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Banchetto d'inizio anno.

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    Li aveva osservati. Per tutta l'estate, Edmund Kingsley aveva osservato i suoi pargoli, stando loro col fiato sul collo anche e soprattutto quando non erano consapevoli di essere visti. Grazie all'Inquisizione, era stato in grado di osservarli tutti, di comprenderli, di conoscerli; così era stato finalmente in grado di confrontare le loro cartelle con la realtà effettiva dei fatti. Per molti quel campo estivo era stato un metodo alternativo di prigionia; persino tra i suoi colleghi non pochi si erano opposti all'idea di vedersi strappare i figli così, come se niente fosse, quasi fossero delinquenti. Come aveva spiegato a tutti loro, le menti giovani sono le più facili da manipolare; non erano certi di chi si celasse dietro quei volti angelici, se ci fossero spie oppure semplicemente individui direttamente legati ai terroristi, oppure ancora peggio, dietro ai Ribelli. A prova di ciò, i suoi sospetti erano stati confermati non più lontano di una settimana prima. La notizia della ragazza suicidatasi durante il campeggio aveva scatenato un gran parlare tra le principali testate di giornale. Chi accusava Edmund di non essere all'altezza del suo compito, chi invece lo osannava a eroe salvatore degli studenti, chi invece faceva congetture ancor più astruse. A detta di alcuni, Edmund era il Ku Klux Klan, per altri era solo fortunato, per altri ancora era solo e semplicemente un rude salvatore della patria che non aveva la più pallida idea di cosa stesse facendo. Il giovane Kingsley dal canto suo, non sembrava essere molto interessato a quanto l'opinione pubblica avesse da dire. Si sentiva le spalle coperte, sapeva di avere la fiducia della donna più potente nel Regno Unito tanto quanto lei aveva la sua. Quegli incontri si erano dipanati per tutta l'estate, sotto il naso di tutti, senza che nessuno si accorgesse che mentre la Ministra della Magia, in pubblico non prendeva alcuna posizione nei suoi riguardi, in privato, aveva più di una parola di conforto nei suoi riguardi, non che Edmund ne avesse davvero necessità, ecco. « Dovrò prendere una posizione. » Gli aveva detto prima che la morte di Abigail Green colpisse i cuori di tutta la comunità magica. E lui di rimando le aveva semplicemente risposto: « Si dovrai. » E sapeva già che quella volta, Norwena Zabini non sarebbe stata in grado di difenderlo. Poi di colpo tutto era cambiato. Le opinioni sul suo conto erano rimaste divise, ma quanto meno aveva dato loro la possibilità di giostrarsela da veri geni del male quali erano. Ora tutto aveva una giustificazione. Ecco perché i vostri figli sono stati segregati nei sotterranei, ecco perché non potevo lasciarli tornare a casa, ecco perché voi dovete fidarmi di me. Lasciarli andare a casa sarebbe stato un errore; le già rivoluzionarie tendenze di alcuni sarebbero potute essere indirizzate nella direzione dei Ribelli, o peggio ancora nella direzione dei Babbani. Restare lì scollegati dal mondo, li aveva mantenuti su una linea di neutralità, innocenti, ancora intenti a darsi da fare tra attività non necessariamente lecite, ma tutto sommato adatte alla loro età. [...] « Li hai licenziati. Tutti. » « Beh no, non tutti. Solo quelli che non mi piacevano. » Glielo dice con quello sguardo innocente di chi non sa di aver fatto l'errore più grosso della storia. D'altronde non era un errore. « Ne ho scelti altri; questi nuovi mi piacevano invece. » « Qualcos'altro? » Si stavano trattando. O meglio, lui stava trattando il suo grado di autonomia. « Hogsmeade. » Continua con un tono piatto. Nel mentre di fronte a loro due tazze di te fumante. Non si guardano nemmeno negli occhi perché.. stanno giocando a carte. Lo so cosa pensavate. Pensavate che a questo punto della storia Norwena Zabini ed Edmund Kingsley sarebbero stati in aperto contrasto, ma guardateli. Un quadretto degno di Paul Cézanne. « Non farò scomparire Hogsmeade dalla mappa solo perché non ti piace. » Una leggera smorfia dispiaciuta prima di gettare una delle carte che ha in mano sul tavolo. « Peccato poteva essere un gran bel vedere. Ma no. Pensavo potessi fare in modo che le difese di Hogwarts si estendessero a Hogsmeade. Hai già pensato di recintarlo, manco fossimo allo zoo; nessuno entra, nessuno esce senza passare per gli scimmioni di Alek. Tanto varrebbe estendere le protezioni e lasciare i mocciosi liberi negli weekend. » « Se non ti conoscessi, potrei giurare che ti sei affezionato. » « Ma no dai, ora non barare. Vuoi farmi alterare così vinci, vecchia volpe. » Lei scoppia a ridere, e lui ne è incantato. Quanti possono essere altrettanto fortunati da osservarla nel suo elemento naturale? Spogliata da quell'aria di fredda degna sovrana? « Stavo comunque vincendo. » Solo perché sono un signore. « Tu vinci sempre. »
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    Continuano per qualche mano in silenzio, tempo in cui la Ministra attende. Sa che non ha finito. Con Edmund Kingsley non si è mai nemmeno lontani dal finire. Probabile che alcune cose si sia persino scordato di dirgliele. D'altronde gli ha dato un castello, da degno alfiere qual è, e lui lo sta gestendo come meglio penso. Non ha nemmeno senso assillarla con problemi troppo spiccioli. « Qualcos'altro? » Resta a pensarci per un po', e poi decide che vuole darle un po' fastidio. Questo non le piacerà. Norwena è fissata con la disciplina. E lo è anche Edmund. Hanno solo due concetti diversi di disciplina. « Ho rintrodotto i Caposcuola. Ma non avevo voglia di sceglierli. Quindi se li sceglieranno da soli. » « Immagino cosa ne verrà fuori. » « E diamogliela una gioia ogni tanto. » « Campo estivo, gite a Hogsmeade, caposcuola fantocci; ci manca solo che tu vada a rimboccare loro le coperte di persona. » Schiaffa un'altra carta sul tavolo e scoppia a sua volta a ridere. « Abbiamo uno zoo; dobbiamo renderlo confortevole, altrimenti il WWF continuerà a starmi col fiato sul collo. » Fatto stava che niente sarebbe stato più come prima a Hogwarts. Edmund Kingsley ci aveva messo piede e aveva intenzione di fare di quelle maledette mura quel che più riteneva opportuno per mantenerlo in vita. A quel punto la discussione sembrava conclusa. Ma no, Edmund aveva un ultimo colpo al cuore da dare alla sua fidata alleata. « Ah, ho abolito le divise. » « Perché? » « Perché non mi piacevano. »

    1 settembre ore 19:00.
    Il banchetto sarebbe iniziato ufficialmente alle 20:00 ma per la prima volta, non si sarebbe tenuto nella tradizionale formula, nella Sala Grande. Era dal giorno precedente che nel parco del castello veniva allestito il palcoscenico di quella cena. Una grande tenda dominava il prato antistante il lago nero, circondato da tulle multicolore, colori che riprendevano i motivi delle quattro casate di Hogwarts. All'interno, cinque tavolate rotonde, sulle cui tovaglie, al centro vi era lo stemma di appartenenza di ciascuna casata; il quinto tavolo in particolare, di dimensioni più ridotte, riprendeva lo stemma di Hogwarts, e lì si sarebbe radunato il personale scolastico. Poco prima che i ragazzi dovessero presentarsi al banchetto, ogni divisa all'interno della scuola era letteralmente sparita. Sul comodino di ognuno di loro era tuttavia comparsa una spilla con la casata di appartenenza e una lettera. "Al falò di stasera, porta l'unica cosa che vuoi lasciarti alle spalle." Non a caso fuori dalla tenda, era stato allestito un grosso mucchio di vecchi banchi e sedie, di cui bisognava sbarazzarsi e che avrebbero fatto al caso loro. Mentre le orde di studenti si avvicinavano alla tenda, Edmund restò erto a guardare la meravigliosa danza di luce e ombre del sentiero di candele che guidava tutti loro dal castello verso la grande tenda, così come gli strani effetti irregolari che creavano sui tessuti le candele poste all'interno di quest'ultima. Mancava un'ora, ma già i primi partecipanti si apprestavano a raggiungere il posto.


    Questo è un post introduttivo; avete tempo fino al 10 settembre di postare e potete farlo quante volte volete. Insomma, consideratela se volete una role di gruppo, fino all'effettivo inizio del banchetto. Lasciate al falò l'oggetto che volete lasciarvi alle spalle e poi fate quello che vi pare. Per ora ciò che gli studenti sanno è che:
    - le loro divise sono sparite; hanno l'obbligo di portare solo la spilla della propria casata;
    - i Caposcuola hanno già ricevuto le loro spille un po' più splendide, quindi Fred Weasley, Zeppelin Trambley, Amunet Carrow ed Elizabeth Branwell, braviH tutti.
    - non siete obbligati a leggervi la prima parte del post; ci sono un po' di spoiler su quanto verrà annunciato, e poi mi serviva un modo raccogliere un po' le fila del discorso;

    Ps. Gli studenti sono tornati a scuola all'incirca il 26 agosto, quindi dal 26 al 1 si sono svolte tutte le votazioni, i drammi esistenziali che avete già ben pensato di fare etc etc.
    PPS. Scusate ma mi pesava davvero un sacco descrivere troppo; la prima parte del post mi ha un po' stancata; per l'ambientazione, stiamo nel parco del castello, in una tenda bella bella, con cinque tavoli, il tutto è addobbato coi colori delle quattro casate e l'oro tipico dello stemma di Hogwarts.
    PPPS. Alla role sono ammessi, studenti, personale scolastico, insegnanti (ovviamente Eddy non ha licenziato quelli esistenti), Inquisizione e guest stars.

     
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    Si sente un po' a disagio. È una cosa rara, per una come lei, che riesce ad essere tranquilla anche nelle situazioni più imbarazzanti, ma più osserva il proprio riflesso al minuscolo specchio di quella camera, e meno si sente adeguata. Sposta lo sguardo dal suo abbigliamento incredibilmente casual - un paio di jeans strappati ed una felpa di qualche misura più larga - alla nuova spilla di Grifondoro in bella vista sul suo petto. Qualcuno dice che Kingsley si sia disfatto definitivamente delle divise scolastiche; Malia si detesta con tutta se stessa per non riuscire a trovare questo provvedimento tanto orrendo e malsano quanto gli altri. Non ha mai nutrito un particolare amore nei confronti di quelle divise scomode e così poco personalizzabili: ricorda ancora quando, al terzo anno, aveva fatto un cartellone di protesta al riguardo, per poi appenderlo in cortile. L'idea di poter indossare quello che vuole, nei mesi futuri, rende nella sua mente la prospettiva di un altro anno a Hogwarts, se non più piacevole, quanto meno un po' più sopportabile. Sa che non dovrebbe essere così. Sa che questi mezzucci scontati di Kingsley per ingraziarsi la popolazione studentesca dovrebbero darle la nausea, schifarla per la presa in giro gigantesca che è diventata questa scuola, eppure si ritrova a fissarsi allo specchio e a tirare quasi un sospiro di sollievo, di fronte al suo abbigliamento.
    È strano. Ha trascorso gli ultimi giorni chiusa nella propria camera a nascondersi tra le coperte, senza voler vedere praticamente nessuno, ma è pur sempre Malia Stone, è troppo iperattiva, troppo attratta dalla vita per poter continuare su una linea del genere. Non è ancora in grado di farsi una ragione per quello che è successo, ma ha deciso che, se proprio deve trascorrere il prossimo anno segregata all'interno delle quattro mura di quel castello, tanto vale cercare di rendere questo lasso di tempo almeno un po' piacevole.
    « Cioè... Caposcuola Freddie! Ti rendi conto?
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    Adesso tutte le ragazze del castello cominceranno a venirti dietro più di prima. Guarda che m'ingelosisco eh »
    con queste parole saluta il rosso, non appena lo raggiunge nella piccola e squallida Sala Comune dei sotterranei, per poi scoccargli un bacio affettuoso sulla guancia. Prende del tempo per ammirare la nuova spilla appuntata alla sua maglietta, rivolgendogli infine un sorriso contento. Per quanto sia felice per lui, un po' le dispiace per Olympia. Aveva provato a inserire il suo nome nella piccola scatola di legno - perché, diciamoci la verità, per quanto possa Fred essere in gamba, Olympia possiede per lo meno un certo qual senso di responsabilità - ma era stato sputato fuori immediatamente dallo stesso contenitore, in segno di rifiuto. Probabilmente si trattava di una punizione di Kingsley per essere scappata a Giugno e, in fin dei conti, dovendosi immedesimare nella mente contorta e disturbata dell'uomo, in qualche modo Malia capisce il suo ragionamento.
    Sebbene manchi ancora del tempo all'inizio del banchetto inaugurale, già un mucchio di gente è diretta verso l'enorme tenda colorata che si erge nei pressi del Lago Nero, probabilmente per riuscire ad acaparrarsi i posti migliori, o per la semplice curiosità di scoprire prima degli altri quali saranno i piani di EddyKing per il nuovo anno scolastico. « È tutto così strano » dice all'orecchio di Fred, mentre insieme ad un altro gruppo di studenti avanzano in mezzo ad un viale delineato da piccole candele sospese per aria. In un momento di particolare pigrizia, è riuscita a convincere l'amico a portarla sulle spalle, e adesso riesce a godere di una visione dall'alto privilegiata. « Niente divise, niente Sala Grande... Non sembra più nemmeno di stare ad Hogwarts » aggiunge, un leggero sospiro che lascia le sue labbra. È come se Kingsley volesse davvero cancellare lo spirito della loro vecchia scuola, sostituendolo con qualcosa di completamente nuovo e diverso. Magari domani gli verrà voglia di buttare giù quell'antica struttura e ricostruire tutto dalle fondamenta, semplicemente perché ha voglia di cambiare aria. Ma non possono buttarsi giù. Se davvero non vogliono darla vinta a Kingsley, la risposta giusta è non abbattersi, ma continuare a proseguire le proprie vite con la stessa allegria e intensità che li ha sempre contraddistinti.
    Mentre si stanno avvicinando sempre di più all'enorme tendone, scorge poco lontano un gruppo di Grifondoro di qualche anno più piccoli, e senza pensarci troppo porta una mano vicino alla bocca, per farsi sentirsi meglio, prima di urlare « PERCHÉ WEASLEY È IL NOSTRO RE! » più forte che riesce, per farsi sentire al meglio dai compagni e per annunciare in qualche modo l'arrivo del nuovo Caposcuola della casata. Batte le mani rumorosamente, riuscendo a coinvolgere anche altri Grifondoro nell'applauso, fino a quando non arrivano alla soglia della tenda. A quel punto scioglie le braccia che erano strette intorno al collo del ragazzo, e con un salto balza giù. « Tu hai portato qualcosa per quello? » gli chiede, indicando l'enorme falò appena prima dell'ingresso. Porta l'unica cosa che vuoi lasciarti alle spalle, diceva il bigliettino, ma Malia non vi ha dato troppo peso. A meno che non le fosse data la possibilità di dare a fuoco all'intera scuola, incluso il preside, non le veniva in mente nient'altro da lasciarsi alle spalle. E poi c'è il fatto che, forse, prova quasi piacere all'idea di fare il bastian contrario delle situazioni, quando si tratta di qualcosa che viene proposta da Edmund Kingsley. Dopo poco lo vede: dall'altra parte, coi suoi occhi color ghiaccio e la sua aria di perenne superiorità, se ne sta in una posizione privilegiata a supervisionare l'arrivo degli studenti. I suoi occhi incrociano quelli di lei per un solo, breve, istante, ma le basta un'occhiata per rabbrividire e distogliere subito lo sguardo.
    L'ambiente all'interno le pare particolarmente elegante: strati su strati di tulle colorato adornano la tenda, che all'interno, in luogo dei soliti tavoli rettangolari della Sala Grande, ospita delle tavolate rotonde che riportano i vari stemmi delle casate. Decisamente troppo posh si ritrova a pensare, mentre raggiungono il tavolo dei figli di Godric e continua a guardarsi intorno. Non le piace per niente. Occupa una delle sedie intorno al tavolo, e una volta seduta il suo sguardo cade sulla zona riservata ai professori: diversi sono quelli che riconosce, ma moltissime sono anche le facce nuove. Poi si volta di nuovo verso Fred. « Sai mica dove cavolo è tua cugina? » chiede, un po' spazientita dal fatto di non aver ancora visto Olympia da nessuna parte. Non è certa di riuscire a sopportare il peso di questa serata senza di lei.

    - Interagito con Fred
    - Guardato male male Kingsley da lontano


    Edited by chärlie - 2/9/2017, 23:06
     
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    Se qualcuno glielo avesse detto in precedenza, non ci avrebbe creduto. No. Eppure eccolo lì. Sì, proprio lì. Ad Hogwarts. Di nuovo. Ma questa volta non è in veste di studente obbligato a leggere più di qualche pagina dei libri rimasti perfettamente imballati per il resto dell'anno, giusto per passare i MAGO. No. Questa volta è in veste ufficiali, signori e signore. Questa volta Samuel Scamander varca i cancelli della famosa scuola di Magia Inglese da "assistente". E' così che l'ha definito il simpaticone che si è ritrovato fuori casa, qualche giorno prima. "Signor Scamander, lei deve ricambiare la nostra gentilezza. Deve fare qualcosa per noi." Col cazzo che faccio qualcosa per te, fenomeno da baraccone si era ritrovato a pensare, mentre guardava il mezzo gigante - diagnosi formulata così, su due piedi e ad occhio e croce - che aveva di fronte. "Noi l'abbiamo trovato, abbiamo valutato il suo talento e lei ha firmato un contratto. Ce lo deve, signor Scamander." Ed era lì che Sam aveva capito di non avere un'effettiva via di fuga. I casi Donovan e Gordon ne erano il caro esempio. Vuoi continuare - o nel suo caso "cominciare" - a giocare ai piani alti, quelli che contano davvero? Devi spalare merda, tanta merda e farlo fino a che non ti ci costruisci un fortino solido, sperando non crolli alla prima soffiata di vento, lasciandoti annegare. E così aveva accettato di rientrare a scuola nel ruolo di "Assistente di volo temporaneo". A Sam non è mai importata davvero la politica. Non gli importava quando era dentro quelle mura come studente, non gli importava troppo al di fuori di esse. Ma quell'interferenza arbitraria non l'aveva mandata giù tanto bene. Che il Ministero avesse tra le mani le carriere di molti giocatori di Quidditch era un conto, ma costringerlo a tornare lì, giocando con la sua vita come con quella di un burattino era tutto un altro paio di maniche. In fondo Sam ha sempre seguito il detto "Mi sta bene quello che fai al di fuori del mio orticello, ma se ti azzardi ad entrare anche solo con un piede, mi incazzo male" più comunemente conosciuto come "Sono tutti capaci a fare gli omosessuali con il sedere degli altri." E quando aveva sentito il fiato pressante dell'Inquisizione sul proprio collo, beh, non l'aveva presa proprio bene. Forse è per questo che non è molto felice di ritrovarsi lì, anche per sole poche ore alla settimana. Si trova lì per fare da consulente, da assistente al professore di Volo. Non ha nemmeno ben capito lui cosa gli è stato richiesto di fare, in fondo il gorilla non è stato troppo esplicativo nel dargli le indicazioni riguardo ciò che è tenuto a fare dentro la scuola. Sa solo che le ore richieste combaciano perfettamente con quelle dei suoi allenamenti. Dovrà chiedere a Kingsley qualche permesso per usare il campo fuori dagli orari scolastici, ma pensa che quello, alla fine dei conti, sia il problema minore nel casino generale che è diventata la sua vita da quando è riuscito a tornare dall'isola. Ma c'è un lato positivo in tutto ciò: per quanto odiasse studiare, Sam ha sempre amato stare a scuola. E' un leggerissimo controsenso, in effetti, ma il ragazzo ha sempre amato l'atmosfera, il fare casino, il cominciare un saggio di dieci pagine alle una di notte del giorno prima della consegna, i baci rubati nei corridoi, le risate esplosive in Sala Grande, le canne fumate dentro la cappa del camino della Sala Comune Serpeverde. Per questo, in fondo, ha sempre provato un po' di tristezza nel voltare pagina, nel saltare dentro la prossima avventura ed è per questo che è combattuto, mentre si avvia verso il tendone che Eddy ha deciso di allestire, per fare lo splendido innovativo. Da una parte gli girano le palle che mulini a vento levatevi proprio, dall'altra è vagamente eccitato nel tornare in mezzo ai suoi amici. Perché in fondo son rimasti tutti lì, dentro quelle quattro mura. E mentre si avvicina, i dettagli cominciano a farsi più chiari sotto i suoi occhi. Vi sono quattro tavole apparecchiate con i colori delle casate e uno centrale, più piccolo. Quello adibito ai poveri sfigati, pensa, risistemandosi gli occhiali sul naso, mentre stacca l'ennesimo pezzo di liquirizia rosso, comprato fresco fresco da Mielandia. Ha pensato di essere innovativo pure lui nel look che ha deciso di sfoggiare per quella gioiosa occasione: camicetta inamidata che lo fa sembrare un damerino tutto d'un punto, talmente stretta da fargli risultare difficili la maggior parte dei movimenti, jeans scuri e degli occhiali dalla montatura scura che lo rimandano dritto dritto allo stereotipo vivente del secchione fatto e finito. Perlomeno è riuscito ad evitare come la peste cravatta e papillon, optando per il lasciare aperto il bottone superiore. L'unica cosa che lo salva veramente, però, è l'immancabile piercing al labbro inferiore, suo marchio di fabbrica al quale non ha rinunciato nemmeno per i Falcons, richiedendo una clausola speciale nel contratto. Finisce di mangiare l'ultimo pezzo di stecca dolce prima di entrare nella tenda a falcate lunghe. Si avvicina al tavolo dove vede EddyKing e un sorriso sarcastico gli dipinge le labbra. «Preside!» Lo saluta, seppur il suo primo istinto sia quello di chiamarlo per nome. «Pensava di essersi liberato di me, non è vero?» Sorride, mentre trascina all'indietro una seggiola, poco lontana da quella dell'uomo. Si stringe nelle spalle, prima di sedersi comodamente. «E invece eccomi di nuovo qui, tra i piedi come al solito. Il suo peggior incubo Espressione angelica in direzione di Edmund, prima di voltare lo sguardo altrove e posarlo sul tavolo di Grifondoro. Lì dove incontra i suoi occhi scuri e un sorriso beffardo gli dipinge le labbra. Alza un sopracciglio, a mo' di saluto, non potendo farlo più appropriatamente. "Niente panico, Stone" mima usando il labiale, prima di soffocare una risata e continuare a vagare con lo sguardo per cercare di intercettare il volto di Artie, salutandolo con un occhiolino e il viso magnetico di una Vanderbilt a caso, che accoglie con un sorriso sghembo. Incontra gli occhi di Eris e si accorge che, stranamente, non ha appuntato la spilla di Caposcuola della sua casata. Aggrotta le sopracciglia, confuso, prima di mettersi comodo, aspettando che quella tortura abbia inizio.

    HELLO! SORPRESONA WOOO! Niente, ve lo beccate pure quest'anno e pure come prof. Siete happy? Se non lo siete, peggio per voi e tutti Troll a Volo, facile e indolore.
    Nel post ho salutato allegramente l'amico Edmund, la cara Stone, Artie, Eris e Fawn (che ancora non ci sono, ma Sam è egocentrico e vuole le attenzioni pure dei "ancora non presenti". Cià.)

     
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    "Fai sul serio?" una domanda lecita che richiedeva una giusta risposta, la quale venne data sullo sbocciare di un sorriso "Certo, mio caro fratello. Dopo tutti questi secoli non hai ancora avvertito in me l'impetuoso desiderio di plasmare le giovani menti che erediteranno il nostro mondo?" si interruppe, storcendo le labbra con aria ironicamente pensierosa "Beh, per i prossimi cinquant'anni almeno." In tutta risposta, il maggiore dei Darkwood scosse la testa, alzando le mani in aria di resa. Sapeva benissimo che qualsiasi fosse lo scopo del fratello, probabilmente era meglio non indagare e aspettare semplicemente di coglierne i frutti. D'altronde Ray gliel'aveva sempre detto: 'delle mie cose, meno ne sai e meglio è'. Uno dei due doveva rimanere sempre pulito, e quello era proprio il legittimo re di Darkwood. Ray, lui era un'altra storia: governava al pari del fratello, ma aveva un ruolo diverso, meno di facciata e più incentrato nel dietro le quinte. Gli piaceva, era bravo, e quindi perché no?
    Ovviamente la scelta di prendere la cattedra di Storia della Magia non era stata casuale; Ray aveva sempre collaborato con Hogwarts, ma mai in maniera talmente ufficiale da richiedere un vero e proprio contratto. Il motivo per cui avesse cambiato idea è pressoché ignoto, probabilmente legato a tutto quello scacchiare che il minore dei Darkwood aveva sempre avuto ben presente nella sua testa: tutte le mosse erano necessarie, ma non tutte erano decisive.
    Dopo essersi fatto sistemare il nuovo completo dal sarto personale, si rimirò allo specchio, sentenziando tra sé e sé che potesse andare bene. Fatto ciò si mise indice e pollice congiunti tra le labbra, tirando un fischio acuto verso la porta aperta da cui entrò repentinamente un elfo domestico di Hogwarts. "Ok, possiamo andare." "Sissignore." disse quello, agganciando l'arto ossuto alla sua mano per trasportarlo al castello.

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    Lo sguardo del vampiro parve apprezzare le decorazioni e la nuova sistemazione che Kingsley aveva attuato per il banchetto. Originale, di certo: una cosa che lui non poteva che ammirare. Raynard, d'altronde, non era suo fratello: non amava la tradizione, o quanto meno non se ne sentiva legato. Era un uomo per tutte le stagioni, mellifluo e facilmente adattabile alla progressione naturale dei tempi. Per questo, sebbene non dubitasse che molte persone avrebbero ritenuto scandalosi i cambiamenti attuati da Edmund, ai suoi occhi sembravano invece una cosa piuttosto logica e al passo coi tempi - anzi, era il contrario ad essere quanto più anacronistico e retrogrado.
    Nel proprio ingresso si premurò di volgere lo sguardo al tavolo di ciascuna casata, sorridendo e inclinando il capo a mo' di saluto prima di fermarsi al tavolo dei docenti con un cordiale "Buonasera, colleghi." precedente a una stretta di mani e alle presentazioni del caso. Si avvicinò in seguito a Kingsley, allargando un po' più il proprio sorriso nel salutare il conoscente. "Edmund.." disse educatamente nel stringergli la mano "I miei più vivi complimenti per le nuove disposizioni. Aspettavo da tempo un preside che togliesse un po' di muffa dalle pareti."
    Interagito con Edmund, presentato a tutti i docenti e salutati velocemente gli studentelli <3

     
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    Si sistema la spilla blu e bronzo sulla finissima camicetta di seta mentre ammira allo specchio la propria immagine riflessa. Non è stata una pessima idea, quella di abolire le divise, pensa la giovane corvonero aggiustando con la mano le pieghe della gonna di un pallido celestino, ma non ha voluto totalmente abbandonare i colori della
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    casata che l’ha accolta e tenuta con sé per un intero anno e che si appresta, se tutto va bene e il mondo non esplode definitivamente, a tenerla sotto la sua ala protettiva per ancora un paio di semestri. E mentre i suoi occhi verdazzurri scorgono un naturale sorriso irradiarle il viso realizza che forse non tutti sono contenti quanto lei di essere tornati a scuola.
    Se glielo chiedeste, come mai prima d’ora, Fawn Vanderbilt risponderebbe con totale sincerità. Avrebbe preferito suicidarsi, impiccandosi con una costosissima sciarpa, piuttosto che passare un altro minuto in quel campeggio. Bello il lusso, bello il divertimento, ma c’è un limite a tutto. Non ci era abituata, non era abituata a dover condividere il suo spazio vitale con un’intera scolaresca per un anno intero, estate incluso. Una come lei ha bisogno di un po’ d’aria nuova, facce nuove a cui rivolgere caldi sorrisi o di cui ridere allegramente. Certo, per sua grande fortuna c’era stato Fitz. Sia santificato Fitz, senza il quale probabilmente avrebbe rischiato il tutto per tutto provando ad annegarsi nel lago. Questa sincerità non era certo trapelata dalle sue lettere ai suoi genitori. «Qui va tutto bene, mamma.» è l’unica cosa che i due volevano sentirsi dire, la corvonero lo sa troppo bene. Perché anche quando tutto va male, c’era sempre da dirgli che va bene. Mai che la signora Vanderbilt si crucci troppo e rischi di farsi venire le rughe. Ma è sicuro che quell’estate è stata migliore di quella precedente. Per quanto faccia male ricordarlo, per quanto dolore sia fisico che mentale le causino quei ricordi, Fawn non riesce ad evitarli. Una costante della sua vita che si ripeterà, sempre, in un loop infinito. Scaccia il pensiero mentre pettina i boccoli dorati in una coda alta, come quelle che sua madre era solita farle da bambina. Non c’è un motivo preciso per il quale ci stia impiegando tanto tempo nel prepararsi per un evento che non le cambierà la vita, ma lo fa perché è nelle sue corde, parte naturale del suo essere, gentile eredità di sua madre, che continua a non sopportare e che purtroppo continua, involontariamente, ad imitare.
    Lascia la sua stanza per ritrovarsi nella sala comune corvonero, che così come l’aveva lasciata alla sua partenza, così l’aveva trovata al suo ritorno: mezza vuota. Si avvicina alle grandi vetrate per scrutare al di là della torre, per avere un primo assaggio di quella serata i cui riscontri rimangono ignoti. Per Kingsley forse nutre una certa ammirazione, benché non lo conosca minimamente, ma i suoi giochetti, le sue strategie appaiono palesi quanto inaspettate. Sembra non solo saperne una più del diavolo, ma serbare per loro, i suoi piccoli allievi.

    A braccetto con Fitz, Fawn percorre il parco del castello ormai calato in una semi oscurità. La luna inizia ad alzarsi alta nel cielo, ma per il resto la volta celeste è sgombra, limpida nella sua oscurità. “Al falò di stasera, porta l'unica cosa che vuoi lasciarti alle spalle." In una mano mantiene la lettera spedita dal preside a tutti gli studenti, nell’altra tiene una vecchia spilla, lo stemma di Ilvermorny, un memorabilia di ricordi che si è resa conto di non voler più custodire. «Tu cosa hai portato?» domanda al compagno di casata. Piuttosto chi hai portato, vorrebbe chiedergli, ma non lo fa, perché una parte di se non riesce a fare a meno di tenere conto della rigida educazione che sua madre ha voluto impartirle. Il tendone che si presenta davanti alla sua figura minuta è una piacevole novità. Piacevole perché è assolutamente diversa da ciò che i suoi occhi sono stati abituati a vedere negli ultimi dodici mesi. Un po’ le manca, quell’eleganza che tutto ad un tratto sembra essere arrivata ad Hogwarts. Si fa largo, venendo per un breve istante immersa in un’atmosfera che nemmeno le ricorda Hogwarts, lontana anni luce da quella sensazione che il castello le ha dato quanto l’ha accolta. E non sa se trovare il tutto stranamente piacevole o il contrario. Si avvia verso la tavolata che porta i colori dei corvonero e vi prende posto. Lo sguardo passa su ognuno degli studenti che entra e su quelli già presenti lì dentro. Una cosa positiva del campeggio probabilmente è stata quella di conoscere davvero quelle facce che vedrà h24 per ancora molto tempo. Così riconosce i loro volti e associa finalmente dei nomi. Come i due della famiglia omicidi, i Cavendish, che sfilano verso il tavolo serpeverde. Lo sguardo cade sopratutto su Arthur, o meglio Artie, al quale rivolge un sorriso affilato. «Sei pronto per questa eccitantissima serata?» domanda sardonica al suo accompagnatore per poi posare lo sguardo sul nuovo corpo docenti. Il preside spicca fra i vari volti, nuovi e vecchi, per austerità. Sembrano tutti piuttosto rilassati, nulla fuori posto.
    Eppure, nel vedere Samuel Scamander, tremendamente abbigliato, sa che non dovrebbe trovarsi lì. Dapprima aggrotta le sopracciglia, stranita, perché se la memoria non l’inganna, e la memoria non la inganna, lui dovrebbe essere fuori a godersi il mondo. Ma sa anche che, Samuel Scamander è entrato a far parte dei Falcons, è stato Sebastian a dirglielo, in una missiva nella quale aggiornava Fawn sull’andamento della sua carriera. Eppure, nell’incrociare il suo sguardo, gli occhi verdi e il sorriso sghembro, la corvonero non può evitare di sorridere a sua volta, curiosa di che diavolo ci faccia lì, ancora una volta.

    interagito con Fitz, citati Sam, Eddyking e Artie.


    Edited by conundrüm - 10/9/2017, 22:45
     
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  6. serendipity‚
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    Non è mai stata un'amante di questo tipo di formalità. Cene di lavoro, banchetti d'inizio anno e festeggiamenti vari, li ha sempre trovati così superflui. Fosse per lei si posizionerebbe già da subito dietro alla cattedra, registro in mano e via con la lezione numero uno. Ma non è così che si fanno le cose, a Hogwarts. C'è una facciata da mantenere, bisogna che tutti si salutino a dovere, così da far perpetrare quell'idea di grande famiglia felice che la scuola cerca ossessivamente d'inculcare ai propri abitanti.
    Neanche a dirlo, Clodie ha sempre detestato Hogwarts con tutta se stessa. Ai suoi tempi odiava le divise, quasi tutti i suoi professori, il preside di allora, la continua e fastidiosissima aria di nullafacenza perenne che si respirava sempre nell'aria, tra i suoi coetanei. Lei, in mezzo a loro, non ha mai saputo starci. È sempre stata una di quelle che fanno fatica a trovare il proprio posto nel mondo, la Castillo, a scendere a patti con la propria natura e accettarsi, piacersi finanche, inutile sottolineare dunque quanto una come lei non avesse quasi nessuno in simpatia, ai suoi tempi. Ogni qualvolta un suo compagno cercasse di avvicinarla, conoscerla meglio, decifrare quei sentieri tortuosi e inerpicati che guidavano i suoi pensieri, lei faceva in modo di allontanarli il più possibile, irritata e spaventata al contempo dalla vicinanza.
    Le piace pensare di essere cambiata, con il tempo. Si dice che è diventata più aperta, più disponibile al dialogo e capace anche di accettare un po' di divertimento, quando ci vuole. Ad esempio, quella di oggi è una bella serata. Non è superflua. Sarà utile, per conoscere i suoi futuri colleghi e chissà, forse anche fare amicizia; entrare di nuovo in contatto con una realtà che pensava (e forse sperava, anche) di essersi lasciata alle spalle per sempre.
    Si passa una mano sul capo, nel tentativo di allisciare il più possibile la coda alta, che poi stringe con un movimento secco. Sistema i ciuffi di frangetta che le ricadono appena sopra gli occhi con fare estremamente meticoloso, prima di sollevare lo sguardo verso l'entrata dell'enorme tendone, perdendosi un istante alla vista di un paio di ragazzi intenti a gettare della roba in mezzo al falò. Con un sospiro, torna a osservare il proprio riflesso nel piccolo specchietto circolare, e negli occhi adornati da un leggerissimo velo di trucco riesce a leggere un'espressione quasi terrorizzata. Tornare le fa paura. È costretta ad ammetterlo per lo meno a se stessa, adesso, a pochi metri dall'ingresso nella sua nuova vita, di questo salto nel buio più totale. Lei non è mai stata una che improvvisa, o che si lascia trasportare dall'andare degli eventi: ha sempre avuto un progetto ben preciso nella sua testa. Diplomarsi, studiare ancora, diventare una pozionista, fare la ricercatrice. E i suoi sogni in parte si sono avverati, certo... ma non tanto rapidamente come sperava. Gli ultimi anni si è ritrovata costretta a lavorare in un posto che non le piaceva, a inventare formule che riteneva inutili. A chi importa di una crema che possa eliminare gli occhiaie per dieci ore consecutive? Qualcuno aveva considerato geniale questa sua trovata, ma lei si era semplicemente sentita una fallita, ai margini del mondo della sua stessa disciplina, capace di mettere insieme formule buone solo a far sembrare le donne più belle. Un disastro, in poche parole.
    Poi c'è stato il colloquio con Edmund Kingsley. L'ha trattata come un'adulta, come una che conosce bene la propria materia e addirittura capace di trasmetterla ad altre persone.
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    Probabilmente è stato il primo a credere in lei, dopo il suo primo insegnante di Pozioni. Gli altri l'hanno sempre vista come una troppo secchiona, troppo fissata con i propri obiettivi e incapace di godersi la vita. Forse lo è stata, e probabilmente lo è ancora, ma non ci ha mai visto niente di strano, nell'essere perfezionista. E per quanto mai avrebbe immaginato di rimettere piede nel posto che tanto ha odiato per sette lunghi anni, dove è stata presa in giro da tutti per il suo aspetto fisico e i suoi atteggiamenti troppo fuori dal comune, resa ridicola più e più volte, bullizzata, eccola lì, Clodie Castillo, che come una fenice che rinasce dalle ceneri avanza vittoriosa lungo il varco lasciato aperto dai quattro tavoli delle casate della scuola, all'interno della tenda, nel suo vestitino color crema e con il suo sorriso di circostanza. Pronta a stare dall'altra parte della cattedra; a riscattarsi, e a dimostrare a tutti quanti che anche lei vale qualcosa. E che vale tanto.
    « Buonasera, preside » saluta con un cenno della testa, in segno di rispetto, l'unica persona che riconosce in questo mare di facce nuove. Grazie per quest'opportunità. Sono così grata di essere qui. Hogwarts sembra raggiante grazie a lei! Si morde il labbro inferiore, incerta di come continuare il proprio saluto. « Una bellissima serata, non c'è che dire » si risolve a dire alla fine, un po' impacciatamente.
    Siediti vicino a qualcuno, le suggerisce la sua voce interiore. Lo sguardo perlustra prima la sala, con attenzione. Nota le decorazioni arzigogolate delle tovaglie da tavola, i sorrisi emozionati degli studenti, pronti ad affrontare un nuovo anno e impazienti di ascoltare le nuove disposizioni del loro preside, riesce perfino a carpire qualche conversazione a distanza. Poi torna a pensare a se stessa. Trova qualcuno che sembri simpatico. Nota un uomo abbastanza giovane, che sta parlando con il preside. Poi quello che le sembra un ragazzino, e che deve avere almeno un paio di anni in meno di lei, seduto da un'altra parte. Dai. Con un enorme sospiro, sposta la sedia più lontana da qualunque individuo, e si accomoda, attenta a non far stropicciare troppo il vestito.


    Edited by serendipity‚ - 9/9/2017, 19:48
     
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    « Weasley, Cristo! Che ci fai qui, è l'area maschile, questa. » Cosa ci fa Lily Weasley nell'area maschile dei sotterranei? E' come chiedere a un libraio cosa ci fa in una biblioteca, è come chiedere a una macellaio cosa ci fa in una macelleria, a un bacchettaro, cosa ci fa in un negozio di bacchette e sì.. avete capito. Sorride al povero malcapitato che sta uscendo proprio dalla stanza di suo interesse; è il compagno di stanza di Albus Severus Potter, quello che non ha mai retto a vedere nemmeno se sottoposta a pesanti droghe psicotrope. E' chiaramente un atteggiamento reciproco, visto che più di una volta ci ha provato a invitarla a farsi una passeggiata insieme al campo estivo e lei gli ha sempre risposto, che una volta gli era bastata. Sì, con Miles al letto ci era andata, niente di che; per carità, era un tipo molto devoto, s'impegnava parecchio, ma forse un po' troppo passionale quando non ce n'era minimamente bisogno. Voglio dire, ci sono cose che vanno bene, e cose che sono - come direbbero i suoi compaesani oltre oceano - too much. « Tranquillo Miles, ancora una volta non sono qui perché ho realizzato di voler avere i tuoi bambini, quindi levati dai coglioni e fai poco l'antipatico. » Che non si dica mai che Lily Weasley non mette subito in chiaro le sue intenzioni. Lo supera senza dire altro, ma evidentemente lui deve insistere. « Ma allora hanno ragione quando dicono che hai una scopa su per il culo. » E che non si dica mai che Lily Weasley non fa polemica aggratis. « Purtroppo il tempo a tua disposizione anche per ammirare la mia scopa su per il culo è ampiamente terminato. Au revoir. » E dicendo ciò apre la stanza di Albus, e si sbatte la porta alle spalle. Sto stronzo. « Ma tu, il tuo compagno di stanza come fai a sopportarlo di preciso? » Si potrebbe chiedere altrettanto sul conto di questa piccola furia, ma ovviamente, lei le domande su se stessa non se le pone. Se solo si fermasse un attimo a realizzare quanto in realtà la gente sia stufa di lei dopo già solo un anno, se si fermasse a concretizzare il fatto che la gente cambia strada non appena se la ritrova davanti, sarebbe la fine di un era; per loro, ovviamente, perché a quel punto non ci sarebbe posto al mondo in cui si possano nascondere dalla gioia di vivere di questa piccola forza della natura che non si ferma mai. Pare le abbiano iniettato una risorsa inesauribile di zuccheri concentrati nel sangue sin dalla nascita, perché non si ferma mai, non è mai stanca e soprattutto non ne ha mai abbastanza di rompere le palle alle persone. « Senti ma tu hai trovato la tua divisa? Pare proprio che quella testa di cazzo le abbia abolite. L'unica cosa che ho trovato è questa. » E dicendo ciò le schiaffa la sua spilla rosso fuoco in faccia, prima che quest'ultima rotoli sul letto. « Una fottutissima spilla Albus ci rendiamo conto? Ora sì che le nostre disuguaglianze si noteranno. Complimenti Edmund Kingsley! Aspetta che ti faccio l'applauso. Incoraggi le disuguaglianze sociali e non te ne frega un cazzo. » Così dicendo mentre continua quella sua delucidazione, apre il baule di Albus e inizia a tuffarsi tra i suoi vestiti alla ricerca di una camicia che possa stare bene con i suoi jeans strappati. Perché ovviamente, Lily, dei vestiti prettamente suoi non ce l'ha. Lily vive a sbafo sulle spalle dei suoi cugini, semplicemente perché, i soldi che suo padre le manda per comprarsi quanto necessario per sembrare una ragazza apparentemente normale, li spende in altro. « Questo finisce sulla prossima edizione dell'Echo della Rivolta te lo dico! Mi accerterò personalmente che Miss Moony riceva le mie rimostranze al riguardo. Una cosa avevamo in questa scuola. L'uguaglianza. Almeno in apparenza ricchi e poveri indossavano le stesse cose. Ora invece vedremmo i soliti fighetti e fighette infiocchettati, mentre noi classe media fatichiamo ad arrivare a fine mese. Che poi pensa ai produttori delle divise! E' un buco nel mercato pazzesco. Kingsley sta gettando sulla strada centinaia di onesti lavoratori e a nessuno gliene frega un cazzo. » E alla fine la sua camicia preferita la trova; rossa a quadretti. Si toglie la propria maglietta sporca, che probabilmente appartiene sempre ad Albus, o forse questa e di Freddie? e indossa la camicia. Senza nessuna vergogna. D'altronde non è nulla che nuovo. Tutto nella norma, tranquilli. Infine si allunga e afferra la spilla, cogliendo l'occasione per rubare il capello di Albus. « Fidati, se vuoi scopare quest'anno, questo non ti serve. » Gli da le spalle, girandosi verso il piccolo specchio appeso al muro. « Poveri, poveri, ma con stile, sempre. » Dice sistemandosi il capello sui lucenti boccoli di rosso fuoco.

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    Risalgono le scale che portano all'ingresso principale e poi su per la collina fino al posto in cui, sulla riva del lago nero, il despota, il duce per eccellenza, sua magnificenza dux mea lux ha fatto montare un enorme tendone, manco fossimo al circo. E' bello; persino Lily deve ammetterlo che è bello, i suoi occhi brillano per un istante prima di sbuffare infastidita, alzando gli occhi al cielo. « Ecco in cosa vanno i soldi delle nostre tasse. » Commenta mentre segue il tracciato di pietre fino all'entrata. Si tira sistema il capello sulla testa, mentre osserva con uno sguardo attonito, gli abbigliamenti degli altri partecipanti. Molti sono eleganti, infiocchettati, quasi stessero partecipando a chissà quale ricevimento ufficiale. Ehilà gente! Stiamo pur sempre parlando di Eddy King.. quello stronzo che ci ha tenuti lontani dalla lotta di classe per tutta l'estate ficcandoci in un campo estivo, espressione del capitalismo più becero. Betty Branwell passa loro non molto lontana e allora, Lily non può fare a meno di notare la sua spilla dorata che sembra brillare nel buio. E ciò le ricorda il dramma. Loro come Caposcuola hanno il cugino scemo. « Beh, almeno Tassorosso si è beccato un ottimo Caposcuola. » Gli dice senza risparmiarsi un leggero sorriso malizioso con tanto di gomitino. « Sono un po' più preoccupata per la dittatura nazi-fascista di Miss-So-Tutto-Io. » Ovvio che si era informata su chi fosse stato eletto. Lo sapeva probabilmente già prima che le voci iniziassero a correre per tutto il castello, perché si sa, a Hogwarts non si muove una mosca, senza che Lily Weasley ci metta bocca. « Beh.. almeno spero si mangi bene. » Continua non appena si ritrovano all'entrata del tendone. Alcuni dei loro amici e cugini sono già lì. Il tavolo dei Grifondoro si sta riempiendo, e per un secondo, Lily è triste a rendersi conto che Albus non sarà insieme a loro. Questa cosa che lui era finito in Serpeverde non le erano andata giù sin dall'anno precedente. Ma che cosa significa. Albus, sempre a fare il figlio stronzo stai! Hai superato persino la maestra. E la maestra era ovviamente lei, che aveva fatto venire più di un esaurimento nervoso al povero Percy Weasley, a tal punto da acconsentire che sua figlia andasse a vivere ovunque tranne che a casa sua. Si sarebbe sentito più tranquillo a saperla nei boschi, e non nella sua vecchia scuola, ma per fortuna, il povero Percy non aveva da preoccuparsi. Ovviamente Lily evitava di dire chi fosse suo padre. Si vergognava troppo. Dicendo ciò gli da una pacca sulla spalla e si dirige verso il tavolo dei Grifondoro, salutando Freddie con una sberla e un bacio sulla guancia, facendo l'occhiolino alla vicina compagna Stone. Compagna di nome e di fatto, quella ragazza. Si siede accanto al cugino e lo sguardo si erge spontaneamente verso il tavolo dei professori al centro della sala. « E quelli chi sono di preciso? Ah congratulazioni Freddie, io comunque non ti ho votato. » Gli dice dandoli un leggero buffetto sul braccio senza riuscire a staccare gli occhi dalle meraviglie. « Ma quello e Scamander! L'hanno buttato fuori a calci nel sedere solo per riportarlo qui? Certo che non ci sono più i Presidi di una volta. » Leggera pausa prima che lo sguardo si sposti sull'altro. No. Non Eddy King. Su di lui ha già avuto modo di fare inquietanti apprezzamenti non graditi. « E l'altro? » Chiede spostando lo sguardo su quello accanto a Eddy King. « No ragazzi scusate, ma questa è una sfilata di Mister Universo o il nuovo corpo docenti? Già ho problemi a stare attenta a lezione; ma così resto qui fino a venticinque anni. » E a proposito di nuove leve, proprio in quel momento, non molto distante, nel suo campo visivo compare un'altra meraviglia. Vuole tornare alla Ilvermorny. Almeno lì era abituata a tutti. Qui è tutto pressoché nuovo. Un anno non basta per abituarsi a tutte quelle facce nuove. « Ma buongiornissimo, e tu chi saresti? Da dove sei comparso? Che cosa hai fatto di male nella vita per sottoporti alla tortura di questo posto? » Lily prendi fiato.

    In ordine di apparizione:
    - Rubato l'anima ad Albus;
    - Intravvista Betty;
    - Interagito con Malia e Freddie;
    - Fatto apprezzamenti su uomini troppo grandi e irraggiungibili;
    - Rotto il ghiaccio con lo zingaro immigrato;

     
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    Alzarsi per lei era sempre una tortura, da quando erano tornati ai dormitori le cose erano cambiate perchè non poteva più evitare i suoi compagni o i loro sguardi impietositi. Si aggirava per le mura del castello con l'aiuto di una stampella e ci metteva il doppio del tempo, rispetto a prima, per raggiungere qualsiasi luogo del castello. Il suo incidente non era stato niente di ché, ma la sua guarigione tardiva sembrava essere sulla bocca di tutti. Forse proprio per questo motivo si rifiutava di lasciare la propria stanza se non quando fosse strettamente necessario, era stufa di sentirsi il bersaglio della pietà altrui. Gli unici momenti in cui si sentiva diversa era quando al suo fianco c'era Altair; forse il suo cognome e la sua notorietà scoraggiavano tutti gli altri, costringendoli così ad abbassare lo sguardo e volgere la propria attenzione altrove. Aveva addirittura pensato di non partecipare alle votazioni dei nuovi capiscuola, ma alla fine il senso del dovere aveva avuto la meglio su di lei. Aveva scelto l'orario con cura, nella speranza di non essere costretta a fare la solita sfilata e di fronte ai nomi dei suoi compagni non aveva avuto alcun dubbio su chi di loro meritasse il suo voto. Aveva cercato di dileguarsi, di tornare nella sua stanza, ma era stata bloccata, quasi ostacolata da quella che avrebbe dovuto essere una sua compagna di casa. «Speri di rivedere la spilla sul tuo petto MacBride?» Aveva pensato seriamente a riassumere il suo ruolo da caposcuola, ma riflettendoci aveva capito che non era più interessata; non era nello stato mentale giusto per prendersi la responsabilità di guidare i propri compagni; specie ora che non riusciva nemmeno a guidare sé stessa. Si era limitata a scuotere la testa per poi tornare sui suoi passi, ma la ragazza non sembrava in grado di mollare la presa. «Credi davvero che avrebbero scelto una storpia per guidarli? Siamo famosi per essere intelligenti non stupidi.» Storpia. Aveva ripetuto quella parola nella sua testa per giorni, cercando di accettare la realtà dei fatti, ma sentirla pronunciare ad alta voce era quasi come ricevere un ceffone in pieno volto. Per la prima volta aveva la conferma di ciò che i suoi compagni pensavano realmente. Aveva guardato negli occhi la ragazza e non aveva scorto un briciolo di compassione o pietà, solamente scherno e derisione. Istintivamente le veniva da chiedersi quanti dei suoi coetanei pensassero la stessa cosa, quanti di loro ridevano di lei alle sue spalle e quanti di essi avrebbero avuto il coraggio di rivolgersi così nei suoi confronti. Eris non cercava mai lo scontro diretto, era una persona pacata e più incline al discorso, ma nell'ultimo anno aveva imparato a tirar fuori la voce; a non rimanere sempre in disparte. Di combattere da sola le proprie battaglie. «Penso che tu abbia ragione sai?!» Il volto della ragazza iniziò a perdere quella che all'inizio era sembrata una sicurezza incrollabile. «Siamo intelligenti e proprio per questo motivo non troveremo biglietti con il tuo nome all'interno di quell'urna.» Silenziosamente si lasciò la ragazza alle spalle, sentendosi fiera di sé stessa; aveva imparato come liberarsi dei propri demoni, come impedire a quest'ultimi di prendere il sopravvento.

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    Il banchetto di inizio anno era sempre un momento cruciale, lo scorso anno aveva comportato grandi cambiamenti che non tutti avevano apprezzato, ma Eris continuava a ripetere che peggio di così non sarebbe potuta andare. Con fatica e in equilibrio su una gamba sola cercò di recuperare la divisa dall'armadio, ma tutte le sue camicie sembravano scomparse, così come le gonne e i golfini. Arrivò saltellando al suo comodino e anche tutti i suoi collant sembravano spariti, al loro posto c'era un bigliettino di carta e una spilla di corvonero. "Al falò di stasera, porta l'unica cosa che vuoi lasciarti alle spalle." Che il preside avesse nuovamente in serbo per loro qualche colpo di scena?! Istintivamente Eris pensò di liberarsi del tutore, ma le infermiere le avevano severamente vietato di toglierlo. Senza pensarci prese l'ultima lettera dei suoi genitori, non avevano fatto altro che parlarle della sorella, senza fare alcun riferimento alla sua lenta guarigione o quanto potessero essere preoccupati. Aveva finalmente capito che i suoi genitori non avevano mai provato a comprendere il suo mondo, non avevano fatto altro che concentrare tutte le loro attenzioni sulla figlia che erano in grado di capire e Eris aveva deciso che era ora di smettere di farsi sempre in quattro per essere apprezzate. Con soddisfazione scelse un semplice vestito nero, arrivava poco sopra il ginocchio e soprattutto non le avrebbe dato fastidio alla gamba. Sistemò i capelli e stese uno strato di rossetto rosso sulle labbra, non voleva che la prima cosa che le persone vedessero fosse l'ingombrante tutore. Fuori dai sotterranei, come un cavaliere d'altri tempi, l'aspettava Altair. Vederlo senza i divisi mise a dura prova il suo stomaco fortunatamente poteva reggersi alla stampella; così da neutralizzare l'effetto che le farfalle nello stomaco le stavano provocando. «Eddy King ci ha concesso un po' di libertà ti rendi conto? Pensi che abbia in mente qualcosa come l'anno scorso?» Eris ricordava ancora il caos che era scoppiato dopo la suddivisione degli alloggi, molti studenti avevano fatto finta di niente mentre altri non avevano fatto altro che protestare inutilmente; riportare tutti all'ordine era stato difficile, ma un compito che lei aveva svolto volentieri. Si aggrappò al braccio del ragazzo per fare le scale, ancora stranita dalla decisione del preside di tenere il banchetto iniziale in un tendone all'aperto e non nella sala grande un evento che a Hogwarts aveva dell'incredibile. Tutto era stato preparato a regola d'arte e dentro di sé la corvonero non poteva fare a meno di chiedersi dov'era la fregatura. Prese posto al tavolo dei corvonero e quasi senza volerlo si appoggiò al ragazzo al suo fianco. Lasciò vagare gli occhi lungo la sala e scorse l'inconfondibile chioma rossa di Lily e poco lontano da lei quella corvina di Malia. I grifondoro stavano festeggiando l'elezione di Weasley come caposcuola, una nomina che di per sé aveva dell'incredibile. Gli altri caposcuola sfoggiavano con orgoglio le proprie spille, un'emozione che la ragazza ricordava con nostalgia e che aveva apprezzato per pochissimo tempo prima di vedersi strappati i propri privilegi e doveri. Il caposcuola di corvonero la lasciava del tutto indifferente, fortunatamente poteva contare sul fatto che i suoi compagni fossero dotati di un'intelligenza superiore alla media. Al tavolo dei professori catturò il suo sguardo una figura in particolare, Sam era vestito di tutto punto e comodamente seduto tra quelli che fino a pochi mesi prima erano stati i suoi stessi professori. Ancora basita di fronte a quel cambiamento si limitò a salutare l'amico con un sorriso caloroso, curiosa di sapere come fosse finito nuovamente tra quelle mura.


    allora citati eddy, malia, lily e sam
    interagito con altair
     
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    "Ma..quindi..per quell'uscita di cui ti parlavo?" probabilmente, se Albus avesse potuto cavarsi gli occhi e farci il giocoliere, lo avrebbe fatto. Così, tanto per far capire a Miles che l'esasperazione non aveva mai davvero un limite per lui, soprattutto quando il compagno si sforzava ad insistere su un argomento di cui sapeva già la risposta, per giunta cercando persino di essere subdolo. "Ma uscita dove? Siamo chiusi qui dentro come le sardine! Dove vuoi andare? A prendere una birra coi centauri?" chiese, nel tono più disperato che gli venisse in quel momento, mentre i suoi occhi interrogavano senza sosta la poca intelligenza nello sguardo di Miles. "Ma che ne so? Tu ne trovi sempre una. Basta una serata al lago, roba così, insomma." Prese un lungo sospiro, passandosi le mani in volto e poi tra i capelli nella disperata ricerca di parole gentili da spendere per il compagno. "Miles.." pausa "..devi fartene una ragione.." pausa "..Lily non ti si carica. Stai contento che te l'abbia data una volta, cazzo. Ci sta gente che è ancora vergine, quindi fai l'uomo e smettila di lamentarti." Beh, sì, se ve lo state chiedendo, quelle per Albus erano parole gentili, dato che se avesse dovuto seguire il suo istinto lo avrebbe preso a insulti. "Certo che come compagno di stanza sei proprio inutile, Potter." E niente, accettato ormai il fatto che non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire, Albus allargò le braccia, stringendosi nelle spalle e lasciando che il compagno attuasse la sua scelta di calpestare la propria dignità ancora una volta. "Io te l'ho detto. Poi fai come ti pare." sentenziò per chiudere il discorso, riprendendo in mano il proprio libro e allungando meglio le gambe sul letto, immergendosi nuovamente nella lettura mentre Miles usciva di scena.
    Furono davvero pochi i minuti che vennero concessi alla lettura del Serpeverde, pochi minuti che terminarono con un teatrale spalancamento della porta della sua stanza. "Ma tu, il tuo compagno di stanza come fai a sopportarlo di preciso?" "Avanti, Lily, entra pure. Fai come se fossi a casa tua." asserì sarcasticamente, senza staccare gli occhi dal libro, giusto il tempo di finire le ultime due righe del capitolo prima di inserire il segnalibro tra le pagine e chiudere sonoramente il tomo. "Senti ma tu hai trovato la tua divisa? Pare proprio che quella testa di cazzo le abbia abolite. L'unica cosa che ho trovato è questa." Raccolse velocemente la spilla che la cugina gli aveva lanciato, rigirandosela tra le mani mentre i suoi occhi pensierosi scrutavano i giochi di luce che il rosso e l'oro producevano sotto il bagliore della lampada ad olio. "Una fottutissima spilla Albus ci rendiamo conto? Ora sì che le nostre disuguaglianze si noteranno. Complimenti Edmund Kingsley! Aspetta che ti faccio l'applauso. Incoraggi le disuguaglianze sociali e non te ne frega un cazzo." Istintivamente le labbra di Albus si allargarono in un sorriso che fece scaturire una genuina risata, una delle poche che avesse avuto modo di produrre negli ultimi tempi. Che mondo sarebbe senza Lily? Lily, per lui, era la seconda in comando di Fred, ma forse nemmeno quello: i due erano troppo diversi per essere categorizzati, e dunque il Potter li metteva praticamente sempre sullo stesso piano. Lei lo capiva, a differenza di molti altri, e sapeva anche come scuoterlo o riprenderlo quando ce n'era bisogno. Se un argomento lo tormentava, sapeva che con lei avrebbe sempre potuto aprire una discussione sincera che gli avrebbe fatto vedere il tutto sotto un'altra prospettiva. "Questo finisce sulla prossima edizione dell'Echo della Rivolta te lo dico! Mi accerterò personalmente che Miss Moony riceva le mie rimostranze al riguardo. Una cosa avevamo in questa scuola. L'uguaglianza. Almeno in apparenza ricchi e poveri indossavano le stesse cose. Ora invece vedremmo i soliti fighetti e fighette infiocchettati, mentre noi classe media fatichiamo ad arrivare a fine mese. Che poi pensa ai produttori delle divise! E' un buco nel mercato pazzesco. Kingsley sta gettando sulla strada centinaia di onesti lavoratori e a nessuno gliene frega un cazzo." Ascoltò attentamente quelle parole, portandosi una mano al mento e annuendo di tanto in tanto con un sorriso sul volto, intervallando il suo discorso con sporadici 'mmh', 'aaah', 'eeeh', solo per poi commentare il tutto in poche frasi. "Tanto lo sappiamo entrambi che, se non l'avesse fatto, non ti sarebbe andato bene comunque e avresti detto che ci voleva uniformare tutti come fossimo pecore, annullando le nostre individualità e il nostro diritto alla personale espressione." disse semplicemente, sollevando un sopracciglio con aria eloquente prima di alzarsi dal letto e buttarsi sopra la t-shirt un maglioncino grigio infeltrito e ormai slabbrato che aveva lasciato sullo schienale della sedia. Si infilò anche il suo fedele cappello, ma non fece in tempo a calarselo sulla testa che prontamente gli venne rubato dalla cugina - al cui saccheggio di abiti era ormai abituato. "Ehi..!" "Fidati, se vuoi scopare quest'anno, questo non ti serve." Alzò gli occhi al cielo, voltandosi insieme a lei verso lo specchio per dare una piega umana ai capelli scombinati dal furto prepotente di Lily. "Poveri, poveri, ma con stile, sempre." Giusto il tempo di una linguaccia allo specchio e una veloce risata prima di incamminarsi verso il banchetto di inizio anno.

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    Una volta arrivati, il Serpeverde prese un lungo sospiro, fermandosi davanti al falò per estrarre dalle proprie tasche una fotografia, quella che aveva rinvenuto qualche giorno fa all'interno del proprio libro. La tenne a faccia coperta, cosciente che se si fosse fermato a guardarla non avrebbe avuto il cuore di lasciarla andare. Quei quattro, così sorridenti, rappresentavano il passato, una a cui lui doveva rinunciare. E così, con un groppo alla gola, la lasciò crepitare tra le fiamme, come da istruzione di Kingsley.
    "Ecco in cosa vanno i soldi delle nostre tasse." con le mani ben affondate nelle tasche, Albus si ritrovò a scuotere la testa con aria divertita alle parole della cugina. "Beh, poteva andare peggio. Quanto meno ci risparmiamo i primini in iperventilazione per il soffitto incantato. Cristo, non ne potevo più di quella merda ogni anno." fece una pausa, aggrottando la fronte con fare pensieroso "Vabbè che se non lo fanno oggi lo faranno domani. Non si fugge proprio, eh." Tuttavia il sorriso gli morì presto sulle labbra quando vide passare Betty di fronte a sé, seguendola istintivamente con lo sguardo per qualche secondo, prima di riportarlo da tutt'altra parte. Non era sfuggito al suo occhio, tuttavia, il nastro con cui la ragazza si era legata i capelli: quello del pacchetto anonimo che lui le aveva fatto recapitare. A quel pensiero, i lati delle sue labbra si incurvarono nuovamente in una linea impercettibile, mentre un leggero imbarazzo gli faceva affondare ancora di più le mani nelle tasche e abbassare lo sguardo sui propri piedi. "Beh, almeno Tassorosso si è beccato un ottimo Caposcuola." E qui, un'occhiataccia fulminante, a Lily non gliela tolse proprio nessuno. "Sono un po' più preoccupata per la dittatura nazi-fascista di Miss-So-Tutto-Io." La Carrow. In tutta risposta, Albus spalancò gli occhi e fece un grosso sospiro, lasciando a intendere quanto fosse deliziato dalla questione. "Prima Watson - mado', ho ancora gli incubi la notte -" quanti cazzo di colpi mi ha fatto prendere quell'infame! Minimo vent'anni di vita mi sono perso per quella sua cazzo di fissa di sbucarti silenzioso pure dai tombini e chiederti che cazzo stessi facendo. Ma si può? Ma sei pazzo? Cristo, ne ho uno di cuore, io! "poi lei. I pali nel culo piacciono davvero tanto ai miei compagni: tutti grandi estimatori del sadomasochismo." Purtroppo, però, anche quello scambio giunse al termine nel momento in cui i due varcarono la soglia del tendone. La prima cosa che fece fu sporgersi verso il tavolo Grifondoro, salutando animosamente Fred, Olympia, Rudy e Malia, per poi ritornare a Lily. "Le nostre strade si dividono, cara la mia Potter mancata." disse quindi, stringendosi nelle spalle prima di rivolgerle un amaro sorrisino di saluto e un cenno del capo. "Buona cena." disse infine, voltandosi per andare al proprio posto, lì a quel tavolo in cui ormai era l'unico della sua famiglia a sedere da quando Maelys se n'era andata. Sebbene la sua mancanza lo facesse sentire solo, non poteva che essere contento per lei: aveva fatto una scelta saggia, non tornando, e più che averla lì, avrebbe desiderato essere con lei..ovunque si trovasse in quel momento. Nel passare dietro al tavolo dei Corvonero diede un veloce coppino a Hugo, allontanandosi con uno sghignazzo prima di raggiungere il tavolo Serpeverde e mettersi a sedere il più in disparte possibile. Hello darkness my old friend, si ritrovò a pensare sarcasticamente, mentre si rigirava una forchetta tra le mani per distrarsi dal fatto che a quel tavolo gli stavano tutti pressoché sulle palle.
    - Interagito con Lily
    - Salutati Fred, Olympia, Malia e Rudy & coppinato Hugo
    - Citata la Carrow infame e Betty bella
    - Tornato a fare il forever alone, perché troppa interazione sociale l'ha già stressato, povero ancielo



    Edited by cocaine blues - 7/9/2017, 11:49
     
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    L’estate l’ha stremata, ecco perché Scout ha perso la cognizione del tempo. Letteralmente. Addormentarsi alle sei del mattino e svegliarsi alle otto, così, per tutta l’estate le ha causato più problemi del jet leg, che Scout non ha mai avuto il piacere di provare, dal momento che non hamai avuto abbastanza soldi per viaggiare. Essere tornati nei sotterranei poi ha finito di scombussolare il suo delicato ciclo di veglia e sonno. Non è stato un gran salto di qualità, quello di tornare fra le mura scolastiche, dato che lei, come gran parte di quelli che conosceva, è comunque costretta a stare nei sotterranei. L’assenza di sole ha poi dato il colpo di grazia. Perciò rimpiange il campeggio, i bungalow che l’avevano ospitata in quei mesi, il continuo svagarsi – non che ad Hogwarts presti poi tanta attenzione alle attività scolastiche – e il comfort più sfrenato. Se avesse venduto entrambi i reni e anche qualche altro organo, con i soldi ricevuti avrebbe comunque non potuto permettersi tutto quel ben di dio. Certo, la perdita della libertà, personale e collettiva, la subordinazione a regole che comunque avrebbe bene o male dovuto rispettare anche all’interno di Hogwarts e la lontananza dalla famiglia – zia Moira le era mancata, un po’ meno il suo appartamento super affollato di artisti stravaganti e cianfrusaglie inutili, e soprattutto il cibo, Scout non aveva sentito la minima mancanza delle alternative pietanze che sua zia amava cucinare, motivo per il quale Scout dimagriva sempre qualche chilo durante l’estate - erano stati un caro prezzo per quel divertimento. Ma come suo solito aveva cercato di trovare il lato positivo in tutto. E ora si ritrova a tentare di mascherare occhiaie viola come melanzane, che non vogliono andare via. Poco le importa, a dirla tutta, dal momento che in assenza della divisa – scelta del preside che ha detestato, era stata cosa assai comoda non dover pensare a cosa mettere la mattina e potersi svegliare giusto quei dieci minuti prima delle lezioni, rendendosi più o meno presentabile – ha scelto di essere il più informale possibile, non che il suo guardaroba le fornisca una grossa scelta. Che poi, da grande esperta di stile, Scout ha scelto di indossare, con assoluta fierezza, una maglietta della sua casata. Altroché spillette inutili.
    Appende il pennello al chiodo, rinunciando nell'opera di ristrutturazione del suo viso stanco, perché tanto lo sa che è una perdita di tempo.

    « Dragomir!» strillacchia Scout, accompagnando le sue parole ad un sonoro fischio, con tanto di dita, da grande professionista, gentile insegnamento del suo defunto padre. Corre incontro al nuovo arrivato, che povera anima, è stato affidato a lei per conoscere il castello. Scelta azzardata, a dirla tutta, dal momento che sì, Scout conosce incredibilmente bene il castello, ma non è considerabile una persona affidabile, né attenta, perciò se aveste un po' di sale in zucca non le affidereste mai un nuovo studente, perché potrebbe confonderlo
    giphy
    più che aiutarlo. Ma la grifondoro aveva accettato di buon grado l'incarico, felice di potersi rendere utile. Raggiunge il nuovo grifondoro, correndogli incontro con la lunga chioma che oscilla ad ogni passo. « Come stai?E' un po' bruttino lì sotto, lo so» dice senza nemmeno dargli il tempo di rispondere « ma lo trovo il modo di farti fare il tour della sala comune.» lo dice come per rassicurarlo, perché per Scout è un'assurdità che un grifondoro non sappia qual è davvero il suo piccolo e sacro regno. Quasi le scende una lacrima quando ripensa ai parati rosso e oro, i divani malconci e i suoi amati dormitori.
    L'idea di Eddyking di spostare il banchetto di inizio anno all'esterno non le è dispiaciuta affatto, e i suoi occhi si illuminano immediatamente nel costatare che il tutto sarà organizzato all'interno di una scenograficissima tenda. Le ricorda il circo, seppur più elegante e ricercato. Entra, mesta e curiosa, mettendo piede all'interno del grande tendone,
    dove cinque tavoli, che iniziano ormai a riempirsi, attendono tutti, studenti e personale. Non sa perché, ma qualcosa però non le da la sensazione di essere ad Hogwarts, di essere a casa. E per di più non ha portato nulla con sé di cui volersi liberare, un po' perché tutto ciò che ha le serve, un po' perché Scout è un'accumulatrice seriale e raramente ritiene che le cose siano inutili o sacrificabili. Scrolla le spalle, sperando di riuscire a scrollarsi anche quella sensazione, ma non si stacca, nemmeno quando i suoi occhi azzurri incontrano i suoi compagni di casata. « Lui è Stefan» dice, presentando il suo nuovo amico. Saluta con un abbraccio Olympia, che da quando è tornata, Scout non ha evitato di importunare, facendole prontamente sapere di quanto le fosse mancata e di quanto si fosse preoccupata. Lo sguardo passa in rassegna il tendone alla ricerca di facce nuove e di quelle vecchie, che non le sono mancate dal momento che non ha fatto altro che avercele davanti agli occhi. Tipo quella di Arthur Cavendish, che durante l'estate ha evitato come la peste dopo l'imbarazzante incontro avvenuto mesi prima. La sua espressione dice tutto quando lo vede. Poi scorre gli occhi fra i tassorosso alla ricerca della bionda testolina di Elliot, che saluta muovendo vistosamente la mano nella sua direzione. I posti di fianco a lei iniziano lentamente ad occuparsi, così come quello del corpo insegnanti, che quest'anno ha volti nuovi e assolutamente insoliti fra le loro fila.


    interagito con Stefan(o), Olympia (che ancora devono postare) e citato Arthur(o).
     
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    Erano bastati pochi giorni, a Stefan, per capire che quel posto proprio non faceva per lui. Magna' se magna male, a Esme e Rocket nun je posso scrive, a Franko manco a parlanne, er cellulare nun te pia na mezza tacca manco se te metti a piagne, se stamo tutti uno sopra all'artro che ar campo mio n confronto facevi er signore, c'hanno tutti e facce da cazzo e 'r palo n culo, e n più pare tanto che j'è morto quarcuno ta tutti da come te li senti parla'. Ma ndo cazzo me trovo? Considerazioni oculate, quelle del giovane Dragomir durante la propria pausa sigaretta. Che poi, pausa da cosa, questo ancora non si sa. Fatto sta che il nocciolo della questione era sempre e comunque uno: a Stefan quel posto non piaceva. In realtà a lui non piaceva mai nulla, ma quella scuola lì men che meno, per giunta situata in una terra tetra che del sole non pareva conoscerne traccia. L'artro giorno er tipo de la stanza accanto stava tutto a esaltasse che ce staveno venti gradi a mezzogiorno, roba che tra m'po' se cavava pure e mutande pe' a presa a bene. Ma sta gente ndo vive? Ma so veri? Fanno sur serio? So perplesso. Scosse la testa, incredulo dei propri stessi pensieri, aspirando un ultimo lungo tiro di sigaretta prima di gettarla nel pozzo del cortile di pietra. Poi c'hanno sto baretto che se chiama tipo A testa de porco, o peggio me sento I tre manici de scopa. Eh, giusto tre so i manici, ma l'so io do' li tengono. Mica c'hanno la robba seria che c'avevamo noi a scola, che traversavi a strada e te trovavi er Bar Collo e lo zozzone a n tiro de schioppo. Qui te devi fa pure 'a pettata p'arivacce. Ce credo che so tutti ncazzati, li mortacci loro. Animato dal fuoco dell'indignazione, Stefan affondò le mani nelle tasche del giacchetto di pelle, perché per lui, lì, citandolo: 'ce se caga sotto dar freddo'.
    Non fece a tempo a cominciare la salita sulla collinetta erbosa che subito sentì un urlo alle proprie spalle, accompagnato da un sonoro fischio "Dragomir!" Si voltò velocemente, sorridendo alla rossa. Scout era la gentile fanciulla a cui era stato affidato l'ignobile compito di mostrargli la scuola e spiegargli un po' come funzionassero le cose da quelle parti. Inutile dire che lui, a ogni informazione, aveva già pronta una domanda o un commento critico. Eppure lei lo sopportava, o quanto meno lo assecondava quanto necessario ad attirarsi la simpatia del ragazzo, il quale l'aveva subito presa a genio per i suoi modi decisamente più calorosi rispetto a quelli di tanti altri loro compagni. "Abbella!" le urlò dietro, prima di vedersela comparire al fianco e poggiarle un braccio attorno alle spalle. Dicevano che lì, tutte queste confidenze, la gente non se le prendeva, ma a lui davvero non poteva fregare di meno di cosa gli inglesi ritenessero normale o no e in quali tempi precisi. Figuramose se sto a senti' 'a quelli che te scapocciano se nun se pijano er tè a le cinque. Che poi ecco, mo' che me ce fate pensa', manco er caffè sanno fa sti qui. Ancora che parlano?! "Come stai? E' un po' bruttino lì sotto, lo so, ma lo trovo il modo di farti fare il tour della sala comune." piegò il capo di lato, sollevando le sopracciglia con aria noncurante. "Mah, te dico, ho visto de peggio, eh." disse, più per autoconsolazione che per altro "Però sta sala comune la voglio vede', che tutti ne parlano manco fosse a Reggia de Caserta." Nota per il lettore: tenete conto della buona volontà, siccome in diverse circostanze le parole di Stefan sarebbero state completamente incomprensibili, mentre invece, lì, con quella gente, cercava di sforzarsi il più possibile di parlare in maniera corretta..e ciò è tutto dire, dati i risultati.
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    Quando finalmente raggiunsero il tendone, il giovane aggrottò immediatamente la fronte. Primo: ma so' io che sembro n cinquantenne o so loro che sembrano fioli? Secondo: e n tutto st'ambarabam, la scimmia ammaestrata e j'elefanti cor cappellino do' ce l'hai lasciati, Eddy? Che qui me sembra tanto che ce voi fa passa' a noi pe 'e bestie da circo, e ste prese per culo magari no, eh, che ancora manco se damo der tu. Tuttavia il suo unico commento fu un'alzata di sopracciglia e un'espressione basita, reputando che fosse meglio tenersi per sé i suoi pensieri. Decretato ciò, frugò nelle tasche del proprio giacchetto per adempiere alla richiesta di Kingsley. Stefan, di preciso, non aveva nulla da lasciarsi alle spalle, forse perché i propri conti tendeva a regolarli tutti il prima possibile. E così, dopo averci pensato molto a lungo, aveva deciso per un atto simbolico; qualche ora prima aveva strappato un pezzo di pergamena, scrivendovi sopra la parola capitalismo: fu quello che gettò nel fuoco. Fatto ciò, seguì la compagna verso il tavolo Grifondoro, assestando una sonora pacca sulla spalla a Rudy, di quelle in stile Dragomir, capaci di farti sputare entrambi i polmoni in un colpo solo. "Oh, bonasera, eh!" "Lui è Stefan" Si mise a sedere accanto a Scout, stirando le labbra in un sorriso circostanziale diretto al gruppetto a cui lei lo aveva appena presentato. Ao, e meno male che i capelli rossi so carattere recessivo. Frega n cazzo de Mendel a sti qui. "Ma buongiornissimo, e tu chi saresti? Da dove sei comparso? Che cosa hai fatto di male nella vita per sottoporti alla tortura di questo posto?" Il suo sguardo si spostò velocemente sulla concasata che gli aveva appena rivolto parola, attirando la sua attenzione con un tono squillante. A quelle parole, il sorriso tirato sulle sue labbra si allargò appena a scoprire i denti, pronunciando in un tono di cristallina onestà "M'hanno bruciato casa i fasci, ecco perché sto qui." Parole dette con un tono di semplicità a dir poco incredibile, seguite da una stretta di spalle. A quel punto, per educazione, si allungò a stringere la mano alla piccola cerchia attorno a lui, compresa la rossa. "Stefan Dragomir. Sì, so fratello de Rocket." Perché tanto è quello che chiedono un po' tutti, quando sentono il suo cognome. "Tu non me sveni' qui però." disse poi, a voce più bassa, inclinandosi verso Scout e indicandole con un cenno del mento il tipo che lei stava bellamente fissando, quello diretto al tavolo Serpeverde. Detto ciò riportò la propria attenzione alla seconda rossa, quella di poco prima. Bellicapelli. "E tu? L'accento come gli altri nun ce l'hai. Stai qui per l'aria fresca?"
    - Interagito con Scout, Lily e Rudy
    - Presentato un po' a tutto il gruppetto GrifoWeasley-Potter
    - Citato Artie



    Edited by cocaine blues - 7/9/2017, 11:53
     
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    Olympia Lynx Potter è arrivata ad Hogwarts con un solo desiderio: essere smistata nella casata di Albus. Ha sempre trovato particolarmente accattivanti i discorsi riguardo la casa di Salazar Serpeverde e non ha mai fatto mistero sulla sua voglia di ricadere tra i figli verde argento. E no, non era il desiderio di una semplice ragazzina, perché Olympia è arrivata al castello già bella cresciuta, con un'istruzione magica impartitela in casa e un liceo babbano che aveva lasciato con enorme dolore. Poi però è arrivata ad Hogwarts ed è stata smistata nella casa di suo padre, di sua madre, di James, di tutti e quattro i suoi fratelli e della maggior parte dei suoi cugini e pian piano, giorno dopo giorno, ha cominciato ad apprezzare le qualità di quella casata, capendo man mano che forse, dopotutto, il capello non aveva sbagliato di troppo il tiro. Per questo motivo ci rimane, piuttosto ingenuamente, male quando scopre, appena ritornata a scuola, che è stata estromessa dalle votazioni per eleggere il nuovo Caposcuola. Non che si aspettasse un trattamento regale da Edmund Kingsley, con tanto di tappeto rosso per farle attraversare il portone principale, questo no. Sapeva benissimo che non poteva di certo passarla liscia e quella era soltanto la prima della lista di cose che Olympia si era fatta in previsione del grande rientro. Non ha quindi votato, esclusa anche da quello, ma alla fine è stata felice della scelta che i suoi compagni hanno fatto: Fred incarna in tutto e per tutto gli ideali di un buon Grifondoro, è di famiglia e anche se non è propriamente responsabile, è certa che darà il filo da torcere al preside, cosa sempre piuttosto apprezzata.
    E' con spirito guerrafondaio che Olympia si avvia verso i dormitori maschili, a poche manciate di minuti dall'inizio del tanto atteso evento dell'anno. Bussa alla porta un paio di volte e quando non ottiene risposta, entra bellamente, come se nulla fosse, noncurante di quello che troverà dentro. «Hai deciso di rimanere chiuso qui dentro per tutto l'intero anno scolastico?» Guarda Rudy, con un sorriso solare sulle labbra. Sa benissimo quanto ancora stia soffrendo e si sente impotente di fronte al dolore che l'ha toccato nel profondo. Per questo motivo, ogni giorno cerca di fargli compagnia come meglio può, anche solo stando insieme, vicino a lui. Ma quello è un giorno importante e non solo per loro due, ma anche per il resto della scuola. Loro devono presenziare al banchetto come se nulla fosse, come se non fosse successo niente durante quell'estate, tranquilli e spavaldi come la loro casata di appartenenza richiede. Perciò gli si avvicina, sfiorandogli appena il dorso della mano con le dita. Un tocco delicato che spera gli possa infondere la forza necessaria. «Dobbiamo andare.» Non è un'ordine, ma una semplice constatazione. Sono obbligati a farlo perché, come tutti ormai credono, sono due deficienti che hanno deciso di tornare al castello per chissà quale motivo. «Dai che sarà assolutamente divertente sbattere in faccia a Kingsley i nostri visi sorridenti!» Ancora per poco pensa e lo sa bene che deve aspettarsi il peggio, ma perlomeno, per quella sera il sorriso dalla faccia non glielo toglie nessuno. Alimentato anche dal sapere che non vi sono più divise scolastiche imposte dall'alto. Ognuno può indossare ciò che gli pare, ognuno libero di essere se stesso, anche nell'esteriorità e non solo nell'anima. E' una cosa che stranamente ha apprezzato. Forse, dopotutto, Kingsley ha deciso di continuare con la politica del "Dio misericordioso". Il campo estivo super lusso, niente divise, votazioni popolari, banchetto all'aperto. Di giorno in giorno plasma quel posto a sua immagine e somiglianza e finché continua con quella linea positiva e assolutamente magnanima, gioca in casa, avendo il coltello dalla parte del manico. Nessuno può dirgli nulla, nessuno si può lamentare. Dannatamente astuto! Si appunta meglio sulla camicetta azzurra - scelta appositamente per far risaltare i colori rosso oro - la spilla di Grifondoro, l'unica cosa che rimanda alla loro Casata e poi prenda quella di Rudy, costringendolo a rimanere fermo per fare la stessa cosa sulla sua di maglietta. «Che dici? Siamo abbastanza belli per andare alla gogna?» Si volta a guardare i propri riflessi allo specchio che si trova appeso alla parete e sorride. «E speriamo che tutti questi sforzi ne valgano la pena. Sarebbe davvero un peccato, in caso contrario.» E così dicendo, stringe la mano intorno al suo avambraccio e se lo trascina dietro, senza sentir ragione.
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    Camminano velocemente, uno di fianco all'altra, indirizzati dalle luci e dal sentiero di ciottoli che si apre di fronte a loro. Il tendone illuminato è un qualcosa di assolutamente meraviglioso per gli occhi, è costretta ad ammettere. I colori sgargianti che si uniscono in quel tripudio artistico riescono a calmare la tensione che scendendo si è andata creando in fondo allo stomaco della rossa. Non lo tocca, né lo sfiora, eppure è lì, presente al suo fianco, come ha promesso di fare quella sera nel salottino di suo padre. «Giusto, quasi dimenticavo, hai portato qualcosa per la camminata sulla strada dei ricordi Olympia lo guarda di sbieco, con un punto di domanda negli occhi. Porta l'unica cosa che vuoi lasciarti alle spalle. Seppur non crede che il significato che attribuisce lei a quelle parole sia lo stesso di Kingsley, le piace la metafora. Il lasciarsi indietro il passato, il bruciare ciò che è vecchio, per rinascere dalle ceneri. Come una fenice. E lei, dopo quasi tre anni, ha cominciato a sentire di poter rinascere, grazie a Byron e a tutto quello che ha deciso di mettere in ballo per cercare di dare un senso alle oscurità che vanno calandosi sulla comunità magica. Per questo stringe istintivamente la mano intorno all'involucro che ha nella tasca del golfino leggero. Ne sente il profilo, ne riconosce il familiare contorno e questo riesce a strapparle un sorriso, mentre varca l'ingresso della tenda. Per un attimo soltanto i suoi occhi si posano sulla figura di Kingsley, in posizione sopraelevata per osservare le sue opere da Buon Samaritano. L'osserva mentre gli occhi gelidi dell'uomo perlustrano la stanza. Sembra quasi affezionato a quel ruolo di protettore delle masse e ancora una volta, come ha imparato a fare grazie al pensatoio del Quartier Generale dei Ribelli, si trova a pensare che anche lui deve avere un motivo. Il suo motivo, quello che non comprende affatto, ma al quale sembra essere fedele. Un motivo, in fondo, in tutta questa storia ce l'hanno un po' tutti. Dante, Tris, Byron, Teddy, Melysandre e non vede perché coloro che si trovano oltre la barricata non possano averne uno proprio. Non conosce quello di Kingsley, ma sotto gli strati di rabbia e frustrazione nei suoi confronti, riesce quasi ad accettarlo. Perciò gli fa un profondo sorriso, di quelli veri, sinceri, prima di voltarsi verso la sua tavolata e incamminarsi verso essa con leggerezza. Sente la domanda di Malia e istintivamente le si para dietro, mettendole le mani davanti agli occhi. Si abbassa con le labbra fino al suo orecchio. «Se mi volevi con così tanto desiderio, bastava venirmi a cercare. Tu sai sempre dove trovarmi.» Le sussurra prima di darle un veloce bacio sulla guancia e scoppiare in un'allegra risata. Prende posto vicino a lei, in quella tavola rotonda improvvisata che fa molto democrazia ai suoi occhi, ma che ancora una volta è certa che Kingsley abbia inteso in maniera differente. Divergenze artistiche le loro. Una testa rossa che conosce fin troppo bene gravita verso di loro e la fa scoppiare a ridere con la sua affermazione assolutamente delicata. Lily, la cuginetta che non ha ancora avuto modo e tempo di conoscere bene, visto l'oceano di mezzo a tenerle separate. «Cerca di non far affondare la nostra casata nell'oblio più totale. Hai una grande eredità di cui tener conto.» E sa bene quanto una Tris ancora lì a far loro da guida sarebbe la cosa migliore che potesse capitare ai figli di Godric. Nulla togliere a Freddie, ovviamente. Intercetta con un sorriso il volto di Albus che si sta avviando verso la sua di tavolata e in quel momento viene assalita da un abbraccio Si irrigidisce subito sul momento, per poi rilassarsi quando vede la chioma arancione di Scout far capolino sopra la sua spalla. Dio come le è mancata quella rossa tutto pepe. Si volta a guardare il nuovo arrivato. Sguardo truce, biondo, piuttosto ben messo. Gli sorride, salutandolo con un cenno della mano. «Ciao Stefan, benvenuto nel 1984. Hai scelto un posto in prima fila, noto con piacere. Spero la visione sia di tuo gradimento.» Scherza, alla stregua di sua cugina. «A parte tutto, piacere, io sono Olympia. E sei capitato nella casata migliore questo anno. Sei in ottime mani, davvero. Abbiamo il Caposcuola migliore, dopotutto» gli dice, voltandosi poi a guardare Freddie. Inclina la testa di lato, emettendo un sospiro rassegnato. «O perlomeno questo è quello che nonna Molly continuerà a ripetere per tutte le feste di Natale.»

    Interagito con Rudy, Freddie, Malia, Lily, Scout, Stefan.
    Salutati Albino e con un sorriso Kingsley del mi corazon.



    Edited by survivor` - 5/9/2017, 23:26
     
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    Waiting!
    Al falò di stasera, porta l'unica cosa che vuoi lasciarti alle spalle.
    Un falò. Nel corso degli ultimi giorni ha trascorso del tempo a chiedersi quale sarebbe stata la grande sorpresa del preside per l'apertura dell'anno e, per quanto Nathan possa vantare di una fervida immaginazione, difficilmente sarebbe stato in grado di predire questo. Non c'è che dire, è costretto ad ammettere a se stesso, Kingsley è di gran lunga capace di superare molta gente in inventiva, oltre che in astuzia. Un falò, inteso in questo senso, significa tante cose: eliminare il passato, arderlo e raderlo al suolo completamente, rinascere dalle proprie ceneri, come le fenici, e dare il via ad un inizio completamente nuovo. E in fin dei conti è proprio questa la presidenza di Kingsley: cambiamento, innovazione, rottura drastica con il passato e con quelle tradizioni polverose che Hogwarts si trascinava dietro da ormai troppo tempo. Qualcuno, a un certo punto, avrebbe dovuto avere il coraggio di prendersi la responsabilità di un'evoluzione ormai necessaria, seppur difficile da compiere. Nate osserva con occhio clinico il proprio riflesso, allo specchio, e un sorriso soddisfatto appare in automatico sulle sue labbra piene mentre appunta la nuova spilla Serpeverde sulla giacca scura. Non c'è niente di meglio di un completo di marca per iniziare col piede giusto questo nuovo anno scolastico che, ad occhio e croce, si prospetta come il migliore fin'ora.
    Si volta, lo sguardo che si posa per un attimo sul proprio baule, ai piedi del letto, ancora da svuotare del tutto. Poi si avvicina a passo lento alla scrivania, recuperando una penna ed un piccolo foglietto quadrato. Con la sua solita grafia elegante, ci scrive sopra il nome di quella persona che vuole lasciarsi alle spalle. Lo guarda per qualche istante, le labbra strette in un'espressione indecifrabile. Dopo aver preso il foglietto tra le mani lo piega accuratamente in quattro, infilandolo poi nella tasca dei pantaloni. Una volta fuori dalla sua stanza, attraversa con calma la Sala Comune dei Serpeverde, e raggiunge senza troppe difficoltà il dormitorio femminile, per poi sostare di fronte ad una porta in particolare. Non ha bisogno di bussare, o di tendere l'orecchio per capire se la ragazza è ancora all'interno della propria stanza - si tratta pur sempre di una ragazza, e Nate sa che è ancora troppo presto perché sia già al banchetto, preparata di tutto punto. Deve aspettare dieci minuti abbondanti, ma fortunatamente alla fine la porta si apre, rivelando la figura esile della nuova Caposcuola di Serpeverde. Nate, le braccia incrociate al petto ed il corpo ancora appoggiato al muro di pietra alle sue spalle, le rivolge subito un sorriso cortese.
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    « Buonasera, Carrow. Piaciuta la sorpresa? » chiede, gli occhi che perlustrano la sua figura da capo a piedi, in modo poco discreto. Nessun segreto, dopo tutto, sul fatto che la Serpeverde sia di una certa bellezza, e d'altronde uno come Nathan non disdegna mai, anzi. E per quanto possa non essere convinto della sua nomina a Caposcuola, non poteva proprio fare a meno di quel gesto di cortesia che le ha riservato oggi pomeriggio. Per quanto possano essere numerose le pecche nel suo carattere, le buone maniere sono sempre state qualcosa che l'ha contraddistinto in ogni ambiente. E dopo tutto la ragazza se lo meritava un biglietto di congratulazioni, così come aveva vinto in modo onesto i suoi appunti dell'anno precedente. E la rosa... beh, perché è pur sempre Nate. Si era perfino preoccupato di fare in modo che la ragazza non si accorgesse dell'arrivo di quel presente, raccomandando a Kaddey, l'elfo domestico fidato delle cucine, di materializzarsi nella sua stanza solo in sua assenza.
    « Pensavo che un accompagnatore, per questa serata, ti avrebbe fatto comodo. La nuova Caposcuola di Serpeverde non può mica presentarsi da sola a questo grande evento » sorride con fare scherzoso, sollevando entrambe le sopracciglia, e allunga il braccio nella sua direzione.

    L'enorme tenda colorata che si staglia di fronte a loro non gli piace per niente. Deve essere onesto, la trova poco sobria e decisamente di poco gusto - di certo non è questa la location che avrebbe scelto lui, fosse stato in carica dell'organizzazione. Avrebbe optato per una maggiore sobrietà, niente arcobaleni e soprattutto niente tulle. Gli ricorda così tanto le recite di Natale dell'asilo e quei tutù orribili in cui costringevano quelle povere bambine che erano in classe con lui. Niente di più kitsch, insomma. Capisce senza dubbio la volontà del preside di enfatizzare la rottura con il passato, ma tenere la Sala Grande per questa serata non sarebbe stato poi così male, dopo tutto.
    « Se non altro, con l'abolizione delle divise si cominciano a notare certe evidenti differenze tra di noi » si ritrova a dire all'amica, appena dopo essere stato sorpassato da un ragazzo in jeans e felpa, al quale riserva un'espressione corrucciata. Questa, forse, è la cosa che più l'ha sorpreso piacevolmente delle nuove disposizioni di Kingsley: niente più uguaglianza. Era chiaro da prima che lì dentro ci fossero certi individui migliori di altri, ma questo aspetto non era abbastanza enfatizzato, nemmeno con la recente divisione degli alloggi. Kingsley, si ritrova a pensare, è riuscito a trovare un modo semplice ed economico per far emergere quelle inevitabili diversità tra loro studenti. E si è liberato di quelle divise oscene di dubbia qualità, che così tanto hanno infastidito il giovane Douglas negli anni passati.
    Una volta davanti al falò, Nate infila la mano in tasca e tira fuori il bigliettino, piegato in quattro, per poi lasciarlo cadere tra le fiamme, quasi con noncuranza. Lo osserva accartocciarsi e annerirsi per qualche istante, prima di guardare la compagna con la coda dell'occhio. « E tu Carrow, cos'hai intenzione di lasciarti alle spalle, quest'anno? » le chiede, incuriosito di vedere cosa abbia lei da sacrificare alle fiamme.
    « Comunque la tua è stata una vincita facile. Solo perché non mi sono voluto sforzare di trovare un nome per i Tassorosso... Altrimenti avresti perso sai? » le dice, una volta varcata la soglia della tenda. Resta interdetto per qualche istante, alla vista di quei tavoli circolari che non si aspettava. Interessante. Kingsley cerca di cambiare tutto quello che può, finanche la forma dei tavoli stessi. « Ma avevi ragione sui Corvonero. Non hai indovinato il nome corretto, ma ci avevi visto giusto. Chi diavolo può eleggere come Caposcuola uno che si fa chiamare Zip? Andiamo, è ridicolo » commenta, una leggera smorfia dipinta sulle labbra. Ma la Serpeverde aveva avuto ragione: i figli di Rowena li avevano senza dubbio sorpresi, con quella decisione. Mentre avanzano verso il tavolo di Serpeverde, Nathan ha modo di perlustrare la stanza con attenzione, studiare i visi nuovi dei professori e rivolgere un sorriso amabile in direzione del Preside, quando questo incrocia il suo sguardo. Dopo essersi congedato momentaneamente da Amunet, con la scusa di salutare un paio di amici, si dirige a passo lento verso il tavolo di Corvonero, e in particolare in direzione di una giovane MacBride che, a occhio e croce, non gli sembra particolarmente raggiante, e forse ne conosce già il motivo.
    Una volta raggiunto il tavolo blu-argento, riserva un sorriso e una pacca sulla spalla all'amico Fitzwilliam, per poi, un paio di passi più avanti, raggiungere la mora. Alle sue spalle, appoggia entrambe le mani allo schienale della sua sedia e si piega leggermente di lato, in modo da guardarla dall'alto. « Eris, come stai? » chiede, un sorriso gentile che nasce sulle sue labbra nell'incontrare gli occhi chiari di lei. « È un po' strano non vedere la spilla da Caposcuola sul tuo petto. Mi dispiace. Saresti stata la scelta migliore per voi Corvonero, a mio parere. Ma evidentemente i tuoi concasata non sono svegli come pensavo » scuote leggermente la testa, con fare deluso, mentre stringe le labbra in una smorfia dispiaciuta. Pur tuttavia, non crede davvero che la ragazza sia così devastata dall'aver perso. Non come lo è qualcun altro, di certo. « E la tua gamba invece, come va? Ci sono miglioramenti? » aggiunge, serio, lo sguardo che cade quasi in automatico sulla gamba infortunata della ragazza. Con la mano destra le carezza leggermente il braccio, fino alla spalla. « Lo sai che se mai dovessi aver bisogno di qualcuno che ti porta in braccio fino a lezione, io sono sempre disponibile » le dice con fare scherzoso, ma pur sempre con una punta di serietà. In fin dei conti, se lei glielo chiedesse sul serio, lui non si tirerebbe indietro.
    Dopo aver salutato anche lei, è la volta del tavolo dei Grifondoro. Qui le facce amiche sono ben poche, molto inferiori rispetto a quelle delle altre due casate (ovviamente Tassorosso è esclusa in ogni caso), ma anche in questo caso è doveroso salutare. Una volta raggiunti, appoggia la mano sulla spalla di Fred, riservandogli qualche pacca amichevole. « Congratulazioni Weasley. Non avevo dubbi che avresti vinto tu » sorride, benevolo. E in questo caso è effettivamente contento che il rosso abbia prevalso su tutti gli altri candidati. Gli occhi poi si spostano sugli altri presenti, passandoli in rassegna velocemente, senza troppo interesse. Si fermano soltanto quando incontra lo sguardo di Olympia, alla quale rivolge un rapido occhiolino. « Potter... Sempre più splendida » sorride, e in questo modo si congeda dal tavolo rosso-oro.
    Una volta al tavolo della sua casata, si accomoda sulla sedia accanto a quella di Amunet, un grande sorriso dipinto sulle labbra. « Dovremmo cercare di includere il piccolo Potter di più, sai » sussurra alla compagna, lanciando uno sguardo rapido al fratello maggiore di Olympia. « Credo si senta escluso da tutti noi. Forse è troppo timido... »


    Interagito con Amunet, Eris, Freddie e Olympia
    Salutato Fitzwilliam e guardato da lontano Albus
     
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    « Ma secondo voi, no, quest'anno Eddy è ancora più figo dell'anno scorso? » Domanda il Serpeverde, girandosi verso i due amici. Alle sue spalle, Tallulah ed Edric lo seguono, diretti tutti e tre verso la medesima destinazione. Banchetto di inizio anno, e lui sta già completamente fatto: roba di tutti i giorni, insomma. A sua discolpa possiamo dire che, almeno per quella volta, c'è andato abbastanza leggero. Qualche sigarettina d'erballegra e dai che passa la paura. Quindi eccolo, Arthur Cavendish, il temibile demonietto...A saltellare come un bambino di sette anni attraverso i corridoi. Prima una gamba e poi l'altra, coi lunghi capelli biondi a svolazzare in aria. Niente divise, per quel nuovo anno, aveva deciso Kingsley. Perciò eccolo lì, in tutta la sua essenza e tutto il suo stile: un barbone. Jeans neri strappati ed una maglietta del medesimo colore, così larga e informe da farlo sembrare ancora più magro. L'unica cosa che spicca è forse la spilla della sua casata, sapientemente appuntata alla stoffa della maglia. Aveva chiesto ad Edric se avesse potuto appuntargliela sul cavallo dei pantaloni, per essere più originali, ma alla fine aveva optato -con non pochi bronci e lamentele- di attenersi alla tradizione (onde evitare incidenti di percorso, non per altro). « Chissà cosa si sarà inventato, stavolta. Ci ha tolto i mezzosangue, ci ha tolto alcool e droga, chissà forse quest'anno finalmente si decide a toglierci la verginità. Io non mi lamenterei » Esita qualche istante, prima di scoppiare a ridere dal nulla « Cioè con me arriva tardi, molto tardi- Occhiolino molesto ad entrambi i suoi interlocutori (specie ad Edric) -Ma insomma ci si organizza. SALVE! » Urla a gran voce, non appena giunti alla tenuta attorno al castello, rivolgendosi ad un gruppetto di studenti che, a dirla tutta, neanche conosce. Non ricambiano il suo saluto, cosa che lo porta a proferire un teatrale broncio per qualche minuto, prima di indietreggiare per piazzare le braccia attorno alle spalle dei suoi due compagni. « Voi cosa avete portato per quella roba del falò? Beh a parte noi stessi, che nelle fiamme dell'inferno ci bruceremo già. » Annuisce con fare solenne. Era tentato di non portarsi nulla dietro, Artie. Ci aveva pensato per un po', fin quando un pensiero recondito, una voce nascosta in un antro oscuro del suo subconscio, gli aveva offerto una risposta, forse persino la più ovvia. Non aveva bisogno di bruciare qualcosa del suo passato, ma il suo passato direttamente. E quindi, in quella borsa di stoffa a tracolla che indossava, Arthur si era portato dietro un diario. Un grosso diario dalle mille e più pagine, pieno di scritte, disegni, foto e qualsiasi altra cosa avesse contribuito a renderlo ciò che era, di giorno in giorno, da quando aveva deciso di iniziare a compilare quelle pagine quotidianamente. Ma Arthur non era più ciò che era stato; Arthur era diventato altro. E come altro quel giorno avrebbe iniziato, lasciandosi alle spalle quell'ultimo sprazzo d'umanità. « Woow » Sibila, il naso rivolto all'insù mentre osserva con sguardo curioso le decorazioni di quella grossa tenda. Kingsley ci sa fare. Sorride, riabbassando il capo e guardandosi attorno per setacciare i presenti. Tutti visi più o meno conosciuti, ma alcuni ancor più di altri. Passa accanto al tavolo dei Grifondoro, mimando un bacio in direzione di Scout (che simpatico, questo Cavendish) e bloccandosi per qualche istante non appena si trova vicino a Malia Stone, circondata da una valanga di Weasley. Non l'ha vista per tutta l'estate al campo estivo, e deve ammettere che un po' gli è mancato darle fastidio. Solo per quello, ovviamente.« Cazz-spita Stone, ancora viva? Avevo scommesso sulla tua dipartita, mi devi un patrimonio. » Che tradotto vuol dire: mi fa piacere rivederti, ma questo probabilmente lo capisce soltanto lui. Le sorride tuttavia, prima di allontanarsi, spiando in direzione del tavolo dei professori. Ed è lì che lo vede, Sam, il suo Sam. Sta parlando con quel figo di Kingsley, fin quando non alza la testa verso di lui e lo saluta con un cenno. Il viso del Serpeverde si illumina all'improvviso, mentre un sorriso gli allarga con prepotenza le guance. « Saaaam! » Squittisce, acuto, mentre si insinua tra la massa di gente che si fa sempre più numerosa.
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    « Salve - scusate - wow bella maglietta - SAM! » Si getta in un abbraccio di qualche secondo, prima di accorgersi di quanto possa esser vicino al preside (che, per la cronaca, visto da vicino è ancora più illegale) e desiste allora dall'idea di sedersi sull'amico. Trasforma il suo abbraccio in una pacca sulla spalla, che a sua volta muta forma in una palpata di bicipite. Ah, quanto gli era mancato. « Sempre sul pezzo, eh? Adesso potrai anche mettermi in punizione quindi? » Ridacchia, indietreggiando di qualche passo. Vorrebbe rimanere lì a molestarlo ulteriormente ed offrirgli qualche sigaretta dell'amicizia sotto banco, ma -stranamente- capisce che non si tratta della cosa più intelligente da fare al momento. Quindi lascia che la folla lo inglobi, mimando un ambiguo "ci vediamo dopo, da soli" all'amico col labiale. Individua poi Daveigh con lo sguardo, sgusciando verso di lei « Ah, finalmente, stavi ancora ad incipriarti il naso? » Sibila, mellifluo, dandole una fiancata. La segue verso il tavolo di Serpeverde per qualche passo, prima di vedere lui. Una valanga di sensazioni e ricordi lo investe, inducendolo a mordersi il labbro inferiore. Eccolo, bello come un dio greco al suo solito. Fitz avanza tra la gente, accompagnato da Fawn Vanderbilt, che non appena lo adocchia, gli rivolge un sorriso tagliente. Assottiglia lo sguardo, Arthur, mentre le sue gambe si stanno già muovendo, smosse dall'istinto. Si insinua tra loro, facendosi spazio come solo un tipo oltremodo discreto come lui sa fare. « Salve. Cavolo, alla fine non ti hanno scelta come caposcuola, mh? Peccato, pensavo li avresti corrotti col denaro ed il bel faccino..Non ci sono più le elezioni di una volta » Sfoggia un'espressione rammaricata degna delle peggiori telenovelas spagnole, prima di voltarsi verso Fitz. Lo scruta per qualche istante, passandosi la lingua sull'arcata superiore dei denti. « E lei dov'è? » Silenzio. Si avvicina al suo orecchio, sussurrando « Vedo che hai ripreso a camminare, per sederti come hai risolto?- « Che stronzo, mi piace » -Mi fa piacere comunque. La tua amica non viene oggi? » Gli fa l'occhiolino infine, indietreggiando per lasciar loro spazio. Rapido e indolore. Beh, si fa per dire.

    Riassunto del post:
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    Riassunto meno efficace:
    -Interagito all'inizio con la pornissima trinità (Tallulah,Edric)
    -Molestati: Scout, Malia, Sam, Daveigh, Artie, Fitz & una piccola principessa nascosta.
    -Ammirato Kingsley un po' ovunque #THAT'SLOVE
     
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    Tallulah Weasley non conosceva il significato delle parole 'non dare nell'occhio': lei la testa bassa non la teneva, e di certo non cercava in alcun modo di amalgamarsi all'ambiente..non più almeno. Il suo camaleontismo pareva essersi curato da un anno e mezzo a questa parte, riducendosi alle interazioni personali con i propri interlocutori. Per il resto, tuttavia, la rossa aveva ormai smesso di volare basso, sotto il radar degli altri, pure a costo di sembrare estremamente eccessiva nei suoi modi. E sì, lei, eccessiva, lo era sul serio. Non le importava dei chiacchiericci alle spalle o delle occhiate di sbieco, ma piuttosto procedeva a testa alta come una regina, facendosi spazio all'interno di una massa informe. Quella sera, nel particolare, i suoi pensieri non avevano nemmeno sfiorato l'idea di adottare mezze misure, e infatti non si era posta alcun problema nel far scivolare sul proprio corpo un lungo abito rosso di elegante fattura. Aveva visto le sue compagne optare per abbigliamenti sobri, forse leggermente più tirati a lucido del solito, ma pur sempre casual. Lei no, lei prediligeva l'eccesso, lo spiccare sempre e comunque per contrasto, e dunque abito elegante sia, per giunta con tanto di spacco vertiginoso e tacchi a spillo dello stesso colore..tanto per non farsi mancare nulla, insomma. In una piccola pochette argentata aveva racchiuso tutto il necessario, facendo scattare la chiusura in un colpo secco prima di dirigersi a passi sonanti fuori dalla propria stanza, tenendo lo sguardo dritto di fronte a sé mentre raggiungeva il punto di incontro con i suoi due bambini. Non guardava nessuno, non considerava nessuno se non se stessa, tenendo il mento ben alto nella propria regalità e le labbra incurvate in un sorriso da Gioconda.
    "Ma secondo voi, no, quest'anno Eddy è ancora più figo dell'anno scorso?" ridacchiò tra sé e sé, nascondendo le labbra dietro al dorso della propria mano. "Più dell'anno scorso? Mi sembra difficile." Kingsley era di gran lunga il suo preside preferito: ammirava la sua lucida intelligenza, la sua regalità, il modo in cui coniugava un fervente spirito innovatore a un senso di irraggiungibilità. Quell'uomo stava creando una divinità attorno alla propria persona, costruendone la mitologia passo dopo passo. Una divinità tanto destruens quanto construens, che divulgava il suo verbo con infinita raffinatezza, pur sapendo che molti di quelli ad ascoltarlo lo avrebbe volentieri incoronato di spine e messo su una croce. Ma per ognuno di essi, vi era un gruppetto più ristretto di sostenitori, di sacerdoti, di evangelisti. "Chissà cosa si sarà inventato, stavolta. Ci ha tolto i mezzosangue, ci ha tolto alcool e droga, chissà forse quest'anno finalmente si decide a toglierci la verginità. Io non mi lamenterei." Rise anche a quelle parole, compostamente, rivolgendo uno sguardo languido all'amico sbattendo le lunghe ciglia scure. "E meno male che non sa proprio tutto, altrimenti pure tu saresti stato messo tra i mezzosangue." disse, sottolineando l'ultima parola con una piega ambigua della voce, come a mettere i puntini sulle i. Tallulah, in fin dei conti, era pur sempre una mezzosangue. Riprese poi, dopo un sorriso più bonario "Per la verginità..credo che su quel punto ci sia davvero poco da fare ormai." "Cioè con me arriva tardi, molto tardi. Ma insomma ci si organizza. SALVE!" Portò gli occhi al cielo, scuotendo la testa in un'aria divertita. Il solito Arthur Cavendish. "Voi cosa avete portato per quella roba del falò? Beh a parte noi stessi, che nelle fiamme dell'inferno ci bruceremo già." Piegò il capo di lato, storcendo appena le labbra. Non era stato facile scegliere il proprio pegno, probabilmente perché era già lunga di per sé la lista di cose che Tallulah si era lasciata alle spalle ormai da tempo. "Oh, nulla di che. Qualche lettera di mia madre." disse infine con aria disinvolta, stringendosi nelle spalle mentre infilava la mano nella pochette per estrarne una grossa busta piena di fogli di pergamena ripiegati. Una volta arrivati al falò, si fermò a fissare le fiamme per qualche istante, appiattendo il proprio viso in un'espressione fredda prima di lanciare il pesante plico e guardarlo bruciare lentamente in un amalgama di carta e inchiostro. No, non erano le lettere di sua madre. Erano le pagine di un libro, la ricetta di una pozione che vantava effetti purificatori sulle possessioni demoniache. Non aveva voluto sperimentarla, non aveva voluto parlarne con i due amici: l'aveva semplicemente strappata e data in pasto alle fiamme non appena ne era venuta a conoscenza, perché Tallulah, indietro, non ci voleva tornare.
    Una volta compiuto il gesto si voltò verso i due, sorridendo a entrambi prima di stampare un bacio delicate sulle loro guance, accompagnato da una carezza gentile. "Fate i bravi, mi raccomando." disse, puntando ironicamente l'indice contro di loro prima di voltarsi in direzione del tavolo Grifondoro giusto il tempo di salutare i propri cugini, poi verso quello Serpeverde per fare lo stesso con Mun. Tolti di mezzo i convenevoli rigò dritta verso la tavolata della propria casata, prendendo posto accanto al fratello. "Hugo.." cominciò docilmente, appoggiando il mento sul dorso della mano "..guardami negli occhi.." aspettò che si voltasse, mostrandogli un sorriso benevolo "..chi hai votato alle elezioni, caro?" E di risposta esatta, a questa domanda, ce ne sta solo una.
    - Interagito con Artie, Edric e Hugo
    - Salutati i cugini e Mun
    - Citato EddyKing amore mio

     
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