such a boy

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    Campo da Quidditch, ore 18.26.
    Sembra un pomeriggio come tanti, noioso come lo sono stati tutti gli altri di quella settimana. Manca poco più di mezz'ora all'ora di cena e l'ultima lezione della giornata si sta per concludere. Grazie al cielo, si ritrova a pensare, mentre osserva i ragazzini del secondo anno a sfrecciare sulle loro scope. Sfrecciare poi, parolona non grossa, di più. Ma fosse soltanto questo il problema, Sam ci passerebbe volentieri sopra. No, quei ragazzini sono inguardabili. Se ne salvano due, al massimo tre, ma per il resto sono completamente e innegabilmente negati. Dovrebbero appendere la scopa al muro e tenerla lì, come una reliquia sacra, per ricordarsi sempre che sono stati fortunati a non rompervisi sopra l'osso del collo. «Strike, devi alzarle quelle gambe, non lasciarle ciondolare a peso morto!» Scrolla la testa, portandosi una mano alla fronte. Lui, così scoordinato, non lo è mai stato. Ed è vero che a Durmstrang la disciplina è la prima regola da seguire se non si vuole morire malissimo, ma insomma, c'è un limite a tutto. In più sono al secondo anno, ergo hanno già alle spalle un anno di lavoro sopra un manico di scopa e il professor White l'aveva avuto pure lui, per ben 3 anni, prima che andasse in pensione e l'aveva sempre ammirato perché, pur essendo anzianotto, aveva sempre saputo il fatto suo. «Signorina Perkins, LE MANI SEMPRE INCOLLATE AL MANICO DI SCOPA!» Urla mentre i suoi occhi chiari si fissano sulla figura scura che continua a svolazzargli sopra la testa. Meredith Perkins, una Grifondoro dodicenne che è tutta un programma. Fin dalla prima lezione, il giorno seguente al banchetto inaugurale, la ragazzina (o forse è il caso di dire bambina?) gli si era attaccata a cozza, recapitandogli doni su doni, da scatole di cioccolatini - che Sam non si era assolutamente azzardato a toccare, spaventato all'idea di replicare lo scenario da innamorato perso al quale era stato sottoposto soltanto tre anni prima, a cura di una "poco piacevole d'aspetto" Corvonero, di cui chiaramente non ricorda nemmeno il nome - fino addirittura ad arrivare a piccoli mazzetti di fiori che era certo venissero dritti dritti dalla serra di Wilde. Insomma, in tutto e per tutto una vera e propria infatuazione per il professore, uno dei più grandi clichè che si rispetti. E se da una parte questa cosa lo lusinga, dall'altra lo mette a disagio non poco, considerato che se la ritrova sempre intorno, quasi fosse già in grado di smaterializzarsi. "Mi scusi professore, è che è difficile concentrarsi, sa!" Deve ammettere una cosa Sam: la ragazzina è già fin troppo sveglia per la sua età. Ha sempre la battuta pronta, la lingua biforcuta e già conosce alla perfezione l'arte della lusinga per ottenere qualcosa. Nel caso specifico di Sam un bacio. Un sorrisetto si dipinge sulle labbra del ragazzo, mentre alza gli occhi al cielo. «Dovresti cercare di farlo, non ti dico sempre, ma almeno quando sei con la testa fra le nuvole Le sghignazza come l'età le richiede, per poi tornare seria e convinta di ciò che sta facendo. Che sia la volta buona che forse segna un punto? Segue l'azione con la mano a coppa sulla fronte, per ripararsi dagli ultimi raggi di sole. Meredith si lancia in avanti, con la pluffa ben stretta sotto il braccio. Thompson di Serpeverde cerca di intercettarla, bloccandole la strada, ma lei lo scarta di lato e continua imperterrita ad andare avanti. Si porta di fronte a Clayton, il portiere della squadra avversaria, che comincia a gocciolare per l'ansia. Decisamente non fa per lui il Quidditch. «Forza Clayton, concentrazione!» Meredith lancia e centra perfettamente l'anello al centro. Esulta, fin quando Clayton non recupera la pluffa e la lancia ad Ackles, che prodigioso com'è, sfreccia verso gli anelli che si trovano dalla parte opposta. Meredith gli si butta dietro per rincorrerlo e quando passa sopra la testa di Sam comincia ad esultare, sbracciandosi con le mani. Ma Sam sta seguendo i passaggi perfetti che Ackles e Todd stanno facendo per arrivare più puliti possibili a segnare il punto. Per questo motivo non si accorge di quello che sta succedendo sopra la sua testa. Non si accorge che la Newton, evidentemente stufa dell'atteggiamento civettuolo di Meredith, le indirizza addosso un bolide che la prende in piena pancia. Non si accorge dell'urlo - prassi abituale con una ragazzina del genere - di Meredith che viene disarcionata e cade a peso morto perpendicolarmente al pavimento, in linea retta, come attratta gravitazionalmente da lui, ancora una volta. Non si accorge di niente, fin quando non gli cade addosso con tutto il peso. E per quanto sia sveglia e intelligente, Meredith ha pure quel chiletto di troppo tipico della sua età. Gli casca in testa e lui crolla per terra, attutendole tutto il colpo. «Ma porca di quella troia!» Urla Sam, dopo qualche secondo, mentre Meredith rotola di lato. Si porta una mano al naso, che ha cominciato a sanguinare copiosamente. "Per Merlino, professor Scamander, si sente bene?" Alza gli occhi, mentre non si azzarda gli occhi, e la incenerisce. Secondo te? Sta per dirglielo in cagnesco, ma gli occhi della ragazzina si riempiono di lacrime e allora si zittisce all'istante. Comincia a pulsargli le tempie e si sente una nausea generale, ma le gambe riesce a muoverle, quindi non deve esserci niente di troppo rotto. Prova ad alzarsi, a fatica e quando ci riesce, gli gira la testa, vertiginosamente. Chiude gli occhi per qualche istante e prega un Dio a caso per non farlo vomitare lì davanti a tutti i suoi studenti. Ci rimane qualche secondo, fermo come una statua e poi lentamente li riapre, incontrando quelli preoccupati di Meredith. «Sto bene. O meglio, lo sarò. Tranquilla!» Sussurra con la mano a coprirsi naso e bocca che gli altera la voce. «La lezione è conclusa! Andatevi a cambiare e ci vediamo tra mezz'ora a cena!» Dice poi al resto della classe, prima di girarsi e cominciare a camminare verso il castello. Con Meredith che cerca di farfugliare scuse invano alle sue spalle e lui che fa finta di non sentirla, fin troppo rintronato per fingere di non essere incazzato nero.

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    Per fortuna l'infermeria non è troppo lontana e lui ci si trascina dentro, con la testa che gli vortica quasi quanto il giramento di palle che è in atto. Si butta sulla prima brandina libera che trova e si controlla la mano, che è piena zeppa di sangue. E a lui fa schifo il sangue. E così la testa ricomincia a girare ancora di più, allora si stende, frenando l'impulso di cominciare a frignare come una bambinetta di tredici anni. Il lupo dentro di lui sembra prenderlo per il culo, mentre si rotola per terra. «Cazzo ti ridi, eh?» Digrigna i denti, per poi alzare gli occhi e ritrovarsi di fronte un ragazzino del terzo che si sta avviando verso l'uscita. Gli occhi sgranati e i piedi che non sembrano volersi muovere da lì, impalato nell'aspettare ciò che il professore deve dirgli. «Non dicevo a te. Vai a cena, forza!» E il biondino non se lo fa ripetere due volte, mentre sguscia via. Socchiude gli occhi, Sam, mentre si porta l'altra mano a massaggiarsi le tempie che gli stanno letteralmente esplodendo. Prova a rilassarsi, senza riuscirci troppo e mettiamoci quell'imprevisto per nulla gradito + l'animale che continua a prenderlo in giro + l'attesa snervante che diventa sempre più prolungata e avremo un Samuel Scamander leggermente adirato. Dove leggermente non è altro che un enorme eufemismo. L'unica cosa per cui ringrazia il cielo è che non aveva indosso gli occhiali da vista, quando Meredith gli è crollata sopra, altrimenti addio mondo. «Non è per lamentarmi, ma qui c'è qualcuno che sta morendo. Così, tanto per avvisarvi che mi avrete sulla coscienza!» Avverte il leggere ticchettio sul pavimento e spalanca gli occhi all'istante. Margarita Castillo, la bomba sexy che sembra essere uscito direttamente dai suoi sogni erotici da ragazzino, dove lui era il paziente malato che doveva essere curato dalla premurosa infermiera - gioco di ruolo che, comunque, ha sperimentato, andando avanti con l'età, ndr. «Non sto morendo veramente, mi sembra chiaro.» Si appresta a ritrattare, mentre le sorride, tirando troppo gli angoli della faccia, avvertendo così l'ennesima fitta alla testa. Si trattiene da cacciare un ululato e stringe le palpebre per calmare il dolore. Come avrete di certo ormai capito, Sam non è un grande fan del provare dolore. Soprattutto se partiamo dal presupposto che sente tutto moltiplicato per 10. E se ci aggiungiamo il fatto che è un maschio ed è geneticamente programmato a fare il melodrammatico già per qualche linea di febbre. Figuriamoci quando ha il Mar Rosso che sgorga dalle sue narici. «Era solo per richiamare l'attenzione di qualcuno. Ma avrei aspettato tranquillamente anche di più, per farmi curare da te.» Sorride, questa volta in maniera più discreta, ma pur sempre maliziosa. Sa che gli è uscita piuttosto male, ma può sempre appellarsi al fatto che è gravemente debilitato da tutto il sangue che gli sta uscendo dal naso e che gli si sta incrostando più piano sul mento e sulle mani. «Okay, scusa era terribile. Credo di avere una commozione cerebrale!» O perlomeno lo spero! Accenna una risata che gli rimbomba in testa e lo fa smettere all'istante. «Potrei continuare a fare il duro per un'altra ora per convincerti che lo sono davvero, ma al momento non riesco a pensare ad altro che alla mia testa che mi sta facendo impazzire e che sembra voglia schizzare fuori.» Ammette con un mezzo sorriso, continuando a massaggiarsi la tempia lentamente. «Ti prego falla smettere e dopo ti prometto che le mie mosse per farti cadere ai miei piedi torneranno a brillare come sempre.»


     
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    « AAAAAAAAAAAAAAAH! » Un agghiacciante urlo squarcia il silenzio. Si poggia una mano sul petto, Margarita Castillo, mentre la porta dell'infermeria si spalanca, lasciando spazio ad una spaventata Agnes di entrare. Le va incontro, trotterellando sulle sue gambette corte, poggiandole poi le mani sul viso, preoccupata. « Che è successo tesoro? » Agnes è una donna sulla cinquantina oltrepassata. Di diversi centimetri più bassa di lei e decisamente tarchiata. Ha capelli rossicci e crespi, a malapena domati da quel berretto da infermiera, e la divisa sembra scoppiarle addosso. Ciò nonostante, Agnes è una donna oltremodo buona. La classica infermiera capace di rassicurarti con un solo sorriso gentile e materno. Beh, tutto il contrario di lei. « Cos'è quell'orrore? » Indica con un braccio un ammasso di stoffa stipato su di una brandina. Agnes si volta a guardare, per poi tornare con lo sguardo su di lei, l'espressione confusa. « La tua divisa da lavoro..Cos'ha che non va? Non è la tua taglia? » Un bagliore sinistro brilla negli occhi scuri della giovane, investendo in pieno la povera Agnes. Si passa una mano fra i capelli, prima di incrociare le braccia, serrare la mascella e, solo dopo qualche minuto, prendere un lungo respiro. « Ignorerò il tuo avermi appena dato della grassa solo perchè ti voglio bene. » Agnes balza sul posto, nell'espressione confusa un barlume di terrore. Alza le mani come in segno di resa, prendendo a scuotere nervosamente la testa. « No, no, non intendevo dire- » « Ho detto che lo ignorerò, non farmi cambiare idea. Comunque, io quella roba non me la metto. Siamo nel medioevo? Non mi arriva neanche sopra il ginocchio, e questo cappellino? Andiamo, non pago 100 galeoni di parrucchiere ogni settimana per piazzarmi questa specie di origami uscito male sui capelli. » Alza un indice, in segno di disapprovazione, mentre schiocca rumorosamente la lingua al palato. Ed ecco a voi un nuovo episodio di Margarita Castillo ed i problemi della vita, quelli serissimi. Il fatto è che lei ci prova, ci prova davvero a fare la persona normale ogni tanto, ma poi se le piazzate davanti agli occhi una divisa che nonna Xiomara indossa abiti più succinti in confronto..Beh allora ve la cercate proprio! « Tesoro, capisco il tuo punto di vista.. » Agnes non prendermi per il culo pensa, ma sorride tuttavia « Ma facciamo un lavoro particolare, non possiamo permetterci un abbigliamento poco dignitoso. » ..Ed ecco che l'ignara infermiera sfida di nuovo la morte a colpi di espressioni confuse e sorrisi cordiali. Oh Agnes stai seriamente approfittando della mia estrema pazienza e bontà, adesso. Stringe le labbra ed assottiglia lo sguardo, le braccia ancora incrociate al petto. « Quindi io mi vesto in maniera poco dignitosa? » Sibila, il tono di voce basso e tagliente come mille coltelli messi assieme. Andiamo, lei veste in maniera poco dignitosa? Con quel suo tubino rosso fuoco corto fino a sopra metà coscia e quella scollatura a dir poco sconvolgente? Aggiungiamoci poi anche i tacchi vertiginosi e lo scollo profondo sulla schiena, vi sembra un modo poco dignitoso di vestirsi? Mah. Scuote la testa, sconcertata. Agnes fa per parlare, e parla pure in effetti, ma Margo ha deciso di resettare il cervello e non ascoltarla,quindi le passa di fronte tranquillamente, agguantando quell'odiosa divisa per andarsi a cambiare dietro un separè. Perchè ovviamente tutta questa scenata è accaduta proprio lì, nel bel mezzo dell'infermeria, circondate da studenti col naso sanguinante e le sopracciglia bruciacchiate per qualche pozione riuscita male. Sospira, continuando a scuotere la testa in segno di disapprovazione mentre si spoglia completamente di quello straccetto rosso per infilarsi quell'orribile divisa. Si specchia allora attraverso le mattonelle del muro, e per poco non ha uno scompenso al cuore. Ah, quanto avrebbe bisogno di un'uscita di shopping assieme ad Izzie per risanare quanto i suoi occhi siano stati costretti a vedere. Ma ci troviamo di fronte ad una Castillo, e per precisare, una Castillo decisamente pazza, quindi non pensate neanche solo per un momento che la questione possa esser terminata così. Si piega per estrarre la sua bacchetta dalla borsetta in pelle (ecologica, chiaramente, gli animaletti non si toccano le persone sì) e, girando su sè stessa per guardarsi meglio attraverso il riflesso del marmo, dà un colpetto là ed un colpetto qua. Ah ora sì che ragioniamo. Riposa la bacchetta e scivola fuori dal separè, lanciando uno sguardo verso Agnes che, non appena la vede, per poco non ha un infarto. « Lo so, lo so, è una meraviglia » Si sistema verso dietro la cascata di lunghi capelli color carbone, prima di sfilare accanto alla donna. « Se vuoi faccio qualche ritocchino anche a te. Vedrai che stasera a tuo marito partiranno i bottoni dei pantaloni non appena ti vedrà! » Una risata cristallina accompagna le sue parole, mentre si avvicina alla prima vittima.

    « Mi tesoro, come te la sei fatta questa bua? » Sussurra, mentre scopre la mano fasciata di un ragazzino del terzo anno. Eccola lì, Margarita Castillo, perfettamente impacchettata in quella divisa bianca che ormai altro non è se non uno striminzito vestitino che lascia ben poco spazio all'immaginazione. « A pozioni, è esploso un calderone e.. » « Oh, pozioni. Ricordo che ai miei tempi non mi piaceva proprio. Sai, troppo vapore fa arricciare i capelli e distrugge la pelle. » Annuisce con fare solenne, mentre osserva la ferita del ragazzo rimaginarsi sotto la luce bianca della sua bacchetta. « Ai suoi tempi c'era ancora il famoso professor Piton? » Alza il capo di scatto, inchiodando il poveretto con lo sguardo. « Dì un po', esattamente, quanti anni pensi che io abbia? » Sibila, non lasciando il tempo allo studente di risponderle che è già in piedi. Fruga attraverso il cassetto delle medicine, prima di estrarne una grossa siringa. Si gira verso il povero malcapitato, con un sorriso che si estende da una guancia ad un'altra. « Punturinaaa! » Squittisce saltellante. Il ragazzino spalanca gli occhi, visibilmente spaventato. « Ma aveva detto che non c'era bisogno! » « Ho cambiato idea. » Se fosse capace di incenerire con lo sguardo, si troverebbe di fronte ad un mucchietto di cenere al momento. « Margo! » Agnes spunta all'improvviso alle sue spalle, strappandole la siringa dalle mani e posandola su di un bancone asettico. La giovane sbuffa, incrociando le braccia al petto e facendo il broncio. « Oh andiamooo » Mormora offesa, mentre si allontana. « Quì ci penso io, tu va' di là che c'è altro lavoro da fare. » Le fa il verso, prima di girare i tacchi ed oltrepassare la parete che la separa dalla seconda sezione dell'infermeria.

    «Non è per lamentarmi, ma qui c'è qualcuno che sta morendo. Così, tanto per avvisarvi che mi avrete sulla coscienza!» Quella voce proveniente dall'ultima brandina della sala le fa alzare il capo immediatamente. Assottiglia lo sguardo e lo individua. Al di là di tutti quei letti vuoti, un Samuel Scamander decisamente acciaccato la sta osservando. Si dirige verso di lui ad ampie falcate, mentre il ticchettio delle sue scarpe (delle decollete rigorosamente rosse) accompagna i suoi movimenti. Si ferma a qualche passo dal ragazzo, piegando la testa di lato. C'è sangue ovunque a macchiare quel bel faccino,e questo è davvero un peccato, pensa. Le dispiace vederlo conciato a quel modo, e sarebbe una bugia negare quel minimo di preoccupazione che la pervade al momento. Non che lei e Sam Scamander abbiano tutto questo gran rapporto, sia chiaro. L'ha visto praticamente per la prima ed ultima volta al banchetto scolastico, ma insomma, chi non proverebbe pena di fronte ad uno stallone del genere completamente insanguinato? Okay che lei un cuore non ce l'ha, ma coi bei ragazzi(ni) è tutta un'altra storia. «Non sto morendo veramente, mi sembra chiaro.» Sorride, stringendosi nelle spalle « E questo è un bene, sarebbe un gran bello spreco altrimenti. » A quel punto gli si avvicina, sedendosi di fianco a lui sul letto per osservarlo attentamente. A parte il naso sanguinante e molto probabilmente rotto, non sembra avere grossi danni. «Era solo per richiamare l'attenzione di qualcuno. Ma avrei aspettato tranquillamente anche di più, per farmi curare da te.» Questa volta la risata cristallina della donna riempie l'atmosfera, mentre si rialza, ancheggiando verso il mobile delle medicine. Tira fuori un set di garze e bende, assieme a disinfettante e cotone idrofilo, per poi riporlo sul comodino accanto al letto del ragazzo. Gli gira attorno oltrepassandolo, per agguantare la bacchetta. « Tranquillo, ti curo lo stesso anche senza fare il ruffiano. Non che mi dispiaccia però, quindi continua pure. » Gli fa l'occhiolino, discreta come solo una ex prostituta e per giunta latina può essere. Quindi indiscreta. Si risiede accanto al ragazzo e si sfila un fazzoletto di stoffa dalla scollatura. «Okay, scusa era terribile. Credo di avere una commozione cerebrale! Potrei continuare a fare il duro per un'altra ora per convincerti che lo sono davvero, ma al momento non riesco a pensare ad altro che alla mia testa che mi sta facendo impazzire e che sembra voglia schizzare fuori.»
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    Annuisce silenziosamente, piegandosi verso di lui per poggiargli il fazzoletto sotto al naso, pressando appena contro le narici per cercare di bloccare il flusso. Le sue dita si sporcano di sangue, ma non ci fa nemmeno caso. Non è mai stata una tipa che si impressiona facilmente. «Ti prego falla smettere e dopo ti prometto che le mie mosse per farti cadere ai miei piedi torneranno a brillare come sempre.» Ride, scuotendo la testa, mentre pressa ancora un po' la stoffa contro il suo viso « Tieni questo così » Sussurra, gentilmente -cosa assai strana- mentre si alza, asciugandosi le mani con una delle asciugamani appese al muro. Prende la bacchetta, tornando a sedere e puntandogliela contro il naso. « Chi ti ha conciato così? Devo picchiare qualcuno? Avrebbero potuto rischiare di sfregiarti questo bel faccino, e non va. Oppure la tua è stata soltanto una tattica per venirmi a trovare? Dios, avresti potuto anche invitarmi a cena tranquillamente! Ah sì, farà un po' male, epismendo! » Non gli dà neanche il tempo di prendere respiro, che la luce della sua bacchetta lo investe in pieno viso, ed il suo naso si raddrizza con un crack. Aspetta qualche secondo, poggiandogli poi una mano sul viso, stringendo le dita contro le sue guance per fargli girare la testa prima a destra e poi a sinistra per controllare il suo operato. Bello come un angelo, al solito, quindi ottimo lavoro. Sorride soddisfatta, mentre con l'ennesimo colpo di bacchetta richiama a sè un'ampolla dal liquido bluastro al suo interno. Gliela porge, stappandola. « Tre sorsi dovrebbero bastare per metterti a nuovo la testolina. » E detto ciò si alza a cavalcioni sul letto, piegandosi su di lui ed allungandosi per afferrare il cotone emostatico che ha adagiato qualche minuto fa sul comodino antistante. Si accorge solo in un secondo momento che, data la posizione, gli ha praticamente schiaffato le tette a pochissimi millimetri dalla faccia, ma non accenna a spostarsi fin quando non agguanta ciò di cui ha bisogno. Si risistema, ponendogli il cotone nelle narici per bloccare il sangue. « Il naso te l'ho sistemato, la pozione ti darà un minimo di sollievo immediato ma ci vorranno delle ore per sistemarti completamente. Quindi per stasera e stanotte dovrai stare a riposo. Le tue studentelle birichine dovranno aspettare la prossima volta. » Si stringe nelle spalle, con espressione angelica. In realtà l'effetto curativo di quella pozione è molto più veloce, ma questo non diciamoglielo al piccolo Scamander. Si ripulisce le mani, rimanendo ad osservarlo per qualche minuto di silenzio, prima di piegarsi nuovamente verso di lui per dargli un delicato bacio prima sulla punta del naso,e poi sulla fronte. « Un mio bacino sulla bua, ciò nonostante, è sempre il rimedio migliore. » Sorride, esitando qualche istante prima di allontanarsi dal suo viso. Madre de Dios da vicino è ancora più bello. « Come ti senti adesso? Dovrò aspettare ancora molto per veder brillare le tue mosse per conquistarmi? »
     
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    « E questo è un bene, sarebbe un gran bello spreco altrimenti. » Ora c'è da dire una cosa: Sam è abituato ormai a trattare con le ragazze. L'ha sempre fatto, fin dall'età di quindici anni, anni nel quale ha perso la sua verginità con una certa Melissa Preston, una delle poche ragazze aggraziate in quel di Durmstrang. Leggiadra quasi quanto una studentessa di Beauxbatons, bionda e filiforme come una vichinga, Melissa era stata colei che aveva iniziato Samuel Scamander all'antica ars amatoria - e lei, già bella che diciassettenne sapeva veramente il fatto suo. Fin da quel momento, dal suo debutto in quella società segreta di cui fino a quella circostanza sapeva poco e niente, si era destreggiato tra più ragazze. Non lo racconta ad alta voce, perlomeno non davanti a Tris o una delle poche altre amiche che può considerare davvero solo amiche, ma ne ha avute tante. E' uscito ed entrato dentro i letti di quante più ragazza gli siano capitate a tiro. E quando lo racconta, agli amici maschi da cui sa che non prenderà un ceffone immediato, è sempre piuttosto inorgoglito dalla cosa. Insomma, su quel curriculum può senza alcun dubbio di avere esperienza, anche fin troppa. Ma con le donne, oh, con le donne non ha mai apertamente avuto a che fare. Le ha sognate, molte volte è capitato di fantasticare sulle prof, sulle madri degli amici, ma non è mai stato con una donna più grande di lui. Non dopo Melissa e forse già da quella oculata scelta avrebbe dovuto capire di preferirle più grandi. E Margarita è una donna, in tutto e per tutto. Sam non sa con certezza quanti anni abbia, né si azzarderebbe mai a chiedergliela, essendo quella una regola che vale per tutte le fasce di età, dai diciotto anni in su. Ha ipotizzato che possa avere all'incirca tra i ventiquattro e i ventotto anni. Di sicuro più di venti, di sicuro meno di trenta. Viaggia insomma in quella banda grigia di anni. Perciò è una donna, fatta e finita. Ha le curve piene e generose proprio lì, dove devono stare. Ha due profondi occhi scuri che farebbero sentire un novellino persino Rocco Siffredi. E sa parlare, sa dire le cose giuste al momento giusto. Proprio quelle giuste parole che servono a far elettrizzare il corpo di un uomo, di orgoglio, di eccitazione, di euforia. Quelle parole, in maniera particolare, servono soltanto ad andare a gonfiare il suo ego già abbastanza senza freni. Le sorride, di rimando, mentre scivola appena di lato per farla sedere di fianco a lui, sul letto. «Attenta alle parole, Margo - si prende subito le proprie libertà, chiamandola con quello è certo sia il suo soprannome. E se anche così non fosse, il soprannome che più gli piace addosso a lei - altrimenti penserò che tu ci stia provando con me e sarebbe un dolore immenso, se così non fosse.» Le scocca la sua solita occhiata a metà tra il divertito e la malizia pura, mentre la sua risata riempie la stanza e lui si ritrova a ridacchiare con lei, per quanto gli sia possibile fare con il cervello che pulsa contro le tempie per fuoriuscire. Digrigna i denti e sistema meglio la testa sul cuscino, mentre gli occhi cadono sul suo fondo schiena, data la posizione di spalle che gli sta dando. Per un attimo si sente tanto quindicenne, il Sam quindicenne che senza alcuna vergogna guardava filmini porno sul computer di James Scamander, senza cancellare mai la cronologia e qualche volta lasciando aperte pure le varie finestre. Insomma, si sente un ragazzino di fronte a quel pezzo di donna che ha di fronte, dal corpo da urlo che viene strizzato da quella divisa tanto corta quanto particolare. « Tranquillo, ti curo lo stesso anche senza fare il ruffiano. Non che mi dispiaccia però, quindi continua pure. » Storce la bocca in una smorfia divertita. «Bene allora continuo.» Annuncia le proprie intenzioni, prima di proseguire veramente. «Da quando Kingsley ha permesso delle divise tanto succinte, strette e corte? Non che mi stia lamentando, anzi..» Inarca un sopracciglio, proprio quando lei decide di tirar fuori dal reggiseno un fazzoletto, con cui ha tutta l'intenzione di volerlo medicare. Non deglutisce perché, dai no, un po' di contegno e autocontrollo l'ha acquistato durante gli anni. Ma l'animale dentro di lui comincia a scodinzolare, tutto euforico, sbattendo di qua e di là, come un indemoniato. Posa gli occhi sul fazzoletto, poi inevitabilmente sul seno messo in bella mostra e infine risale agli occhi, consapevole che Margo non si è persa nessuno degli spostamenti del suo sguardo. Ma è una mossa voluta la sua. «Toglimi una curiosità: quanti decessi abbiamo avuto in questi primi giorni?» Domanda, con naturalezza, mentre la vede armeggiare con il fazzoletto sotto il suo naso. E il profumo che lo becca in pieno è delizioso. Mhhh. Vorrebbe abbandonarsi a quell'odore che risulta assolutamente squisito ai suoi sensi di mannaro, ma cerca di rimanere concentrato. «No perché dei ragazzini di tredici/quattordici anni certe cose non le reggono mica.» L'angolo destro delle labbra si piega verso l'alto, mentre lei continua a tenergli tamponato il naso, così da costringerlo a respirare con le labbra dischiuse. « Tieni questo così » Obbedisce, senza aggiungere altro, portandosi la mano destra a tenere ferma la stoffa che sembra avergli arrestato il flusso di sangue dal naso. « Chi ti ha conciato così? Devo picchiare qualcuno? Avrebbero potuto rischiare di sfregiarti questo bel faccino, e non va. Oppure la tua è stata soltanto una tattica per venirmi a trovare? Dios, avresti potuto anche invitarmi a cena tranquillamente! Ah sì, farà un po' male, epismendo! » Non fa in tempo a risponderle che l'incantesimo lo colpisce in pieno e il setto nasale si sposta con un rumore agghiacciante che lo fa rabbrividire fin dentro le ossa. Ma non gli fa male quanto Margo probabilmente avrà pensato di potergli fare. In fondo, è fin troppo abituato alle ossa che sembrano rompersi, i tessuti che si dilaniano e l'animale che fieramente esce
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    da dentro il suo corpo. Accenna però un grugnito infastidito, mentre si tasta il naso per controllare che sia tutto intatto. Non che non si fidi, chiaramente. Quella donna potrebbe fargli diventare molle un intero braccio e tanto penderebbe dalle sue labbra. «Ti piacerebbe che fosse tutta una tattica per venire a trovarti, non è così?» Le risponde sicuro, mentre fa leva sulle mani per tirarsi un po' più su sopra il letto. Non ha mai trattato con una donna, è vero, ma si dice che non deve essere tanto diverso da una ragazza. La sua sicurezza è sempre stata l'arma vincente del suo approccio. Quello che non fanno il suo sguardo magnetico e i suoi movimenti, lo fa la sua parlantina sciolta e amicante. «Comunque non devi picchiare nessuno, anche se questo trasporto mi piace» ricomincia, guardandola negli occhi «Molto.» Sguardo fisso, sorrisetto diabolico sulle labbra = in tutto e per tutto l'assetto Scamander vincente. «Una studentessa, durante l'allenamento, mi è crollata addosso, senza preavviso. Non è stato un bello spettacolo e con il senno di poi, conoscendo la persona, avrei dovuto anche prevederlo.» Ma non l'ho fatto, mi sembra ovvio. Si lascia controllare il viso, continuando a fissarla indiscretamente. « Tre sorsi dovrebbero bastare per metterti a nuovo la testolina. » Fa in tempo a prendere l'ampolla, che la giovane latina sale sul letto e si inclina in avanti per prendere Dio solo sa cosa dal comodino. E il naso di Sam si ritrova perfettamente al centro della sua scollatura mozzafiato. Socchiude gli occhi, come a volersi concentrare per non dare di matto. Perché insomma, signori, la carne è debole e quella di Samuel Scamander lo è sempre stata fin troppo. E quando vede un paio di tette come quelle, così, alla sua completa mercé, non può che ritrovarsi a ringraziare il cielo per quella manna inaspettata che gli è arrivata. E se c'è una cosa di cui è certo è che Margo è consapevole di quello che sta facendo. Non è la prima sbarbina di turno, che non sa di essere provocante e sexy da fare schifo. No, Margo conosce alla perfezione ognuna delle sue armi. Glielo legge negli occhi una volta che ha recuperato quello che doveva recuperare e che torna ad una certa distanza di sicurezza. Uhh abbiamo un raro esemplare di cougar qui! Si porta l'ampolla alle labbra e la guarda, mentre butta giù i tre sorsi prescritti. « Il naso te l'ho sistemato, la pozione ti darà un minimo di sollievo immediato ma ci vorranno delle ore per sistemarti completamente. Quindi per stasera e stanotte dovrai stare a riposo. Le tue studentelle birichine dovranno aspettare la prossima volta. » Scuote la testa, per quanto riesce a fare con il cotone che gli tiene otturate le narici. «Com'era? "Avresti potuto anche invitarmi a cena tranquillamente" invece che tenermi prigioniero qui, tutto per te Le scocca un'occhiata allusiva perché insomma, seppur sia più grande, Sam non può ignorare tutti i segnali che la donna gli sta lanciando. I complimenti, le tette in faccia, la prigionia. Tutti indizi abbastanza precisi sul come andrà a finire la serata. Ed è allora che spera che quella pozione faccia effetto quanto prima, per essere abbastanza in forma da non dover usare la scusa che almeno una volta nella vita ogni donna usa per non fare sesso. "Scusa tesoro, ma mi si spacca la testa stasera. Facciamo domani eh?" e spegne la luce. No, decisamente non si può fare una cosa del genere. Poi la vede chinarsi su di lui e per un attimo si ritrova ad essere confuso. Lui, confuso. Già. Lo bacia sul naso e sulla fronte e lui sbatte gli occhi, evidentemente rintronato da quel gesto. Oltre a sentirsi un ragazzino, ancora una volta. « Un mio bacino sulla bua, ciò nonostante, è sempre il rimedio migliore. Come ti senti adesso? Dovrò aspettare ancora molto per veder brillare le tue mosse per conquistarmi? » Non può far a meno di sorriderle, mentre lei lo fa con una naturalezza inaudita. Respira a fondo e alza la testa, per poterla guardare meglio. «Con questo mi stai dicendo che finora non ho brillato?» Le domanda poi, accennando un piccolo broncio, con il labbro rivolto verso il fuori. «Il mio ego potrebbe risentirne, sai?» Non è chiaramente la verità, il suo ego è bello gonfio e tronfio come suo solito. Anche se certo, riuscire a sedurre una donna come lei appare agli occhi di Sam come una sfida molto più che allettante. Pertanto si tira su a sedere, spiumacciando alla bene e meglio i cuscini che gli sono alle spalle. «Se io devo rimanere qui tutta la notte, per accertamenti presumibilmente veritieri...- si ferma per lasciarle intendere che è vero che non ci capisce niente di pozioni, non l'ha mai fatto e di certo non comincerà a farlo dopo essersi diplomato, ma che comunque si è rotto ossa più spesso del dovuto e sa bene quanto ci impiegano certi pastrocchi a fare il loro effetto - tu sarai costretta a rimanere qui con me, a farmi compagnia. Non vorrai di certo abbandonare un paziente malato al suo triste destino solitario, no?» Sfodera la migliore occhiata angelica che ha nell'armamentario e le sorride, mentre la mano la invita a sedersi lì, vicino a lui, sbattendo sopra il materasso duro. «Quindi potremmo usare questo infinito tempo da passare insieme facendo qualcosa di utile.» E' allusivo, eppure, per una volta, lo è soltanto in teoria e non in pratica. Non è ancora in forma e le tempie continuano a fargli male, tanto da cozzare bellamente con il desiderio di passare al pratico e non rimanere solo in teoria. «Allora sentiamo: chi è Margarita Castillo?»


     
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    «Bene allora continuo. Da quando Kingsley ha permesso delle divise tanto succinte, strette e corte? Non che mi stia lamentando, anzi..» Si stringe nelle spalle, Margo, setacciando attentamente lo sguardo curioso del ragazzone, ma senza provare alcuna forma di vergogna. Andiamo, guardatela: lei e la vergogna viaggiano su due rette parallele che con ogni probabilità non si incontreranno mai. E se mai si incontreranno, cominceranno a litigarsi tra loro tirandosi dai capelli come qualsiasi catfight qualunque. Un sorriso le distende le labbra scarlatte, allora, mentre sistema meglio il fazzoletto sul naso del suo paziente, piegandosi quel tanto che basta per dargli una visuale più ampia della situazione. « Non ha dato nessun permesso. Me lo sono semplicemente preso, sono certa che non avrà di che lamentarsi. Tu che dici? » Il tono di voce leggermente minaccioso si mischia all'ambiguità del suo solito fare vanesio e mellifluo. No, Kingsley non avrà nulla di cui lamentarsi. Ci provasse a farlo, se vuole vedere un'arpia all'opera. Perchè in fondo, la Castillo è fatta così. Lei le regole non le segue, lei le regole le fa. Ne ha viste troppe nella sua ancora giovane -capito? G I O V A N E!- vita, per spaventarsi di un presiduccio da quattro soldi. Ed Eddie non le sta neanche antipatico, figuratevi! «Toglimi una curiosità: quanti decessi abbiamo avuto in questi primi giorni? No perché dei ragazzini di tredici/quattordici anni certe cose non le reggono mica.» La risata cristallina della donna si libra nell'aria, mentre si ritrae appena per osservare il suo operato. Sangue ovunque, ma perfetto. Non le ha mai dato fastidio la vista del sangue. E su Samuel Scamander deve dire che dona parecchio. « Non molti. Non che io sappia, per lo meno. Anzi...Oggi uno sgorbietto mi ha pure dato della vecchia. » Lo sguardo si fa glaciale per qualche istante, terrificante, prima di tornare a sorridere. « Perchè, tu le reggi certe cose? » Lo provoca, un sopracciglio inarcato. Margarita Castillo è anche questo: provocazione. ..Anzi potremmo anche dire che è specialmente questo. A parte la pazzia, si intende. E la permalosità, e la malvagità di una donna perennemente mestruata. Okay sì insomma è tante cose! Tutte cose che quel ragazzo conosciuto da neanche qualche settimana, sembra riuscire a leggere alla perfezione, sfruttandole secondo il proprio volere. Interessante, davvero interessante, dove vuoi portarmi, Scamander? Il grugnito infastidito del ragazzo attira la sua attenzione, mentre lo adocchia tastarsi il naso per vedere se è tutto okay. « Tranquillo, non ti ho sfregiato, bello come un angelo al solito. Sto sempre molto attenta quando lavoro su soggetti come te, sia mai che sia io la pazza folle che è riuscita a sfregiare un tal bien de Dios. » Su certe cose non si scherza mica, ragazzi. Sta ancora destreggiandosi con ampolle ed erbe magiche, quando l'ennesima domanda arriva. Certo che per essere uno con un trauma cranico in atto, parla assai, questo Scamander. Beh non che le dispiaccia, chiaramente. Diciamocelo, sin dal giorno in cui l'ha adocchiato in Sala Grande, ha avuto un certo..effetto su di lei. Okay, i bei ragazzi hanno sempre un certo effetto su di lei. Ma con lui..Beh è diverso. Le interessa, abbastanza, e le interessa davvero. Ha quel non so che di..Misterioso. Sì, quel Samuel Scamander è un ragazzo misterioso. Di uomini nella sua vita, Margo, ne ha avuti tanti. Anche troppi. Ha imparato a conoscerli tutti, appartenenti alle più disparate categorie. Per età, comportamento, scala sociale e tante altre componenti. Bene, il ragazzo che si trova di fronte sembra non appartenere a nessuna di queste categorie. E' particolare. Dotato d'ironia, simpatia, ma anche malizia, tanta malizia. E poi c'è anche un qualcosa...Sospira, ravvivandosi i lungi capelli corvini con una mano. Fare la detective non fa certo per lei. Samuel Scamander è gnocco e basta. Poche pippe mentali e passa la paura. «Ti piacerebbe che fosse tutta una tattica per venire a trovarti, non è così?» Lo vede sollevarsi sulle braccia per alzare il busto dalla brandina. « Oh beh diciamo che quì non mi viene mai a trovare molta gente interessante. Sai, solo ragazzini col naso rotto o orribili ferite insanguinate. Una visita come la tua, sarebbe roba assai gradita. » La sincerità prima di tutto.«Comunque non devi picchiare nessuno, anche se questo trasporto mi piace. Molto » Annuisce, sinceramente ammirata. « Notevole, Scamander, davvero notevole » Ci sai fare, devo dartene atto. Ascolta silenziosamente il suo racconto riguardo la sua sventura, facendo finta di non notare il suo sguardo indiscreto fisso su di sè. Fosse un'altra donna, lo starebbe già schiaffeggiando a quattro a quattro, tanto che il trauma alla testa sarebbe il minore dei suoi problemi..Ma, insomma, inutile dirlo, lei è Margo. Probabilmente lo schiaffeggerebbe se non la stesse osservando nel modo in cui la sta osservando. Non le è capitato di rado di sclerare con la gente proprio per questo. Schiaffi volanti a poveri malcapitati a caso perchè andiamo, io ho le tette di fuori e tu neanche te ne accorgi? Ma che problemi hai, idiota!! Lo osserva bere i tre sorsi prescritti. «Com'era? "Avresti potuto anche invitarmi a cena tranquillamente" invece che tenermi prigioniero qui, tutto per te.» E questa è una mossa da maestro! Fosse una ragazzina arrossirebbe per esser stata colta con le mani immerse nella marmellata. Ma siccome una ragazzina Margarita Castillo forse non lo è mai stata, la sua risata cristallina inonda l'atmosfera silenziosa dell'infermeria.
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    Si stringe nelle spalle, girandosi di lato e poggiando le mani sulle ginocchia. Lo sguardo comunque fisso sul suo nuovo amichetto. « Molto più facile tenerti prigioniero qui tutto per me. Se ti avessi invitato a cena ricevendomi malauguratamente un tuo rifiuto, mi sarei dovuta occupare di ucciderti. Meglio non darti la possibilità, di rifiutare. Sono molto magnanima, lo so, non ringraziare » Sorriso da first lady prima di scoccargli quel bacio sulla bua e tornare al suo posto, sorridente. Wow, a guardarla così, non sembrerebbe nemmeno ciò che è. Un'arpia. Gentile come ben poche volte nella sua giornata, con quel sorrisone ad allargarle le labbra carnose e quel modo di fare oltremodo accondiscendente. Proprio un agnellino, questa giovane Castillo, non c'è che dire! «Con questo mi stai dicendo che finora non ho brillato? Il mio ego potrebbe risentirne, sai?» Ridacchia guardandolo fare il broncio come un bambino, e scuote la testa, divertita. « Hai brillato, campione, è solo che sono certa tu possa fare ancora meglio di così. » Forza Sam, stupiscimi. Hai giocato bene le tue carte sino ad ora, non farmi cadute di stile giusto adesso. Gli lancia un'altra occhiata, per controllare che stia effettivamente meglio. L'aspetto è sicuramente migliorato, non gli esce più quel fastidioso sangue dal naso e la testa dovrebbe smetterla di girargli tra una manciata di minuti. Che dire, è nata per quel lavoro, cavolo! ..No okay non è vero. Margo l'infermiera non l'ha mai voluta fare. Non si è svegliata un giorno, da bambina, annunciando al mondo che quello sarebbe stato il suo lavoro da grande. Tuttavia, quando è riuscita ad uscire da quel brutto giro, la magia bianca e l'aiutare il prossimo sono riusciti a farle dimenticare tutti quegli orrori che ha visto. Rimediare alle ferite degli altri, le stesse che su di sè non è mai riuscita a curare, la fa stare bene. Ma questo non lo dirà mai a nessuno, ovviamente. Andiamo, esser così profonda le fa venire il voltastomaco. Nemmeno le sue sorelle conoscono gran parte del suo passato e della sua vita. Non le piace fare la vittima, e se per non farlo deve dimostrarsi come la ragazza viziata e fuori di testa che offre ogni giorno al mondo intero, allora è ciò che farà. «Se io devo rimanere qui tutta la notte, per accertamenti presumibilmente veritieri... Beccata? -tu sarai costretta a rimanere qui con me, a farmi compagnia. Non vorrai di certo abbandonare un paziente malato al suo triste destino solitario, no?» La sua mano picchietta sul materasso vuoto, per invitarla ad avvicinarsi. Margo acconsente, facendosi spazio per sedersi accanto a lui. « Oh Sammy caro, fossero tutte così le costrizioni... » Sospira, allusiva, ravvivandosi i capelli con una mano. Le lunghe ciocche d'ebano le ricadono morbidamente sulle spalle, andandosi a sparpagliare sulle braccia tatuate e coprendo parte della scollatura. «Quindi potremmo usare questo infinito tempo da passare insieme facendo qualcosa di utile. Allora sentiamo: chi è Margarita Castillo?» Inarca un sopracciglio, scettica, ritraendosi appena. Come già detto, non le piace parlare di sè. Ma..Andiamo, chi resisterebbe a quel faccino da cucciolo? Sospira. « Che delusione, speravo che il tuo utile fosse molto più soddisfacente. Ma in fondo cosa mi aspettavo, da un paziente malato? » Sibila, provocatoria. « Cosa vuoi sapere di preciso? Sono messicana. Non l'avevi capito, vero? Ho due sorelle, mio padre è famoso, a modo suo. Ho fatto diversi..Uhm, lavori, prima di buttarmi sulla medicina. Non ho un passato particolarmente avvincente » Oh, e questa è una bugia bella e buona. « Niente che non ti annoierebbe, purtroppo. O che non ti spaventerebbe, chi lo sa. Non penserai mica che io mi apra con uno sconosciuto, senza prima sapere tutti i suoi segreti! » Ride, poggiandogli una mano sull'addome, istintivamente. Tasta un po' il terreno, le unghie a pizzicare la stoffa della sua maglietta, saggiando il ben di Dio che vi sta sotto. « Quanta bella roba, vedo. Dimmi, Sam, che ci fa un ragazzone come te rinchiuso in mezzo ai nani? Questione di lavoro, sicurezza, amore? » La mano scende, indiscreta, saggiando ogni muscolo del suo corpo rilassato. Osa pure di più, sfiorandolo quasi là dove non dovrebbe, ma si allontana subito, mentre Margo sorride, innocente. « Dimmi i tuoi segreti ed io ti dirò i miei. Ci stai? Ti concedo pure una domanda di qualsiasi genere tu voglia sul mio conto, dopo che avrai finito di parlarmi di te. In fondo il tempo dobbiamo pur passarlo in qualche modo, se sei troppo debole per fare altro. »
     
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