Se un pomeriggio di pioggia un viaggiatore...

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  1. The Fugitive
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    La pioggia cadeva calda e violenta su Londra, figlia dello scontro fra le nuvole gonfie d'acqua provenienti dalle scogliere di Dover con l'aria fredda, già autunnale, che scendeva dalla Scozia. Erano gocce grosse e abbondanti, piene come frutti maturi, che cadevano di peso sulla città, con rabbia. Dante sedeva sotto una tettoia appena fuori il Paiolo Magico ad osservare quella pioggia rumorosa e violenta cadere su una Diagon Alley deserta. Di tanto in tanto una folata di vento particolarmente intensa spingeva qualche goccia fino a lui, bagnandogli ora la maglia ed ora il viso, ma nessuno di quei piccoli colpi sembrava sortire su lui alcun effetto. Gli era mancata, quella pioggia. Ad Azkaban aveva piovuto spesso, ma si era trattata di una pioggia ben diversa da quella carica di vita e profumi che stava lavando la via magica di Londra quel pomeriggio. Era sempre stata una pioggia fredda quella che aveva colpito la prigione, pungente e tagliente come il vento che saliva dal mare, salata come le lacrime di chi l'aveva abitata. Nei giorni buoni quella pioggia era solo un martellare continuo contro i vetri delle finestre ma in quelli cattivi...Dante ricordava il dolore di quelle gocce, il gelo nelle ossa, l'umidità che gli attanagliava la schiena e la testa. Quel genere di punizioni erano il suo “rinforzo negativo”, il bastone atto a domarlo là dove la carota non arrivava.
    Aveva sempre avuto un problema, ad essere domato.
    Posò il sigaro che stava fumano sul muretto lì accanto ancora acceso, all'asciutto, e si alzò per entrare di nuovo nel Paiolo Magico - Me ne riempi un'altra? - - domandò al basrista, facendo danzare una moneta fra le dita, agile come un prestigiatore. Era riuscito a mettere le mani su un singolo galeone nel corso del suo terzo anno là dentro, e quella moneta l'aveva accompagnato a lungo nelle lunghe giornate di noia in prigione. Era sempre stato abbastanza bravo con quel genere di giochi, fin dall'infanzia, e almeno gli era servito a non farsi sopraffarre fra un evento e l'altro di quelli che avevano intervallato la sua prigionia. Le aggressioni, le lezioni, gli allenamenti, le altre aggressioni, le letture, di nuovo aggressioni. E le punizioni, tanto, continue, sotto il sole cocente dell'estate e sotto la pioggia gelida del Nord. Chissà che fine aveva fatto quella moneta - Grazie - pagò la birra e uscì di nuovo. Dovette coprire il boccale con la mano libera mentre ripercorreva il breve tratto verso la tettoia di poco prima, per tornare a sedersi, solo che quando vi arrivò la trovò occupata. Una ragazza sulla ventina, slanciata e bagnata di pioggia, aveva deciso di optare per lo stesso, stretto riparo che aveva scelto lui. Dante rimase lì ad osservarla per un istante, con la pioggia che gli inzuppava gli abiti e gli scendeva dentro la maglia, lungo il collo. Non sembrava carino spingerla via, od obbligarla a dividere uno spazio tanto angusto ma...diavolo, c'era anche il suo sigaro, là - Scusa- le disse entrando a sua volta sotto il riparo. Scivolò verso il muretto, allungandosi a recuperare il suo piccolo cilindro di vizio e osservandolo, perplesso. Obbligarla ad una dose di fumo passivo era un'altra cosa poco carina, se ricordava bene, ma comunque lui non se lo sarebbe goduto molto con lei lì. Ne quello, ne la birra - Me ne vado subito - disse ancora, strofinando la punta del sigaro sul muro per spegnerlo. Gli sarebbe toccato di rientrare, adesso.
     
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    Il soggiorno di casa Stone è piccolo ma familiare. Ci sono le carte da parati gialline un po' sgualcite, un divano da due posti che è il luogo più felice e confortevole al mondo, e sulle mensole un'infinità di soprammobili e cianfrusaglie che nessuno ha il coraggio di buttar via. Un piccolo lampadario illumina la stanza di una luce fioca, e riempie il silenzio, intercalato dallo sfregare regolare delle posate l'una contro l'altra, con uno Zzzzz continuo e decisamente poco piacevole, se non ci hai ancora fatto l'abitudine. L'aria monotona, quasi stucchevole, è quella di una stanza che vede giorno dopo giorno il ripetersi continuo delle medesime azioni, con i medesimi attori, sempre lo stesso film. Forse le pareti ed il mobilio stessi cominciano ad odiare quel luogo, per l'inevitabile reiterarsi degli eventi che ospita.
    « Dovresti ritornarci. A scuola, dico »
    Solleva lo sguardo dal proprio piatto, Malia, solo per posarlo sul divano vuoto alle spalle di suo padre. Se non fosse per la chiara evidenza dei fatti, direbbe di star sognando, in questo momento, un evento già accaduto. Evita accortamente di incontrare quegli occhi scuri identici ai suoi, si limita solo a masticare con lentezza il boccone che aveva in bocca, quasi a voler prolungare l'attesa. Sa esattamente come procederà questa conversazione, e sa anche come andrà a finire, perché sarà identica a quella di ieri e a quella del giorno prima, e probabilmente a quella che saranno costretti a sostenere anche domani. Vuole rimandare questo momento, perché non ha proprio voglia di trascorrere il poco tempo che le è concesso con suo padre a litigare. Ma va avanti così da un'estate, ormai, e nonostante la giovane Grifondoro abbia capito che non esiste modo di dissuaderlo dalle sue convinzioni, continua imperterrita a tentare di convincerlo che fare ritorno ad Hogwarts, per lei, non è per niente una buona idea. Lui comincia i suoi discorsi sempre con questo fare un po' vago, e lei, dopo uno sbuffo, risponde con un « Ma non lo farò » stanco; da lì, come al solito, degenera tutto quanto.
    Non che il signor Stone sia un uomo insensibile o particolarmente irresponsabile nei confronti della figlia, per carità, ma è un babbano ed evidentemente non riesce a capire - o almeno questa è la giustificazione che lei si è data. Forse perché non ha mai visto Kingsley in azione, e anche perché magari lei non è abbastanza brava da fargli capire, attraverso i suoi racconti, quanto Hogwarts sia cambiata durante l'ultimo anno, quanto non sia più quella seconda casa che una volta non vedeva l'ora di raggiungere, a Settembre. E d'altronde, così come la figlia, Robert Stone è un uomo testardo e sempre troppo fermo nelle sue convinzioni: vederla scappare da un attacco a King's Cross ha, ai suoi occhi, solamente confermato la teoria secondo la quale il castello sia il posto più sicuro e protetto per lei. Inutile provare a fargli cambiare idea: nel solito modo tremendamente monotono e prevedibile, il piccolo soggiorno di casa Stone assiste ancora una volta alla stessa scena: lamentele, urla, scalpiti e infine la porta dell'ingresso che sbatte con un tonfo quasi assordante, come se anche questa avesse qualcosa da voler dimostrare. Dalla parte opposta c'è Malia, come sempre, che ansima e si pente immediatamente di non aver preso un ombrello con sé, appena prima di uscire.
    Non si era accorta stesse piovendo. Non l'avrebbe immaginato, per quanto le piogge di fine agosto siano estremamente comuni a Londra. Le piccole goccioline le bagnano il viso e i capelli, ma la cosa non la disturba così tanto: di certo la disturberebbe di più tornare indietro per recuperare un ombrello e dover rivedere suo padre. Allora comincia a camminare, noncurante della pioggia che le bagna i vestiti leggeri ed i capelli, e i suoi piedi imboccano un percorso che ormai è diventato quasi naturale per lei, negli ultimi tempi.
    Non ha trascorso molto tempo a casa, quest'estate. Anzi, a voler essere pignoli, vi ha trascorso proprio il minor tempo possibile. Passa la notte fuori almeno due o tre volte a settimana, a casa degli amici o semplicemente per strada, seduta su un marciapiede a caso ad aspettare l'alba con una birra in mano. Le mattinate le trascorre dove capita, in giro con gli amici del liceo per la maggior parte, a zonzo per Diagon Alley o, negli ultimi tempi, a fare qualche visita a Sam. Fa di tutto pur di non essere a casa, lì dove possono trovarla facilmente. È una strategia senza dubbio povera, ma quando ha sentito per la prima volta che Kingsley avrebbe mandato degli uomini a cercarli non aveva un piano prestabilito. Si è protetta come è riuscita, l'ha fatto improvvisando, come suo solito. Solo adesso che l'estate volge al termine ha cominciato a pensare che forse il preside ed i suoi uomini abbiano rinunciato all'impresa, ma non riesce a rasserenarsi del tutto: il pensiero di quello che succederà il primo di Settembre la turba in continuazione, e per quanto voglia smettere di pensarci non esistono rassicurazioni o alcolici che possano farla rilassare, o farle dimenticare questo pensiero costante.
    Ci prova lo stesso però, e con questo intento fa ingresso al Paiolo Magico senza pensarci due volte. Il locale è affollatissimo questa sera, puzza di fumo e sudore, e guardandosi intorno Malia non riesce a scorgere nemmeno una sedia vuota su cui potersi accomodare. Tira fuori dalla tasca dei jeans delle monete e le mette sotto la luce fioca di una candela per poterle contare, e capire cosa può comprarci. Nella foga del suo storming out, non ha fatto nemmeno in tempo a recuperare lo zaino con il portafogli dalla sua camera. Fortunatamente riesce a racimolare un paio di falci d'argento, abbastanza per una birra, e una volta recuperata decide di uscire nuovamente fuori, per poi posizionarsi sotto una piccola tettoia che la ripara dalla pioggia. Non che serva a qualcosa, ormai: è fradicia dalla testa ai piedi, con tutti gli abiti attaccati al corpo e perfino i capelli che gocciolano. Ma cerca un po' di pace. Si issa a sedere sul davanzale di una finestra chiusa, e comincia a sorseggiare dalla sua bottiglia, gli occhi persi in un punto indecifrato di fronte a sé.
    « Scusa » È solo questa voce che riesce a distrarla dalla sua trance momentanea, e non ha neanche il tempo di voltarsi che si ritrova davanti un uomo gigantesco, alto probabilmente due volte lei e grande altrettanto. Lo osserva recuperare un sigaro ancora acceso dal muretto vicino, prima di indugiare. « Me ne vado subito » dice, spegnendolo contro il muro.
    « Mi piaceva l'odore » dice Malia, gli occhi ancora fissi sulla sua mano. Lo guarda per qualche istante, con aria serena. « Resta » dice con semplicità, stringendosi nelle spalle e spostandosi un po' più sulla destra, in modo da fargli posto. « Anche perché mi sa che ti ho fregato il posto » osserva poi, sollevando un angolo delle labbra a mo' di scuse. Lei non ha intenzione di spostarsi da lì, d'altronde. Staranno stretti, è vero, ma ci staranno. E forse ha trovato compagnia per questa serata così triste e deludente. Lascia che si accomodi accanto a lei e resta in silenzio per un po', continuando a sorseggiare la sua birra. Con la coda dell'occhio continua a guardare il sigaro dell'uomo, che emana un odore tanto forte quanto piacevole per lei. Così diverso da quello delle sigarette a cui è abituata di solito. « Anche mio zio fuma questi » dice ad un tratto, indicando con un cenno della testa l'oggetto tra le mani grandi dell'uomo. « Non ha mai voluto farmi provare. Dice che sono troppo piccola. Questo qui è babbano oppure ha qualche sostanza magica all'interno? » chiede, giusto per curiosità, e nel tentativo di rendere la situazione un po' meno imbarazzante.
     
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  3. The Fugitive
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    « Mi piaceva l'odore »
    Dante si voltò verso di lei, osservandola in silenzio. La ragazza era carina, con un viso dolce e un paio di gambe lunghe quanto un sogno, ma sembrava essere decisamente troppo giovane per lui, e in ogni caso non avrebbe nemmeno più saputo come approcciarla una persona per strada. Tutte le centinaia di battute che aveva in serbo prima di affrontare Azkaban sembravano essere ora lontane e sterili, giocattoli zoppicanti destinati ad un bambino troppo allegro. La persona che era oggi era molto più silenziosa dell'uomo che era stato un tempo.
    « Resta »
    Rimase immobile per qualche attimo, a farsi inzuppare la schiena, prima di stringersi nel poco spazio rimasto libero. Si sedette in un angolo, con la schiena poggiata al muro e i piedi di lei che rimbalzavano sui mattoni poco oltre la sua spalla destra. Gli era piaciuta quell'unica parola, con il modo gentile che aveva avuto di pronunciarla. Resta. Solo un resta, spontaneo, senza cortesie di circostanza o trappole nascoste sotto forma di domanda. Bevve un sorso di birra dal suo boccale, osservando la pioggia cadere, poi lo posò accanto a sé, in modo che il suo gomito lo riparasse dalla pioggia. Si rimise il sigaro in bocca, lo tenne stretto fra le labbra e lo accese con uno zippo recuperato da una delle tasche della giacca. Perfino quello era un cimelio, rimasto nascosto in una delle bisacce della moto per tutti quegli anni, dimenticato quanto il suo padrone. Non era stato facile trovare qualcuno che glielo ricaricasse. Inspirò il fumo con calma, lo sguardo sempre fisso di fronte a sé, per poi esalarlo lentamente in modo che salisse verso l'alto, verso di lei, con tutto il suo carico aromatico - Ce ne sono tanti di posti - aggiunse con una stretta di spalle, lasciando vagare gli occhi lungo la via. Il bello dell'essere liberi era proprio la possibilità di scegliere, invece che di combattere per il poco che si aveva. Ruotò appena la testa verso la porzione di lei che poteva vedere, appena oltre la sua spalla. Di scegliere anche cosa e quando condividere - Babbano - si limitò a risponderle, per poi alzare il sigaro a offrirglielo. Gli ci volle qualche momento per rendersi conto che forse ci sarebbe stato bisogno di dire qualcosa, con quel gesto, e che i silenzi in cui adesso tanto amava rifugiarsi aiutavano solo a lui a sentirsi a suo agio - Se sei abbastanza grande per una birra lo sei anche per provare questo - disse allora, tornando a dedicarsi alla propria di birra. Pioggia, birra e sigaro. Una combinazione che gli era mancata più di quanto avrebbe credito possibile, a suo tempo. Era incredibile quello su cui la mente si poteva concentrare una volta immersa nelle privazioni.
    Un tuono scoppiò da qualche parte sopra di loro, lasciando un eco che rimbalzò fra le facciate di Diagon Alley - C'è un negozio che li vende, più giù. Sia babbani che magici - disse dopo qualche attimo, indicando la strada di fronte a loro - All'imbocco di Nocturn Alley, sulla destra. E' abbastanza fornito, anche se un tempo lo era di più. Dovresti farci un salto, se ti piace il genere -
     
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    « Ce ne sono tanti di posti » Non capisce a pieno quelle parole, Malia, pronunciate dall'uomo quando si è già posizionato accanto a lei, ed è intento ad accendere nuovamente il proprio sigaro. Sebbene i posti fossero tanti, anche all'interno del locale, lui ha scelto di rimanere proprio lì, come lei ha suggerito: perché dopo tutto non c'è paragone tra sorseggiare una birra nell'aria viziata e densa di sudore di un locale affollato e rumoroso e farlo all'aperto mentre si gode dell'odore della pioggia di fine Agosto, al riparo da essa. È quasi la perfezione. Malia penserebbe davvero di poter raggiungere la pace dei sensi, se il suo animo non fosse così turbato, al momento.
    « Però questo posto è speciale » dice con convinzione, un mezzo sorriso sulle labbra e gli occhi che seguono i movimenti di un cane randagio dal pelo inzuppato che procede sotto la pioggia lungo la via acciottolata. Si ritrova ad invidiarlo. Vorrebbe anche lei essere come quella bestia, poter vagare senza una meta per le strade di Londra, senza nessun'altra preoccupazione se non quella di procacciarsi del cibo. Vorrebbe poter non avere nessuno a cui tenere, nulla da perdere.
    I suoi pensieri vengono interrotti dalle parole dell'uomo accanto a lei, e dal suo gesto. Allunga il sigaro verso di lei, e questa cosa la lascia per qualche istante un po' interdetta. Non è diffidente, è solo sorpresa da quell'azione così generosa fatta ad un'estranea a caso. « Se sei abbastanza grande per una birra lo sei anche per provare questo » la incoraggia lui, e lei non ha proprio bisogno di farselo ripetere due volte. Prende il sigaro dalle sue mani e lo porta alla bocca, per poi aspirare avidamente. Lo allontana un po' dalla bocca ed espira, mentre assapora quel sapore così forte e intenso che le lascia sulla lingua. Fa un secondo tiro, per poi restituire l'oggetto al suo legittimo proprietario, non volendo abusare troppo della sua gentilezza.
    Inclina leggermente la testa e posa lo sguardo sull'uomo, mentre socchiude leggermente le labbra e lascia che una nuvola di fumo grigiastra si disperda di fronte a sé, arrivando anche a colpire il viso di lui. « Mi piace » dice, annuendo lentamente. Aveva sempre voluto provare, ma suo zio si era rifiutato categoricamente: certo, lui non sapeva che la nipote avesse già fumato altro, e che, anche se a soli diciassette anni, non disdegnava gli alcolici.
    « C'è un negozio che li vende, più giù. Sia babbani che magici. All'imbocco di Nocturn Alley, sulla destra. E' abbastanza fornito, anche se un tempo lo era di più. Dovresti farci un salto, se ti piace il genere » Lo ascolta parlare, annuendo leggermente, mentre riprende a sorseggiare la sua birra lasciata a metà. Il miscuglio di quei sapori così diversi all'interno della sua bocca è decisamente interessante. Allunga il collo leggermente, mentre cerca di capire meglio le direzioni che lui gli sta dando: non è mai stata in quella zona di Diagon Alley, semplicemente perché lì i negozi cominciavano a essere più tetri e sempre meno interessanti - di certo non ci avrebbe mai trovato un negozio di attrezzature per il Quidditch, ecco - ma da un po' di tempo comincia a nutrire una certa curiosità per quella parte del villaggio magico.
    « Devo proprio andarci. Mi piacerebbe provarne qualche altro » ammette, mentre si sposta i capelli da una parte, per poi bere qualche altro sorso della sua birra. « Magari la prossima volta che vengo qui vedo di ricordarmi di portarmi dietro il portafogli » osserva ad alta voce, sbuffando in una leggera risata. Ora che ci pensa, non ha portato con sé nemmeno il cellulare babbano. Questo l'ha fatto di proposito, così da non permettere a suo padre di rintracciarla. Magari andrà pure a dormire a da qualche amica, così da evitare di tornare a casa, questa sera, e sorbirsi la solita filippica che è sicura sia già pronta ad aspettarla sulla soglia.
    Solleva lo sguardo, riprendendo a guardare l'imbocco che l'uomo le ha appena mostrato. Le mani prendono a giocare con il collo della bottiglia, ne segue i contorni con le dita mentre dondola incessantemente le gambe, un po' tentennante. Alla fine punta di nuovo gli occhi sul suo vicino, decisa a porre la domanda che da un po' le frulla in testa. « Tu a Nocturn ci sei mai stato? Ci sono negozi interessanti? »
     
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  5. The Fugitive
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    Lo sguardo di Dante seguì pigro il cane che avanzava lungo la strada, ignorando la pioggia esattamente come l'aveva ignorata lui, poco prima - Sì. immagino di sì - riprese continuando a guardare in avanti, lungo Diagon Alley. Se non lo era prima, speciale, lo era di sicuro diventato adesso che due persone diverse come loro, con due storie sicuramente profondamente differenti, lo avevano scelto per loro stessi. Adesso era diventato in una qualche maniera un luogo d'incontro.
    Annuì - Ha un buon sapore. Li ho sempre preferiti alle sigarette per quello - Dante si riprese il sigaro, lo fece girare fra le dita per qualche attimo e poi se lo portò alle labbra, inspirando una lunga boccata di fumo. La ragazza era stata brava a non tossire nemmeno, segno sicuro che quella poteva pure essere la sua prima volta con un sigaro ma che di sicuro non lo era con il fumo in generale. Non che fosse un problema, comunque. Lui alla sua età sarebbe stato capace di fumarsi perfino le foglie di lattuga se gliele avessero impacchettate per bene. Le labbra si piegarono in un mezzo sorriso. C'era stata una volta in cui lui e il suo amico Fred avevano tagliato dell'Erballegra da portare ad una festa con del rosmarino che sua madre coltivava in giardino. Ne avevano troppo poca, si erano detti, per poterla dividere con tutto il gruppo e comunque quando sarebbe venuto il momento delle canne sarebbero stati tutti talmente ubriachi da non accorgersene nemmeno. Beh, alla fine la cosa era piaciuto e a loro era toccato di procurare a tutti quella "Nuova Erba Orientale" per settimane, dopo quella sera. Tirò una nuova boccata dal sigaro, prima di ripassarlo alla ragazza. Certi gesti contenevano in sé tutto l'automatismo dell'abitudine, anche dopo anni.
    - Ne hanno di strani, ma io preferisco gli originali - commentò dedicandosi ora alla birra. Era strano. Per poter guardare la ragazza in faccia avrebbe dovuto alzare il viso quasi in verticale e ruotare il collo per tre quarti, uno sforzo che non aveva tutta questa gran voglia di fare, e così quando si girava si ritrovava a parlare ai polpacci che gli dondolavano a poca distanza dal viso. Dei bei polpacci. Uno di quei dettagli che la gente tendeva a sottovalutare - Qualche anno fa ne vendevano una qualità il cui fumo disegnava delle note nell'aria, quando lo espiravi. Sceglievi un brano e, mentre fumavi, ti vedevi scorrere lo spartito davanti agli occhi. Se eri in grado di capirlo, potevi vedere la musica - aggiunse. Ad Olympia era piaciuto molto, che lui lo fumasse davanti a lei, di nascosto, e probabilmente ne aveva capito più di quanto non ne capisse lui. Era sempre stato così. Non era necessario capire l'arte per poter incantare il prossimo.
    - Immagino dipenda dal genere di cose che ti interessa - rispose dopo qualche minuto di silenzio. Sì, lui c'era stato, e spesso anche, ma sempre con quell'arroganza tipica dei bulli che si credono intoccabili. Lui bullo non lo era mai stato, però, e alla fine nemmeno tanto intoccabile pareva - E' un luogo in cui il tuo denaro vale più di te. Ci sono...cose affascinanti, ma affascinanti nel senso pericoloso. Come le sirene, quelle di Ulisse - un nuovo sorso di birra, ormai quasi finita - Solo che non è detto che ti attacchino e ti divorino. Magari sei sfortunato, ed escono da lì con te senza che nemmeno te ne accorga... -
     
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    Malia lo spia dall'alto, in silenzio, mentre si porta nuovamente il sigaro alla bocca. Segue tutti i suoi movimenti con attenzione e pare quasi memorizzarli, come a volerne trarre fuori una lezione utile per il futuro: come fumare un sigaro con disinvoltura. In fin dei conti può sempre essere utile. Dalla posizione in cui si trova, riesce a delineare di lui solo di profilo, ma tanto le basta. Nello spostare lo sguardo, non può fare a meno di notare i numerosi tatuaggi che fanno capolino dalla maglietta dell'uomo e, curiosa com'è, le risulta difficile non interrogarsi sul significato. Si ritrova a pensare che dev'essere proprio un tipo interessante, come minimo.
    Lui però la distrae presto dai suoi pensieri. « Ha un buon sapore. Li ho sempre preferiti alle sigarette per quello » Annuisce convinta, prima di prendere qualche altro sorso di birra. La bottiglia sta già finendo e lei non si sente più rilassata, né avverte meno tensione in corpo. Le sue gambe continuano a ciondolare dal muretto quasi nervosamente, probabilmente dando anche un po' fastidio al suo vicino, ma non riesce a farne a meno. Questa sera, per quanto sia possibile, si sente pure più iperattiva del solito.
    « Sì, voglio dire, è senza dubbio più particolare. E più intenso. Potrei seriamente convertirmi » dice, quasi convinta. La verità è che non crede davvero in quello che dice, anche perché sostituire del tutto le sigarette con dei sigari, per lei, sarebbe incredibilmente scomodo, oltre che troppo dispendioso. « Cioè, lo farei se fossi tipo miliardaria » si affretta ad aggiungere, prima di sbuffare in una risata breve e poco rumorosa. Riprende il sigaro dalle mani dell'uomo, stupita dal fatto che glielo stia offrendo per una seconda volta, e mormora un « Grazie » un po' timido e sorpreso, prima di avvicinare l'oggetto nuovamente alle labbra ed inspirare.
    « Qualche anno fa ne vendevano una qualità il cui fumo disegnava delle note nell'aria, quando lo espiravi. Sceglievi un brano e, mentre fumavi, ti vedevi scorrere lo spartito davanti agli occhi. Se eri in grado di capirlo, potevi vedere la musica. Immagino dipenda dal genere di cose che ti interessa. »
    Gli occhi di Malia s'illuminano di colpo a quelle parole. La sola idea la entusiasma un sacco. « Oddio, dici davvero? Sarebbe fantastico. Certo, io non so un'acca di musica e non sarei capace di leggerla, ma sarebbe comunque una figata! » dice, la voce visibilmente emozionata. Di certo sarebbe stato divertente, per qualcuno con una più ampia conoscenza musicale, tentare di suonare quelle stesse note sul momento; di sicuro un po' un'impresa, ma lei, conoscendosi, sa che se fosse stata in grado ci avrebbe senza dubbio provato, in un modo o nell'altro.
    Lo ascolta parlare di Nocturn Alley, interessata, mentre torna a porgergli il suo sigaro. La pioggia nel frattempo s'intensifica, quasi all'improvviso, e riesce quasi a raggiungerli anche al riparo di quella piccola tettoia. Le Converse della ragazza tornano pian piano a inzupparsi, mentre lei manda giù l'ultimo sorso di birra, per poi poggiarla accanto a sé sul davanzale. « Ci sono...cose affascinanti, ma affascinanti nel senso pericoloso. Come le sirene, quelle di Ulisse. Solo che non è detto che ti attacchino e ti divorino. Magari sei sfortunato, ed escono da lì con te senza che nemmeno te ne accorga... » Assottiglia lo sguardo, fermo sull'uomo, sempre più rapita dalle sue parole. Sa già che vuole andarci, un giorno. Esplorare, scoprire quello che hanno da offrirle quei viottoli tanto bui e tetri che molti disdegnano, e che le sono sempre stati proibiti da tutti. Si chiede cosa dev'esserci, di tanto affascinante e pericoloso, da rendere Nocturn quella che è oggi nell'immaginario del mondo dei maghi.
    « Devo andarci » dice all'improvviso, con un tono più determinato. « Ho sempre voluto, insomma, credo sia un'esperienza da fare prima o poi. No? » annuisce, decisa. E anche in questo caso, dovrà aspettare di tornare lì quando avrà portato con sé un po' di denaro, altrimenti una visita a quei negozi sarebbe inutile. E in fin dei conti non ha alcuna fretta: avrà tutto l'inverno per potersi perdere in quelle stradine. « Comunque io mi chiamo Malia. Scusa eh, ma non mi piace tanto parlare con persone di cui non conosco il nome » dice alla fine, esponendo a lui la sua richiesta implicita.
     
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  7. The Fugitive
         
     
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    Gli schizzi delle gocce nelle pozzanghere si fecero più violenti, e con essi i rimbalzi che giungevano fino a loro. Raccolse le gambe più vicino al petto, stringendosi contro l'angolo cui si era schiacciato, ma per il resto non parve particolarmente turbato dal contatto con l'acqua. Si spostò la birra più vicino al fianco, tirò una nuova boccata dal sigaro e rimase lì, in contemplazione della pioggia che lavava via la sporcizia dalle case. Esalò il fumo, osservando il modo in cui mondo sembrava appannarsi dietro di esso per qualche momento. No, che la pioggia potesse lavare via la sporcizia da Londra era solo un'illusione: per fare quello non sarebbe bastata un'alluvione improvvisa di tutti i fiumi della Gran Bretagna - E' un'illusione - si ritrovò a commentare con un mezzo sorriso a metà di quei pensieri. Dovette ruotare un po' le spalle per poter alzare lo sguardo verso di lei, a cercarne a sua volta gli occhi. La fissò per un attimo, dal basso, per poi tornare a voltarsi verso la strada - Che fumare sigari costa di più, intendo - chiarì. Faceva sempre molta fatica, in quel periodo della sua vita, a mettere insieme un discorso coerente che durasse più di qualche parola. Probabilmente aveva già parlato di più con lei in quell'ultima mezz'ora che quanto avesse fatto in totale per tutta la settimana precedente - Le sigarette costano meno, ma ne compri di più. Questi...sono un rituale, non un vizio - aggiunse alzandolo di nuovo. Per quanto riguardava lui avrebbero continuato a passarselo così, un paio di tiri per uno, finché non fossero arrivati alla fine del sigaro o della conversazione. Era quello che intendeva con "rituale".
    - Tutti devono andarci, almeno una volta - le rispose dopo un po' di silenzio. Avrebbe dovuto cercare di farle cambiare idea, come adulto della situazione, ma per quanto giovane la ragazza non era più una bambina e ci sarebbe probabilmente andata comunque, come atto di ribellione, se qualcuno le avesse detto che non poteva farlo. Era una cosa che le si leggeva nello sguardo, un lampo che non era poi molto difficile da riconoscere. Era lo sguardo di chi si faceva da parte per far accomodare sotto una tettoia uno sconosciuto dall'aspetto tutt'altro che rassicurante - Basta essere consapevoli di quello che si fa e dei rischi che si corrono. Ed esserne pronti ad accettarne le conseguenze - una stretta di spalle, mentre si piegava a recuperare la birra. L'assaggiò, trovandola ancora discretamente buona. Non sembrava essersi annacquata troppo - Altrimenti il coraggio è solo stupidità - aggiunse. Lui, per esempio, era sempre stato molto stupido sotto quel punto di vista, il genere di persona che si gettava nelle situazioni più assurde per il solo gusto di...non avrebbe nemmeno saputo dirlo lui, il perché. Forse per il gusto del brivido. Accettarne le conseguenze, a lungo andare, era stata la parte peggiore - ...Malia...un nome strano, evoca magie e seduzioni - rifletté per un attimo, poi alzò la birra a far tintinnare il boccale contro la bottiglia di lei - Dante - disse a sua volta.
     
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