so you know I care

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. fluorescent (adolescent)
        +1    
     
    .

    User deleted


    tumblr_inline_o1orktKPel1rifr4k_500
    « Chiudi quella cazzo di bocca.» sbotta freddo il giovane Malfoy, mentre con fare distratto si passa le dita sottili fra le argentee ciocche di capelli. Gli occhi blu incontrano quelli del suo interlocutore, rimasto pietrificato davanti ad una reazione del genere. Perché Altair Malfoy non sbotta mai così di colpo. Ma quest’estate sembra averlo cambiato, scosso qualche corda, forse quella sbagliata, e l’ha trasformato in una versione più irascibile e meno incline alla compagnia. Ricambia lo sguardo, duro come una roccia mai scalfita dal vento, e passa oltre, con decisione, verso nuove mete. L’estate l’ha cambiato, sì, come ha cambiato il mondo. La realtà che conosce, che ha sempre conosciuto, va lentamente riconfigurandosi, prende nuova forma, si modella su nuove regole. Non gli sembrano assurde, ma non gli sembrano nemmeno giuste. Ma non lo dice, a nessuno, come sempre, perché fino a quando non lo toccano intaccandone personalmente l’equilibrio mentale e fisico, Altair non si opporrà, né si schiererà a favore. Certo, il giovane corvonero non ha mai brillato per coraggio, cuor di leone non è il suo soprannome più conosciuto, ma dev’esserci pur stata una ragione per la quale il cappello parlante non ha voluto smistarlo fra i fieri grifondoro. Ne è grato, altroché: non deludere completamente le aspettative di un padre esigente, cresciuto fra odio e classismo, e non deludere le aspettative di una casata. Tra l’altro correre il rischio di finire in dormitorio con quel cervellone di Fred Weasley è qualcosa che ha preferito risparmiarsi. Ma Altair è un corvonero, è sveglio, attento, astuto. Per questo, per quanto diverso, si sta adattando a ciò che la realtà gli ha dato, perché per sopravvivere è così che si fa. Gliel’ha insegnato suo padre, a modo suo. Ma è anche sempre stata una sua naturale inclinazione, quella ad essere come l’acqua. Altair è fluido, invasivo e a tratti in grado di corrodere. E come l’acqua il piccolo Malfoy cela segreti e misteri al di là delle apparenze. Perché a vederlo, mentre cammina con il passo leggermente molleggiato, come uno che prende la vita così come gli viene data, Altair può sembrare un altro. I capelli candidi come la prima neve potrebbero trarre in inganno i più ingenui e i sorrisi dipinti sul volto dalle fattezze gentili potrebbe lasciar sospirare chi ne viene a contatto. Eppure Altair sa essere incredibilmente altro da quella che la sua immagine regala. E in questo suo essere altro Altair ama i segreti. Ma di tutti i segreti che ama di più, che mai sembrano intaccare la sua odiosa personalità e spezzare la sua inguaribile vanità, ce n’è uno che inizia a pesargli come un macigno sullo stomaco. E non sul cuore, lui crede. Quel segreto è una lei, un imprevisto non calcolabile, eppure così prevedibile. E dei suoi segreti questo è forse il più innocente, il meno pericoloso. Meno pericoloso della tacita ribellione di suo fratello Scorpius al volere di loro padre. Meno pericoloso di quella patologia che lo tormenta giorno e notte e che lui continua ad ignorare, dal momento che il suo corpo ignora qualsiasi tipo di sintomo o dolore. Ma il suo segreto, che tante volte non si è fatto poi tanti problemi a svelare, è più grande di quanto riesca a capire. Se ne è accorto durante quella lunga estate, interminabile e assolutamente piatta, quasi quanto le interminabili lunghe estati di tutta la sua vita. Se ne è accorto quando nel vedere la giovane Eris MacBride costretta a letto con una gamba fuori uso gli sia stretto lo stomaco, e le mani gli siano iniziate a tremare. Una sensazione mai provata prima, una sorta di dolore, ha supposto la sua mente sveglia e diligente, qualcosa simile al dolore fisico che non proverà mai. E questo gli ha dato da pensare, enormemente. Gli ingranaggi del suo cervello non hanno smesso un attimo di muoversi, incastrati fra di loro, alla ricerca di una risposta plausibile a quella sensazione. Non ha mai nascosto a se stesso i sentimenti provati per la corvonero, eppure più di una cotta , una piacevole amicizia con interessi, un equo rapporto di scambi, sembra non averla mai considerata. O così gli sembra, perché il romanticismo dimostrato per la piccola MacBride è un comportamento naturale. Piccola perché Eris gli ricorda un pettirosso assai aggraziato, e comportamento naturale perché Altair Malfoy è tutto fuorché un cafone alle prese con ormoni ingestibili e scarsa sensibilità. Il romanticismo è innato, per il biondissimo corvonero. E poi c’è di mezzo la sua scomoda situazione: il futuro matrimonio combinato. Perché sì, Draco Malfoy non è un cattivo padre, ma nel suo piccolo, con grande furbizia, ha saputo come infliggere punizioni non necessarie ai propri figli. Come il patto fatto con i Carrow, la stipula di un contratto che né Altair né la sua promessa, la giovanissima Amunet Carrow, sembrano voler rispettare. Certo, Altair fa tanto il simpatico per puro quieto vivere, ma vedersi tagliato le ali alla sua giovane età non lo stimola. In nessun modo. Perciò non sa cosa gli sia preso con Eris, se averla evitata quasi tutta l’estate con sporadiche visite in infermeria sia stata la cosa giusta. Non lo sa cosa le dirà una volta che i suoi occhi color cioccolato scaveranno a fondo i quelli blu cobalto di lui. Ma nonostante l’incertezza Altair non esita ad andarle incontro, salendo due a due gli scalini della torre corvonero. Indossa ancora la sua espressione più dura, ma inevitabilmente, quasi come un bambino, pare sciogliersi in un sorriso nell’avvistare i capelli nocciola della ragazza. Quasi in punta di piedi Altair la raggiunge dall’altro capo della stanza. E’ vuota, completamente deserta, sono tutti ancora fuori a godersi l’aria estiva che la Scozia sembra voler regalare per ancora qualche momento. Sono tutti fuori, dopo aver votato per il proprio caposcuola, fatto alquanto insensato secondo il corvonero. E mentre cerca qualcosa da dirle, la scatolina che contiene i foglietti gli balena in testa. Lei è lì, davanti a quella scatoletta. Le cinge le spalle con le braccia, abbassandosi appena per poggiarle la testa sulla spalla. « Io ho votato per te» le dice, fra i morbidi boccoli scuri, facendo finta di nulla. Fingendo di non aver quasi evitato la sua presenza durante gli ultimi due mesi per paura. Di cosa non riesce ancora a capirlo. Ma ciò nonostante è lì, perché forse è importante, più di quanto creda, più di quanto voglia.
     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    352
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    Ormai Eris passava la maggior parte del suo tempo in infermeria, le visite erano all'ordine del giorno e non facevano altro che demoralizzarla. Era sdraiata sul lettino in attesa dell'infermiera e non poteva fare altro che aspettare. Nell'ultima visita la signora Simmons le era apparsa turbata, come se si fosse aspettata qualcosa che in realtà non era successo. Da quanto aveva capito la sua guarigione stentava ad avanzare e la donna era ormai a corto di soluzioni. Aveva puntato tutto sulla fisioterapia, nella speranza che l'esercizio fisico accelerasse il processo di guarigione. «Scusa se ti ho fatta aspettare cara, ma alcuni studenti hanno deciso di distribuire pasticche vomitose.» Uno dei tanti inconvenienti con cui bisognava fare i conti. La corvonero si appoggiò sui gomiti per osservare l'infermiera, ogni giorno ripeteva gli stessi momenti; cospargeva le mani con un unguento profumato e le strofinava fino a scaldarle per bene. Con delicatezza le tolse l'ingombrante tutore, l'unico mezzo che le permetteva di camminare con l'ausilio della stampella. «Facciamo esattamente le stesse cose ok?» Concentrata annuì alle sue parole, conosceva i movimenti alla perfezione e sapeva perfettamente che doveva semplicemente lasciare che la signora Simmons le manipolasse la gamba; senza fare alcuna resistenza. I movimenti erano sempre gli stessi, distensioni, rotazioni e piegamenti; secondo la donna erano utili per recuperare la mobilità dell'articolazione. Eris purtroppo aveva iniziato ad essere pessimista, a perdere quella positività che l'aveva sempre caratterizzata; forse a causa della paura di non riprendersi, di rimanere per sempre danneggiata. «E se non dovessi guarire?» Era la prima volta che dava voce ai propri timori, non ne aveva mai parlato con nessuno, nemmeno con la sua famiglia, ma la signora Simmons sembrava averla presa a cuore ed Eris sentiva di potersi confidare con lei. Il timore di non guarire era sempre in agguato e più il tempo passava più diventava pressante. «Non voglio mentirti perchè sei una ragazza intelligente e devo dirti che a questo punto potrebbe essere una possibilità però non dobbiamo darlo per scontato ok?» Annuì alla parole della donna, quasi sconfitta di fronte a quella realtà. Si concentrò sulla respirazione e sui movimenti che l'infermiera eseguiva con la gamba, ad ogni piegamento e distensione sentiva sempre un dolore sordo; una fitta che si attenuava velocemente e che in qualche modo la faceva sperare. All'inizio i medici le avevano detto che il dolore, per quanto possa sembrare strano, è una cosa buona; spesso è il modo in cui il nostro corpo ci fa capire che sta cercando di reagire e di guarire. Le sedute duravano sempre poco più di un'ora e ogni volta che se ne andava Eris si sentiva sempre meno ottimista. Avrebbe voluto tornare nei suoi dormitori nei sotterranei, ma quel giorno
    EykOPHJ
    si tenevano le elezioni per i nuovi caposcuola e lei non aveva ancora votato. L'anno precedente aveva ricoperto quella carica perchè era stata scelta dai professori, un compito che aveva preso seriamente nonostante la breve durata. Quell'anno non se la sentiva di ricoprirla nuovamente e sperava caldamente che i suoi compagni votassero qualcun altro, si sentiva spezzata, troppo incasinata per essere la guida di qualcun altro. Tuttavia sperava che gli altri corvi scegliessero qualcuno di responsabile, in grado di guidarli con giudizio e serietà. Scrisse abilmente il nome di Altair e lasciò cadere il biglietto all'interno dell'urna. Malfoy era un mistero per lei, raramente capiva le ragioni che lo spingevano a comportarsi in una certa maniera e con ancora più difficoltà riusciva a capire cosa le passasse per la testa. Quell'estate si erano visti raramente, era stata confinata a lungo in infermeria e per proteggere sé stessa aveva cercato di respingere i visitatori in qualsiasi modo; non voleva esser vista debole e inerme in quel letto. Si erano allontanati e la sua presenza le mancava più che mai ora, sentiva di aver bisogno di lui; ma allo stesso tempo non voleva aggrapparvisi con tutte le sue forze. Era del tutto concentrata sull'urna contenente i bigliettini due braccia la cingono con forza all'altezza delle spalle, tirandola contro un solido petto che ha ormai imparato a conoscere fin troppo bene. Si appoggia a lui quasi come se si stesse abbandonando, contenta di non dover reggersi alle stampelle. «Io ho votato per te» E' dolce la voce nelle sue orecchie e confortevole il peso della sua testa sulle sue spalle, come se la sola sua presenza fosse in grado di mettere in pausa qualsiasi preoccupazione l'angosciasse. «Allora siamo telepatici perchè anche io ho votato per te.» Nonostante Eris non voglia diventare caposcuola le fa piacere sapere che era lei la sua scelta, come se quel volto per lei contasse più di quello di chiunque altro. «Spero di non essere eletta...» Era la prima volta che confidava a qualcuno quel desiderio, ma Altair non era come tutti gli altri e con lui sentiva di poter parlare di qualsiasi cosa. Una delle poche persone che probabilmente avrebbe capito il disagio che ultimamente aveva contagiato tutta la sua vita. «Mi sei mancato.» Come l'aria. Avrebbe voluto aggiungere, ma Eris non poteva permettersi di esporsi così tanto; l'ultima volta che lo aveva fatto le si era spezzato il cuore e per guarire era dovuta fuggire ad Ilvermorny. Sam era emotivamente indisponibile mentre il corvonero era per lei un mistero e proprio per questo motivo non riusciva a dare voce ai suoi veri sentimenti. «Che ne dici se ci sedessimo? Ultimamente il mio equilibrio è peggiorato parecchio.» Recuperando la stampella si fece strada fino al divano, dove si lasciò cadere con tutta la grazia che il suo tutore le permetteva. Guardò verso il ragazzo e con la mano picchiettò sul posto accanto al suo per invitarlo a sedersi.
     
    .
  3. fluorescent (adolescent)
        +1    
     
    .

    User deleted


    Fragile. La sente poggiarsi contro il suo petto e per un momento la sente di nuovo, la lancinante stretta allo stomaco.
    Sono forse le stampelle, l'idea che lei non sia ancora totalmente in grado di muoversi e agire in totale libertà, l'idea che sarebbe potuto succedere qualcosa di più grave, che rimetterci la gamba era la minore delle cose. Forse è perché Eris è fragile, come un fiore appena raccolto, che non ha il tempo di appassire. Basterebbe stringerla un po' troppo, quel tanto che basterebbe a farle male. Lo sente, Altair, tenendola stretta sé per qualche breve istante. Riassapora quella sensazione che tutta l'estate ha evitato come la peggiore delle epidemie. Fragile, eppure capace di resistere al peggio. Piccola, eppure in grado di esercitare un'esagerata forza d'attrazione. Sospira, cercando di liberarsi di quella morsa che lo costringe ad allentare leggermente la presa attorno alle gracili spalle della corvonero. «Allora siamo telepatici perché anche io ho votato per te.» Sorride, lusingato da quel gesto. Altair non ha mai pensato di ricevere nemmeno un voto, non ha mai nemmeno preso in considerazione l'idea di diventare caposcuola o di volerlo lontanamente essere. Per lui certe cose è meglio lasciarle agli altri. Troppe responsabilità, troppi oneri e troppi pochi onori. Per uno a cui piace brillare sarebbe un'ottima occasione per riversare sul mondo la propria luce, eppure la carica di caposcuola è lontana anni luce dai suoi gloriosi progetti, dalle sue aspettative. Eppure alle parole di Eris non riesce a nascondere un sorriso, accompagnato da una risata sottile, che sgorga come acqua dalle sue labbra. E' una risata che vede riflessa negli scuri e caldi occhi di lei, occhi che aveva incrociato così raramente che pensava quasi di averli scordati. Impossibile. « Non penso di meritare nemmeno un voto, ad essere onesti» confessa, mentre i suoi occhi ridono, brillanti, nel seguire la silhouette di Eris e rinfrescare la memoria. E ancora, la morsa torna ed è incapace a mandarla via. « Mentre tu, tu sei nata per un ruolo del genere» Non ha quasi nemmeno il tempo di dirlo, che Eris interrompe il suo probabile sproloquio. « Spero di non essere eletta...» Le sue parole lo sorprendono, ricorda con quanto orgoglio la ragazza aveva indossato quella spilla ed adempiuto ai suoi compiti l'anno precedente. Quanto adatta fosse stata al ruolo per tutti quei mesi e quanto perfettamente fosse stata scelta, come se fosse una conseguenza naturale. E' sorpreso perché Eris gli sembra stranamente diversa, cambiata. Malinconica e triste. Come se la fiamma che lui ha sempre visto al di là del viso dolce si fosse vagamente affievolita. Quel viso, che sembra essere l'opera d'arte di un'artista esperto, dalle pennellate minuziose,gli accostamenti di colore perfetti. Quel viso lo guarda, gli occhi scuri riflessi nei suoi, sembrano assurdamente accecanti, come i fanali di un'auto. Ma per quanto inaspettate fossero le sue parole, Altair sembrava comprenderle perfettamente. Per quanto incapace di sentire il suo dolore fisico, la sottile empatia del ragazzo l'aveva reso capace di grande sensibilità, perciò gli era bastato guardarla, sentire la sua voce per capire che anche in lei sembrava essere cambiato qualcosa. Quell'estate si era presa ragazzini felici e spensierati, e aveva restituito giovani dai mille dubbi e mille insicurezze. Era stato un processo improvviso, ma aveva mantenuto una certa gradualità. Non li aveva trasformati subito, aveva preteso il suo tempo. Ma come l'acqua che corrode la pietra, alla fine era riuscito a penetrare nei loro giovani cuori e nelle loro giovani menti. Eris, poi, era stata ferita non solo nello spirito, a risentirne era stato il suo corpo. Dolore, che Altair si sarebbe certamente proposto di portare al posto suo.
    «Mi sei mancato.» Annuisce a quelle parole, e non per semplice vanità. Sa di esserle mancato, come lei è mancata a lui. Ma sembra che entrambi abbiano voluto giocare a nascondino nei mesi della calura estiva, per tenere a riparo i cuori da ulteriori sconvolgimenti. « Anche tu» lo confessa, incapace di mentirle, incapace di non dire la verità davanti alla sua espressione apprensiva, ai modi sempre garbati e alla delicatezza delle sue parole. Mi sei mancato. La frase svolazza fra loro due come un proiettile gentile che lo colpisce una, due, tre e più volte. Non sa mentirle ma non è nemmeno in grado di aprirsi, come lei fa con lui. Perché Altair non è sempre in grado di aprirsi come un bocciolo che sta per schiudersi, perché vuole sempre mantenere quel pizzico di mistero che lascia tutto vagamente sospeso. Eris, dal canto suo, gli è sempre sembrata anche eccessivamente onesta, in una maniera del tutto positiva, e l'idea che lui riuscisse a farla sentire al sicuro al punto di condividere pensieri ed idee aveva sempre ingrassato il suo già possente ego. Eris lo face sentire indispensabile, quando in realtà è lei ad esserlo.
    «Che ne dici se ci sedessimo? Ultimamente il mio equilibrio è peggiorato parecchio.» Ride appena, adora la sua autoironia. La forza di prendere il peggio e trasformarlo in qualcosa di non troppo terribile. La segue, standole vicino ma senza intralciare i suoi movimenti, stando attento a non privarla di ulteriore autonomia. E' qualcosa a cui ha sempre tenuto, nei rapporti, sopratutto in quello con Eris, che non è mai stato in grado di descrivere, di etichettare. Privare qualcuno della propria autosufficienza è il peggior modo di mostrargli affetto. Appunto da presentare a suo padre, qualora ne avesse il tempo. Si siede di fianco a lei e imitando il suo gesto della mano, picchietta sulle proprie ginocchia per farle stendere la gamba ancora fasciata. «Come va con la gamba? Ti fa ancora male?» Lo incuriosisce, il dolore che ha provato. Si sente come un bambino, ma quel tipo di sofferenza a quanto pare è qualcosa che mai sperimenterà. E se si ritiene fortunato da una parte, dall'altra gli sembra di sentirsi incompleto. «Non penso di avertelo mai detto, ma anche io da piccolo ho passato molto tempo in ospedale» Ci prova, ad aprirsi, a raccontare un po' di se stesso. A lei, lei che è certo essere uno scrigno sicuro per qualsiasi verità e segreto. « è una storia un po' noiosa, a dirla tutta. » Si blocca un istante, e pensa. Pensa se sia giusto rubarle quel momento, se sia giusto evitare un discorso che sembra necessario affrontare per aprirsi per la prima volta su qualcosa che ben pochi sanno. «Ma in sostanza sono nato con questa patologia che mi rende impossibile provare dolore» gli fa quasi strano dirlo, perché a qualcuno potrebbe sembrare un cazzo di super potere. « Perciò capitava di continuo che mi facessi male, davvero male, e che non me ne accorgessi» le dice, guardandosi attorno. Per un attimo ricorda i pomeriggi di studio in sua compagnia, seduti su quello stesso divanetto, il fuoco scoppiettante del caminetto ad scaldare la serata. « Il dolore è debolezza che abbandona il corpo» recita, tornando a posare lo sguardo sulla corvonero «Mi sembra che il mio l'abbia intrappolata tutta, invece.»
     
    .
  4.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★

    Group
    Member
    Posts
    352
    Reputation
    0

    Status
    Anonymes!
    «Non penso di meritare nemmeno un voto, ad essere onesti» Altair fondamentalmente era un ragazzo sicuro di sé e proprio per questo motivo non riusciva a capire perchè stesse sottovalutando sé stesso. Era intelligente e autoritario, i corvonero sarebbero stati fortunati ad averlo come guida. Eris dal canto suo sa di poter svolgere quel compito, ma allo stesso tempo è consapevole di non volerlo fare; sente il bisogno di concentrarsi su di sé per cercare di capire cosa le stia succedendo realmente. Dall'incidente si sente cambiata, un cambiamento così repentino che la sua mente non è stata in grado di accettare e metabolizzare. Non si vergogna di ammettere le sue bellezze di fronte a lui perchè Altair è diventato parte di lei, una persona con cui confidarsi ed essere sé stessa. Eris non è capace di fingere, di mostrarsi per quella che non è; specialmente con le persone a cui tiene. Lascia che ognuno la legga come un libro aperto, appropriandosi delle sue emozioni e dei suoi sentimenti con il pericolo che un giorno possano usarle come un'arma contro di lei. «Anche tu» Quelle parole le permettono di tirare un sospiro di sollievo, troppo insicura per presupporre di mancargli, quasi impaurita dall'idea di non significare abbastanza per lui. Nella sua breve e giovane vita è stata rifiutata troppe volte, sentendosi in
    tumblr_static_tumblr_static__640
    difetto e mai abbastanza. Odia doversi sentire sempre così debole e fragile, spesso vorrebbe essere più coraggiosa, in grado di contare solo sulle proprie forze senza doversi aggrappare così tanto agli altri. Apprezza che lui rimanga al suo fianco senza pretendere di sorreggerla, vuole imparare a farsi forza da sola perchè è troppo spaventata dall'idea di non poter guarire e proprio per questo non vuole abituarsi a fare affidamento sugli altri. Sa che Altair è lì al suo fianco se dovesse aver bisogno di lui, sa che sarebbe pronto a prenderla nel caso in cui cadesse e questo le basta; è sufficiente per lei. Quando picchietta sulle proprie gambe per farle poggiare la sua le sorride radiosa, grata di poterla finalmente distendere. Non le importano le occhiate che i compagni lanciano loro mentre passano perchè in quel momento è come se non esistessero; come se ci fossero soltanto loro due. «Come va con la gamba? Ti fa ancora male?» Vorrebbe avere una risposta per quel'assurda domanda, domanda che lei non fa che porsi ogni sera e ogni mattina; nella speranza di ricevere la risposta che vuole realmente sentirsi dare. «Non lo so in realtà. Il dolore è diminuito però l'infermiera che mi segue è a corto di opzioni.» Ho paura. Avrebbe voluto dirgli, ma Eris non voleva ammetterlo, non voleva prendere in considerazione l'idea di non guarire. Da quando era costretta a camminare con le stampelle e ad indossare il tutore i suoi compagni la guardavano diversamente, molti con pena altri semplicemente per schernirla. Eris si faceva forza ed ignorava gli sguardi dal primo all'ultimo, non voleva dar loro la soddisfazione di vederla soffrire. «Non penso di avertelo mai detto, ma anche io da piccolo ho passato molto tempo in ospedale» Resta quasi immobile ad ascoltarlo perchè quelle confidenze per lei sono preziose, in quei momenti sente di essere importante per lui. Riesce quasi ad immaginarselo da bambino con quei capelli biondi, molto più chiari rispetto a quelli del fratello; talmente chiari da sembrava frutto di un artificio. «è una storia un po' noiosa, a dirla tutta.» Lo guarda un po' di sbieco, quasi a rimproverarlo. «Non credo che l'aggettivo noioso ti possa essere accostato.» Sposta la gamba per voltarsi perchè vuole essere più vicina a lui, vuole essere al suo fianco mentre ascolta quella rivelazione che forse l'aiuterà a capirlo un po' di più. Appoggia la testa sulle sue gambe e distende la gamba sui cuscini, non si vergogna del desiderio che prova nei suoi confronti; del bisogno di contatto fisico che lui è stato in grado di risvegliare dentro di lei. «Ma in sostanza sono nato con questa patologia che mi rende impossibile provare dolore» Le sembra quasi impossibile credere che esista una malattia del genere, nella sua mente non fanno altro che sovrapporsi immagini dei suoi piccoli e lievi infortuni; ogni ginocchio sbucciato, ogni bernoccolo e infine il suo incidente. Spesso il dolore è così forte e reale che ci fa sentire vivi, ci ricorda di quanto gli umani siano fragili e indifesi. Questa sua peculiarità chiarisce molti tratti del suo carattere che fino ad ora erano rimasti un mistero. «Perciò capitava di continuo che mi facessi male, davvero male, e che non me ne accorgessi.» Non riesce a immaginare cosa ciò avesse significato per lui, farsi male e non rendersene conto. Non conosce i suoi genitori, Altair ne parla così raramente, ma non può fare a meno di pensare quanto la sua malattia possa aver influito sul loro rapporto. Non poteva evitare di chiedersi quanto ciò avesse reso sua madre apprensiva, spingendola a rinchiuderlo in una gabbia dorata. «Il dolore è debolezza che abbandona il corpo. Mi sembra che il mio l'abbia intrappolata tutta, invece.» Prende la sua mano e la stringe tra le sue, carezzandone il dorso. Forse qualcuno potrebbe pensare che non provare dolore sia figo, ma Eris sa benissimo che per lui non è così. «Non potrai sentire il dolore, ma puoi fare tesoro di tutte le altre sensazioni no?» Si concentra sulla mano del ragazzo ammirandone la pelle perfetta e le lunghe dita affusolate. Voleva aiutarlo a sentire, a percepire tutte quelle sensazioni fisiche che gli rimanevano. Si portò la mano del giovane al volto e ne sfiorò il dorso con le labbra, quasi in maniera impercettibile; saggiando appena la morbidezza della sua pelle. Si tirò su a sedere, specchiando i propri occhi azzurri in quelli glaciali del ragazzo. Gli sfiorò il volto e i capelli con le mani, voleva risvegliare i suoi sensi e fargli capire che poteva non provare dolore, ma poteva concentrarsi su tutto il resto. «Immagino che non provare dolore possa farti sentire vuoto e imperfetto, ma davanti a te hai un intero mondo di sensazioni da provare e devi concentrarti su quelle..» Si avvicinò a lui ulteriormente, accorciando quella divario che li aveva tenuti separati per tutta l'estate. Senza esitare poggiò le proprie labbra su quelle del corvonero, voleva sentirlo vicino e allo stesso tempo voleva dargli una dimostrazione di ciò che avrebbe potuto avere e provare.
     
    .
3 replies since 31/8/2017, 18:16   93 views
  Share  
.