere come assistente da un avvocato, invece che fare il galoppino di turno in giro per il Ministero, decisamente."Forse avevano ragione: sarebbe stato più semplice..ma non sarebbe stato da me. Sarò onesto con lei, riguardo la mia attuale situazione. Il lavoro che sto facendo non mi piace – non piace a nessuno – ma mi piace quello che c'è nel lavoro: la possibilità di trovare se stessi. La propria realtà – per me, non per gli altri – ciò che nessun altro potrà mai conoscere." Inclina un sopracciglio verso l'alto, nell'udire quelle parole. Non sbagliava nell'aver inquadrato nel ruolo dell'ambizioso. Morgan si ritrova a pensare che con ogni probabilità Percival era un Serpeverde, con enormi potenzialità che l'avrebbero potuto far ricadere nella casata della mente, ma l'aspirazione alla grandezza sembra essere il moto che muove gli ingranaggi interni del ragazzo. Di certo su una cosa ha ragione: il lavoro che sta facendo non piace a nessuno. Lei stessa ha preferito proseguire i suoi
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    studi al MACUSA piuttosto che continuare a fare la semplice assistente di qualsiasi lascivo individuo all'interno del Ministero inglese. Lo capisce alla perfezione, capisce benissimo quella sensazione di impotenza di fronte alle opportunità che ti vengono negate, per forza maggiori. "In questo momento mi sento inutile, che forse è la peggior cosa che un essere umano possa provare. Sento il bisogno di imparare, di farmi le ossa prima di affrontare il carico che un vero e proprio lavoro porta con sé - un lavoro fatto bene quanto meno. Attualmente sto accumulando praticantati nei settori più disparati, e appena mi sembra di cominciare a capire ciò che sto facendo, vengo spostato da qualche altra parte. Ciò che mi piacerebbe chiederle, dunque, è la possibilità di rendermi utile..a lei." Percival Watson deve aver saputo fin da subito cosa chiederle. Con ogni probabilità, si ritrova a pensare la Zabini, aveva persino previsto la sua domanda, ancor prima di mettere piede nel suo ufficio. Questa volta abbassa la tazza, raddrizzando la schiena, per poter poggiare entrambi i gomiti al tavolo in ciliegio, di fronte a sé. Vuole rendersi utile a lei. Le sta chiedendo di diventare il suo assistente, mettendogli a disposizioni le sue capacità intellettive che la Zabini riconosce subito essere ben sopra la norma dei ragazzi della sua età. E' la prima volta che Morgan si imbatte in un ragazzo tanto giovane per quanto la sua mente è brillante. E' vagamente incuriosita, deve ammetterlo a se stessa. "Mi permetta di essere il suo stagista, mi tenga con sé, mi insegni tutto ciò che c'è da sapere sulla Magisprudenza, perché nessun altro all'interno del Ministero potrebbe farlo meglio di lei. Sono l'ultimo arrivato qui, ma lavoro sodo e imparo in fretta. Mi consenta di esserle utile, e le prometto che non se ne pentirà." Sicuramente sa vendersi bene. Sa usare le parole, scegliendole sapientemente, sa metterle al posto giusto, sa guardare negli occhi una persona, senza aver paura di abbassare lo sguardo. Valuta la donna, mentre ticchetta le unghie smaltate sul bordo della scrivania. Non ha bisogno di uno stagista, questo è indubbio. Come è indubbio il fatto che non potrebbe capitarle quella proposta in un momento migliore. E' appena diventata Inquisitore del Wizengamot e la sera prima è stata accusata di aver ottenuto il posto solo grazie alla carica importante di sua sorella all'interno del Ministero. Prendere con sé un ragazzo, dare spettacolo pubblico di quanto le stia a cuore la crescita professionale di un ragazzo che ha sogni grandi quanto i suoi occhi è un bene, sicuramente un'ottima mossa mediatica. Oltre ciò, una mano, ora che ha molto più lavoro a soggiornare sulla sua scrivania, sarebbe veramente manna dal cielo, soprattutto se arrivasse da un ragazzo dotato di tale acume. Perciò una smorfia enigmatica le si palesa sulle labbra, quasi a volerlo ingannare. «Scusami Percival, però una domanda mi sorge spontanea a questo punto.» Lo guarda dritto negli occhi. Non vuole che nemmeno un movimento le sfugga. «Dovrei prenderti sotto la mia protezione solo per la bontà di animo che speri io abbia, appellandoti evidentemente a questo?» La gentilezza, dopo tutto, ha disparati punti di vista. Quella di Percival, per esempio, non è senza doppi fini, così come generalmente è quella di Morgan, ormai abituata al sudiciume che quell'ambiente lascia come impronta sull'anima. Certo, lui aveva riportato ai suoi occhi un'importante omissione da parte dell'Inquisitore Kruger, eppure Morgan vuole capire quanto il giovane pensa di sapere di quella storia, tanto da reputare il chiederle di diventare il suo tirocinante il giusto pagamento. In fondo potrebbe semplicemente ringraziarlo gentilmente, invitandolo ad uscire con altrettanta premura. Lo osserva, con un sorriso a dipingerle le labbra verso l'alto. «Lavori sodo, questo me l'hai detto ed è una dote che apprezzo al pari dell'intelligenza.» In un secondo momento, ovviamente, avrebbe verificato quanta vi fosse in quelle parole volatili, dando un'occhiata ai resoconti degli altri tutor in merito al lavoro di Watson. «Ma di questi tempi, sfortunatamente, credo non mi possa bastare come motivazione schiacciante.» Dammi una motivazione che mi spinga a darti il posto non perché mi hai portato un dono in cambio. Dammi una motivazione reale, dammi qualcosa di vero che non abbia niente a che fare con lo scambio di favori, ma che abbia a che fare con i tuoi meriti. Di questi tempi la lealtà e la fiducia è tutto e lei ha bisogno di capire in chi riporre le proprie Percival. Ha bisogno di saperlo per poter anche solo pensare di potersi fidare di lui. «Perché vuoi intraprendere questa carriera? Perché proprio la Magisprudenza?» E in quel momento comincia ufficialmente il colloquio di Percival Watson. «A cosa aspiri? Chi vuoi diventare?» Dammi di più.
     
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