yearbook

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    «Ti preeeeeego Zura, c'è bisogno di te!» Mi gratto la nuca, un po' a disagio per la richiesta così improvvisa. «È che non so se sono capace... Non l'ho mai fatto, cioè, non è che ci voglia molto, ma a prescindere... Metti caso che vengono male? È una responsabilità troppo grossa» Delia alza gli occhi al cielo. «Non si tratta di un concorso di fotografia da 15000 galeoni, dài. Devi solo puntare, aspettare che la persona che stai fotografando smetta di scaccolarsi o di fare smorfie strane, e premere un pulsante. Flash, stordimento, fine, avanti il prossimo. Rapido e indolore.» Scrollo le spalle. «Vabbè. Ma se poi non vengono bene o qualcuno si lamenta di com'è venuto non voglio responsabilità. La colpa sarà solo tua per avermi messo a scattare foto per l'annuario scolastico contro la mia volontà, tua e di nessun altro.» Delia sorride soddisfatta, come un gatto che, fiero, è riuscito ad agguantare il topo e si lecca i baffi in preparazione per il momento in cui lo degusterà. Forse una similitudine un po' troppo drammatica. «Va benissimo! E comunque starò lì con te, quindi non preoccuparti troppo, se qualcosa va storto. Il che è difficile, ma conoscendoti credo che saresti capace di riuscire a rompere qualcosa senza impegnarti troppo.» «EHI!», faccio imbronciata, mollandole uno schiaffo leggero sulla spalla. «Hai ragione ma è brutto dirlo così.»


    Il pavimento della Stanza delle Necessità è illuminato a chiazze dalla luce dorata del tardo pomeriggio che penetra dalle ampie finestrate. I soffitti imponenti e il grosso camino di pietra acceso, proprio di fronte all'entrata, accolgono gli studenti che a intervalli continuano ad arrivare. Da stamattina credo di aver scattato almeno un centinaio di fotografie. Logicamente non spettava solo a me il compito, anche perché essendo una migliaia di studenti credo che sarei impazzita. Siamo organizzati in maniera da dividere i 7 anni in 7 diverse fasce orarie: ora siamo all'ultimo, quindi siamo quasi alla fine, e inizio a non sentirmi più le gambe. Le facce delle persone hanno iniziato a parermi tutte uguali: un unico miscuglio di occhi, nasi, bocche, sorrisi, denti e lentiggini che formano una specie di mostriciattolo nella mia testa. Sto facendo un sorso dalla mia bottiglietta d'acqua, tra una fotografia e l'altra, terminati i Serpeverde dell'ultimo anno e in attesa che arrivi il primo della prossima casata. Ovviamente fotografare Nate è stato un cazzotto in pieno ventre. Credo di aver intravisto un'espressione vagamente soddisfatta farsi strada sul suo volto nell'osservarmi lentamente arrossire fino a diventare praticamente viola, mentre cercavo di prestargli quanta meno attenzione possibile e mantenevo un occhio chiuso e l'altro ben concentrato sul mirino della fotocamera. Credo che neanche lui avesse troppa voglia di stare lì davanti all'obiettivo, per cui è stato, tutto sommato, rapido ed indolore. Ho evitato il contatto visivo come la peste, mentre lui invece sorrideva compiaciuto con lo sguardo puntato verso la macchina. Una volta terminato il supplizio si era alzato e io ero passata a fotografare il seguente studente di Serpeverde, imponendomi di mantenere i nervi saldi e tenermi stretta la calma. Fottutissimo coglione.
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    Avvito il tappo della bottiglietta e rivolgo un sorriso distratto al primo studente Tassorosso che prende posto sullo sgabello di fronte alla macchina. I miei occhi non registrano i suoi lineamenti finché non mi abbasso al livello della fotocamera per scattare, ed è lì che colgono per la prima volta l'identità di chi ho davanti. Chi se non Rocket Dragomir, cacciatore dei Falmouth Falcons, che sorride sollevando un lato della bocca nella mia direzione. Ci mancava solo questa. Resto piegata per qualche secondo, col dito sul pulsante, ma non mi decido a scattare. Così lui resta fermo per molto più del necessario, in attesa di un flash che non sembra arrivare. Mi ero dimenticata di quanto fosse carino. Alla fine mi decido, parte il click e anche questo secondo supplizio termina. Gli rivolgo un sorriso incerto, nel rialzarmi; quindi, quando sono certa che non mi possa vedere, nascondo il viso tra le mani e mi stropiccio gli occhi. Sono una deficiente.


    Alla fine della giornata mi sento spossata, ma non riesco a togliermi dalla testa la figura di merda di poco prima, con Rocket. Mentre riponiamo l'attrezzatura, accompagnando i nostri movimenti flemmatici con sospiri e sbuffi continui, i miei occhi vagano per la Stanza, e noto che lui è ancora qui. Faccio segno ai miei colleghi di oggi che mi allontano un secondo, e mi avvicino, vergognandomi come una pazza, al ragazzo.
    «Ciao, Rocket. Come stai? Volevo dirti che prima mi si era inceppata la macchinetta e... Insomma, è stato un po' imbarazzante, farti rimanere lì per due minuti a sorridere immobile. Scusa!»


    Edited by lilac; - 21/9/2017, 08:27
     
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    'sono stati gli zinghiri'
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    « Ma che stai a dì? » Grugnisce Rocket, liberandosi dalle coperte del suo letto per alzarsi. Sala comune tassorosso, mattina inoltrata. Un Dragomir a caso si è svegliato male, quel giorno. A dirla tutta, un Dragomir a caso si sveglia male ogni giorno, ma questi son dettagli. Cammina avanti ed indietro per la stanza, le mani poggiate sulla testa, con le dita infilate tra i capelli biondi. In tutto ciò, è ancora in mutande, giusto per dire. « Foto per l'annuario, non lo sapevi? » Domanda Jeremy, e Rocket gli lancia un'occhiata di sbieco. Se l'avessi saputo, caro Tom&Jerry, secondo te starei messo così? « Ah Geremia, eh no che non lo sapevo. » Risponde dunque, visibilmente irritato. Ma facciamo qualche passo indietro, giusto per riuscire quanto meno a comprendere cosa passa per la testa del nostro piccolo grande uomo. Beh, o almeno possiamo provarci. Probabilmente avremo scarsi risultati, ma noi ci proviamo comunque. Dragomir ha sempre avuto un brutto rapporto con le foto dell'annuario. E se consideriamo il fatto che è più vecchio della Signora Grassa e che lì al castello ci sta dai tempi in cui il Platano Picchiatore non picchiava ancora la gente..Beh, la questione è davvero grave. Intendiamoci, farsi fotografare non gli è mai dispiaciuto. Certo, per molto tempo, povero come la mer-veramente povero per com'è stato, una macchina fotografica non ha mai saputo neanche cosa fosse, ma da quando l'ha capito..Beh, si è riscoperto persino fotogenico! Non puoi essere un giocatore di Quidditch se non sei fotogenico. Insomma sì, devi anche avere altre qualità secondarie come saper volare e passarti la pluffa coi tuoi compagni ma ehi, di queste cose non frega un cazzo a nessuno. Mica i fans te li fai perchè vinci le partite. ..No okay forse un po' sì. Ma anche perchè sorridi nelle foto che poi dovrai autografare, insomma. E tornando a noi..Rocky nelle foto dell'annuario era sempre venuto una merda. Forse perchè in ventordici anni di scuola non aveva ancora imparato a segnarsi quel benedetto giorno su un beneamato calendario. E quindi, se dovessimo un giorno avere la fantastica idea di sfogliare l'annuario di Hogwarts, assieme ad una Susanne Browning sorridente con il suo diploma in mano ed un Fred Weasley bello come il sole con la divisa della squadra di quidditch...Troveremo un Rocket Dragomir con la classica espressione da mammamiacommestò perenne. E questo nel migliore dei casi. C'era stata una volta in cui aveva sbagliato shampoo ed i suoi capelli erano diventati rosa confetto, pensate un po'! C'era chi ancora lo chiamava Winx per questo. Che poi nelle Winx una coi capelli rosa non l'ha mai vista, non che abbia mai guardato le Winx, nono. « Qual'è il problema? » Domanda lecita, quella, in fondo. Che problemi hai Rocket? Beh a parte i soliti, s'intende. « Qual'è il problema? Er problema è che ieri me so bevuto persino tu madre - no okay, la mamma non si tocca. Vabeh fatto sta che c'ho na sbornia addosso che ce vedo ancora gli unicorni. Che dirò ai miei nipoti quando vedranno il loro nonno sull'annuario che pare Snoop Dogg? "Nonno tuo c'aveva n'attimo de visibilio"? » Si lamenta, e più parla più la testa gli gira. E più la testa gli gira, più la situazione non migliora. Si massaggia le tempie poggiandosi al muro con la schiena. Che dire ragazzi, anche oggi si farà una foto decente domani. « Un po' d'acqua e zucchero per riprenderti? » Lo guarda scettico, Rocket, prima che l'illuminazione lo colpisca in pieno. « So io cosa ci vuole! » Si stacca dal muro e si trascina verso il suo letto, sfilando via i pantaloni dall'agglomerato informe di coperte ed indossandoli alla meno peggio. « La peperonata a quest'ora no, Rocket, NO. » Eh cazzo Geremia tu mi conosci troppo bene. « Stellina è sempre il momento giusto per la peperonata. » E su questo nun ce piove.

    Alla fine, con uno spuntino al volo (degno di un cenone di Natale) ed un po' di auto-convincimento ce l'aveva fatta sul serio a rendersi presentabile. I capelli erano ancora biondi, i vestiti normali senza nessuna stampa oscena, insomma, tutto regolare. A parte un brufolo sulla fronte, che aveva asfaltato con un incantesimo. Ah, i rimedi della signora Dragomir non fallivano mai. Come ogni diva che si rispetti, ci ha impiegato quasi un intero pomeriggio per prepararsi, e quando finalmente giunge a destinazione, non ha neanche bisogno di aspettare troppo. Ah, tutta tattica la sua, credevate! La stanza delle necessità è illuminata ed attrezzata per l'occasione, e mentre vi si addentra, Rocket tiene il naso all'insù per poterla osservare meglio. Per poco non travolge un gruppetto di ragazze che gli si trova di fronte all'improvviso, e se ne esce con un occhiolino e la promessa di autografargli tutto ciò che vogliono. Che poi neanche glielo abbiano chiesto, a dire la verità, questa è un'altra storia. Aspetta il suo turno e prende posto sullo sgabello di fronte alla macchina fotografica. Ormai l'hanno riempito di così tanti servizi fotografici durante gli anni che ha un'itinerario di possibili sorrisi casual da usare. Mano tattica tra i capelli dunque, e angolo delle labbra piegato. Dai che sta volta na foto decente ce esce pure! ...Sì ma quando? Aggrotta appena la fronte, piegando la testa di lato con lo sguardo fisso sul fotografo. Solo allora si accorge che no, non è un fotografo. Azura Jackson, una concasata che ha avuto il piacere di conoscere più approfonditamente alcune settimane fa. Non riesce a vederla bene attraverso la macchina fotografica che ne nasconde parte del viso, ma, d'istinto, le sorride ancora di più. Azura è una delle ragazze più carine della sua casata. Coi capelli d'oro ed il visino d'angelo. Chissà perchè prima di quella notte non l'aveva mai particolarmente considerata. Uno spreco, col senno di poi, davvero un grosso spreco. Passano altri minuti prima che il flesh lo colga alla sprovvista, ma per fortuna è quasi sicuro di essere uscito con una faccia più o meno normale. La compagna si alza e gli rivolge un sorriso, e sì, cavolo, carina come la ricordavo. La ringrazia con un cenno del capo prima di sgattaiolare via, rimanendo comunque nei paraggi. Sta ancora parlando con alcuni amici quando una voce lo costringe a girarsi.
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    «Ciao, Rocket. Come stai? Volevo dirti che prima mi si era inceppata la macchinetta e... Insomma, è stato un po' imbarazzante, farti rimanere lì per due minuti a sorridere immobile. Scusa!»
    La guarda in silenzio per qualche istante, prima di scoppiare in una fragorosa risata. Allunga un braccio per stringerla a sè per qualche istante, perchè si sa, Dragomir ha sangue sia rom che italiano, e certi gesti d'affetto indesiderato fanno parte di lui. « We bellissima ciao! » Ma non appena lei è abbastanza vicina da percepirne il profumo, una nota d'imbarazzo lo coglie alla sprovvista, e si scosta improvvisamente. Non si sono più visti -se non di sfuggita- da quella fatidica notte, e che dire, Rocket potrà anche essere un maniaco, ma non può certo nascondere quella leggera nota di disagio che lo induce a percepire un leggero calore alle guance. Ma sapete cosa? Quando Dragomir è imbarazzato, il suo metodo per superarlo è uno soltanto: imbarazzare il prossimo. Che genio! « Quindi si è solo inceppata la macchinetta e non stavi ammirando quanto sono bello? » Le fa l'occhiolino, prima di accartocciarsi su sè stesso e proferire un teatrale broncio. « Ed io che me stavo ad emozionà.. » Borbotta, ridacchiando. Il suo tentativo anti-imbarazzo sembra star funzionando, fino ad ora. « Nun te preoccupà- Non ti preoccupare. » Inglese Rocky, parla inglese normale « Io tutt'appò. Cioè, sto bene. E tu come stai? Sarai stanchissima dopo 'na giornata de queste. Ti posso aiutare con l'attrezzatura e poi ti offro qualcosa? Prima der coprifuoco dovremmo arrivarci a fare un salto ad Hogsmeade, sempre se non sei troppo stanca. Ma posso anche portarti in braccio eh! Sei una piuma da ciò che -...ricordo. Si morde la lingua con forza « Ssssssì insomma sei leggerissima. »
     
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1 replies since 15/9/2017, 17:11   62 views
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