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Banchetto d'inizio anno.

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    Slytherin pride

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    Il vestito in pizzo nero fa da contrasto con la pelle di porcellana. Le fascia il busto per poi ricadere in morbide balze fino a sopra il ginocchio. Calze altrettanto nere e un paio di stivaletti altrettanto neri. Un total black su cui spunta la spilla dorata del caposcuola, unico punto di luce. Le labbra rosse come il sangue; tra i capelli, dietro l'orecchio quella rosa rossa che è arrivato assieme al bottino di guerra degnamente meritatasi. Nessuno dei due aveva vinto; né Mun, né Nate, eppure lui aveva deciso di considerare quel pareggio come la vittoria di entrambi. « Ti intriga. » Mun sorride mentre si allaccia i bottoni di madreperla sulla schiena. Decine di piccoli bottoni delicatissimi. « Può essermi utile. » Ryuk sorride. Non sono in ottimi rapporti dopo l'incontro in biblioteca col giovane Potter. Si è tenuto a distanza a lungo, imparando a osservare la sua piccola protetta da lontano, coi piccoli occhietti sospettosi e colmi di odio e risentimento. « È un arrampicatore sociale. » Questa volta è Amunet a ridere, con la stessa goliardia con cui normalmente è Ryuk a farlo. « Non lo siamo forse tutti? » Lo erano. In un modo o nell'altro, tutti loro, piccoli nani malefici altro non erano che scalatori sociali. Diceva una canzone di qualche anno fa everybody wants to rule the world. Tutti vogliono una fetta di mondo, nessuno escluso. Tutti ricercano attenzioni, fama, gloria, amore, passione, protezione, serenità. « Sai, devo ancora capire come tu faccia a legarti a tutti e restare perennemente sola. » Ryuk sta cercando di ferirla. Era pronta a sentire discorsi del genere, a vedersi umiliata. Mun l'ha sfidato l'altra sera. Ha sfidato il suo gioco perverso, e adesso, lui fa leva sulla sua più grande debolezza. L'affetto. « Hai paura di lui.. davvero. Dicevi ti piacesse. » Un ringhio mentre tre colpi netti sulla porta spezzano la tensione creatasi tra i due. E' così da un paio di giorni, precisamente da quando Mun è finita nell'ufficio del Consulente Scolastico, a farsi consigliare strategie per combattere la solitudine. Attorno al collo, si sistema la collanina che suo fratello le ha regalato; il pendente nero dall'elegante lettera A, fa da contrasto con la carnagione chiara. Oltre la porta, si ritrova una figura inaspettata. Assottiglia lo sguardo, incarnando appena il sopracciglio. Parli del diavolo. « Buonasera, Carrow. Piaciuta la sorpresa? » Si appoggia allo stipite della porta; il sorriso leggermente malizioso stampato sulle labbra. Noterai da solo che l'ho gradita, pensa passandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio su cui vi poggia la delicata rosa che lui le ha fatto pervenire assieme ai suoi appunti. « Non amo le sorprese, ma questa aveva il suo perché. » Commenta con noncuranza, mentre gli rivolge le spalle per qualche istante, il tempo di afferrare la piccola borsetta che contiene il suo personale pegno per il falò. Non ci ha dovuto pensare molto. Probabilmente sapeva di volersene sbarazzare prima ancora di averne un'occasione tanto simbolica quanto significativa. « Pensavo che un accompagnatore, per questa serata, ti avrebbe fatto comodo. La nuova Caposcuola di Serpeverde non può mica presentarsi da sola a questo grande evento » Scuote la testa, alzando gli occhi al cielo prima di accettare il suo braccio, dandogli un leggero spintone. E così s'incamminano verso l'uscita della Sala Comune. « Sarai una grande perdita per questa casata, piccolo adulatore. » Gli dice a sua volta in un sussurro scherzoso all'orecchio; il sussurro di un serpente. Languido eppure chiaramente goliardico. Un paradosso.

    Il parco del castello è illuminato qua e là da grosse candele, ma il punto di luce che attira la sua attenzione è certamente il tendone sulla riva del lago nero. Inclina la testa di lato mentre si lascia avvolgere dall'aria fresca della notte.
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    Una parte di sé non vorrebbe essere là. Non vorrebbe incontrare gli sguardi di nessuno, soprattutto quando sul suo petto brilla la spilla dorata. Mun ha scommesso su di sé come miglior candidato da un punto di vista logico; non ha mai pensato potesse vincere davvero, non tanto perché non avesse la stima dei suoi compagni, quanto perché effettivamente non era mai stata particolarmente popolare. Mun parlava poco, era un'ombra e quella sera, vestita di nero dalla testa ai piedi, lo era ancora di più. Si confondeva con la notte che l'avvolgeva in un tenero quanto confortante abbraccio. « Se non altro, con l'abolizione delle divise si cominciano a notare certe evidenti differenze tra di noi » Scoppia a ridere mentre osserva il ragazzo che passa loro davanti. Certo, Nate e Mun devono essere un bel vedere, in mezzo a così tanti ragazzi vestiti alla bell'e meglio. « Non ne avevi bisogno. » Si ritrova a dire in tono enigmatico, mentre si dirigono verso il falò. E di questo è certa; Nathan Douglas non aveva certo bisogno di vestire diversamente dai suoi compagni, per spiccare. Non spiccava certo per la giacca costosa, o la capigliatura attentamente studiata, non spiccava nemmeno per il profumo esclusivo. Nathan il portamento elegante ce l'aveva nel sangue. Non appena si ritrovano di fronte al falò, osserva il giovane Douglas gettare tra le fiamme un piccolo biglietto piegato. Non fa commenti al riguardo. Non sono affari suoi, seppur, un piccolo dio della morte, sempre presente tra loro, ghigni nell'ombra, quasi come se godesse per qualunque contenuto celasse quel pezzo di carta. « E tu Carrow, cos'hai intenzione di lasciarti alle spalle, quest'anno? » Ci sono tante cose che Amunet Carrow vorrebbe gettare tra quelle fiamme, a tratti vorrebbe persino gettare se stessa. Sarebbe un bel colpo di scena. E invece no. Dall'interno della borsetta tira fuori una piccola schedina, riportante l'insegna di un piccolo baretto alla periferia di Londra. Il decimo milkshake in omaggio. Riporta la scritta sopra i quadratini sbarrati da un pennarello indelebile. Ci sono ben sette X su quella scheda. Nei mesi passati insieme, ne hanno completate almeno un paio a testa. Facevano a gara a chi ne beveva di più e a chi riceveva il milkshake in omaggio per primo. Ovviamente, lei e Betty erano sempre in svantaggio rispetto a quei due pozzi senza fondo di Freddie e Albus. Quest'ultima schedina, Mun non l'ha mai completata. Dopo la rottura con Freddie ci è tornata solo una volta. Da sola. Seduta a uno di quei tavoli a guardare il traffico fuori dalla finestra, mentre una pioggerella leggera bagnava l'asfalto. L'ultimo milkshake. Vi getta la schedina tra le fiamme e aspetta che si disintegri di fronte ai suoi occhi, prima di indietreggiare. « L'infanzia. » L'innocenza. L'età dell'inconsapevolezza. Risponde infine, lasciando che lo sguardo si perda nelle fiamme. « Comunque la tua è stata una vincita facile. Solo perché non mi sono voluto sforzare di trovare un nome per i Tassorosso... Altrimenti avresti perso sai? Ma avevi ragione sui Corvonero. Non hai indovinato il nome corretto, ma ci avevi visto giusto. Chi diavolo può eleggere come Caposcuola uno che si fa chiamare Zip? Andiamo, è ridicolo. » Gli da una leggera pacca sul braccio, rivolgendogli un sorriso malizioso. Quasi come se sapesse.. « Vedi Nathan, è per questo che non ho scommesso su di te. » Inizia mentre lascia vagare lo sguardo per il tendone. « Non ti sforzi abbastanza di vedere anche l'insignificante. » Mun dal canto suo, non aveva niente contro i Tassorosso. Certo, eccezioni a parte, non ci sarebbe mai finita a cena, questo è chiaro, ma capiva che non era quello il pensiero dominante nella sua casata. I Tassorosso non esistevano; era il posto in cui le anime andavano a morire. Né carne, né pesce. Un pensiero davvero superficiale, si ritrovò a pensare tra se e se. « E avevo ragione. » Continuò con il solito ghigno che ormai non si risparmiava nei confronti del compagno. Era come se tra loro fosse tutto un gioco; maestri manipolatori che, a confronto, tendevano ad annullarsi. « Ma d'altronde, io ho sempre ragione. » Continuò, questa volta in tono più scherzoso, rispondendo implicitamente anche alla sua affermazione sul nuovo Caposcuola Corvonero, che a dirla tutta, trovava un elemento davvero singolare e interessante. Sorride al giovane prima di guardarsi attorno. Di fronte a sé, Betty Branwell. Le rivolge un cenno elegante con la testa prima di superarla. « Congratulazioni. » Non potevano scegliere di meglio. Vediamoci. Prendiamoci un té come ai vecchi tempi. Niente. Tutto ciò che le concede è quel augurio gelido, prima di spostare lo sguardo verso il tavolo Grifondoro. Non appena lo individua nella folla, circondato come al solito dalla sua schiera di parenti, lo sguardo si fa più tagliente. E quando capisce che sta per alzare lo sguardo nella sua direzione, Mun passa oltre. Evita di posare gli occhi cerulei ancora sul tavolo rosso oro e volge lo sguardo verso la meravigliosa Tallulah, da cui ovviamente non ci si poteva aspettare di meglio. E' strepitosa in quel suo vestito, che porta con una sicurezza impressionante, seppur sappia da sé quanto il suo abbigliamento sia stonante. Mun non lo trova stonante. Lo trova semplicemente da Tallulah. Le fa il cenno di un applauso da lontano, prima di sedersi al tavolo verde argento, accavallando le gambe. Ed è allora che per un istante, incontra lo sguardo del giovane Potter, sedutosi il più lontano possibile dalla nobiltà. Dopo i riti di rigore, Nathan è di nuovo da lei. Le relazioni pubbliche prima di tutto. A volte lo invidia. Vorrebbe capire come faccia a sorreggere tutta quella mole di persone, sorridere sempre, essere sempre cordiale con tutti. Un incubo. « Dovremmo cercare di includere il piccolo Potter di più, sai » E a quel punto sbuffa, mentre gli occhi di ghiaccio si posano sul ragazzo dall'altra parte del tavolo. « Credo si senta escluso da tutti noi. Forse è troppo timido... » E non smette di tenere lo sguardo fisso sulla sua figura. Almeno lui riesce ancora a guardarlo. E quel pensiero la mortifica ulteriormente, a tal punto da rendere palese i sussurri di Douglas al suo orecchio. « Ma per favore. » Il suo non è un sussurro; il tono è abbastanza alto da poter essere distintamente sentito dal diretto interessato e non ha affatto la parvenza di gentilezza e diplomazia usata solitamente nei confronti del giovane Douglas. « L'unica persona che piace ad Albus Potter, è Albus Potter. »

    - Interagito con Nate, Betty e il demente;
    - Nominati Freddie e la schiera di parenti; Tallulah che chiaramente è una Weasley per caso, Zip;



     
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    Ovviamente Edmund Kingsley non aveva gradito vedersi prendere alla sprovvista e quell'intrusione nel suo campo, non l'aveva accolta poi molto bene. Diplomatico, persino compiaciuto dalla raffinata mente che gli aveva fatto compagnia durante quella cena, aveva accolto il suo ospite con i migliori auspici del mondo. Il patto era stato rinnovato, eppure, la spinosa questione di Jack Faraday doveva essere ancora risolta. Gli aveva offerto il posto come insegnate di Storia della Magia, lo aveva invitato a considerare Hogwarts casa sua, ma nemmeno un vampiro che chiaramente stimava enormemente e nella cui compagnia amava dilettarsi, poteva pensare di farla franca sotto il suo naso. Danneggiarlo sarebbe stato controproducente, e in fin dei conti, anche parecchio spiacevole. Gli piaceva pensare che in quella creatura millenaria, dall'animo antico, avrebbe potuto trovare un buon amico. Eppure, le amicizie devono necessariamente essere instaurate su un rapporto di uguaglianza, e con quella mossa, Raynard Darkwood si era spinto oltre. Così, aveva deciso di fare a sua volta una mossa volta a istigare la stessa sensazione di fastidio che Edmund aveva provato nel vedersi strappare uno studente da sotto il naso come se niente fosse, ad opera di un alleato della stessa Hogwarts. Una mossa tragicomica, che secondo le voci che correvano in giro, una seppur minima reazione gli avrebbe suscitato. Perché di questo si trattava in fin dei conti con Ray ed Edmund. Una sensazione di fastidio simile al prurito, l'esser stati appena appena anticipati, scavalcati, ingannati. Forse termini troppo forti, anche questi. Lei Hogwarts non l'aveva neanche mai finita. L'aveva disdegnata dopo un disastroso quinto anno. Ma per le mansioni che le spettavano in quella sede, era perfetta, e oltretutto avrebbe fatto un figurone nelle foto, assieme al resto della schiera di docenti. Le aveva chiesto solo di non dirlo a Ray. Per il resto, la giovane Watson si era accertata di dimostrare al suo gentile ospite di non essere solo un'oca giuliva. Si erano intrattenuti in una discussione piuttosto appassionante. Lei sopra le righe, lui posato e terribilmente educato, erano giunti alla conclusione che sarebbero andati d'accordo. Non riveleremo alla piccola, dolce, Ophelia quanto le parole di Edmund l'abbiamo manipolata. Le lasceremo credere che in realtà l'abbia cercata per la sua fama, quale degna principessa di Darkwood. La sua imparzialità nello scontro tra Ribelli e Governo, l'annoverava a degno elemento da prendere in considerazione. Fondamentalmente, a Ophelia non interessava di nessuno, se non di Ophelia. « Syd!!! Ti prego! Abbi cura di Jokerino mentre sono via. » « Ma se torni domani sera. » Perché, ovviamente, il principale affare di Ophelia non sarebbe certo stato trascurato solo perché doveva spiegare a due poppanti in croce il funzionamento del mondo babbano. « Lo so.. già mi manca. » Lui le stampa un bacio sulla fronte e un altro sulle labbra prima di sistemarle una ciocca di capelli dietro l'orecchio. « Ti giuro che gli darò solo roba appena tirata fuori dalla macelleria. » La macelleria al piano di sotto, ovviamente.

    « AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!! » Eterea. Fuori come un balcone, ma decisamente bellissima. Almeno su questo non si può discutere. Corre incontro all'amica, abbracciandola con delicatezza. Un altro dei motivi per cui aveva accettato senza remore quell'offerta. Edmund Kingsley era stato davvero convincente. Non è colpa sua, se quello sapeva mettere sul piatto tutti i piccoli fantastici dettagli di un ritorno a Hogwarts. Non appena vi aveva messo piede, un po' ne era rimasta sopraffatta. L'ultima volta che vi aveva messo piede, era un'altra persona. Una vita fa. A quei tempi era più in carne, la pelle era meno lucente e meno pallida, i suoi capelli erano decisamente più corti e scuri. L'ultima volta che i suoi ex compagni l'avevano intravvista, Ophelia Watson, non era Ophelia Watson, bensì l'ombra di questo essere frizzantino, uscito da un cartone animato. I lunghi capelli d'argento le scendono in perfette balze sulle spalle. Indossa un vestito rosa pallido di raso, il cui spacco, lascia intravvedere tutto il ben di dio che l'immortalità le ha donato. La perfezione. « Te l'avevo detto che in qualche modo sarei tornata. » Non faceva mistero del fatto che Hogwarts un po' le mancasse. Se fosse rimasta a scuola, l'anno scorso sarebbe stato il suo ultimo anno; conosceva quindi la maggior parte dei più grandi, seppur ai tempi in cui lei era al quinto anno, la maggior parte ancora imparavano cosa si facesse coi vari accessori che avevano nelle mutande. Così mentre si apprestano a scendere le scale e uscire fuori, nell'aria fresca della notte, Ophelia racconta tutto su quell'incontro con Edmund Kingsley, accaduto non più di un mese prima. « Ti giuro! E' stato davvero complicatissimo non parlarne con Ray. Sai.. » E dicendo ciò deglutisce quasi mortificata. « ..io gli dico tutto. Mi sento come se l'avessi tradito capisci? » Scute la testa mentre i riccioli di platino le svolazzano sulle spalle. « Però Edmund è stato davvero convincente. Ha detto che sarei stata una bellissima sorpresa per lui, e non aveva senso rovinare tutto. Sono d'accordissimo, tu che dici? » A te la parola, Pervinca. Dì qualcosa di sensato, come ad esempio, "Ophelia vattene, tu qui non ci dovresti stare." E poi, eccola fare il suo ingresso. Lo sguardo si posa su ognuno dei tavoli; volti più o meno conosciuti. Sono cresciuti tutti, ma nessuno è cresciuto bene come lei, questo è ovvio. Gli occhi meravigliati si guardano attorno con un pizzico di sorpresa. Le sottili dita, sfiorano per un istante il tessuto meraviglioso scelto per le tende. Tutto è estremamente elegante. Candelabri, tessuti di prima qualità. « Oooooh, Pervy! C'è così tanta carne fresca! » Dice aggrappandosi al braccio dell'amica, mentre gli occhi scorrono tra i volti degli studenti. « Un banchetto degno di tutto rispetto.» Afferma infine con un che di malizioso, scoprendo i bellissimi denti bianchi, che lasciano intravvedere un paio di canini particolarmente pronunciati. « Poi dovrai dirmi quali hai già provato, perché si sa - codice d'onore - i bambini delle amiche non si toccano. »
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    E poi, lo sguardo si posa su una figura in particolare. Ed è come attratta lontana da Pervinca, non prima di lasciarle una leggera carezza amorevole sul braccio. Gli si para davanti, piegandosi appena per appoggiarsi ai braccioli della sua sedia. Un sorriso magnetico stampato sul volto mentre si avvicina finché il volto di lei non è allo stesso livello di quello di lui. « SCAMMY! » Ti ricordi di me non è vero? Sono la stramba, la sorella psicopatica del tuo amichetto del cuore. Qualcosa di veramente maligno attraversa il suo volto per un istante. Un odio che rimonta dai tempi in cui era ancora umana. « Ma guarda come ti sei fatto grande. » Il tono di una bambina meravigliata mentre piega la testa di lato. Gli occhi spiritati, di un azzurro talmente chiaro da confondersi con il bianco dell'occhio. « Il tempo è stato davvero bravo con te. Ma guardati.. un uomo fatto e finito. » Un tono malizioso, qualcosa di eternamente squisito che promette il mare e le stelle. « Chissà quanti cuori hai spezzato in questi anni.. » Come un'ebete in piena regola, continua a fissarlo, mentre si inumidisce le labbra. Lo ha sempre odiato. Un po' perché era lo spaccone della scuola, un po' perché lui e soprattutto i suoi amichetti la prendevano in giro dandole della psicolabile, ma soprattutto perché si divertivano a prendere in giro suo fratello. Seppur a Percy tutto ciò non importasse, Ophelia odiava sentir parlare male di lui in giro. E così ora, mentre lo fissa con avidità, stringe tra le manine delicate i braccioli della sedia fino a farli appena scoppiare. Il legno cene appena sotto la sua forza. « Sono tanto contenta di vederti dopo tutto questo tempo. Avremo modo di recuperare. Abbiamo tante cose da dirci io e te. » Non hai idea, Scamander. Davvero. Quel tono bambinesco e innocente. Miele e cianuro, contemporaneamente. Lascia andare i braccioli e si rimette in posizione eretta dandogli le spalle, ma poi ritratta e torna a rivolgergli lo sguardo, questa volta chiaramente malizioso e compiaciuto. « Ah, a proposito.. Percypedia ti manda i suoi saluti. » E quell'ultima frase, seppur abbia mantenuto la solita cordialità, lascia intravvedere tutto il rancore bambinesco che una giovane Ophelia Watson può portare verso chiunque posi gli occhi sul fratello per non osannarlo come se non ci fosse un domani. Lo sguardo si sposta su una figura minuta. Il suo vestito attira immediatamente la sua attenzione. Semplice, eppure così grazioso. « Ommioddio tesoro! Devi assolutamente dirmi dove l'hai comprato. E' magnifico questo vestito. » Sembra quasi si metta a piangere, Ophelia Watson nel rivolgersi alla giovane Castillo. « A proposito io sono Ophelia.. e tu devi assolutamente portarmi ovunque tu abbia comprato questo vestito. Come minimo se non lo troviamo uguale, devi prestarmelo. Io.. » E dicendo ciò si porta la mano destra sul cuore e quella sinistra verso l'alto come a fare un voto solenne. « ..prometto di lasciarti prendere qualunque cosa tu voglia dalla mia cabina armadio. Qualunque cosa. Davvero.. » Ed eccolo, proprio in quel momento alle spalle della bionda. Inconfondibilmente lui. Spicca, come nessun altro nella sala quasi come se brillasse di luce propria. Ed è così che muore la voce di una piccola principessa di Darkwood. Il canto della furia può questo è altro. Deglutisce fortemente, mentre si costringe a chiudere la bocca, mordendosi il labbro. Se il suo cuore fosse stato ancora in grado di battere ancora nel petto, sarebbe scoppiato. Lo sguardo colpevole di una bambina che sa di aver fatto qualcosa di non prettamente corretto. Gli occhi di una creatura semplicemente incantata. Se ne sta lì in mezzo alla sala, con un'espressione mortificata, non sapendo esattamente se sia prudente avvicinarsi o meno. Supera la giovane Clodie quasi come se non esistesse e muove piccoli passi nella sua direzione. « Ciao! » Sei contento di vedermi? Hai idea di quanto mi sei mancato? Sai che sei bellissimo? Ommioddio ma quella del tuo fazzolettino è seta. Sposami. Per fortuna ha l'accortezza di tenere a freno la lingua, per chissà quale intervento divino. « Anche tu qui.. vedo. » Si schiarisce la voce, chiaramente imbarazzata. « E' molto bello rivederti sai? ..così potremmo passare più tempo insieme. » Mio dio.

    - Interagito con Pervinca, Sam, Clodie e Ray;
    - Fatto apprezzamenti su tutta la carne fresca, quindi sentitevi onorati.

     
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    "Il dolore è inevitabile, la sofferenza opzionale." Un principio che Abe aveva imparato a far proprio, la filosofia buddista l'aveva in qualche modo salvato; aiutato a prendere coscienza di sé stesso. Abbandonare la gilda aveva letteralmente fatto precipitare il suo mondo, e solo grazie agli insegnamenti della religione orientale aveva imparato come riprendere le redini della propria vita. «Ho un altro incarico da affidarti Abraham.» Kingsley lo guardava dall'altro del suo scranno con un flebile sorriso, quasi impercettibile. «Dovrai tenere d'occhio la professoressa di babbanologia.» Di fronte a quella scoperta storse il naso, aveva accettato quel lavoro su richiesta del ministero, dopo aver collaborato con loro per anni era contento di potersi fermare a lungo nello stesso posto, ma allo stesso momento contrariato dall'idea di dover badare ad un'intera orda di ragazzini in piena tempesta ormonale. Quel nuovo compito lo lasciava leggermente di stucco, soprattutto perchè non capiva per quale motivo dovesse badare ad un altro docente. «Posso sapere per quale motivo?» Mai si sarebbe permesso di rifiutare il compito che gli era stato assegnato, ma allo stesso tempo aveva bisogno di capire con cosa avesse a che fare e perchè era stato chiesto proprio a lui. Il preside incrociò le dita sotto il mento e si prese qualche minuto per rispondere alla sua domanda, se tutto ciò fosse accaduto anni prima avrebbe messo a dura prova la pazienza del cacciatore, ma la nuova filosofia di vita che aveva abbracciato lo rendeva del tutto indifferente. «La signorina Watson è particolare, è sicuramente una creatura affascinante quanto irritante e proprio per questo motivo non vorrei che si lasciasse prendere la mano con gli studenti.» A primo impatto sembrava che dovesse fare da babysitter ad una specie di ragazzina troppo viziata, un compito che qualsiasi altro professore avrebbe potuto ricoprire tranquillamente e con risultati sicuramente migliori dei suoi. «Scoprirà ben presto che è una donna singolare, forse hai sentito parlare della Regina Rossa...» Quel soprannome non era assolutamente nuovo all'uomo, più volte aveva sentito parlare di lei; evidentemente era una di quelle leggende metropolitane che hanno un fondo di verità. Non comprendeva le ragioni per cui il preside avrebbe permesso ad un vampiro di aggirarsi liberamente per le mura di Hogwarts, ma allo stesso tempo aveva imparato a non porsi troppi quesiti in merito alle sue azioni. «Perfetto, devo solo spolverare i ferri del mestiere.» Abe aveva infatti smesso i panni del cacciatore nell'esatto momento in cui aveva abbandonato la gilda, continuare a servire quegli ideali che aveva tanto disprezzato gli sembrava ipocrita e in qualche modo lui si era sempre vantato della sua coerenza. «Non la perderò di vista.» Con un semplice saluto si congedò, doveva preparasi per l'imminente cena di benvenuto a cui sarebbero stati presenti tutti gli studenti e tutti i docenti; un avvenimento che segnava ufficialmente l'inizio del nuovo anno scolastico.

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    Si aggiustò per l'ultima volta la cravatta prima di fare il suo ingresso all'interno del maestoso tendone che era stato montato. Molti erano gli studenti già presenti, tutti in fermento per le nuove nomine dei capiscuola, un ruolo che lui stesso aveva ricoperto più di una decina d'anni prima per la casata dei grifondoro. Avanzò con passo sicuro tra i lunghi tavoli delle quattro casate, regalando affabili sorrisi a quelli che presto sarebbero stati i suoi studenti. Il tavolo dei professori sembrava già affollato, pochi erano i docenti che sembravano mancare all'appello. «Preside Kinglsey.» Lo salutò con un breve cenno del capo per poi accomodarsi tra il resto dei professori, li studiò tutti con attenzione; nonostante si fosse allontanato dalla gilda gli insegnamenti e l'istinto del cacciatore erano ancora forti in lui, costantemente in allerta. Alcuni di loro sembrano essere talmente giovani da aver smesso i panni da studenti solo pochi mesi prima e Abe non può fare a meno di chiedersi per quale motivo siano seduti al suo stesso tavolo. «Professori.» Esordisce con la sua voce profonda mentre raggiunge quelli che ormai deve considerare dei colleghi. Tra i volti individua subito quello della signorina Watson, è stato facile individuarla, tra le due donne presenti è l'unica che mostra i chiari segni che l'immortalità dona ai vampiri. Dopo anni e anni di allenamenti a lui non servono i canini affilati per distinguere un vampiro da un umano, basta fare attenzione; la loro pelle è perfetta, priva di imperfezioni, quasi come una lastra di marmo levigata dai migliori artisti. La studia cercando di capire chi sia lei e subito si rende conto del motivo per cui il preside gli abbia chiesto di tenerla d'occhio; Ophelia è giovane, una novellina e ancora facile preda delle emozioni umane. Tutto il contrario è l'altro vampiro a cui lei si è rivolta, stoico nello sguardo e anche nel portamento; un retaggio che solamente un vampiro antico può mostrare con la stessa disinvoltura. Involontariamente passa la mano sulla tasca interna della giacca, la stessa tasca in cui ha nascosto il paletto di legno. Se solo avesse ricoperto quel ruolo un anno prima in questo momento avrebbe potuto ammirare Beatrice tra i grifondoro, non vedeva sua nipote da settimane, ma con il tempo aveva capito che bisognava lasciarla fare; era una giovane donna in gamba, in grado di affrontare le difficoltà da sé. Con fare annoiato si lascia cadere su una sedia non molto lontana dalla postazione del preside, nonostante il suo cognome è del tutto deciso a dimostrare il suo pieno supporto a qualsiasi iniziativa Kingsley metterà in atto. «Quali di loro sono gli studenti che sono riusciti a sfuggire prima del trasferimento al campo estivo?.» Nei giorni prima aveva sentito gli studenti parlare di come il preside aveva deciso di punire coloro che avevano avuto la faccia tosta di disubbidire. Abraham era cresciuto con una disciplina ferrea, mancare di obbedire ad un ordine non era assolutamente tollerato da parte della gilda e più volte aveva dovuto scontare le punizioni a discapito della propria pelle; forse proprio per questo motivo era in grado di capire il severo punto di vista del preside.

    interagito con kingsley
    citati gli altri professori in generale e in maniera più specifica ophelia e ray


    Edited by quinzel. - 1/10/2017, 16:38
     
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    Può Pervinca Pollyanne Branwell non presenziare all'evento dell'anno? Soprattutto quando è organizzato da quel figo indiscusso che si ritrovano come preside? Non può, decisamente no. Per questo motivo è elettrizzata più che mai, mentre si scola l'ennesimo bicchiere di bourbon liscio come se fosse sciroppo per la tosse. Ormai c'è abituata, ormai neanche le fa più tanto effetto, se non quello di distenderle i nervi. E sì, è molto nervosa. Lo è eccome. Perché rivedrà i suoi preziosi pargoli. Perché rivedrà la sua amica del cuore. E perché rivedrà lui. E sinceramente non vede l'ora. La scommessa è in pieno atto e lei deve ancora vincerla per farsi pagare dalla sua amica. Ed è quasi certa di essere vicina al mettere le mani sul suo premio. Insomma, chi è che non si innamorerebbe di una come me? Pensa mentre si guarda allo specchio, mettendosi di profilo, inarcandosi all'indietro, inclinandosi in avanti, tutto per capire se la scollatura mette abbastanza in risalto le tette. Insomma, non è un caso se è tanto famosa tra i suoi ragazzini e il merito è anche di quelle due tesorine che sembrano essere cresciute nell'ultimo periodo. Il ciclo non mi deve tornare. Incinta giusto dello Spirito Santo in questo momento. Commenta mentalmente, mentre si sistema meglio il top crop bianco che lascia intravedere il seno al di sotto dell'intricato reticolo di lacci. Pur non sapendo il motivo di quelle rotondità esagerate, si dice felicissima del lieto evento. Insomma è la resa dei conti questa. Se ora Ric non si innamora è davvero gay come immaginavo all'inizio. Insomma, tutto il contrario degli insegnamenti che le impartiva sua mamma, che per quanto non fosse mai stata molto materna con lei, glielo ripeteva sempre. "Polly tesoro, non dar mai retta ad un uomo che non ti guarda negli occhi." Si da un'ultima occhiata, alzando un po' la gonna nera lungo i fianchi, poi si riguarda allo specchio e batte le mani eccitata di fronte alla visione che ha di sé. Poi punta l'indice contro il riflesso e si avvicina, lasciando ticchettare i tacchi a spillo sul pavimento in marmo. «Alaric Wilde preparati a morire. Questa sera non hai scampo. Eh no FissaTette, non ti è concesso.» Dà un bacio alla superficie riflettente, lasciando il segno delle proprie labbra e scrollando i capelli dorati all'indietro, esce dal suo studio in direzione dell'entrata di Hogwarts.
    Venire a sapere che la sua amichetta del cuore è diventata la nuova prof di Babbanologia è forse la notizia più bella arrivatale negli ultimi giorni, tra le lettere di mancato pagamento della bolletta della luce nel suo appartamento a Londra e i resoconto delle sue quattro carte di credito, finite gravemente in rosso. Insomma, un vero e proprio raggio di luce in mezzo a quella merda che lei non si merita assolutamente. Insomma, già il semplice poter godere della visione angelica che è lei dovrebbe bastare alla gente come pagamento per qualsiasi debito. E invece no, la tartassano per cose futili come il denaro. Quante cazzate per qualche misero galeone. « AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAA!!!! » L'urlo di Ophelia accoglie la sua entrata trionfale, mentre gruppi di ragazzini si girano a guardare quell'insolito scenario. Le corre incontro, come se non la vedesse da anni. Fa qualche urletto da scema, mentre l'abbraccia stretta tra le sue tette. « Te l'avevo detto che in qualche modo sarei tornata. » E Pervinca è felice che abbia tenuto fede alla parola data. Per quanto sia strampalata quell'amicizia, tra una quasi ventise- insomma, una ragazza ancora giovane e procace e una diciottenne perenne, Pervinca ha rivisto sempre in Ophelia un po' di se stessa. Un po' squilibrata, a detta di tutti, un po' sopra le righe, un po' sempre in eccesso, ma pur sempre perfetta in ogni momento. «Spero che tu mi abbia portato quel tè senza zuccheri, né conservanti che ti fa rimanere bella e tonica minimo fino a 50 anni. Altrimenti puoi anche sognarti che io continui a leggerti le carte.» La intima con un mezzo sorrisetto, puntandole l'indice contro, prima di prenderla a braccetto e seguire la fila di ragazzini che si dirigono verso il tendone. Quell'anno, Edmund ha deciso di fare ancora di più il figo, svecchiando un po' le tradizioni di Hogwarts. Come se fosse anche solo possibile essere ancora più figo. « Ti giuro! E' stato davvero complicatissimo non parlarne con Ray. Sai.. .io gli dico tutto. Mi sento come se l'avessi tradito capisci?» Scuote la testa Pervinca, pattandole la mano che Ophelia tiene ancorata al suo braccio. La guarda con quella faccia un po' alla
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    "Oh my sweet summer child". «Tesoro, devi capire che se dici tutto ad un uomo, lui avrà il pieno controllo su di te. Meno gli dici, più sarai te ad esercitarne su di lui. Lui ti consegnerà la frusta dalla parte del manico e si farà torturare come se fosse stata tutta una sua idea.» E' convinta mentre le impartisce quella perla di saggezza antica. «E invece è sempre stata qui» le picchietta la fronte con l'unghia dell'indice. «E fidati quando ti dico che un po' di pepe ci vuole sempre in una relazione, di qualsiasi tipo essa sia. E pure le corna servono. Eccome se servono.» Rotea gli occhi verso il cielo, contenta di aver potuto dire la sua nella spinosa situazione che affligge l'amica. « Però Edmund è stato davvero convincente. Ha detto che sarei stata una bellissima sorpresa per lui, e non aveva senso rovinare tutto. Sono d'accordissimo, tu che dici? » Fa un sorrisetto sghembo. «Ma tesoro, come posso essere in disaccordo con Edmund? Ti ha servito Ray su un piatto d'argento e la sorpresa è essenziale in certe circostanze. E se non si innamora perdutamente di te dopo averti vestita così, beh, mi dispiace, ma questo famoso Ray non ti merita affatto.» Scuote la testa, mentre per la prima volta le passa per la mente l'idea che lei, quel famoso Ray, non l'ha mai davvero conosciuto e che sta per farlo tra pochi minuti. Già è in fibrillazione all'idea di scoprire quanto se l'è scelta figa l'ossessione dell'ultimo periodo, quando varcano l'entrata dell'ampio tendone e rimane decisamente a bocca aperta. «Porca troia» commenta assai poco signorilmente, mentre alza gli occhi chiari per soffermarli sugli ampi lampadari colorati. Vecchio volpone di classe, beata chi ti si prende pensa, con un ampio sorriso sulle labbra. « Oooooh, Pervy! C'è così tanta carne fresca! Un banchetto degno di tutto rispetto. Poi dovrai dirmi quali hai già provato, perché si sa - codice d'onore - i bambini delle amiche non si toccano. » Ridacchia, mentre si stringe all'amica. «In pole position abbiamo quello laggiù, Scott di Serpeverde. Un bijoux che si sottomette senza storie e che ti fa di tutto, davvero. Potresti provarlo, sai, per quel problemino nei paesi bassi.» Vortica l'indice verso il basso, per farle capire a cosa si sta riferendo. «Ma sono sottotono da tanto ormai, anche se ci sono un paio di nomi che spiccano su altri sulla mia lista del "Da provare".» Indica con il capo il tavolo di Serpeverde. «Douglas e Potter promettono bene. Il primo ha quel bel faccino da angioletto che sotto sotto ti farebbe passare la migliore oretta della tua vita. Il secondo è sempre depresso, ma sono sempre i migliori quelli che devono sfogare la tristezza. Lo sai.» Poi volge il capo verso il tavolo di Corvonero. «Lì abbiamo Gauthier, un vero poeta. Ti fa spogliare con la scusa di fotografarti. Un genio. Ophy, ti innamoreresti in due secondi, giuro. Ma c'è anche Trambley che, i miei uccelletti dicono, non guarda in faccia nessuno quando si parla di una buona scopata.» In ultimo, lo sguardo ricade sulla tavolata dei suoi prediletti. I Grifondoro. «E lì, che te lo dico a fare, il nuovo Caposcuola, Weasley. Ha pure i capelli rossi e si sa cosa si dice dei ragazzi dai capelli rossi no?» Che sono dei diavoli sotto le coperte. «Potresti tentare con uno di loro. Dovresti. Però mi raccomando, non te li mangiare. Non letteralmente perlomeno.» Le lancia un'occhiata allusiva, prima di sorridere e lasciarla andare verso il tavolo dei professori. Lei invece intercetta una chioma bionda. Le si fa più vicina, fin quando non si ritrova di fronte alla sua sorellina. Non sa mai come comportarsi quando c'è di mezzo lei. «Betty, congratulazioni per la carica.» Le dice con garbo, mentre abbassa lo sguardo sulla spilla. «Mamma e papà saranno orgogliosissimi.» C'è dell'amore nella sua bocca quando dice quelle parole. Betty era sempre stata perfetta. Perfetta come lei non lo era mai stata. Di norma l'abbraccerebbe, ma non vuole metterla in imbarazzo davanti a tutti, così le sorride. «Come lo sono anche io, d'altronde.» E la saluta, lasciandola tornare ai suoi amici. Passa davanti al tavolo Corvonero e lancia un'occhiata d'intesa alla giovane Weasley. "Ci dobbiamo vedere per un giro di tarocchi" mima con le labbra, prima di arrivare di fronte al tavolo Grifondoro. Li guarda tutti, uno per uno e sorride amorevolmente, quasi come una mamma, soffermandosi qualche secondo in più sul volto di Malia. «Weasley, congratulazioni per la vittoria. Rendici orgogliosi di te!» Le fa un occhiolino di comprensione. «Magari quest'anno riuscirò a trovare il modo per farti stare sveglio a Divinazione e non far perdere punti alla Casata di conseguenza.» Sbatte le ciglia, angelica, prima di captare un nuovo volto tra i suoi tesori. Biondo, grosso, molto grosso, occhi color ghiaccio. «E' sempre bello avere questi nuovi acquisti, così importanti, tra le nostre fila. Pervinca Branwell, prof di Divinazione.» Terzo ufficio del secondo piano, torre di Divinazione. E' lì che troverai questa meraviglia. Si presenta al ragazzo, guardandolo più intensamente del dovuto. Poi si schiarisce la voce, scrollando la testa e salutandoti con un sorriso. Ha finito i convenevoli di rito e ora è pronta a buttarsi a capofitto sul suo fuori testa numero uno. Che non è ancora arrivato, constata, piuttosto delusa. «Edmund, atmosfera incantevole, non c'è che dire. Ma non ci si poteva aspettare nulla di diverso da un uomo come te.» Gli lancia un'occhiata civettuola, prima di mettersi di fianco alla sua bionda amica, che sta importunando amorevolmente un altro degli acquisti del corpo studentesco. Lei, dal canto suo, ci mette il carino da undici. «Io invece voglio assolutamente sapere dove ti sei fatta i capelli. Non è facile averli così belli e lucenti, di questi tempi. Voglio il numero delle mani fatate che ti hanno toccata.» Le sorride, sporgendosi oltre la spalla di Ophelia, per poterla guardare negli occhi. Ed è in quel momento che entra nel suo campo visivo quello che deve essere Ray. Il Ray di Ophelia. Lo guarda e si costringe a tener serrata la mandibola, per non farla crollare sulle ginocchia. Non è bello quanto il suo svitato, quello no, ma è bello, davvero bello. « Anche tu qui.. vedo. » Si porta una mano a coprirsi le labbra, quasi commossa nel sentirla parlare con così tanta austerità. Come crescono in fretta si ritrova a pensare nel vedere quanto la sua Ophy faccia l'indifferente di fronte al suo punto debole. « E' molto bello rivederti sai? ..così potremmo passare più tempo insieme. » E niente, c'era quasi riuscita, ce l'aveva quasi fatta, ma quando una è una fidanzata psicopatica inside, lo è sempre. Per la vita, Pervinca e il suo scantinato dell'orrore lo sanno bene. Fa un passo di lato, per dar loro più privacy e si dirige verso il tavolo degli insegnanti. «Pervinca Branwell» si presenta all'uomo barbuto che intravede per primo. «Pervinca Branwell, ma tu mi conosci già» lo fa con Scamander, che è piuttosto sorpresa di vedere seduto lì. Poi prende posto e per un attimo ha l'irrefrenabile voglia di ficcare la mano nella borsetta e bersi tutto il rum che ha nella bottiglietta da passeggio. Ma non lo fa. E punta gli occhi verso l'entrata del tendone. Giuro che se non ti fai vivo, ti fucilo.

    Alluraaaa. Nominato sempre e comunque Ric amore stupendo. Ma anche Albus, Nate, Fitz e Freddie per gli apprezzamenti di prima qualità sugli stalloni del castello designati da Pervinca.
    Interagito con Ophelia, Betty, Lulah - kinda -, Freddie, Stefan, Edmund, Clodie.
    Salutato Abe e tutto il tavolo di Grifondoro in generale.

     
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    Albus di una cosa si era sempre vantato: la capacità di risultare invisibile. Il mezzano dei Potter viveva in due sole modalità: quella che lo metteva al pari di un pezzo d'arredamento in una stanza, e quella in cui invece sbottava dando il peggio del suo caratteraccio. Non c'erano molte vie di mezzo, o comunque era davvero ridotto il numero di persone a beneficiare di esse, tanto da rendere la categoria di importanza nulla ai fini di un'analisi generale sul suo comportamento. No, le relazioni col pubblico non erano mai state il suo forte, e una prova ne era il suo fallimentare periodo come barista ai Tre Manici. D'altronde, lui quello l'aveva sempre saputo: non era il tipo di persona che riusciva a inserirsi, e spesso nemmeno apprezzava le compagnie particolarmente nutrite. Sopra le tre persone, per lui, diventava ansia e mutismo. Tuttavia aveva presto capito che le proprie manie isolazioniste avevano anche dei punti a favore, come ad esempio la possibilità di evitare individui sgraditi, oppure di non essere tirato in ballo in questioni che non lo interessavano. Se ne stava distante con la mente, a rimuginare sulle cose - o, come avrebbe detto lui: a badare ai cazzi propri. Al era un asso del farsi i cazzi propri, un talento naturale, uno dei migliori. Purtroppo, però, aveva notato che spesso e volentieri quella tecnica non funzionava con chi si svegliava al mattino con la voglia di attaccar briga; probabilmente avrebbe anche potuto buttarsi addosso il mantello dell'invisibilità o mimetizzarsi con la carta da parati: in ogni caso la legge cosmica diceva che se se ne stava tranquillo per i fatti suoi, qualcuno a rompergli le uova nel paniere doveva sempre e comunque arrivare. In quel caso fu una voce femminile ben distinta, poco distante da lui che se ne stava bello placido a rigirarsi le proprie posate argentate. "L'unica persona che piace ad Albus Potter, è Albus Potter." La prima cosa che gli venne in mente fu un onestissimo 'E anche se fosse? Cazzo te ne frega a te, scusa?' Tuttavia non proferì parola, e anzi, fece finta di non aver sentito, mantenendo lo sguardo fisso sulle posate. Ma, ormai dovreste saperlo: deve ancora arrivare il giorno in cui Albus Potter non risponderà in maniera alcuna ad una provocazione. Quella volta, però, decise che darle la soddisfazione di attaccar briga non era il modo migliore per evitare che il banchetto si trasformasse in un aeroporto di piatti volanti. Quella era la serata di Fred: lo avevano appena eletto, e di certo non aveva alcuna intenzione di rovinargli quella soddisfazione con un litigio plateale da soap opera argentina. Dunque, fingendo una naturalezza impressionante, lasciò la forchetta e prese in mano un cucchiaio. Non rivolse mai lo sguardo alle due comari di paese, cosciente che comunque lo stessero guardando. Peggio delle vecchiette in balcone, siete. Alzò dunque la posata all'altezza del proprio viso, allontanandola il giusto per fissarvi il proprio viso all'interno, sistemandosi i capelli e rimirandosi con sguardi seducenti da ogni angolazione. Il tutto fino a quando, con estrema lentezza e i modi più naturali del mondo, non posò le proprie labbra sulla concava superficie riflettente: inizialmente leggere, poi mimando sempre più evidentemente una limonata di tutta classe, con tanto di occhi chiusi, lingua e mano posta sul retro del cucchiaio quasi fosse la nuca di una bella ragazza. Si profuse in quel bacio sentito per un discreto lasso di tempo, staccandosene poi lentamente, solo per lanciare un occhiolino e un bacio volante ancora una volta alla propria immagine riflessa. "Sei bellissimo stasera." disse con voce soffusa, ma abbastanza alta da farsi sentire dai due, facendo scivolare delicatamente le proprie nocche sul bordo liscio della posata, riponendola poi al proprio posto con estrema cura. Solo allora si voltò verso la simpatica coppia, quasi li avesse visti solo ora, salutandoli con un allegro sollevamento di entrambe le sopracciglia e tornando poi a badare ai fatti propri.
    - Pomiciato me stesso
    - Interagito col cucchiaio
    - Dato spettacolo ad uso e consumo di Sandra e Raimondo Vianello

     
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    Vuoto. Non aveva mai provato qualcosa del genere, ma da quando aveva deciso di scappare, di dileguarsi silenziosa come un’ombra, sembrava che questa nuova sensazione avesse iniziato a scavare una voragine.
    Nella sua vita Myricae aveva sentito la mancanza di tante cose, in primis della libertà. E per questo era fuggita, si era liberata, ma una volta ottenuto ciò che desiderava aveva realizzato che non lo desiderava affatto. Ingenuo, da parte sua, credere di poter evadere e dimenticare ciò che era stato. Ingenuo, poter pensare di superare l’assenza di Edmund, qualcuno che aveva fatto di lei una creatura ancora più insolita di quanto già non fosse, qualcuno che l’aveva privata di libertà e indipendenza, ma che nonostante tutto le aveva
    giphy
    forse dato uno scopo. Non era malinconia, quella che aveva iniziato a sentire, o meglio non era la stessa malinconia che aveva provato durante quegli anni per il suo villaggio, per la sua gente. Loro gli erano mancati, follemente, così tanto da farla soffrire ogni giorno, instancabilmente. Ma una volta fuori dalla gabbia, Myricae aveva capito che il mondo non l’aveva aspettata, che era andato avanti, senza di lei, senza tener conto della sua presenza e che quelli che pensava l’avessero aspettata in realtà non l’avevano fatto.
    Per questo aveva accettato quell’offerta, l’offerta di tornare da colui che aveva tradito, perché era ciò che sentiva di aver fatto. Myricae aveva tradito la sua fiducia, convinta che fosse la cosa giusta, che avrebbe trovato il suo modo di stare al mondo, da sola. Ma aveva fallito, ed era tornata mesta, come un agnello, sui suoi passi. Aveva fallito perché si era ritrovata nella paradossale situazione di vivere con la paura costante che qualcosa potesse accaderle. Fragile, insicura. Myricae non aveva mai affrontato il mondo, e aveva preteso da se stessa e dalle sue scarse capacità di adattamento di fronteggiare una realtà in rovina, prossima alla decadenza più totale. Che idea stupida, aveva pensato, quando poi si era accorta di essere rimasta sempre lì, con la mente e soprattutto con il cuore. Adorabile. Myricae non riusciva nemmeno a mentire a se stessa sulla condizione nella quale versava quest’ultimo. Le pareva l’avesse lasciato fra quelle mura che per anni erano state alla stregua di sbarre, una prigione che non l’aveva mai davvero lasciata. E forse, per la sua sopravvivenza, era stato meglio così.
    Ma aveva accettato quell’offerta non solo per avere uno scopo, qualcosa che occupasse il suo tempo, ma perché sognava, come fanno solo le bambine, di riparare allo sgarro. Di riportare tutto a come era, senza che le sue scelte e i suoi gesti avventati abbiano avuto un peso.
    Le piace pensare che ne abbiano avuto, anche solo per un po’, per sentirsi importante. Offuscata, la sua mente pospone la curiosità per quel mondo di cui non ha mai fatto davvero parte, all’ossessione che la lontananza ha scaturito. Perciò nel vedere l’enorme tendone adibito a sala grande per quella squisita serata strabuzza gli occhi, ma quando vi mette piede e loro si posano sull’inconfondibile figura di Edmund Kingsley, indietreggia appena. Ha come l’istinto di scappare, come ogni animale che si sente braccato, come un animale che sa di essere caduto in trappola, di nuovo. Respira profondamente, distogliendo lo sguardo e posandolo su tutto ciò che la circonda, ma non è un’idea brillante, perché in quella tenda tutto grida Kingsley. La sua inusuale e inconfondibile eleganza. Ha quasi i brividi mentre cammina a piccoli passi in quel posto così diverso. Lo sguardo corre fra gli studenti, i volti giovani, le future speranze di quella comunità. Forse è per questo che hai detto sì, domanda se stessa mentre raggiunge la tavolata degli insegnanti. Sorride, sforzandosi di sembrare quanto il più naturale possibile. Si mette quanto più lontana dal preside, vorrebbe diventare invisibile, sparire, ma ormai è lì.
    «Myricae» dice allungando la mano verso uno dei professori appena arrivati, un uomo giovane, ma rigido come il legno. Non aggiunge un cognome, perché non ne possiede uno, nessuno ne possiede uno da dove viene lei, ma deve attrezzarsi a meno che non voglia farsi chiamare per nome dagli studenti. Non che le dia affatto fastidio. «Cura delle creature magiche» dice, senza che nulla le venga chiesto. Le sue scarse capacità relazionali fanno brillantemente la propria comparsa.
    Li osserva tutti,sentendosi incredibilmente fuori posto. Nelle loro differenze, abissali, fra di loro sembra esserci un’intesa, una comunione di interessa. Lei è lì, invece, unicamente perché non ha altro posto dove andare. Li vede, uno ad uno presentarsi al preside, scambiare con lui poche brevi parole. Deglutisce allora, cercando di ingoiare il groppo in gola che le smorza il fiato. Edmund è tentata chiamarlo così, ma si trattiene. «Signor Preside…» dice, con voce flebile, camminando attorno alla figura austera dell’uomo e finalmente trovandosi a guardarlo da vicino, come ai vecchi tempi. «Grazie per la gentile offerta» gli dice, sperando in una reazione che non la faccia scoppiare in lacrime, come è possibile che accada.



    interagito con Abe e Eddyking, citati in generale i professori
     
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    «Hai deciso di rimanere chiuso qui dentro per tutto l'intero anno scolastico?» Annuisce, Rudy, stringendosi nelle spalle, l'espressione torva mentre vaga con lo sguardo verso un punto non ben definito della camera. E' seduto sul proprio letto, le gambe incrociate ed i riccioli di mogano a ricadergli sul viso. La intravede avvicinarsi a lui, e decide suo malgrado di guardarla. Grosso sbaglio. Lei gli sorride dolcemente e lui, dal canto suo, dimentica qualsiasi decisione presa sino a quel momento. Aveva deciso che a quell'inutile banchetto non ci sarebbe andato. Non aveva voglia di vedere nessuno, in quei giorni, figuriamoci farlo sotto la supervisione di Kingsley, che -per la cronaca- l'aveva fatto incazzare. Per l'ennesima volta. « Che cazzo vuol dire che non posso votarla? » Aveva ruggito qualche giorno fa il grifondoro, sollevando per il colletto Irvin Galloway, un suo compagno. Votazioni per i Caposcuola, una scatolina spuntata come per magia nel bel mezzo di ogni sala comune. Rudy non aveva avuto dubbi su chi avrebbe votato. Olympia Potter reincarnava per lui tutto ciò che un ottimo Caposcuola avrebbe dovuto possedere. Costanza, intelligenza, e quell'audacia che, nonostante forse la ragazza fosse convinta di non possedere, faceva di lei una perfetta leonessa. Sì, Olympia sarebbe stata la degna erede della Morgenstern, una perfetta mamma grifa, pronta a difendere i suoi piccoli discepoli da qualsiasi sarebbero state le altre stronzate di Kingsley. « Ed io che c'entro? » Aveva annaspato il povero Irvin, mentre i suoi piedi penzolavano a mezz'aria, dimenandosi nervosamente nel disperato tentativo di tornare a toccare terra. Rudy l'aveva afferrato per il colletto con così tanto impeto da sollevarlo, e non se ne era nemmeno accorto. Dopo ciò che gli era successo, faceva fatica a controllare le sue emozioni. Il crucio gli aveva compromesso una buona parte del sistema nervoso, rendendolo incline a violenti sbalzi d'umore come quello. Passava da momenti di completa stasi, dove se ne stava rintanato in un angolo del suo letto con le ginocchia strette al petto ed il mento poggiato sopra, a momenti in cui perdeva il controllo per piccole cose. Ed il fatto che non potesse votare Olympia non era affatto una piccola cosa. Quindi insomma, figuriamoci. «Dobbiamo andare.» Le dita di Olympia sfiorano la sua mano, e quel contatto sembra risvegliarlo. La guarda, mordendosi l'interno della bocca, e sospira, rassegnato. Non sa dirle di no. Per quanto si sforzi, per quanto possa essere cocciuto e testardo, Rudy ad Olympia non sa resistere. « Mi adori così tanto da non riuscire a sopportare la mia assenza al banchetto? » La prima battuta dopo settimane. Il primo sprazzo di Rudy, il vero Rudy e non l'ombra di sè stesso dopo giorni e giorni passati nella completa apatia. Olympia è lì, ed è forse l'unica persona che voglia veramente vedere in un momento del genere. Nonostante abbia tenuto il broncio per tutto il tempo, Rudy ha apprezzato tutte le volte in cui la giovane Potter era sgusciata attraverso la porta di quei dormitori per andarlo a trovare. Ogni sua visita, seppur inconsapevolmente, era stata capace di ricostruire, mattone dopo mattone, quel muro andato distrutto che era diventato il Grifondoro. «Dai che sarà assolutamente divertente sbattere in faccia a Kingsley i nostri visi sorridenti!» Il pensiero lo fa ridere, mentre si alza lentamente dal letto. Si avvicina a lei con passo leggermente claudicante: gli fa ancora male tutto, ma cerca di non darlo a vedere. « Forse è la volta buona che gli viene un infarto » Mormora stringendosi nelle spalle, mentre la osserva appuntarsi meglio la spilla Grifondoro. La camicetta azzurra mette in risalto il rosso dei suoi capelli, facendoli risplendere ancora di più. E' bella, pensa, senza accorgersi dell'improvvisa vicinanza della ragazza. Indietreggia di qualche passo nel vederla intenta ad impuntargli la sua, di spilla, ma lei lo costringe a rimanere fermo facendo forza per tirarlo a sè dalla felpa. « Non sfruttare l'occasione per infilzarmi, okay? » Borbotta, lo sguardo fisso sulle sue dita affusolate. «Che dici? Siamo abbastanza belli per andare alla gogna? E speriamo che tutti questi sforzi ne valgano la pena. Sarebbe davvero un peccato, in caso contrario. » Apre la bocca facendo per parlare, ma non ha il tempo di aggiungere altro -o lamentarsi, come è solito fare- che lei lo sta già trascinando via dalle celle sotterranee. E suo malgrado, ride. Ride perchè nonostante tutto, loro sono ancora lì. Insieme. Ride perchè con lei proprio non riesce a stare imbronciato. E quindi eccoli, a percorrere velocemente i corridoi che li separano dalla grande tenuta attorno al castello. Non fa molto caso alle decorazioni, ma ciò che attira la sua attenzione è il falò adiacente all'enorme tenda. «Giusto, quasi dimenticavo, hai portato qualcosa per la camminata sulla strada dei ricordi?» Annuisce incerto, Rudy, portandosi istintivamente una mano alla tasca dei jeans scuri. « Forse sì, qualcosa. E tu? » Vi insinua le dita e lo sente, quel foglio sottile, ormai ingiallito ed usurato dal tempo. Il suo certificato di nascita. L'ultimo collegamento coi Black. Sino a quel momento Rudy non era mai riuscito a distaccarsene. Il suo cognome ritornava sempre a fargli visita come una chimera, impedendogli di sentirsi veramente parte della famiglia a cui ormai apparteneva. I Weasley. Era stato a loro che aveva pensato quando quel fulmine verde l'aveva colpito una prima, una seconda ed una terza volta. Aveva pensato a tutti loro, aveva protetto tutti loro. E lei. Dà un ultimo sguardo ad Olympia, sorridendo, prima di avvicinarsi al tavolo dei Grifondoro. Si siede accanto ai suoi cugini, salutandoli, e per poco non si schianta con la faccia contro il tavolo.

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    "Oh, bonasera, eh!" Evita di piangere come una ragazzina per il dolore di quella pacca sulla schiena, e ricambia a sua volta con una pacca al cavallo dei pantaloni di Stefan. Perchè tra bro è così che si fa no? « Oh dov'eri? Ti avevo dato per disperso! » Sorride, voltandosi poi per salutare il resto della compagnia, che per la cronaca sono quasi tutti parenti, soffermandosi in particolar modo su Albus, prima che si allontani verso il proprio tavolo. « Dai Lily, non trattarlo male, sono sicuro che Freddie ci renderà orgogliosi di lui. » Io quel coglione di Freds non lo voto, a sto punto meglio eleggere il Frate Grasso come Caposcuola E detto ciò, poggia una mano sulla spalla del cugino. « Sai cosa dovrai fare sì? Ricorda, fronte compatto. » Si era già premurato a fare il lavaggio del cervello contro Kingsley qualche ora prima al cugino, ma con uno come Fred, che pensava principalmente a cibo, tette e guai in una sequenza variabile, era meglio ribadirle certe cose. « Potter... Sempre più splendida » Conosce quella voce. Il suo sguardo saetta alle sue spalle, e lo vede: Nate Douglas, forse l'essere più odioso in questo pianeta. « Rudy... » Continua a fissarlo, lo sguardo assottigliato « Rudy. » e lo fissa ancora fin quando non si allontana « Rudy cazzo! » « Che cazzo vuoi?! » « Mi stai staccando il braccio. Se me lo rompi come la faccio la guerra ad Eddy, me lo spieghi? Combattere con una sola mano è difficile, hai visto Jamie Lannister quanto tempo c'ha messo? » Ops. Si era impegnato così tanto ad osservare Douglas, da non accorgersi di aver affondato letteralmente le dita attraverso il braccio del povero Fred. « Ops, scusa » Borbotta dunque, dandogli una sonora pacca sulla spalla ed alzandosi di nuovo, mentre si accosta ad Olympia. «O perlomeno questo è quello che nonna Molly continuerà a ripetere per tutte le feste di Natale.» Si insinua nella discussione, le braccia incrociate, mentre piega la testa di lato. « Nulla togliere a Freddie, ma quella spilla avresti dovuto ottenerla tu. Io ti avrei votata senza ripensamenti » Le sorride, sincero, ed è solo in quel momento che il suo sguardo vaga per la tenda. Setaccia i vari tavoli, riconoscendo visi più o meno conosciuti, fin quando non lo individua, circondato dal resto del corpo docenti. Eccolo, l'anima della festa. Inarca un sopracciglio mentre osserva il preside, e quando vede il suo sguardo dirigersi verso di loro..Inizia a prudergli la faccia. E, molto casualmente, si gratta col dito medio. Che testa di cazzo, questo Weasley.

    Interagito con: Olympia, Stefan, Lily
    -Guardato male male Nate perchè that's love biach
    -Ruolato con me stessa perchè sono ribelle
    -Dimostrato amore puro a Kingsley sul finale


    Edited by haemolacria. - 13/9/2017, 10:48
     
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    Guerra civile. Non avrebbero potuto esserci parole migliori per descrivere ciò che sarebbe accaduto nella Torre di Corvonero, dalle votazioni dei Caposcuola in avanti.. almeno, se i compagni avessero ascoltato ciò che ronzava nella mente iperattiva di Hugo Weasley! Fortunatamente la maggior parte dei corvi era troppo intenta a finire e rifinire gli elaborati estivi per l'inizio dell'anno scolastico; i pochi che invece davano ancora retta al giovane, finivano per ripetergli sempre le stesse parole. Fattene una ragione.
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    « Fattene una ragione?! E' quello che dirai ai bambini nord coreani sotto dittatura? FATTENE UNA RAGIONE? » era pressapoco la risposta tipica che Hugo dava loro, gesticolando come un forsennato per rendere meglio il concetto: il caos avrebbe preso il sopravvento e la società come la conoscevano sarebbe stata sovvertita per sempre. Perché? Chiaro: perché quella scimmia di Zip Trambley aveva vinto le elezioni ed era stato - legittimamente? - nominato caposcuola. CAPOSCUOLA! Follia pura, a detta sua. Eppure si era tanto impegnato perché ciò non accadesse! Non aveva mai avuto la pretesa di diventare egli stesso Caposcuola, anche se proprio proprio schifo non gli avrebbe fatto di certo, ma consapevole del valore soggettivo e dell'importanza sociale di una votazione tra pari, era ben consapevole che non avrebbe mai raggiunto i voti necessari. Ecco perché la scelta, a suo dire, sarebbe dovuta ricadere sulla persona più valida: Eris! Lei sì che sarebbe stata perfetta! Intelligente prima di tutto, che dovrebbe essere ciò che contraddistingue un vero Corvonero e lei avrebbe in tal senso potuto rappresentare egregiamente la casata; Zip al contrario aveva appena imparato ad allacciarsi le scarpe da solo e non era neppure sicuro sapesse contare fino a cinque senza l'aiuto delle dita. Certo, potrebbe essere stato lo stesso Hugo a mettere in giro alcune voci sul conto di Trambley ma quali sono le prove? In dubio pro reo. Eris era una ragazza affidabile, gentile, disposta ad aiutare un compagno in difficoltà per il bene comune! E Zip? La cosa più gentile che Zip Trambley aveva fatto per i Corvonero era stato farsi chiamare "Zip" perché Zeppelin è oggettivamente un nome ridicolo, andiamo! Avrebbe distratto tutti i compagni di casata facendoli ridere ogni due per tre, invece che lasciarli studiare in pace. Grazie, Zip! Insomma, Hugo Weasley aveva messo nella campagna elettorale della casata tutto sé stesso o quasi, rischiando di andare perfino incontro alla violazione delle più basilari norme di buona educazione e diventando un Fred Jr qualunque! Messaggi simpatici, spillette pro-Eris fino ad arrivare alla lontana idea di un voto di scambio: tutto pur di veder trionfare il bene e la giustizia! Se c'è qualcosa che i Cavalieri dello Zodiaco e Dragon Ball Z avevano insegnato al giovane Hugo è che per servire nobili scopi talvolta bisogna ricorrere a metodi poco ortodossi: la salvezza dell'umanità avrebbe ripagato di tutto. Quella campagna era diventata in un certo senso la sua campagna, rendere Eris caposcuola avrebbe significato in un certo senso rendere sé stesso caposcuola. Ditocorto, levati proprio! A quali bassezze può arrivare un uomo guidato dal senso del giusto! Ma il mondo sa essere un posto oscuro e pieno di terrori e il male alla fine trionfò: con una votazione palesemente ingiusta e truccata, Trambley aveva trionfato e ora si sarebbe ritrovato ad indossare una spilla talmente grossa da sembrare una specie di pappone russo in visita negli Stati Uniti per vendere a ricchi uomini d'affari le proprie donnine dell'est... oppure Beyoncé. No, Zip non può essere Beyoncé, blasfemia! E' solo una Iggy Azalea qualunque. Mi pento, Beyoncé, perché ho molto peccato con pensieri impuri! Quando arrivò lo scrutinio che suggellò la vittoria elettorale del compagno, Hugo si limitò ad abbracciare Eris - che a onor del vero sembrava molto meno dispiaciuta di lui - e a mormorarle poche parole: « Per me, hai vinto tu. »

    Il mondo stava girando sottosopra, nonna Molly lo diceva sempre e a Hugo erano sempre piaciute le sentenze catastrofiche e i luoghi comuni delle donne di una certa età che iniziano ogni frase con "Signora mia..!". Stavolta però concordava seriamente con la nonna, dal momento che anche le tradizioni millenarie della scuola di magia e stregoneria di Hogwarts erano state letteralmente stravolte, anno dopo anno. Dopo la messa al bando degli studenti mezzosangue, che tra gli altri aveva toccato anche Hugo figlio di madre nata-babbana, il preside Kingsley aveva deciso di mandare a quel paese anche le divise scolastiche, segno distintivo di Hogwarts. Non che amasse particolarmente vestirsi da pinguino ogni santo giorno per andare a lezione, d'inverno la camicia gli faceva sentire troppo freddo ma d'estate era troppo pesante.. e la cravatta? Che scomoda! Eppure tutto quel tormentarsi aveva un suo perché e vestirsi dei colori blu e bronzo gli aveva sempre dato un certo senso di appartenenza. Una famiglia. Quest'anno anche quello sarebbe evaporato, o per meglio dire fortemente ridimensionato alle dimensioni di una spilletta. Hugo se l'era rigirata tra le dita per giorni, come se fosse la prova di un qualche crimine e ne dovesse dedurre chissà cosa. Ma non c'era niente da dedurre, ben poco di oscuro nel piccolo corvo che avrebbe dovuto appuntarsi al petto: solo nostalgia. Insieme alla spilla, il preside aveva inviato ad ogni singolo studente una lettera che fungeva da invito e da istruzioni. Anche il banchetto di inizio anno, cerimonia che non era mai stata modificata di una virgola per secoli, aveva subito un restyle e sarebbe diventata... un falò? « Superare quest'anno sarà più difficile di una challenge di Dark Souls, me lo sento.. » sospirò, a proposito di falò. EddyKing chiedeva inoltre di procurarsi un oggetto e non uno qualunque. L'unica cosa che vuoi lasciarti alle spalle. « Allora porto la versione Netflix di Deathnote, quella merda sì che me la voglio lasciare alle spalle! » Non era sicuro neppure lui di scherzare o meno, aveva provato una sofferenza indescrivibile nel vedere quella schifezza! Ma la scelta, in realtà, fu più ovvia del previsto: vestendosi per la cerimonia, non più con la tunica elegante da mago ma con una più sobria camicia bianca - nostalgico della divisa, Hugo? - nascose nella tasca dei pantaloni una delle spillette elettorali che aveva preparato, con il faccino di Eris che sorrideva e salutava, bella come un angelo. Non era valso a molto tutto l'impegno messo, se non astio e veleno; l'avrebbe volentieri lasciato alle spalle.

    Quando arrivò al tendone che era stato allestito dal Preside per la cena-cerimonia, sembrò di essere entrato nella cucina di nonna durante una riunione di famiglia. Assottigliò gli occhi da dietro gli occhiali e provò a contarli.. due.. quattro.. Lily stava chiacchierando con compagni di casata, Albus faceva l'emo come sempre, Freddie si godeva ancora un residuo di festeggiamenti per essere diventato a sua volta caposcuola, Olympia continuava ad essere bellissima come sempre, vicino alla cara Malia che salutò sbracciandosi dall'altra parte del palco. Non vide Tallulah, ma probabilmente stava giocando con una tavola ouija insieme ai suoi amichetti creepy. Salendo sul palco, intercettò lo sguardo di Eris MacBride e sventolò la mano verso di lei sorridendo mesto - sopportiamo per stasera e poi tutto tornerà alla normalità, spero - e poco lontano.. lui. Zeppelin. Strinse tra le dita la spilletta ancora nascosta nella tasca, avrebbe potuto usarla per cavargli un occhio! Gli sarebbe piaciuto davvero tanto, se fosse stato un po' più come sua sorella. E non lo era, diamine se non lo era. Sbuffò e si risistemò un pochino i capelli, prima di tirare fuori il petto e il coraggio e avvicinarsi al Caposcuola dei corvi. « Credo che.. le congratulazioni siano dovute. » credo. Non ne era poi così convinto. Per niente, anzi. Quel rospo sembrava talmente grosso da ingoiare che si sentiva soffocare. Non era neppure sicuro che tra di loro i dissapori sarebbero stati appianati mai, ma almeno per quella sera si limitò a tendergli la mano raccogliendo a sé tutta la maturità di cui un sedicenne può essere capace. « Spero abbiano votato bene. » Allungò un sorriso tiratissimo, non riusciva neppure a fingere che tutto quello gli andasse a genio!, ma non aveva scelta. Si lasciò alle spalle Zip e la sua vanagloria, talmente tangibile che avrebbero dovuto lasciarle un posto nella tavolata!, giusto in tempo per intercettare l'arrivo nel parco di Tallulah e dei suoi due scagnozzi, Scemo&Piùscemo. Gli facevano venire seriamente i brividi. Distolse lo sguardo e andò a sedersi un po' in disparte, col muso lungo, in una di quelle occasioni in cui avrebbe voluto molto volentieri avere il cellulare in mano e far finta che il resto del mondo non esistesse; qualcuno doveva averlo capito, perché dal nulla sentì un colpo alla nuca. « Ehi!! » si voltò di scatto per vedere un Albus Potter sghignazzare come una iena e allontanarsi soddisfatto. Lo indicò con gli occhi socchiusi - I have the high ground, Al! - e lo seguì fino alla tavola dei Serpeverde dove un'altra figura attirò la sua attenzione. Amunet Carrow, un'altra ragazza da brivido, anche se non era ancora riuscito a capire in che senso. Qualcosa negli occhi di lei la faceva sembrare come se fosse sempre un passo avanti a tutti, come se sapesse qualcosa che nessuno sapeva. Una delle poche capace di instillare nell'animo di Hugo Weasley una curiosità - e un sospetto - viscerale. Si ritrovò di fatto ad incantarsi nell'osservare la Carrow, motivo per il quale trasalì quando sua sorella Tallulah gli si sedette accanto. Era rossa, molto rossa. Un po' troppo rossa. « Hugo.. » Era sicuro che se non l'avesse vista salire sul palco sarebbe schizzato in aria dalla paura; riuscì a mascherare invece la sorpresa in maniera piuttosto buffa ma decorosa. Si voltò verso la sua sorella maggiore. « Lù! ...ma come cacchio ti sei vestita? » Tallulah era talmente provocante da metterlo in serio imbarazzo. Qualche tempo prima avrebbe pronunciato con ingenua spontaneità un Ma mamma lo sa come ti sei conciata?!, e un po' si ritrovò a pensarlo anche in quel momento, ma evitò di sembrare ancora una volta il bambino immaturo che già lei pensava fosse. « ...guardami negli occhi ..chi hai votato alle elezioni, caro? » ALLARME ROSSO. A L L A R M E R O S S O!!! La verità era che non aveva tenuto in considerazione nemmeno per una frazione di secondo l'eventualità di votare Tallulah come caposcuola. Perché... NO! Sì, dai.. per quel discorsi sul bene e la giustizia, i Cavalieri dello Zodiaco, quello. Avrebbe dovuto mentire, ma odiava farlo anche nelle situazioni più banali. Avrebbe dovuto giocare d'astuzia, gioco facile per Hugo Weasley se non avesse avuto come "sfidante" proprio il sangue del suo sangue che, in quanto a cervello, non aveva nulla da invidiare. Il rischio di ritrovarsi misteriosamente con lo smartphone bloccato - o peggio ancora, disperso chissà dove! - o con la partita di Pokémon riiniziata era troppo, troppo grande. Si sarebbe dovuto lanciare nel vuoto: « AH, non Trambley, poco ma sicuro! Quella scimmia diventata bipede due giorni fa, ancora non ci credo, guarda. Sconvolto io! Giuro! Che poi andiamo, far votare gli studenti... è diventato caposcuola persino Fred! » Scosse la testa, con una mano sul cuore. « Signora mia, me lo lasci dire: i giovani d'oggi hanno perso i valori! » Dinosauri onesti 1 - 0 Tallulah Weasley. Forse. Forse no.. sta per rispondere.. ha capito tutto.. RITIRATA. R I T I R A T A!!!! « Oh guarda, c'è Rudy!! »


    - Interagito con Zeppelin e Tallulah
    - Citati Eris, tutta la famiglia Kardashian presente in sala, Malia e Amunnezz.


    Edited by brainstòrming - 8/9/2017, 16:35
     
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    « Cioè... Caposcuola Freddie! Ti rendi conto? Adesso tutte le ragazze del castello cominceranno a venirti dietro più di prima. Guarda che m'ingelosisco eh » Ride, Fred, facendo le fusa mentre l'amica lo bacia sulla guancia. Quel giorno, quando aveva visto la spilla brillare sul suo letto, non ci aveva creduto. Si era guardato attorno, convinto che qualcuno l'avesse dimenticata lì, prima di ricordarsi che beh..Era sua. Lui caposcuola. Ad Angelina sarebbe preso un infarto. « Cioè capito? Io, io caposcuola! E non sono nemmeno andato a letto con nessuno o fatto toccare le tette a qualcuno per votarmi! » E diavolo, questo sì che era strano. Fred Weasley era probabilmente la persona meno adatta su questo pianeta per una carica del genere. Olympia, Olympia sì che ce l'avrebbe vista bene, Roxanne, o forse persino Malia, ma lui..cavolo, lui i caposcuola li faceva impazzire. Beh a parte quando era salita la Morgenstern, quanto meno, che con uno sguardo coccoloso dei suoi lo aveva letteralmente annientato una volta. La prima e ultima. Fred era un combina guai, proprio come suo padre e suo zio lo erano stati prima di lui. Non passava giornata in cui non si ritrovasse sbattuto in qualche sgabuzzino delle scope per punizione, costretto a pulire il pavimento della Sala Grande. Non aveva idea del perchè fosse riuscito a salire, ma chissà, forse quella sarebbe stata l'occasione giusta per mettere la testa a posto. « Prima cosa da fare: bagno nella vasca dei prefetti, stavolta legalmente. » Come non detto. « Tu e Albus consideratevi ospiti onorari, anche quando non io non ci sono. ..Magari pure Hugo, ma mi domando cosa possa servire ad Hugo. Dai, forse gli organizzo un appuntamento al buio con Mirtilla Malcontenta, magari stavolta ci conclude finalmente qualcosa! » Che generoso questo Weasley. Si passa una mano fra i capelli, per poi calare le dita verso la sua spilla. La osserva per qualche minuto, prima di rialzare lo sguardo sull'amica e sorriderle. Avevano scoperto della sua vincita assieme, e Freddie l'aveva sollevata con così tanto impeto che erano caduti per terra, ridendo. Lui, su come diavolo si faceva il Caposcuola, non ne aveva la più pallida idea. Era una prospettiva che non l'aveva mai neanche lontanamente sfiorato, ma che più tempo passava, più in fondo gli piaceva. Chissà, forse avrebbe scoperto di essere persino portato per una carica del genere! « Dovrò cambiare il mio status sentimentale su Facebook da single a "in una relazione seria con la Signora Grassa" secondo te? Cioè se io sono il re lei deduco sia la regina. Ma forse è meglio di no, metti che si innamora di me e puff: mi ritrovo col bacino fratturato dopo la prima notte di nozze. » ..Di nuovo, o forse no. Sta percorrendo i corridoi, Fred, diretto verso gli esterni di Hogwarts. Eddyking aveva deciso di fare l'alternativo come suo solito ed indire un banchetto nel bel mezzo della grande tenuta attorno alla scuola. « È tutto così strano » Mormora Malia al suo orecchio, mentre lui stringe meglio la presa contro le sue gambe. Gli è salita sulla schiena già a metà tragitto, senza preavviso, e Fred si era ritrovato a ringraziare tutti i Sette Dei della silhouette dell'amica, altrimenti con ogni probabilità si sarebbe spezzato in due. « Niente divise, niente Sala Grande... Non sembra più nemmeno di stare ad Hogwarts » Sospira, annuendo, mentre guarda davanti a sè. Ha ragione, tutto sta cambiando. Non sa se in bene o in male, ma è strano, un sacco strano. Kingsley aveva deciso di abolire le divise,la Sala Grande e chissà quali altre sorprese aveva in serbo per loro. Come aveva detto qualche giorno fa a Malia, la guerra stava per cominciare anche per loro. Seppur minuscola, forse addirittura insignificante in confronto a quella al di fuori di quelle mura, ma pur sempre una guerra. « Hai ragione, ma adesso ci sono io. Ci siamo noi, io, tu, Albus e Hugo. Com'è che si dice, quadrumvirato? I Francesi ci hanno saputo fare » O forse erano latini? Osserva il tendone ormai distante da loro di solo qualche metro. Wow Kingsley, un tendone. Persino nonno Arthur ha idee più da ricco, e ho detto tutto. Adocchia un gruppetto di Grifondoro, e sta quasi per alzare un braccio per salutarli, quando Malia lo precede. « PERCHÉ WEASLEY È IL NOSTRO RE! » Scoppia a ridere, cominciando a prendere velocità per balzare in mezzo ai compagni di casata, saltellando animato dai loro applausi e fischi. Si cala quel poco che basta per ricevere qualche pacca sulle spalle o bacio sulle guance da parte delle ragazze -cavolo inizia davvero a piacergli questo lavoro- fin quando non corre verso la soglia della tenda, fermandosi a pochi passi dall'entrata. « Duecentocinquanta punti a Grifondoro per la roba di poco fa! » Inneggia non appena si abbassa per far scendere l'amica, schioccandole poi un sonoro bacio sulla guancia. Esser caposcuola è bello, ma l'entusiasmo di Malia lo rende ancora più speciale. Perchè è la prima lei, ad esser speciale. « Tu hai portato qualcosa per quello? » Segue lo sguardo di lei, voltandosi verso il falò alle loro spalle. Porta l'unica cosa che vuoi lasciarti alle spalle, e Fred di cose da lasciare alle spalle ne aveva pure troppe. Le sue mani erano ancora fasciate, mentre stringevano la foto ormai dimezzata di lei tra le dita, soltanto qualche ora fa. Quella sarebbe stata l'occasione giusta per completare l'opera e lasciarla andare per sempre. Ma non c'era riuscito, neanche quella volta, quindi a bruciare tra le fiamme sarebbe stato il volto sorridente di Abigail. « Un'ultima foto assieme ad Abigail, sai... » Sospira, incapace di continuare, rabbuiandosi per qualche istante prima di rialzare il capo per sorriderle « Di emo ci sta già Albie, meglio lasciarsele alle spalle certe cose e non rubargli il primato. E tu? » Domanda poi, prima di addentrarsi dentro il tendone.

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    Alza entrambe le braccia, giusto per non farsi notare, prima di prendere posto al tavolo dei Grifondoro. « Prima cosa che mi fa incazzare: il cibo dov'è? » Annuncia, battendo un pugno sul tavolo. Mai scherzare di fronte ad un Fred Weasley affamato. « Sai mica dove cavolo è tua cugina? » Si stringe nelle spalle, guardandosi attorno « No, ma secondo me è con Rudy. Qua c'è qualcosa sotto, hai visto come si guardano negli ultimi temp- OH MA CIAO OLLY COME STAI? » Classiche figure alla Fred. La gente dovrebbe proprio avvertire quando gli va dietro. Sorride alla cugina,sperando non abbia sentito la prima parte della sua frase. «Cerca di non far affondare la nostra casata nell'oblio più totale. Hai una grande eredità di cui tener conto.» Annuisce,con una mano sul cuore, sforzandosi per sembrare convincente. Si trova ancora in quel limbo classico di quando ti succede qualcosa di così importante ed inaspettata, da non riuscire nemmeno a crederci. Ma Olympia ha ragione, e seppur sia stato lui per primo a credere che lei sarebbe stata molto meglio di lui in un ruolo del genere, le sorride, riconoscente. « Dovrò chiederti qualche consiglio, e ti prego, non dirlo alla Morgenstern che già vedo il mio gufo piangere per tutte le strillettere che mi manderà. » Il solo pensiero lo fa rabbrividire, seppur vedere la faccia indignata di Beatrice sarebbe qualcosa di impagabile. Uno schiaffo sul braccio lo fa trasalire, e non appena si gira, ecco l'ennesima bomba rossa della famiglia. E anche oggi non si fanno pensieri incestuosi domani. Lily Weasley, la cuginetta oltre oceano. E forse meglio così, per preservare quel minimo di integrità rimasta. Già con Roxanne era difficile, con Albus non ne parliamo, Tallulah e Olympia AHAHAH, Hugo aveva il suo perchè seppur non gliel'avrebbe mai confessato e ora...Anche lei. Diamine, essere un Weasley era veramente difficile. Le dà una culata non appena gli si siede vicina, sforzandosi di non soffermarsi troppo su-ma avete visto che capelli e che occhi? « E quelli chi sono di preciso? Ah congratulazioni Freddie, io comunque non ti ho votato. » Bella e pure stronza. Le fa il verso, dandole un pizzicotto sul braccio. « Non avevo dubbi, hai votato te stessa scommetto eh? Comunque i professori. Alcuni non li conosco...Oddio ma quella è Ophelia? » Aveva pianto quando se n'era andata senza che lui fosse mai riuscito a chiederle un appuntamento « Cristo, la Branwell ha le tette sempre più grosse. ...Eeeeee l'ho detto ad alta voce. » Si morde il labbro inferiore, rassegnandosi al fatto che anche quell'anno si starà attenti a lezione l'anno prossimo. « No ragazzi scusate, ma questa è una sfilata di Mister Universo o il nuovo corpo docenti? Già ho problemi a stare attenta a lezione; ma così resto qui fino a venticinque anni. » Ride, dandole una pacca sulla spalla. « Benvenuta ad Hogwarts cara, dove ai colloqui se sei brutto non ti ammettono. » Severo ma giusto. Si rigira verso il tavolo, giusto in tempo per adocchiare il resto della famiglia, che saluta con un cenno del capo, prima di lamentarsi come una fidanzatina abbandonata dietro un Albus Potter intento a dirigersi verso il tavolo dei Serpeverde. Ed è in quel momento che la vede. Lei. Perfettamente avvolta in un abito nero che mette ancora più in risalto la sua pelle diafana. Bella come sempre, e letale. Fred si era informato su chi fosse salito per Serpeverde, e non appena aveva sentito il suo nome, aveva avuto un leggero singulto. Adesso erano in due in quel gioco, a farsi la guerra. Lei non lo degna di uno sguardo e Fred incassa il colpo, calando il proprio e mordendosi il labbro inferiore. « Congratulazioni Weasley. Non avevo dubbi che avresti vinto tu » Per fortuna, la distrazione giunge sotto forma di Nate Douglas. Si gira verso il ragazzo, proferendo un sorriso sincero. « Hey bello, grazie. E' un peccato che non sia salito tu, dalle tue parti. Ti ci avrei visto con la spilletta nuova di zecca! »

    Si alza, mormorando un torno subito ai suoi amici e parenti, mentre sgattaiola verso il tavolo di Serpeverde, assistendo ad un Albus intento ad amoreggiare con sè stesso. « Amore che fai, mi tradisci? » Sibila affranto, poggiandogli una mano sulla spalla. « Perchè non vieni al nostro tavolo? C'è gente più simpatica. » Ed il suo sguardo vaga automaticamente tra quei visi più o meno conosciuti, prima di adocchiare la neo caposcuola. Non si sofferma oltre, girando su sè stesso e passando dapprima verso il tavolo dei Tassorosso, per promettere a Betty dei festeggiamenti come si deve, sino a sgusciare dietro Hugo e Tallulah. « Secondo me ha votato Taylor Swift, Lu, te lo dico io. Hugie vieni pure tu di là? Ho delle foto leaked di Katy Perry da farti vedere » E ti sto salvando bro, capiscilo. Trotterella nuovamente al suo tavolo, tornando a sedere accanto a Malia. « COMUNQUE! » Annuncia, battendo le mani sul tavolo, rivolgendosi a tutti e nessuno al tempo stesso. « Ho grossi progetti per il futuro! Prima cosa: alcool ed erballegra fissi e legalizzati. Più carta igienica nei bagni, e distributori di preservativi all'ingresso di ogni camera. E stasera tutti invitati a disegnare cose oscene sul culo dei centauri nella foresta proibita. Malia io e te ci andiamo assieme. Sarà un anno magico! »

    Interagito con: Malia un po' ovunque, Lily, Olympia, Nate, Albus, tentato di salvare il culo ad Hugo, puntata Betty e molestata molto poco velatamente Mun.
    Nominata tutta la famiglia, Roxie, Tallulah, persino nonno Arthur guest star. E la Morgenstern sempre nei nostri cuori
    Nominate le tette magiche della Branwell.
    Fatto il comunista verso la fine + il Beppe Grillo della situazione annunciando i nuovi progetti
     
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    Quando Kingsley gli ha fatto recapitare la spilla da Caposcuola, sulle prime Zip ha pensato fosse uno scherzo di qualche deficiente della conigliata Weasley - Potter. Aveva optato per andare ad appiccicare al muro il fratello scemo di Tallulah, ma poi si era rigirato la spilla tra le dita, capendo all'istante che era effettivamente autentica. «Stanno messi talmente male da votare uno spacciatore invece che la vecchia Caposcuola in carica. Non deve aver fatto un buon lavoro questa MacBride. Se non ci fosse stato anche il mio nome in lizza, avrei sicuramente votato lei per il culo perfetto che si ritrova.» Giusto per quello e per le due botte che le darei volentieri. Aveva commentato con Albus, mentre gli ripassava la canna per fumare quegli ultimi tiri, all'ombra delle mura ovest del castello. L'amico aveva scosso la testa con un mezzo sorriso sulle labbra, evidentemente scettico. «Comunque meglio per me, peggio per loro suppongo.» Si era stretto nelle spalle, appoggiando la testa contro il muro. Insomma, Zeppelin Lyam Foster - Trambley non è mai stato particolarmente interessato ad avere il culo ben caldo sopra uno delle seggiole della cosiddetta politica. Eppure è contento che qualcuno, nella sua casata, ha avuto talmente buonsenso da votare lui e non qualche altro bigotto per il quale il massimo dei piaceri è lo sniffare l'odore dei libri appena sballati, invece che una striscia di sano svago mentale. Perlomeno da quelle votazioni è emerso un punto saliente: anche i Corvonero sono arrivati a desiderare la svolta e con lui, di certo, hanno fatto un affarone.
    Si controlla le tasche della felpa blu, scelta, stranamente, per fare pendant con la grossa spilla che dovrebbe indossare, ma che non ha ancora affisso al petto. Ciondola giù, lungo la discesa di ciottoli, illuminata ai lati, che porta al tendone che Kingsley ha addobbato per loro. Ancora oppio per il popolo. Diabolico e geniale pensa, ficcando una mano a cercare il pacchetto di sigarette. Ne estrae una, che accende velocemente con l'accendino. Ed è attraverso il primo fumo che butta fuori che scorge una testa che ormai ha cominciato a conoscere bene, poco più avanti. Accelera il passo, dando una spallata ben poco amichevole al Grifondoro che decide di tagliargli la strada e si ritrova vicino alla Sanguinaria. Le sorride sghembo, mentre inclina verso di lei il pacchetto di sigarette. «Conosco i tuoi gusti, ma non ho nulla di meglio da offrirti, oggi» le dice, con un cenno del capo. «Ma questa sera festeggerò in grande, se ti va di non rimanere con i quattro sfigati che hai per compagni di casata.» La guarda, allusivamente, buttando fuori una boccata di fumo rado. «Magari mi fai anche sentire se ti si sono allungate le unghie. Potrebbe essere un'idea, che dici?» Il suo primo incontro ravvicinato con Daveigh Cavendish, dopotutto, è riuscito a convincerlo di due cose. Primo che è completamente pazza come tutti dicono. Secondo che a lui quelle matte come cavalli sono sempre piaciute e c'è dell'interesse per la Sanguinaria, prettamente fisico, ma c'è. Varcano l'entrata del tendone, dopo aver buttato il mozzicone di sigaretta e Zip
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    non rimane particolarmente colpito dallo scenario in cui li ha ficcati Kingsley. A uno che nasce povero come la merda, dopotutto, non frega niente di tessuti pregiati, colori forti e candelabri di classe. «Mh, sono certo che ti piace tanto questo ambiente.» Si abbassa a sussurrarle nell'orecchio, mentre gli occhi perlustrano i volti dei già arrivati. «Divertiti, piccola serpe. E se sarai abbastanza fortunata, ci vediamo dopo.» Con noncuranza, le morde il lobo dell'orecchio, prima di scoppiare a ridere per allontanarsi e andare verso il tavolo dei suoi piccoli sudditi. « Credo che.. le congratulazioni siano dovute. » Si volta a guardare il proprietario di quella voce e aggrotta appena le sopracciglia, assumendo quella faccia da "E tu chi cazzo saresti?" Poi lo riconosce, il fratello scemo della Weasley. L'ha visto spesso in giro per i corridoi quei giorni, a fare campagna elettorale per la MacBride. O meglio, campagna diffamatoria contro di lui. «Pensavo fossi scemo ma pure leccaculo no.» Un modo come un altro per fargli intendere con delle sue congratulazioni false non ci si pulisce nemmeno il sedere. Lo guarda, stringendo appena le labbra, per rendere evidente quanto non sia assolutamente felice di parlare con quel microbo umano. « Spero abbiano votato bene. » Questa volta ride, una risata roca e bassa, che sembra provenire direttamente dal diaframma. «Loro sicuramente sì, tu chiaramente non tanto, a quanto pare.» Inarca un sopracciglio, prima di voltarsi completamente verso di lui. Lo guarda negli occhi e si inclina appena, per ritrovarsi all'altezza del suo viso. «Se sento ancora una storia inventata sul mio conto, fidati quando ti dico che tua sorella non riuscirà più a spremere le sue preziose meningi per cacciare fuori nuovi incantesimi che ti ricostruiscano questo faccino da sbarbatello che ti ritrovi.» Sorride, gelido, dandogli due leggere pacche amichevoli sulla guancia, a piena mano. Poi, come rianimato, si tira indietro, lasciando che un sorriso più soleggiato gli illumini il viso. «Parola del tuo nuovo Caposcuola.» Si porta due dita alle labbra, baciandole, come fosse un piccolo boy scout e come se nulla fosse, si gira, dandogli le spalle. Fine del discorso. I suoi occhi chiari, però, incontrano all'istante quelli della sua fatina. Si avvicina senza pensare a lei e le passa una mano dietro la schiena, prima di pararlesi di fronte. «Quando me lo volevi dire che ti avrei vista più spesso quest'anno?» Quella è davvero una bella notizia per Zip. Avere Ophelia come professoressa a sua disposizione ventiquattro ore su ventiquattro non vuol dire solo non avere più problemi a far entrare la droga al castello, ma vuol dire anche potersi beare della sua compagnia più spesso del dovuto. Compagnia che risulta essere una delle poche che il biondo gradisce davvero. «Beh è sempre bellissimo averti intorno, fatina» si blocca e la guarda in quegli splendidi occhi. «Sarà difficile chiamarti professoressa Watson, da ora in poi» continua, lasciando che la mano scivoli via dalla sua schiena, dolcemente così come l'ha posata. «Ma sarà anche eccitante, devo ammetterlo.» Si morde il labbro inferiore e le fa un occhiolino furtivo, prima di lasciarla andare verso il tavolo dei professori. Intercetta per un attimo lo sguardo della nuova donna in carica a Serpeverde. Mai parlato, mai scambiato una sola parola, eppure ha quello sguardo magnetico da cui non riesci a scappare. Così porta due dita alla tempia e la saluta da lontano, prima di girarsi a trovare un posto al suo tavolo. Adocchia subito la Weasley che, appariscente come non mai, sfoggia una mise di tutto rispetto. Decide di sedersi vicino a lei, senza troppe cerimonie, non degnando di uno sguardo lo sgorbio al suo fianco. «Weasley, sobria come sempre.» La saluta, lasciando cadere il suo sguardo in mezzo alla scollatura, senza far troppo caso a passare inosservato. «Mi dispiace che non abbia portato frutto l'auto votarti da sola. Piuttosto triste, aggiungerei. Sarà per il prossimo anno, suppongo.» Le sorride goliardico, prima di voltarsi verso i suoi compagni. Guarda i loro volti, uno ad uno, e si domanda ancora una volta che croce ha bastonato per ritrovarsi in mezzo a certi deficienti. Se ne salvano davvero pochi. Ficca una mano in tasca, tira fuori la spilla e piuttosto svogliatamente se l'appunta alla felpa. «Beh, buonasera!» Comincia con tranquillità, non facendo alcun accenno di ringraziamento al fatto che, se ha quella spilla da frocetto, è pure merito di qualcuno di loro. No, meglio i fatti. «Questa sera, dopo il banchetto, chiunque avrà veramente voglia di divertirsi e smetterla di farsi le seghe sopra la media scolastica perfetta, lo aspetto in sala comune.» Lascia scivolare lo sguardo sui volti del presenti e si domanda chi di loro abbandonerà veramente calamaio, penna e pergamena per provare a divertirsi con un po' di roba di qualità. Sicuramente non bimbo scemo Weasley. Non può aspettarsi tanto da uno come lui. «Uscite dallo stereotipo di Corvonero che tutti hanno in testa, almeno per una sera, e lasciatevi cullare dalle delizie che posso donarvi per festeggiare.» E tranquilli, che da domani tornerete ad essere gli stessi sfigati di sempre, con il naso incollato al tomo di turno. La droga non cura la demenza, mi dispiace.

    Interagito con Dave, Ughino, Ophina, Lulah e in generale il tavolo di Corvonero.
    Nominata e salutata Mun.

     
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  11. gestört
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    A Daveigh poco importa di chi sia stato eletto come caposcuola, anche se è la notizia del momento, anche se è sulla bocca di ogni studente in quella scuola. Poco le importa di essere stata l’unica ad aver messo i proprio nome in quella cassetta. Non che avesse mai sperato di essere eletta, né che l’avesse mai nemmeno voluto, semplicemente Daveigh Cavendish non avrebbe votato nessun altro in nessuno dei casi, nemmeno suo fratello. Perciò che fosse salita la Carrow o che fosse salito Potter, la cosa non sembra averla riguardata più di tanto. Certo, è andata meglio a loro a serpeverde che a quelli delle altre casate. Per quanto la conosce, e non la conosce affatto, la Carrow sembra
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    una ragazza su cui vale la pena puntare, un cavallo vincente. A differenza di quelli che hanno ricevuto la spilla nelle altre casate. Grifondoro si è riconfermata la barzelletta che è sempre stata, con Fred Weasley Jr a comando. Probabilmente quello con il quoziente intellettivo più basso di tutta la cucciolata di poveri e rossi. A tassorosso, per la gioia di Artie, pensa Daveigh, è salita la Branwell, ma da tassorosso non c’è mai granché d’aspettarsi. A farla ridere davvero però era stata la scelta di corvonero. I corvi avrebbero potuto scegliere chiunque, e fra quei chiunque avevano scelto il più improbabile. Forse per farsi eleggere Zip Trambley li aveva drogati tutti o aveva promesso droga gratis per l’intero anno. E cazzo se la roba di Zip è buona. Perciò Daveigh si illumina in un mezzo sorriso di scherno quando vede il corvonero, che il gusto sembra averlo lasciato a casa, semmai l’abbia avuto, venirle incontro. Elegante è la parola che meno si addice al ragazzo, capisce la serpeverde, squadrandolo come suo solito dalla testa ai piedi. Non che un po’ di droga abbia fatto sparire i suoi sani principi di classismo. Nessuna droga sarà mai abbastanza potente da rendere una persona convinta e contenta della disparità sociale come Daveigh Cavendish, qualcuno a cui interessa l’equità. Nemmeno per sogno.Eppure l’idea di abolire le divise non ha stuzzicato il suo spirito disparitario, non ha cambiato il suo modo di guardare la gente. Perché non sono i vestiti a definirti, quando sei un pezzente lo sei e basta, anche se la tua divisa sembra nuova e di buona qualità. Perciò Daveigh non ha storto il naso davanti alle felpe e ai jeans sfoggiati come abiti di alta sartoria, ma l’ha fatto nel vedere le facce di chi li indossava, sempre le stesse, un incubo che l’aveva assistita tutta l’estate. «Conosco i tuoi gusti, ma non ho nulla di meglio da offrirti, oggi» il corvonero le offre una sigaretta, che la ragazza sfila dal pacchetto con le sue dita sottili. «Ma questa sera festeggerò in grande, se ti va di non rimanere con i quattro sfigati che hai per compagni di casata.» Alza appena le sopracciglia per le audaci parole del ragazzo. Sfigati è la parola giusta, ma senza fare differenza di casata, Daveigh considera un po’ tutti così. «Magari mi fai anche sentire se ti si sono allungate le unghie. Potrebbe essere un'idea, che dici?» Sorride, al vago ricordo delle sue unghie che scalfiscono la pelle morbida del ragazzo. Le sfodera, a mo’ d’artigli, non troppo lunghe ma considerevolmente affilate. «Così la posso passare con i tuoi, di amici sfigati?» domanda, alludendo all’allegra – per niente – combriccola di individui che aveva visto aggirarsi attorno al corvonero un paio di volte quell’estate. Non è che tu stia messo meglio.
    Fa il suo ultimo tiro prima di mettere piede nell’enorme tenda da circo messa su dal loro affascinante preside. Kingsley sta lontano dalla mischia, si accorge subito la serpeverde, e li osserva, come il guardiano dello zoo. Tante scimmie ammaestrate, pensa la ragazza osservando le persone con grande attenzione. Messe lì per quale reale scopo? «Mh, sono certo che ti piace tanto questo ambiente.» si sente sussurrare all’orecchio. Alza il capo per guardare meglio il tendone, questa volta separandolo mentalmente dalla popolazione che lo occupa. E’ un posto di classe, è vero, ma non per questo le debba piacere. Rimane sempre qualcosa che appartiene ad Hogwarts, e nemmeno Hogwarts le è mai piaciuta davvero. «Preferisco altro.» risponde, lasciando libero spazio all’immaginazione. Il suo sguardo serpentino si posa sul corpo docenti, solo qualche volto le è familiare, ma le nuove teste che hanno fatto capolino fra quelle fila non le dicono nulla, proprio come quelle che già conosce. «Divertiti, piccola serpe. E se sarai abbastanza fortunata, ci vediamo dopo.» Lo saluta con un placido movimento delle dita e si sposta verso il tavolo della sua casata, ma la sua via viene sbarrata dalla figura spigolosa e nient’affatto aggraziata di Artie. « Ah, finalmente, stavi ancora ad incipriarti il naso? » sibila il fratello, come una serpe mentre con il fianco la spinge leggermente. « E tu, perché non l’hai fatto? » domanda pungente, alludendo al colorito malaticcio che il fratello sfoggia come la più preziosa delle sete. Ma nemmeno il tempo che le sue parole arrivino all’orecchio del ragazzo che lui scompare, sgusciando fra la folla come un’ombra, fastidiosa e invadente, e si ritrova sola al tavolo serpeverde. Sola. Come sempre, nonostante la stanza affollata di gente.


    citati Fred, la Carrow, Betty e Kingsley
    interagito con Zip e Artie.
     
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  12. Il Mago che Danza sulla Luna
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    Poche cose potevano definirsi tristi quanto il monolocale che per mesi Westley Darling aveva potuto, con uno slancio di fantasia, chiamare "casa". Era spoglio, buio, vagamente sporco e vecchio: a sua immagine e somiglianza, cadeva a pezzi pur rimanendo in piedi incurante di tutto, perfino dei giudizi altrui. Non gli importava granché di avere una casa grande e luminosa, con un bel giardino e una bella vista sul Tamigi. Era consapevole che avrebbe potuto dover lasciare Londra in ogni istante, ad uno schiocco di dita del Quartier Generale, senza aver modo di replicare. Era la vita che aveva fatto per vent'anni, gli aveva dato un tetto sulla testa e del cibo in tavola ma, molto più, gli aveva dato opportunità. Non erano molti al Ministero della Magia a conoscere Westley Darling, affatto: potevano essere probabilmente contati sulle dita di una mano, ma era questo che loro volevano da lui, silenzio e professionalità. Al contrario, egli aveva imparato a conoscerli tutti, uno ad uno, divenendo l'ombra che era pagato per essere. Questa era stata la prima opportunità: conosci il tuo nemico. Non avrebbe mai odiato niente e nessuno quanto Darling odiava il Regime che aveva abbracciato il Ministero della Magia, facendolo diventare un'istituzione marcia, il fantasma di sé stesso. Decine, centinaia se non migliaia erano state le volte in cui una voce nella testa gli aveva sussurrato che sì, è il momento, fallo. Distruggili tutti, distruggili ora. Sognava ogni notte il crollo del Regime ma non come un mero castello di carte; la vittoria dei giusti non gli avrebbe quel senso di pace che da tempo agognava. E per decine, centinaia se non migliaia di volte era stato sul punto di muovere un passo diverso dal solito, uscire dal seminato e fare la propria mossa. Ma non l'aveva mai fatto. Attendi, pazienta ancora. Diverrai più forte. E così era stato. Stringendo i denti, aveva pazientato ed era diventato roccia. Ma la roccia è fragile, così pazientò ancora e la roccia divenne ferro e poi acciaio. Si sentiva forte, avrebbe voluto scagliare il colpo definitivo ma il ferro può essere spezzato e perfino l'acciaio può piegarsi sotto le mani giuste. Non sarebbe bastato. Continuò a pazientare per diventare qualcosa di incredibile, sorprendente: divenne qualcuno. Ma il tempo della vendetta non arrivò mai, arrivarono solo cambiamenti. Westley non aveva mai avuto paura del cambiamento, tutt'altro; il cambiamento è la verità della vita.
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    Si arrestò un momento dai continui movimenti di bacchetta che aveva fino a quel momento disegnato nell'aria e con essi si bloccarono anche i vestiti che, levitando, dall'armadio stavano entrando in una sacca da viaggio incantata con un incantesimo estensibile. Gli occhi di diamante si posarono su un grosso volume rilegato in pelle molto vecchia, sulla cui copertina vi era inciso un cerchio coperto di simboli arcani. « Uno è tutto, tutto è uno. Vero, papà? » Abbozzò un sorriso doloroso, ricominciando a svuotare l'armadio. Non sarebbe stato difficile riempire la sacca con i pochi averi che possedeva, sempre pronto a cambiare casa, città, vita. Il cambiamento era davvero la sua verità. Quanto al libro, non l'avrebbe certo lasciato in valigia insieme alle cianfrusaglie che costituivano la vita di Westley, era troppo prezioso. Nella prima pagina, in una grafia antiquata ed estremamente elegante, era stato tracciato con inchiostro dorato il titolo "Appunti alchemici di Nicolas Flamel" La sua eredità, il bene più prezioso che aveva, l'unico strumento per affinare il proprio potenziale sopito. Non c'era stato momento libero e lontano da occhi indiscreti che non avesse passato a leggere e rileggere gli appunti che generazioni su generazioni di suoi antenati avevano scritto a mano. Nelle ultime pagine, perfino suo padre François aveva annotato studi personali, considerazioni e nuovi cerchi alchemici da sperimentare. Sfogliare le pagine ingiallite del vecchio tomo lo faceva sentire più vicino alla sua famiglia, a sé stesso. Westley Darling non avrebbe certo potuto soffrire per un cambiamento, seppur repentino: egli non era che un'armatura, funzionale allo scopo, nell'attesa che il suo vero io fosse pronto all'offesa. Qualcos'altro interruppe i preparativi di partenza del mago e fu una palla stropicciata di pergamena che si materializzò letteralmente sopra il tavolo dell'angolo cucina: rimbalzò sul legno, come se qualcuno l'avesse lanciata, per poi fermarsi si colpo e srotolarsi. Sulla carta bianca iniziarono ad apparire frasi che formarono un messaggio, qualcosa a cui Darling era ormai avvezzo. Era così che riceveva gli ordini, con una pergamena inviata fuori dai comuni e fallaci mezzi di comunicazione, con l'unico scopo di autodistruggersi a messaggio ricevuto.

    Primo Settembre, castello di Hogwarts.
    Cena formale inizio anno scolastico.
    Inizio missione.

    Le istruzioni che il quartier generale gli aveva promesso. Non era stata una sua scelta allontanarsi dal W.A.N.D. e intraprendere la folle carriera di insegnante in una scuola di magia. Era stato solo ciò che era, un cambiamento imprevisto. L'avevano mascherata da missione ma sapeva che quella sarebbe dovuta essere l'ultima missione dell'Hydra XII, in attesa che la tredicesima testa venisse risvegliata: Westley Darling era stato un elemento valido ma gli anni erano passati e qualcuno di più giovane avrebbe preso il suo posto. Su due piedi avvertì il peso dell'imprevisto ma con le adeguate riflessioni trovò addirittura lungimirante allontanarsi dal Ministero, pur continuando formalmente a farne parte: gli avrebbe dato, sperava, la giusta prospettiva per poter finalmente attuare tutti i suoi piani. Fu tuttavia qualcosa di inconsueto ad attirare l'attenzione dell'Agente sulla pergamena, qualcosa che solitamente non compariva mai nelle istruzioni. Una postilla.

    Vestiti elegante.

    Poté quasi sentire la voce del suo capo nelle orecchie, prima ancora di notare lo smoking materializzatosi sul letto accanto alla sacca. « Fanculo, Selyse. » Non aveva problemi ad essere guidato da una donna, né da una più giovane di lui. Non finché non veniva fatto mascherare da pinguino per una cela di gala. Ma in fondo, nella sua carriera aveva dovuto affrontare ben di peggio della mondalità. Così, nella sua vita.

    [...]


    Non aveva alcuna dimestichezza con Hogwarts e i suoi dintorni, al contrario di quasi tutti i partecipanti alla festa. Era uno straniero in terra straniera e fu quasi ironico pensare a come un invito a quella scuola gli sarebbe potuto anche arrivare, in fondo. Aveva vissuto diversi anni della propria giovinezza a Londra dopotutto, tracciato come qualunque minorenne magico e tenuto sotto controllo fino all'arrivo degli undici anni ma qualcosa era andato storto. Molte cose, a dire il vero. Per questo fu solo alla vigilia dei quarant'anni che Darling scoprì la magnificenza del castello millenario di Hogwarts e delle centinaia di ettari che la circondavano. Gli fu impossibile smaterializzarsi direttamente al castello e così per diversi kilometri, bloccato da una barriera magica che coincideva con una vera e propria recinzione fisica. Superarla tuttavia fu semplice: bastò mostrare il proprio distintivo all'Inquisitore perché scattasse subito sull'attenti. Per quanto sotto la scorza burbera stesse iniziando a piacergli il gusto per l'avventura e la scoperta, come se gli undici anni fossero tornati anche per lui e quello fosse il suo Primo Settembre a Hogwarts, tecnicamente era stata Selyse a mandarlo. Era lavoro nel lavoro, nulla di più. Arrivò al villaggio magico di Hogsmeade nel tardo pomeriggio e affittò una camera là, in attesa di capire meglio quali fossero le nuove disposizioni del preside anche in materia di alloggi entro i confini del castello.
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    Da là, poté prepararsi indossando l'abito che gli era stato ordinato, un completo nero con camicia e cravatta bronzea, adatta alle sfumature dei capelli e della barba ancora lunga dell'uomo. « Che coglione. » mormorò schifato all'uomo che rifletteva la sua immagine nello specchio, prima di versare in un bicchiere una generosa dose di Whiskey Incendiario Ogden Stravecchio che portava sempre con sé e buttarla giù tutta d'un fiato. La sua Felix Felicis personale.

    Arrivò al luogo della festa che ormai gli invitati avevano in larga misura preso i loro posti. Gli studenti riuscivano da soli a scatenare un baccano degno dei migliori bordelli, una visione distante anni luce rispetto ai ricordi che aveva dell'Accademia Mahoutokoro: file di compagni, perlopiù giapponesi, armati di un rigore e una disciplina quasi militari. Gli avevano sempre fatto un po' paura, al contrario della fauna umana che si era ritrovato di fronte entrando nel grande tendone allestito per l'occasione nel parco di Hogwarts. Scansò un ragazzone dai capelli rosso fiamma che faceva lo slalom tra i tavoli, su di giri più degli altri, e si avviò al tavolo dei grandi. Sulla carta, almeno: in quanto ad età, solo il preside Kingsley gli sembrava essere pari, circondati da un corpo docenti giovanissimo. « Preside. » salutò con voce roca, avvicinandoglisi. Sebbene Kingsley avesse ricevuto direttamente dal Ministero della Magia la candidatura del nuovo insegnante di Trasfigurazione, cosa che sarebbe potuta bastare per l'assunzione, un colloquio tra i due uomini avvenne comunque. Difficile decifrare Edmung Kingsley da un solo incontro, difficile sarebbe stato decifrarlo in una vita intera. Gli occhi chiarissimi di Darling toccarono infine, uno ad uno, tutti gli altri presenti al tavolo. « Signori. » soffermandosi tuttavia sulle diverse bellezze femminili che Hogwarts avrebbe offerto. « Signore. » Si sedette al posto libero riservatogli, voltando lo sguardo là dove sentì attirata la propria attenzione. Una delle presenti al tavolo aveva preso a fissarlo con un'insistenza che nulla aveva di discreto. Bionda, occhi freddi sopra un sorriso esagerato, corpo scolpito dentro un vestito rosa. Perfetta, se avesse voluto descriverla con una sola parola. Le sorrise dall'altra parte del tavolo: il classico errore in buona fede.


    - Pippone di discutibile utilità finalizzato solo ad insultare Selyse e giustificare la cravatta <3
    - Citato Fred che madò mi stavi venendo addosso +50 punti a Grifondoro
    - Interagito con EddyKing, Ophelia e il resto degli insegnanti
     
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    - Ho un nuovo amico
    - Vero o immaginario?
    - Immaginario


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    (hai combinato un bel casino, al campo)
    « Lo so. »
    Nudo di fronte allo specchio, aveva iniziato il lento rituale. Aveva scelto il vestito con cui andare al banchetto di inizio anno con una cura che neppure gli sembrava appartenere, un completo nero su camicia dello stesso colore, una lugubre e soffocante tinta unita che avrebbe contrastato con il pallore cereo della sua pelle. Non sembrava neppure tornato da poco dall'isola che aveva ospitato lui e il resto della scuola. Iniziò a vestirsi lentamente, senza fretta. Senza distogliere gli occhi dal proprio corpo, rivedendo su di esso il piacere che aveva provato e di cui sentiva già l'amaro retrogusto della nostalgia. La fame.
    (non sanno l'uno dell'altro)

    « No. »
    Non ancora. Ma Edric era certo che sarebbe venuto tutto a galla e ciò nonostante questo non riusciva a dargli la benché minima preoccupazione. Erano mesi che il rapporto con Artie si era consolidato, una perversione che trascendeva i semplici concetti di amicizia e amore. Non erano né l'uno né l'altro. Non erano amici, non erano amanti. Non erano fratelli, non erano compagni. Ma ad ogni loro contatto erano l'uno e l'altro, uno e tutto, pezzi spezzati che insieme formavano qualcosa di lontanamente simile ad un aborto di normalità. Arthur gli apparteneva così come egli apparteneva a lui, come entrambi appartenevano a Tallulah e lei a loro. Non c'erano vincoli o barriere in questo, eppure era diventata una verità impossibile da ignorare. L'equilibrio che si era raggiunto era stato turbato però dallo stesso Edric quando, proprio al campo, aveva deciso di scoprire l'ultima carta del mazzo. Fitzwilliam, il punto debole di Artie, il suo nervo scoperto. Una parte di sé si era sentita traditrice nei confronti di Arthur, nel momento in cui aveva messo gli occhi sul corvonero e, ancora di più, l'aveva avvolto con le proprie ombre; una parte di sé aveva tratto godimento nel tradire Arthur e concepire che, in un modo o nell'altro, avrebbe potuto fargli male ancora una volta. La stessa sorte avrebbe voluto donare a Gauthier. Farlo godere e ferirlo, ancora e ancora, in un ciclo senza fine, per appagare sé stesso e la brama del proprio Passeggero.
    (hai fottuto entrambi, metaforicamente.. e non solo, e ora li rivedrai entrambi, insieme)
    « Lo so. »
    (sei un diavolo)
    Fissò il proprio riflesso, aprendo un sorriso freddo. Sapeva anche questo. Lui rise di gusto, conoscendolo l'avrebbe fatto per tutta la sera, ogni volta che sarebbe stato vicino ad Artie tanto da poterlo sfiorare, ogni volta che avrebbe incrociato lo sguardo con Fitz. Finì di abbottonare la camicia, stretta fino al collo, e indossò la giacca. Un'alta e slanciata ombra di sé stesso: l'unica nota di colore era il serpente smeraldino che aveva appuntato al petto. Pronto per la serata, raggiunse Artie nella sua camera trovandolo ancora in alto mare.
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    « Eddy! Giusto in tempo.. mi aiuti ad appuntare la spilla? » Trovò il biondo ancora a torso nudo, vestito solo di un paio di jeans strappati: era proprio là, nel cavallo dei pantaloni, che avrebbe voluto portare la spilla. Quantomeno riuscì a strappare una risata all'apatico Sanders, che si avvicinò all'altro. « Non conviene, al minimo movimento potrebbe cadere. Potresti perderla. » e glielo dimostrò perfino, portando la mano destra proprio laggiù e indugiandovi, senza vergogna. « Visto? Ora muoviti, Tallulah ci starà aspettando. Non ama perdere tempo. » E neanch'io.
    (no, neanche tu)

    Si accomodò sul letto dell'amico, che fin troppo bene conosceva, e attese che l'altro finisse di vestirsi con lo stile stravagante che aveva imparato a conoscere fuori dalla scuola, quando Artie non era costretto a vestire gli abiti del monaco. Non più ormai, sarebbe stato libero di far vedere al mondo la sua follia, laddove Edric l'aveva percepita ben oltre il semplice abbigliamento. Furono pronti ad andare pochi minuti dopo; Artie si fece avanti ma Edric lo bloccò e con una presa salta sull'ampia stoffa della maglia, lo attirò a sé. « Stasera sei mio. Giochiamo di nuovo. » Sarai sempre mio. Non era una richiesta e il bacio rabbioso che strappò alle labbra di Cavendish ne era la conferma. Non avevano bisogno di chiedere, l'un l'altro. Non più. Lo lasciò là, a ritrovare l'aria che Edric gli aveva rubato, portandosi avanti oltre la porta della sua camera. « Magari invitiamo anche Lulah. » E Lui rise.

    « Ma secondo voi, no, quest'anno Eddy è ancora più figo dell'anno scorso? » Artie era veramente euforico quella sera, a stento tratteneva l'agitazione dell'aria di festa e i cannabinoidi in circolo. Edric e Tallulah si guardavano, sorridendo l'un l'altra. « Più dell'anno scorso mi sembra difficile. » D'altro canto, Sanders alzò le spalle. « Io preferisco Wilde. » A quel punto, furono gli altri due a guardarsi straniti, trattenendo un Sei serio, Eddy?! cantato in giro. Sospirò. « Nomen omen. » Perché avrebbe dovuto preferire un re ad un selvaggio? I regni nascono e muoiono, così sarebbero caduti i personaggi come Edmung Kingsley. La follia di quelli come Alaric Wilde e Edric Sanders sarebbe durata per sempre. « Chissà cosa si sarà inventato, stavolta. Ci ha tolto i mezzosangue, ci ha tolto alcool e droga, chissà forse quest'anno finalmente si decide a toglierci la verginità. Io non mi lamenterei! Cioè con me arriva tardi, molto tardi.. » lo vide ammiccare e sorrise di rimando. Decisamente troppo tardi. Non c'erano segreti tra loro tre.. non su quell'argomento, almeno. Ma anche su quel fronte, Edric aveva alzato l'asticella portandosi dietro un segreto che non era ancora sicuro di voler rivelare, non ora che le cose tra di loro andavano così bene. Tallulah non l'avrebbe giudicato affatto, avrebbe capito l'impellenza della necessità.. ma Arthur? « Voi cosa avete portato per quella roba del falò? Beh a parte noi stessi, che nelle fiamme dell'inferno ci bruceremo già. » Voltò il viso verso l'amica, bellissima nel suo abito rosso fuoco, e alzò le sopracciglia in un'espressione eloquente: prima tu. « Oh, nulla di che. Qualche lettera di mia madre. » Le credette, sapeva del rapporto particolare che Tallulah aveva con Hermione Granger, le cui gesta perfino un emarginato come Edric conosceva. Qualcosa che tutti e tre avevano in comune, un rapporto disforico e conflittuale con le donne che li avevano messi al mondo. Quando a lui, era semplice capire cosa si sarebbe voluto lasciare alle spalle. Affondò la mano nella tasca interna della giacca, recuperando un piccolo flacone che scosse tra le dita: pillole crearono un nuovo sgraziato. « Insieme a noi brucerà chi ha inventato questa merda.. tranquillo Artie, le pillole buone le ho conservate. » ma gli antipsicotici ottundevano le sue percezioni, spezzavano i legami mentali che riusciva ad instaurare con gli altri. Mettevano a tacere il Passeggero.
    (e tu non vuoi restare solo)
    No, mai più.
    (mai più)

    Gettò nel fuoco le medicine ed entrò nel tendone insieme agli amici, da cui si separò subito. Entrambi avrebbero dovuto far fronte alle loro relazioni sociali ma non lui, non l'inquietante e pallido spettro di Serpeverde. Pallido ed emaciato, si avviò a passo lento verso la tavolata di Serpeverde e là rimase, senza cercare alcun contatto con chicchessia. Non ne sentiva la necessità, non ne aveva bisogno. I suoi bisogni erano altri e gli occhi algidi ricercavano la soluzione al problema, ritrovandola in una figura snella ed elegante pochi tavoli più avanti. Iniziò a fissarlo e continuò a farlo, ancora e ancora, instancabilmente. Lo vide sorridere ai compagni e poi lasciar morire quel sorriso quando essi si voltavano, lo vide bere per far fronte alla noia, lo vide guardare lontano per cercare una via di fuga. Lo vide essere avvicinato da Artie e ciò nonostante rimase a fissarlo, aspettando di vederlo voltarsi, accorgendosi di lui. Ancora una volta.


    - Abbondantemente interagito con la pornissima trinità
    - Citati Alaric (<3) e Fitz (<3)


    Edited by Soffio di Fiamme Danzanti - 9/9/2017, 15:58
     
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    Caposcuola, una carica che la dolce Betty mai avrebbe pensato di ricoprire; aveva un buonissimo rapporto con tutti i suoi compagni di casata, ma mai avrebbe pensato di poter essere la loro scelta. Per la prima volta in vita sua era fiera di sé stessa, non perchè avrebbe reso felice i suoi genitori, ma per il semplice fatto che i suoi compagni avevano scelto lei; avevano scelto di affidarsi a lei. A colazione mostrò con orgoglio la luminosa spilla che aveva appuntato al petto, stava per raggiungere Elliot quando un piccolo pacchetto attirò la sua attenzione. Si guardò intorno per capire se qualcuno l'avesse dimenticato, ma la sua compagna di stanza scosse le spalle. «E' qui da prima che arrivassimo...credo che sia per te.» Alzando un sopracciglio si sedette al suo solito posto e prese in mano la lettera che accompagnava il pacchettino. Poche righe per farle le congratulazioni per il suo nuovo incarico, in una calligrafia insolita che purtroppo non riusciva a riconoscere. Sciolse il nastro di raso e se lo rigirò tra le dita, saggiandone la morbidezza e ammirandone i colori. Quando scartò la scatola trovò un piccolo braccialetto, semplice e raffinato come piaceva a lei. Una B e un piccolo tasso ciondolavano ad ogni movimento e Betty non poté fare a meno di pensare quanto, la persona che aveva confezionato il pacchetto, sembrasse conoscerla. «Betty abbiamo già un ammiratore segreto?!» Nascose un sorriso la tassorosso, lusingata dall'idea di averne uno, ma allo stesso tempo consapevole di quanto il suo cuore era del tutto impenetrabile; troppo danneggiato per essere donato a qualcun altro. «Vorrei solo che si fosse firmato per poterlo ringraziare.» La rattristava l'idea di non poter ricambiare quel gesto gentile, ma purtroppo il mittente non aveva lasciato alcun indizio. «Li indosserò stasera, così potrà capire quanto ho apprezzato il pensiero.» Indossò il braccialetto e si prese qualche secondo per osservarlo, rapita dal motivo degli intrecci e da quanto personali fossero i ciondoli che il suo ammiratore aveva scelto. Strinse tra le mani il nastro e lo ripose con cura nella tasta dei pantaloni, non voleva in alcun modo rischiare di perderlo.

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    «BETTY! Devi assolutamente fare qualcosa, è nei tuoi doveri di caposcuola.» Le urla di Elliot attirarono la sua attenzione, specie perchè non capiva per quale motivo sembrasse così allarmata, addirittura nel panico quasi. «La scuola ha appena riaperto ed è già infestata dai Nargilli! Hanno rubato tutte le mie divise.» Di fronte a quell'affermazione non poté fare a meno di ridere, tratteneva a stento le lacrime per le risate. Elliot dal canto suo la guardava come se fosse pazza, come se fosse preda di una qualche crisi isterica. «Il preside ha deciso di abolirle, d'ora in poi potremmo indossare ciò che vogliamo.» Una decisione che la lasciava ancora perplessa, le divise ad Hogwarts erano un'istituzione e favorivano l'uguaglianza mettendo gli studenti tutti sullo stesso piano; abolirle avrebbe significato creare ulteriori distinzioni. Ovviamente Betty era abbastanza intelligente da tenere quei dubbi per sé, l'ultima cosa che voleva era inimicarsi il preside subito dopo la sua nomina a caposcuola. Indossò un semplice abito smanicato azzurro, la gonna a trapezio le sfiorava con delicatezza le ginocchia; si coprì le braccia con un golfino bianco e legò i capelli con il nastro che quella mattina aveva trovato attaccato al pacchettino. Istintivamente cercò la sua collanina con il delfino, ma prima ancora di aprire il portagioie si ricordò di non averla più; di averla gettata addosso ad Albus disfandosene per sempre. La mattina successiva, pentita del suo gesto, aveva cercato di recuperarla, ma per sua sfortuna era scomparsa; forse nelle mai di qualcuno che non poteva comprendere il valore affettivo che lei lei aveva attribuito. Decise di non indossare niente perchè nessun altra catenina che possedeva era più importante di quella donatale da Albus. Il messaggio del preside parlava chiaro, portare qualcosa che voleva lasciarsi alle spalle e per quanto desiderasse superare tutti i suoi problemi con Albus non era ancora pronta a lasciar andare tutti i ricordi che la legavano a lui. Prese il flacone di pillole, le stesse pillole che i suoi genitori l'avevano costretta ad assumere; medicine che avrebbero dovuto curarla, ma che in realtà servivano solamente per tenerla sotto controllo. Aveva smesso di prenderle gradualmente, dopo il suo incontro-scontro con Artie aveva iniziato a dubitare dell'efficacia di quelle medicine e piano piano aveva ridotto le dosi; nel giro di poche settimane i mal di testa e gli sbalzi d'umore erano del tutto spariti. Non aveva detto ai suoi genitori di aver smesso di prenderle, temeva che se l'avessero saputo l'avrebbero nuovamente obbligata ad assumerle; tutto solamente per tenerla sotto controllo ed impedirle di vivere la sua vita. Prima di entrare nel tendone lanciò il piccolo flaconcino arancione nelle fiamme ardenti del falò, lo guardò sciogliersi e consumarsi sotto la furia delle fiamme. Non avrebbe più permesso agli altri di decidere per lei, meritava di prendere da sola le proprie decisioni e di fare i suoi sbagli come tutte le altre persone normali. Quando entrò all'interno del tendone si sentiva più leggera, come se si fosse liberata di un peso che gravava sulle sue spalle da troppo tempo. Avanzò tra i tavoli sorridendo e costringendo sé stessa a guardare solamente verso il tavolo dei tassorosso, non riusciva a volgere lo sguardo verso quello dei serpeverde e nonostante avesse voluto stava semplicemente facendo ciò che Albus le aveva chiesto: lasciarlo in pace. Vorrebbe salutare Artie e ringraziarlo per averle aperto gli occhi,per averle fatto cpaire cosa davvero stava succedendo, ma non poteva avvicinarsi a quel tavolo e incrociare gli occhi cerulei del giovane Potter. «Congratulazioni.» Brevi e coincise la parole di Mun. «Anche a te.» Dall'esatto momento in cui la sua storia con Freddie era finita avevano praticamente smesso di vedersi, le serate a quattro erano cadute nel dimenticatoio e ora come ora sembravano lontane anni luce. Si avvicina al tavolo dei tassorosso e ringrazia con un abbraccio tutti i compagni che si congratulano con lei; cosciente che quella carica è soprattutto merito loro. Prima di potersi sedere viene raggiunta da una voce a lei famigliare e sconosciuta allo stesso tempo. «Betty, congratulazioni per la carica.» Sua sorelle è lì in piedi di fronte a lei in tutta la sua bellezza e Betty vorrebbe solamente stringersi a lei e raccontarle tutto ciò che le è successo, ma purtroppo non può fare altro che trattenersi perchè Pervinca è anche una dei suoi professori e nonostante sia sua sorella non la conosce veramente come vorrebbe. «Grazie.» Soffre di fronte a quel divario che sembra essersi aperto tra di loro, una distanza che Betty vorrebbe disperatamente superare, ma nella sua ingenuità ha paura di scontrarsi con un rifiuto e l'ultima cosa che vuole è vedere Pervinca allontanarsi per la seconda volta. «Mamma e papà saranno orgogliosissimi. Come lo sono anche io, d'altronde.» Quasi si commuove alle sue parole, fiera di averla resa orgogliosa, vorrebbe dirle che non le interessa niente di ciò che pensano mamma e papà; o almeno non le interessa più dopo aver scoperto che l'hanno sottoposta ad anni ed anni di sofferenze solamente per la loro smania di controllo e potere. Tutti discorsi che Betty non si sente ancora pronta ad affrontare con lei, specie in una serata affollata come quella. «Significa molto per me Pervinca.» Le sfiora la mano mentre la vede allontanarsi verso gli altri tavoli, desiderosa di congratularsi con gli altri studenti. Betty ha sempre invidiato l'indipendenza della sorella, Pervinca era un uragano in grado di contagiare chiunque con la sua vitalità e perderla era stato per lei doloroso; quasi insopportabile. Il richiamo della sua compagna di stanza la porta alla realtà e prima ancora di sedersi decide di fare le congratulazioni ad un'altra persona. Cammina veloce fino a raggiungere il suo migliore amico alle spalle per regalargli un abbraccio caloroso. «Caposcuola Freddie chi l'avrebbe mai detto. Congratulazioni!» E prima di liberarlo da quel caloroso abbraccio gli da' un sonoro bacio sulla guancia. Freddie è un po' la sua ancora di salvezza, dopo la rottura con Albus l'ha aiutata e rimettersi in piedi, ma soprattutto le ha insegnato come sorridere di nuovo. Tutti dovrebbero avere un amico come Freddie nella vita, un amico burlone in grado di tirarti su il morale in qualsiasi momento. «Sappi che dobbiamo festeggiare quindi riserva un po' di tempo per la tua migliore amica.» Lo stringe a sé un'ultima volta e prima di tornare al suo tavolo riserva lo stesso trattamento a Roxie, la sua migliore amica. Adora i fratelli Weasley, senza di loro probabilmente tornerebbe ad essere la bambina strana e silenziosa emarginata da tutti. «Roxie anche io e te dobbiamo festeggiare, niente più punizioni....o meglio quasi niente più punizioni.» Dopo averle regalato un ultimo abbraccio tornò al suo tavolo, sedendosi vicino alla sua compagna di stanza; curiosa di ascoltare il primo discorso dell'anno di Kingsley.


    Interagito con Pervinca (sei bellissima sis), Freddie, Mun e roxie
    citati Albus (MA VA) e kingsley
     
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    "Stella stellina..."
    Uno, due, tre.
    "...la notte si avvicina..."
    Uno, due, tre.
    "...la fiamma traballa..."
    La candela si rovesciò e la tenda prese fuoco.


    O almeno quello sarebbe stato un risvoltò inaspettato e interessante. Immaginatevi le notizie sui giornali il giorno seguente: "Incendio brucia vivi studenti di Hogwarts". Mentre ci pensava Harry non riusciva a non sorridere da orecchio a orecchio. Gli mancavano i tempi in cui poteva divertirsi come desiderava, quei giorni trascorsi in quella che somigliava più ad un laboratorio che non a una camera.
    In quella scuola era tutto così dannatamente noioso. Non fare questo, non fare quello. I mezzosangue non vanno bene, le divise ci fanno schifo. Bla bla bla. Quisquilie insignificanti che sembravano preoccupare le alte sfere dirigenziali. Perché perdersi in queste piccolezze quando si poteva pensare più in grande e in maniera più... creativa?
    Ma quel primo settembre non era destinato a grandi progetti, Harry non si sarebbe rinchiuso da qualche parte a escogitare uno dei suoi soliti strampalati progetti. Quella sera c'era il banchetto, e questo significava bersagli. Oggetti di studio, individui da tormentare, altri con cui divertirsi. Studenti di vecchi e di nuovi che avrebbero potuto - o anche no - attirare la sua attenzione. Come prepararsi al meglio? Quale abbigliamento scegliere? Ma soprattutto, quale comportamento sfoggiare.
    Harry adorava giocare, ma per non far calare mai l'entusiasmo si preoccupava sempre di variare e non ricadere nelle stesse scelte e/o azioni. Perché comportarsi sempre nello stesso modo? Perché cadere nella routine? PERCHÉ DIVENTARE PREVEDIBILI? Bisogna sempre pensare non solo alla mossa successiva, bensì alle successive tre. Perché quando riescono a prevedere la tua prossima mossa è la fine del gioco. Scacco matto.

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    Prendersi gioco della novella regola abolente le divise scolastiche: fatto.
    Ingresso indimenticabile all'interno del discutibile tendone adibito a Sala Grande: fatto.
    Una volta vestito il giovane McCormick decise che una maglia a righe, larga e svolazzante, con un infinito scollo non era abbastanza. Rimaneva indiscutibilmente affascinante, per quello non c'era niente da fare, ma stava cercando ancora quel qualcosa che gridava 'WOW!'. Ed ecco che si ritrovò tra le mani un tutù. Non verranno divulgate informazioni riguardanti il reperimento di suddetto capo d'abbigliamento femminile, desolato.
    Chiaramente l'accostamento di righe, tutù e piroette bastò a conquistare l'attenzione del suo pubblico, e a quel punto Harry poteva dirsi più che soddisfatto. Si diresse infatti verso il tavolo dei Serpeverde, nei pressi del quale iniziò a sfilarsi l'ingombrante gonnellino con sapienti movimenti di bacino.
    Altra regola: il gioco è bello quando dura poco. A meno che il gioco in questione non preveda più fasi e regole complesse, in quel caso Harry preferisce sempre tirarla per le lunghe.
    Il Serpeverde spostò con un piede il tutù e si avvicinò alla neo eletta caposcuola, intenta a sparare a zero sul piccolo Potter. "L'unica persona che piace ad Albus Potter, è Albus Potter." "Su su, non vale la pena perdere tempo con cose insignificanti. Potrebbe risentirne la tua splendida pelle." Skin care batteva relazioni interpersonali, lo sapevano tutti. Harry regalò ai presenti un sorriso - di quelli inquietanti, i suoi preferiti - e si accomodò accanto a Mun.
    "Io nel fuoco ho buttato il topo morto durante uno dei miei ultimi esperimenti, dite che vale?" Lasciarsi alle spalle il fallimento per procedere verso il successo. Però, pareva quasi filosofico. Una volta finito di pensare alla sua ultima cavia pelosa, gli occhi del Serpeverde ripresero a vagare tra i tavoli e le panche, alla ricerca di un nuovo gioco.
    Troppi Weasley. Troppi capelli rossi. Gente che parla di cose nonsense. Preside sempre molto attraente.
    O, chi abbiamo qui? Una nuova aggiunta al corpo docenti? Meow.
    Se mai a qualcuno fosse venuto in mente di insinuarsi tra i pensieri di Harry McCormick, probabilmente sarebbe rimasto estremamente confuso e scandalizzato.
    "Sai mica chi è quel manzo tirato a lucido?" Domandò il ragazzo a Mun, indicando con un cenno del capo il nuovo insegnante di Trasfigurazione. "Nulla da togliere al nostro caro Preside, ma le novità mi attirano sempre." E quella che stava provando era una forte attrazione, non c'è che dire.
    Incapace di stare fermo, lo sguardo di Harry riprese a vagare fin quando non si posò su un compagno verde argento, tutto vestito elegante e con un colorito più cadaverico del precedentemente citato topo. "Ehilà pasticcino, ti unisci a me?" Domandò alzando un calice vuoto. How to start a conversation: a book by Harry McCormick.


    Or bene, non leggete il post che è inutile.

    - Entrato in Sala piroettando come Roberto Bolle.
    - Impezzado Mun con commenti e domande inutili
    - Apprezzamenti vari sul King e il nuovo orientale docente
    . Invitato il creepy Casper ad avvicinarsi
     
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42 replies since 1/9/2017, 13:10   1522 views
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