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    « Amunet! Ehi! Hai un momento? » Marlon Jenkins; battitore dei Serpeverde nonché Capitano della Squadra fino a nuove selezioni. Ha preso il posto di Scamander quando questo si è diplomato, ma aveva sentito Mun, che non tutti erano d'accordo con la sua nomina e che avrebbero indetto nuove selezioni al più presto. Da notare: a Mun del Quidditch non è mai interessato un accidenti. Quattordici dementi su un campo a svolazzare e suonarsele di santa ragione tra palle assassine e boccini d'oro. L'unico motivo per cui assistere alle partite, non esisteva più, e quindi così, da quel mondo, la Carrow si è estraniata sempre di più. « Dimmi tutto. » Almeno fino a quel momento. « Abbiamo un problema con il campo. Tu conosci la storia dell'accordo tra Serpeverde e Grifondoro? » Sembrava come una cosa così ovvia da conoscere, ma no, Mun non la conosceva, così scuote la testa certa che ora Marlon le rigetterà addosso una di quelle storielle fantastiche da cronisti di cui a nessuno frega un cazzo, tanto meno a Mun. « Il campo è disponibile per gli allenamenti venerdì pomeriggio, sabato in due turni mattina e pomeriggio, e domenica mattina. La domenica mattina è sempre stata dei tassi, mentre il sabato pomeriggio dei corvi. Ora siccome Grifondoro e Serpeverde continuavano a scannarsi sulle turnazioni non chiedermi come, ma la Morgenstern e Watson erano riusciti ad arrivare a un accordo. » E ora inizia tutta la spiegazione su come il venerdì sera tanto quanto il sabato mattina erano turnazioni ostiche - mai quanto il sabato pomeriggio e la domenica mattina - ma pur sempre ostiche. Così, pare che i due Caposcuola Serpeverde e Grifondoro erano riusciti a trovare un accordo intercalando le turnazioni così che una settimana Grifondoro sacrificava il venerdì pomeriggio a discapito del sabato mattina, e altrettanto faceva Serpeverde la settimana successiva. « Ecco, noi abbiamo rispettato il nostro patto, e la scorsa settimana abbiamo lasciato loro il venerdì pomeriggio. Peccato che questo venerdì pomeriggio ce li siamo ritrovati al campo. » « Jenkins, vieni al punto. » Gli dice di scatto la Carrow ormai spazientita da tutta quella storia delle turnazioni. Chi se ne frega se ci vanno di venerdì pomeriggio o di sabato mattina. « Siamo andati a parlare gentilmente con Weasley, che si è prenotato il campo, nonostante gli accordi, di venerdì, chiedendogli di liberarlo e lui si è rifiutato. » « E' un deficiente. Ok. E quindi? » « Beh ecco, mi ha detto che lui il campo se l'è prenotato in quanto Caposcuola secondo le regole e che se avevo qualche problema, dovevo rivolgermi alla mia Caposcuola, che non ha preventivamente prenotato il campo come da accordi il venerdì. » « Scommetto che ha detto: problemi vostri. » Lui annuisce. Come conosco bene i miei polli. Allora la sta provocando. Proprio non riesce a non fare lo stupido. Per quanto Mun odi il Quidditch, questa diventa una faccenda personale. « E' tutta colpa delle gite. Non vogliono più il sabato perché il sabato vogliono passarlo cazzeggiando a Hogsmeade. Ma certo. » Tutto nella norma. Certo che Freddie Weasley la fregasse seguendo le regole era una cosa piuttosto nuova e intrigante. Allora e così che vuoi giocare? E giochiamo. « Senti noi ce la caviamo da soli, per carità, ma mi sembrava giusto che tu lo sapessi. Per le prossime settimane te lo diremo con largo anticipo. Gli accordi sono saltati. » Ed è guerra. E guerra sia. « Certo. Basta farmelo sapere. » Gli rivolge le spalle pronta a tornarsene in biblioteca, quando osserva l'orologio. Manca ancora molto al'ora di cena. « Senti Marlon. Fino a che ora stanno al campo? » « Credo abbiano quasi finito; ci sta qualcuno dei nostri che li aspettano al varco. » « Jenkins ti avverto; non tollero la violenza. » E dicendo ciò lo sguardo della ragazza si fece più cupo. Aveva sentito di certe bravate al campo di Quidditch e non le aveva gradite poi più di tanto. Serpeverde era la casata degli ambiziosi, non degli animali. « E tendo a spazientirmi davvero facilmente. Quindi tu prega che non si ripeta più. Con nessuno. »

    La prima metà di settembre era volata, e così di colpo, le giornate sono iniziate ad accorciarsi, il fresco ha cominciato a farsi sentire più del solito. Si stringe nel suo giubbotto di pelle mentre attraversa il parco del castello dirigendosi a passo felpato verso il campo di Quidditch. Ryuk sempre lì, fluttuale alle sue spalle, più silenzioso che mai. Ben poco interessato ai drammi che certamente si aspetta vengano fuori tra Freddie e Mun, scompare in una nuvola nera, lasciandola finalmente da sola. Giuro che litigherei con lui tutta la vita, se solo non fosse una seccatura tanto quanto la presenza del dio della morte. Saluta alcuni compagni mentre attraversa il cortile di pietra e poi, scompare sotto i raggi del tramonto, seguendo il sentiero che porta fino alla sua meta. All'entrata ci sono Joe, Alfred e Ronald, rispettivamente a loro volta giocatori in un posizioni precarie all'interno della Squadra. « Fatemi indovinare: siete qui per fare a botte. » Li apostrofa con un sorriso chiaramente sarcastico non appena è abbastanza vicina. Joe fa per dire qualcosa, ma la Carrow alza una mano portandola alle labbra prima che lui possa dire qualcosa. Quegli occhi spiritati fanno paura. Hanno sempre fatto paura a molti. Forse ora il problema non è solo il colore dei suoi occhi, ma le sfumature che assumano quando si concentra per incastrare i suoi interlocutori. Tu sei mio, e non parlerai finché non sarò io a dirti che puoi farlo. « NO. La risposta è no Mun, siamo qui per per dedicarci parole d'amore al tramonto. » Sbuffa violentemente prima di incrociare le braccia al petto. « Lunedì abbiamo un compito di Trasfigurazione. Andate a studiare piuttosto che perdere tempo col gioco del chi ce l'ha più grosso. A questa faccenda ci penso io, come avrei dovuto sin dall'inizio se solo qualcuno mi avesse coinvolta nella questione. » Ragazzine. All'entrata nello spogliatoio maschile ci sono ragazzine che aspettano impazienti che i sette galli più riserve annesse escano per farsi belli. Le galline aspettano i propri galli. Classico. C'è anche una tipa che ha già visto con Freddie. Una moretta Grifondoro del quarto di cui non si è nemmeno dato la pena di ricordare il nome. Si fa spazio tra loro con noncuranza, dando di proposito una bella spallata alla mora, prima di entrare senza pudore alcuno all'interno degli spogliatoi. Deve ancora arrivare il giorno in cui Amunet Carrow non avrà la faccia tosta di fare qualcosa del genere. Così diversa da quella ragazzina che conoscevi. Lei una cosa del genere non l'avrebbe mai fatta. Lei non avrebbe fatto tante cose. Forse in fin dei conti sono solo una versione migliore di lei. Forse sono più forte, più audace, più intraprendente. Forse Ryuk mi ha solo insegnato come tare al mondo. C'è un giro di proteste infinito, qualche fischio, qualche battuta sconcia, ma Mun non fa caso a nessuno di loro. Non lo vedo e allora, prende di mira il primo scimmione che le si para davanti e lo fissa profondamente negli occhi. Inutile farsi grande e grosso. Smettila di gonfiare quei muscoli come un decerebrato; conosco l'anatomia abbastanza da non farmi impressionare dal primo stereotipo Grifondoro che incontri per strada. Davvero Mun. Davvero. OK.
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    « Fred Wesley. » Un reclamo, un richiamo. Non le interessa nessun altro lì in mezzo. Non le interessa il tasso di testosterone che si aggira in quell'ambiente che ha tutta l'aria di essere un stalla per porci. Non le interessa che qualcuno gira nudo quasi di proposito. Niente che non abbia già visto. E ho visto di meglio. « E' ancora nella doccia. » Gli scocca uno sguardo minaccioso, prima di superarlo dirigendosi verso il fondo degli spogliatoi. Sente risate e chiacchiere da bar tra stupidi ragazzini. Squallidi. Spalanca la porta con violenza obbligandoli a girarsi. Le festicciole sempre a tre le fate eh. « Ma che cazz- Carrow. » Lei non fa caso a nessuno degli altri due. Gli occhi incontrano immediatamente quelli della sua vittima. E' furiosa con lui. E' furiosa per quello che ha detto, per come si è comportato. Sempre il solito gallo nel pollaio. « Porca troia, ma che problemi hai? » « Vaporizzati. » Dice quindi a uno dei Cacciatori dei Grifondoro. « Hai seri problemi, psicopatica. » Oh, questa non dovevi dirlo. « E' ovvio che qui c'è chi ha problemi più grandi, tesoro. E' proprio vero ciò che si dice; più siete grandi e grossi più.. » E dicendo ciò abbassa lo sguardo verso le sue parti basse senza il minimo pudore. Poi gli rivolge un freddo sorriso sarcastico. Finite le lamentele da grifoscemi e abbandonata la sala doccia, Mun torna a concentrarsi su Freddie. In cuor suo sa che avrebbe potuto aspettare, sa che quella non è la situazione migliore per discutere di determinati argomenti ma in cuor suo, si convince che il suo sia un peccato di infamia e nient'altro. Non avrai neanche la dignità di spiegarti con qualcosa addosso. No ti meriti nemmeno quella. Gli schiaffa quindi contro il petto il foglio delle prenotazioni del campo prima di incrociare le braccia al petto. « Convivenza pacifica dicevi, ma certo! » Sospira lungamente scuotendo la testa. « Uno. Non hai alcun diritto di parlarmi alle spalle. » Pausa. « Due. Non ti permetto di mancarmi di rispetto. » Altra pausa. « Tre. Non hai rispettato il patto tra Serpeverde e Grifondoro, e hai fottuto il campo alla mia squadra solo per dimostrare di essere il migliore. » Cerca di calmarsi ma a dirla tutta non ci riesce. Lo odia, odia il suo modo di essere, odia il fatto che debba sempre farla incazzare i quel modo. « Quindi per i prossimi due venerdì, Serpeverde si prende il campo. E pretendo che tu faccia le tue scuse a me, e a tutta la nostra squadra. »




    Edited by #DeathNote - 15/9/2017, 09:23
     
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    « Per il campo come hai risolto? » Domanda Malia, mentre oltrepassano il sentiero che li divide dal campo. Scope in spalla, divise da quidditch perfettamente messe a nuovo. Gli era mancato così tanto quel contesto. Soltanto un anno fa, stipato e paralizzato sotto quelle dannate lenzuola di quel fottutissimo letto d'ospedale, non avrebbe mai creduto che sarebbe tornato. Sua madre Angelina, ovviamente, non lo sapeva ancora. Le sarebbe preso un infarto con ogni probabilità, non prima però di averlo menato male. I dottori gli avevano altamente sconsigliato qualsiasi tipo di contatto col volo in generale, figuriamoci il quidditch. Ma ricordate? E' di Fred Weasley che stiamo parlando. Quindi eccolo quì, perfettamente impacchettato nella sua divisa bianca e rossa, a sfilare in quel campo come se fosse l'unica cosa che abbia mai saputo fare. « Non ho risolto. » Si stringe nelle spalle, un sorriso angelico a dipingergli il viso. Un gran caro ragazzo, questo Weasley, ma quando si tratta di fregare la gente, si è sempre trovato in prima fila. Ce l'ha nel sangue, e quella furbizia inesistente per tutto ciò che riguarda la vita quotidiana (come ad esempio le verifiche in classe), è sempre riuscito ad esercitarla alla perfezione nell'arte della truffa. Un piccolo criminale, in poche parole. Malia ride, mentre oltrepassano l'enorme ingresso del campo. Si guarda attorno, respirando a pieni polmoni quell'aria di libertà, fin quando...« Weasley! » Fottiti. Si gira roteando su sè stesso, l'espressione palesemente scocciata. Dinnanzi ai suoi occhi, la figura smilza di Marlon Jenkins avanza verso di lui. Capitano della squadra di Serpeverde, nonchè colui al quale ha rotto il naso una volta durante una rissa dopo-partita per averlo fatto volare dalla scopa senza motivo alcuno. Insomma, non uno dei suoi migliori amici, potremmo dire. In pochi minuti, l'intera combriccola verde-argento si palesa dietro il loro capitano, e ciò non fa altro che fare indisporre ulteriormente un Fred Weasley già di per sè parecchio scocciato. In questi giorni gran parte della sua pazienza sembra esser andata a farsi benedire. « Cosa volete? » Mormora dunque, senza degnare nessuno di loro di un solo sguardo. « Il campo, oggi tocca a noi, e tu lo sai. » « E, di grazia, dove sta scritto? L'ho prenotato secondo le regole, e tu lo sai. » Si stringe nelle spalle con indifferenza, posizionando la sua nimbus per terra e sistemandosi alcuni lacci della divisa. « La tua è una vendetta contro la Carrow, Weasley? » E questa lo colpisce in pieno. Si gira di scatto, gli occhi ridotti ad una fessura ed i pugni serrati. Classica posizione di quando sta per mollare una testata contro qualcuno. Ciò nonostante, respira profondamente, scacciando qualsiasi istinto omicida con una scrollata di spalle. Non è in vena di litigare, non anche oggi. « Punto primo: non sono affari che ti riguardano. Punto secondo: non è un problema mio. Se hai qualche risentimento, suggerisci alla tua caposcuola di esser più veloce la prossima volta. » Ahia, quì siamo di fronte ad un Weasley palesemente morsicato dalla tarantola. Non la vedeva dal giorno del banchetto. Amunet era tornata ad essere un fantasma per lui e lui, animato di quella buona percentuale d'infantilità che lo aveva sempre caratterizzato, aveva incassato il colpo somatizzando la cosa. E somatizzandola parecchio male, come suo solito. Marlon lo osserva per qualche istante in cagnesco, bloccando due dei suoi scagnozzi dall'andargli contro. Fred inarca un sopracciglio, scettico, prima di rigirarsi e far loro un gesto di congedo con la mano. Solleva poi la sua scopa, montandovi sopra ed iniziando a levitare. « La pagherai Weasley! » Quella voce giunge lontana, mentre il Grifondoro ride, salendo sempre più di quota. « Sto tremando! »

    Un allenamento come tutti gli altri, niente di più niente di meno. Un allenamento come tutti gli altri che, ad un Fred Weasley ancora arrugginito, era sembrata la cosa migliore di sempre. Aveva sfrecciato sfidando qualsiasi regola della gravità, sfidando il vento che sembrava volerlo disarcionare dal manico di scopa a tutti i costi. Aveva roteato, fatto capriole su sè stesso, sceso in picchiata per poi risalire giusto un attimo prima dallo schianto contro il suolo, ed aveva riso, riso come un matto mentre i fischi dei suoi amici accompagnavano ogni suo movimento. C'era stato anche un momento in cui era caduto dalla scopa, a causa di una fitta alla schiena che l'aveva colto di sorpresa, ma per fortuna si trovava a pochi metri da terra, quindi si era limitato a rimanere lì, steso sul prato, a continuare a ridere di fronte ad una Malia Stone preoccupata e decisamente sbiancata per via della sua caduta. « Sono sicuro che Allan ed Alfred ci aspetteranno al varco. Quelli non vedono l'ora di sporcarsi le mani ogni volta. » Asserisce Baxter, sfilandogli accanto completamente nudo. Si trovano all'interno degli spogliatoi al momento, per la precisione nella sala docce. Fred si gira, prima di proferire un'espressione disgustata e voltarsi di nuovo. « Che schifo amico avverti quando stai nudo! Ho bisogno di una preparazione psicologica prima. » Squittisce ridacchiando, lanciandogli un'asciugamano di sopra. Gira poi la manopola della doccia, sgusciando sotto il getto dell'acqua mentre si strofina gli occhi con le mani. « Comunque, in quel caso, noi ce le sporcheremo di più, cos'è il quidditch senza qualche rissa? » Si passa entrambe le mani tra i capelli poi, scostando alcuni ciuffi umidicci da sopra la fronte. « E della Carrow non hai paura? "suggerisci alla tua caposcuola di esser più veloce la prossima volta" quel coglione di Marlon farà la spia tipo subito lo sai vero? » Lo sa, e forse è proprio per questo che gliel'ha detto. Forse è proprio perchè, nonostante tutto, non riesce a starle lontano per troppo tempo pur provandoci. O forse proprio perchè non è riuscito a sopportare il modo in cui l'abbia ignorato tranquillamente al banchetto d'inizio anno. « Oh beh, dovrà scendere dal piedistallo prima di venirmi ad uccidere, tranquillo. » Un Fred Weasley offeso è un Fred Weasley coglione. A dirla tutta, Amunet non gli ha fatto nulla. Ed è proprio quel nulla ad aver fatto male più di ogni altra cosa. Non sa cosa si aspettava, non sa neanche se abbia mai avuto il diritto di aspettarsi qualcosa, e tutti questi dubbi contribuiscono ad indispettirlo ancora di più, rendendolo un covo di frustrazione e risentimento. « Quella è matta, Fred, io ci starei attento. Ma d'altra parte...Chi meglio di te può conoscerla? Era pazza pure sotto le coperte o riuscivi a domarla? » Si gira di scatto, il rosso, fulminandolo con lo sguardo. Ed eccolo, Weasley, che nonostante sia il primo a toccarla, non vuole che nessun altro gliela tocchi. Non vuole che nessun'altro le manchi di rispetto, che parli di lei in una certa maniera, che pensi a lei in una certa maniera. Un sentimento da troppo tempo assopito rimonta in lui: gelosia. Lo prende alla sprovvista, costringendolo a concentrarsi sul getto d'acqua ormai gelido per non lasciarsi sopraffare e culminare il tutto in una testata in pieno volto contro il povero Baxter. « Non costringermi a staccartelo, Bax, già stai messo male di tuo. » Annuncia dopo qualche istante, sforzandosi di proferire un tono di voce scherzoso, con scarsi risultati. Freddie Weasley è sempre stato un tipo oltremodo geloso e protettivo sino allo strenuo delle forze. Specialmente con lei.

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    « Ma che cazz- Carrow. Porca troia, ma che problemi hai? » Si gira di scatto, e per poco non gli prende un colpo. Parli del diavolo... « Vaporizzati. » E spunta Amunet Carrow. Si premura ad agguantare la prima asciugamano che ha a portata di mano per coprirsi alla meno peggio, mentre osserva impotente lo scontro tra la sua ex ragazza ed uno dei suoi amici più cari. Lei riesce a zittirlo in pochi istanti, sfrontata e senza il minimo pudore. La furia è stata liberata. E' un'Amunet diversa dalla ragazzina che ricorda, quella che riusciva a fare arrossire tutte quelle volte in cui le parlava di roba oscena (e fidatevi, con uno come Weasley come ragazzo, le porcate sono all'ordine del giorno). E forse non dovrebbe, forse dovrebbe terrorizzarlo, ma gli piace. Deglutisce rumorosamente non appena i suoi compagni decidono di lasciarli soli e lo sguardo glaciale di lei è su di lui. Si stringe meglio l'asciugamano ai fianchi, istintivamente. « Convivenza pacifica dicevi, ma certo! » Ahia « Uno. Non hai alcun diritto di parlarmi alle spalle. Due. Non ti permetto di mancarmi di rispetto. Tre. Non hai rispettato il patto tra Serpeverde e Grifondoro, e hai fottuto il campo alla mia squadra solo per dimostrare di essere il migliore. » E' arrabbiata, è visibilmente irata e lo è con lui. Il suo piano improvvisato è riuscito, senza che fosse mai stato effettivamente un piano. Ottimo lavoro Weasley, adesso ti becchi una Carrow incazzata. « Quindi per i prossimi due venerdì, Serpeverde si prende il campo. E pretendo che tu faccia le tue scuse a me, e a tutta la nostra squadra. » ..E quì casca qualsiasi possibilità che Fred Weasley possa dire o fare qualcosa di intelligente e sensato. Vedete: è un coglione. Fred appartiene a quella categoria di persone che seppur in torto marcio, preferirebbero tagliarsi un braccio piuttosto che chiedere scusa. Chiude la doccia, facendo qualche passo verso di lei. « Precisamente, quand'è che ti ho mancato di rispetto? Quando ho prenotato il campo per la mia squadra seguendo le regole? » Si va in scena. « Ho solo consigliato ai tuoi pulcini di esporre il problema a te, in quanto caposcuola, dovresti esser contenta che siano stati tanto obbedienti, significa che il tuo regime funziona. » Si stringe nelle spalle « Non puoi ricordarti di me soltanto quando hai voglia di spalarmi merda addosso. Quindi, la mia risposta è: no. » Le va incontro, aspettandosi il peggio ma cercandolo comunque. « Non chiederò scusa nè a te nè a nessun'altro per qualcosa che non ho fatto. Inoltre, a cosa servirebbe, sei brava ad ignorare le scuse tu. » Inarca un sopracciglio, sfidando il suo sguardo. « Quindi, adesso cosa farai? Strategie di guerra contro un mio possibile rifiuto le avevi programmate già? » Le si para davanti, a pochi centimetri, lanciandole una rapida occhiata e, istintivamente, mordendosi il labbro. Un'Amunet arrabbiata + un Fred Weasley nudo è una combinazione esplosiva. Esita qualche istante, lo sguardo fisso sulle labbra di lei per un motivo imprecisato o forse ben preciso. Sospira, tentando di riacquistare lucidità. « Mentre decidi di che morte farmi morire posso andare a mettermi qualcosa addosso? O dobbiamo continuare a litigare con me nudo? O forse è proprio questo che vuoi? » No perchè partirei in svantaggio, Mun, questo è giocare sporco.
     
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    Freddie e Mun. Mun e Freddie. Da soli, pacati, a tratti gentili, disponibili al prossimo, prettamente affabili. Non certo fatti della stessa pasta. Se un è luce, l'altra è tenebra, ma nella loro forma dormiente poco propensi a esplodere. Poi s'incontrano ed è come se un intero mondo fatto di bombe atomiche venisse improvvisamente attivato. Nel bene e nel male, c'è sempre la certezza che quei due daranno spettacolo. Hanno dato spettacolo stando insieme e continuano a dare spettacolo ora. Un Weasley e una Carrow insieme? Nulla di buono può pervenire da una simile unione o da una simile incompatibilità di fondo. « Precisamente, quand'è che ti ho mancato di rispetto? Quando ho prenotato il campo per la mia squadra seguendo le regole? » « Ecco, tanto per essere chiari, questo ti meriti per andare dietro al calciatore. » Ryuk è chiaramente team Mun e si diverte a vederla combattere e reprimere i suoi istinti più reconditi più o meno da due anni a questa parte. L'ha plasmata bene, il suo dio della morte, l'ha plasmata in modo tale che divenisse intoccabile, implacabile. Le ha dato accesso a una nuove se stessa che alla Carrow, a dirla tutta, piaceva. Le piaceva sentirsi scivolare di dosso qualunque cosa le venisse detto. Le piaceva il modo in cui reagiva a qualunque situazione, il modo in cui sapeva quasi in ogni momento come reagire e come comportarsi. Ecco, a una cosa tuttavia, Ryuk, non è mai riuscita ad avere accesso. Freddie. Freddie rientrava nella sua sfera più intima, qualcosa che certamente apparteneva al passato, ma che lo shinigami non era stato in grado di rielaborare, trasformare in qualcosa che potesse essere utilizzato a suo piacimento. C'erano due cose che quindi Ryuk non poteva manovrare; il passato con Freddie, e qualunque cosa sarebbe accaduto nel futuro, grazie alla versione che Ryuk stesso ha messo in piedi per Mun. E infatti, eccolo, osservare compiaciuto e al contempo intrigato quanto la sua protetta riuscirà a fare con quella nuova leva di conoscenza e consapevolezza che le è stata messa a disposizione. « Ti prego, non prendermi per il culo ulteriormente; sei uno squallido approfittatore. » E c'è così tanto risentimento in quelle parole. Così tanta tensione che sta rilasciando tutta insieme; perché finché Mun viene apostrofata su questioni politiche che non le appartengono direttamente, va bene, ma provate a farla sembrare una scema di primo ordine agli occhi degli altri, e vi beccherete in pieno l'arpia.
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    « Mi hai fatto sembrare una perfetta idiota! Tu lo sapevi! » E dicendo ciò gli punta l'indice contro scuotendo la testa. « Sapevi che il Quidditch è l'ultima delle mie preoccupazioni. Te ne sei approfittato e questo non è rispettare i tuoi colleghi. » Furiosa eppure così diplomatica. E' questo ciò che siamo diventati? Probabilmente si. Colleghi è una cosa che posso accettare. « Ho solo consigliato ai tuoi pulcini di esporre il problema a te, in quanto caposcuola, dovresti esser contenta che siano stati tanto obbedienti, significa che il tuo regime funziona. » Sbuffa pesantemente, scuotendo la testa e ancora, sempre più incredula. Ormai è una questione di principio. « Non puoi ricordarti di me soltanto quando hai voglia di spalarmi merda addosso. Quindi, la mia risposta è: no. » Ooooh figlio di.. « Insomma, cosa ti aspettavi dal gallo nel pollaio? » Chiudi quella cazzo di bocca. Sa che Ryuk non può sentirla. Ma spera che quanto meno quel stringere i pugni fino quasi a farsi sanguinare i palmi lo aiuti a capire che non è il momento perché lui ci si metta con le sue battute. « Qualcuno di voi due si è per caso scordato che questo è lo spogliatoio dei maschi.. e il pollo allo spiedo qui presente è nudo? » Serra la mascella corrugando le sopracciglia. Incrocia le braccia al petto; lo sguardo ben piantato nel suo. « Ripetilo, per favore. » Sfidano a colpi di fuoco e ghiaccio. Occhi chiari contro occhi scuri. Se Fred Weasley pensa che questa Amunet Carrow accetterà un no come risposta non ha capito contro chi si sta mettendo. « Avevamo un accordo. Esigo che venga rispettato.. altrimenti.. » Un sorriso di sfida, sarcastico, completa la frase. Altrimenti è guerra, Freddie. « Non chiederò scusa nè a te nè a nessun'altro per qualcosa che non ho fatto. Inoltre, a cosa servirebbe, sei brava ad ignorare le scuse tu. » « Beh, si difende bene il ragazzo. Continuo a pensare che sia altamente stupido, ma non possiamo non ammettere che un po' di ragione ce l'ha, bimba. Sei tutta zero tolleranza tu. Guarda se gli avessi dato il contentino ora non ci trovavamo qui. Vuole solo una cosa; vedrai come se ne sta buono buono quando l'avrà ottenuta. » Piuttosto mi taglio un braccio; entrambe le braccia; tutti e quattro gli arti. Sa che Ryuk sta solo cercando di provocarla, farla innervosire ulteriormente, perché sa che finché Mun è calcolata e calma, non è divertente. Non come quando non ci capisce più niente e tutto quel fervore viene fuori. Dove sei, Ares, quando c'è bisogno di te? « Quindi, adesso cosa farai? Strategie di guerra contro un mio possibile rifiuto le avevi programmate già? » Scoppia a ridere. Ma andiamo, allora me le servi su un piatto d'argento. « Oh, Freddie caro, nessuna è più ferrata di me nell'accusare i colpi inflitti dai tuoi rifiuti. » E per una volta Mun decide di abbassarsi al suo livello. Freddie rende tutto persone, Freddie non riesce a separare se stesso dal suo ruolo di giocatore di Quidditch e tanto meno dal suo ruolo di Caposcuola. Mun ci riesce benissimo, ma è ovvio che non vincerà questa guerra, giocando pulito. E se giocare sporco è ciò che serve per abbattere la cresta al Re Leone, la Carrow e pronta a sporcarsi le mani. « Ouch! ..sottile. » Ma nemmeno troppo. Le si avvicina, più del dovuto. Ogni limite è stato superato. E poi si morde il labbro, e Mun, per un momento, è costretta a tirare un lungo sospiro. Non distoglie lo sguardo. Se bisogna giocare al gioco del chi distoglie lo sguardo per primo, non sarà certo Mun a dissentire. Il battito cardiaco aumenta, ma lei non batte ciglio. Si inumidisce appena le labbra mostrandogli quell'espressione impenetrabile di chi non è affatto colpito. « Mentre decidi di che morte farmi morire posso andare a mettermi qualcosa addosso? O dobbiamo continuare a litigare con me nudo? O forse è proprio questo che vuoi? » Il sorriso malizioso le spunta sul volto istintivamente. Quel sorriso da perfetta stronza di prima categoria. No. Non sono affatto colpita. « Ah quindi non vi siete scordati del fatto che lui è nudo.. stavo solo controllando. » « Freddie, Freddie, Freddie.. » Un leggero sospiro mentre l'unghia smaltata di nero percorre la sua guancia, il leggero accenno di barbetta. Scuote la testa e sospira. « Ma certo che è ciò che voglio. » Sorpresi? Aspettate e godetevi il resto dello spettacolo. Il sorriso scompare di colpo dal suo volto e il freddo gelo ricompare su quel suo volto angelico mentre la mano si sposta sui lembi dell'asciugano afferrandolo. « Non ti meriti il lusso di parlare di cose serie da persona dignitosa. Perché non sei una persona dignitosa. » E così facendo glielo sfila, indietreggiando. Perché la nudità, per quanto per due ex amanti possa essere un'ottima distrazione, resta pur sempre motivo di imbarazzo, soprattutto quando la confidenza di certi gesti è scomparsa. Soprattutto quando non si ha più alcuna famigliarità con l'altra persona. Soprattutto quando l'altra persona non mostra alcun segno di cedimento. E di questo che si convince Mun, mentre indietreggia. « Faremo così: ti perdono, perché evidentemente quando hai pensato di sfidarmi dovevi essere sotto l'effetto di qualche acido molto potente. » Lo sguardo torna a sfidare il suo. « I Serpeverde si prenderanno i prossimi due venerdì, dopo di che torneremmo a usare la solita turnazione dell'anno scorso. I miei sono contenti, i tuoi lo sono altrettanto, e nessuno si fa del male. » Perché qualcuno si farà del male se non dovessi cedere. « Fidati; è il patto migliore che tu possa ottenere, Weasley. » Dicendo ciò lasciò cadere l'asciugamano per terra, mostrandogli nuovamente un sorriso di aperta sfida. Non raccogliere il guanto, Freddi. Non farlo. Resta al tuo posto. « Forse, e dico forse, pensi di sfidare la tua ex ragazza, quella che ti pendeva dalle labbra e arrossiva a qualsiasi cazzata tu dicessi. Consiglio spassionato? Non ci provare. » Quella smidollata è scomparsa molto tempo fa Freddie. Che ti piaccia o meno, c'è una nuova stronza nel Distretto di Hogsmeade. « Non sfidarmi, perché ti farai male. Tu, questa Mun non la conosci. E faresti meglio a non farmi arrabbiare.. troppo. » Non provocarmi Freddie. Non farlo.

     
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    Vedete, Freddie è un ragazzo buono. Una di quelle persone su cui sai di poter contare, per quanto effimero possa rivelarsi alle volte. Fred è un ragazzo buono, sì, ma non sempre. Non quando viene attaccato. Qualora questo succeda, il Weasley lascia trasparire il lato peggiore di sè, il rovescio della medaglia. Non lo fa neanche apposta la maggior parte delle volte, ma è così che accade. E allora è così che il Grifondoro dal sorriso perennemente stampato sul viso da bonaccione scompare, lasciando spazio allo stereotipo del Grifondoro stronzo. Perchè sì, Fred Weasley è uno stronzo. Forse alle volte riesce a mascherarlo, forse alle volte neanche se ne accorge, ma così rimane. Un gradasso, talvolta persino egoista, cocciuto come un mulo, pronto ad attaccarti al minimo sgarro. « Ti prego, non prendermi per il culo ulteriormente; sei uno squallido approfittatore. » Ma se Fred è fuoco, potenza fisica, impeto e passione, Mun è ghiaccio, forza intellettuale, acutezza ed audacia. E così, questi due titani si scontrano in una guerra che culminerà probabilmente senza alcun sopravvissuto. Divertente come il destino abbia scelto di piazzare proprio loro due a capo delle due casate sin dall'alba dei tempi nemiche. Due ex amanti, uno l'opposto dell'altra, a fronteggiare una faida vecchia come il mondo. Divertente, pericoloso sì, ma oltremodo divertente. Quando aveva saputo della carica di Amunet, Fred aveva perso qualche battito. In fondo avrebbe dovuto aspettarselo, non conosceva serpeverde che reincarnasse al meglio le caratteristiche della propria casa migliore di lei. Eppure, se da un lato era stato contento che fosse salita, dall'altro aveva avuto paura. Paura che quella convivenza pacifica che le aveva proposto, avrebbe perso anche la minima speranza d'esistere. Che si sarebbero ritrovati a combattere una guerra molto più grande e radicata di loro. E infatti eccoli, Mun e Freddie, i due titani, a scagliarsi fendenti l'uno contro l'altra. « Mi hai fatto sembrare una perfetta idiota! Tu lo sapevi! Sapevi che il Quidditch è l'ultima delle mie preoccupazioni. Te ne sei approfittato e questo non è rispettare i tuoi colleghi. » Inarca un sopracciglio, visibilmente scettico, mentre una risata sarcastica gli scuote il petto. « Non mi sembra tu abbia pensato al rispetto tra colleghi quando mi hai oltrepassato al banchetto e mi hai ignorato per tutto il restante tempo. Quindi che ti aspetti adesso, rose e fiori? » Si stringe nelle spalle, fingendo indifferenza. Questa me la sono legata al dito Carrow. Infantile ed immaturo? Certo. Questo è Fred Weasley, in fondo. Questo è sempre stato e forse lo sarà sempre, meglio non farsi troppe domande o soffermarsi particolarmente sulla faccenda. E' fatto così, soffre quando non può rinfacciare le cose alle persone. « Ripetilo, per favore. » Sibila lei, le braccia incrociate al petto e lo sguardo glaciale fisso nel suo. Quegli occhi di ghiaccio lo fanno rabbrividire, ma non ci fa caso, ed anzi si impegna a marcare il labiale scandendo un N-O bello e buono. « Avevamo un accordo. Esigo che venga rispettato.. altrimenti.. » Vorrebbe chiederle cosa, altrimenti cosa, provocarla ulteriormente fino al limite, sino a farle perdere completamente la testa, ma il sorriso sarcastico di lei vale più di qualsiasi risposta. Lo sta sfidando, vuole guerra, e guerra avrà. A Fred non è mai piaciuto litigare. A Fred non è mai piaciuta la violenza gratuita, di qualsiasi tipo essa sia. Ma ci troviamo di fronte ad un leone intaccato nell'orgoglio, offeso da tutta quella situazione del cazzo, quindi ogni regola, ogni preambolo, sono svaniti. « Oh, Freddie caro, nessuna è più ferrata di me nell'accusare i colpi inflitti dai tuoi rifiuti. » Ed i fendenti di quella guerra fanno male. I fulmini di quella tempesta lo colpiscono in pieno, penetrandogli nella carne ed aprendo una voragine di dolore. « Sei ancora sicura che io non sia il centro dell'universo? Perchè in un modo o nell'altro, arrivi sempre allo stesso argomento. » Ma non abbandona lo scudo e si rialza, a testa alta. In guerra tutto è lecito, anche essere così stronzi. E questo Mun e Freddie sembrano averlo capito bene, a quanto pare. Ma per quanto si sforzi ad esser bravo in quella guerra, Mun è più brava. Questa Amunet che non conosce, forgiata da delle forze che non ha mai visto, è più brava in tutto ciò che fa. Negli sguardi che gli lancia e nei sorrisi maliziosi che gli dedica. Sono vicini, tremendamente e pericolosamente vicini, e lei sembra non aver nemmeno notato la cosa. Ma anzi, i suoi occhi spiritati continuano a fissarlo, decisi a non calare lo sguardo e lasciarlo vincere. E Freddie abbassa le difese, continuando a mordicchiarsi l'interno della bocca mentre tenta di far calare quello strano torpore che sembra star crescendo dentro di lui ogni secondo che passa. « Freddie, Freddie, Freddie.. » E la Carrow, quella Carrow capace di spezzare ogni tua barriera con solo uno sguardo, sembra averlo capito. Sembra aver capito il suo punto debole: lei stessa. Quei suoi occhi e quel suo sorriso, quelle sue mani gelide sulla propria pelle, a graffiarla leggermente con le unghie perfettamente smaltate. Deglutisce rumorosamente mentre sospira, lo sguardo fisso in quello di lei. Dove vuoi arrivare vorrebbe chiederle, ma vedete? Freddie è pur sempre un maschio. Un maschio nudo di fronte alla sua ex ragazza che ovviamente non ha mai ancora smesso di desiderare. « Ma certo che è ciò che voglio. » E quindi, in poche parole, è facile distrarlo. Le è facile distrarlo. Si inumidisce le labbra, trattenendo il respiro mentre le mani di lei si posano sui lembi dell'asciugamano che lo copre. « Non ti meriti il lusso di parlare di cose serie da persona dignitosa. Perché non sei una persona dignitosa. » Non ha neanche il tempo di risponderle, nè tanto meno capire cosa stia succedendo, che si ritrova di nuovo nudo. Alza lo sguardo verso di lei, adocchiando l'asciugamano stretta tra le sue dita affusolate, e d'istinto si copre con le mani. « Ma che ca- » Hai provocato l'arpia, adesso ti tocca combattere. Sente un fastidioso calore alle guance e capisce di stare arrossendo. Intendiamoci: Fred e la vergogna viaggiano su due strade parallele che non si incontreranno mai. Certo, girare nudo per la scuola non è tra le sue ambizioni principali, ma non si è mai sentito particolarmente a disagio in situazioni di questo genere. Prima d'ora. Prima di trovarsi di fronte a quella statua di ghiaccio che continua a guardarlo con indifferenza nonostante l'abbia praticamente spogliato. Amunet lo conosce, conosce alla perfezione ogni centimetro del suo corpo così come lui conosce quello di lei. Indietreggia di qualche passo. Non dovrebbe provare vergogna nel mostrarsi di nuovo ai suoi occhi, eppure non può farne a meno. Perchè quella Carrow è un'estranea, una sconosciuta capace di guardarlo senza pudore alcuno. « Faremo così: ti perdono, perché evidentemente quando hai pensato di sfidarmi dovevi essere sotto l'effetto di qualche acido molto potente. I Serpeverde si prenderanno i prossimi due venerdì, dopo di che torneremmo a usare la solita turnazione dell'anno scorso. I miei sono contenti, i tuoi lo sono altrettanto, e nessuno si fa del male. Fidati; è il patto migliore che tu possa ottenere, Weasley. » Lascia cadere l'asciugamano per terra, ma il Grifondoro rimane immobile per qualche altro minuto, l'espressione visibilmente confusa: deve ancora incassare il colpo. « Forse, e dico forse, pensi di sfidare la tua ex ragazza, quella che ti pendeva dalle labbra e arrossiva a qualsiasi cazzata tu dicessi. Consiglio spassionato? Non ci provare. Non sfidarmi, perché ti farai male. Tu, questa Mun non la conosci. E faresti meglio a non farmi arrabbiare.. troppo. » Pausa.
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    Ed ecco che Weasley si trova di fronte ad una scelta: essere sè stesso ed andare incontro a morte certa, o, per una buona volta, agire con razionalità ed ammettere di non esser abbastanza forte per contrastare tutto questo. Indovinate un po' cosa sceglierà? Indovinatelo mentre si cala ad agguantare l'asciugamano, stringendola tra le dita per qualche istante. « Tu non perdoni me perchè io non ti ho fatto proprio un cazzo. » Indovinatelo dal suo tono di voce palesemente incazzato, e dal modo in cui solleva quell'asciugamano per rilanciargliela contro, in pieno. Ha colto il guanto di sfida e ce l'ha schiaffeggiata platealmente. Si scopre dunque, allargando le braccia e girando su sè stesso. « Ti stai divertendo tanto ad umiliarmi per una stronzata del genere? Bene, allora chi sono io per negartelo? » Cerca il suo sguardo, ignorando quel leggero senso di vergogna che lo pervade. Se è questo ciò che vuole, questo avrà: guerra. « Torneremo alla turnazione stabilita dai patti, ma non ti concedo nessun venerdì bonus perchè la mia squadra non ha nessun debito con te. Io non ho nessun debito con te. Quindi, consiglio spassionato? Il prossimo venerdì pensa meno a sistemarti la corona e sii più veloce a prenotarti il campo. » Uhhhh, tagliente. Si avvicina di nuovo a lei, così tanto da sfiorarla col proprio corpo, il viso a pochi centimetri dal suo. « Ah,se non l'avessi capito: sì, ti sto sfidando. Quindi, è il caso di chiederti, altrimenti che fai? » Pausa « Fammi conoscere questa nuova Carrow, forza, vediamo quanto riuscirà a farmi male. Suggerimento: impegnati un po' di più di quanto hai fatto sinora, che i trucchetti da stronzetta di quartiere mi impressionano poco. » In poche parole: autodistruzione.


    Edited by boys don't cry - 14/9/2017, 21:39
     
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    « Non mi sembra tu abbia pensato al rispetto tra colleghi quando mi hai oltrepassato al banchetto e mi hai ignorato per tutto il restante tempo. Quindi che ti aspetti adesso, rose e fiori? » « Rettifico tutto quello che ho detto. » Mun è incredula e non fa niente per nascondere quell'aperto essere contrariata e decisamente confusa. Non sta dicendo sul serio. Ora si mette a ridere, vedrai, ora si metterà a ridere assolutamente. Ma Mun ha spesso e volentieri troppa fiducia nel genere umana; forse ha troppa fiducia nel fatto che per una volta Freddie farà la cosa giusta. E lui non lo fa; se al mondo ci fosse un'unica strada sbagliata e infinite giuste, lui riuscirebbe comunque a capire su quella sbagliata. « Sei ancora sicura che io non sia il centro dell'universo? Perchè in un modo o nell'altro, arrivi sempre allo stesso argomento. » « OH PER L'AMOR DEL CIELO MANTIENI UN FILO DI DIGNITA'. Stai facendo tutta questa sceneggiata e poi sarei io a non avere ben chiaro il centro del mio universo? » E' apertamente alterata. Mun lo conosce; sa che quando viene messo all'angolo si comporta così. Infantile, immaturo, e non c'è modo di fargli vedere la verità, non c'è modo di dimostrargli che le sue azioni non fanno altro che affossarlo ulteriormente. Ma questa volta ha passato il segno. Ha messo di mezzo alle loro comuni responsabilità le sue personalissime turbe, una cosa che Mun tollera ancor meno degli inutili drammi, di quelle liti che trova semplicemente una perdita di tempo. In mente le torna il discorso che lei e Nathan hanno avuto un paio di giorni fa. Andiamo, davvero non ti piacerebbe diventare Caposcuola insieme a lui? In onore dei bei vecchi tempi. E lei aveva risposto Sarebbe una catastrofe di proporzioni bibliche. Mun non sbagliava mai. Si sarebbe strappata quella spilla dal petto se solo sarebbe servito a qualcosa. Ma non serviva. Freddie avrebbe continua a darle il tormento, perché lei aveva deciso di chiuderlo fuori, dopo che lui l'ha lasciata. Ne è attratta, sa che è attratta da lui, sa che c'è tensione, desiderio, bisogno di vicinanza, ma al contempo non riesce a capire se sia un sentimento vero o semplice nostalgia. Si è chiesta così a lungo cosa sarebbe successo se solo lui quel giorno, invece di allontanarsi avrebbe corrisposto le sue parole. Ha sempre bramato scoprirlo, ma non ha mai considerato il fatto che la distanza e i risentimenti, le parole non dette, tra loro, si sarebbero dimostrati un pozzo senza fondo a sperarli. Freddie e Mun. Mun e Freddie. Camminano su un filo del rasoio intenti a raggiungersi, ma non ci arrivano mai. Sarebbe una catastrofe. E' una catastrofe. « Tu non perdoni me perchè io non ti ho fatto proprio un cazzo. » Sospira scuotendo la testa, mentre un sorriso sarcastico le imperla le labbra. Alzare gli occhi al cielo le viene spontaneo, prima di tornare a fissarlo, in attesa di un'altro dei suoi spettacolini ridicoli, che arriva prima ancora che possa finire di pensarlo. « Ti stai divertendo tanto ad umiliarmi per una stronzata del genere? Bene, allora chi sono io per negartelo? » Incrocia le braccia al petto mentre inclina leggermente il volto di lato. Accidenti! E' sempre un bel vedere. Non le piace il fatto che Freddie giochi al suo stesso gioco. Non le piace il fatto che rincari la dose. Non le piace che strada sta prendendo quel gioco. Perché a un certo punto, a forza di tirare la corda, la corda si spezza, e questa qui, sta già mostrando i primi segni di cedimento. « Torneremo alla turnazione stabilita dai patti, ma non ti concedo nessun venerdì bonus perchè la mia squadra non ha nessun debito con te. Io non ho nessun debito con te. Quindi, consiglio spassionato? Il prossimo venerdì pensa meno a sistemarti la corona e sii più veloce a prenotarti il campo. » Questa vicinanza, ha qualcosa di così naturale. Lei indietreggia, ma lui la segue, senza remore, senza vergogna. Il pudore ha smesso di esistere, sia da parte di lei che da parte di lui. Non hanno motivo di vergognarsi. Mun e Freddie si conoscono, che si dica quel che si dica, i loro corpi rispondono allo stesso modo in cui hanno sempre risposto agli stimoli dell'altro. « Ah,se non l'avessi capito: sì, ti sto sfidando. Quindi, è il caso di chiederti, altrimenti che fai? Fammi conoscere questa nuova Carrow, forza, vediamo quanto riuscirà a farmi male. Suggerimento: impegnati un po' di più di quanto hai fatto sinora, che i trucchetti da stronzetta di quartiere mi impressionano poco. » Il battito cardiaco aumenta, il respiro sembra fermarlesi nel petto più di una volta. Lo sente, quel calore, divampare nel suo corpo, perché per quanto provi a nasconderlo, per quanto riesca ormai a sfidare quello sguardo di Freddie, corrode ancora. Lo ha sentito non più lontano di una settimana prima nelle cucine di Hogwarts, e lo sente nuovamente adesso. Sente i suoi pori dilatarsi, sente il bisogno di inumidirsi le labbra, di mordersi il labbro inferiore. Oh Freddie, perché fai questo. Perché ci fai questo? Non capisci che non finirà bene? Per nessuno dei due. Perché questa, signori e signore, è una guerra da cui nessuno dei due potrà mai uscire vincitore. Perderanno entrambi. Si rovineranno a vicenda.

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    « No! Forse non hai capito. » E dicendo ciò, gli va a sua volta incontro. Le loro labbra quasi si sfiorano, mentre lei, in punta di piedi lo spinge all'indietro. Lo sguardo piantato nel suo. « Questa non è una contrattazione. » Non accetterò altri no da te, stronzo. E su questo Mun è categorica. Si butta a capofitto per una volta, forse in una situazione che non è del tutto certa di poter gestire. « Voglio quello che mi spetta. » E dicendo ciò compie un altro passo nella sua direzione, spingendolo con la mano all'indietro. Lo sguardo minaccioso, arrabbiato. Accesso da una furia che non pensava di avere dentro. E' così infervorata che non riesce a ragionare in modo prettamente logico. « Voglio il campetto per i prossimi due venerdì come da accordi. » Un'altra spinta. « Voglio che tu smetta di rendere tutto una cosa personale. » Un'altra spinta; il solo pensiero che lui abbia iniziato tutto questo da una stronzata successa al banchetto la inferocisce ulteriormente. « Voglio che tu mi lasci in pace. Sono stanca dei tuoi capricci. » Un'altra spinta. « Voglio che tu mi lasci andare per una buona volta. » La frustrazione aumenta, aumenta il dolore, i ricordi, la delusione. Eppure, Mun non si stacca nemmeno per un istante. Continua a farlo indietreggiare, spingendo sempre più forte. « Puoi per una buona volta accettare di aver fatto una cazzata? » Un'altra spinta. Ne hai fatte tante. E nessuna è giustificata dal mio non averti salutato. « Non puoi avere tutto. Questo fottuto mondo non è tuo; non tutti possono essere tuoi amici, adorarti, volerti bene. Non puoi pretendere che tutti ti amino. » Quell'ultima spinta lo spinge fino a raggiungere il muro. Ed è allora che la sua schiena aziona la manopola dell'acqua. Lo spruzzo dell'acqua, cola violentemente su entrambi. Ma Mun non è ancora pronta andare, seppur è zuppa dalla testa ai piedi. « Io non ti voglio! » E allora perché sei ancora qui? « Non posso essere tua amica. » Non posso essere nulla di tuo. E allora perché si trova ancora lì? Se lo sta chiedendo seriamente. Si chiede perché il suo battito cardiaco è accelerato, perché il tono di voce da minaccioso è diventato implorante. L'acqua scorre, lava i loro peccati, ma non può cancellare il tempo che è trascorso tra loro, le loro colpe l'uno nei confronti dell'altro. Non posso essere tua amica perché ti ho tradito. Ti ho ferito. Ti ho sottratto qualcosa di tuo, e l'ho fatto per un bene superiore, l'ho fatto per tenerti al sicuro. Per tenerci tutti al sicuro. Non posso essere tua amica, perché ho deciso per te, perché ho ucciso la tua ragazza, perché ho passato gli ultimi due anni a rinnegare « Non ti voglio.. » Ed è così che il corpo compie un movimento diverso dal cervello. Il cervello dice no, il cuore dice sì. E così, invece di indietreggiare, invece di lanciarsi con tutta la logica di cui è capace in quella sfida, lei avanza. Lo sguardo contrariato, freddo, eppure tormentato, fiero, eppure chiaramente in bilico. E solo allora, rendendosi conto di quel gesto, abbassa lo sguardo e stringe i pugni. Che cosa hai fatto? « Arrenditi.. e concedimi il mio venerdì in più. » Improvvisamente il tono di voce è più basso. Si è lasciata andare. Si è fatta prendere dalla mano. Non sa nemmeno di cosa sta parlando. Ognuno di quei Voglio era un imperativo. Eppure, ora, in quel preciso istante, Mun non sapeva più cosa volesse.



     
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    « OH PER L'AMOR DEL CIELO MANTIENI UN FILO DI DIGNITA'. Stai facendo tutta questa sceneggiata e poi sarei io a non avere ben chiaro il centro del mio universo? » Vorrebbe ribattere, Fred, ma non ci riesce. Vorrebbe ribattere e dirle che lui quella sceneggiata la sta portando avanti per ben altre ragioni, solo ed esclusivamente riguardanti la sua squadra e la sua casata, ma non ci riesce. Non ci riesce perchè non è così. Della sua squadra, al momento, non gliene frega un cazzo. Delle turnazioni, del campo rubato, del patto ignorato, non gli interessa nulla. Quella situazione generale ha preso una piega particolare, specifica, così come specifiche sono le loro reazioni. Arrabbiati, visibilmente nervosi e prossimi all'esplosione. Mun, lui, non l'ha mai vista così. Non l'ha mai vista stringere i pugni in quella maniera e sibilare quelle parole ringhiate con tanto risentimento in corpo. Se avessimo intervistato un Fred Weasley quindicenne, facendogli vedere anche solo uno scorcio di tutto quello scenario, probabilmente sarebbe scoppiato a ridere, scuotendo la testa ed annunciando che no, quella non poteva certo esser la Carrow che conosceva lui. Si trova di fronte a qualcosa che non conosce, e che se da un lato lo spaventa, dall'altro lo attira come un magnete. Lo attirano il modo in cui lei gli lancia quegli sguardi corrosivi, il modo in cui si morde il labbro inferiore e stringe i pugni. Lo attira la vicinanza del suo corpo al proprio, e vorrebbe stringerlo a sè, come un tempo. Vorrebbe sentire il suo profumo, percepire il suo sospiro caldo sulla pelle. Assistere al battito accelerato del suo cuore, inglobarlo tanta è la poca distanza tra loro e farlo proprio. Vorrebbe che Mun torni ad essere sua, che gli appartenga, che possa annunciare di avere ancora qualche potere, qualche effetto su di lei. « No! Forse non hai capito. » La furia gli va incontro, e mentre lo spinge verso dietro una prima volta, le loro labbra quasi si sfiorano. Si mordicchia l'interno della bocca nervosamente, indietreggiando appena di qualche passo. « Questa non è una contrattazione. Voglio quello che mi spetta.» Una seconda spinta lo costringe verso dietro, e, preso alla sprovvista, per poco non scivola sul pavimento bagnato delle docce. Rialza lo sguardo ed incontra il suo: irato. Ed ecco che forse inizia a capire perchè questa nuova Amunet riesca ad attirarlo tanto: Mun è pericolo. Non sa come, non immagina neanche il perchè, ma lo percepisce. Tu, questa Mun non la conosci. Ed è vero, non la conosce. Non sa cosa si celi dietro quegli occhi di ghiaccio, dietro quei sorrisi gelidi e quelle parole taglienti. Non sa più nulla di lei, ma come ogni cosa proibita, come ogni cosa pericolosa, lo attira. « Voglio il campetto per i prossimi due venerdì come da accordi. Voglio che tu smetta di rendere tutto una cosa personale. » Fa per parlare, ma qualsiasi parole gli muore in gola. Lei continua a spingerlo e lui continua ad indietreggiare, impotente sotto quella forza. E' qualcosa di inarrestabile ed altamente letale, qualcosa da cui dovrebbe scappare ma non riesce. E ad ogni passo che lei compie verso di lui, il suo corpo reagisce. Ogni volta che la mano di lei si schianta contro il suo petto per colpirlo, il suo intero organismo lo riempie di impulsi. Impulsi sino ad ora rimasti assopiti, addormentati in un angolo recondito del suo subconscio. Impulsi mai più provati, nè con Abigail, nè con nessun'altra. Amunet è lì ed ogni cellula del corpo di Fred sembra bramarla. « Voglio che tu mi lasci in pace. Sono stanca dei tuoi capricci. » Un'altra spinta, mentre si morde il labbro inferiore e stringe i pugni. « Voglio che tu mi lasci andare per una buona volta. » Indietreggia ancora, mentre inizia ad avvertire un leggero dolore sotto le sue spinte. Fred è un ragazzo forte. Grande e grosso, forgiato e modellato da anni di allenamento nel quidditch. Ma non è invincibile, ed il fatto che non stia neanche provando a difendersi, indietreggiando sempre di più mentre incassa i suoi colpi, non migliora la situazione. Prova ad opporre resistenza per qualche istante, impuntando i piedi per terra ed irrigidendo la schiena. Lo sente, lo sente quel leone muoversi dentro di lui. Va avanti ed indietro, irrequieto ed innervosito da tutti quegli imperativi. Ringhia, ruggisce e si dimena, graffiando con le grosse zampe contro le pareti del suo autocontrollo. Non posso lasciarti andare, vorrebbe ruggirle contro. Non posso lasciarti andare perchè non posso, non voglio. Ci ho provato, cazzo se ci ho provato. Ci provo ogni giorno quando ci ignoriamo a vicenda, ci provo quando mi ostino a credere di odiarti. Ci provo quando faccio il coglione provocandoti, e sperando che tu ti accorga di me. « Puoi per una buona volta accettare di aver fatto una cazzata? » Un'altra spinta « Non puoi avere tutto. Questo fottuto mondo non è tuo; non tutti possono essere tuoi amici, adorarti, volerti bene. Non puoi pretendere che tutti ti amino. » L'ultima spinta lo fa sbattere contro il muro, e senza accorgersene, attiva la manopola dell'acqua con un movimento. Il getto li investe entrambi con violenza, e Fred rabbrividisce. Batte numerose volte le palpebre per scacciare quelle fastidiose goccioline che ne minacciano la vista, e lei è ancora lì, completamente zuppa. « Io non ti voglio! Non posso essere tua amica.» E vicina, tremendamente vicina. Si ricorda soltanto in quel momento di respirare, Fred, e quando torna a farlo i polmoni sembrano ribellarsi costringendolo ad una leggera fitta. Poi lo sente, il cuore. Batte come impazzito contro la sua cassa toracica, così forte da sembrare intenzionato a sfondarla. E allora percepisce ogni reazione del suo corpo, mentre un'adrenalina improvvisa si fa strada attraverso i suoi vasi sanguigni. Ogni droga,d'altra parte, ha il proprio effetto. E questo è l'effetto che Amunet, la sua droga personale, ha su di lui. I suoi occhi sono fissi su di lei, mentre ne osserva ogni dettaglio del viso quasi come fosse la prima volta che lo vede. Le ciglia sono così scure da riuscire quasi a contarle, se solo volesse, tanto da mettere in risalto ancora di più gli occhi azzurri. Le labbra sono piene e carnose, e solo a guardarle, Fred percepisce il loro sapore sulle proprie. Di nuovo. E' bella, e lo è sempre stata. E' bella, e non ha mai smesso di fargli effetto. Persino adesso, completamente zuppa dalla testa ai piedi, con quelle innumerevoli goccioline a scivolarle lungo il corpo. Segue con lo sguardo la traiettoria di una in particolare, che scende lungo il suo collo sino ad insinuarsi nella scollatura della camicetta. Ed è costretto a mordersi il labbro inferiore con una certa foga, il respiro accelerato. La ragione grida di smetterla, ma tutto il resto del suo corpo? Cosa urla tutto il resto? Bisogno, desiderio, mancanza.

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    « Perchè sei ancora quì allora? » Perchè continuiamo ad esserlo entrambi? « Non ti voglio.. » Si avvicina ulteriormente a lui, con uno slancio inaspettato. Fred rabbrividisce, mentre aderisce completamente al muro con la schiena. Ognuno dei cinque sensi si acuisce improvvisamente, azionato da quella vicinanza. Forse sta solo immaginando ogni cosa, ma sente il suo respiro accelerato, nel frattempo che la sua vista si sofferma sulla stoffa leggera della camicia, ormai resa trasparente dall'acqua. Non riesce a distogliere lo sguardo mentre nota il profilo del suo corpo trasparire sotto la stoffa. Segue i contorni dei suoi fianchi e del suo busto, sino a risalire alla sagoma del reggiseno. « Arrenditi.. e concedimi il mio venerdì in più. » Il tono di voce di lei è più basso, instabile. Non lo guarda in faccia e stringe i pugni. Ma instabile lo è pure Fred, che ormai non sembra avere più via di scampo. Scuote la testa, distogliendo lo sguardo per qualche istante. Cerca qualcosa di razionale da dire, ma dura tutto pochi istanti, pochi istanti prima che il suo corpo si spinga in avanti all'improvviso. Le mani si stringono contro il suo viso mentre l'avvicina a sè, ed in poco tempo, le sue labbra si pressano contro quelle di lei. Un bacio. Un bacio fatto di rabbia. Un bacio fatto di frustrazione, gelosia, nostalgia. Un bacio che nasconde tante di quelle emozioni represse da esser letale. E letale lo diventa sempre di più quando il ragazzo si accorge di ciò che sta facendo, ma non riesce a smettere di farlo. Non riesce a smettere di assaporare nuovamente quel suo gusto ormai proibito, mentre la sua lingua si fa strada sempre più a fondo. Incontra quella di lei e vi si intreccia in una danza compatta, mentre la bocca del rosso ingloba quella della mora. Le mani scendono dal suo viso, percorrendole il busto, sino a stringersi sui fianchi e far forza per ribaltare la situazione. Non si accorge nemmeno di averla quasi sollevata da terra tanto è l'impeto del momento, mentre a spingerla con le spalle al muro adesso è lui. Continua a baciarla fin quando non gli manca il respiro, e le sue mani vagano lungo il corpo di lei, come a volersi accertare che tutto ciò stia realmente accadendo. Il respiro è accelerato ed il cuore batte così forte da fargli male, fin quando poi le sue dita non vanno ad arpionarsi contro la stoffa della sua camicetta, intenzionate a far forza per aprirla con uno strattone. Ma è in quel momento che un barlume di razionalità lo blocca, e Freddie si scosta all'improvviso, precipitando con violenza nella realtà. « No, non posso » Sussurra, il respiro ancora irregolare « Non possiamo. » Non posso perchè siamo in guerra. Perchè dovrei odiarti e non ci riesco. Perchè tu non mi vuoi ed hai tutto il diritto per non volermi. Non posso perchè Abigail è appena morta, e perchè non ricordo cosa diavolo ho combinato con Malia qualche giorno fa. Non posso perchè, nonostante tutto, è l'unica cosa che voglio e di cui ho bisogno al momento. « Mi arrendo » Le labbra di lei sono ancora vicine, tremendamente vicine, mentre l'acqua continua a scorrere su di loro, senza però riuscire a placare quel calore che sembra crescergli dentro sempre di più. « Mi arrendo al fatto che non riesco a lasciarti andare, nonostante tutto. Nonostante ti odio quando mi ignori, ti odio quando mi tratti di merda e quando ti diverti a farmi incazzare. » Pausa « Mi appartieni, e ti appartengo, in un modo o nell'altro continuiamo e continueremo a farlo sempre. Quindi..Se non mi vuoi, dovresti andartene. » Perchè sarebbe la cosa più giusta da fare, ma non ciò che voglio. « Perchè io non ci riesco a lasciarti andare. Per quanto sbagliato sia e per quanto faccia male, io non voglio lasciarti andare. »Altra pausa « Quindi prenditi il campo, i tuoi venerdì, quello che cazzo vuoi perchè sì, ho fatto una cazzata. L'ho fatta quando ho creduto di esser capace di dimenticarti, di lasciarmi alle spalle tutto questo. » Vorrebbe allontanarsi, ma il suo corpo continua ad avvicinarsi a quello di lei, tanto che ormai la distanza che li separa è pressochè annullata. « Perciò..Cosa vuoi adesso? » Sospira sulle sue labbra, sfiorandole di nuovo, mentre un violento brivido gli percorre la schiena. E tu Fred, cos'è che vuoi?
     
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    « Perchè sei ancora quì allora? » Una domanda. A volte una sola frase vale più di mille parole. Un gesto, la mancanza di quest'ultimo, può definire il carattere di una persona. Amunet nello specifico non è mai stata una persona particolarmente sentimentale. La sua stessa natura, anche in quei tempi in cui i due stavano insieme, era distaccata e tendente alla freddezza. Certo, con Freddie non ci riusciva poi più di tanto, ma lei al distacco era propensa. L'anafettività famigliare l'ha resta così, un po' meno propensa a mostrare i suoi sentimenti, un po' meno in grado di far valere le sue opinioni nell'eterno scontro tra ragione e sentimento. La ragione prevaleva sempre su tutto. Ricorda quelle loro serate nel solito bar. Betty ed Albus erano sempre appiccicati. La bionda era coinvolgente, era sempre lì, pronta a mostrare al suo amato quanto gli volesse bene, quanto desiderasse stare con lui. Avevano quei loro rituali diabetici che Mun trovava assolutamente adorabili. C'era stata questa particolare sera in cui, Albus le aveva dedicato una canzone, mentre tutti e quattro erano seduti allo stesso tavolo. Erano stato talmente romantico, che neppure Mun era potuta restare indifferente nei confronti del suo prescelto. Ma anche così, non aveva cercato da lui particolari effusioni in pubblico. Mentre i loro due amici si lanciavano sguardi intensi, Mun aveva stretto tra le proprie la mani di freddo, bacciandone le nocche con dolcezza. E solo quando lui l'aveva travolta da un bacio lungo e appassionato, la mora si era lasciata andare. Mun era così. Andava trascinata. Nelle questioni di cuore era sempre un passo indietro a tutti gli altri. Non era romantica e non era particolarmente sognante. Forse perché nella sua infanzia non c'è mai stato spazio per favole da principesse e sogni di altari e vestiti bianchi. E' cresciuta in seno a una famiglia disfunzionale. Una madre dipendente da sostanze di ogni genere, un fratello che per quanto affettuoso con un modo tutto suo per dimostrarlo, un padre violento. Poi c'erano i loro fratelli maggiori, che appunti, poiché non riuscissero a dimostrare amore a qualcun altro, si erano abbandonati al loro amore fraterno. Tutti sapevano in casa cosa ci fosse tra Deimos e Jolene. Anche Ares le diceva a volte che lei fosse la sua anima gemella, ma anche quella, come tante altre dichiarazioni, a Mun scivolava di dosso, quasi come se, lei stessa fosse diventata anaffettiva come la famiglia in cui è nata e cresciuta. A Mun scivolava tutto di dosso; si costringeva a odiare il mondo per paura che amandolo ci sarebbe rimasta male. In fin dei conti, di quanto avesse avuto ragione, ne aveva avuto più di una chiara dimostrazione. Eppure, c'erano quei momenti a cui non riusciva a resistere. Non riusciva a resistere all'idea di proteggere da lontano quei suoi due amici, difendendoli a spada tratta non appena non fossero in grado di accorgersene della sua iperprotettività. E non riusciva a resistere a Freddie, all'idea di averlo accanto, senza mai averlo davvero, all'idea di proteggerlo, senza che lui se ne accorgesse. A volte avrebbe semplicemente voluto inglobarlo, tenerselo stretto impedendogli di poter parlare, muoversi, persino esistere. Questa è Mun. Desiderare cose, persone, situazioni, eppure non volerle affatto. Questa è Mun. Non sapere mai cosa vuole in realtà, perché la sua volontà non è mai completamente sua. Sa che in un certo qual modo sarà sempre dannata, e sa che in un certo qual modo per Freddie non sarà mai giusta, tanto quanto sa che lui non sarà mai giusto per lei. Sono diversi, hanno approcci completamente opposti. Sono destinati a farsi del male. E per quanto Mun sia la masochista per eccellenza, non potrebbe mai e poi lasciare che lui si faccia del male solo per restarle accanto. Eppure Mun lo brama, lo desidera. Non riesce a stargli lontana ma nemmeno vicina. Lasciami andare. E quasi come se potesse sentirla, eccolo rispondere a tutti i suoi dubbi nell'unico modo in cui Freddie può mai farlo. Facendo la cosa più sbagliata e più giusta che ci sia. Un bacio che lei corrisponde con foga, perchè lo vuole, perchè lo ha sempre voluto. E c'é rabbia, c'è gelosia, c'è senso di colpa, c'è un ardente desiderio che sembra insinuarsi sotto la sua pelle con violenza. Pelle d'oca mentre i corpi di entrambi vengono accarezzati dolcemente dalle goccioline di acqua che si insinuano sulle loro labbra da un fiato e l'altro. Mun si lascia andare. Libera tutta la tensione che si è sentita nel corpo per tutto quel tempo, si lascia andare alle braccia di lui mentre si stringe spasmodicamente al suo collo lasciando aderire le vesti conto il corpo nudo di lui. E non c'è imbarazzo, non c'è vergogna, c'è solo una guerra che si combatte a colpi di sospiri e parole non dette. La schiena di lei tocca la parete e le dita di lui si insinuano sulla pelle tra bottone e l'altro, pronto a liberarla da quella stoffa candida che aderisce controllo la sua pelle. Due cuori che battono all'unisono, due battiti che confluiscono in un unico intento di complicità e ardente foga. « No, non posso. Non possiamo. » Chiude gli occhi Mun mentre riprende fiato. Sente il respiro caldo di lui sul volto. Brucia. Freddie è fuoco, Mun è ghiaccio, ma per un istante sono stati una cosa sola. Il fuoco si è quasi spento, il ghiaccio si è sciolto. Ed è rimasta solo l'acqua tra loro. « Mi arrendo » Mun scuote la testa. Non farlo. Non sa perché, ma non vuole lasciarglielo fare. Non ora. « Mi arrendo al fatto che non riesco a lasciarti andare, nonostante tutto. Nonostante ti odio quando mi ignori, ti odio quando mi tratti di merda e quando ti diverti a farmi incazzare. Mi appartieni, e ti appartengo, in un modo o nell'altro continuiamo e continueremo a farlo sempre. Quindi..Se non mi vuoi, dovresti andartene. » Sa che ha ragione. Una parte di sé le sta ordinando di andarsene prima che lui finisca di parlare. Eppure non ci riesce. Una guerra interiore scoppia. I pugni stretti si staccano dal collo di lui, ma la fronte si adagia mollemente contro la spalla di lui. Vi strofina il nasino contro la pelle di lui. « Perchè io non ci riesco a lasciarti andare. Per quanto sbagliato sia e per quanto faccia male, io non voglio lasciarti andare. Quindi prenditi il campo, i tuoi venerdì, quello che cazzo vuoi perchè sì, ho fatto una cazzata. L'ho fatta quando ho creduto di esser capace di dimenticarti, di lasciarmi alle spalle tutto questo. » Perciò..Cosa vuoi adesso? Cosa vuole non lo sa. Mun è sempre stata una ragazza molto diligente. Ha sempre fatto il suo dovere; nei confronti della famiglia, della scuola, dei suoi pochi amici. Sola eppure mai sola, decisa eppure mai decisa. L'unica cosa che abbia mai fatto per se stessa si è dimostrata la più distruttiva della sua esistenza. Accogliere Ryuk nella sua vita è stata paradossalmente la cosa migliore e peggiore che abbia fatto, e sulla base delle conseguenze della sua presenza viveva ora la vita. Mun non era una persona buona, non lo era più, non era umanamente accettabile. Non puoi volermi. Non mi vorresti più se lo sapessi. E di questo, Mun ne è certa, perchè conosce Freddie e sa che per uno come lui un concetto come quello machiavellico del fine che giustifica i mezzi Freddie non lo accetterebbe mai. Eppure, quel desiderio non riesce a ignorarlo. Non sa a cosa sia dovuto. Non sa sia perchè non ha mai smesso di amare Freddie oppure perchè prova nostalgia nei confronti di quello che insieme hanno vissuto. Non sa se sia rabbia e vendetta oppure bisogno di redimersi. Ma è lì, e Amunet Carrow non riesce a ignorarlo. Vorrebbe farlo, scandarlo, andarsene e invece strofina il naso contro la pelle del suo collo risalendo con una scia di baci fino al suo orecchio. Gli morde il lobo mentre le mani si precipitano verso le sue posizionandole sul proprio corpo. Un invito silenzioso. Una mano sul fianco, l'altra sul petto dove lo intima ad sbottonare la stoffa che le ricopre le carni raggelate dalla morsa del buio. Le ali del dio della morte avvolgono entrambi e per un istante, Mun vede solo Freddie. Freddie e quel buio dal quale non vuole uscire. Quell'indecisione che sembra caratterizzare la sua vita. Lo sguardo scorre verso il basso lungo il suo corpo messo allo scoperto, le dita sfiorano la pelle lungo il fianco di lui e lui risponde. Brividi. Brividi lungo la pelle di lei, brividi lungo la pelle di lui. Pelle d'oca e una seri di baci che avvolgono il suo lobo tra le labbra di lei.
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    « Non ti voglio » Un sussurro a fior di labbra mentre le unghie affondano nella sua schiena. Un'arpia che si aggrappa a un'ancora di salvezza. Sente quel suo sospiro caldo sul collo. Sente le mani di lui sul proprio corpo, quella vicinanza, quell'elettricità lampante che si insinua lungo tutto il suo corpo. E' sincera, ma forse non abbastanza. Ragione e irragionevolezza si confondono in una danza di ghiaccio e fuoco. « Ti disprezzo » Un altro colpo, mentre i denti solleticano appena il suo corpo. E' confusa e chiaramente in balia di una serie di sensazioni che vanno al di là della stessa logica. Questa è la chimica degli elementi, è istinto, è il motivo per cui l'essere umano è venuto al mondo. Ti odio perché non ti voglio, eppure ti voglio. E' tra le braccia di uno degli esseri grazie ai quali la sua vita è andata a rotoli. E' tra le braccia della persona che le ha rivolto le spalle nel momento di maggior bisogno, eppure, in quel momento sembra fregarsene, perché forse, per allentare la presa a volte bisogna semplicemente rimanere senza fiato, sentirsi stretti nella morsa a tal punto da arrivare fino al punto del non ritorno. « Si può desiderare qualcosa che non si vuole affatto? » Per un istante Mun è di nuovo una bambina. Confusa, combattuta, chiaramente in aperta collisione con se stessa e con il mondo. Una parte di sé continua a volersi scostare, perché Freddie ha fatto una cazzata, perché Freddie non vuole lasciarla andare, perché Freddie le impedisce di andare avanti con la propria parte. L'altra invece vuole distruggersi. Icaro e il sole. Icaro che vola troppo vicino al sole. Icaro che si brucia. Icaro che cade. Passioni come questa sono destinate a spegnersi in fretta, eppure, per un motivo o un'altro, Freddie e Mun la tengono viva da più di due anni. Che sia amore, nostalgia, abitudine, oppure semplicemente stupidità da ragazzini, questo non è il momento per rifletterci. E allora Mun lo bacia. Lo bacia come se fosse il primo e l'ultimo bacio della sua vita. Lo bacia con foga spingendosi contro di lui, aggrappandosi al suo collo, facendo leva contro le sue spalle, gli avvolge le gambe attorno al torso e resta lì incastrata tra lui e il muro e si abbandona a quella danza di lingue che si spingono sempre più nel profondo. Si abbandona alla guerra di quei sospiri rubati, di quelle parole non dette, di quella frustrazione, della rabbia. Lo vuole per non volerlo. Non lo vuole per desiderarlo ancora di più. Uno scontro di fisicità che ha dell'infernale. Una dannazione di cui Mun non farebbe affatto a meno. Se essere dannati è anche questo, se il tormento è questo, vado all in. Perché la vita è breve e domani, rosso del demonio, non so cosa ci accadrà. E non lo sa davvero, Mun, perché prerogativa dei giovanissimi e di non sapere mai. Di agire senza pensare, pensare senza agire. Per una volta quindi. la Carrow decide di seguire la prima, decide di concedersi, di dare tutto per tutto, perché quella è l'unica cosa giusta che ha per le mani in quel preciso istante. Quel desiderio, quella foga, quel bisogno della vicinanza di una persona che forse non conosce più, ma che non può del tutto dimenticare mai.


     
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    « Non ti voglio » In un altro momento, in una situazione ben differente da quella attuale, quelle parole l'avrebbero allontanato. Bloccato, o forse addirittura ferito. Ma non adesso. Mun e Freddie, i due titani, si trovano lì oggi, stretti sotto il getto gelido di quell'acqua che avvolge i loro corpi avvinghiati, senza però riuscire a lenirne il calore che li pervade. Baci bollenti, pelle calda e desiderio incandescente, ecco cosa sono. Un tutt'uno d'emozioni, un'esplosione di impulsi e reazioni. Gli opposti si attraggono, creano una carica elettrica non indifferente, impossibile da controllare. Ed è fuori controllo che sono i due ragazzi al momento. Perchè ciò che stanno facendo è sbagliato, ciò che stanno facendo probabilmente peggiorerà ulteriormente il labirinto di fuoco nel quale si trovano già, ma poco importa. Sapete cosa? Tra Amunet e Freddie, al di là dell'amore, al di là della tenerezza di quella storiella inizialmente infantile, che aveva visto protagonisti due appena quattordicenni alle prese con i primi sintomi dell'attrazione reciproca, al di là della dolcezza e dell'amicizia di fondo, v'era desiderio. Perchè sì, Mun e Freddie non erano stati soltanto sorrisi. Non erano stati soltanto risate in quel baretto che ormai conosceva alla perfezione i loro visi e le loro ordinazioni. Certo, quella era stata una parte importante della loro vita. Una parte importante della loro storia. La storia di un Weasley ed una Carrow. Si erano conosciuti per caso, in una serata come tante lì al castello di Hogwarts. S'erano già adocchiati prima d'allora, con ogni probabilità, ma mai particolarmente considerati. Mun era il tipo di ragazza che per uno come Fred si sarebbe rivelata lontana anni luce dal suo raggio di conoscenze. Ricca, elegante e fin troppo intelligente per uno come lui che, con la sua divisa riciclata in perfetto stile Weasley, veniva messo in punizione un giorno sì e l'altro pure per non aver fatto i compiti o chissà cos'altro. Eppure nonostante tutto il destino aveva deciso di farli conoscere quella notte, sconvolgendo completamente le loro vite. Perchè sì, le avrebbe sconvolte e, in fondo, continuava ancora a farlo. Perchè Freddie, dopo averla conosciuta quella serata come tante altre, non l'avrebbe più dimenticata. Amunet era entrata a far parte di lui, volente o nolente. Gli era sgusciata sotto la pelle unendosi al suo battito, al pulsare del suo cuore ed allo scorrere del suo sangue. Amunet era Fred tanto quanto Fred era Amunet e con il passare del tempo se ne sarebbero accorti sempre di più. Difficile da ammettere forse, per due caratteri come i loro, seppur a quei tempi ancora parecchio acerbi, ma ciò non cambiava comunque le cose. Non cambiava la sensazione di torpore che il rosso provava ogni volta che la vedeva. Non cambiava di certo neanche il sorriso sincero che gli distendeva le labbra ogni qualvolta lei gli fosse vicina. E non cambiava quel desiderio di avere di più, sempre di più, da quell'unione che sembrava farsi sempre più forte ed indispensabile man mano che i giorni, le settimane e dopo ancora i mesi passavano. E qui torniamo al punto di partenza: tra Mun e Freddie c'era stato desiderio. Brama, o forse semplice curiosità. Quella curiosità classica di chi si trova alle prime armi, incastrato nelle prime esperienze. Perchè per loro era stato tutto nuovo. Ogni cosa che facevano, ogni giorno che trascorrevano assieme, non v'era nulla di prestabilito nè tanto meno già analizzato. Mun era la prima volta di Freddie come Freddie lo era di Mun, in tutto e per tutto. E così le settimane scorrevano e quell'amicizia al rosso andava sempre più stretta. Fin quando poi quella Carrow amica non aveva lasciato spazio ad una Carrow fidanzata. E allora, entrambi avevano cominciato ad esplorare un mondo nuovo, fatto di desideri e realtà. Un mondo fatto di baci, carezze ed occhiate, fino a che non erano arrivati a volere di più. E vuole di più anche adesso, Fred. Non prendiamoci in giro, l'ha sempre voluto. Non l'ha mai dimenticata, nè tanto meno Amunet ha mai smesso di fargli effetto. L'ha sempre guardata, nei corridoi, a lezione, anche quando e come non avrebbe dovuto. In fin dei conti, le prime esperienze sono difficili da dimenticare. Il primo amore non si scorda mai. E no, al contrario di ciò che si può credere, al contrario di ciò che Weasley vorrebbe credere così da rendere tutto più facile, lui non l'ha mai dimenticata. Non ha dimenticato i suoi sorrisi così come non ha dimenticato i suoi sospiri. Non ha dimenticato le sue parole così come non ha dimenticato i suoi baci incandescenti e le sue mani sul proprio corpo. E, ad oggi, sembra non volere altro, Fred. Quindi no, non reagirà al suo rifiuto. Non si chiederà cosa sia giusto fare lasciandola andare. Non acconsentirà ad andarsene perchè lui la vuole. Forse se ne pentiranno un minuto, un'ora o un giorno dopo, ma non gliene frega un cazzo. Fred Weasley rivuole ciò che per tanto tempo gli è appartenuto e che è riuscito a farsi scivolare dalle mani. Vuole ciò che per anni è stato il soggetto delle sue gelosie tutte quelle volte che pensava a lei assieme a qualche possibile altro ragazzo. « Non m'importa » Asserisce allora, a denti stretti, il respiro ancora caldo sulle labbra di lei così vicine. La sta ancora fissando negli occhi, perdendosi in quegli abissi di ghiaccio, quando i baci di lei lungo il suo corpo lo distraggono. Sospira dunque, piegando appena la testa di lato per facilitarle i movimenti. Lei gli morde il lobo dell'orecchio e Fred a sua volta, d'istinto, la stringe ulteriormente contro il muro, come a volerle impedire di scappare. Lo guida poi, animata da una decisione nei movimenti che Fred non riesce a ricordare. Fred e Mun di tanti anni fa, erano due ragazzini alle prese con le prime esperienze. Intimiditi da un argomento così vasto come era quello dell'amore e del sesso, vi si erano addentrati lentamente, talvolta sbagliando, talvolta indovinando, ma sempre carichi di un'infinita incertezza, quanto meno ai primi tempi. Ma questa Carrow, che ben poco mantiene ancora della ragazzina che Weasley ha potuto conoscere tanto bene, è diversa. Questa Carrow gli guida le mani per poggiarsele addosso, una sul fianco, dove Fred si premura a stringere la presa tanto da lasciarvi il segno, ed una sulla scollatura della camicetta, invitandolo a sbottonare quegli inutili bottoni che celano ciò che non dovrebbero celare, uno degli oggetti del suo desiderio. E Fred obbedisce dunque, decide di lasciarsi andare. Se lei vuole giocare a questo gioco, giocheranno assieme. Sbottona il primo bottone, poi il secondo ed il terzo, mentre si morde il labbro inferiore non appena sente le sue unghie conficcarsi nella sua schiena, come a volersi arpionare a lui, senza lasciarlo più andare. Ma Freddie non vuole andarsene, non ora, non adesso, quindi vaga lungo il suo corpo con le proprie mani, percorrendolo in tutta la sua interezza. Dapprima la schiena, poi i fianchi e dopo ancora le cosce. Stringe le dita su una di queste, alzandola per sollevarla in direzione del proprio busto, per aderire ulteriormente ad ogni parte di lei.
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    « Ti disprezzo. Si può desiderare qualcosa che non si vuole affatto? » La verità? Non ne ha idea. Il tono di voce di lei è confuso, mentre Fred si scosta appena per poterla guardare in viso. Per qualche attimo gli sembra di rivedere la piccola Carrow che ha conosciuto tanto anni fa. L'innocente, combattuta ed indecisa piccola Amunet. « Non lo so, ma forse sì. Perchè io ti voglio nonostante tutto » Sussurra allora, sfiorando le sue labbra. Ed è allora che lei lo bacia. E' allora che le sue labbra inglobano le proprie, spingendosi contro di lui con tutta sè stessa, mentre la sua lingua scava sempre più a fondo, in quella danza calda ed intrecciata, così spinta da togliergli il respiro. Lei si aggrappa alle sue spalle per circondargli la vita con le gambe, e Fred accompagna il suo movimento posizionandole le mani sulle cosce per non farla cadere e, d'istinto, incastrarla ulteriormente tra il muro delle docce ed il proprio corpo. Quella vicinanza gli strappa un sospiro quasi simile ad un gemito soffocato, che si infrange nella bocca di lei, ancora legata alla sua. Le dita risalgono poi, seguendo il profilo del suo busto e del seno, sino a posizionarsi sui bordi della camicia, ancora in parte abbottonata. Fa dunque forza per aprirla in uno strattone, mentre il tintinnio di alcuni bottoni precipitati per terra si fonde allo scroscio dell'acqua ed ai loro sospiri che riempiono l'atmosfera. Le sfila dunque la camicia, scostandosi dalle sue labbra per riprendere respiro. Ma non smette tuttavia di baciarla, percorrendo il profilo del suo collo con la bocca, per poi scendere al petto, e scendere sempre di più. Oltrepassa il busto in una scia infuocata di baci, le mani strette contro i suoi fianchi, fin quando poi non le abbassa la gonna alla meno peggio, ed esita per qualche istante con i denti sull'elastico dei suoi slip, prima di risalire. Ricerca di nuovo le sue labbra, assaporando nuovamente il suo gusto. « Sei sicura di ciò che vuoi, Mun? » Sussurra allora, quasi come a volerle chiedere il permesso per oltrepassare quella linea di demarcazione immaginaria. Ma sapete cosa? Fred Weasley è un tipo impulsivo. Ed all'impulsività ci aggiungiamo anche l'essere stronzo. A lui le persone piace provocarle. A lui piace sfiorare il pericolo con la punta delle dita per poter poi urlare a squarciagola quanto sia stato bravo a scamparlo. E allora lo fa, sfiora il pericolo con le dita anche questa volta, infilandole lentamente una mano attraverso gli slip, proprio dove non dovrebbe. « Non si torna indietro. » Sibila, spingendosi oltre, mentre le morde il labbro inferiore. Mi appartieni, e ti appartengo, in un modo o nell'altro continuiamo e continueremo a farlo sempre.
     
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    Mun e Freddie. Due paradossi; ognuno destinato a fare l'esatto contrario di quanto la società avesse deciso per loro. Freddie, proveniente da un'ottima famiglia rispettata, apprezzata nel mondo magico come poche altre, figlio degli eroi che hanno salvato la società così come lo conosciamo, con ogni sua azione, non fa altro che dimostrare di riuscire a fare sempre la cosa sbagliata per le giuste motivazioni. Mun, dal canto suo, discendente da una lunga dinastia di maghi oscuri, destinata a sua volta a cadere nella trappola che ha sedotto i suoi antenati prima di lei, sembra dal canto suo fare sempre la cosa giusta per le motivazioni sbagliate. Anche adesso, mentre si lascia andare, sa che questo lasciarsi andare sia la cosa giusta, sa di volere Freddie, sa di avere bisogno di lui, eppure, nonostante questo, lo fa per le motivazioni sbagliate. Lo fa perché ce l'ha con lui, perché non riesce a perdonarlo, perché non riesce ad andare oltre, e allora si convince che, se solo dovesse concedersi quel piacere estremamente fisico per un'ultima volta, forse, solo forse, riuscirà a fare pace con se stessa, riuscirà semplicemente a ignorarlo, mettere un punto fermo a quella storia che ormai non ha più senso di esistere. Ti ha lasciata lui, ricordi? E' stato lui a non volerti più. Ryuk direbbe che non importa se adesso è pronto a riprendersela. E lo pensa anche Mun. Per questo e molto altro, Freddie ha avuto sin troppo tempo. Ha avuto più di un'occasione per andarsela a riprendere. Avrebbe potuto farlo ogni giorno in quei primi tempi in cui la ragazza cercava di fare pace con la sua assenza, senza mai riuscirci del tutto. Freddie era ovunque, nelle piccole azioni quotidiane; era a colazione, durante le ore di studio. Freddie era a cena, il sabato pomeriggio a Hogsmeade e durante quelle lunghe giornate di torpore estivo. Poi, era scomparso. E la sua assenza ha lasciato a lungo un enorme vuoto che non ha saputo colmare per sin troppo tempo. Freddie non l'ha fatto, non se l'è ripresa; l'ha lasciata lì, a giacere nella sua stessa disperazione, mentre il suo dio della morte si mangiava pezzo per pezzo ogni briciolo della sua innocenza. L'ha lasciata lì, passando dopo un po' di tempo a qualcun altra, qualche altra ragazza più adatta, qualcuna che forse avrebbe evitato di fare un errore così imperdonabile come il suo. Innamorarsi. Ora d'innocenza non ce ne è rimasta molta; Mun è semplicemente rotta, gettata in pasto a un mondo che il giovane Weasley non capirà mai e che, non ha alcuno strumento per combattere. E Mun non vorrebbe nemmeno che ce l'avesse. Significherebbe che la sua fiamma si è spenta, almeno in parte. Perché questo fa il mondo di Ryuk, l'inferno, la Loggia, come spesso la definisce lui. Ti uccide, ti sottrae il meglio. Dopo la sua scomparsa, Mun ne ha avuti altri. Ad un certo punto si è semplicemente abbandonata a quel piacere effimero nella speranza che prima o poi avrebbe dimenticato quell'umiliazione che si sentiva addosso. Riesci sempre a umiliarmi, mortificarmi. Forse era troppo orgogliosa, la Carrow, come tutti i suoi parenti, forse prendeva tutto con sin troppa pesantezza. Ogni macchia su quel viso pulito, perfetto nella sua imperfezione, era facilmente annoverabile dalla ragazza nella categoria delle umiliazioni e delle mortificazioni. Così, il suo lasciarla proprio dopo essersi dichiarata è diventata un'umiliazione e una mortificazione. E quindi si è lasciata andare. In cuor suo, la piccola Carrow negli uomini ha sempre cercato suo padre, a volte ha cercato esattamente ciò che suo padre non avrebbe mai potuto darle. Dolcezza, tenerezza. Mai qualcos'altro. E così, il suo gioco l'ha giocato spesso in compagnia di uomini più grandi, agganciati e trascinati nelle stanze di sopra della villa dei Carrow durante i ricevimenti che suo fratello organizzava. Era, e probabilmente è ancora in quel limbo della sua vita in cui il sesso deve essere violento, perché la violenza è l'unica cosa che la sua figura paterna le ha dimostrato e insegnato, questo l'ultimo ricordo che ha di lui. Si lasciava possedere, si lasciava guidare, ovunque loro volessero, spingendosi sempre un po' più oltre i propri limiti. Sedici anni, compiacente, carina e acerba. Mun faceva gola; fa ancora gola. « Non m'importa » E se vi chiedete cosa Mun abbia pensato nel sentire quelle poche parole, rispondiamo che il fuoco si è acceso nei suoi occhi. Eccolo, il desiderio. Freddie è sempre appartenuto alla seconda categoria. Agli uomini all'esatto opposto di suo padre. Dolce, premuroso, protettivo. Ne ha cercati altri come lui; attirava nelle proprie trappole fanciullini in grado di raccontarle quanto la venerassero con un solo sguardo. Ora, a dirla tutta, non sa più in quale categoria collocare il giovane rampollo degli Weasley. Ed è una cosa che le piace, la intriga. Freddie non è più lo stesso ragazzetto incerto che ricordava, tanto quanto non lo è più Mun. Non si può certo dire che abbiano raggiunto l'apice della loro maturità, ma come direbbe sua madre, sono all'apice del desiderio. Questi anni non tornano più indietro. Cosa facesse sua figlia nella propria stanza, sua madre l'ha sempre saputo, e l'ha sempre approvato, perché è una madre di merda e approva le perversioni - lei stessa ne è vittima; in fin dei conti l'alcol e gli psicofarmaci, sono solo un altro tipo di dipendenza, di perversione autoinflitta. Modelli di vita sbagliati portano a questo; ragazzini danneggiati. Uno ad uno i bottoni della sua camicia la liberano dal sottile tessuto. Mani sicure, dita di velluto, per certi versi sin troppo impazienti, ma chiaramente ormai a proprio agio con il corpo femminile. Ne hai sbottonate di camicette, Weasley. Ogni suo tocco le provoca un leggero brivido; ha la pelle d'oca e si sente man mano più coinvolta, più presa da quella piacevole attesa, da quegli sguardi colmi di sottintesi che si lanciano. Promesse. Silenziose quanto calde promesse. Freddie si morde il labbro inferiore. E' quella per qualche strano motivo, è una mossa che le fa effetto. Le ha sempre fatto effetto. Denota desiderio, attesa e - appunto - silenziose promesse. Un patto che accetta mordendosi a sua volta il labbro. Io ti voglio nonostante tutto. Nonostante le incompatibilità, nonostante le incomprensioni, le liti. Un bacio suggella quella tregua, un bacio prolungato che culmina con il loro totale aderire. Le cosce di lei strette attorno al busto di lui fino a sentirlo sfiorare la sua sensibile intimità. Una dolce agonia; lo brama a tal punto da sentirsi inarcare la schiena nella sua direzione, seppur lui l'abbia completamente incastrata tra se stesso e il muro. Non ha vie d'uscita, non ha più spazio, Freddie si è preso tutto, la sua aria, il suo libero arbitrio. Ed è allora che tra un sospiro e l'altro, sente la camicia cedere completamente, senza vergogna, con impazienza. I bottoni si infrangono contro le candide mattonelle; vorrebbe protestare, ma a dirla tutta non gliene frega niente. La vendetta se la gusterà diversamente. Le piaceva quella camicetta. Liberata dalla stoffa di troppo, si spinge oltre, Freddie. Scende con una scia di baci lungo il suo collo, così sensibile, per poi continuare oltre. Si morde il labbro con insistenza mentre intreccia le dita tra i suoi capelli. Quei capelli le sono sempre piaciuti, non che ci fosse effettivamente qualcosa che di Freddie non le piacesse. Di un colore così simile alle fiamme del suo personale inferno. Mentre la zip della gonna facilita il liscio scendere dell'indumento, Mun stringe ulteriormente le dita tra i suoi capelli. Glieli tira con insistenza, mentre lo sguardo perso si volge oltre la figura di lui. Alle sue spalle, dove il suo angelo dalle ali nere, occhi rossi iniettati di un liquido che terreno non può essere, assiste in silenzio. Lo sguardo del suo dio si assottiglia appena, mentre il ragazzo indugia sull'elastico dei suoi slip. Lei dischiude appena le labbra stringendo ulteriormente la presa contro i suoi capelli. Sparisci. Sembra dirgli con lo sguardo. Vattene. Le dita si stringono ulteriormente contro quel vortice di fuoco soffice. Sarai anche il padrone della morte, ma io sono la tua padrona. Per una volta Mun si sente potente. Sente di avere il controllo, seppur non ce l'ha per niente. Forse bisogna davvero perdersi, per ritrovarsi. « Sei sicura di ciò che vuoi, Mun? » Se solo le desse il tempo di rispondere. Le sue gambe cedono appena di fronte a quel semplice tocco; dischiude le labbra appena, chiudendo gli occhi. Ed è allora che il dio svanisce, ben consapevole che questo è il punto del non ritorno. « 'Sta zitto. » Il corpo si spinge ulteriormente contro quel tocco, pur volendo inconsapevolmente sfuggirgli. Il paradosso di questa vittima è che odia la tortura, eppure vuole essere torturata.

    « Non si torna indietro. » Dovevi pensarci prima. « Infatti. » E' l'unica risposta eloquente che riesce a esprimere a parole prima di gettarsi nuovamente sulle labbra. E sa cosa vorrebbe Freddie. Freddie non fa niente per niente. E invece le mani di Mun non scendono nemmeno per un secondo, godendosi il dolce naufragare di quella sensazione che ha tutta l'aria di essere strappata al paradiso. Geme, sentendo una scossa che le percorre tutto il corpo, mentre le cosce tremano appena sotto quella minuziosa mossa che il rosso esegue in piena consapevolezza del fatto che ha gettato il sasso per poi nascondere la mano dietro la schiena. Sta impazzendo, la ragazza, tanto da buttare la testa appena all'indietro, mordendosi con più forza il labbro inferiore. Una mossa pericolosa con questa Carrow. Infatti, di scatto, seppur a malincuore, Mun lo afferra per il polso, obbligandolo a estrarre la mano dai suoi slip, portandola di fronte ai loro volti. Un leggero sorriso malizioso prima di portargliela alle labbra per assaporare il suo stesso desiderio di lui, e altrettanto fa lei, attorcigliando la punta della lingua, attorno al sul dito medio. Lo bacia nuovamente, ma questa volta è breve, perché le mani di Mun scendono dalla sua nuca, prima lungo il petto, fermandosi in seguito sui fianchi, dove stringe con insistenza, mentre lentamente le labbra di lei si spostano sul collo dove morde con una certa insistenza. Ancora sul petto e poi sempre più giù finché il suo volto non è all'altezza della sua più intima parte. Lo sguardo si alza d'istinto, sorridendogli con una certa aura maligna. « E' questo ciò che vuoi, vero? » C'è chi parla di quel rituale come una specie di supremazia dell'uomo sulla donna. Sin dalle sue prime esperienze, Mun ha imparato tuttavia, che non c'è un modo più profondo per possedere un uomo, se non portandolo a impazzire. Più intimo del congiungersi in tutto e per tutto. Più sensuale del tradizionale accoppiamento. Quello è avere completo controllo, possedere l'altro fino allo sfinimento, decidere quando e come fermarsi. E così Mun lo possiede, avvolgendolo con labbra di velluto mentre le mani si stringono con sempre più forza attorno ai suoi fianchi, conficcandone le unghie nella vigorosa pelle, quasi come se volesse ricordargli che può fargli male. In quei movimenti fluidi, coadiuvati di una certa sicurezza, c'è tutto. Rabbia, risentimento. Ecco cosa ti sei perso. Ecco ciò che non sarà mai più tuo. Solo tuo. Ma c'è anche desiderio di ricordargli che tutto accade perché lei ha il potere di farlo accadere. Non è un rapporto alla pari, si convince Mun. Non è qualcosa che accade in modo naturale, si racconta in cuor suo. Eppure quella dedizione, quel abbandonarsi completamente al corpo dell'altro, non è forse ciò che si chiama rapporto alla pari? Riporsi nelle mani dell'altro senza remore e limiti, perché vi è fiducia. Mun ha molte cose da rimproverare a Freddie, ma per un motivo o un altro si fida di lui. Non ci siamo scordati come si fa. Ci siamo solo.. evoluti. Mun ha imparato certo una cosa o due durante quegli anni, e così, quando sente i suoi muscoli irrigidirsi sempre di più, si ferma. Quando dovrebbe dargli di più, Mun gli dà di meno. Non ancora. Fa leva sui i suoi fianchi per risalire. Strofina la guancia contro la sua spalla, cercando con incertezza la sua bocca. « In difficoltà? » Gli chiede in un malizioso sussurro mentre gli morde il labbro, sfiorandolo ancora nel punto più sensibile, per stuzzicarlo ulteriormente. La mano libera si intreccia nuovamente ai suoi capelli sfiorando la punta del suo naso con il proprio. Le goccioline di acqua ormai una patina trasparente, tra di loro. « Quante volte l'hai fatto da solo immaginando che fossi io? » Gli chiede prepotentemente stringendolo ulteriormente. Lo provoca, lo stuzzica, fino al punto del non ritorno. Perché ora è Mun a non essere più interessata delle conseguenze delle sue azioni. L'istinto vince sempre sulla ragione.

     
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    Se ci domandassimo quanto Freddie Weasley ci abbia messo a dimenticare Amunet Carrow, sarebbe impossibile trovare una risposta, perchè non è mai riuscito a dimenticarla. Si è sforzato a farlo, certo, vi si è addirittura convinto per un periodo della sua ancora giovane esistenza, e chissà forse oggi, di fronte ad una domanda del genere risponderebbe persino il contrario di ciò che in realtà pensa; ma ciò non toglie il fatto che -in fin dei conti- non ci sia mai riuscito a dimenticarla sul serio. Fred era un tipo frizzante. A tratti sfuggente ed effimero, sicuramente iperattivo ed oltremodo evasivo. Un animo esplosivo il suo, in perenne evoluzione, in continua trasformazione. Ciò nonostante, v'erano sempre state delle costanti. Dei punti cardine che, volente o nolente, non sarebbe mai riuscito ad estirpare. Mun era uno di questi. Assieme alla famiglia ed agli amici, probabilmente. In un'egemonia che la vedeva -per certi versi- addirittura primeggiare. E come tale, Mun era difficile da dimenticare. Eppure il giovane Weasley ci aveva provato. Dopo averla lasciata, aveva provato altro. Non aveva impiegato poi tanto tempo per trovarsi nuove conoscenze ed una nuova ragazzetta che riuscisse a distrarlo da ciò che aveva avuto e che, ormai, non possedeva più. Si chiamava Camille Benson, ed aveva un anno in meno di lui a quel tempo. Capelli scuri e pelle chiara, proprio come lei,e sarebbe stata la prima di quella lunga scia di replicanti che il rosso avrebbe lasciato dietro di sè man mano che gli anni passavano e la lontananza con lei si faceva sempre più pregnante. Camille era una ragazza dolce, capace di sorridere al prossimo persino nei momenti più bui. Di lei gli era piaciuto il modo in cui lo coccolava, le carezze che gli lasciava e le parole dolci che era brava a dedicargli. Tuttavia, Camille non era lei. Camille non parlava come lei, Camille non rideva come lei, non lo trattava come lei. Camille era Camille, soltanto Camille. E non gli bastava. Non gli sarebbe bastata a lungo andare, seppur si sforzasse per convincersi del contrario. Seppur cercasse di ignorare come, mentre i baci di lei gli riempivano la bocca, inglobandola nella propria, lui pensasse sempre e costantemente ad altro. Mentre quella danza umida e calda di lingue che si scontravano riempiva le ore più buie della sua giornata, il pensiero fisso del rosso era uno ed uno soltanto. E lo era stato per tanto altro tempo. Lo era stato con Rachel, colei che era venuta dopo Camille. Lo era stato con Meredith, Jean, e dopo ancora con Andrea per poi giungere ad Abigail. Insomma, inutile negare che Freddie di ragazze ne avesse avute, in quel tempo. Come già detto, è sempre stato un tipo particolarmente..attivo. E diciamocelo, il sesso femminile gli è sempre piaciuto particolarmente. Ciò nonostante, non aveva mai trovato quel di più che cercava in ognuna di loro. Non aveva mai trovato quella scintilla che Amunet era riuscita, per prima, ad accendere. Nell'intimità, Fred Weasley era sempre stato un ragazzo sveglio. Gli piaceva dare e rivere, all in, in tutto e per tutto. Tuttavia, nonostante donasse al cento per cento e ricevesse in egual maniera, non riusciva ad esser soddisfatto. Era successo poi una volta di qualche anno fa, in cui durante una notte trascorsa con Abbie, la sua ragazza del momento, il rosso avesse nominato lei. Perchè sì, spesso la pensava, persino in quei momenti, specie in quei momenti. Era stata la sua prima volta così come lui lo era stato per lei, e quei ricordi di fuoco avrebbero abbandonato difficilmente la sua mente. I suoi sospiri caldi, la sua lingua intrecciata alla propria, il suo corpo interamente nudo e perfetto che si contorceva sotto il proprio, erano attimi che sarebbero rimasti impressi a fuoco nei suoi pensieri per sempre. Perchè Freddie la desiderava, non aveva mai smesso di farlo e per quanto si sforzasse la voleva ancora e ancora. Stringerla tra le proprie braccia, entrare a far parte di lei e decantarla come propria. Un tempo forse lo era stata, Mun. Un tempo forse gli era appartenuta sul serio: ma ora non più. No, quest'Amunet lui non la conosce. Questa sconosciuta lui non sa chi sia. Legge il fuoco del desiderio nei suoi occhi, e ciò non fa altro che aumentare il proprio. E' una Carrow sfrontata, audace, che vuole rischiare il tutto e per tutto. E gli dà tutto quando si getta di nuovo a baciarlo, inglobando le sue labbra con le proprie, mentre lui continua in quei movimenti minuziosamente scelti. La provoca, si spinge fino in fondo là dove non dovrebbe, lasciando da parte ogni sorta di pudore. Le piace, e lo sa, lo percepisce. Le piace, e a lui piace che le piaccia. Le sue gambe tremano appena, e lui sorride, sorride sulle sue labbra catturandole a sua volta, lasciando che alcuni gemiti di lei vi si infrangano contro. Di colpo lei lascia andare quel bacio, portando la testa verso dietro e permettendogli così di avvicinarsi per lasciarle qualche bacio incandescente sul collo, fin quando non sente le sue dita scendere, per stringersi contro il suo polso e tirarlo via dai suoi slip. Si scosta appena, un sopracciglio inarcato e l'espressione appena confusa. Coglie il suo sorriso malizioso un attimo prima che lei gli avvicini le sue stesse dita, quelle dita, alle labbra, avvicinandosi a sua volta per intrecciare la sua lingua contro il suo dito medio. Ed è allora che la sente, la sente davvero. Sente il suo gusto, sente il desiderio di lei inondargli la bocca. Non fa in tempo a pensare, che Amunet lo sta baciando di nuovo, ma si sposta subito questa volta, scendendo a baciargli il collo, il petto, e scendere di più, sempre di più, sino a che il suo viso non si trova proprio in direzione della sua parte più intima. Si morde il labbro inferiore, mentre stringe i pugni, in un sospiro. « E' questo ciò che vuoi, vero? » Si inumidisce le labbra con la lingua, incapace di dire qualsiasi cosa. Amunet lo sta provocando, nel modo peggiore che potesse scegliere per farlo: usando sè stessa. Usando l'effetto che lei ha su di lui, la capacità sempre posseduta di farlo impazzire completamente. E allora lo possiede, nel modo più inaspettato, eppure forse il più desiderato. Le mani di lei si stringono attorno ai suoi fianchi, conficcando le unghie nella carne e costringendolo a gemere di un dolore misto a piacere. I suoi movimenti sono fluidi, avvolgenti, ben calcolati. Vuole fargli perdere la testa e vuole farlo con cognizione di causa. Vuole avere il controllo su di lui e sul suo piacere. E Fred resta lì, mentre socchiude gli occhi e piega la testa verso dietro, insinuandole le dita tra i capelli e stringendo la presa per tirarli un po'. Come già detto, lui quest'Amunet non la conosce. Ed è diviso. Diviso tra l'eccitazione di lasciarsi andare con una sconosciuta, e tutti quegli impulsi così familiari che le riesce a fargli provare. Ogni suo movimento, ogni suo affondo, è un violento brivido che gli percorre la schiena, immobilizzandolo. Man mano che le dita di lei si stringono sempre di più contro i suoi fianchi, come a volergli far intendere quanto lei possa dominarlo ed avere potere su di lui, Fred si sente sempre più vicino a quell'angolo di paradiso tanto decantato. Il suo paradiso personale. O forse dovremmo chiamarlo inferno. Un inferno di piacere e passione, di desiderio e brama di avere di più, sempre di più. Mun lo sa, lei lo ha sempre conosciuto. Si sono conosciuti entrambi, si sono forgiati entrambi e modellati nella creta della loro inesperienza. Amunet Carrow, l'Amunet che Freddie ha conosciuto sino a qualche anno fa, era una ragazzina malleabile. Talvolta indecisa, come indecisi lo erano entrambi, talvolta spaventata o sconvolta da tutte quelle emozioni nuove a cui si affacciavano tutti e due per la prima volta. Ad oggi..non v'è traccia di quella ragazza. Ha lasciato spazio ad una giovane donna decisa, che sa ciò che vuole, che sa quanto e come lo vuole. Lo sta dominando e lo sta facendo fottutamente bene. Cerca di reprimere l'ennesimo gemito, mentre stringe ulteriormente la presa fra i suoi capelli corvini, e sente i propri muscoli irrigidirsi sempre di più. Sta arrivando al limite massimo, al traguardo che è sicuro Mun abbia intenzione di fargli raggiungere. Presto precipiterà in quell'inferno,avvolto dall'esplosione del piacere che lei è stata capace di donargli. Ma ciò non avviene. Così come gli ha dato piacere, Mun è altrettanto brava a toglierglielo. La osserva, il respiro appena affannato, mentre lei fa leva sui suoi fianchi per risalire e mordergli il labbro inferiore.

    « In difficoltà? » Le sue mani vagano sul suo corpo ancora in tensione, e mentre una si intreccia tra i suoi capelli di fuoco, l'altra va a sfiorarlo lì, stringendo poi il suo punto più sensibile per provocarlo ulteriormente. Soffoca un sospiro che ha ben poco di casto, mentre una risata gli scuote appena il petto. « Stronza. » Sibila, ridacchiando per poi cercare le sue labbra e strapparle l'ennesimo bacio mozzafiato.
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    « Quante volte l'hai fatto da solo immaginando che fossi io? » Un singulto si infrange nella sua bocca non appena sente la sua presa farsi più forte laddove non dovrebbe. « Vuoi saperlo? » Sussurra sulle sue labbra, tra i sospiri e l'affanno « Tante, forse troppe. E' questo che vuoi sentirti dire? Ti eccita l'idea? » A quel punto, con uno scatto le stringe il polso di quella mano tra le proprie dita, allontanandole il braccio per immobilizzarglielo al fianco. La lascia poi andare, arpionando le dita sul bordo dei suoi slip, per abbassarli completamente con un gesto secco. Si inginocchia, con il getto dell'acqua che gli va diretto sul viso, mentre alza lo sguardo per lanciarle uno sguardo ambiguo. Vorrebbe fare altro, Fred. Amunet è riuscita a portarlo al novanta percento della sua sensibilità, la qual cosa è ancora ben evidente. Ma sa che se dovesse scaricare adesso tutta quella tensione che lei è riuscita a creare, finirebbe tutto troppo velocemente. Ha fatto esperienza ormai, ed ha imparato che in certi casi è meglio aspettare. E ricambiare il favore nell'attesa. « Da buon Grifondoro ti dico che bisogna giocare ad armi pari. » E detto ciò si posiziona una sua gamba sulla spalla, per avere un vantaggio migliore in quella posizione. Bisogna esser sinceri: Fred questo tipo di cose le ha fatte raramente. Non perchè non ne sia capace, ma non ha mai trovato lo stimolo giusto per farle. Eppure eccolo, a lanciarle un ultimo sguardo carico di malizia prima di avvicinarsi alla sua parte più intima con il viso. La prende come lei ha preso lui, avvolgendola con le labbra per poi insinuarsi con la lingua nel proibito. Movimenti oltremodo sinuosi e sapienti i suoi, lenti ed avvolgenti, mentre -di nuovo- il suo sapore gli inonda la bocca. Vuole giocare con lei, provocarla, farla propria. Illudersi per qualche istante che lei possa essere di nuovo sua. Che qualcosa tra di loro possa tornare ad esistere. Lo vuole, la vuole, vuole che quei lui e lei diventi di nuovo un noi. Forse se ne pentirà, forse cambierà idea, forse Mun lo respingerà..Ma del futuro non gliene fotte un cazzo. Vuole tutto e lo vuole adesso, mentre si spinge sempre più oltre e le sue dita si imprimono con una certa violenza contro la coscia di lei stretta al suo collo. Infine, imitandola, si distacca sul più bello. Si scosta di lato per rialzarsi, passandosi la lingua sulle labbra in un gesto provocatorio. Si riavvicina a lei, sorridendo, e decide che adesso è il momento. L'attimo giusto per varcare l'ennesima soglia. La stringe contro il muro, aderendo al suo corpo col proprio e pressando contro la sua parte più intima con la propria. « E tu? In difficoltà? » Soffia sulle sua labbra, spingendosi appena oltre soffocando un leggero gemito « Quante volte hai pensato a me in momenti come questo con altri? » Si allontana di nuovo, spezzando il legame « Una » e quel sadico mantra continua. Si inoltre nel precipizio per poi allontanarsi di nuovo, rimanendo in bilico sull'orlo. « Due » Di nuovo « O tre volte? » Si ferma a quel punto, sfidando il suo sguardo. « Dimmelo. » Dimmi che mi vuoi. Un gran caro ragazzo, questo Weasley, certo, fin quando non è il diavolo in persona a provocarlo.
     
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    Slytherin pride

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    « Vuoi saperlo? Tante, forse troppe. E' questo che vuoi sentirti dire? Ti eccita l'idea? » Per Mun il dolore c'è sempre stato; come probabilmente c'è sempre stato per chiunque, in una forma o in un'altra. L'uomo nasce nel dolore, e muore il più delle volte nel dolore ed è costretto a quest'ultimo per tutta la propria esistenza. Il suo è stato anche e soprattutto fisico, e a volte ha pensato non potesse reggerne altro. Poi ha smesso; il dolore ha smesso e lei ha smesso di esistere quasi. Non avrebbe tuttavia conosciuto l'assenza del dolore, il sollievo, se il dolore non ci fosse stato. E quindi sì, la eccita, l'accende di desiderio sapere che l'assenza di piacere gli ha provocato piacere e non fa niente per nasconderlo. Annuisce incollando la fronte contro la sua mentre lui le scosta le sin troppo audaci dita obbligandola a rinunciare a una fetta del suo potere su di lui. Ed è così che di punto in bianco, quando meno se lo aspetta, Freddie riesce a sorprenderla. Abbassandole gli slip non fa ciò che normalmente conosce sin troppo bene come prassi. Fred s'inginocchia ai suoi piedi. Un degno schiavo d'amore della sua dea del Caos. Quell'immagine ha un che di suggestivo, per la prima volta dopo molto tempo sente accrescere il suo potere, la sua forza interiore come mai prima. Sarai anche il padrone della morte, ma io sono la tua padrona. Mun acquista con un semplice gesto la consapevolezza di essere in vantaggio. E per un istante, mentre gli occhi del dio della morte saettano di fronte a lei per un solo e semplice istante, capisce cosa sia il dolore. Lo capisce davvero; e quindi capisce anche cosa sia davvero l'assenza di dolore. E' alienazione, andare oltre, discostarsi. Capisce che il dolore è necessario, è fondamentale per spronare le persone a cambiare ed evolversi. Il dolore non è male; è piuttosto la forza rigeneratrice del mondo. Il dolore sprona ad automigliorarsi, a uscire dalla propria condizione, a smettere di assopirsi mentre la vita ci passa davanti agli occhi. Il dolore ha fatto tutto ciò con Mun. Amunet Carrow la bambina fragile che per scappare alle grinfie del padre si è venduta; Mun, la fanciulla che per sfuggire al dolore provocato dal suo stesso sangue, ha scelto un dolore diverso, un dolore superiore. Mun, la giovane donna dalle mani sporche di sangue fino ai gomiti, ce l'ha fatta. E ora, qualunque sarà la sua direzione, ha quanto meno la consapevolezza di non essere indifesa, di poter scegliere, di avere il potere di cambiare il suo destino, di cambiare l'altrui destino, di piegarlo se ne ha voglia al suo cospetto. Il più grande dono della Loggia non è quello di poter fare o non fare alcunché. Il dono dell'oltretomba è la consapevolezza della propria esistenza, lo slegarsi da qualunque umana convinzione, andare oltre i limiti convenzionalmente accettati, essere coscienti del fatto che la vita è troppo breve per provare vergogna o sentirsi incastrati da una umana moralità il cui ago cambia di epoca in epoca. Bigotti, omofoni, buonisti, ipocriti, buffoni, tutti esseri intrappolati in un comune vivere piatto, convenzionale, corrotto alle radici. « Da buon Grifondoro ti dico che bisogna giocare ad armi pari. » Mun sa che lei e Freddie non giocheranno mai ad armi pari, perché Mun appartiene ormai anche all'altrove, ne è assuefatta, ne è dipendente, ne è schiava e padrona. Tutto ciò che può fare è dargliene l'illusione, e quindi gli sorride, lasciando che con una cura maniacale si posizioni tra le sue gambe. Quell'ultimo sguardo che le getta l'accende ulteriormente, mentre sente il suo respiro caldo, proprio lì, lì dove si conduce il più squisito piacere del corpo femminile e si consuma anche il dolore più atroce che una donna proverà mai, quello della generazione, della procreazione. Lo sente, e sin da primo tocco sente l'istinto di ritirarsi, ma Freddie non gliene da modo e allora si concede, in toto, spingendosi nella sua direzione, mentre sotto i suoi occhi le goccioline d'acqua si fanno rosse. Un'illusione della sua mente. Tutto il suo piacere e il suo dolore si concentrato nella stessa scena, si consumano di fronte ai suoi occhi. Si muove assieme a lui, mentre man mano che i suoi movimenti si fanno più certi e decisi, la ragazza afferra i suoi capelli spingendolo più in profondo. Sempre più vicino al punto massimo, al limite. Vuole superarlo, andare oltre, distruggerlo, bruciarlo. Emette leggeri gemiti, ma di chiudere gli occhi non ne vuole sapere. E' una scena bellissima quella che vede di fronte ai suoi occhi.

    Freddie sovrastato dal sangue, così come lo sono i loro corpi candidi. Il sangue versato in quei mesi. Il sangue che Mun imputa indirettamente al rosso per averla lasciata sola. Ha provato così tanto piacere nell'uccidere alcuni di loro, si è sentita così invincibile nell'annientare corrotti, assassini e stupratori, che a volte ha sentito persino l'istinto di toccarsi. E lo ha fatto. A volte Mun lo ha fatto davvero, sentendosi assuefatta da quel potere che gli era stato dato e che evidentemente non conosceva e non comprendeva, ma soprattutto non sapeva controllare in tutto e per tutto. E ora, eccolo, quel liquido ambrato. Se solo tu potessi vedere cosa hai creato. Se solo te ne rendessi conto. Ed è in quel momento che i suoi movimenti le provocano un sussulto più pronunciato. Chiude gli occhi stringendo la presa sui suoi capelli con più decisione. Tutto il corpo scosso da scariche elettriche fortissime, mentre quel leggero solletico lungo la pelle si fa più insistente. Le ali del dio della morte li avvolgano in un'invisibile morsa, in un abbraccio fatto di dannazione. Lei lo sente. Lo sente, sente i suoi grugniti, quella sua risata malata. Man mano che il ragazzo si fa più insistente, gli artigli del dio percorrono il profilo della sua guancia, del collo, si soffermano sul seno e lei non può fare a meno di stringere i pugni e gettare la testa all'indietro, fino a incontrare la superficie fredda delle mattonelle gelide alle sue spalle. Il respiro si fa più affannato, le cosce tremano, il ventre si contrae. Ed è lì, quasi all'apice. Ryuk la seduce, affinché lei seduca il mondo intero. Affinché gliene porti altri, sempre di più. Le dita lo stringono con così tanta decisione da non volergli permettere di spostarsi dalla posizione in cui si trova. E' in pena, Mun. Dolore e piacere. Sentimenti così contrastati, venuti giù da una comune radice. La contemplazione di se stessi. Ed è questo ciò che Mun fa; si contempla e contempla il rosso, quasi come se per un secondo gli occhi del suo dio, terzo spettatore non più passivo, fossero i suoi. Ma proprio quando sta per toccare le vette del piacere proibito, il rosso del demonio, le nega quel punto di arrivo, lasciandola in preda alla frustrazione e al dolore. Sospira con aria insoddisfatta mentre si morde il labbro inferiore. Nell'esatto momento in cui Fred si ferma, il suo dio scopare, ma non scompaiono quelle immagini di morte e nemmeno la silenziosa prospettiva di un punto di arrivo comune. Perché ci arriveremo. Chiude gli occhi cercando di nascondere la delusione, mentre lui la spinge ulteriormente contro il muro fino a far aderire perfettamente la sua schiena contro di esso. Freddo e stranamente confortevole. Lo sente, preme contro di lei con decisione, senza spingersi troppo oltre. « E tu? In difficoltà? » Un sorriso sarcastico le imperla le labbra. SSta giocando, e le piace, le piace davvero tanto il fatto che lo faccia. Questo è un Fred con cui Mun potrebbe facilmente trattare. Nel loro elemento più primitivo, Fred e Mun sono uguali, si capiscono. L'istinto è sempre più facile da gestire della ragione. E' nella lucidità che noi due non andremmo mai d'accordo. « Discreto. » Commenta tra un sospiro e l'altro, e man mano che lui osa leggermente di più, provocandola, non può fare a meno di emettere un leggero gemito che la tradisce. Non è vero. Lo sanno entrambi, il suo corpo, la tradisce. La sua natura prettamente umana, la inganna. « Quante volte hai pensato a me in momenti come questo con altri? » Si allontana e il suo corpo cerca di seguirlo. Lo brama, lo desidera. Ha bisogno di lui. Ti prego. « Una » Stronzo. « Due » Sadico. « O tre volte? » E a quel punto Mun, è certa che sia giunto il momento, ma Freddie si ferma. I loro sguardi si incontrano, e per un attimo c'è fuoco e rabbia, e c'è mancanza. C'è una guerra così tanto accesa da non riuscire nemmeno a comprendere dove inizi e dove finisca. Non riesce a vedere confini in quel loro scontro, né temporali, né spaziali. Saremmo sempre questo, vero? Quella consapevolezza la eccita ulteriormente, perché lei Freddie lo vuole così. Lo vuole fuori di sé. Non lo accetta nel suo comune vivere, nel suo essere così maledettamente se stesso. Ed è proprio ciò che gli piace di lui, ciò che apprezza di quel ragazzo. La sua spontaneità, la sua innocenza. La odia e la ama. E per questo, rubargliela le sembra il più gran crimine che possa commettere. « Dimmelo. » Ed è proprio quell'imperativo che sprona Mun nella direzione esattamente opposta. Tu vuoi che ti implori. E per quanto l'istinto vorrebbe pregarlo di interrompere quell'agonia, l'orgoglio glielo impedisce. Vede la crepa. Quell'imperativo, dettato da un'apparente sicurezza, altro non è che bisogno, dipendenza. Freddie non è intraprendente, non è sicuro di sé. Non sa cosa ha di fronte, non sa contro cosa sta giocando, e l'unica cosa che lo aiuta ad andare avanti e uscirne a testa alta è il suo cieco coraggio. Un degno Grifondoro. Il sangue scorre lungo il volto di lui, tra i suoi capelli, sulle sue labbra. Quell'imperativo le suscita un misto di odio, disprezzo, compassione, amore. Un miscuglio di cose che appartengono alla vecchia Mun tanto quanto alla nuova. Un misto di emozioni così contrastanti, che si traducono in una semplice carezza lungo la guancia, prima di passare la punta della lingua sulle sue labbra insanguinate. Sa che sia tutto nella sua testa, quel sangue non esiste davvero, ma lei lo sente, ha un gusto salmastro, leggermente metallico. Questo è il sangue che mi scorre sulle dita, Freddie, grazie a te, grazie ai nostri amici, grazie al nostro passato. Di scatto le dita si precipitano verso il suo collo, dove lo stringe appena, in una morsa, che certamente male non può fargli. Mun non è certamente una ragazza forte. La sua forza è diversa, il suo potere è diverso. « Mai. » Taglia corto lasciando che un sorriso malizioso imperli le sue labbra di velluto. Vuole provocarlo. Vuole tutto quel che reprime, tutto ciò che lui nasconde perché la sua natura gli impone di nasconderlo. « Ce ne sono stati tanti, ma nessuno mi ha fatto rimpiangere te perché.. » Tu non sei mai stato come ora. Tu non sei mai stato così. E vederlo così intraprendente, autoritario, diverso dal ragazzo sorridente e sciocco, è uno spettacolo che vuole godersi appieno e in prima fila, per quel poco che durerà. Scoppia a ridere appena, mentre stringe ulteriormente provando ad allontanarlo, ma senza farlo veramente. Lo allontana, ma contemporaneamente il suo corpo si avvicina a lui. « ..andiamo! Chi rimpiangerebbe i tuoi quindici secondi di gloria. » Lo sta prendendo in giro; si prende gioco di quel bambino inesperto e incerto che Mun ha conosciuto e nella compagnia di cui si è forgiata nell'arte di amare per la prima volta. Nessuno dei due aveva più niente di quei due zucconi, ma ricordare era sempre piacevole, soprattutto quando facendolo, si feriva l'orgoglio di un maschio alfa, che avrebbe venduto se stesso e l'anima al demonio pur di provarle il contrario. Gli getta entrambe le braccia al collo, lasciandogli un leggero morso sulla spalla mentre un sorriso fintamente innocente si rispecchia in quello di lui. Le loro parti intime si sfiorano provocandosi ulteriormente. Lo sente impaziente, e lo è anche lei. Ogni urto è una tortura, un dolce attendere a cui lei contribuisce spingendosi nella sua direzione lasciandogli sentire tutto il suo desiderio. « Quindi, Fred Weasley Jr, in che modo mi farai pentire?.. » Gli morde il labbro, stampandogli tra una parola e l'altro leggeri baci sensuali sulle labbra. « ..per aver ferito i tuoi sentimenti.. il tuo orgoglio.. per non averti salutato al ballo, piccolo cucciolo. » Le dita della mano destra gli accarezzano la nuca, quelle della sinistra si impigliano tra la folta chioma di capelli color fuoco. « Se superi i due minuti, potrei pensare di lasciartelo fare di nuovo.. »


     
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    Tre fasi. La rottura di Fred con Amunet, e le settimane conseguenti, erano constate di tre frasi. La prima: indifferenza. Fred si era convinto di non avere bisogno di Amunet Carrow. Si era convinto che la sua vita non sarebbe cambiata particolarmente dopo la rottura e che chissà, forse avrebbe addirittura trovato di meglio. Aveva ripreso la sua quotidiana routine alla Fred: allenamenti a quidditch, uscite con gli amici, battute idiote e scherzi ancora più idioti che l'avrebbero fatto finire in presidenza un giorno sì e l'altro pure. Lui non aveva bisogno di Amunet così come Amunet non avrebbe dovuto aver bisogno di lui. Ed ecco allora la seconda fase: negazione. Negare ciò che era stato. Oltrepassare tutto ciò che era esistito tra di loro e far finta che nulla fosse mai accaduto. Cancellare Amunet dalla sua memoria. Negare l'affetto, negare le gioie, negare i sorrisi, la rabbia, il risentimento, la nostalgia, tutto quel miscuglio letale di emozioni che ne componevano, in fondo, una ed una soltanto: l'amore. Negare l'amore. Perchè sì, Fred Weasley amava Amunet Carrow e probabilmente l'avrebbe sempre fatto. E amare faceva male, amare ti rende debole, ti distrugge dall'interno. E allora, terza e ultima fase: mancanza. Può mancarti qualcosa che hai rimosso? . Puoi venire sopraffatto dalla nostalgia da qualcosa che hai provato a convincerti in ogni modo che non sa mai esistito? Certo. Amunet è lì, e Fred non l'ha mai dimenticata. Amunet è lì, e Fred non riesce a pensare ad altro. Un ragazzo forte, un ragazzo coraggioso, un ragazzo audace, eppure, quando si tratta di lei, completamente assuefatto. Malleabile, debole, dipendente. Un servo di quell'amore che lui stesso aveva denigrato ma che, seppur involontariamente e probabilmente senza neanche accorgersene, ricercava ogni giorno. La ricercava. L'aveva fatto sin da sempre. La cercava la mattina quando si svegliava e lei non era lì, la cercava durante le lezioni quando si sedeva in fondo alla fila e lei non era accanto a lui. La cercava con lo sguardo durante i pranzi e le cene in sala grande, durante il natale, durante le gite. E, infine, la cercava quando stava in mezzo alle gambe di qualcun'altra. Cercava il suo sospiro caldo, il suo sapore, il suo intero essere. Ed adesso tutto questo è lì, concreto, reale: e lui sta perdendo la testa. Lei l'ha posseduto ed i segni del desiderio che è riuscita a suscitare in lui sono ancora ben evidenti. La vuole, la vorrebbe subito, lì, in quel preciso istante. Eppure no, bisogna aspettare. Bisogna aspettare per non rendere tutto banale. Bisogna aspettare per sfidarla al suo stesso gioco: un gioco pericoloso, fatto di passione e desiderio, amore ed odio. Amore nel sentirla così vicina, così sua, odio nel pensare, nel sapere che sua non lo è affatto. Non più. « Discreto. » « Bugiarda. » Non è più sua perchè lui questa Mun non la conosce. Lo provoca, e lo fa con cognizione di causa. Lo provoca e lo fa sapendo dell'effetto che le sue parole hanno su di lui. Una dea del caos, che di caos si nutre e caos dispensa. E a Fred piace. Fred viene catturato dal suo caos, vi si addentra, ne assapora il gusto proibito e lo fa proprio per qualche istante. I gemiti di lei riecheggiano ancora tra i suoi pensieri, sente ancora le sue dita strette contro i capelli, a tirare appena per darle l'illusione di avere un minimo di potere su di lui. L'ha presa lì, in quel modo poco convenzionale per dimostrarle tutto e niente allo stesso tempo. Farle vedere che no, non è più il ragazzino dalla facile conquista d'un tempo. L'innamoratissimo Freddie, sempre troppo indeciso nella sua sicurezza, sempre troppo precoce. Lei è diventata una donna tanto quanto lui è diventato un uomo, ed è questo che ha voluto dimostrarle mentre continuava ad addentrarsi nel proibito, percependo l'intero suo corpo spingersi ulteriormente contro di lui. Ha sentito il suo desiderio, ha percepito il suo piacere, i suoi muscoli contrarsi, l'eccitazione pulsare sotto la sua stessa lingua, e quando ha visto il momento migliore stare per arrivare..Si è rialzato, sfidando il suo sguardo. E lei ha colto la sua provocazione, con quel discreto. Un fendente contro il suo orgoglio, una falla nella sua virilità. Ma non si arrabbia, Fred, quello è un gioco di botta e risposta piuttosto caldi che lui, da bravo Grifondoro, accetta a testa alta. Vuoi giocare? E allora giochiamo. Le mani di lei si stringono contro il suo collo. Non gli fa male, ma sente le ossa delle sue dita affusolate cozzare contro la sua pelle incandescente. Il suo corpo reagisce sotto il tocco di lei, donandogli impulsi peccaminosi e incontrollabili. Inarca un sopracciglio, ricercando il suo sguardo. Quel mare di ghiaccio sembra ardere. Fuoco blu si staglia sul viso della Carrow. « Ce ne sono stati tanti, ma nessuno mi ha fatto rimpiangere te perché.. » Tanti, ce ne sono stati tanti. Tanti quanti? Vorrebbe chiederle, ma si morde il labbro inferiore con forza, senza però esser capace di nascondere quella scintilla di gelosia che trapassa il suo sguardo per qualche istante. Quasi riesce a vederla, stretta tra le braccia di sconosciuti. Mun, la sua fottuta Mun. Nuda, nel letto di uomini che non conosce e che probabilmente non ha mai amato. Uomini che non la meritano, che non meritano la sua lingua intrecciata contro la propria, le sue mani calde sul corpo, i suoi sospiri contro l'orecchio. Vorrebbe annullare il suo passato. Ah, se solo ne fosse capace, state certi che lo farebbe. Un leggero ringhio gli scuote il petto, mentre risponde alla stretta di lei contro il proprio collo con le dita arpionate ai suoi fianchi, quasi come a volersela riprendere da una minaccia al momento non presente, ma fin troppo pregnante. Sei mia, lo sarai sempre, tienilo a mente. E' geloso, è mortalmente geloso e quel sentimento tanto forte si mescola al momento assieme alla passione ed all'eccitazione, in un cocktail letale che lo lascia quasi senza fiato. « ..andiamo! Chi rimpiangerebbe i tuoi quindici secondi di gloria. » E adesso è fastidio ciò che si fonde alle precedenti due emozioni. Oh Mun, stai giocando col fuoco. Un'espressione indecifrabile si dipinge sul volto del rosso, mentre la bocca si spalanca appena, preso alla sprovvista da quella sottile frecciatina. Lo sta prendendo in giro. Per qualche minuto, attimi sovrastano i suoi pensieri. Attimi passati, attimi trascorsi, attimi andati. Fred e Mun, Mun e Freddie, stipati in quel letto disordinato. Coperti da un lenzuolo attorcigliato alle loro gambe, intenti a lasciarsi andare per la prima volta a ciò che per tanto tempo avevano soltanto sentito o forse visto, ma mai provato sul serio. Le sue braccia erano strette contro il busto di lei, per avvolgerla, mentre le mani di Amunet vagavano tra i suoi capelli, incerte. La prima volta è sempre qualcosa di particolare. Traumatico oseremmo dire. Le avrebbe fatto male, perchè sapeva come funzionava, e ciò l'aveva messo ancora più a disagio. L'idea di farle male non gli piaceva, l'idea di esser lui la causa del suo dolore, seppur forse minimo e del tutto naturale, lo rendeva nervoso di quanto non fosse già. « E' evidente che sei rimasta un po' indietro allora, tesoro. Dovresti aggiornarti » Ma ad oggi, è diverso. Fred stesso si sente diverso. Non vuole farle male, quello mai, ma vuole dominare su di lei così come lei sembra intenzionata ad impedirgli in ogni modo. Vuole farle rimpiangere ogni parola, ogni presa in giro, sentire il suo corpo flettersi sotto il proprio, quel calore crescerle dentro e sapere di esserne lui la causa. Le dita di lei continuano a stringersi contro il suo collo mentre lo spinge verso dietro, ma col corpo lo richiama a sè. Un gioco sadico, un gioco di provocazioni, che li distruggerà entrambi. Le loro parti intime si sfiorano di nuovo, e ciò gli ruba un sospiro. E' impaziente, e lei lo sa, lo è anche lei. La vuole , la vuole lì ed in quel momento. Sotto quell'acqua, in quella doccia, con probabilmente la restante squadra di quidditch fuori da quella porta. « Quindi, Fred Weasley Jr, in che modo mi farai pentire?.. » Gli morde il labbro inferiore, rubandogli baci di fuoco che altro non fanno se non renderlo ancora più incapace di aspettare oltre « ..per aver ferito i tuoi sentimenti.. il tuo orgoglio.. per non averti salutato al ballo, piccolo cucciolo. Se superi i due minuti, potrei pensare di lasciartelo fare di nuovo.. »

    Qualcosa scatta. Orgoglio forse? Rabbia? Risentimento? O forse semplice voglia. « Potrei pensare che il tuo è un invito a farlo di nuovo.. » Le ultime parole quelle, prima di inglobare le labbra di lei in un bacio improvviso. Infuocato, passionale, avvolgente. Intreccia la lingua con la sua, sempre più in fondo, tanto a fondo da far mancare il respiro ad entrambi per qualche momento. Le mani risalgono lungo la sua schiena, andando a sbottonarle il reggiseno per liberarla di quell'ultimo lembo di stoffa a coprire quel corpo che esige ammirare in tutta la sua interezza. Si scosta in quel momento e cala lo sguardo per darle un'occhiata che ha ben poco di innocente, passandosi la lingua sulle labbra, che sanno ancora di lei. Il pudore l'hanno ormai abbandonato da tempo, quindi non perde un minuto di più prima di spingerla con un certo impeto che sfiora il violento contro il muro. Ricerca le sue labbra, incastrandosi tra le sue gambe e tenendole le mani ben salde sui fianchi per non farla cadere. All in, si gioca. Mun e Freddie, Freddie e Mun, di nuovo uniti. Sentirla avvolgerlo gli causa una serie di sensazioni che sarebbe impossibile descrivere. Percepirla come parte integrante di sè lo anima d'un fuoco ancora sconosciuto. Gli scorre dentro, e più questi si addentra attraverso di lui, più lui lo fa attraverso di lei. Un gemito soffocato si infrange sulle sue labbra non appena sente di esser giunto là dove non può spingersi oltre, all'orlo massimo di quel burrone, e allora le danze hanno inizio. Movimenti fluidi e ben consapevoli, dotati di una certa esperienza e di una voglia non indifferente. I capelli di lei gli avvolgono il viso come una cornice, così come l'intero corpo di lui sovrasta quello di lei come uno scudo. La tiene stretta, con una presa ben salda, imprimendole le dita nella carne. Si scosta dalla sua bocca, baciandole la mascella per poi scendere al collo, alla spalla ed al petto. La solleva appena con uno scatto, per poterla baciare sul seno. Baci caldi e pieni di carica sessuale, prima di fuoriuscire la lingua e giocarci un po'. E continua a giocarci in quella tortura silenziosa ed umida, mentre nel frattempo quegli affondi non cessano. Spinte forti, perfettamente assestate, mentre si spinge dentro di lei completamente. La sta prendendo con forza, e del ragazzino di un tempo sembra non esserne rimasta traccia. Del ragazzino che quella volta, la loro prima volta, le aveva addirittura chiesto il permesso per cominciare. No. Questo Freddie non chiede, questo Freddie agisce e basta. Spinge, spinge e ancora spinge, mentre tutti i muscoli del suo corpo si irrigidiscono e seguono assieme quella danza peccaminosa. Nella sua mente, una serie infinita di ricordi. Mun che gli sorride quel primo giorno di tanti anni fa, lui che la osserva entrare al bar, il loro bar, per la prima volta. Il loro primo appuntamento, il loro primo bacio. Le risate, gli scherzi, le prese in giro, gli abbracci, le promesse, i baci, l'amore. L'ha amata, Fred. La ama ancora? Sì. Glielo dirà? No. Risale, per morderle il lobo dell'orecchio destro, mentre i loro corpi ormai danzano assieme, perfettamente coordinati. Mun fa parte di lui e lui la sente, mentre col suo corpo lo accoglie interamente ricambiando la sua voglia di lei. La loro voglia. Si desiderano, si bramano entrambi, forse l'hanno sempre fatto. Forse continueranno a farlo. Ma al momento poco gli importa. Non gli interessa del futuro, non vuole pensare al passato: presente, solo presente. Un presente fottutamente fantastico. Averla così vicina gli fa perdere la testa, e deve sforzarsi a non pensarci troppo per..beh, non darle ragione e fare un fiasco colossale. Il pensiero delle sue provocazioni lo anima ulteriormente, mentre ribalta la situazione e va a sbattere a sua volta con la schiena contro la parete della doccia, costretto ad accompagnare i loro movimenti con le braccia ed il bacino adesso che non v'è più la parete a far loro da superficie d'appoggio.
    UmY5bsD
    Orgoglio. Passione. Gelosia. Rabbia. Amore. Un miscuglio letale. Una miscela esplosiva che lo conduce sempre più vicino alla sua, di esplosione. Il respiro si fa sempre più affannato, le dita si stringono contro la pelle dei fianchi di lei con violenza, e gli affondi continuano, continuano e continuano, sempre più forti, sempre più eccessivi. Una mano le vaga lungo la schiena per insinuarsi attraverso i capelli e stringervi attorno le dita per tirare appena. Vuole sentirla. Sentire i suoi gemiti ed i suoi sospiri, sentire tutto di lei. Di nuovo, si rigira, spingendola contro le mattonelle gelide della doccia, tornando a cercare le sue labbra, mordendole. Ed è in quel momento che lo sente arrivare, il limite massimo. Non vi sono vincitori nè vinti in questa guerra che stanno vivendo. Amunet è tanto armata quanto lo è Fred. Due titani che hanno fatto della loro rabbia la loro arma. La ragazzina ha lasciato spazio alla donna, e si pone di fronte ai suoi occhi come ciò che è: una dea dell'amore. Un amore avvolgente, passionale, rosso. Per qualche istante, Fred vede ogni cosa rossa. L'atmosfera che li circonda, le goccioline d'acqua, persino gli occhi di Mun sembrano essere iniettati di sangue. Ed è allora che succede, quell'equilibrio si spezza, il corpo esplode sul finire di quella danza contorta. Si spinge ulteriormente contro di lei un'ultima volta, aderendole completamente contro ed entrando a far parte di lei completamente, senza riuscire a trattenere un gemito sulle sue labbra. Le pupille si dilatano, i muscoli si irrigidiscono, il mondo perde i propri contorni mentre lui perde la testa. Chiude gli occhi, nascondendo il viso contro il suo collo, mentre il respiro ormai affannato lo costringe ad allentare la presa attraverso i suoi fianchi ed abbandonarsi in parte col proprio peso su di lei. « Ancora discreto? » Sibila, la voce roca e soffocata dal respiro affannato « Ti ho fatta pentire abbastanza? O ne vuoi ancora? » Buffone.
     
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    You did not think when you sent me to the brink, to the brink
    You desired my attention but denied my affections, my affections

    Trema tra le sue braccia. Il desiderio s'intensifica man mano che che si scambio quegli sguardi che in fin dei conti Mun ha riservato solo a lui. Per quanto freddi e distaccati, Mun non ha mai guardato nessun altro come guarda il suo Freddie. Lo invita con malignità a entrare, a farsi spazio dentro di lei, diventare un tutt'uno, un essere unico. « Potrei pensare che il tuo è un invito a farlo di nuovo.. » Scoppia a ridere appena, prima che si abbandoni in tutto a un lungo bacio che ha tutta l'aria di essere paradiso e inferno contemporaneamente. Aumenta il desiderio, l'attesa, la promessa di qualcosa che mutualmente hanno silenziosamente concordato nel momento stesso in cui il primo bacio si è instaurato tra i due. Le mani di lui vagano sulla sua schiena, proprio lì, dove profonde cicatrici contornano ancora tutta la sua spina dorsale; una scia di suture fate ad opera d'arte che ora hanno un aspetto biancastro e confluiscono in quella costellazione che si è fatta tatuare dalla nuca in giù sulla schiena. Prima o poi, le cicatrici non ci saranno più; verranno spazzate dalla comparsa di nuove stelle cadenti. Le stelle che Mun fa cadere ogni mese per Ryuk. E alla fine anche l'ultimo pezzo di indumento cade ai loro piedi, e la Carrow non se ne cura, anzi, vuole che lui la guardi, che la ammiri in tutta la sua interezza, e quello sguardo colmo di sottintesi che getta sul suo corpo mordendosi il labbro non fa altro che soddisfarla ulteriormente. Caratterialmente, Mun è stata una figura dominata per molto tempo, poi, lentamente, sotto l'influsso della loggia nera è diventata una creatura dominante, eppure, nel gioco dell'amore, la ragazza ha sempre preferito dare piacere, piuttosto che riceverlo. Le ha sempre dato una soddisfazione non indifferente veder i suoi partner cadere ai suoi piedi come schiavi sotto il peso dei suoi baci, delle sue mani, delle sue labbra. Ed è per questo che, in un certo qual modo, quel gioco è ancora diverso rispetto a quelli fino ad allora sperimentati. Fred e Mun sono al pari; nell'antica arte della passione, in quel momento, non c'è né un vincitore e nemmeno un vinto. Non ce ne è uno da meno, uno che si sia esposto di meno, che abbia affrontato quella sfida con un po' meno consapevolezza o con meno coinvolgimento. Mun si è consegnata nelle sue mani in tutto e per tutto, senza remore, senza imbarazzo, senza sentirsi forse, per la prima volta, vittima o carnefice del rosso. Forse noi funzioniamo così. Forse noi siamo questo. Pensa per un istante, prima di sentirlo. Sentirlo davvero. Un leggero gemito fuoriesce dalle sue labbra mentre si aggrappata alle sue braccia chiudendo gli occhi e serrando la mascella. L'ha colta alla sprovvista e si fa spazio sempre più nel profondo. Perché è questo ciò che fa Freddie. Ti entra sotto la pelle quando meno te l'aspetti e poi, di sradicarlo non c'è modo. Ed è violento, è passionale, è suo, come non si è mai aspettato di vederlo, di sentirlo, sempre più in là, sempre più vicino ai suoi centri del piacere. Ogni qual volta i loro corpi si scontrino, è una guerra eterna e lei resiste, si dimena interiormente a quel piacere squisito cercando di resistergli, di non dargli soddisfazione, ma ogni volta trattenere quel dolore, quel violento piacere diventa più complicato. Freddie la resa debole, in tutti i sensi, l'ha resa ancora malleabile al suo volere, l'ha resa bisognosa di ogni spinta, di ogni suo movimento. Ne è dipendente. Ne vuole di più, sempre di più. Si aggrappa a lui con più decisione mentre lui la solleva per baciarle il seno. Le dita conficcate nella sua schiena con violenza, ogni muscolo teso, la bocca a tratti deliziata dal sapore salmastro della sua pelle. Gli morde il collo, poi il dell'orecchio mentre trattiene a momenti il respiro. Lasciami andare, Freddie, vorrebbe dirgli, e invece ottiene l'effetto contrario e quella che si lascia andare completamente è lei. Mun sta facendo l'amore, in un modo coinvolgente, qualcosa di estremamente proibito, qualcosa che farà estremamente male ad entrambi. Lo aiuta spingendosi a sua volta verso di lui, e si abbandona, completamente, inesorabilmente, indipendentemente dal domani; Mun si consegna completamente nelle mani di Freddie come non ha mai fatto prima di allora e gemme appena contro il suo collo, mentre con la fronte accarezza la sua guancia. Ricordi, ricordi di altri tempi inondano la sua mente. Vedi? E' questo ciò che mi fai. Questo ciò che mi hai fatto. Momenti di paura scorrono nella sua mente e confluiscono in quel momento in cui il suo corpo freme di desiderio, freme di piacere per il suo rosso del demonio. Perché in fin dei conti Fred e Amunet potranno essere incompatibili per molti versi, ma è chiaro che in quello sono bravi, sin troppo bravi per non concederselo. La mente di lei corre altrove, si ritrova di fronte quella ragazzina priva di speranza, quella ragazzina che per questo giovane ha pianto a lungo fino a fare il più grande sbaglio della sua vita. Le vorrebbe accarezzare la guancia, dirle che andrà tutto bene, che prima o poi smetterà di fare male. Ma la verità è ben diversa; la verità è che fa ancora male. Freddie le fa ancora male, lo odia ancora, lo odia con tutta se stessa, a tal punto da mettere tutta quella carica nel fare l'amore con lui. Ricorda il primo momento in cui ha toccato quel maledetto quaderno, il momento in cui il suo dio della morte le si è presentato al cospetto per la prima volta. Quanto dovevi essere disperata per non aver provato nemmeno l'impulso di scappare? Non l'ha provato e non ha provato paura nemmeno quando per la prima volta ha provato lo stesso dolore che provano le sue vittime. La paura di Amunet Carrow è nata ed è morta assieme a suo padre. La cosa più terrena che lei avesse avuto era proprio quell'uomo spietato che l'ha portata un po' più vicina alla morte. Non avrebbe mai voluto fare ciò che ha fatto, Amunet. Vorrebbe sfuggire a quella vita, lo desidera ogni giorno. Eppure, questo essere masochista, non sfugge davvero mai, non se ne va mai del tutto. Ti tormenta, ti lascia entrare, ti infesta da dentro. E questo fa ora con Freddie. Man mano che le immagini della loro prima volta, del loro primo bacio, del loro ultimo momento insieme si profilano di fronte ai suoi occhi, man mano che lui spinge sempre di più, Mun si abbandona a un piacere talmente aulico da non riuscire a fare a meno di ringhiare come un animale messo all'angolo tra le sue braccia. "Ti amo." "Non sono abbastanza." Ed è proprio quello il momento in cui nasconde il viso contro il suo collo sentendo ogni spinta come decisiva. Lacrime confluiscono assieme alle goccioline di acqua sul suo volto. Lacrime calde, dolore, piacere, desiderio, mancanza, odio, risentimento. Freddie le fa male. Un male che si estrinseca nella forma più proibita di piacere. E così quando ribalta la situazione, quando è lui a ritrovarsi con la schiena contro il muro, Mun butta appena la testa all'indietro aggrappandosi alle sue braccia, ed è allora che arriva. Arriva tutto insieme. E di punto in bianco non riesce più a trattenersi e si lascia coinvolgere da quell'esplosione di sensazioni uniche. Trema tutta, tremano le cosce, le braccia, il busto. E lui non si ferma, nemmeno quando Mun è arrivata ben oltre il suo limite. Freddie si prende tutto, con violenza e meticolosità continua quella poesia velenosa, e lei glielo lascia fare, rincara la dose, cercando le sue labbra ormai debilitata. Lo bacia, lo bacia con più dolcezza, non trovando più forze per combattere con la stessa temerarietà di prima. Gemiti soffocati sulle sue labbra vengono di scatto svelati in tutta la loro triste melodia quando lui la costringe a staccarsi, tirandole appena i capelli. E quella mossa, quel suo bramare ogni sua debolezza, quel suo voler captare ogni sua contraddizione, la porta a concentrarsi nuovamente sempre di più sulle sue spinte. Gli occhi cercano i suoi mentre lo sente sempre più impaziente, e quell'impazienza, quel sapere prima ancora che succeda il fatto che stia al culmine la porta ad aumentare il ritmo dei suoi sospiri, ancora, e ancora, e ancora una volta lo sente. Il calore, il non riuscire a resistere. Lasciami andare. Basta. E più lo sta pregando silenziosamente di lasciarla andare, più lui non la lascia, più le spinte si fanno coinvolgenti. Ognuna un po' più vicina a portarla di nuovo lì, lì dove in fin dei conti voleva arrivare la prima volta e dove ci arriverà a breve di questo passo. Ti ho combattuto a lungo, ti combatterò ancora, ma adesso non posso resisterti. E così mentre la schiena di lei tocca nuovamente la superficie fredda alle sue spalle i muscoli si tendono all'estremo ancor più di prima. Muore un po' in quel momento Mun; è come un attacco cardiaco. Incredibile come amore e morte si fronteggino in quel momento. Fred è amore, Mun è morte e insieme sono l'una l'altra. La spinta decisiva arriva, decretando la fine della guerra. Lui si accascia contro di lei, si abbandona tra le sue braccia e per la prima volta Mun lo accoglie impossibilitata di fare altro. Gli accarezza i capelli e lo culla appena mentre l'altra mano gli accarezza dolcemente la schiena. « Ancora discreto? Ti ho fatta pentire abbastanza? O ne vuoi ancora? » Lei sorride appena, un sorriso malinconico, mentre le dita solleticano la sua pelle, e gli accarezzano quei capelli con un moto che non sembra nemmeno appartenere a Mun. Le è mancato, non c'è dubbio. O forse non le è mai mancato perché non l'ha mai conosciuto. Questo Freddie, non è il suo Freddie. Probabilmente non è il Freddie di nessuno, o forse è Mun a non essere di nessuno. Si stringe di più a lui stampandogli una serie di dolci baci lungo il collo, fino a raggiungere il lobo del suo orecchio. Gli ha dato tutta se stessa, più di quanto si sarebbe aspettata. Gli ha consegnato un pezzo di se stessa, da sempre, che non apparterrà mai più a nessuno. Mi appartieni, e ti appartengo, in un modo o nell'altro continuiamo e continueremo a farlo sempre. Una consapevolezza che inizia a realizzare. Le si insinua sotto la pelle mentre resta lì, in silenzio, abbracciata a lui senza voler interrompere quel contatto, mentre brividi le scivolano lungo la spina dorsale. Quanto male mi hai fatto. Quanto me ne stai facendo adesso. Quanto ancora me ne farai. « Il Bagno dei Prefetti è stato un buon allenamento, vedo. » Un sussurro gelido al suo orecchio, prima di trovare la capacità di staccarsi. Perché lui deve sapere che lei sa. Deve avere qualche nemico in giro, Freddie, se hanno ben pensato di informarla. Torna in sé, Mun, scivolandogli via dalle braccia e immergendosi sotto il getto dell'acqua per lavar via quelle carezze, quel momento. Non ci sarebbe riuscita, per quanto ci avrebbe provato, aveva ottenuto l'effetto contrario di quanto sperato. Ti voglio ma non voglio perdonarti. Non lo farò. Lasciami andare. Gli rivolge le spalle con improvvisa freddura mentre si scrolla di dosso quanto di sporco e paradossalmente pulito ci sia stato tra loro in quella mezz'ora di baci, carezze, parole non dette. Lascia che il silenzio alberghi tra loro. Non è imbarazzante, ma è strano. E' tutto strano. Spezzato l'incantesimo, Mun si sente vuota, più sola di prima, un animale ferito dalle sue stesse azioni. Voleva fare del male a lui, e ha fatto del male a se stessa. E' combattuta. Combattuta tra amore e odio, tra affetto e risentimento, tra passato e futuro.

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    Lo sguardo di lei cerca quello di lui. Lentamente la temperatura scende, forse nemmeno poi tanto lentamente. Scostatasi dal getto dell'acqua, Mun incolla la schiena contro la parete opposta della stanza, dall'altra parte rispetto a dove hanno consumato tutto quel fuoco tenuto troppo a lungo dentro, tra le loro viscere. Non sembra una chiusura, ma non sembra nemmeno un inizio. Se quel gioco era iniziato era perché Mun sperava potesse trovare una chiusa a una questione in sospeso. Forse in fin dei conti l'aveva trovata, ma in cuor suo, si rendeva conto non fosse affatto così. Le sue dita sulla sua pelle bruciano ancora. E' esausta e quello sguardo, è lo sguardo di qualcuno che getta la spugna e guarda in faccia ciò che le ha fatto bene, e le ha fatto anche altrettanto male. « Ce l'hai qualcosa di asciutto da prestarmi? » Chiede quindi con apparente indifferenza mentre afferra uno degli asciugamani appesi, per iniziare ad asciugarsi prima la pelle e poi i capelli. Non sa esattamente come affrontare quella situazione con lui ora. Improvvisamente, c'è imbarazzo, e c'è vergogna, e c'è la consapevolezza di essersi affacciati su uno squarcio che si era quasi completamente chiuso. Freddie il piedino nella porta ce l'ha sempre tenuto, anche quando non c'era. Questo lo sapeva. Ma lei voleva davvero che lo facesse? Lo ha voluto? Sì, forse lo ha voluto, e lo vuole ancora. Ma nella sua vita non riesce ad accettarlo. Non riesce a perdonarlo, o forse, la verità è che, non riesce a perdonare se stessa. Forse la verità è che l'unico mostro è lei, e ne è consapevole. Non c'è una sola realtà in cui le cose potrebbero tornare normali, semmai Freddie dovesse scoprire la verità. Mun ha fatto una cosa disumana, per quanto giusta, ha preso qualcosa di Freddie, un pezzo di sé. « Non credo che sia il caso che io esca così. » A dirla tutta non gliene frega nulla di cosa possano pensare i suoi compagni. Se anche la voce si spargesse, ed è probabile che si sparga, a lei va bene così. Non ha fatto niente di male. Nessuno dei due lo ha fatto. O forse Freddie non lo avrebbe fatto in circostanze leggermente diverse. Di cosa con la Stone abbia fatto in quel Bagno non gliene frega niente, di cosa abbia fatto con decine di altre ragazze nella scuola, poco le importa. Certo, sapere che lui esprimesse con gli occhi e con parole più o meno certe il desiderio di varcare nuovamente quella porta, per poi finire a letto con un'altra, non perorava particolarmente la sua causa. Ma non le importava. Mun quella porta non gliel'avrebbe fatta varcare comunque. Anche se durante quei momenti di poco fa, c'è stato più di un istante in cui era pronta a chiederglielo, anche se un briciolo del suo cuore vorrebbe che le cose tornassero come prima, la Carrow è lucida, e sa che ci sono troppi ostacoli perché loro possano tornare insieme. Non sei tu sono io. Dopo il non sono abbastanza, la frase più fatta del mondo. « Puoi farli andare via? » Sempre se non sono già andati. Gli chiede quindi abbassando lo sguardo. Perché in fin dei conti, uscire dalla stanza delle docce e vedersi addosso tutti quegli sguardi maliziosi e colmi di sottintesi, rovinerebbe quel momento. Lo macchierebbe. Se questo mondo e l'oltretomba si frappone tra noi, rubiamoci gli attimi. L'unica cosa che può fare Mun. Mantenere integro almeno il ricordo di quei due ragazzini che tutto hanno sbagliato e forse mai hanno agito in modo giusto. Entrambi impauriti, guidati da un'inesperienza incommensurabile. Se questo mondo e l'oltretomba si frappone tra noi, rubiamoci gli attimi.

    Oh tell me now, where was my fault
    In loving you with my whole heart




     
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    Calma dopo la tempesta. Fred Weasley ed Amunet Carrow sono lì, stretti contro quel muro, coi loro corpi ancora intrecciati. Le braccia del ragazzo stringono ancora il busto della ragazza, il suo viso è ancora nascosto tra i capelli di lei ed il suo respiro affannato si infrange contro il suo collo. L'acqua scende sulla loro pelle, scivolandovi, le goccioline ormai sembrano esser diventate parte integrante del loro incarnato. Come quell'acqua, tutto scorre. Ogni cosa riprende il suo ritmo iniziale. A partire dal tempo, che nonostante siano passati alcuni minuti, sembra essersi fermato, sino a finire ai loro cuori. Il suo, Fred, l'ha sentito per tutto il tempo in cui è stato legato a lei. A battere forte nel suo petto, così forte da fargli male, quasi come intenzionato a sfondargli la gabbia toracica. A spingersi oltre. Così come hanno fatto loro: Mun e Freddie si sono spinti oltre. Hanno varcato quella linea di demarcazione invisibile che, automaticamente, si erano creati in questi anni di indifferenza totale. Ma si può esser indifferenti di fronte a qualcosa che non si è mai riusciti a dimenticare? Si può considerare morto qualcosa che continua a vivere dentro di te? Perchè Amunet ha continuato a vivere sotto la sua pelle. Ha continuato a sentirla sempre, di giorno in giorno, persino quando si costringeva a non pensarla. E l'aveva sentita anche in quei momenti, tremare sotto la forza delle sue spinte, rispondere alla sua violenza con la propria. Fin quando poi non l'aveva sentita più. Col senno di poi, placata l'adrenalina del momento, la sua mente ripercorre quegli attimi, mentre le mani di lei vagano tra i suoi capelli lasciandogli delle carezze che poco appartengono al prototipo di persona che Amunet sembra esser diventata. Carezze dolci, carezze sfinite, rassegnate. E per qualche istante, pochi minuti fa, Fred è così che l'ha sentita. Rassegnata, sfinita, incapace di combatterlo. Ma lui non s'è fermato, e questa consapevolezza sembra colpirlo soltanto adesso. Si morde il labbro inferiore, scostandosi a malincuore non appena è lei la prima a staccarsi da lui. Quel distacco gli fa capire quanto averla vicina lo faccia stare bene. Mun e Freddie non hanno fatto sesso. Mun e Freddie hanno fatto l'amore, l'hanno sempre fatto. Non v'è mai stato solo sesso tra loro, dalla prima volta all'ultima. Potrebbe mai quel miscuglio di sensazioni, impulsi ed emozioni appartenere a qualcosa di altamente limitato e vergognosamente banale come il semplice sesso? No. Fred l'ha voluta, l'ha sempre voluta. Durante quei pochi minuti, allora come adesso, Fred Weasley avrebbe voluto renderla una parte integrante di sè. Toccarle l'anima, rapirle il cuore e farlo proprio. Inglobarla, imprigionarla, avvolgendola interamente come uno scudo, proteggendola da tutto e tutti. Da quel mostro che lei chiamava padre, dal male del mondo. Ma non c'era riuscito, no. L'unica cosa dalla quale avrebbe dovuto proteggerla sarebbe diventato lui stesso, e non ne era stato capace. E allora rimane lì Fred, immobile, la mascella serrata ed il respiro ancora affannato. I muscoli rimangono tesi, il cuore continua a martellargli il petto, mentre una strana sensazione comincia a crescergli dentro. « Il Bagno dei Prefetti è stato un buon allenamento, vedo. » Senso di colpa. Spalanca gli occhi, mentre lei gli dà le spalle. Amunet sa. Una marea di domande lo investe in pieno. Quanto sa, cosa sa? « Amunet io... » Mormora, il tono di voce incerto. Allunga un braccio come a volerla sfiorare, ma non ci riesce. Ogni cosa torna alla normalità, e quella è una normalità che fa male. La confidenza nei movimenti di qualche minuto prima lascia spazio al disagio, la decisione all'esitazione, l'amore all'odio. Amunet Carrow torna ad essere un fantasma e Fred Weasley l'estraneo incapace di valicare quella barriera invisibile che s'è creata attorno. L'amore che hanno consumato prima ormai sembra soltanto un mero ricordo. E allora io cosa, Fred? Non hai nulla da giustificarti. O forse semplicemente tutto. Vorrebbe dirle che gli dispiace, ma non sa esattamente per cosa. Troppe le possibilità. Per averla lasciata, per averle rubato il campo, per averla presa nonostante ciò che ha fatto con Malia solo qualche giorno fa. Sospira ed alza lo sguardo verso di lei, che gli dà le spalle. Ed è in quel momento che le vede. Cicatrici. Delle profonde suture le percorrono la spina dorsale, coprendole una buona parte della schiena. Sovrastate da un tatuaggio che ne copre in parte l'orribile spettacolo, e che Fred non ha mai visto prima, ma ugualmente visibili. Tutto d'un tratto ogni ricordo ritorna. Per tanto tempo Fred si era quasi convinto che Carrow non fosse mai esistito. Che Amunet fosse una normale ragazza con una famiglia normale ed un passato normale, e che lui non avrebbe dovuto sentirsi in colpa per averla lasciata. Ma quelle cicatrici distruggono ogni sua impalcatura mentale. Ed ecco che la rivede, quella ragazzina vulnerabile di cui si era innamorato. Stretta tra le braccia del suo ragazzo, tremante ed indifesa, fragile sotto i voleri di quel mostro. E Fred si sente un mostro. Si avvicina, sfiorandole appena la schiena con le dita, ma ritraendosi dopo qualche secondo. « Io...Scusa » Quelle parole sono le ultime prima di un silenzio asfissiante. Non sa esattamente per cosa gli dispiaccia. Per averla lasciata, per ciò che ha fatto con Malia, per ciò che ha fatto con lei. Non ne ha idea, e allora si morde la lingua, allontanandosi per aprire un'altra doccia vicina. Incapace di sentirsi degno di starle ancora vicino.

    L'acqua gli scorre sul viso, là dove riesce a percepire ancora l'impronta dei baci caldi di lei. Vi strofina le mani, lasciando che l'acqua gelida faccia il suo corso per scacciar via le ultime tracce di quel fuoco che hanno consumato poco prima. Si rigira verso di lei, stretta contro il muro opposto della doccia. Gli sta lontana, non solo fisicamente. Mun è lontana anni luce da Fred. Mun, la sua Mun, è stata sua per qualche minuto ed ora non lo è più. Sospira, lanciandole un'occhiata incerta, che nulla possiede più della malizia di poco prima. Il rosso del diavolo ha lasciato spazio a Fred, soltanto Fred, il ragazzino vulnerabile di fronte alla persona che più ha amato in vita sua, e che più ha ferito. « Ce l'hai qualcosa di asciutto da prestarmi? » Annuisce prontamente, avvicinandosi alla pila di asciugamani per legarsene una ai fianchi. Si passa le mani fra i capelli, scostandosi dalla fronte alcuni ciuffi umidicci. « Non credo che sia il caso che io esca così. Puoi farli andare via? » Gli ci vuole qualche minuto per ricollegare: la sua squadra. Avranno sentito tutto? Freddie non è mai stato un tipo timido, e su questo non v'è mai stata ombra di dubbio. Ma la consapevolezza che i suoi compagni possano aver sentito Amunet, rubando loro parte di quegli attimi, lo rende nervoso.
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    No, Fred non è un tipo timido. Ma protettivo a dismisura, quello sì. « Certo, aspetta quì. » Asserisce allora, lanciandole un'ultima occhiata. Esita qualche istante prima di varcare quella soglia, perchè sa già che una volta fatto, lei si allontanerà sempre di più. Prende un lungo respiro ed esce dalle docce, alzando lo sguardo. Gran parte della squadra si è già dileguata, e davanti ai suoi occhi si staglia solo un Baxter decisamente fin troppo incuriosito. « La bisbetica è stata domata? » Quelle parole e la sua risata si schiantano contro un nervo già scoperto. Si spinge in avanti, Fred, mollandogli una spinta così forte da farlo sbattere contro il muro. « Hey, hey...Amico, andiamo, non voglio litigare » « Io sì. Te ne vai da solo o ti ci mando a calci in culo? » Una cosa è certa: Fred Weasley non si arrabbia mai, ma quando lo fa, meglio non interferire. Questo Baxter lo sa bene, e dopo averlo osservato per qualche minuto, decide di dileguarsi, lasciandolo completamente solo nel camerino. Fissa la porta per qualche altro istante, i pugni ancora serrati, prima di avvicinarsi al suo borsone lasciato incustodito sotto una delle panche in legno per trascinarlo sulla soglia delle docce. « Non c'è nessuno, puoi anche uscire. Comunque dovrei avere qualcosa quì.. » Apre la zip, estraendo alcuni vestiti. « Slip e reggiseni non ne ho, mi spiace » Una risata forzata si libera nell'atmosfera gelida, e solo dopo essersi infilato le mutande ed i jeans, alza lo sguardo per cercare il suo, mentre si allaccia la cintura. Si infila poi una maglia bianca, spettinandosi i capelli nel movimento per entrarsela. Si riabbassa, estraendo un paio di pantaloni ed una felpa rossa. « Ho questi, meglio di niente..Ti andranno un po' larghi, ma questo già lo sai » Ed eccola, la nostalgia. A schiaffeggiarti quando meno te l'aspetti. Freddie che presta dei vestiti ad Amunet dopo esser stati assieme. Un dejavù che si ripete, lasciandogli una voragine dentro. Si sforza di sorridere, per nascondere quella nota di tristezza. Gli sono mancati certi gesti. Gli sono mancate certe emozioni. Gli è mancata lei. Le porge i vestiti, mordicchiandosi l'interno della bocca. « Mun..Io..Cioè. Non so chi te l'abbia detto, ma..Ecco tra me e Malia.. » Che stai facendo Fred? Ti stai giustificando, sul serio? Dopo aver fatto quello che avete fatto? « E' successo dopo il banchetto ed eravamo entrambi ubriachi. » "Perdonami se te lo dico, ma non sei il centro dell'universo." « So di non dovermi giustificare con te, perchè non ti importa più nulla di me, ma.. » Ma vorrei che tornasse ad importartene qualcosa « Non l'ho fatto per ferirti. » Voglio smetterla di farti del male. Pausa. « Cosa siamo noi due, adesso? Cosa proviamo, cosa provi? Riusciremo mai ad avere una possibilità? » Torneremo mai ad essere di nuovo un noi?

    It feels like there's oceans between me and you once again
    We hide our emotions under the surface and tryin' to pretend
    But it feels like there's oceans between you and me
    I want you and I always will

     
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    « Io...Scusa » Di cosa? Vorrebbe chiedergli, ma la verità è che non ne ha nemmeno voglia. Mun non ha mai fatto nulla per ricevere scuse e a sua volta ne impartisce di scuse, davvero poche. Forse perché in fin dei conti, il suono stesso della parola la manda in bestia. La verità è che non esistono scuse che reggano di fronte al desiderio umano, e ognuno dovrebbe prendersi le responsabilità delle proprie azioni. Si può sempre recuperare, ma la ragazza mal ammette sia recuperare col prossimo, sia che qualcuno cerchi di scusarsi. Sono due anni che la gente continua a scusarsi con lei. Sin da quando Mun ha cominciato a riappropriasi della propria vita, sin da quando hanno iniziato a vedere in lei non più una bambina con chiari problemi di autostima, bensì una creatura in grado di sopravvivere e rafforzarsi anche nelle meno fortuite delle possibilità, la gente ha iniziato a scusarsi, fino a farle venire la nausea di quelle cinque lettere. S c u s a; potrebbe scommettere che qualcuno viva solo per sentirsele dire, per poter provare l'ebrezza di aver dimostrato il proprio punto. Non Mun; a Mun di avere ragione non gliene frega nulla. Vuole solo essere lasciata in pace, e al contempo, non vuole affatto essere lasciata in pace. I minuti passano, passano che sembrano delle ore, e lei non riesce a trovare nulla di meglio da dire se non chiedergli se ha qualcosa da prestarle. E' qualcosa che le viene, spontaneo, naturale. Chiedere a Freddie di prestarle una maglietta, indossare le sue camicie, le sue felpe, i suoi maglioni, sono azioni che un tempo potevano essere facilmente annoverate nella categoria delle cose ordinarie. « Certo, aspetta quì. » E così, Mun, Resta da sola. Continua ad asciugarsi i capelli con il morbido asciugamano, prima di avvolgerselo attorno al busto. Lo sente, quello scambio là fuori, e per un secondo, Mun prova una qualche forma di paura, insicurezza. Non prova quella sensazione da sin troppo tempo. Si accascia a terra continuando a chiedersi perché lo ha fatto. Perché si è consegnata a lui. Perché non è riuscita a resistere a quel bacio, a quei tocchi, a quei sospiri. L'autocontrollo le è sfuggito come acqua tra le dita, perché la verità è una sola: Mun brama Freddie. Lo brama in modo diverso rispetto a come ricordasse di volerlo un tempo. E' più grande, più consapevole di ciò che vuole, e anche di ciò che non vuole. Ed è proprio questa consapevolezza a tormentarla. Freddie è desinato a rimanere sempre un pezzo del passato, un qualcosa che ci sarà sempre e che pure è più passeggero di qualunque altra cosa abbia mai avuto. Fred è sfuggente, è aria - non fuoco, è aria pura, leggera, benefica - e con lui è come combattere coi mulini a vento. Se anche non ci fossero mille ostacoli e limiti definiti dalla Carrow, se anche le regole del gioco non le dettasse lei, tra Freddie e Mun resterebbero comunque una serie infinita di differenze. Differenze sociali, di classe, di abitudini. Le loro dimensioni sono completamente diverse e man mano che crescono, quelle dimensioni li inglobano sempre di più. Mun non potrà mai vivere nel mondo di Freddie, non a lungo almeno, e Freddie non potrà mai vivere nel mondo di Mun, non senza sforzarsi fino a star male. Lei non si vede più a condividere quei variopinti Natali a casa di lui, con tutti i suoi parenti rumorosi e le risate, tutta quella felicità quasi delirante. E lui, non potrebbe mai vivere infiocchettato per feste d'alto rango a cui Mun, volente o nolente, è costretta a partecipare. Tra Freddie e Mun c'è qualcosa, la mezz'ora appena trascorsa lo evidenziano. Mun prova ancora qualcosa per lui, qualcosa di molto forte, di estremamente delicato e al contempo violento. Ma Mun e Freddie sono incompatibili. Lui la odierebbe se sapesse cosa si cela dietro quegli occhi, così come lei odia lui per essere così disgustosamente giusto e lontano dal mondo in cui la ragazza è costretta a vivere. Lui la odierebbe, e se non lo facesse, lei lo odierebbe ancora di più, perché significherebbe che l'ha perdonata, e lei non vuole essere perdonata. Probabilmente se Ryuk non le impedisse di parlare, Mun non direbbe comunque niente; in primis perché ha paura del giudizio di lui, ma soprattutto perché se lo facesse, dovrebbe chiedere scusa. Implicitamente lo farebbe in ogni caso, anche senza dar voce a quella successione di cinque lettere una dietro all'altra. Scusa Freddie, scusa per averla uccisa. Scusa per non essere ciò che immaginavi io fossi. Mun non vuole il perdono, e tanto il suo passarci sopra - il suo perdono - quanto il suo risentimento eterno, sono due dimensioni inaccettabili. Le bugie fanno male ai bugiardi patologici come Mun, ma tengono al sicuro gli equilibri. E di questo ha bisogno: equilibrio, ordine, rigore. « Non c'è nessuno, puoi anche uscire. Comunque dovrei avere qualcosa quì.. » Raccoglie i suoi vestiti zuppi dal pavimento e si dirige nella stanza accanto. Si avvicina tenendosi l'asciugamano ben stretto al petto, prima di sedersi sulla panca di legno degli spogliatoi, di fronte a quella su cui è seduto Fred. Lo osserva in silenzio mentre si riveste, cercando di restare il più possibilmente calma, seppur calma non lo sia. Gli fa effetto; lui continua a farle effetto. Ed è furiosa con se stessa, con lui; è frustrata, perché lo vuole, eppure non lo vuole affatto. Si può desiderare qualcosa che non si vuole affatto? Mun sente di aver bisogno d'altro, ma al contempo, ha bisogno di lui. Di lui nella sua dolcezza, premura, in quei gesti semplici e genuini che le hanno migliorato la vita e che ora invece sembrano solo colpi di frusta uno dietro all'altro. « Slip e reggiseni non ne ho, mi spiace » Le allunga un paio di pantaloni della tuta e una felpa. Che vergogna andare in giro coi colori rosso oro. Stabilisce già che dovrà passare inosservata almeno finché non rientrerà nella sua stanza. « Ho questi, meglio di niente..Ti andranno un po' larghi, ma questo già lo sai » Deglutisce appena. Questo è un colpo basso, Freddie. Sorride appena mentre accetta gli indumenti, lasciando cadere l'asciugamano per terra. S'infila prima i pantaloni, e poi la felpa, chiaramente indumenti in cui potrebbe facilmente entrare una seconda Mun. Arrotola i pantaloni per poterci camminare e si tira su le maniche della felpa. Fred è di molto più grosso di lei. Nonostante non sia un bestione, la differenza tra loro due è notevole. Mun è bassina e mingherlina, e giusto quei maledetti tacchi riescono a renderla leggermente più imponente. Se le infila infatti, le sue scarpe laccate, che ovviamente non c'entrano niente con il resto dell'outfit. Realizza che se vuole passare inosservata i tacchi non sono il modo migliore, e allora, pur di distrarsi da quello sguardo che la uccide dentro, prende a controllare sotto le panche alla ricerca di un paio di scarpe da ginnastica di un numero inferiore al 45. Perché insomma, non si aspetta certo di trovare il suo improponibile 36, ma quanto meno, spera di riuscire a trovare qualcosa leggermente più adatto. E alla fine, un paio di antiestetiche scarpe bianche consunte le trova. Prende a infilarsele in silenzio maniacale, prima di sentir di nuovo spezzare quel silenzio. « Mun..Io..Cioè. Non so chi te l'abbia detto, ma..Ecco tra me e Malia.. E' successo dopo il banchetto ed eravamo entrambi ubriachi. » Lei scuote la testa chiudendo gli occhi per un istante. Non vuole sentirle quelle scuse. Non riesce a sorreggerle ulteriormente. « Lascia stare, Fred. Era tanto per dire. » Certo era tanto per dire, come no. « Non mi devi spiegazioni. » « So di non dovermi giustificare con te, perchè non ti importa più nulla di me, ma.. Non l'ho fatto per ferirti. »
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    Assottiglia lo sguardo, tornando di fronte a lui, pronta ad appoggiarsi contro gli armadietti alle spalle. Affonda le mani nella tasche della felpa, stringendo i pugni. « Cosa siamo noi due, adesso? Cosa proviamo, cosa provi? Riusciremo mai ad avere una possibilità? » Sbuffa scuotendo la testa. Ci prova Mun a non essere brusca, ma non ci riesce. « E tu cosa provi, Fred? » Non si risponde mai a una domanda. Scuote la testa sospirando profondamente, prima di passarsi una mano tra i capelli. « Non dirlo. » Lo ammonisce, con un chiaro tono affranto. Mun ha pianto. Ha pianto in quei momenti, perché le è mancato, perché le ha fatto male, perché lei gli ha fatto male. « Perché vedi, la scusa dell'alcol non regge. » Chiude gli occhi e cerca di lasciar defluire il chiaro desiderio di urlargli contro. « Se non volevi ferirmi perché lo hai fatto? Mi chiedi un'altra possibilità dopo che una settimana fa, ti rotolavi nella vasca che anche io uso, con un'altra ragazza. Lasci che mi affidi completamente a te, essendo convinto che io non sappia niente del tuo piccolo idillio. » Una leggera pausa, tempo in cui deglutisce. « E se non lo avessi mai scoperto? » Si stringe nuovamente nelle spalle. L'aria afflitta. E' davvero stanca. E' stanca di fargli la guerra; in questo momento non riesce a litigare con lui, non vuole combatterlo, vuole solo che le cosi restino così come sono. Vuole che quel momento resti sospeso nel tempo. Senza un prima o un dopo. Un momento, estemporaneo. « Dici che eri ubriaco e che non volevi ferirmi, ma senti di doverti scusare perché forse in fin dei conti qualcosa di cui scusarti ce l'hai. » Un leggero sorriso imperla le sue labbra. « C'è qualcosa tra noi, Fred Weasley, non lo negherò. E questo, ciò che è appena successo, mi è piaciuto. E' stato bello. Molto bello. » E molto doloroso. Sincerità allo stato puro. Mun sceglie le verità, le seleziona, ma a volte, non può fare a meno di metterle sul piatto. « Abbiamo avuto un momento. Ma non farò finta che questo sistemi le nostre differenze. » Ti ho lasciato fare perché lo volevo. Ma non ti sei fermato. E sono diventata una delle tante. Aveva detto di non poterlo fare. Non possiamo. « Tu fai cose.. e poi ci pensi. Ti butti a capofitto per poi realizzare di romperti l'osso del collo. » Le sue parole sono apatiche, non contengono più rabbia. Solo rassegnazione. Tanta rassegnazione e amarezza. « Non è romantico chiedermi un'altra possibilità dopo avermi fatta tua, senza avvertirmi di dove sei stato non più lontano di qualche giorno fa. E questo solo perché avevi paura del fatto che io mi tirassi indietro se me lo avessi detto - e non sarebbe stato così, perché io ti volevo, ma questo non mi dava diritto nemmeno di contestare le tue azioni di due ore fa, figuriamoci della scorsa settimana. Non è romantico dirmi che non riesci a lasciarmi andare quando chiaramente sei stato bravissimo a farlo negli ultimi due anni. E non è romantico che hai pensato a me mentre.. » Deglutisce. Quante volte l'hai fatto da solo immaginando che fossi io? Tante, forse troppe. E' questo che vuoi sentirti dire? « Magari avevi una ragazza e tu.. pensavi.. » Scuote la testa, sapendo di ferirlo. Vuole davvero farlo? Non lo sa, no, probabilmente no. Ma lui deve sapere. « Che senso ha? Hai avuto due anni per venire a riprendermi. Due anni in cui sono rimasta nel mio piccolo, insignificante mondo, cercando di trovare un equilibrio. Vi ho cercati a lungo; te, i nostri amici. Accidenti, persino Betty ha scelto te. Ti sei preso persino lei. » Perché quando due si lasciano, alla fine si tratta sempre di prendere le parti. Albus, ha scelto naturalmente le parti di Freddie, ma anche Betty ha fatto altrettanto, e lui, Betty se l'è tenuta stretta. Avrebbe riscommesso l'anima sul fatto che Freddie sia persino rimasto vago su come si siano lasciati. « Mi sembra piuttosto conveniente venire a reclamarmi proprio ora. La gente si accorge che esisto e improvvisamente ricompari. Ammettiamolo, in cuor tuo ti sarai sempre raccontato che visto che ti amo, allora sarò sempre lì ad aspettarti mentre tu fai pace col cervello. » Deglutisce di nuovo. Colpo di grazia in arrivo. « Ora, hai solo paura che qualcun altro possa accorgersi di me e possa farmi provare le stesse cose. Ma sappiamo entrambi che a te non piace la persona che sono diventata, tanto quanto a me non piace la persona che tu sei diventata. » Per le motivazioni sopra elencante, tra le tante. « Forse dovremmo solo.. provare a essere civili.. se non per noi, per le persone che ci circondano. Per le nostre casate. » Abbassa lo sguardo, stringendosi le braccia al petto, mentre un brivido le attraversa la spina dorsale. E' difficile, dire quelle parole, ma è la cosa giusta da fare. Di questo, quanto meno, è certa.


     
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