Dancing around the lies we tell

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    « C'è caldo oggi »
    Nathan mormora qualcosa in modo un po' indistinto, senza mai distogliere lo sguardo dal libro di Trasfigurazione. Sta tentando di fotografare mentalmente quelle formule da qualche minuto, ormai, ogni tanto chiude gli occhi e se le ripete, ma dopo aver letto qualche pagina oltre le ha già dimenticate. È necessario che le memorizzi come si deve entro sera, e avere accanto la Caposcuola di Serpeverde che si spoglia non è esattamente il modo migliore per rimanere concentrato. Con un battito di ciglia le sue pupille si spostano dalla pagina alla figura di Amunet, di fianco a lui, intenta a sistemare la propria giacca sulla sedia vicina, e per qualche istante lo sguardo di lui si perde nella sua scollatura. Prende un profondo sospiro.
    « Ti dispiace... stare ferma? Sto cercando di concentrarmi, non mi viene facile se ti muovi in continuazione » dice a voce bassa rivolto verso di lei, sempre attento a non farsi sentire dalla bibliotecaria che, anche se qualche scaffale più in là, possiede un udito finissimo. Sebbene le sue parole possano suggerire una nota di esasperazione, il suo tono rimane calmo e piatto, come sempre. La ragazza non lo sta davvero infastidendo; semplicemente, studiare con qualcuno accanto non è immediato come farlo in solitudine, specie se il qualcuno in questione è Amunet Carrow. Per carità, non che Nathan sia uno di quelli che allungano l'occhio ogni istante che se ne presenta l'occasione, o che fanno di tutto per provarci, ma è chiaro che lei non gli sia del tutto indifferente e, in fin dei conti, preferirebbe di gran lunga scambiare una delle loro chiacchierate intriganti piuttosto che stare in silenzio con lo sguardo fisso sui rispettivi volumi.
    La mora si stringe nelle spalle ed evita di rispondergli, tornando piuttosto a concedere la propria attenzione al libro davanti a sé, mentre si sventola con una mano, accaldata. Non può che darle ragione: sebbene l'autunno sia ormai alle porte, e durante le sue passeggiate serali in giro per la tenuta Nate abbia avvertito quel vento quasi gelido provenire dalle montagne, quasi ad annunciare l'arrivo delle cattive stagioni, questo pomeriggio le temperature sembrano essere aumentate notevolmente, sorprendendo tutti e costringendo molti tra studenti e professori a spogliarsi dei numerosi strati, indossati nella previsione di un'altra giornata poco clemente. Nate Douglas indossa una maglia a maniche corte e un paio di jeans scuri, niente di troppo pretenzioso o eccessivamente di classe, eppure a vederlo, con quel sorriso perennemente stampato in volto, col suo portamento elegante e lo sguardo sempre attento,
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    riesce a distinguersi con facilità dal resto degli altri studenti. Il fatto che non sia più obbligato a vestire quelle orribili divise dai colori verde-argento è stato una vera e propria liberazione per uno come lui: non solo perché la cosa lo fa sentire capace di spiccare al meglio in mezzo a quella marmaglie confusa che sono i suoi compagni, ma poi perché, per uno come lui, cresciuto tra seta, stoffe pregiate ed abiti di alta qualità, poter ritornare a indossare i pezzi del proprio guardaroba equivale ad essere capace di respirare nuovamente. Sa bene di non essere l'unico a pensarla in questo modo e, per quanto il discorso non sia mai capitato con la Caposcuola di Serpeverde, è certo che il pensiero di lei non sia distante dal suo al riguardo. È una attenta al vestiario, lo si nota con facilità, sempre molto chic e alla moda. Si ritrova a pensare questo, Nate, mentre scende rapidamente i gradini di pietra che dalla Biblioteca portano al secondo piano, dopo aver dato uno sguardo rapido alla giacchetta scura che ha tra le mani. Cashmere, ovviamente. La giovane Carrow, in preda a chissà quale emergenza tipica di una Caposcuola, aveva raccolto rapidamente i propri libri dal tavolo che stavano condividendo ed era volata via, abbandonando l'indumento sulla sedia accanto, evidentemente troppo presa da altri pensieri per ricordarsene. E Douglas ovviamente, da bravo gentiluomo quale è, l'ha preso in custodia per il momento, intenzionato a restituirglielo non appena la rivedrà più tardi in Sala Grande.
    Sta camminando a passo veloce per i corridoi, senza fare eccessivamente caso alle persone che gli passano accanto, lo sguardo fisso in avanti che si distrae solo un paio di volte, a salutare con un sorriso gentile quei pochi che proprio non può permettersi di ignorare. Non vede l'ora di raggiungere la propria stanza e concedersi una doccia rilassante, così da fare in tempo a essere pronto per la cena. Nello svoltare un angolo, per poco non va a sbattere con un ragazzo: si ferma proprio nel momento giusto, appena prima che le loro figure vadano a scontrarsi, e poi fa un passo indietro, prima di sollevare lo sguardo sul viso del compagno. « Oh, Carrow » un'espressione sorpresa si dipinge sul suo volto nel ritrovarsi di fronti ad Ares Carrow, il fratello gemello di Amunet. Un tipo che ha sempre considerato parecchio interessante, non c'è che dire. Gli occhi si muovono rapidi sulla figura di lui, attenti, per poi cadere sull'oggetto che tiene tra le mani. Torna a guardarlo in volto, le labbra che a questo punto si distendono ancora di più, in un sorriso gentile, un'idea improvvisa che gli balena in testa. « Guarda, capiti proprio a pennello. Stavo cercando tua sorella ma non la trovo da nessuna parte » dice, con un tono sincero. Quando si tratta di mentire spudoratamente, non c'è premio Oscar che tenga nei confronti di Nathan James Douglas. « Potresti darle tu questa qui? L'ha dimenticata in camera mia l'altra sera » aggiunge, candidamente, prima di tendere nella sua direzione la giacchetta di Amunet, l'ombra di un ghigno sulle labbra piene. E chi ha da intendere intenda.
     
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  2. AresCarrow
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    Non sono passati che pochi giorni dall'inizio del banchetto eppure la routine scolastica è già entrata nel pieno del suo eterno ruotare, sommergendo tutti gli studenti con il suo calendario di lezioni, compiti e impegni vari. E' una cosa che succede ogni anno, ma che stavolta mi ha colto meno impreparato del solito, probabilmente grazie al lungo campo estivo in cui ho passato gli ultimi mesi in compagnia di tutti gli altri studenti di Hogwarts. Forse non sto arrancando per riprendere il ritmo, quest'anno, perché è un ritmo che non ho mai perso. Giugno, Luglio e Agosto sono trascorsi veloci, circondato dalle stesse facce con cui ho condiviso la mia vita fin dallo scorso Settembre, e anche se la scuola in cui ci siamo ritrovati è un istituto pieno di novità manca completamente quello stacco che ha caratterizzato tutti gli autunni che ho trascorso qui dentro. Niente nostalgia delle vacanza, niente ora passate a raccontarsi i mesi trascorsi separati, niente sforzi per ricordare lezioni che, stavolta, nessuno ci ha permesso di dimenticare.
    Una vera tortura, insomma.
    Camminare lungo quei corridoi così è piacevole, ma lo stesso senso di distacco che mi avrebbe messo in difficoltà con le lezioni i avrebbe permesso di sentirne almeno la mancanza invece di trovarli...come dire?...noiosi. Probabilmente arriverò ad odiarli, di lì a Natale, e a volerne scappare entro Pasqua. Non voglio nemmeno immaginare con che spirito potrò mai arrivare agli esami di giugno.
    Respiro a fondo scendendo una rampa di scale, lentamente. Devo ancora decidere se questa cosa della divisa mi piace o no. Da un lato è bello avere la possibilità di servirsi dal proprio guardaroba senza esitazioni ma dall'altro l'idea delle divise dava un ordine e un decoro che invece ci hanno messo poco a trasformarsi in un odioso turbine di magliette, pantaloni e gonne colorate. Comodità personale vs imposizione su chi non ha alcun stile: un po' come dire una "Civil War: Hogwarts".
    Altro che lotta fra casate.
    Svolto un angolo, cammino qualche metro e poi ne svolto un altro. Stavo giusto valutando se non fosse il caso di chiedere a Mun di prenotare da qualche parte per le vacanze di Natale ( un posto caldo, magari, con il sole, la spiaggia e tanto silenzio ) che quasi sbatto addosso al mio più grande dubbio a riguardo. Nate Douglas alza lo sguardo, mi riconosce e mi sorride, e io in cambio non provo altro desiderio che quello di mollargli un pugno su quel ghigno e sbatterlo in terra. Non sono mai stato un tipo geloso, la gelosia è inutile e dannosa e stupida, ma questo ovviamente non conta assolutamente un cazzo di niente quando c'è di mezzo Amuneth. Con Mun io ci sono nato e ci ho vissuto per gran parte della mia vita e, per quanto ovvio sia che anche lei abbia gli stessi diritti di divertirsi che ho io, la cosa si fa diversa quando qualcuno inizia a piacerle davvero. Gli sguardi, i sorrisi, il tempo passato insieme...temo troppo di vedere tutto quel carrozzone trasformarsi nuovamente in lacrime per non farmi prudere le mani, e quando il noistro caro copagno tira fuori una maglia di mia sorella e me la porge sorridente sento proprio i muscoli del viso contrarsi - Scusa...? -
    Lui che mi porge una maglia di mia sorella - MIA SORELLA - e mi sorride innocente come a volersene vantare.
    Lì, di fronte a tutti, nel corridoio della scuola.
    Mun, trasformata in un pubblico trofeo di conquista.
    Giuro che lo ammazzo.
    Indietreggio di un passo, la mano sinistra chiusa a pugno e la destra che, automatica, corre alla tasca in cui tiene la bacchetta e ne tira fuori minacciosa un...un...reggiseno? Lo fisso per un attimo, confuso, e mi rendo conto di avere una delle facce più stupide che mi sia mai capitato di fare. E' un reggiseno di pizzo rosso, di alta fattura, con le lettere T. e W. ricamate sulla parte inferiore della coppa. Non sarebbe più chiaro chi ne sia la proprietaria nemmeno se ci fosse Tallulah intenta a chiederglielo indietro, lì accanto, e di colpo mi rendo conto di come ci sia arrivato.

    "Questo lo prendo io" le dico sollevandolo con la punta della bacchetta. Ci siamo incontrati per caso, in un'aula vuota oltre quella di Trasfigurazione, e le cose ci hanno un po' preso la mano. Rivestirsi lì, al buio, con le voci degli studenti che passano lungo il corridoio era piuttosto difficile e lei non lo trovava, subito. Quando mi sono accorto di dove fosse finito lei ormai aveva quasi finito di allacciarsi la camicia, e mettermelo in tasca mi è sembrato divertente, in quel momento "Così la prossima volta puoi venire direttamente senza" le ho anche detto, ricavandone uno schiaffetto e una risata.
    Oh sì, era stato divertente sul momento. Molto divertente.


    - Mh - mi schiarisco la gola e, cercando di essere noncurante, mi rimetto il reggiseno nella tasca da cui l'ho tirato fuori. Lo premo bene, in fondo, e poi lo schiaccio ancora più giù con la punta della bacchetta. Inutile dire che il pathos del momento è appena andato a farsi allegramente benedire. Mollo anche la bacchetta e recupero la maglia di Mun da quelle di Nate - Grazie - gli dico, per poi continuare a guardarlo in volto. E' difficile essere minacciosi ed ipocriti nello stesso tempo, ma almeno ho la faccia tosta di provarci. Con educazione, però - Immagino tu abbia una spiegazione, per questa... -
     
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    Nell'esatto momento in cui porge la giacchetta nelle mani del giovane Carrow e pronuncia quelle parole, Nate Douglas alza la propria guardia. In casi come questo si diverte ad essere particolarmente impertinente, ma non è sconsiderato. Sa bene che in questo momento può aspettarsi qualunque cosa dal proprio compagno, e dunque si tiene pronto a schivare un pugno, uno schiaffo o uno sputo che sia - e spera vivamente che non si tratti di quest'ultimo, perché gli farebbe davvero schifo come cosa. È più che consapevole del fatto che andare da un ragazzo e vantarsi velatamente di essersi portati a letto sua sorella (menzogna o no che sia) non è qualcosa che può portare a reazioni piacevoli. Perché l'ha fatto, allora? Ad essere onesti, non saprebbe spiegarlo nemmeno a sé stesso. Ci sono cose che fa semplicemente perché gli va, oppure perché sente un istinto quasi bruto suggerirgli che è la cosa giusta da fare. E Ares Carrow... lui non l'ha mai inquadrato davvero. Non ha capito quali sono i suoi pensieri, i suoi obiettivi, né i suoi desideri. E, come con tutti all'interno della scuola, gli piacerebbe saperne di più. E non poteva lasciarsi scappare un'occasione così ghiotta.
    È pronto a tutto, dunque, i piedi ben saldi sul pavimento e fermi nella posizione precedente ma pronti a scattare, nel caso ce ne dovesse essere bisogno. Quello che proprio non si aspetta, però, è che Ares Carrow tiri fuori, di punto in bianco, un reggiseno in pizzo dalla propria tasca, per poi brandirlo con fare minaccioso nella sua direzione. Tira la testa all'indietro, Nate, colto alla sprovvista, e non appena riesce a mettere a fuoco meglio l'oggetto si ritrova, senza riuscire nemmeno a trattenersi, a sbuffare in una risatina bassa, ma pur sempre decorosa. Maschera il suo sorriso portando un pugno di fronte alla bocca, così da sorreggere il viso stesso, mentre appoggia il gomito di quel braccio ad un'armatura vicina, e così si gode lo spettacolo di un Carrow imbarazzato e, a quanto pare, sorpreso quanto lui. Probabilmente aveva intenzione di tirar fuori la bacchetta per minacciarlo in qualche modo, ma gli è andata male. E a Nathan, beh, a lui è andata benissimo. Non poteva chiedere di meglio. Senza dire nulla, studia con attenzione l'oggetto tra le mani del ragazzo, seppur con fare discreto, fino a quando lui non lo fa sparire dalla sua vista; ma comunque abbastanza tardi per fargli notare la coppia di lettere ricamate sul pezzo di biancheria. Inarca entrambe le sopracciglia, improvvisamente più interessato al loro scambio di battute di quanto non fosse prima, per poi sollevare lo sguardo dalle mani al viso sicuro di Ares Carrow, che continua a rivolgergli uno sguardo severo, nonostante tutto.
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    Vorrebbe scoppiare a ridere, Nate, ma si sforza di non farlo, perché capisce che questo non è il caso di tirare troppo la corda; il giovane sarà pure un amante della calma e della meditazione, ma ognuno possiede un proprio limite, in certe situazioni. Si limita a stringersi nelle spalle, mostrando i propri denti bianchi in un sorriso che pare angelico. « Beh, che dire amico, complimenti » dice, concedendogli perfino una leggera pacca sul braccio, a mo' di riconoscimento.« Immagino tu abbia una spiegazione, per questa... » Il moro si rigira il maglioncino tra le mani, in attesa, mentre Nate per tutta risposta si stringe le spalle con fare innocente. Aggrotta le sopracciglia.
    « Spiegazione? » chiede, come se la sua richiesta fosse qualcosa di inaudito. Scuote la testa, inumidendosi leggermente il labbro inferiore, prima di parlare nuovamente. « Immagino che sia molto simile a quella che mi daresti tu per quello » e gli basta un lieve cenno della testa per fargli capire a cosa si riferisce. T.W. come Trembley Wendy? Tisha White? Oppure che sia... Attende, con pazienza, di notare quell'espressione persa nello sguardo di lui, per poter continuare. « Oh, Mun non ti ha detto niente? » Mun, che soprannome strano. Non gli piace particolarmente, non se rovina un nome tanto bello e raro come Amunet. Ma è così che la chiamano tutti, in giro, e gli sembra un tocco di classe per completare questo suo piccolo teatrino. Non che si aspetti che duri molto, per carità, probabilmente nel giro di mezz'ora i due fratelli avranno già chiarito e questo suo sforzo non sarà servito a nulla, ma non lo sta facendo per nessun motivo in particolare. È che gli piace fin troppo prendersi gioco della gente. Guarda ancora Ares per qualche istante, fingendosi perso, per poi abbassare un poco lo sguardo e grattarsi la nuca. « Beh... sì, insomma, è imbarazzante. Pensavo vi diceste tutto, voi due. Ma posso capire che con certe cose non sia altrettanto immediato. » Si stringe nelle spalle, come a voler sottolineare la propria incompetenza in materia. « Tu però le hai detto di lei, non è vero? » domanda alla fine, l'indice che punta chiaramente alla sua tasca contente l'oggetto incriminato, fissando gli occhi verdi in quelli di lui, mentre assottiglia un poco lo sguardo.
     
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  4. AresCarrow
         
     
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    [size21]C'è un attimo in cui sono sicuro che di lì a poco lo colpirò davvero sul naso, nonostante il tono gentile e nonostante il reggiseno di Lulah ancora stretto in mano.
    Lo conosco abbastanza bene da sapere che Nate mi sta provocando, che è tutta una provocazione bella e buona, eppure sono certo di essere in procinto di tirargli un pugno sul suo aristocratico nasino, non fosse altro per provare il gusto di sentire se fa lo stesso rumore di quello di tutti i comuni mortali. Sono pronto a scommettere di sì - in fondo il mio non ha fatto un rumore diverso quando papà me l'ha rotto la prima volta - ma non si può mai dire e la cosa mi darebbe comunque una certa soddisfazione, a prescindere dall'aspetto puramente accademico.
    Amunet è il solo nervo scoperto in un mondo altrimenti calmo e perfettamente controllato, Nate lo sa e non credo che possa resistere alla tentazione di approfittarsene.
    Che i due si piacciano è ormai paese, però, e nonostante faccia fatica a ricordarmi che non è mio compito proteggerla come il classico drago davanti alla torre la realtà dei fatti è che mia sorella, Mun, è grande e pienamente in grado di prendere le sue decisioni, e con lo stesso diritto di divertirsi che abbiamo noi tutti. Che lo faccia con Nate in un certo senso dovrebbe farmi quasi piacere: di tutti coloro che conosciamo è uno di quelli che ha sempre dimostrato più rispetto per le sue conquiste, e il fatto che sia qualcuno cui voglio bene dovrebbe almeno aiutarmi a mandarla giù un po' più agevolmente. Magari riuscirebbe perfino a farla felice, un pochino, e poi non sono del tutto sicuro che nel caso sarebbe lui a conquistare lei. Mun sa essere abbastanza decisa, quando vuole.
    - Già - gli sorriso però, avanzando comunque di un passo verso di lui. Nate sa che tendenzialmente sono più portato ad agire che a parlare, e probabilmente ai suoi occhi qualsiasi minaccia appare vana proprio perché se avessi avuto intenzione di aggredirlo, probabilmente lo avrei già fatto - Ma la proprietaria di questo non ha un fratello in grado di soffocarmi nel sonno, stanotte, per poi far sparire il mio corpo con un tuffo nel lago direttamente dalla Torre di Astronomia - gli dico, ottenendo come risultato solo un bel sorriso strafottente e un altro insieme di irritantissimi farneticamenti.
    Ho sempre ammirato la sua abilità oratoria, ma è diverso quando è su di te che la st puntando.
    Alzo gli occhi al cielo e gli passo intorno, con l'intenzione di riprendere a camminare - Se fosse stato vero me lo avresti già detto tu, probabilmente - liquido la cosa, e via con una scrollata di spalle. O lui o Mun: in ogni caso dubito che lo avrei saputo così, per caso, in un corridoio - E comunque non ho idea di cosa aspetti a portarla fuori, un fine settimana, e intendo ad una cena vero non ad un aperitivo alla Testa di Porco come hai fatto con...con... - schiocco le dita e agito le mani ad abbozzare nell'aria una descrizione approssimata. Quella bassa, di Tassorosso, con le tette grosse dicono le mie mani. Il nome, mi spiace, proprio non lo ricordo. Scuoto la testa, comunque - E no, non le parlo mai di persone che non hanno una minima di importanza - aggiungo, bluffando clamorosamente. Lulah un po' di importanza ce l'ha, e nemmeno così poca, e ho il sospetto che Mun lo sappia.
    Ha fiuto, lei.[/size]
     
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    Nonostante la cura che il giovane impiega nel mettere in atto quel piccolo teatrino, seppur improvvisato, è perfettamente consapevole del fatto che Ares Carrow è una persona estremamente difficile da ingannare. Primo, perché è un tipo che possiede un'intelligenza che forse va oltre la norma. Lo conosce, Nathan, e si guarderebbe bene dallo sfidarlo davvero, su quel campo. In secondo luogo, è un attento osservatore, non si lascia sfuggire mai alcun dettaglio di ciò che lo circonda, e di certo non lo fa se si tratta delle persone a cui tiene davvero tanto, come appunto sua sorella Amunet. Per questi motivi Nathan è ben conscio del fatto che le sue parole non potranno far altro che rimbalzargli addosso, senza davvero insinuarsi nella sua mente: conosce la profonda fiducia e sincerità che lega i gemelli, e dubita che un paio di sue parole dette un po' a caso siano in grado di far vacillare le certezze che il ragazzo ha sulla mora. Il suo scopo è semplicemente quello di infastidirlo, giusto un po', perché è questo che in fin dei conti fanno gli amici, quando sono annoiati. « Ma la proprietaria di questo non ha un fratello in grado di soffocarmi nel sonno, stanotte, per poi far sparire il mio corpo con un tuffo nel lago direttamente dalla Torre di Astronomia » E allora ridacchia forte, Nate, di fronte a quella minaccia velata, tirando poi la testa all'indietro e infine scuotendola leggermente, finendo per fingere di asciugarsi una lacrima dall'occhio sinistro. Quando vuole, Ares Carrow è in grado di suonare parecchio minaccioso: ma questo, senza dubbio, non è il caso. Un po' perché non crede davvero alle parole che ha appena pronunciato, un po' perché una cosa del genere non potrebbe mai farla proprio a Nate, uno dei suoi amici più cari all'interno del castello. E per questo il giovane Serpeverde ride, di gusto, perché nonostante la natura delle parole dell'amico, non si sente per nulla minacciato né messo con le spalle al muro. È solo una semplice conversazione, la loro, che guarda caso verte su un argomento un po' delicato, certo, ovvero la gelosia di Carrow per la sorella, ma non è nulla che possa finire in qualche modo spiacevole. Perché anche loro, in qualche modo, sono fratelli.
    « Attento Carrow, mai fare minacce che poi non si possono portare a termine. Lo sai, no? »
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    scherza, dando al ragazzo una leggera pacca sulla spalla, per poi incrociare le braccia al petto e starlo ad ascoltare ancora.
    « Se fosse stato vero me lo avresti già detto tu, probabilmente » Inarca un sopracciglio, fingendo un'espressione scettica. E anche qui Ares ha ragione, perché lo conosce ben più di quanto gli piaccia ammettere a se stesso. Nathan ama sfoggiare le proprie conquiste, in modo discreto, certo, con una battuta velata e solo con una ristretta cerchia di amici, ma se qualcosa fosse davvero successo, con Amunet, non si sarebbe lasciato scappare l'occasione di rinfacciarlo al fratello.
    Però gli piace bluffare, e far credere a chi ha intorno a sé di poter essere imprevedibile, anche quando, in effetti, le sue mosse sono tutto fuorché inaspettate. « Non è detto, sai. Forse ho voluto tenere la cosa per me fino ad ora, sai... Ci tengo parecchio alla mia privacy. » E in questo caso dice una mezza verità; perché, per quanto poco possa importargli di quello che si dice in giro circa lui e Amunet, una delle cose che più detesta è non avere il potere di controllare le informazioni vere sul suo conto che vengono distribuite. Forse è per questo motivo che le parole successive di Ares riescono a farlo irrigidire leggermente.
    « E comunque non ho idea di cosa aspetti a portarla fuori, un fine settimana, e intendo ad una cena vero non ad un aperitivo alla Testa di Porco come hai fatto con...con... » si morde leggermente il labbro inferiore, mentre distoglie lo sguardo da quello del moro, che ancora cerca di richiamare alla mente quel nome che lui, invece, ha ancora abbastanza impresso.
    Si stringe nelle spalle. « La Tassorosso dici? » inarca entrambe le sopracciglia e assume un'espressione leggermente annoiata, come se quella conversazione stesse prendendo una piega a lui indifferente. Alla Testa di Porco c'è andato soltanto una volta in vita sua, in compagnia di Azura Jackson. Ricorda fosse un pomeriggio abbastanza assolato, avevano diviso un piatto di spaghetti che sapevano di plastica e Nathan si era sporcato la camicia bianca senza nemmeno accorgersene. Lei non gliel'aveva fatto notare. Scuote leggermente la testa, come a volersi liberare da quei ricordi che tutto ad un tratto sembrano attanagliarlo, e tornare al presente, e ad Ares che sta di fronte a lui. Si stringe nelle spalle, puntando gli occhi chiari in quelli del ragazzo. « Vuoi davvero che porti a cena fuori tua sorella? Non mi sembra per niente una buona idea » scuote leggermente la testa, una smorfia che assomiglia ad un sorriso ironico che aleggia sulle sue labbra. No, è decisamente una pessima idea.
    « E no, non le parlo mai di persone che non hanno una minima di importanza. »
    Ridacchia, il giovane, portando le mani in avanti e assumendo un'espressione leggermente scettica. « Beh, se lo dici tu, Carrow, che non ha la minima importanza... Speriamo che la Weasley non ti senta mai. Non mi sembra una che certe cose le perdona facilmente » proclama, divertito, gettando un ultimo sguardo a quel reggiseno incriminato. « Detto questo, ti saluto, amico. Ci vediamo a cena! » e così si congeda da lui, rivolgendogli un veloce occhiolino, prima di sparire dietro l'angolo, finalmente rivolto verso il proprio dormitorio e la tanto ambita doccia calda che lo attende da ormai troppo tempo.
     
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