Where innocence is burned in flames

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,867
    Reputation
    +2,294

    Status
    Anonymes!

    "Potter, finalmente! Ti abbiamo cercato in lungo e in largo." I Potter, dentro Hogwarts, non sono più i benvenuti. Le parole di James risuonarono nelle sue orecchie mentre i propri passi si arrestavano di colpo, facendolo voltare a guardare in faccia i propri interlocutori. Stanley Darko e la sua banda di esaltati con i muscoli pompati. Sin dal primo anno non si erano stati simpatici, ma crescendo il loro odio si era acuito, potenziato dalla benzina che Kingsley aveva gettato sul fuoco chiudendo tutti i mezzosangue nello stesso luogo durante l'anno appena trascorso. Qualsiasi cosa il presido avesse avuto in mente, non aveva avuto altro effetto se non quella di legittimare chi disprezzava il sangue sporco; un tempo, quelle persone, si nascondevano nell'ombra, sussurrando insulti sottovoce, nascondendosi come ratti perché la società non gli permetteva di esprimere i propri impulsi intolleranti, il loro razzismo, il loro classismo. Nell'ultimo anno, però, le cose erano cambiate, e gli estremisti erano sbucati fuori come funghi dopo la pioggia, appoggiati da una retorica che guardava di malocchio chiunque non avesse il sangue puro. I Potter e gli Weasley, poi, erano i primi bersagli, poiché simbolo di un'eredità che quelle intolleranze le aveva messe a tacere. "Bastava guardare in cortile. Sono un tipo piuttosto abitudinario." disse piattamente, alzando un sopracciglio con aria sarcastica. A quelle parole, il gruppetto di energumeni si mise a ride, avvicinandosi a lui tra gutturali sghignazzi. "Poco importa. Ora sei qui." Ti daranno un sacco filo da torcere. James gli aveva detto anche quello. Un grosso braccio muscoloso gli si poggiò pesantemente attorno alle spalle, seguito subito dopo da un altro: un tipo di contatto che portò Albus a contrarre infastidito la mascella. "Abbiamo saputo che la tua dolce sorellina se l'è svignata per l'estate, non è così?" La contrazione si fece ancora più forte. "Ovviamente non avevamo dubbi che avrebbe lasciato indietro il fratello ritardato." uno scoppio di risa si propagò nell'ampio ambiente circostante, tuonando nell'aria pomeridiana così forte da far volare via uno stormo gracchiante di uccelli da uno degli alberi. "Ha preferito persino il cugino adottato, Potter, rendiamoci conto." Altre risate gutturali, poco distanti da quelle degli uomini delle caverne. "Chissà dove saranno andati. Sai, c'è uno stato di emergenza ora: chiunque trattenga informazioni sensibili sulla sicurezza del mondo magico potrebbe passare delle belle grane. La Zabini ha detto che verrebbe considerato un criminale, giusto?" A quelle parole il Serpeverde strinse i denti, cercando di divincolarsi senza successo dalla presa dei due energumeni. "Non sai nemmeno di cosa parli. Levati." Con l'ausilio della forza, i due cominciarono a trascinarlo scalciante, fomentati dai coretti stupidi dei loro altrettanto stupidi compari. "E allora magari ce lo puoi dire tu, che ne pensi?" La resistenza opposta dal ragazzo fu pressoché inutile contro l'evidente superiorità fisica dei compagni, i quali non dovettero nemmeno sprecarsi troppo per trascinarlo di peso verso il campo da Quidditch e fin sopra agli spalti. Ad Albus bastò vedere gli anelli da lontano per spalancare gli occhi dal terrore, puntando i piedi nel terreno e divincolandosi disperato tra calci e movimenti frenetici. "Non so un cazzo. Sono stato al campo tutta l'estate, Olympia è andata in una clinica. Ve lo giuro, non so nulla, NULLA." urlava a ripetizione, strattonato a destra e a manca lungo le scale vertiginose degli spalti Serpeverde. Ma il vero terrore arrivò quando emersero all'aria aperta, e gli occhi di Albus incontrarono il vuoto sotto i loro piedi. Ormai tutti a scuola sapevano quanto forte fosse la sua fobia delle altezze, la stessa che non gli permetteva di prendere parte alle lezioni di Volo o di giocare nella squadra di Quidditch. Quel preciso gruppetto, poi, lo aveva sempre preso in giro a riguardo, ma Al non avrebbe mai immaginato che sarebbero arrivati a tanto. Fu forse per la forza della cieca sopravvivenza che il moro riuscì a scivolare dalla loro presa, precipitandosi disperatamente verso le scale. Ovviamente, però, non fece a tempo: uno dei compagni gli afferrò prontamente la caviglia, tirandola fino a farlo cadere a bocca in avanti contro uno dei gradini di legno. Il sangue cominciò a sgorgare copioso dal suo naso e dalle sue labbra, mentre la bocca produceva potenti colpi di tosse per la botta appena subita alla cassa toracica. Annaspò alla ricerca di aria, trovandosi i polmoni privi di alcun fiato. "Ve l'ho detto, non so nulla." urlò con voce graffiante, sputacchiando quel sangue che gli colava alla bocca. "Col cazzo che ci fidiamo di voi Potter. Avete sempre protetto quegli sporchi babbani, probabilmente li state pure aiutando." Scosse la testa, piangendo mentre il gruppetto di ragazzi lo prendeva per le gambe e i capelli, portandolo a sporgersi a forza oltre il bordo degli spalti. La nausea salì presto al suo stomaco, portandolo a chiudere gli occhi e scuotere ancora la testa. "Non è vero, non è vero." "PARLA POTTER!" "NON SO NULLA!" riprese, in un urlo esasperato, al limite della disperazione. Ma tutti gli scongiuri e le parole non servirono ad altro se non a farli esaltare di più, sporgendolo questa volta con tutto il busto oltre la balaustra. Era terrorizzato, nemmeno riusciva più a muovere un muscolo nel sentire la pressante colonna di vuoto sotto di sé. E il peggio era che non poteva fare davvero nulla per evitarlo: stava dicendo la verità, lui non sapeva niente, o comunque sapeva troppo poco..quel poco che avrebbe scatenato altre domande a cui non avrebbe saputo rispondere, e tutto sarebbe solo andato peggio. Fatto sta che lui, dell'ubicazione di Olympia e Rudy durante le vacanze, sul serio non sapeva nulla di più di ciò che sapevano tutti gli altri, sebbene anche lui immaginasse che qualcosa sotto ci dovesse essere per forza.
    tumblr_ooex1rmJCT1spwd06o2_400
    Non saprebbe dire per quanto tempo rimase sospeso nel nulla, retto solo dagli strattoni di quei ragazzi, a pregarli di smetterla e a giurargli in ogni maniera di non sapere nulla. Lui, quell'Albus Potter con un orgoglio più grosso del necessario, li stava letteralmente scongiurando, annaspando nel panico della propria fobia. D'altronde è per questo che si chiamano così: sono irrazionali, e ci portano a fare e dire cose che esulano completamente dalla nostra normale volontà. Al non avrebbe mai sognato di pregare qualcuno, ne' tanto meno di piangere: erano più le volte che faceva a botte che quelle in cui se ne stava buono. Ma quel giorno era diverso: non si trattava di una rissa, ma di vera e propria tortura psicologica, della crudeltà che porta un essere umano a scagliarsi contro un suo simile nel momento in cui la società viene spaccata dall'odio e dal sospetto. Abbrutiti, come bestie che si azzannano a vicenda per un pezzo di carne o un lembo di territorio. Ad Al, i governi, non erano mai piaciuti, ma quello..quello era tutta un'altra storia: li stava trasformando in animali circospetti, sempre pronti a divorarsi tra loro e a compiere le azioni più terribili in nome della paura che provavano, di quel primordiale istinto di sopravvivenza e del viscerale bisogno di sentirsi al sicuro. Ecco cosa stava facendo il Ministero: li voleva terrorizzati, perché solo in questa maniera sarebbe potuto apparire come l'unico faro di civiltà a cui chiunque doveva rivolgersi per salvarsi. E coloro che non volevano farlo..beh, ci avrebbero pensato i loro stessi vicini ad eliminarli.
    Era ormai allo strenuo delle forze quando sentì i propri aguzzini agitarsi, mormorando frasi che le suo orecchie ovattate dalla crisi di panico non riuscirono a percepire. Si sentì solo tirare violentemente verso l'interno dello spalto, sbattuto a peso morto contro una delle gradinate prima che quelli potessero scappare. Stava arrivando qualcuno, qualcuno da cui non volevano essere beccati: questo era tutto ciò che riuscì ad afferrare prima che un ultimo strattone lo facesse cadere in avanti. Nel colpo, un acuto tintinnio colpì i suoi timpani, quello di un piccolo oggetto metallico che cadeva a qualche passo di distanza da lui, sbalzato fuori dal taschino della sua giacca. Gli occhi ingrigiti si aprirono faticosamente, individuando con la visuale appannata la catenina che aveva recuperato dal pavimento della terrazza del campo estivo. Allungò una mano scossa da spasmi per prenderla, chiudendovi attorno le dita pallide un secondo prima che un paio di piedi comparissero davanti a lui. Lentamente alzò lo sguardo, incontrando prima la brillante spilla di Caposcuola e poi il viso di Betty. Non ci voleva. Fu decisamente grottesco il modo in cui le labbra del ragazzo si allargarono in un sorriso sardonico, scoprendo la dentatura macchiata di sangue prima di scostarsi il ciuffo sudato dalla fronte appiccicosa. Il suo cervello si mosse velocemente alla ricerca di una scusa da propinarle, non volendo attirare la sua pietà con la verità nuda e cruda, nonostante fosse cosciente del fatto che qualsiasi cosa le avesse detto, lei non ci avrebbe mai creduto per il semplice fatto che lui, in cima a uno spalto talmente alto, non ci sarebbe mai arrivato di propria spontanea volontà. "Mi sa che anche quest'anno le selezioni di Quidditch le faccio l'anno prossimo, eh?" tentò senza speranza, facendosi leva con le braccia per rialzarsi in tutto il proprio equilibrio traballante, solo per nascondere lentamente la mano con la collana dietro la propria schiena e tamponarsi il sangue dal naso con la manica del giubbotto che ricadeva sul palmo libero. Rimase in silenzio per qualche istante, facendo correre lo sguardo da tutte le parti prima di aggrottare la fronte e mordersi il labbro con aria pensierosa, solo per poi schioccare la lingua sul palato e riprendere, indicando le scale "La strada la ritrovo da solo."
     
    .
  2.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★★

    Group
    Member
    Posts
    752
    Reputation
    +1,013

    Status
    Anonymes!
    «Andiamo Betty petto in fuori e testa alta, sei una caposcuola adesso.» Betty rise di fronte al consiglio di Roxie, se avesse camminato così per tutto il tempo la gente avrebbe davvero iniziato a pensare che qualcosa non andasse all'interno della sua testolina bionda. L'amica stava solamente cercando di consigliarle come muoversi, perchè per quanto determinata fosse la tassorosso non si era mai considerata una persona di polso. Le mancava l'ardimento di cui i grifondoro sembravano dotati di natura, lei era pacifica, troppo buona per imporsi sugli altri e per quanto detestasse ammetterlo era facile che gli altri prevaricassero su di lei. «Non posso camminare così per i corridoi di Hogwarts, mi prenderebbero in giro e penserebbero che mi do delle arie.» L'immagine quasi perfetta di sé era già una croce per lei, non voleva che i suoi compagni iniziassero a pensare che fosse anche presuntuosa. Sin da bambina era stata abituata ad essere perfetta e con il passare degli anni per lei era diventata un'abitudine, gli altri però si sentivano spesso minacciati da quella perfezione e forse proprio per questo motivo non si facevano remore a prenderla in giro. Durante i primi anni di hogwarts alcuni bambini si divertivano a tirarla per la coda, a scioglierla per poi scompigliarle i capelli; un trattamento crudele che spesso la faceva scoppiare in lacrime. Betty non era mai stata brava a difendersi, era cresciuta sotto una campana di vetro e i suoi genitori non avevano fatto altro che opprimerla; togliendole la possibilità di essere sé stessa. «Se ti dovessero prendere in giro basta che chiami quello zuccone di mio fratello.» Betty scoppiò a ridere di fronte all'affettuoso nomignolo che Roxie aveva affidato a Freddie, però la grifondoro aveva ragione perchè lei non era più costretta a subire le angherie o le prese in giro degli altri studeni; non era sola e i suoi amici l'avrebbero sicuramente difesa a spada tratta. C'era stato un periodo in cui il suo cavaliere senza macchia e senza paura era stato Albus, bastava un suo sguardo per allontanare chiunque avesse intenzione di prendersi gioco di lei e Betty non si era mai più sentita così al sicuro. Quella sicurezza le era stata strappata via all'improvviso, lasciandola inerme e scoperta di fronte all'attacco nemico. Non pensare al serpeverde era difficile, molti erano i momenti all'interno della sua giornata che la spingevano a ricordare, ma aveva imparato a farsi forza ed ignorarli; conscia che altrimenti non sarebbe mai riuscita a dimenticarlo. «So a cosa stai pensando.» La voce dell'amica la riportò alla realtà, strappandola da quel lento e doloroso viaggio nei ricordi. «Hai quell'espressione malinconica quando pensi a lui.» Roxie sembrava quasi leggerle dentro, si conoscevano così bene che spesso non avevano bisogno di parole e proprio grazie a questa connessione aveva capito che i suoi pensieri erano volati immediatamente ad Albus. «Un passo alla volta no?!» La voce era flebile, appesantita da tutti quei ricordi che non avrebbe mai dimenticato facilmente. «Sta andando meglio però, giuro che ci penso sempre meno.» Per quanto doloroso fosse era vero, Betty stava imparando a non voltarsi indietro, ad accettare che tutto era finito per una ragione precisa e che lei non poteva farci più niente. Roxie aveva imprecata quando le aveva raccontato cosa era successo al campeggio, aveva definito il suo stesso cugino un idiota e lei aveva riso fino alle lacrime. «Hai fatto la cosa giusta...non potevi aspettarlo per sempre.» La cosa buffa era che lei lo avrebbe fatto, sarebbe rimasta lì ad aspettare che lui si rendesse conto di aver sbagliato, ma lo scontro al campo estivo aveva messo bene in chiaro che non era assolutamente pentito della propria scelta e che in realtà aveva sempre considerato il suo amore come una specie di peso opprimente. Tutte parole che l'avevano ferita a morte e che allo stesso tempo le avevano aperto gli occhi e l'avevano aiutata a capire quanto fosse sbagliato quello che stava facendo. «Basta
    tumblr_oqnqq0VVYX1v9dyjzo1_400
    depressione! Passerà tutto, ora vado che devo incontrarmi con il professore di volo...qualche studente ha preso le scope senza permesso.»
    Il suo dovere era quindi quello di parlare con il professore, fortunatamente Scamander era anche un ex studente e forse proprio per questo motivo ci sarebbe andato leggero. Stranamente non incontrò nessuno lungo il tragitto, forse tutti troppo impegnati ad ammirare le nuove stanze che il preside aveva messo loro a disposizione. Al campo da quidditch regnava un silenzio spettrale, una nebbia sottile avvolgeva le varie torri; chiaro segnale di come l'estate si fosse fatta da parte per lasciare il posto ai colori dell'autunno. Betty chiuse gli occhi ed inspirò a pieni polmoni la pungente aria autunnale, carica di quel piacevole odore di terriccio e di pino; un profumo che in qualche modo avrebbe sempre ricollegato ad Hogwarts. Concentrata sulla respirazione venne disturbata da una serie di grida, seguite da risate di scherno. In lontananza scorse un gruppo di ragazzi, troppo lontani affinché potesse riconoscerli, ma abbastanza vicini da capire chiaramente che quella non era esattamente una discussione amichevole. Petto in fuori e testa alta erano le parole di Roxie, a passo di carica cercò di raggiungere il gruppetto, ma prima che potesse avvicinarla venne travolta dalla loro rocambolesca fuga giù per le scale. Si affacciò per il parapetto mentre questi continuavano indisturbati la loro fuga tra risatine e gridolini. «Ti ho visto Stanley! Non pensare di passarla liscia.» Era un serpeverde piuttosto conosciuto, sin dal primo anno aveva dimostrato di non essere altro che un infido bulletto bravo solo a tormentare gli altri quando era in compagnia dei suoi amici; messo all'angolo da solo invece tremava come una piccola foglia al minimo soffio di vento. Curiosa di scoprire cosa fosse successo continuò a salire lungo le scale, quando arrivò in cima fu costretta a reggersi al corrimano; Albus era riverso a terra, un taglio sotto l'occhio e la pelle tumefatta la dicevano lunga sul motivo per cui Stanley e i suoi amichetti se la stessero ridendo. Istintivamente si avvicinò a lui, ansiosa di scoprire se stesse bene. «Mi sa che anche quest'anno le selezioni di Quidditch le faccio l'anno prossimo, eh?» Si asciugò il sangue dal naso con la manica dal giubbotto e Betty dovette trattenere sé stessa per impedirsi di buttargli le braccia al collo per controllare le sue condizioni. «La strada la ritrovo da solo.» Si fece da parte la caposcuola tassorosso, nella sua mente non stava facendo altro che lasciarlo andare; proprio come lui le aveva chiesto. Non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi mentre la superava, non poteva guardarlo perchè da parte sua non avrebbe retto altre parole crudeli; non voleva più essere il suo sacco da boxe personale. Rimase ferma, inchiodata su quel gradino mentre alle sue spalle i passi di Albus si allontanavano sempre di più; si sentiva combattuta, vittima della voglia di corrergli dietro e allo stesso tempo ancora ferita dalle parole che lui le aveva letteralmente riversato addosso. All'improvviso scelse di seguire sé stessa, aveva passato tutta la sua vita a dire sempre di sì, ad assecondare il volere degli altri e per la prima volta sentiva di dover essere fedele solamente verso sé stessa e i suoi sentimenti; Albus avrebbe potuto continuare a sputare veleno e lei sarebbe rimasta lì imperterrita, pronta a ricevere tutto ciò che lui aveva da darle. Sgusciò sotto le sue braccia fino a bloccargli la strada. «Siediti e fammi vedere cosa ti sei fatto.» Incrociò le braccia al petto e assunse quella che molti avrebbero definito un'espressione risoluta. Lui si sarebbe sicuramente opposto, ma l'avrebbe anticipato; incurante di qualsiasi cattiveria lui avesse da dirle. «Sbatti pure i piedi come un bambino viziato e capriccioso se vuoi, ma adesso ti siedi e mi fai vedere quel graffio. Quindi smettila di fare il somaro perchè per quanto mi riguarda possiamo rimanere qua tutto il giorno.» Albus era sicuramente ostinato, ma lei gli avrebbe dato del filo da torcere; non avrebbe più permesso agli altri di imporle il proprio volere.
     
    .
  3.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,867
    Reputation
    +2,294

    Status
    Anonymes!

    tumblr_opli9fDm9j1wn8zjuo7_400
    Questa volta Albus se lo aspettava, se lo aspettava sul serio che Betty lo lasciasse andare. Non sa perché di preciso, forse perché ormai aveva esaurito persino le parole con cui ferirla: le aveva dette tutte, aveva fatto tutto ciò che andava fatto e aveva strappato quel cerotto nella più crudele delle maniere. Betty non lo avrebbe potuto perdonare nemmeno volendolo: nessuno può amare così tanto un'altra persona, o almeno non tanto da sopportare in silenzio le cose che lui le aveva detto. E in fin dei conti quello era stato l'obiettivo preciso del ragazzo: colpirla così tanto nel profondo da rendere il danno irreparabile. Tuttavia si era dimenticato di una cosa: Betty, a differenza sua, era capace di mettere da parte l'orgoglio quando necessario, e in più era stata anche nominata Caposcuola..con gli onori e gli oneri che ne conseguivano. Non poteva lasciarlo andare così: sarebbe stata un'inadempienza bell'e buona alla carica appena ricevuta, una carica che una come lei non poteva che prendere col massimo della serietà. E infatti il Serpeverde non fece in tempo ad arrivare a metà scala, che subito lei lo aveva raggiunto, piazzandoglisi di fronte con tutta l'aria di chi non aveva la minima intenzione di spostarsi di un millimetro. Istintivamente il ragazzo fece roteare gli occhi, premurandosi di far silenziosamente scivolare la catenina che aveva ancora in pugno all'interno della tasca posteriore dei jeans. "Siediti e fammi vedere cosa ti sei fatto." Con uno sbuffo tentò di passarle oltre, ma ovviamente non ci riuscì. O meglio: avrebbe potuto farlo tranquillamente, ma non voleva farle del male, non fisico quanto meno, dato che dal punto di vista psicologico e sentimentale aveva già fatto la frittata. "Betty, non è il momento di fare la crocerossina, ok?" disse con un certo nervosismo, facendole ampio cenno con la mano di scansarsi. Ma ovviamente lei non si mosse, e dall'espressione che aveva in volto non sembrava in alcuna maniera propensa a farlo. "Sbatti pure i piedi come un bambino viziato e capriccioso se vuoi, ma adesso ti siedi e mi fai vedere quel graffio. Quindi smettila di fare il somaro perché per quanto mi riguarda possiamo rimanere qua tutto il giorno." Rimase in silenzio per qualche istante, una manciata di secondi che nel suo cervello sembrò trascorrere come si trattasse di mille anni. Rimase semplicemente lì, impalato, a fissarla dritta negli occhi con la fronte aggrottata e la mascella stretta in un broncio appena accennato. Il tutto solo per poi bofonchiare a mezza bocca uno sbrigativo "Come ti pare." lasciandosi cadere pesantemente su uno dei gradini, sbracato quasi si trovasse in spiaggia a prendere il sole. Dello spiaggista, tuttavia, non aveva affatto l'aria, dato il viso martoriato e l'espressione contrita. Rimase in silenzio per un po', solo per poi tornare subito alla carica, così, di botto. "E' un graffio, Betty." esordì, scansando appena il viso, riportando tuttavia il tono a una nota più tranquilla, quasi rassicurante, e voltandosi infine a guardarla di nuovo in viso. "Mi hai visto in maniere peggiori, questo non è davvero niente. Ci metterò un po' di disinfettante e sarà come se nulla fosse successo." Come al solito. Tirò un sospiro, aggrottando ancora una volta la fronte. Era troppo stanco persino per trattarla male, e di certo ancora non se ne era andato il tremolio della paura incontrollata scaturita da quel faccia a faccia con la propria fobia. La sua mente stava ancora elaborando il tutto, cercando di riprendersi come meglio poteva da quello shock improvviso. Aveva bisogno di qualcuno: si vedeva lontano un miglio. Aveva bisogno di lei, ma non poteva chiederglielo, ne' darlo a vedere, sebbene già il fatto che non fosse fuggito come un razzo la diceva lunga su quanto quello, per lui, fosse un evidente momento di bisogno. Ma Albus Potter è fatto così: a lui non piace chiedere aiuto, e non gli piace riceverlo, nemmeno quando ne ha più necessità. Preferisce soffrire il triplo, da solo, in silenzio, piuttosto che mettere in mostra la propria fragilità: e Betty era l'ultima persona con cui avrebbe dovuto farlo. Eppure si intravedeva, tra le crepe di quella maschera assemblata, un grido d'aiuto che chiedeva di non essere lasciato a se stesso. "Ormai ci sono abituato.." riprese, con una punta di amara ironia, indicandosi il viso "..per me questi sono come per voi donne i gioielli: non sono necessari e ti costano un po' troppo, ma senza ti ci senti sciatto."
     
    .
  4.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★★

    Group
    Member
    Posts
    752
    Reputation
    +1,013

    Status
    Anonymes!
    Betty riusciva a scorgere l'incredulità sul volto di Albus, come se non si sarebbe aspettato una presa di posizione del genere da parte sua. «Betty, non è il momento di fare la crocerossina, ok?» Cercò di farla spostare con un semplice gesto della mano, ma tutto ciò che ottenne fu un'occhiata fulminante, non era un animale da compagnia che poteva comandare a bacchetta e proprio per questo motivo non si sarebbe assolutamente spostata. «Hai finito?!» Era stufa di essere trattata come una marionetta, Albus aveva messo ben in chiaro di non volerla più e lei lo aveva capito benissimo, ma prima di essere una coppia erano stati amici e Betty non abbandonava mai gli amici nel momento del bisogno. Il serpeverde sembrava deciso a farsi terra bruciata intorno, ad allontanare gran parte delle persone che tenevano a lui, ma lei non era come gli altri; non se ne sarebbe andata nell'ombra senza farsi sentire. Aspettò che si lasciasse cadere con fare annoiato sul gradino sotto di sé, finalmente era venuto a patti con il fatto che lei non si sarebbe schiodata di lì. «Come ti pare. E' un graffio, Betty.» Esaminò con cura il graffio e d fu costretta a stringere i pugni per trattenersi, odiava la violenza e non poteva sopportare il fatto che Albus ne fosse stato vittima; se solo avesse avuto la bacchetta avrebbe inseguito Stanley e i suoi amichetti per fargliela pagare cara. Prese la bottiglietta d'acqua dalla sua tracolla e bagnò il fazzoletto, era indeciso se passarlo a lui e lasciare che si medicasse da solo, ma sapeva benissimo che se lo avesse fatto avrebbe colto l'occasione al volo per andarsene e scappare via. Si avvicinò cautamente e con delicatezza posò la stoffa sul piccolo taglio, assaporando quella vicinanza che non sentiva da tantissimo tempo. «Mi hai visto in maniere
    tumblr_inline_omz92xkw1p1rifr4k_500
    peggiori, questo non è davvero niente. Ci metterò un po' di disinfettante e sarà come se nulla fosse successo.»
    «Lasciami fare zuccone di un Potter.» Albus era sempre stato indipendente, ma a Betty era piaciuto prendersi cura di lui; soffriva ogni volta che finiva in una rissa, ma allo stesso tempo era grata di poterlo curare con il suo affetto. A quei tempi si sarebbe semplicemente lasciato abbracciare, vantandosi di come quell'altro fosse conciato peggio; aveva cercato di cambiare quel lato di lui così rissoso, ma aveva immediatamente capito che era una cosa che non poteva fare, se amava Albus avrebbe dovuto solamente accettarlo per quello che era. «Ormai ci sono abituato...per me questi sono come per voi donne i gioielli: non sono necessari e ti costano un po' troppo, ma senza ti ci senti sciatto.» Sarcasmo, l'arma più affilata di cui il giovane Potter disponeva, era un sarcasmo pungente, forse fin troppo a volte, ma per lui era anche un meccanismo di difesa; un modo per non permettere alle persone di ferirlo. Betty non peccava di presunzione quando diceva di conoscerlo meglio di quanto conoscesse sé stessa, aveva semplicemente passato così tanto tempo ad osservarlo che conosceva quasi tutte le sue espressioni e sapeva benissimo che quella finta noncuranza che stava mostrando in quel momento nascondeva molto di più. Stanley era un bulletto, ma a differenza di altri era un bulletto che sapeva esattamente dove colpire e per Albus l'altezza era una fobia vera e propria. Qualcuno lo derideva per quella paura, si chiedevano come, il figlio di Harry Potter, potesse aver paura dell'altezza; lui che aveva il quidditch e il volo nel sangue. Betty si era semplicemente risposta che Albus non era i suoi genitori, così come lei non assomigliava a sua madre e suo padre. Aveva sempre cercato di toglierli il peso di quel cognome dalle spalle, ma per quanto ci avesse provato era una cosa che andava al di là delle sue forze. In quel momento però poteva assicurarsi che lui stesse bene, ma seriamente bene. Gli appoggiò una mano sul volto e lo costrinse a voltarsi, conosceva così bene gli occhi del ragazzo che per lei non fu difficile scorgervi il panico e l'ansia, due emozioni che erano in rado di divorarti dall'interno. «E' finita Albus se ne sono andati.» Non gli avrebbe detto che era ora di affrontare quella paura perchè non spettava a lei deciderlo; quella era una cosa che solamente lui poteva fare, lei poteva solamente rimanere al suo fianco e strapparlo via dalle sue paure. «Non sei più là sopra, anzi adesso scendiamo ok?» Sapeva che stava giocando con il fuoco, rischiando così di rimetterci ancora il suo cuore, ma Albus in quel momento aveva bisogno di lei e non si sarebbe tirata indietro. Strinse la sua mano e lo trascinò dietro di sé, giù per le scale fino a raggiungere le uscite che davano sul campo. In momenti come quelli solo il contatto diretto con il terreno sembrava in grado di farlo tornare in sé, scacciando così i demoni della sua paura. «Forza giù sdraiato e non ti preoccupare per le macchie d'erba, quelle si lavano via.» Lo spinse con forza giù sull'erba umida perchè se gli avesse lasciato il tempo per pensare si sarebbe sicuramente tirato indietro, respingendola nuovamente. Molti avrebbero potuto trovare patetico quel lato del suo carattere, ma Betty non poteva abbandonarlo perchè ci teneva troppo a lui e per lei questo era abbastanza. «Cosa volevano quei bulletti da te?» Si stava muovendo su un terreno pericoloso e impervio, soprattutto dato l'ultimo scontro che c'era stato tra i due, ma qualcosa dentro di lei la spingeva a combattere, a non gettare la spugna con Albus.
     
    .
  5.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,867
    Reputation
    +2,294

    Status
    Anonymes!

    "Harry, muoviti. Sembra quasi che ci devi andare tu a scuola." asserì una Ginny spazientita, ma pur sempre allegra, guardando il marito fermo a fissare la vetrina del negozio di articoli da Quidditch. Al suo fianco, Albus teneva naso e mani spiaccicati sul vetro, con gli occhi sgranati su quei colori fiammanti delle tenute da gioco, ma soprattutto sulla Nimbus nuova di zecca rilasciata per il nuovo anno. "Fammi vedere, Al." lamentava una piccola Olympia Potter, saltellando come un grillo dietro la schiena del fratello fino a quando lui, con uno sbuffo, non si decise a farla passare sotto il suo braccio per condividere la visuale. "Wooooo!" "Spaziale, vero?" "Bellissima." Fu un istante, una svista veloce, quella che portò gli occhi di Albus a guizzare di lato per indagare il viso del padre. Non era una richiesta, non si aspettava nulla di nulla, semplicemente sapeva quanto suo padre fosse stato una vecchia gloria del Quidditch ad Hogwarts, e dunque voleva vedere cosa passasse per la sua testa. Harry, tuttavia, parve interpretare la cosa in maniera diversa: gli occhi dell'uomo brillarono nello sfoderare un sorriso al figlio, facendogli cenno col capo di seguirlo all'interno del negozio. "Harry!" esalò una Ginny esasperata. "Tu e Olympia andate avanti, dai. Magari puoi portarla a fare un giro al serraglio: ci vediamo tra un quarto d'ora al Ghirigoro, ok?" "Harry, non fare acquisti stupidi! Ricordati che è vietato portare una scopa propria al primo anno: non tutti possono vantare i favori che hai avuto tu." lo ammonì con tanto di indice alzato la rossa, allontanandosi con Olympia per mano di fronte ai due Potter esaltati che si stava lasciando alle spalle. La faccia della donna la diceva lunga: di tanto in tanto le sembrava di avere quattro figli invece che tre.
    Fu così che padre e figlio vennero lasciati soli a comportarsi da undicenni - con la differenza che Albus lo era realmente, mentre Harry nemmeno per sbaglio. Ogni cosa era un indicare e mormorare commenti pieni di entusiasmo e stupore in direzione di quella divisa o quella scopa. Ma entrambi sapevano quale fosse il vero motivo per cui erano entrati lì: la Nimbus. Ammirarla, toccarla, sognarla. Si fermarono proprio di fronte al campione da esposizione, e le manine del piccolo Potter cominciarono ad accarezzare il legno lucidato del manico con la stessa devozioni con cui si passerebbe di fronte a una reliquia. "La vuoi?" fu una domanda improvvisa quella di Harry, un padre che osservava il proprio figlio compiere i primi passi lungo quella strada che lui aveva già battuto, e che lo aveva portato in un mondo pieno di sorprese e meraviglie. Per Al era diverso: lui il mondo magico lo conosceva, sapeva già moltissime cose che invece ad Harry erano mancate. Eppure la magia della novità era sempre la stessa: si trattava dell'identica febbrile eccitazione che suo fratello e suo padre avevano provato prima di lui nell'affacciarsi al primo anno di scuola. Quella domanda, Albus ci mise un po' a realizzare che fosse seria, ritrovandosi a sgranare gli occhi come a volersene accertare. "Ma..non potrei usarla.." Sorrise, l'uomo, avvolgendogli un braccio attorno alle spalle. "Ti ricordi quella storia che ti ho raccontato? Di quando Draco portò sul tetto la ricordella di Neville?" Annuì "Ecco. Io non ero mai salito su una scopa prima di allora, e non avrei dovuto fare ciò che ho fatto, ma è stato proprio quello a farmi guadagnare il posto nella squadra di Quidditch..e in seguito la mia scopa. Tutto sta nel dimostrare chi sei, e se non ci riesci, avrai sempre la scopa ad aspettarti per l'anno che viene, o per quello dopo ancora." disse semplicemente, stringendosi nelle spalle. "E' nel tuo sangue, Albus. Tuo nonno, io, tuo fratello..il Quidditch ce l'abbiamo dentro, noi Potter." Ci vuole poco per convincere un bambino, soprattutto quando si tratta di ricevere un gran bel regalo inatteso. E così il piccolo aveva annuito con forza, ringraziando il padre e saltellando di gioia per tutto il resto della giornata. Aveva la sua scopa, e non una qualsiasi, ma la nuovissima Nimbus. Nessuno avrebbe immaginato che poi, lui, su quel manico, non ci sarebbe mai salito.

    tumblr_inline_olcqy5CGd51tzutmw_250
    "E' finita Albus se ne sono andati. Non sei più là sopra, anzi adesso scendiamo ok?" in altre circostanze si sarebbe sottratto al contatto di Betty, sputandole addosso che non aveva alcun bisogno della sua compassione. Ma non lì, non in quel momento. Betty lo aveva colto inerme, innocuo come un coniglietto sedato che a stento muove le zampe. Si ritrovò solo ad annuire, come se in realtà fosse qualcun altro a farlo al suo posto. Lo chiamano calo della tensione: dopo un momento di forte adrenalina, ogni energia fluisce dal tuo corpo lasciandoti pressoché esanime senza che tu nemmeno te ne accorga. E' un po' come scendere da una giostra pericolosa: all'inizio hai le pupille dilatate quasi fossi sotto dopamina, e poi, piano piano, le gambe cominciano a tremarti e la differenza con la realtà a farsi sentire. Albus era piombato nel terrore da un momento all'altro, senza preavviso, e nella stessa maniera ne era uscito. Nel giro di nemmeno un'ora aveva subito più alterazioni psicologiche e sballottamenti di quanti alcuni avrebbero potuto contarne in anni. Era stato un po' come fare bunjee jumping: era precipitato nel vuoto, con lo stomaco e il cuore in gola, per poi essere spinto nuovamente su e poi di nuovo giù. La pressione sanguigna alle stelle era tracollata con la stessa velocità con cui era salita, lasciandolo in uno stato di shock e confusione in cui sarebbe stato impossibile per lui opporsi a qualsiasi cosa. Era semplicemente Albus, quasi il sistema centrale di controllo avesse ripristinato la sua versione base: quella che non finge, non si sforza a seguire un comportamento auto-imposto e che non prende decisioni sulla base dei mille annessi e connessi, ma soltanto su ciò che sente. Il velo della logica, e la maschera studiata ad hoc che portava costantemente in volto erano cadute di punto in bianco sotto il peso di quello shock e della stanchezza che aveva portato. Fu per questo che quando Betty lo prese per mano, lui non si oppose in alcun modo: non voleva farlo, o meglio, la parte di lui che si imponeva di non volerlo era troppo stanca per fingere ancora, troppo stanca per dire di no. Avrebbe voluto farlo, avrebbe voluto mantenere il punto e spingerla via come si era ripromesso di fare, ma semplicemente non ce la faceva. "Forza giù sdraiato e non ti preoccupare per le macchie d'erba, quelle si lavano via." Si lasciò spingere sull'erba, senza dire nulla, stando semplicemente attento ad attutire la caduta con le mani, solo per poi chiudere gli occhi e respirare a pieni polmoni l'aria pulita, stringendo tra le dita i fili d'erba sotto di sé. Avrebbe voluto essere inghiottito dal terreno, quell'umido, confortevole e sicuro terreno a cui la forza di gravità ti fa tenere i piedi ben saldi. "Cosa volevano quei bulletti da te?" inspirò a fondo, mantenendo gli occhi chiusi. "Volevano sapere di Olympia e Rudy, di cosa avessero fatto quest'estate. Pensano che aiutiamo i babbani." disse semplicemente, lasciando che la verità fuoriuscisse da lui senza alcun filtro. Lì per lì, Betty avrebbe potuto chiedergli qualsiasi cosa e lui avrebbe risposto in maniera sincera. In condizioni normali non avrebbe mai scaricato su di lei quanto successo pochi minuti prima: l'avrebbe solo fatta preoccupare per qualcosa a cui non poteva assolutamente porre rimedio. Inspirò ancora. "Non ha importanza. Me lo aspettavo." soffiò con una certa serena rassegnazione, come se stesse parlando del fatto che per il giorno seguente il meteo dava pioggia. Istintivamente le dita del Serpeverde andarono a sfiorare la caviglia della bionda, quasi volesse accertarsi che fosse ancora lì, proprio come un bambino che si aggrappa alla gonna della mamma. Tuttavia, quando ne ebbe la conferma, non ritrasse la mano. "Te l'avevo mai detto che mio padre mi comprò una Firebolt prima di cominciare la scuola? No, non una Firebolt, una Nimbus, il modello appena uscito." le labbra si incurvarono in un piccolo sorriso "Era molto bella." E io ero molto felice. "Il Quidditch ce l'abbiamo dentro, noi Potter: è così che ha detto." Una brevissima risata lo scosse in quel ricordo sconnesso, dettato da chissà cosa "Aah, Betty, non puoi capire la vergogna e il senso di colpa quando capii di aver deluso le sue aspettative. Diedi la scopa a James, ma cavolo se per un po' non riuscii a guardare ne' lui ne' mio padre negli occhi. Come un ladro mi vergognavo, come se avessi rubato qualcosa." Sospirò "Ed ero finito in Serpeverde, per giunta. Il che non era il massimo con tutti che mi davano del codardo perché non riuscivo a staccare i piedi da terra." A distanza di tempo sembra tutto così stupido: sembra un'idiozia che io mi sia sentito isolato e angosciato per queste cose. Ma avevo anche undici anni, e forse se non ci fosse stata quella fobia, ora sarei una persona diversa e tutto sarebbe migliore. Certe cose che ti capitano da piccolo, per quanto stupide, non le dimentichi mai, e diventano una parte essenziale di te, trasformandoti per sempre. Un altro respiro, un altro sospiro. Non aprì gli occhi, però mantenne il contatto con la caviglia di Betty, senza alcuna intenzione di lasciarlo. "Ti faccio pena?" chiese infine, quasi fosse la normale progressione di quel discorso, come se niente fosse.
     
    .
  6.     +1    
     
    .
    Avatar

    Member
    ★★★★

    Group
    Member
    Posts
    752
    Reputation
    +1,013

    Status
    Anonymes!
    Prendersi cura di Albus era sicuramente la cosa che le riusciva a meglio, Betty era una persona amorevole e non poteva fare a meno di farsi carico delle sofferenze degli altri. Anche in quel momento, incurante di tutto il dolore che le aveva causato, non riusciva ad abbandonarlo; consapevole di quanto la paura delle altezze lo sconvolgesse. «Volevano sapere di Olympia e Rudy, di cosa avessero fatto quest'estate. Pensano che aiutiamo i babbani.» Betty scosse la testa contrariata, la fuga della sorella non era passata inosservata e il preside aveva promesso di prendere seri provvedimenti nei confronti di chi si era sottratto al campo estivo. Albus dal canto suo c’era stato e la tassorosso ricordava ancora il loro scontro sulla terrazza; istintivamente si portò la mano al collo, sentendo la mancanza della collana che aveva gettato via con rabbia. «Sono solo dei cretini, mocciosi troppo cresciuti.» Odiava i prepotenti, specie per quelli talmente codardi da prevaricare sugli altri grazie al numero e alle maniere forti. «Non ha importanza. Me lo aspettavo.» Detestava quella versione rassegnata di Albus, non era da lui darsi per vinto e lasciare che i bulli si approfittassero di lui; in passato aveva sempre reagito con parole taglienti in grado di freddare i suoi avversare. Quando sentì le dita del ragazzo sfiorarle la caviglia fu quasi tentata di scappare via, dopo tutto quello che c’era stato tra di loro aveva paura anche del suo tocco; temeva di illudersi e aggrapparsi a quel piccolo gesto inutilmente per l’ennesima volta.
    tumblr_opuwgedm4F1qjz9w2o3_250
    Rimase immobile, incapace di muovere un solo muscolo. Le mancavano le carezze di Albus, così come le mancavano i suoi sorrisi e il suono della sua risata; ma con il tempo aveva imparato a farne a meno perchè aveva cominciato a capire che lui non era più lo stesso ragazzo di cui era innamorata e l'unico modo per sopravvivere era abituarsi a vivere senza. «Ha importanza invece! I tempi sono già abbastanza difficili senza che Stanley si metta a spadroneggiare.» La voce le tremava leggermente, forse ancora scossa a causa di quel breve contatto che l'aveva confusa. Respirò a fondo chiudendo i grandi occhi azzurri, lasciando che l'odore di erba e la quiete circostante agissero su di lei come un calmante. «Te l'avevo mai detto che mio padre mi comprò una Firebolt prima di cominciare la scuola? No, non una Firebolt, una Nimbus, il modello appena uscito.» Betty lo sapeva, era stata lei stessa a chiedere il motivo di quella sua avversità nei confronti delle altezze e lui si era aperto con lei senza problemi; momenti che ora le sembravano appartenere a due persone completamente diverse. «Aah, Betty, non puoi capire la vergogna e il senso di colpa quando capii di aver deluso le sue aspettative. Diedi la scopa a James, ma cavolo se per un po' non riuscii a guardare ne' lui ne' mio padre negli occhi. Come un ladro mi vergognavo, come se avessi rubato qualcosa. Ed ero finito in Serpeverde, per giunta. Il che non era il massimo con tutti che mi davano del codardo perché non riuscivo a staccare i piedi da terra.» Perchè mi dici tutte queste cose? Avrebbe voluto chiedergli, era sparito per un anno e al suo ritorno non aveva fatto altro che trattarla male; girare il dito nella piaga sembrava esser diventato il suo passatempo preferito. Le poche parole che si erano scambiate erano state piene di rancore, lei non chiedeva altro che spiegazioni e lui che la respingeva ogni volta. «Ti faccio pena?» Gli sorrise dolcemente, perfettamente a conoscenza del tumulto che lo agitava; lei stessa aveva dovuto combattere contro quelle aspettative che sentiva spesso di deludere. Lei, proprio come Albus, era un po' la pecora nera della famiglia; non aveva la caparbietà della sorella o la forte personalità dei suoi genitori. «Come puoi farmi pena per una cosa del genere?» In momenti come quello avrebbe voluto scuoterlo per farlo tornare in sé, lui era sempre stato un'anticonformista, al di sopra delle convenzioni e contrario a tutto ciò che che tendeva ad uniformarsi. Raccolse le ginocchia al petto allontanando così la mano del ragazzo dalla sua caviglia, non poteva consolarlo, dargli forza e allo stesso tempo combattere contro quei sentimenti che non facevano altro che spingerla inesorabilmente verso di lui; mettere un po' di distanza tra di loro era l'unico modo che aveva per tenersi al sicuro. «Noi non siamo i nostri genitori, quante volte te lo devo ripetere?» Portava un cognome importante il serpeverde e Betty non poteva fare altro che comprendere il fardello che si portava dietro, il bisogno di essere all'altezza di quel nome addirittura stampato sui libri di storia. «Volare non fa per te? Chissene frega, tu sei molto di più che un semplice ragazzo in sella ad una scopa.» Albus aveva un talento per la scrittura, la tassorosso adorava tutti i suoi racconti, quando ancora stavano insieme si addormentava sempre leggendo un suo pezzo. Lasciandosi travolgere dalle sue parole e dalla passione che trasudava da ogni riga. «Hai visto mia sorella no? E' forte, una donna coraggiosa e i miei genitori sono autoritari....io non sono come loro eppure ho imparato ad accettarlo.» Aveva passato anni a crogiolarsi nella disperazione di non essere abbastanza, di non raggiungere mai le loro aspettative, spaventata dall'idea di non essere perfetta. Solo con il tempo aveva capito che doveva semplicemente essere sé stessa. «Tu hai un vero e proprio talento per le parole...» Un sorriso apparve sulle labbra della ragazza, parlare di lui e la rendeva orgogliosa e allo stesso tempo la feriva un po'. «...tu arrivi alle persone in una maniera che i tuoi fratelli e i tuoi genitori non possono neanche immaginare. Sei speciale.» E hai letteralmente stravolto la mia vita, nel bene e nel male.
     
    .
  7.     +1    
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Ricercati
    Posts
    1,867
    Reputation
    +2,294

    Status
    Anonymes!

    tumblr_inline_owunjf9DeX1qlt39u_250
    Il modo in cui Betty si sottrasse elegantemente dal contatto delle sue dita lo riportò un po' più alla realtà, facendogli ricordare che tutto ciò che c'era stato tra loro, ora non c'era più..per colpa sua, e dunque non poteva nemmeno lamentarsene. Ho scelto, ho agito, ora devo prendermene le conseguenze. Deglutì amaramente, riaprendo gli occhi su quello sterminato cielo limpido sopra di lui, scoprendo le iridi grige. "Come puoi farmi pena per una cosa del genere? Noi non siamo i nostri genitori, quante volte te lo devo ripetere? Volare non fa per te? Chissene frega, tu sei molto di più che un semplice ragazzo in sella ad una scopa. Hai visto mia sorella no? E' forte, una donna coraggiosa e i miei genitori sono autoritari....io non sono come loro eppure ho imparato ad accettarlo. Tu hai un vero e proprio talento per le parole...tu arrivi alle persone in una maniera che i tuoi fratelli e i tuoi genitori non possono neanche immaginare. Sei speciale." Speciale. Una parole che aveva molteplici significati. Per alcuni, essere speciali, era un segno distintivo di pura positività. Per altri, invece, quella parola veniva pronunciata con scherno, come a definire qualcuno al di fuori della norma, un po' pietoso, passibile di prese in giro. Albus aveva ricevuto entrambi quei trattamenti, e ancora non aveva compreso quale fosse quello a meritarsi di più. Probabilmente la realtà stava da qualche parte del mezzo, e il Serpeverde era un po' geniale così come era anche un po' un fenomeno da baraccone. Di sicuro mi ci sento, un fenomeno da baraccone. Ahimè, è dura la vita quando sulle cose ci stai a riflettere un po' troppo, e Albus era decisamente una di quelle persone. Pensava e pensava, pensava sempre, pensava troppo in profondità, andando poi a perdersi delle realtà che erano molto più semplici di come le vedeva lui. Eppure è difficile, per un individuo complesso, accettare il fatto che non tutto sia della sua stessa natura. Il giovane Potter era complesso: e su questo non ci pioveva. Ogni giorno sperimentava in sé l'enorme dicotomia di sentirsi una spanna sopra gli altri e al contempo fin troppo insicuro di se stesso e delle proprie abilità per comportarsi in maniera spavalda e confidente. Non sono come loro, so di sentirmi migliore, ma sono anche troppo oggettivo per illudermi di aver ragione nel farlo, essendo cosciente di essere peggiore in sin troppi versi. Prese un lungo sospiro, facendo forza sull'addome per tirarsi a sedere, aggrottando poi la fronte in quella sua solita aria pensierosa che nascondeva un vorticare estremamente frenetico all'interno della sua testa. "No, non sono speciale." disse, di punto in bianca, scuotendo il capo, senza alcuna inflessione particolare nel tono di voce. "Sono un pezzo di puzzle finito nella scatola sbagliata: non mi incastro a nessun altro, e anche quando sembra che sia così, ti rendi poi conto che le due immagini sono diverse, inconciliabili. Provi ad abbinarlo in altre maniere, a metterlo da parte per un secondo momento..ma alla fine, a immagine completa, lo vedi chiaramente che a quella figura lui non appartiene." Stirò le labbra in una linea amara, aggrottando ulteriormente la fronte. Quella vita, per lui, era sempre stata un bel quadro: lo puoi ammirare dall'esterno, sentirti coinvolto, rimanere pure a fissarlo giorno e notte per quanto ti piace, ma sicuro come l'oro non puoi entrarci dentro. Sorrise, poi, quasi di istinto. Un sorriso che tuttavia non contagiò i suoi occhi, ma che nella propria piega era amaro come la polvere. "Però sì, a parole sono bravo. Con quelle ci ho sempre saputo fare." Se solo le parole potessero dar risposta a tutto.. Quella frase non la disse, ma il suo sospiro sembrò esprimerla comunque. Un sospiro che venne seguito dall'alzarsi dal pratino, abbassando lo sguardo su Betty per qualche istante. "E' davvero meglio che me ne vada.." disse in un filo di voce, nascondendo il più possibile tutto il dolore che quelle parole gli provocavano. Avrebbe voluto rimanere lì per sempre, con lei. Avrebbe voluto fare qualsiasi cosa tranne voltarle le spalle. Persino in quel momento il suo istinto gli diceva di allungare le dita a carezzarle una guancia, o di piegarsi a lasciarle un bacio sulle labbra, ma le scelte che aveva preso gli imponevano di trattenersi. Così tutto ciò che fece fu affondare le mani nelle tasche dei pantaloni, stringendole forti in un pugno. "Grazie." disse infine, velocemente, prima di voltarsi e andare via a passo spedito, forzando ogni fibra del suo corpo a non guardarsi indietro.
     
    .
6 replies since 7/9/2017, 14:08   116 views
  Share  
.