Three-eyed raven

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    Ultimo giorno utile di votazioni e meno di 48 ore all'apertura delle danze. Non si parlava d'altro quell'anno, e soprattutto quell'ultimo giorno di agosto, che coincideva anche con il loro ultimo giorno di effettive vacanze. Il giorno seguente, certo, le lezioni non sarebbero ancora cominciate, ma già i primi gufi con l'assegnazione dei programmi, i libri di testo e chi ne ha più ne metta, sarebbero arrivati. Ma questo sembrava preoccupare relativamente la popolazione di Hogwarts tutta. Quando entrò in Sala Grande quella mattina, si ritrovò di fronte a una massa grondante di studenti affamati, disposti alla bella e meglio, ovunque volessero, ai tavoli. Nessuna divisa ancora; solo una massa di adolescenti ritardati, ognuno vestito a modo suo, molti con stili alquanto discutibili. Lei dal canto suo prese posto di fronte a Tallulah salutandola con un cenno della testa. Ottima compagnia la Weasley. Sapeva plasmarsi sulle personalità di chi avesse di fronte, seppur, in cuor suo, qualcosa le diceva che spesso e volentieri succedesse anche il contrario. Di fronte a lei, di nuovo i tarocchi. A volte, Mun amava guardarla in silenzio concentrarsi su quei pezzi di cartone, a suo parere incomprensibili, oltre che terribilmente mutevoli. Si è sempre chiesta cosa vedesse Tallulah lì di precisa, tra quelle figure mitologiche che sembrava venerare come divinità pagane, cosa la spingesse a fissarli con quell'intensità unica. Ryuk ride e lei di rimando alza gli occhi al cielo. Sa che il fido compagno percepisce il suo scetticismo nei confronti delle attività poco ortodosse dell'amica, attività che effettivamente lui sembra apprezzare. Scompare prima di dire qualunque cosa, e un po' gli è grata. Non riuscirebbe a sorreggersi anche i sermoni di Ryuk oltre a tutte quelle voci, tutti quegli sguardi. L'agitazione è alle stelle, molto più che nei giorni precedenti, la tensione pare tagliarsi col coltello. Mentre si concentra nello sbucciare la sua mela, un gruppo di ragazzi le passano accanto, e Mun non può fare a meno carpire il succo del discorso. ..non si capisce cosa stiano facendo là fuori.. bla bla.. tenda, tavoli, tovaglie.. bla bla.. hanno visto Kingsley all'alba dare indicazioni su come dovesse essere allestito il tutto bla bla. Un gruppo di ragazze alla loro destra invece, si destreggia in un argomento ben diverso: Abigail Green. Com'è morta, come non è morta. E' stato Weasley a trovarla e ancora bla bla. Alle sue spalle, al tavolo dei tassorosso si discute delle elezioni. Preferiti in gara, pronostici, scommesse. Alza gli occhi al cielo e sbuffa, di nuovo. Mun odia la gente, odia stare in mezzo a loro, si sente a disagio, si sente oppressa. Una parte di sé sente inevitabilmente il bisogno di scappare verso lidi più deserti. Le dita sottili si poggiando su una delle carte disposte di fronte agli occhi della Weasley, sollevandola per attirare la sua attenzione. Aiuto, sembrano dire con una dose di onestà quasi esasperante, quegli occhioni azzurri. Di scatto, mentre incontrano gli occhi di lei, la Carrow raccoglie tutti i suoi tarocchi, posizionandoli nella tasca inferiore dei jeans. « Andiamo a vedere.. » Dice alzandosi. « Se mi fai uscire da qui, ti lascio fare pratica su di me.. » Qualunque cosa tu stia facendo. L'aria del mattino è fresca, s'insinua tra i suoi capelli con dolcezza, mentre un sole pallido si estende all'orizzonte. Non ha dormito molto la sera prima, infatti le occhiaie segnalano l'assenza del sonno. Ryuk ha ben pensato di portare avanti una conversazione nell'oltretomba per tutta la notte, ringhiando e proferendo parole senza senso in una lingua arcana. A volte riusciva persino a spaventarla, soprattutto perché, il dio della morte aveva la cattiva abitudine di nascondersi nel suo armadio. I mostri nell'armadio sono veri. Ogni tanto lanciava qualche oggetto contro le porte della cabina, sperando di farlo smettere, ma non c'era modo. Era come se fosse in una specie di trance. Così alla fine ci aveva rinunciato, anche quella notte, ed era rimasta sveglia, raggomitolata sul divano in sala comune a leggere un libro. E nonostante tutto, quella mattina sembrava radiosa. Nonostante le occhiaie, nonostante la stanchezza, nonostante il sentirsi stufa di avere al guinzaglio sempre e comunque un demone infernale parlante che aveva da ridire un po' su tutto e su tutti. Almeno potevi parlare poco, Ryuk. Non dico non essere sempre presente; dico che potresti starmi meno col fiato sul collo. Potresti anche lasciarmi vivere, non dico sempre, magari ogni tanto. Seppur invisibile, Ryuk era in grado di incasinare tutto; gli piaceva giocare con lei, giocare con le persone attorno a lei. Gli piaceva osservarli, quasi come se, per lui tutti loro fossero animaletti in un labirinto costruito appositamente in laboratorio.
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    Sale lungo una collinetta, solo per ritrovarsi davanti davvero una tenda. Una di quelle belle, con tanto di tessuti pregiati; oltre il vedo non vedo, si possono intravedere cinque tavolate rotonde; una delle quali, al centro, di dimensioni decisamente più ridotte. I tessuti riprendono i colori delle quattro casate e da quell'altezza è facile individuare al centro della copertura il maestoso stemma della scuola. Mun scuote la testa sedendosi sull'erba fresca, portandosi d'istinto le ginocchia al petto. « Genio o follia? » Chiede con una certa ammirazione nel tono della voce. Non c'erano dubbi sul fatto che le chiacchiere secondo cui il banchetto di quell'anno non si sarebbe tenuto nella Sala Grande, erano vere. « O entrambe.. » Scuote la testa rendendosi conto di quanto si stia giocando bene le sue carte, Edmund Kingsley. I ragazzi impazziscono per le novità, soprattutto se tendono a non nuocere loro in alcun modo, almeno apparentemente. Prima le elezioni, ora questo, il permesso a tutti di tornare nelle proprie sale comuni, un campo estivo. Sorride tra se e se, scuotendo la testa. « Ha deciso di spodestare qualunque forma di tradizione.. quasi come se fosse a casa sua e noi fossimo i suoi ospiti. » Glielo dice con un tono incantato mentre fissa l'ergersi della tenda, i preparativi degli elfi all'interno. « Sta dipingendo questo posto a sua immagine e somiglianza, sua e di chiunque gli stia dando queste libertà. » D'istinto lo sguardo cerca quello dell'amica. « Che poi, chi è? Da dove arriva? Quanti anni ha? E' un fantasma. Ho cercato di chiedere qualcosa ai miei fratelli, ma hanno evitato l'argomento come la peste bubbonica. » Si stringe nelle spalle. Essere fantasmi. Qualcosa che conosce sin troppo bene. Passare inosservati, non dare mai nulla a vedere. Scombinare i piani altrui sul nascere. « Forse ha venduto l'anima al diavolo. » E qui Ryuk ghigna di nuovo. Non si perde troppo in quei discorsi; è curiosa di conoscere qualcosa in più sul conto dell'attuale Preside, ma è quasi certa che qualunque informazione dovesse ricevere non le sarebbe poi molto utile. E' un semplice accumulo di informazioni, una conoscenza da riporre in un cassetto per eventuali giorni neri. Ne sapeva qualcosa, ultimamente. « Comunque.. un patto è un patto. » E dicendo ciò infila la mano nella tasca dei jeans, restituendole la divina provvidenza.


     
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    Non è nei piani. Quella era stata la risposta delle carte alla domanda di Tallulah. Da giorni gli poneva la stessa questione, e ogni volta la risposta la risposta sembrava diventare sempre più netta. La carica di Caposcuola non sarebbe stata sua. Le labbra della rossa si serrarono in una linea retta, visibilmente piccata da quel responso. D'altronde, quanto meno, lo aveva saputo in anticipo, senza scoprirlo dal nulla insieme a tutti gli altri. L'interrogativo che si poneva, e a cui tuttavia i tarocchi non potevano risponderle, era dunque uno: chi sarà, se non lei? Le opzioni in ballo non erano molte: Gauthier, la Macbride, oppure Tremblay. Il primo le era neutrale, la seconda pareva la scelta più saggia tra i tre, e il terzo..beh..non era un segreto che tra lei e Zip non ci fosse mai stata una grande simpatia. Spero almeno che sia un uomo, si ritrovò a pensare, storcendo le labbra. Gli uomini erano un territorio noto, erano semplici, più prevedibili, più facilmente raggirabili. I loro istinti li rendevano schiavi molto più di quanto non succedesse per una donna, e ciò faceva di loro un danno controllabile. Prese un lungo sospiro, riprendendo le carte e mischiandole a occhi chiusi, visualizzando nella propria mente la domanda fatidica. Chi? Sapeva quanto inaffidabile fossero i tarocchi quando gli si ponevano certe domande, e sapeva che solo la propria interpretazione avrebbe potuto darle una risposta. Ma quanto meno, in questa maniera, avrebbe potuto restringere il raggio d'azione. Con un gesto veloce spalmò sul tavolo l'intero mazzo, ciascuna carta a faccia coperta. Gli occhi ancora ben serrati, la mano avanzata a un palmo dalla superficie lignea, passò sopra ciascun arcano, respirando profondamente per trovare la concentrazione necessaria a percepire quello che sprigionava l'energia maggiore. Si fermò di colpo poco prima di arrivare all'estremità destra della fila, poggiando le dita su una carta specifica. Solo allora aprì gli occhi, scoprendola sotto il proprio sguardo piattamente inquisitorio. Il matto. Sorrise. Di certo non sarebbe stata la Macbride. Ma in fin dei conti, sugli altri due contendenti non poteva davvero metterci la mano sul fuoco: sarebbe stato da vedere chi era il più matto tra i due.
    Sospirò, facendo per riprendere le carte, quando una mano ne sfilò una da sotto il suo naso, sventolandogliela davanti. Gli occhi guizzarono velocemente alla figura che aveva di fronte: Amunet Carrow. Un sorriso andò a dipingersi sulle sue labbra laccate di rosso, mentre lo sguardo si allungava con curiosità a sbirciare quale delle tante carte la Serpeverde avesse colto. Il diavolo. Non disse nulla, prodigandosi semplicemente a riportare le iridi in quelle dell'amica mentre questa, con un veloce colpo di mano, raccoglieva tra le sue mani l'intero mazzo. "Sei una pessima ladra, Mun." sentenziò ironicamente, sollevando un sopracciglio. "Andiamo a vedere..Se mi fai uscire da qui, ti lascio fare pratica su di me.." Sospirò, facendo leva sulle proprie braccia per alzarsi dalla panca. "Ammetto di averlo sempre desiderato." disse quindi, scoccandole un sorriso da sopra la spalla prima di seguirla oltre l'arco della sala grande. Che poi, a dire il vero, Tallulah avrebbe comunque letto le carte di Mun anche senza il suo consenso; una volta toccati, i tarocchi risucchiano l'energia della persona in questione, conservandola fino a quando non ne viene completata la lettura o qualcun altro non le mischia tra loro. Sapere cosa si celasse dietro il destino della compagna era sempre stato nella sua personale lista di curiosità, forse perché Mun non gliela contava totalmente giusta, o forse perché aveva avuto modo di vedere che persino all'interno della propria stessa famiglia si celavano una moltitudine di segreti e dunque ormai la fiducia sulla parola era bella che andata per lei. Tallulah Weasley: un piccolo vaso di Pandora in miniatura di cui nessuno avrebbe mai sospettato. In fondo, Lulah, è solo un po' stramba..no?

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    "Genio o follia? O entrambe.." Sorrise, volgendo lo sguardo tra le tavolate e sfiorando con gli occhi le decorazioni che gli elfi domestici stavano allestendo. Genio e follia, spesso incompresa..la definizione in pillole della carta che aveva scoperchiato poco prima riguardo il futuro caposcuola: il Matto. Evidentemente quel castello ospitava più di un matto, e Kingsley era incluso nella cerchia. "Entrambe, sì." sentenziò, più tra sé e sé che come una vera e propria risposta. "Ha deciso di spodestare qualunque forma di tradizione.. quasi come se fosse a casa sua e noi fossimo i suoi ospiti. Sta dipingendo questo posto a sua immagine e somiglianza, sua e di chiunque gli stia dando queste libertà." La ascoltava, ovviamente, eppure era lontana con la mente, persa in considerazioni tanto nebulose quanto vorticanti. "Gli piace.." accarezzò con lo sguardo il soffitto del gazebo, muovendosi lenta attorno al perimetro e sfiorando delicatamente le tende sottili che ricoprivano l'area "..lo appaga." Il suo sguardo si fermò sul tavolo centrale, quello più piccolo, fissandosi su una sedia specifica. Come per istinto, quasi stesse percependo gli occhi dell'amica, si voltò di scatto verso di lei, riservandole un sorriso poco prima di raggiungerla e sedersi aggraziatamente al suo fianco. "Che poi, chi è? Da dove arriva? Quanti anni ha? E' un fantasma. Ho cercato di chiedere qualcosa ai miei fratelli, ma hanno evitato l'argomento come la peste bubbonica. Forse ha venduto l'anima al diavolo." Benvenuto nel gruppo, allora, Edmund. Tuttavia il capo di Tallulah si inclinò compostamente a quelle parole, come a scansarle bonariamente, sebbene l'ipotesi non le sembrasse poi così azzardata come sarebbe parsa ad altri. "A quale, dei tanti?" disse semplicemente, retorica, con una punta di ironia nel tono di voce. Prima o poi, forse, lo avrebbe chiesto al diretto interessato, essendo piuttosto certa che il diavolo a cui lei aveva consegnato la propria anima fosse diverso da quello a cui l'avevano venduta altri. "Comunque.. un patto è un patto." A quelle parole il suo sguardo parve colorarsi di maggiore brio, mentre drizzava la schiena in una postura più composta e riprendeva le carte dalle mani della compagna. "Amore, lavoro o fortuna?" chiese dunque, facendo attenzione a non rimescolare il mezzo e a non disporre le carte prima di ricevere risposta da Mun. "O magari hai una domanda specifica, qualcosa che vuoi davvero sapere sul tuo conto." si schiarì la voce, sollevando appena le sopracciglia "Sai, la gente tende a vedere la divinazione come un metodo per sapere le proprie sorti prima che esse si compiano. Io credo piuttosto che racconti una storia. E come ogni storia ben costruita, se prestiamo abbastanza attenzione - cosa che non facciamo quasi mai - possiamo capire sin dall'inizio come andrà a finire. Il punto non sta nell'avere risposte certe, ma nel capire il nostro ruolo.." si fermò, interrogandola con lo sguardo "..mi segui?" Schiarita la voce una seconda volta, riprese a parlare "La mia domanda, dunque, è: che tipo di storia vuoi che ti racconti?"
     
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    Ogni mese il rituale si svolgeva con i medesimi meccanismi. Un nome per salvarsi. Un nome per poter restare a galla. Ciò che non si era mai chiesta era, cosa rendesse la sua vita più preziosa di quelle di coloro che condannava a morte certa. Cosa la rendeva più speciale, a tal punto da poter dire, io merito di vivere mentre quest'altro no? Era un quesito a cui preferiva non darsi risposta, controbilanciando la sete di sangue di Ryuk con la consapevolezza di aver tolto dal mondo un altro avanzo di galera. Non era una giustificazione abbastanza forte, ma era abbastanza da far sì che continuasse. Non aveva altra scelta. L'ignoto di qualunque cosa ci fosse altrove, nell'altrove in cui il dio della morte le ha promesso sarebbe finita, era più spaventoso di qualunque senso di colpo potesse provare nei confronti di quelle persone. Il punto è che se all'inizio potesse ancora avere una qualche forma di giustizia insita nel sangue, dettata da anni ed anni di ingiustizie a sua volta subite, ad un certo punto è diventato piacere. Il piacere della sovranità, della superiorità, del poter emanare sentenze e portarle a compimento. Lui era colpevole e io gli ho dato ciò che merita. Lentamente, un po' alla volta, Mun veniva risucchiata da Ryuk e Ryuk veniva risucchiato da Mun; vivevano in simbiosi, sempre perennemente a contatto. Lui si curava di lei, e lei, faceva in modo che a lui non mancassero mai le sue amate mele e i muffin ai frutti di bosco. Ryuk era un'entità fisica, in grado di spostare oggetti, mangiare, bere e quant'altro. Ma il suo appiglio al mondo fisico era strano. Non era in grado di fare alcunché finché Mun non fosse sola. O forse semplicemente non voleva farlo, perché della sua segretezza dipendeva la libertà della sua protetta. Non glielo ha mai spiegato. Non le ha mai detto sin troppe cose. Ogni qual volta lei gli porga domande, lui risponde con fare enigmatico, si nasconde nell'immensità del suo sentirsi nettamente inferiore a qualunque umano. Gli umani lo divertono. Sempre. E lo diverte soprattutto questa strana creatura che ha di fronte, che osserva col volto appena piegato di lato. Ne sembra attratto, non nella stessa maniera in cui lo è a Mun, in un modo ancora diverso. La guarda come se ci fosse qualcosa che solo lui può vedere. Tallulah è per Ryuk come un gioiello particolarmente prezioso per una ragazza - uno che non può avere. E' un vestito in vetrina che non può permettersi. Meglio ancora, è qualcosa che appartiene già a qualcun altro. « Amore, lavoro o fortuna? O magari hai una domanda specifica, qualcosa che vuoi davvero sapere sul tuo conto. » Assottigliò appena lo sguardo, fissandola con un'espressione tra lo scettico e il vagamente interessato. Doveva ammettere di avere ben poca fede nei confronti di ciò che Tallulah le avrebbe raccontato. Con molta probabilità si sarebbe fatta una risata. « Sai, la gente tende a vedere la divinazione come un metodo per sapere le proprie sorti prima che esse si compiano. Io credo piuttosto che racconti una storia. E come ogni storia ben costruita, se prestiamo abbastanza attenzione - cosa che non facciamo quasi mai - possiamo capire sin dall'inizio come andrà a finire. Il punto non sta nell'avere risposte certe, ma nel capire il nostro ruolo.. mi segui? » Annuì seppur poco convinta. La prende davvero sul serio. Anche Ryuk sembra ascoltarla con molta attenzione, la fissa intensamente quasi come se stesse cercando di comunicare con qualcosa oltre. Trovato qualcosa di interessante? Qualche amico immaginario con cui smettere di fracassarmi le meningi ogni due per tre? « La mia domanda, dunque, è: che tipo di storia vuoi che ti racconti? » Ed è a quel punto che gli occhi spiritati di Ryuk incontrano quelli di Mun. Si trova alle spalle di Tallulah. « Prendi le carte. Lasciati guidare. » Sul serio Ryuk? Dopo l'ultima performance dell'altra sera mi ordini ancora di fare qualcosa? Solleva un sopracciglio con fare scettica scuotendo la testa. « Oh andiamo! Al massimo ti farai una risata. » Scommetto che tu ti farai una risata. Ovviamente non la sente, e non capisce cosa ha intenzione di fare, finché Mun non allunga nuovamente la mano verso la ragazza. Non ci capisce molto di divinazione, ma dalle lezioni che ha seguito fino alla fine del quinto anno, di una cosa è certa: ponendo il caso che - ipoteticamente parlando - la divinazione funzionasse, quest'ultima è sempre diversa, per ogni persona. Bisogna lasciarsi andare. E poiché Mun si sente poco speranzosa di capirci chissà che, decide di seguire l'istinto.
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    Si siede al tavolo dei Serpeverde, accavalla le gambe e stende il mazzo sul tavolo. Tre carte. Questo avevano insegnato loro, e se per caso succedesse che alla mano si aggrappasse più di una carta, doveva essere estratta anche quella. « Non voglio sapere che cosa accadrà. » Dice quindi mentre osserva la fila di carte sul tavolo. Cosa accadrà lo so già. C'è un'unica via per me. « Voglio sapere che cosa mi sto perdendo, che cosa mi sfugge, mentre sta accadendo. » Chiude gli occhi e inizia a passare la mano sopra il mazzo di carte. « Ho sempre l'impressione mi sfuggano troppe cose.. capisci? » La prima estrazione viene fatta e sono ben due. « L'Eremita. La Torre. » « Opportunità, persone, oggetti. » Alle sue dita si impigliano nuovamente due carte. « La Luna. Gli Amanti. » « Il diavolo sta nei dettagli. » Continua con noncuranza sorridendo appena. Alla terza solo una carta viene estratta e Ryuk ride. Ride di gusto. « Il Diavolo. » Dicendo ciò riapre gli occhi. Non ha ancora visto cosa ha estratto, essendo le carte ancora a faccia in giù, ma è certa che il suo fido compagno le ha già indovinate tutte. Indica le carte con il mento sorridendole. « Raccontami questa storia qui. » Dice picchettando appena con l'indice sul tavolo. « Non ci credi nemmeno un po'? Davvero? Alle spalle della tua amica c'è un dio della morte e tu stenti a credere nelle proprietà dei tarocchi. » Un dio della morte che mangia le mele e sposta di continua i suoi vestiti nell'armadio è una cosa, predire il futuro è un'altra. « Sempre che ci sia qualcosa da raccontare. Non ho una vita poi tanto avventurosa. » Piatta come il cardiogramma di un morto. Umorismo spicciolo.

     
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