Fortune-telling

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    Quella scatola erano appena comparsa nella loro sala comune, e Mun aveva già pensato di lasciarci cadere dentro il proprio bigliettino. Ryuk aveva riso, nel vederla stendere elegantemente il proprio nome sul biglietto. Soddisfatto della sua discepola si era deciso di non assillarla troppo quella mattina, complice anche il fatto che si fosse svegliata di buon umore. « Quale buon vento? » Si stringe nelle spalle mentre cammina lungo i corridoi deserti dei sotterranei, ben attenta a non avere nessuno intorno. Non sarebbe il massimo farsi vedere parlare da sola, soprattutto non durante quelle insolite elezioni. Mun ha deciso di puntare; all in. E punta su se stessa; non con la presunzione di essere migliore di se stessa, ma con la consapevolezza di essere la più adatta. Responsabile, brava studentessa e soprattutto non di certo incline a farsi mettere i piedi in testa, al tempo stesso abbastanza empatica da poter carpire gli interessi e i bisogno dei suoi compagni che ha osservato per molto tempo, un po' da lontano, un po' collaborandoci - per quanto Serpeverde possa riconoscersi come una casata collaborativa. « Oh, per favore è una perdita di tempo.» Per Ryuk, tutto ciò che non ha a che fare con quello che lui le ha affidato, è una perdita di tempo. Avere amici, una vita, qualcuno a cui tiene; tutto è al di fuori della sua portata. Tutto è troppo insipido. Solo lui è all'altezza. « Ryuk, perché non mi predici il futuro? » Gli chiede con un leggero sorriso sulle labbra, intrinseco di malizia e un fascino tutto suo. Gli sta chiedendo i risultati, un po' com avere un angelo sulla spalla e chiedergli i numeri alla lotteria. Ryuk è uno shinigami, letteralmente dio della morte, solo che come dice lui, lo shinigami non è una figura ultima, sola, statuaria. Ce ne sono tanti e si presentano in varie forme al cospetto di chi ne ha bisogno, offrendo loro un patto. Io farò questo per te, in cambio della tua schiavitù. Nonostante sembrasse così ben disposto nei suoi confronti, Ryuk conosce bene il suo posto al mondo, ed esercita la sua posizione di controllo ogni qual volta ne abbia la possibilità. "Sai qual è il prezzo." Ogni favore del dio della morte si paga con la stessa moneta di scambio. Un'anima Un'anima che graverà per sempre sulle spalle di chi la consegna nelle mani del dio. Mun alza gli occhi al cielo, ben consapevole che non darà ciò che vuole a Ryuk. Lui è interessato. È interessato ai riti quotidiani della sua protetta, alle sue conversazioni, al suo modo di approcciarsi con il restante degli esseri umani. Come dice lui, gli umani sono sempre interessanti, ma gli adolescenti, quelli sono la nuova frontiera dell'interessante. Una massa grondante di ormoni e idee disparate, caos e rabbia, rapporti conflittuali, drammi superflui. A detta sua non ha più avuto un elemento così interessante sotto la sua ala protettiva dai tempi della Rivoluzione Francese. Massa di giovinetti borghesi intrisi di speranza e sogni di gloria, bambini che impugnano armi in nome della libertà e di un nuovo mondo. Ciò che le spiega spesso Ryuk è che anche lei sta assistendo a una rivoluzione; una lotta tra poteri che si concluderà col nulla di fatto. Perché la guerra deve ancora arrivare. Sempre enigmatico e compiaciuto del suo raccontarle il mare e le stelle, senza in realtà dirle niente. « Conosci il prezzo. » « Oh andiamo! Non è come se ti avessi chiesto i numeri alla lotteria.. » « Che comunque non ti servirebbero. »« Non essere ingenuo Riuk; i numeri della lotteria fanno sempre comodo. Le scarpe di una ragazza non sono mai abbastanza. » Non lo dice sul serio. Non che le scarpe non siano importanti, eh, ma tutto sommato, Mun non è mai stata particolarmente interessata a quanto di materiale esista al mondo. Non da quando Ryuk è entrato nella sua vita. Circondarsi di cose le piace, ma non è certamente il suo passatempo preferito.
    Là fuori, oltre i colonnati spogli, un giorno delizioso di inizio agosto, lascia modo agli studenti di Hogwarts di godersi gli ultimi giorni prima dell'inizio delle lezioni. Non si lamenta di come ha passato l'estate e tanto meno del fatto che non sia tornata a casa. Oltre al fatto che ha avuto l'occasione di vedere il fratello più di una volta, è riuscita anche a restare lontana dalla città, lontana dai ricevimenti pomposi che i Carrow, volenti o nolenti erano obbligati a organizzare un giorno sì e l'altro pure e soprattutto da quella casa, che non aveva mai amato particolarmente. Aveva persino progettato di trasferirsi nella dependance, quando e semmai sarebbe tornata a casa, vicina ai fratelli ma abbastanza lontana da non dover svegliarsi attorniata da quelle quattro mura intrise delle sue stesse urla. Tutto sommato, andava tutto bene, forse sin troppo bene perché fosse reale. Tutto, nella norma. Decise di schivare quei pensieri funesti, concentrandosi sul sole rigettatosi tutto d'un colpo sulle pietre millenarie del cortile interno; col taccuino in mano e una piccola matita tra le dita, continua a compilare la sua lista dei possibili futuri rappresentanti, nonché portavoce delle quattro casate. Alla fine ricomincia da capo, seguendo logiche degne dei più grandi intrighi internazionali, e così, la terza volta, non sa più su chi puntare. Ma boom, proprio nel momento in cui sta per scrivere il primo nome, si scontra contro qualcuno, uno scontro non violento, quasi aggraziato.
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    Alza lo sguardo e lo riconosce subito. « Buongiorno, Nathan. » Asserisce con un leggero sorriso sulle labbra prima di indietreggiare appena. Bisogna capire che Mun non prende in giro quando usa i nomi delle persone per intero. Le piacciono i nomi per intero, tranne il suo. Li trova più ricercati, più eleganti, hanno sonorità più morbide, decisamente più sofisticante, a volte persino eccentriche. Prendiamo Nathan per esempio; Nate è un bel diminutivo. Quasi tutti lo chiamano Nate. Ma vogliamo paragonare Nate a un Nathan? Quando dici Nathan, tutto acquista un senso ben diverso, e quel sorrisino leggermente sghembo ne è la prova. « Perdonami, ho la testa tra le nuvole stamattina. Mi sono lasciata coinvolgere troppo dai giochetti psicologici di Edmund Kingsley. » Afferma sventolando il taccuino appena. Ovviamente si riferisce alla misteriosa scatola con cui si sono ritrovati tutti quella stessa mattina. Scegliete il vostro rappresentante. Sul serio? Può solo essere un giochetto psicologico. La democrazia è sopravvalutata, ed Edmund Kingsley ne è al corrente, vista la sua linea politica intera. « Giò votato? » Chiede quindi con una nota di sincera curiosità, mentre la luce dell'ambizione si accende in quegli occhi azzurri tipici dei Carrow. Gli prese d'istinto la mano, e gli schiaffò tra le dita il taccuino. Sul foglio scritti unicamente i nomi delle quattro casate di Hogwarts, e nessuno presunto vicintore. « Ti propongo un gioco: cerchiamo di predire il futuro. Chi si avvicina di più alla verità vince.. » Si stringe nelle spalle alquanto confusa. Non ha la più pallida idea di quale potrebbe essere il prezzo di una sfida dettata unicamente da un gran tasso di noia nel sangue. « ..cosa vuoi vincere? »




    Edited by #DeathNote - 14/9/2017, 12:40
     
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    Il pensiero di un nuovo anno scolastico aggrada ben poco il giovane Nate Douglas. Pur essendo una delle menti più brillanti del castello, pieno di bei voti e prospettive promettenti per il futuro, non riesce ad accogliere con entusiasmo l'idea di trascorrere un ultimo anno tra le mura del castello scozzese, che da un po' hanno cominciato a stargli parecchio strette. Non ha voglia di sopportare ancora a lungo i comportamenti puerili dei suoi compagni, essere costretto a far attenzione ai mocciosi di undici anni che sbucano fuori da tutte le parti e, più di tutto, è stanco di condividere la stanza con qualcuno. Le vacanze estive non sono state d'aiuto: per quanto possa aver apprezzato alcune delle misure prese da Kingsley, riconosce che quella del campeggio estivo non sia stata una delle sue migliori idee - in fin dei conti, avrebbe per lo meno potuto lasciar andare a casa loro dei piani alti.
    Ma non si lamenta: guarda con occhio critico tutte le mosse degli altri, giudica attentamente, ma è sempre parecchio cauto a non lasciar trapelare quello che pensa davvero con gli altri. Conoscenza è potere, ha sentito dire da qualcuno, una volta: e lui ne è fermamente convinto. Sa bene che meno la gente saprà di lui - le sue posizioni, la sua storia, le cose che gli passano per la mente quando è annoiato - maggiori saranno le sue forze. E comincia tutto quanto da lì: dalle dinamiche apparentemente semplici e ingenue degli anni di scuola, ma è lì che si forma il carattere, lì che nascono le personalità e le ambizioni personali, lì che si provano le strategie e le prime partite vengono giocate. Forse è proprio il sentirsi pronto a mettere piede nel mondo reale, e finalmente testare quello che ha imparato questi anni, che rende così tediosa per Nate l'idea di mettersi nuovamente tra i banchi di scuola. Semplicemente, ne ha avuto abbastanza di ascoltare gli insegnamenti altrui e di essere passivo, prendere nota e far finta che certe nozioni gli saranno utili un domani; desidera piuttosto che il domani sia adesso, perché di aspettare ancora si è stufato.
    «Chi dici che vincerà?» Si stringe nelle spalle, lui, con fare disinteressato. A scuola sembra non si parli d'altro: quattro scatole di legno sono apparse dal nulla nelle quattro Sale Comuni delle casate, con lo scopo di dare la possibilità agli studenti di eleggere il proprio Caposcuola. Una mossa senza dubbio strana, considerato che le tradizioni del castello vogliono che sia il preside a sceglierli personalmente, e ancora più strana se si considera chi è stato a metterla in atto. Ma se ci riflette meglio, d'altra parte, a Nate questo slancio democratico di Kingsley non pare poi così anomalo: è certo che questo gesto di magnanimità non sia altro che un contentino che servirà per bilanciare una altrettanto grande perdita di libertà per gli studenti futura. Non può che essere così, e più il giovane ci riflette su, più si ritrova a pensare a quanto la figura di Edmund Kingsley sia per lui fonte d'ispirazione e di insegnamenti continui. È riuscito a fornire a tutti gli studenti di Hogwarts, con poco, una distrazione che potesse allontanare i loro pensieri da tutto il resto, dalle cose veramente importanti. La riprova di ciò sono i numerosi gruppetti di persone stipate in giro per il castello, che non fanno altro che discutere e fare le proprie congetture su chi verrà eletto o meno, senza minimamente preoccuparsi di quale sarà la prossima mossa del preside. Ecco uno che sa giocare come si deve, si ritrova a pensare tra sé e sé, mentre avanza nel piccolo cortile interno del castello, e sente un paio di Tassorosso discutere animatamente sempre sulla stessa questione. Lui, dal canto suo, non ci ha fatto caso più di tanto: si è limitato a scrivere il proprio nome su un foglietto, troppo pigro anche solo per pensare a qualche altro valido candidato della propria casata, per poi inserirlo nella scatola di legno e dirigersi fuori dalla Sala Comune verde-argento.
    Procede a passo lento e un po' ciondolante, le mani infilate nelle tasche dei jeans e gli occhi ben attenti ad analizzare la figura di una bionda Corvonero poco distante. Il camminare senza una meta precisa e l'attimo di distrazione lo portano ad entrare in collisione con un'altra persona che, dopo aver fatto un passo indietro, riesce ad identificare come Amunet Carrow, una sua concasata. La studia per qualche secondo, dall'alto, prima di rispondere al suo saluto. «Carrow» pronuncia semplicemente, un breve cenno della testa che accompagna il suo buongiorno e sulle labbra il suo immancabile sorrisetto impudente.
    «Perdonami, ho la testa tra le nuvole stamattina. Mi sono lasciata coinvolgere troppo dai giochetti psicologici di Edmund Kingsley. Già votato?»
    Inarca un sopracciglio, quasi divertito dall'inspiegabile buonumore della ragazza, mentre lancia uno sguardo di sfuggita al taccuino che lei le sventola sotto gli occhi. Poi posa i suoi su quelli scuri di lei, mentre piega leggermente la testa di lato e assottiglia lo sguardo, come a volerla scrutare meglio. «Ti credevo più sveglia di così, sai? Non pensavo che anche la mitica Carrow si sarebbe fatta ammaliare dagli spettacolini tirati su dal nostro preside. Ma ehi, anche i migliori cadono, prima o poi» si stringe nelle spalle e le rivolge un sorriso sarcastico, per poi scuotere la testa. «E comunque sì, ho già votato. E mi dispiace per te principessa, ma non sei stata la prescelta. Puoi sempre ritentare l'anno prossimo però» dice con serenità, e mentre parla si avvicina al piccolo muretto che unisce due delle colonne del chiostro, per poi voltarsi e appoggiarvisi con il bacino.
    Fa per incrociare le braccia al petto, ma prima che possa compiere l'azione la ragazza gli ficca in mano il proprio taccuino, con una determinazione che quasi lo infastidisce. Aggrotta la
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    fronte, mentre osserva il contenuto della pagina su cui è aperto: in una pagina vuota, vi sono semplicemente scritti i quattro nomi delle casate di Hogwarts, senza ulteriori informazioni. «Ti propongo un gioco: cerchiamo di predire il futuro. Chi si avvicina di più alla verità vince... Cosa vuoi vincere? »
    Lentamente, sposta lo sguardo dal piccolo quadernetto tra le sue mani al viso della giovane, un'espressione enigmatica dipinta sul volto. I suoi occhi verdi sono attenti, assumono un bagliore diverso, più vivido, come se questa conversazione sia diventata degna di nota all'improvviso. Un sorriso divertito si allarga sul suo volto, mentre torna ad osservare quelle quattro scritte su carta. Uno come lui non può rifiutare una sfida, anche una scema come questa, per il semplice fatto che è troppo competitivo per ignorarla. «Ci sarebbero così tante cose che potrei voler ottenere da te, Carrow...» dice, tornando a guardarla, non senza un tono ambiguo nella sua voce. Poi si schiarisce la gola con un colpo di tosse. «Ma penso che per questa volta potrei accontentarmi di un drink. Purché sia offerto in un posto sensato, sia chiaro. Non valgono quelle bettole oscene tipo le Tre Scope o la Testa di Maiale che ci sono a Hogsmeade.» Un sorriso di scherno, in fin dei conti sa bene che anche la sua compagna la pensa allo stesso modo su certe cose. Insomma, loro di certo non sono persone che possono permettersi di confondere l'urina con lo champagne.
    Senza dire altro, si allunga verso di lei e recupera la matita dalle sue mani e poi, dopo aver riflettuto per qualche attimo, scrive tre nomi accanto alle rispettive casate, con la sua grafia elegante: Carrow, Weasley, MacBride. E siccome ci tiene a fare le cose in modo concreto, indica il primo nome con la matita e si appresta a spiegarle anche le ragioni dei suoi pronostici. «Dico che vinci tu perché ho sentito un po' di gente fare il tuo nome, questa mattina. E poi ha senso che ti votino: sei sveglia, ci sai fare e sei pure carina. Non sarebbe la mia prima scelta ma potrebbe andare molto peggio di così, quindi penso che mi adeguerò.» In fin dei conti non sarebbe poi così tremendo avere lei come Caposcuola. Di certo sarebbe una tragedia se per qualche strana calamità quel barbone di Cavendish dovesse riuscire ad ottenere la carica, ad esempio. La matita si sposta sul secondo nome, sotto gli occhi della ragazza. «A Grifondoro non possono più votare la Potter, non è vero? E allora la spilla è di Freddie Weasley senza dubbio. È carismatico e conosce un sacco di gente. E poi la metà dei votanti sono suoi familiari, quindi fai un po tu i conti.» E a dirla proprio tutta, sebbene non lo ammetterebbe mai con nessuno, gli farebbe pure piacere sapere della vittoria di Fred. «Per Corvonero il candidato migliore sarebbe Fitzwilliam, ma stiamo parlando dei Corvonero. E sono certo che saranno così scemi da eleggere la MacBride. Per carità, sarà anche una ragazza in gamba, ma Fitz è Fitz.» Sarebbe stato decisamente divertente, salire in carica insieme a Fitz e a Fred, ma Nate non ha questo tipo di pretese. Fare il Caposcuola non gli è mai interessato, oggi si è votato solo perché non aveva voglia di pensarci troppo su, e d'altra parte sa bene di non essere poi così amato dai suoi compagni di casata. La matita indugia sull'ultima casata, rimasta ancora vuota. «I Tassorosso... onestamente, chi se ne frega. Non credo di sapere nemmeno i loro nomi» confessa ridendo, per poi passare il quaderno alla ragazza, in attesa dei suoi pronostici. «E tu invece, Carrow, che cos'è che desideri nel caso in cui dovessi vincere?»


    Edited by everybody lies. - 9/9/2017, 12:13
     
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    « Ti credevo più sveglia di così, sai? Non pensavo che anche la mitica Carrow si sarebbe fatta ammaliare dagli spettacolini tirati su dal nostro preside. Ma ehi, anche i migliori cadono, prima o poi. E comunque sì, ho già votato. E mi dispiace per te principessa, ma non sei stata la prescelta. Puoi sempre ritentare l'anno prossimo però. » Ed eccola, la risata contagiosa della Carrow, quella che ha ripreso forse involontariamente dal suo amico immaginario e compagno di malefatte. Le piace il fatto che Nathan cerchi di stuzzicarla, ma ormai sono passati i tempi in cui ci si misurava soltanto per affermare una qualche fittizia superiorità. Avevano già dimostrato di essere abbastanza valorosi entrambi, e ora come ora, l'unico motivo che avevano per misurarsi era il giusto gusto di farlo. Da veri artisti delle arti della macchinazione a quel punto potevano solo giocare con la consapevolezza che chiunque avesse vinto, avrebbe giusto guadagnato qualche favoretto di circostanza. Erano ormai grandi e il loro misurarsi si proiettava sul mondo là fuori, a ciò che sarebbe arrivato una volta strappato il loro dannato diploma, che accidenti si meritavano più di ogni altra cosa al mondo. Avevano lavorato sodo e ora, arrivati alle ultime battute potevano solo che raccogliere gli allori di anni ed anni di studio, macchinazioni, sfide e spietata competizione. Nel mondo magico dicono spesso che i GUFO non sono altro che l'anticipo dei MAGO. Arrivati lì, tutto il resto è una strada in discesa. Si è già al novanta percento dalla meta, soprattutto se si è concluso un gran bel lavoro. E lei, sapeva che ai suoi tempi, Douglas aveva fatto una performance magistrale, così come l'aveva fatta lei l'anno scorso. Assottiglia appena lo sguardo mentre lo squadra dalla testa ai piedi; la risata si trasforma in un sorriso malizioso. Ovviamente non è offesa dal fatto che non l'abbia votata. « Oh andiamo, non vorrai dirmi che non sei almeno un po' curioso di scoprire di che morte dobbiamo morire. » Perché questa cosa è un suicidio bello e buono. Lo so io, lo sai tu, lo sanno anche le pietre di questo dannato cortile. « Non dirmi così. La sofferenza inflitta dal tuo tradimento, potrebbe lasciarmi un segno indelebile. Tu quoque, Brute, fili mi! » Continua poi scherzosamente prima di dare il via al loro gioco. Lo sapevo. Tra menti affilate ci si capisce, e una sfida come quella proposta dalla Carrow, non può che essere pane per i denti del giovane rampollo. « Ci sarebbero così tante cose che potrei voler ottenere da te, Carrow.. » Ma va? « Ma penso che per questa volta potrei accontentarmi di un drink. Purché sia offerto in un posto sensato, sia chiaro. Non valgono quelle bettole oscene tipo le Tre Scope o la Testa di Maiale che ci sono a Hogsmeade. » Lei si stringe nelle spalle con noncuranza, prima di prendere posto sul bordo della fontana posta al centro del cortile. Accavalla le gambe, e torna a guardarlo, quasi cercando di trovare una qualche forma di crepa in quell'espressione ferrea ed enigmatica. « Beh, anche se fosse, non c'è da preoccuparsi. Fino a prova contraria, non vediamo la luce del giorno da quando Kingsley ha messo piede nel castello. » Quasi quasi le manca Hogsmeade, le manca Londra. Non le manca certo casa sua, ma un po' della mondanità là fuori sembra stuzzicarla, ora che non può più attingere a quella forma di passatempo. In fin dei conti, a volte, sembrava persino divertirsi a quei ricevimenti che i Carrow organizzavano un giorno sì e l'altro pure. Odiava infiocchettarsi solo perché qualcuno le chiedeva di farlo, ma l'occasione di studiare da vicino quella mondanità superficiale, quella poposità artificiosa, era un prezzo che avrebbe potuto persino pagare, di tanto in tanto. « Ma in ogni caso, credo di poter organizzare qualcosa che possa essere di vostro gradimento, mio signore. » Una leggera riverenza del capo, prima di osservare il suo intelletto al lavoro. Segna tre nomi sul suo taccuino per poi dare il via a un'arringa degna di Sherlock Holmes. « Dico che vinci tu perché ho sentito un po' di gente fare il tuo nome, questa mattina. E poi ha senso che ti votino: sei sveglia, ci sai fare e sei pure carina. Non sarebbe la mia prima scelta ma potrebbe andare molto peggio di così, quindi penso che mi adeguerò. » Solleva un sopracciglio, mentre un sorriso compiaciuto si dipinge sulle sue labbra. « A Grifondoro non possono più votare la Potter, non è vero? E allora la spilla è di Freddie Weasley senza dubbio. È carismatico e conosce un sacco di gente. E poi la metà dei votanti sono suoi familiari, quindi fai un po tu i conti. » Freddie, fottuto Freddie. In cuor suo spera che Nathan non abbia ragione. Spera che si sbagli su almeno uno dei due. Resta impassibile nel sentire il suo nome, nel vederlo sostenere la tesi secondo cui Weasley potrebbe seriamente diventare Caposcuola; resta impassibile sì, ma qualcosa dentro di sé si smuove. Fastidio, sconforto, forse addirittura imbarazzo. Non lo dà a vedere, e anzi ride nel sentire la sua ultima battuta. « Per Corvonero il candidato migliore sarebbe Fitzwilliam, ma stiamo parlando dei Corvonero. E sono certo che saranno così scemi da eleggere la MacBride. Per carità, sarà anche una ragazza in gamba, ma Fitz è Fitz. » Non fa una piega. Hai pensato a tutto. Non siamo poi tanto lontani nelle nostre delucidazioni, caro Sherlock. « I Tassorosso... onestamente, chi se ne frega. Non credo di sapere nemmeno i loro nomi. » Riprende il quaderno che lui le allunga, dividendo con la matita le sue risposte dalle proprie. Una sorta di tabella con una riga in mezzo. Al di sopra delle due colonne di nomi, il nome di lui e poi quello di lei. « E tu invece, Carrow, che cos'è che desideri nel caso in cui dovessi vincere? » E fu a quel punto che gli occhi della Carrow, saettarono come un lampo verso quelli del ragazzo. Qualcosa di inestimabile, ad essere sinceri, mio caro Nathan. « Beh, ad essere onesti, ci sono tante cose che potrei desiderare. » Le parole sono importanti, badate bene. « Ma per adesso.. » Fece una pausa tempo in cui si spostò un boccolo dal volto, disturbato da quel leggero venticello quasi autunnale. « Ma per adesso, mi accontento dei tuoi appunti. E qualche consiglio sugli argomenti che state affrontando voi dell'ultimo. » Gli appunti dell'ultimo anno erano preziosi, soprattutto se provenivano da un ottimo studente come Nathan Douglas. Mun aveva intenzione di anticipare il tutto; voleva essere un passo avanti rispetto agli altri, così da potersi concentrare su altro l'anno seguente. Qualcos'altro come ad esempio capire come liberarsi di Ryuk o come tenerlo a bada. Prima si toglieva di mezzo gli intoppi della scuola, prima poteva pensare a come salvare se stessa dalla Loggia. Con gli appunti di qualcuno, sarebbe stato molto più facile affrontare quanto postulato dai programmi, e le avrebbe anche permesso di avere parecchio tempo libero per se stessa. Dicendo ciò, prese quindi la matita tra le mani e scrisse quattro cognomi. R. Weasley - T. Weasley - Carrow - Branwell.
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    Dicendo ciò gli mostrò la propria puntata. « Ti farò un discorso diverso, legato alle tradizioni e alle eredità da raccogliere. » Un tono mellifluo, leggermente enigmatico, miele. « L'anno scorso abbiamo avuto un quartetto interessante: Morgenstern - MacBride - Watson - Strucker. » E dicendo ciò iniziò indicando il primo nome. Roxanne Weasley. « La Morgenstern era una iena; a dirla tutta non so come sia finita tra i Grifondoro. La Potter è la sua erede naturale, ma come hai detto tu, è stata estromessa. Una cosa però è certa: ai Grifondoro piace la leadership femminile. » Ai grifoni piacciono le grifone, più che altro. « E la Weasley è una leonessa fatta e finita. E' carismatica come il fratello, solo che ha le tette. E' molto probabile che puntino su di lei. E sarebbe una grandissima stronzata. Spero vivamente che nessuno di noi due abbia ragione e tirino fuori un nome insospettabile. » Avversità? Non è mai abbastanza nei confronti di quella famiglia. E così dicendo, passa al secondo nome. Corvonero. « Tallulah Weasley, intelligente, fuori dagli schemi, enigmatica. Incarna quegli ideali che i Corvonero apprezzano tanto. La candidata ideale, in pratica. L'unico modo in cui la MacBride potrebbe tornare Caposcuola, è se i Caposcuola venissero eletti dall'alto. E' un'ottimo elemento, ma non ha la spina dorsale. Sono certa che chiunque dovesse venir fuori, i Corvonero ci stupiranno; loro ribalteranno la tradizione. » « Zero peli sulla lingua quest'oggi. » Ryuk si palesa accanto a loro, spiando a sua volta i pronostici dei due. Lui sa già cosa accadrà, ma ovviamente non penderà né da una parte né dall'altra. E andiamo avanti con Tassorosso. « Un nome per Tassorosso mi viene in mente. Dopo il flop dell'anno scorso, i Tassorosso, come i Corvonero faranno una scelta di cuore, povere stelline. Però ti dirò che se dovessero scegliere lei ne sarei davvero contenta. E' in gamba, anche se non ha un gran polso. Intelligente, ingegnosa e parecchio protettiva. Inoltre nel regno di Tassolandia credo sia piuttosto amata. La Branwell potrebbe essere la vincitrice. » E adesso arriviamo a noi, alle cose che davvero ci riguardano. « Ma ora parliamo di questioni serie. Parliamo di noi. Sul fatto che io potrei vincere sembra che concordiamo. Ma non per le stesse motivazioni. Stando al tuo ragionamento ci sarebbe una candidata migliore: La Cavendish. Sì, io sarò anche carina.. ma lei è bella, è coinvolgente e incarna lo spirito di superiorità della nostra casata. Peccato che ha più di una rotella fuori posto. » Fece una leggera pausa. « Noi stiamo uscendo da un periodo particolarmente florido in cui abbiamo avuto un grande Caposcuola. E a noi piace che le eredità vengano raccolte. Perdere quanto Watson ha costruito sarebbe un peccato, e con la Cavendish.. beh, non c'è bisogno che io ti dica cosa potrebbe accadere. Probabilmente sarò io perché ho questo.. come il nostro ex Caposcuola. » Disse contornando a mezz'aria il proprio volto angelico. Il volto dell'innocenza che tace e non perdona. Lo stesso modus operandi di Percival Watson. Infine si strinse nelle spalle con noncuranza. Se si fosse sbagliata non sarebbe certo stata una gran perdita. Era certa che quella spilla non sarebbe valsa nulla. Ma poteva sempre avere qualche vantaggio. « Direi che a questo punto, i giochi sono fatti. »



    Edited by #DeathNote - 14/9/2017, 12:41
     
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    « Oh andiamo, non vorrai dirmi che non sei almeno un po' curioso di scoprire di che morte dobbiamo morire. » Curioso lo è, Nate, lo è sempre. Qualunque possa essere l'aspetto interessato, anche quello apparentemente meno importante, lui cerca sempre di domandarsi quali possano essere i risultati; immagina cosa possa riservargli il futuro, per capire come muoversi. E di certo anche nei confronti di un fatto banale come l'elezione dei nuovi Caposcuola delle quattro Casate ha indirizzato qualche pensiero, nel corso delle ultime ore, ma pur sempre con la giusta misura.
    Si stringe nelle spalle, abbassando un poco lo sguardo sulla figura minuta della Carrow. « Certo che lo sono » le labbra s'incurvano in un sorriso breve, non pieno, quasi enigmatico. « Ma non è il caso di essere così drammatici e mettersi a parlare di morte, addirittura. Lo sai benissimo anche tu che quella spilla, specie se concessa in questo modo, varrà meno di niente. » Ed ecco un altro dei motivi per cui non tiene più di tanto alla vittoria. È realista, Nathan, sa di non essere abbastanza amato dai suoi concasati da ottenere i voti necessari e se ne dispiace; ma non si dispera. Qualunque sia il risultato finale, per lo meno tra i Serpeverde, è convinto che non farà la differenza. Di certo non sarà il prescelto a sbarrargli la strada nel caso in cui venisse fuori la necessità di farsi avanti con il preside e tenere le redini il destino dei figli di Salazar. Kingsley è un uomo di sostanza, è ormai evidente, poco gli importa di idiozie come le cariche scolastiche - ed è solo grazie a questa sua visione che è riuscito davvero a cambiare le cose, a Hogwarts. « Questa cosa dei Caposcuola... è solo una sceneggiata che serve a distrarci, te lo garantisco. Una volta consegnate le quattro spille il nostro caro preside continuerà a governare questa scuola come ha sempre fatto » e cioè ignorando tutti gli studenti, a prescindere dalla posizione scolastica, sociale, economica o dallo stato di sangue. Una posizione facilmente contestabile, di certo, ma che ha indubbiamente portato i suoi risultati. Nate, in certi casi, sa essere abbastanza umile da riconoscere la propria incapacità di giudizio. Sta in silenzio e prende nota. « Quindi in sintesi sì, sono curioso, ma non mi struggo più di tanto perché non ne vale proprio la pena. » Nathan sa bene che, in fin dei conti, Amunet non incontrerà grandi difficoltà nel seguire i suoi ragionamenti. Dopo tutto sono nati e cresciuti così, loro due, in mezzo alle macchinazioni e alle strategie, pane quotidiano per due famiglie facoltose come le loro; hanno imparato a serpeggiare in silenzio tra complotti e ad anticipare gli inganni nascosti dietro l'angolo, sono ormai capaci di avvilupparsi nei meccanismi torbidi delle relazioni umane e uscirne perfettamente indenni, lasciando il caos alle loro spalle. Nathan, per lo meno, è consapevole delle proprie capacità, e di certo non dubita di quelle della compagna, che da sempre si è distinta a scuola per la scaltrezza e il suo essere tanto brillante.
    « Beh, anche se fosse, non c'è da preoccuparsi. Fino a prova contraria, non vediamo la luce del giorno da quando Kingsley ha messo piede nel castello. Ma in ogni caso, credo di poter organizzare qualcosa che possa essere di vostro gradimento, mio signore. »
    Un angolo delle labbra si solleva quasi automaticamente, di fronte a quella sua riverenza forse fuori luogo, ma pur sempre pregna di significato. Quasi come una presa in giro. I gesti, per il giovane Douglas, sono sempre estremamente importanti, forse più di un'accurata scelta delle parole. In fin dei conti - e l'esperienza glielo conferma - puoi dire tutto quello che vuoi, se hai le giuste movenze oppure un sorriso adeguato; per quanto riguarda il contrario, non ne è del tutto certo. Quante persone con grandi idee hanno tentato di cambiare la storia ma hanno fallito perché non avevano abbastanza carattere? E Nate, per quanto possa tentare di sminuirla nei suoi pensieri, deve ammettere che la Carrow il carattere ce l'ha, così come possiede quel quid non ben distinto che le permette di fregare tutti quanti. Perché, sì, alla fin fine non si tratta di nient'altro che questo: fregarsi a vicenda. E la mora deve riuscirci proprio bene, a fregare la gente, si dice Nathan mentre si accarezza il labbro inferiore con il dorso dell'indice, con fare pensieroso, gli occhi chiari che lentamente perlustrano la figura di lei. La osserva in modo analitico, come se da un momento all'altro dovesse emettere una diagnosi sulla sua figura. Poi, quando incontra di nuovo le sue iridi, le concede un sorriso che ha quasi un'ombra di sincerità. « Dovresti saperlo, che io sono un tipo paziente » dice soltanto, con calma. E Amunet Carrow sarà anche brava a prendere in giro, e a ingannare, ma è un gioco in cui eccellono entrambi, questo.
    « Beh, ad essere onesti, ci sono tante cose che potrei desiderare. » Quando è il turno di lei di esprimere i propri desideri, resta in attesa, ritrovandosi a soffocare una breve risata a quelle parole. Le parole, in quel campo loro due sono davvero fin troppo bravi. « Ma per adesso... Ma per adesso, mi accontento dei tuoi appunti. E qualche consiglio sugli argomenti che state affrontando voi dell'ultimo. » A questo punto ride, Nate, ride di gusto e sonoramente. Tira la testa all'indietro, entrambi gli avambracci appoggiati al bordo della fontana sul quale si è accomodata lei, e lascia che la sua risata roca faccia eco nel cortile semi-deserto, estinguendosi lentamente.
    La guarda dal basso, un sopracciglio sollevato e l'espressione incuriosita. « Sul serio, Carrow? Hai questo davanti » indica se stesso, prima di darle una leggera pacca sulla gamba « e te ne esci con una richiesta del genere? Avresti potuto essere molto più fantasiosa, sai. Ma c'è sempre tempo... » Per altre scommesse? Per dare sfogo alle fantasie? « Ma ti capisco, sai. I miei appunti sono tra, se non proprio i migliori di tutta la scuola. Eccezionale e Oltre Ogni Previsione assicurati in ogni materia. » Sono diverse le volte in cui Nate Douglas, guidato dal forse eccessivo narcisismo che è insito in lui, esagera, pompa troppo la sua figura e finisce per disegnare se stesso e le proprie qualità come qualcosa di spettacolare, ma in questo caso non sta ingigantendo nulla. È sempre stato, fin dal primo anno di scuola, uno dei migliori studenti del suo anno - se non il migliore - ed oltre a tenere sempre i propri appunti ordinati e ben organizzati, tende ad integrarli per quel che può con ricerche aggiuntive o riflessioni personali. Un piccolo capolavoro, in pratica. Si stringe nelle spalle, prima di lasciarsi andare ad un sospiro leggero. « Beh, si vede che hai un certo tipo di priorità, nella vita » la guarda con la coda dell'occhio, mentre il suo volto è puntato proprio davanti a sé, verso un gruppo di Corvonero che ancheggiano beatamente in direzione della Sala Grande. Lascia correre il proprio sguardo lungo la figura slanciata di una di loro in particolare, prima di tornare a concedere la propria attenzione alla Serpeverde e alle sue previsioni.
    Ascolta tutto il suo discorso sulla Morgenstern, annuendo di tanto in tanto, con fare quasi distratto. Non le è mai piaciuta quella ragazza. Tette magnifiche, per carità, ed un sedere degno di nota, ma quel broncio perenne rovinava sempre qualunque tipo di fantasia potesse mai avere su di lei. Di sicuro meglio la Potter. « Una cosa però è certa: ai Grifondoro piace la leadership femminile. E la Weasley è una leonessa fatta e finita. E' carismatica come il fratello, solo che ha le tette. E' molto probabile che puntino su di lei. E sarebbe una grandissima stronzata. Spero vivamente che nessuno di noi due abbia ragione e tirino fuori un nome insospettabile. » Si stringe nelle spalle, poco convinto. Sa ben poco sulla Weasley, lui, e per quanto gli riguarda questo è tutto dire. La popolarità, anche al di fuori della propria casata, è qualcosa di fondamentale se si tratta della figura di un Caposcuola; ed è vero che i membri della casata di Godric non siano abbastanza acuti da fare un ragionamento del genere ma, per come la vede lui, è una specie di selezione naturale. I peggiori vengono eliminati a prescindere.
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    « Non saprei dirti. Fred è un po' fuori di testa, ma devo ammettere che ha un suo perché, quel ragazzo. Ma non devo venire a dirlo a te, no? Se non sbaglio, tu un perché ce l'hai già trovato tempo fa » solleva un angolo delle labbra e incontra gli occhi chiari di lei, l'espressione divertita. La verità è che sa ben poco di lei e Weasley, se non che un tempo stavano insieme. Non è nemmeno certo se si siano lasciati in modo amichevole o meno ma, nel dubbio, lui dissimula. Finge sicurezza lì dove ce n'è ben poca. « Andiamo, davvero non ti piacerebbe diventare Caposcuola insieme a lui? In onore dei bei vecchi tempi... » le fa un occhiolino e ride di nuovo, per poi scuotere leggermente la testa. Decide di lasciar cadere l'argomento così da farla continuare, perché sa che questo non è il caso e perché lui, i limiti delle persone, cerca di testarli a poco a poco.
    « Tallulah Weasley, intelligente, fuori dagli schemi, enigmatica. Incarna quegli ideali che i Corvonero apprezzano tanto. La candidata ideale, in pratica. L'unico modo in cui la MacBride potrebbe tornare Caposcuola, è se i Caposcuola venissero eletti dall'alto. E' un'ottimo elemento, ma non ha la spina dorsale. Sono certa che chiunque dovesse venir fuori, i Corvonero ci stupiranno; loro ribalteranno la tradizione. » Aggrotta le sopracciglia, piegando leggermente la testa di lato, mentre si ritrova a ponderare quell'eventualità. Amunet sta prendendo quella sfida forse più seriamente di lui, trovando motivazioni più profonde e articolate per ogni sua proposta - come d'altronde è tipico delle donne. Ma questo non lo intimidisce più di tanto, perché sa bene che, per quanto l'essere così analitici possa giovare, nella vita, talvolta le risposte più corrette sono quelle più semplici e apparentemente banali.
    « Interessante » commenta, annuendo con fare pensieroso. « È probabile anche questo, in effetti. Ma non saprei - dipende tutto da quanto sale in zucca abbiano i Corvonero di questi tempi. » E per quanto si possa dire in giro che sono loro, la casata dell'intelligenza e dell'astuzia, è palese come negli ultimi tempi non abbiano brillato particolarmente in questi ambiti. I Serpeverde, d'altro canto, sono stati capaci di brillare in ogni situazione, grazie a grandi personalità, ovviamente. Ascolta anche i pronostici su Tassorosso, questa volta con meno interesse rispetto alle altre casate. « La Branwell... è quella biondina che stava col Potter scemo? » le chiede, una scintilla d'interesse che illumina i suoi occhi chiari per un istante tanto intenso quanto irrisorio. « Non un granché » commenta infine, stringendosi nelle spalle.
    « Ma ora parliamo di questioni serie. Parliamo di noi. Sul fatto che io potrei vincere sembra che concordiamo. Ma non per le stesse motivazioni. Stando al tuo ragionamento ci sarebbe una candidata migliore: La Cavendish. Sì, io sarò anche carina.. ma lei è bella, è coinvolgente e incarna lo spirito di superiorità della nostra casata. Peccato che ha più di una rotella fuori posto. Noi stiamo uscendo da un periodo particolarmente florido in cui abbiamo avuto un grande Caposcuola. E a noi piace che le eredità vengano raccolte. Perdere quanto Watson ha costruito sarebbe un peccato, e con la Cavendish.. beh, non c'è bisogno che io ti dica cosa potrebbe accadere. Probabilmente sarò io perché ho questo.. come il nostro ex Caposcuola. »
    Annuisce, interessato. Sono arrivati alla stessa conclusione, ma con ragionamenti diversi. In fondo, per quanto bella e rappresentativa della loro casata, Nate aveva eliminato la Cavendish dalla sua testa a prescindere: sempre per selezione naturale. Solo i migliori hanno il privilegio di essere considerati nei suoi ragionamenti intricati, e per una psicolabile come la bionda non c'è posto nei sentieri che l'hanno portato alla decisione. Quindi forse lui e Amunet hanno compiuto il medesimo percorso, con l'unica differenza che il riccio si è fatto guidare, per lo meno in parte, dal proprio istinto, mentre lei ha scelto di affidarsi completamente al proprio cervello. Semplici scelte strategiche, niente di più. « È vero in effetti » dice, lasciando cadere lo sguardo su quel bel faccino che, già lo sa, sarà la futura firma della ragazza. « Quello potrebbe aiutarti. Non che io sia da meno in questo campo, devi riconoscerlo, ma si sa che in queste cose voi donne avete una marcia in più. » Un mezzo sorriso sarcastico a colorargli l'espressione. È ovvio che non sta facendo riferimento a nessun tipo di dote mentale o qualità di carattere. Per dirla in parole povere e non troppo volgari, come lei stessa ha detto poco fa, d'altronde, ha le tette. « Sai che non puoi paragonarti a Watson, però. In quel caso non c'è proprio competizione. »
    « Direi che a questo punto, i giochi sono fatti. » Le sorride, annuendo di conseguenza, e si allunga con un braccio quel poco che basta per chiudere il piccolo quaderno sulle ginocchia della ragazza, il leggero tonfo, come una stretta di mano, a suggellare quel piccolo patto improvvisato in un momento di noia.
    « Direi di sì » le fa eco, sornione, osservando dal basso il suo profilo. Resta in silenzio per qualche istante, quasi ad ascoltare l'eco delle sue stesse parole. « Quasi comincio a sperarci, che sia tu a vincere. Sarebbe una buona opportunità per spiccare » aggiunge, con tono mellifluo. « Vorrei solo ricordarti, cara, che questi non sono che - appunto - giochi. E che il vincitore otterrà non una spilla ma un breve, seppur intenso, momento di felicità. » Kingsley non avrebbe acconsentito ad altro. I suoi piani per gli studenti di Hogwarts sono quelli di obbligarli a sottostare alle sue decisioni, essere rappresentati da qualcuno sarà utile a ben poco, specie se le nomine non sono state fatte dall'alto. E Nate, in fin dei conti, nella democrazia non ci ha mai creduto davvero. Lo sguardo si assottiglia, senza mai distogliersi dalla figura della ragazza. « Ma ricordatelo questo, Carrow, qualunque sia l'esito di queste elezioni. Il popolo sceglie sempre Barabba. »
     
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    Nathan Douglas. Non si è mai fatta un'idea ben precisa sul tipo di persona che fosse. Certo, le ha sempre dato l'impressione di uno che nascondesse più di uno scheletro nell'armadio, perché in fin dei conti, forse, in un modo molto insolito, Nate le ricordava se stessa - quanto meno la Mun che si è profilata per i corridoi di Hogwarts da due anni a questa parte. Sempre pronti a fregare qualcuno, provocare, restando tuttavia sempre nell'ombra, senza mai osare troppo, ma nemmeno troppo poco. Un equilibrio davvero difficile da raggiungere, soprattutto all'interno di una fauna così variegata e spesso snervante come quella del castello scozzese. Ascoltò quindi pazientemente il suo ragionamento sull'improvviso eccesso di democrazia messo in atto da Kingsley. Qualcosa su cui Mun concordava pienamente. Era certa che chiunque avesse vinto, non avrebbe avuto beneficio altro, se non una spilla diversa dai propri concasati, forse qualche responsabilità fittizia e niente di più. Annuì quindi nel sentirlo concludere il suo ragionamento « Quindi in sintesi sì, sono curioso, ma non mi struggo più di tanto perché non ne vale proprio la pena. » Sorride nel sentire quelle parole e si stringe nelle spalle. Se dovesse dare una spiegazione piuttosto semplicistica e simile a quelle che il suo dio della morte dà a lei, direbbe lo faccio perché mi annoio. Perché in fin dei conti, non c'è cosa peggiore della noia per una ragazzina come Mun, sempre così piena di idee che le brulicano per la testa, sempre grondante di nuove cose da voler fare e mettere in atto. E in fin dei conti, quel loro gioco è un po' questo. Lo faccio perché mi annoio. Perché Mun, ha ripreso molte delle caratteristiche di Ryuk, e per il suo dio, non c'è nulla di peggiore della noia. Spesso le spiega che ha scelto lei, perché oltre ad essere un soggetto interessante da sé, è circondata da una serie infinita di elementi degni di nota, perfetti per dare spettacolo e intrattenerlo in questa sua lunga quanto insopportabile eternità. Poi arriva la sua richiesta; ci sono tante cose che potrei desiderare, troppe davvero, e molte di queste, Nate non le può neanche lontanamente immaginare e non potrebbe nemmeno ottenerle. C'è una parte di questa ragazza, un fetta di se stessa, che è ampiamente intrigata dall'irraggiungibile, dall'occulto, da tutto ciò che il suo dio le ha insegnato e che forse non avrà mai nemmeno lontanamente l'occasione di vedere di persona. « Sul serio, Carrow? Hai questo davanti e te ne esci con una richiesta del genere? Avresti potuto essere molto più fantasiosa, sai. Ma c'è sempre tempo.. » Si capiscono, Mun e Nate, parlano la stessa lingua, recitano la stessa poesia, sanno toccare le stesse corde. E' una melodia che a tratti assume tratti davvero ambigui. Giocano senza pudore. « Ma ti capisco, sai. I miei appunti sono tra, se non proprio i migliori di tutta la scuola. Eccezionale e Oltre Ogni Previsione assicurati in ogni materia. Beh, si vede che hai un certo tipo di priorità, nella vita. » Oh, non hai idea Nathan. Non hai davvero idea. Ryuk sorride alle sue spalle, e per un secondo, le pare stia cercando di catturare lo sguardo di Nathan rispecchiando i suoi enormi occhi rossi in quelli del ragazzo. Scommetto che trovi interessante anche lui. Un pensiero che Mun sa di potersi tenere per sé, e che pure la intriga maggiormente. Non sono molte le persone che Ryuk trova davvero interessanti. Da quando si trovano insieme, lo avrà visto intento a studiare non più di due o tre persone che la ragazza ha incontrato lungo il suo cammino. « Oh Nathan, caro, non voglio mica costringerti a fare qualcosa che non vuoi. Non sono così sadica. » Un sorriso angelico si dipinge sul suo volto. Ogni volta, Mun rincara la dose un po' di più, si spinge un po' oltre, in punta di piedi, con discrezione, esattamente come il suo dio le ha insegnato. « E poi, sto ancora decidendo se sei degno della mia fantasia. » Appunto.

    « Non saprei dirti. Fred è un po' fuori di testa, ma devo ammettere che ha un suo perché, quel ragazzo. Ma non devo venire a dirlo a te, no? Se non sbaglio, tu un perché ce l'hai già trovato tempo fa » Ed è questo il momento in cui qualcosa nel cuore di Mun cambia. In un modo o nell'altro Freddie è ovunque. Freddie è amico di tutti, Freddie conquista tutti, e quel Freddie non è il suo Freddie. Quello è il Freddie che lei evita come la peste rossa che piuttosto che vedere o sentir parlare, preferirebbe farsi tagliare un braccio nel più sadico dei modi. Non ha accusato bene quella separazione, ci ha messo molto per superarla e anche ora, dopo tutto questo tempo, qualcosa di Freddie, del risentimento per lui, era rimasto. « Andiamo, davvero non ti piacerebbe diventare Caposcuola insieme a lui? In onore dei bei vecchi tempi..»
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    La domanda non le va affatto a genio. Non le piace quella prospettiva; anzi se possibile, vorrebbe scacciarsela dalla testa, ma ora che il giovane Douglas l'ha messa sul piatto, risulta alquanto difficile farlo. In cuor suo le piacerebbe che le cose tra lei e Freddie fossero più facili da gestire, ma non è così. Non lascia trapelare niente, e risponde con aria indifferente. « Sarebbe una catastrofe di proporzioni bibliche, anche se - lo ammetto - sarebbe davvero divertente vedere Grifondoro autodistruggersi. » Erano stati tempi duri quelli con la Morgenstern al comando e la Potter come suo secondo. Serpeverde, lo stesso Watson, avevano avuto filo da torcere, con la casata degli scemi per eccellenza, forse perché le due, avevano tutta l'aria di essere capitate nella casata sbagliata. Ora, semmai Freddie Weasley fosse stato eletto, i ruoli di ciascuna casata sarebbero tornati al loro elemento naturale, e Grifondoro sarebbe ricaduta su stessa in quell'allure di scemenza perpetua. I ragionamenti continuano. Continuano il districarsi tra strategie ed eventuali preferenze di voto. Non è certo facile trovare una risposta giusta a quei quesiti. Non con la popolazione di Hogwarts. Potremmo anche sbagliare. Entrambi. I tempi sono cambiati, la musica è cambiata. E seppur viviamo nell'istituzione più conservatrice del Regno Unito, anche qui, il tocco della novità ci sta lentamente travolgendo. « La Branwell... è quella biondina che stava col Potter scemo? » Mun annuisce. Parlare di Betty le riporta sempre alla mente ricordi belli e ricordi meno belli. Un tempo erano una sorta di amiche. A scuola non parlavano poi molto, ma c'erano quei momenti d'estate, loro due e i ragazzi. Quella era tutta un'altra cosa. « Non un granché » Non sa perché, ma quel commento non lo gradisce poi molto. Si stringe nelle spalle con noncuranza prima di posare gli occhi nei suoi. « Su questo ti sbagli. » Gli dice con l'ombra di un sorriso sulle labbra. Finiti i ragionamenti anche sulla casata di Salazar che li mette d'accordo, i giochi possono considerarsi conclusi. Lui chiude il taccuino e quella ritualità scandisce il suggellarsi del patto. Un sorriso leggermente malizioso di dispiega sulle sue labbra mentre posa lo posa all'interno delle larghe tasche del suo cappotto. Oh quanto ama quel cappotto. Costerà più di tutto il guardaroba della sua compagna di stanza. « Quasi comincio a sperarci, che sia tu a vincere. Sarebbe una buona opportunità per spiccare » « Ah si? Per chi? » Una domanda a bruciapelo mentre salta giù dal bordo della piscina solo girargli intorno e trovarsi di fianco a lui dall'altra parte. Appoggia i gomiti alla superficie in pietra alle sue spalle, chiudendo gli occhi per godersi i raggi di quel pomeriggio soleggiato. Forse uno degli ultimi che vedranno. Si sa, l'inverno e il grigiume sono la costante nella profonda Scozia; lì già a fine agosto, il fresco si fa sentire particolarmente, soprattutto di notte. Quasi quasi le manca il campo estivo. Quel silenzio, il caldo, i bagni al lago e in piscina. Mun non aveva apprezzato quei piaceri in compagnia, ma da soli, erano le cose più meravigliosi che si potessero fare per trascorrere un'estate di tutto rispetto. « Vorrei solo ricordarti, cara, che questi non sono che - appunto - giochi. E che il vincitore otterrà non una spilla ma un breve, seppur intenso, momento di felicità. » Lei sorride appena, prima di rivolgergli nuovamente uno sguardo eloquente. « Oooh, ti stai già preoccupando per me; hai paura che ci resti male. Questa è una cosa tanto tenera. Attento Nathan, potrei pensare che hai un debole per me, e questo sarebbe davvero un gran guaio. » Sta ancora giocando, Mun e in un certo qual modo, sa che nemmeno Nathan ha davvero smesso di giocare. E' in quel momento che decide che, qualunque sarà l'esito della loro scommessa, quella bevuta gliela organizzerà in ogni caso. E sarà degna di un principe, caro Douglas. Sono curiosa di vedere dove vuoi andare a parare. « Ma ricordatelo questo, Carrow, qualunque sia l'esito di queste elezioni. Il popolo sceglie sempre Barabba. » Resta per un istante a fissarlo. E' sveglio, molto più sveglio di quanto immaginasse. Per molto tempo la Carrow ha pensato Douglas fosse tutto fumo e niente arrosto. E invece no. Quella testolina riesce a ragionare perfettamente e anche con una certa eloquenza anche oltre i libri di testo. Ci sono quei secchioni che vanno da dio a scuola, ma che non appena tirati fuori dal loro elemento naturale, non riuscirebbero a tirar fuori mezzo ragionamento intelligente. Nathan non è uno di loro. Mette il braccio attorno al suo trascinandolo lontano dalla fontana. Ha voglia di camminare, forse persino farsi guardare in compagnia di lui. Se le voci corrono, lasciamole correre. Nuovo anno, nuova vita; e dopo due anni di silenzi e rimpianti, quella lite l'altra sera con Potter, l'ha aiutata a capire che Mun di piangersi addosso non ha più voglia. E' tempo di spiccare, di gioire e di brillare, a discapito delle malelingue. Se devono parlare, diamogli almeno qualcosa di cui parlare.« Scopriremo presto che cosa questo popolo vuole. » Gli dice mettendosi gli occhiali da sole scuri, mentre si concede quella passeggiata a passo lento. « Mettiamo il caso che entrambi abbiamo ragione sull'unico punto su cui concordiamo. » Amuneth Haelena Carrow, Caposcuola Serpeverde. « E' molto probabile che il mio raggio d'azione sarà davvero ridotto. Ma, una carica è una carica, e se la si sa sfruttare, lo si fa anche nei più aridi dei periodi. Ovviamente questo ragionamento non verrà fatto dagli altri. Si vedranno togliere i giocattolini da sotto gli artigli e quindi penseranno di esser stati presi in giro. » Sospira e si stringe nelle spalle. « Beh, è ovvio che in questo caso ci sarà un - seppur friabile e sottile - vuoto di potere. » Potere sulle menti delle persone. Sulla loro percezione. Sul loro comune vivere. Una spilla è una leva; crea sempre e comunque una certa idea, soprattutto se ancorata a un vecchio concetto come i Caposcuola, che sono sempre stati importantissimi. « Un vuoto di potere che pochi saprebbero sfruttare e raccogliere. » Pausa. « Ecco.. immagino che avrò bisogno di aiuto per occuparlo, di un compagno, qualcuno su cui contare. » Sospira nuovamente con fare plateale. « Mi chiedo chi mai sarebbe all'altezza del compito. »

     
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    Di Amunet Carrow sono tante le cose che Nate Douglas non ha mai capito. Non ha capito quell'essere tanto gelida, talvolta, nei confronti di tutti; non ha capito il suo continuo ostinarsi a ronzare intorno a Freddie Weasley il quale, per quanto possa essere simpatico e un ragazzo in gamba, non è chiaramente alla sua altezza; e non capisce i suoi sguardi, di tanto in tanto, così enigmatici e ricchi di significati che pensa perderebbe giorni a decifrarli in toto. Però forse, si dice, ne varrebbe la pena, capirla davvero, vedere di fronte a sé il dispiegarsi dei suoi ragionamenti come uno schema chiaro e cristallino, conoscere le vere intenzioni di ogni suo gesto, occhiata, parola. Il giovane Douglas lo pensa di tutti, questo, è pur vero, e forse non c'è davvero niente al mondo che desidererebbe di più se non insinuarsi nelle menti altrui, capirne il funzionamento per riuscire a manipolarle al meglio; però la Carrow riesce a posizionarsi probabilmente su un gradino più in su rispetto al resto, nella scala delle priorità. Almeno per adesso. E forse non sarà mai in grado di leggere nelle menti altrui e scoprirne facilmente i segreti più reconditi, ma può pur sempre limitarsi a presumere, attraverso l'analisi attenta che concede sempre ai suoi interlocutori. « E poi, sto ancora decidendo se sei degno della mia fantasia. » Solleva un angolo delle labbra in un mezzo sorriso, questa volta, di fronte a quella provocazione. Inarca leggermente un sopracciglio, divertito, ruotando di poco il capo, così da incontrare il suo sguardo. Decide di non risponderle - non a voce, per lo meno: si limita semplicemente a stringersi nelle spalle e a sospirare, trasognante, mentre sposta lo sguardo verso un finto orizzonte di fronte a sé, che altro non è che la chioma bruna di una Corvonero che si allontana. Deve ammetterlo a se stesso, non replicare con qualcuna delle sue battute sagaci, questa volta, gli costa parecchio, ma fa comunque in modo di trattenersi, sempre convinto che in certe situazioni un silenzio eloquente valga più di migliaia di parole messe perfettamente in fila.
    « Sarebbe una catastrofe di proporzioni bibliche, anche se - lo ammetto - sarebbe davvero divertente vedere Grifondoro autodistruggersi. » A queste parole piega leggermente la testa di lato, per osservarla incuriosito. Non è certo che lei sia del tutto sincera: avrebbe giurato di aver colto, giusto qualche giorno fa a cena, uno sguardo di fuoco tra lei ed il Grifondoro, e di rado si sbaglia quando si tratta di queste cose. Ma le concede il beneficio del dubbio, perché non ha avuto davvero modo di accertarsi della cosa e perché, in fin dei conti, non lo ritiene poi così rilevante al bilancio dei suoi tornaconti. Semplicemente ogni tanto questa storia lo incuriosisce, perché sì, Nate Douglas è anche capace di essere pettegolo a volte, ma niente di più.
    Aggrotta le sopracciglia, mostrandosi quasi colpito dall'affermazione della ragazza, per poi chiudere gli occhi e scuotere leggermente la testa con fare teatrale, una finta espressione di delusione dipinta sul volto. « Carrow, Carrow... Ci risiamo. Perché sempre a parlare di distruzione, tu? Lo sai, le cose potrebbero essere viste sotto una prospettiva diversa » si stringe nelle spalle, un ampio sorriso che gli colora il volto mentre batte più volte le palpebre, spostando lo sguardo di fronte a sé. « Cerca di essere più positiva nella vita. Il mondo è bello, in questa scuola ci sono quattro fantastiche casate che si vogliono bene, e non è necessario che qualcuna di queste si autoelimini dai giochi affinché un'altra prevalga. » La guarda con la coda dell'occhio. Sa che sta seguendo il suo discorso, che ha compreso quello che vuole dirle: lui non sta parlando di collaborare, né di andare d'amore e d'accordo, e nemmeno di sopportarsi. Semplicemente di esistere insieme, e lottare, fino allo stremo delle forze, come soltanto loro figli di Salazar sono in grado di fare, con i loro giochi e trucchetti loschi che da sempre li hanno caratterizzati, senza mai distruggersi davvero. Perché così è di gran lunga più divertente. E poi perché non è necessario uccidere, per essere i più forti. Perché a volte è necessario muovere le giuste pedine affinché l'esercito nemico faccia dietro front e si allinei con il proprio. È sufficiente mostrarsi abbastanza impeccabili agli occhi altrui da instillare in questi il classico pensiero del Se non puoi batterli, allora unisciti a loro. « E Fred Weasley... Non essere così dura con lui. Se dovesse davvero vincere, potrebbe essere un Caposcuola sorprendente, sai. » Di questo, Nathan non ne è del tutto certo; ma è solito dare a tutti un margine di dubbio e, come per Amunet, si riserva dal fare qualunque giudizio sul ragazzo per quanto riguarda la capacità di tenere le redini di una casata, perché, se mai si presenterà sul serio l'occasione di doverlo giudicare, si assicurerà di avere i mezzi e le informazioni necessarie per farlo.
    « Ah sì? Per chi? » Sorride e si stringe nelle spalle, per poi puntare gli occhi in quelli di lei. Con Amunet è quasi impossibile mantenere quella che fra le caratteristiche che possiede è forse la sua preferita: la vaghezza. Nate ci sguazza dentro, nell'indefinito, nel confuso, in tutto quello che è a interpretazione. Tende sempre a lasciare le frasi un po' a metà, a non farsi capire mai completamente dal proprio interlocutore, a lasciargli lo spazio di dare un proprio significato alle parole che pronuncia. Non lo fa per pigrizia, o per disinteresse: ci sta sempre ben attento, lui, ad ogni singola frase che sfiora le sue labbra, e quando ha interesse a farsi capire davvero, a che non ci sia assolutamente spazio per fraintendimenti, è in grado di scegliere proprio i termini corretti perché questo accada.
    Ma essere forzato a spiegarsi, a completare le proprie frasi, a interrompere la magia che crea quell'indeterminatezza, quello non gli piace proprio. « Per te, ovviamente » risponde in ogni caso, spostando lo sguardo da un'altra parte e assottigliando leggermente le palpebre, come improvvisamente interessato a qualcos'altro che lei non può vedere. « La nostra casata non ha bisogno di essere ulteriormente in risalto. Tu, d'altro canto, potresti beneficiare da questa cosa. E io, checché se ne dica, sono una persona altruista, mi fa piacere vedere i miei amici che succedono. » Di nuovo quel mezzo sorriso sulle labbra. La guarda, indecifrabile, prima di lasciarsi andare ad una risata leggera. Difficile si pensi che sia stato sincero, in questo frangente, eppure non si può mai sapere. Magari, si ritrova a pensare un attimo, tra sé e sé, gli farebbe davvero piacere vedere la mora vincere la spilla semplicemente perché sa che la renderebbe soddisfatta, e per nessun altro motivo. Forse in questa sua speranza non ci sono davvero secondi fini. Oppure vuole soltanto guadagnarsi un drink a sue spese. Ride allora, alla sua provocazione, e si ritrova ad annuire piano. « So che ti piacerebbe molto, se avessi un debole per te. Non è vero? » la spia dall'alto, un sopracciglio leggermente inarcato. Non può esserne certo, come in tutte le cose, eppure pronuncia quelle parole come se fossero una verità già collaudata. « Ma in realtà lo faccio per te, sai. Te l'ho detto, e ti voglio mettere in guardia. Non voglio che tu ci rimanga troppo male. E poi sei carina, Carrow, ed è sempre un peccato quando le ragazze carine piangono. » Te lo insegnano il primo giorno di scuola, questo. A essere sincero non l'ha ancora ben inquadrata, la Serpeverde, nemmeno dopo tutti questi anni, eppure qualcosa gli dice che lei non è una di quelle che piangono facilmente. Lascia che le afferri il braccio e lo guidi in quella passeggiata tranquilla per il cortile, a passo lento, proprio come una coppia di anziani signori che si sgranchiscono le gambe dopo pranzo e parlano del più e del meno o riflettono sulla vita.
    « Scopriremo presto che cosa questo popolo vuole. Mettiamo il caso che entrambi abbiamo ragione sull'unico punto su cui concordiamo. »
    « E che quindi tu diventi la regina dei serpenti » si preoccupa di esplicare, gli angoli delle labbra che si piegano in un sorriso rilassato, mentre guarda dritto di fronte a sé, le orecchie però sempre attente a quello che la ragazza sta per dire. È quasi come una partita di scacchi, quel loro piccolo discorso, e Nate all'improvviso si scopre dilettato dalla cosa più di quanto probabilmente dovrebbe. Attende ogni sua mossa con ansia, come se non vedesse l'ora di sparare la propria risposta e continuare quell'infinito gioco di raffinato botta e risposta.
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    La ascolta parlare, attento, seguendo ogni suo ragionamento e sorridendo davvero solo nel momento in cui coglie dove sta andando a parare.
    « Beh, è ovvio che in questo caso ci sarà un - seppur friabile e sottile - vuoto di potere. Un vuoto di potere che pochi saprebbero sfruttare e raccogliere. Ecco.. immagino che avrò bisogno di aiuto per occuparlo, di un compagno, qualcuno su cui contare. Mi chiedo chi mai sarebbe all'altezza del compito. » Ed è in questo momento che l'espressione del ragazzo si scioglie, gli occhi sembrano illuminarsi, curiosi, e le labbra piene si distendono in un sorriso rilassato. Sbuffa a ridere, piano e con la solita eleganza che lo caratterizza, per appena qualche secondo, quasi irrisorio, eppure ride di fronte a quella richiesta. Perché è così che la vede, nonostante le parole utilizzate dalla ragazza, nonostante l'ars oratoria sfruttata al massimo e nonostante quegli sguardi complici che gli ha rivolto mentre portava avanti il suo discorso. Si ritrova a pensare che, tutto sommato, è una in gamba questa Carrow - più di quanto pensava.
    Sospira, sollevando lo sguardo e puntando le iridi chiare sulla sagoma di un fantasma che fluttua a mezz'aria, appena sopra le loro teste, come se ci stesse riflettendo su, chiedendosi effettivamente chi sarebbe il candidato migliore per il profilo che la ragazza le ha appena descritto. Un compagno. « Direi che è abbastanza chiaro che la scelta ovvia è una persona sola » dice alla fine, dopo averla guardata in viso per un lungo istante. Per quanto gli piacciano i giri di parole, le metafore e le perifrasi, ci sono momenti in cui sente la necessità di parlare chiaro, in modo conciso e decisamente semplice. « Diciamoci la verità Carrow, sei fantastica e tra i Serpeverde ti vogliono bene tutti quanti, ma fuori dai sotterranei che succede? » fa una pausa, quasi come se le volesse lasciar fare mente locale. Non è necessario esplicare ad alta voce quello che entrambi stanno pensando, perché è fin troppo chiaro. « E poi ci sono io. Che ho tante conoscenze, mi so comportare e potrei avere un paio d'informazioni utili a colmare il tuo famoso vuoto di potere. Potrei esserti davvero utile. Anzi, potrei essere quasi essenziale alla riuscita del tuo piccolo piano diabolico. » Parla con serenità, in un tono quasi dolce, spostando di tanto in tanto lo sguardo dal cortile di fronte a sé al volto della ragazza, e mantiene quel ritmo lento dei loro passi anche nell'andatura del suo discorso. « Il punto, adesso, è... » che diciamoci la verità Carrow, gentilezza o no, qui non si fa niente per niente. « Com'è che potresti essere tu utile a me? »
     
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    « Carrow, Carrow... Ci risiamo. Perché sempre a parlare di distruzione, tu? Lo sai, le cose potrebbero essere viste sotto una prospettiva diversa. Cerca di essere più positiva nella vita. Il mondo è bello, in questa scuola ci sono quattro fantastiche casate che si vogliono bene, e non è necessario che qualcuna di queste si autoelimini dai giochi affinché un'altra prevalga. » Il ragionamento del giovane Douglas non fa una piega; ma non appartiene alla nostra piccola Carrow. Per lei ogni vittoria deve essere necessariamente schiacciante, altrimenti non è una vittoria. Quando qualcosa non funziona, il suo modus operandi le impone di eliminarlo, schiacciarlo definitivamente, perché, altrimenti, potrebbe riemergere. Così succede nella sua attività scolastica e così accade soprattutto nella sua sopravvalutata vita personale e sentimentale. Mun schiaccia prima di venire schiacciata. Distrugge, elimina, scompone. Un agente di caos, celata nelle carni di una dolce donzella dall'aspetto candido e infinite belle parole da spargere a chiunque abbia orecchie per sentirle e occhi per ammirarla. « E Fred Weasley... Non essere così dura con lui. Se dovesse davvero vincere, potrebbe essere un Caposcuola sorprendente, sai. » Decise di passare oltre quell'argomento. Conosceva bene Freddie, sin troppo per il suo stesso bene, e sapeva che il ragazzo teneva molto alla sua casa, i suoi compagni di squadra lo stimavano molto e quando si impegnava sapeva essere davvero un ottimo elemento. Più di una volta Mun lo ha aiutato con i compiti. Non era stupido, solo troppo pigro per mettersi a studiare. Certo, il suo modo di ragionare era molto diverso da quello che lei collocava nell'ordine dell'astuzia, ma anche Freddie, dalla sua, godeva di una furbizia tutta sua. Ci sapeva fare insomma, sapeva destreggiarsi tra i problemi che gli venivano messi di fronte e cavarsela con tanto di sorriso paraculo stampato sul volto. Freddie sarebbe stato un ottimo Caposcuola, forse addirittura meglio della Potter, sicuramente più adatto della sorella, perché Freddie aveva quel fuoco dentro di lui, quella fiamma irriverente con cui affascinava chiunque venisse a contatto con lui. Lei lo sapeva, meglio di chiunque altri. Purtroppo, conosceva anche il suo lato oscuro. La sua estrema immaturità, conosceva i suoi capricci, le sue paturnie, il suo prendere assolutamente tutto sul personale. Poteva essere la migliore cosa che sarebbe capitata a Grifondoro, così come la peggiore. Ma tutto questo, Mun se lo tenne per sé. Si passa ad altro, e Mun, in cuor suo è lieta di ciò. « La nostra casata non ha bisogno di essere ulteriormente in risalto. Tu, d'altro canto, potresti beneficiare da questa cosa. E io, checché se ne dica, sono una persona altruista, mi fa piacere vedere i miei amici che succedono. » Ascolta con molta attenzione quel ragionamento, mentre assottiglia lo sguardo, quasi come se volesse vedere oltre le sue parole. « So che ti piacerebbe molto, se avessi un debole per te. Non è vero? Ma in realtà lo faccio per te, sai. Te l'ho detto, e ti voglio mettere in guardia. Non voglio che tu ci rimanga troppo male. E poi sei carina, Carrow, ed è sempre un peccato quando le ragazze carine piangono » Anche Ryuk ride assieme a lei questa volta; una risata che cela in un certo qual modo una specie di malignità, che la ragazza preserva nel suo animo che le piaccia o meno. Mun e il dio della morte per una volta in sintonia, messi di fronte a una chiara altezzosità che non gradiscono. Lo faccio per te. Glielo ha ribadito più di una volta. E questo Mun non lo gradisce particolarmente. La gente pensa che lei abbia bisogno di protezione, e lo pensa sempre a posteriori quando ormai Mun non ha più bisogno di nessuno. E' sempre successo così; la sua vita è la parabola di un perenne lo faccio per te, sono preoccupato per te, ma sempre nei momenti meno adatti, quando ormai, della preoccupazione altrui - seppur chiaramente finta come quella di Douglas - se anche ci credesse, non se ne fa nulla. E ancora una volta, Mun tace; lo fissa con quello sguardo enigmatico, mentre si stringe nelle spalle, prendendolo a braccetto, pronta a farsi ammirare in sua compagnia. Una mossa di marketing di cui a dirla tutta gliene frega ben poco. Mun non è mai stata una tipa da apparenze, non le è mai interessato cosa le voci dicessero sul suo conto. Di cose brutte e poco gentili durante gli anni ne ha sentite a bizzeffe sul suo conto. Il periodo migliore della sua vita è stato quello in cui stava insieme a Freddie. Il rosso non avrebbe mai lasciato che qualcuno parlasse male di lei e seppur non abbia potuto fermare tutte le malelingue, durante quei mesi, Mun ha sentito meno l'oppressione di quegli sguardi indagatori, di chi la guardasse con diffidenza per via del suo cognome. S'immergono in quei discorsi tipicamente da Serpeverde. Un discorso che la stessa Carrow introduce, forse per metterlo alla prova, per vedere dove vuole andare a parare, quanto in là è in grado di andare il giovane Douglas. Cosa vuoi da quest'ultimo anno Nate? Cosa desidera quella tua testolina? E cosa brama il tuo cuore? « Direi che è abbastanza chiaro che la scelta ovvia è una persona sola » Ma non mi dire. « Diciamoci la verità Carrow, sei fantastica e tra i Serpeverde ti vogliono bene tutti quanti, ma fuori dai sotterranei che succede? » Scoppia a ridere; i Serpeverde le vogliono bene. Questa è una novità che non si aspettava. « E poi ci sono io. Che ho tante conoscenze, mi so comportare e potrei avere un paio d'informazioni utili a colmare il tuo famoso vuoto di potere. Potrei esserti davvero utile. Anzi, potrei essere quasi essenziale alla riuscita del tuo piccolo piano diabolico. Il punto, adesso, è.. Com'è che potresti essere tu utile a me? » Ma certo.. nulla è gratis nella vita. Nessuno meglio della Carrow può sapere. Ogni dimostrazione di forza nella sua vita, si paga in giorni di vita che non vedrà mai. Ogni momento di onnipotenza equivale a trenta albe che non si sveglierà mai per vedere. Ma se di una cosa è certa, è che più della vincita, ciò che sprona il mondo, è l'aspettativa della vincita, l'adrenalina, il momento che intercorre tra il punto di partenza e il punto di arrivo. La scalata ha molto più da offrire, della vetta della montagna. E allora lei si ferma per poterlo guardare attentamente negli occhi. Piega appena la testa di lato e sospira affondo, mentre un sorriso colmo di sottintesi le si dipinge su quel volto dalle noti innocenti.
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    « Vedi Nathan, tu sei molto bello e sei anche particolarmente affascinante. Sei sveglio e provieni da un'ottima famiglia. Sarebbe facile arrivare a provare qualcosa per te; e lo sarebbe anche per te nei miei confronti, ne sono certa. » Mun non ha mai provato imbarazzo nel impartire complimenti, soprattutto se veri. Le sistema appena il colletto della giacca, lisciandogli la camicia al di sotto di quest'ultima. « Ma se pensi che mi piacerebbe che avessi un debole per me, sei davvero stupido. E avere un debole per me ti renderebbe davvero sciocco. » Eccola Amunet Carrow, protetta del dio della morte, figlia di Abraxis Carrow, sorella di Deimos, Jolene e Ares. La più piccola eppure, per certi versi la più letale. « Non me ne faccio niente dell'amore delle persone, della loro benevolenza, del loro benestare. Il terrore invece.. oh, quello è tutta un'altra cosa. » Alza lo sguardo in quello di lui. Uno sguardo da cerbiatta innocente. « Sono piuttosto certa che schiacciare sia l'unico modo per vincere. Considerami una pessimista, ma credo ben poco al coesistere, alla pace e al fair play. Questo nuovo mondo, che ben presto verrà costruito e in cui noi entreremmo di diritto tra qualche anno, si basa sulla legge del più forte. Non c'è posto per i secondi e i terzi e i quarti. Quelli vengono schiacciati. » Si stringe nelle spalle, gli dice tutto ciò quasi come se gli raccontasse cosa ha fatto l'altra sera. « Ecco perché gradirei che tu fossi onesto con me, sempre. Sappiamo entrambi che tutto questo non lo fai per me, per premura verso la mia persona. E anche se lo facessi.. non farlo. » Amunet Carrow, sempre brava ad allontanare le persone, a spaventarle, a intimorirle. E' un meccanismo di autodifesa, prima ancora che un vero regime del terrore. « Stai giocando con il fuoco in prossimità di un iceberg. » Una metafora piuttosto azzeccata. Mun è ghiaccio, lo è sempre stata. Fredda nello spirito e anche e soprattutto nella carne. La sua specialità è sempre stata il ghiaccio. « E forse è proprio questo a renderti così.. interessante. » Tu sai di star sfidando qualcosa che non capisci, che non conosci. Sai di scendere a patti col diavolo, lo percepisci, lo intuisci quanto meno in parte, e lo fai lo stesso, perché un po' dannato lo sei sempre stato. « Ma non tirare troppo la corda. » Gli sussurro infine a fior di labbra molto più vicina al suo volto di quanto sarebbe accettabile in un rapporto di pura conoscenza come il loro. « Ti lascio tempo per riflettere su come potrei esserti utile in attesa dei risultati. » Si allunga appena in sua direzione e in punta di piedi, gli stampa un bacio sulla guancia con un'intraprendenza unica. « Ti consiglio di pensarci bene a cosa vuoi chiedermi, Nathan. Sono certa che me lo comunicherai durante il nostro primo appuntamento. » Si allontana di qualche passo squadrandolo dalla testa ai piedi. « L'unica cosa che bisognerà capire è se lo organizzerai tu, oppure io. » E questo lo avrebbero appurato solo in seguito ai risultati delle elezioni. « Nel mentre, non sognarmi troppo. » E dicendo ciò gli fa l'occhiolino, dandogli le spalle, allontanandosi da lui, ben certa che, entrambi avrebbero avuto tante cose da dirsi la prossima volta che si sarebbero visti, in un luogo decisamente più consono all'occasione.

     
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    « Vedi Nathan, tu sei molto bello e sei anche particolarmente affascinante. Sei sveglio e provieni da un'ottima famiglia. Sarebbe facile arrivare a provare qualcosa per te; e lo sarebbe anche per te nei miei confronti, ne sono certa. » Tentenna qualche istante, Nathan, roteando gli occhi da un'altra parte e facendo dondolare il capo a destra e a sinistra, come se stesse ponderando meglio quelle parole. Non ha proprio tutti i torti, la mora, questo è vero: provengono entrambi da vite parecchio simili, finite addirittura per incrociarsi talvolta - Nate ricorda vagamente di aver sentito suo padre parlare di qualche cena dai Carrow - sono giovani, avvenenti, e le loro menti parlano la stessa lingua. Insieme, di certo Hogwarts sarebbe il loro regno, e sarebbero capaci di fare ciò che più li aggrada. Ed è vero anche questo, provare attrazione nei confronti della mora sarebbe facile, fin troppo, ma Nate crede di preferire a tutto quella vicinanza di tipo intellettuale. Per il momento.
    Incurva leggermente gli angoli delle labbra, e sembra che stia per ridere, divertito, ma poi sospira piano. « Per sapere se stai dicendo qualcosa di sensato dovresti definire meglio il concetto di provare qualcosa » precisa, attento. Per Nathan le parole sono sempre state estremamente importanti. E per quanto possa essere attratto fisicamente da lei, per quanto possa essere plausibile l'idea che, un giorno, gli venga anche il desiderio di combinarci qualcosa, non potrebbe mai provare dei sentimenti. No, Nate Douglas certe cose non le sperimenta mai, lui tiene davvero soltanto a se stesso e a nessuno più. Non sa bene dove l'ha imparata, questa cosa, forse dalle lunghe lezioni del padre sull'autoconservazione o dalle lotte per il potere ai tempi dell'asilo; non ne è certo, ma è un concetto che ha sempre avuto insito in sé, impossibile da sradicare. Soprattutto per una donna.
    Eppure, anche in questo caso, le idee della giovane Carrow non sembrano distanziarsi troppo dal suo pensiero. « Non me ne faccio niente dell'amore delle persone, della loro benevolenza, del loro benestare. Il terrore invece.. oh, quello è tutta un'altra cosa. » Annuisce Nate, le braccia incrociate al petto e l'aria vagamente stupita per quelle osservazioni così machiavelliane.
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    Se sia meglio essere temuti o amati... Uno dei dilemmi più antichi di sempre, che vede anche la soluzione più semplice. Sarebbe meglio poter essere entrambi, per carità, il Principe in fin dei conti deve essere abile nell'arte del saper trovare il giusto mezzo: pietà e decisione, guerra e pace, infondere timore o generare affetto, volpe e leone. E sarà pur vero che il medio rappresenta la posizione strategica per eccellenza, che, se non si vuole rischiare troppo, è necessario non sbilanciarsi; ma, dovendo scegliere, un Principe sa che solo il terrore è effettivamente utile... per lo meno nell'immediato. Questa lezione in particolare, Amunet Carrow, sembra averla assimilata nel migliore dei modi. « Questo nuovo mondo, che ben presto verrà costruito e in cui noi entreremmo di diritto tra qualche anno, si basa sulla legge del più forte. Non c'è posto per i secondi e i terzi e i quarti. Quelli vengono schiacciati. » Annuisce, incapace di fare altro. Su questo aspetto, in effetti, non può che concordare. Una visione un po' pessimista e crudele della vita, quella della ragazza, eppure così realistica. Sono tutti giochi, lì dentro, tra quelle mura di pietra protette da migliaia di incantesimi, non sono altro che ragazzini che fanno finta di stare nella vita vera. Ma quella che li aspetta sul serio lì fuori, è cruenta e non dà seconde chance. Non ti permette di patteggiare o fare accordi amichevoli. E alla fine, anche se stanno soltanto scherzando, lì dentro, è giusto farlo con criterio.
    « Stai serena, piccola Carrow. Con quest'atteggiamento così agguerrito farai in modo di essere la prima della classe anche là fuori. » Inclina leggermente la testa di lato e la guarda, di sottecchi, l'aria pur sempre scherzosa. Forse, comincia a pensare tra sé e sé, se davvero questa piccola bomba ad orologeria finisse per diventare la rappresentante della sua Casata... forse potrebbe anche portare qualcosa di buono. Ma avranno modo di vederlo più avanti, si dice, se la sorte deciderà alla fine di essere gentile con lei. La ascolta parlare, in completo silenzio, decidendosi a non interrompere la sua voce cristallina che parla nemmeno quando avverte qualche provocazione che non ama particolarmente. E nel frattempo passeggiano, tranquilli, lei che si sorregge al suo braccio, quasi il piccolo cortile interno del castello fosse il loro salotto personale. Si stringe nelle spalle. « Farò in modo di essere il più onesto possibile, vedrai. Ma sappi che mi aspetto la stessa moneta in cambio. » Do affinché tu mi dia. Sempre. Nate non dona la sincerità a chiunque, in modo tanto semplice. Questa va prima di tutto guadagnata, e per quanto non metta in dubbio che Amunet Carrow possa un giorno arrivare a meritarsela in toto, è ancora molto lontana da tale traguardo. E poi è importante che sia necessaria, perché tutto, nella vita, deve essere finalizzato ad uno scopo ultimo. Ma questo è convinto che la concasata lo sappia già.
    « Stai giocando con il fuoco in prossimità di un iceberg. E forse è proprio questo a renderti così.. interessante. Ma non tirare troppo la corda. » Ride, vagamente divertito da quelle sue affermazioni tanto criptiche ma così intriganti. Quello che deve ancora capire è se Amunet sia davvero meritevole di quella sorta di oscurità che si porta in giro, negli occhi e nelle affermazioni velenose, oppure se la giovane non sia altro che una bambina capricciosa che si atteggia in modo molto teatrale. Ma, anche in questo caso, presume che ci sarà tempo per venire a capo della cosa.
    « È proprio un peccato, sai? » le risponde, inclinando leggermente la testa di lato e guardandola, di sbieco. « Perché io ho appena cominciato. » Le sorride, affabile, come solo lui sa fare. E poi non dice più niente, la lascia fare le sue ultime considerazioni e perfino una battutina simpatica sulle sue fantasie, limitandosi a guardarla dall'alto, l'espressione indecifrabile. Concedendole, da bravo galantuomo quale è, l'ultima parola. Almeno per questa volta.
     
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