Two faces of the same coin

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    Slytherin pride

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    Un momento fondamentale della vita di Amunet Carrow era quello della sera, prima di cena, quando, la ragazza si recava puntualmente in guferia per controllare la posta. Era diventata sempre più sporadica ultimamente; Deimos non le scriveva più come un tempo, segno che, doveva avere non poco da fare con l'Inquisizione. Non le parlava mai di cosa facesse di preciso là fuori e lei, a dirla tutta non era nemmeno curiosa di saperlo. Aveva letto da poco dei nuovi decreti ministeriali, e anche quelli, come l'intera situazione politica, l'avevano lasciata fredda e disinteressata. Per quanto professasse la sua fede nel Ministero, per quanto addirittura fosse finita per litigare su quel punto con Fred Weasley, Mun trovava l'intera situazione sopra le righe, esagerata oltre misura e oltretutto da veri paranoici. C'era da dire che, la più piccola dei Carrow era finita ormai su una barca diversa, percepiva ormai i mali del mondo sotto una prospettiva completamente diversa dai suoi coetanei. La maggior parte degli scontri politici li trovava futili. La stessa preoccupazione verso i dissidenti la trovava oltremondo discutibile e superflua. C'erano forze in quel loro mondo che si dilettavano a giocare con le loro vite oltre misura, e che, le apparivano ben più pericolose di qualunque ribellione si stesse profilando all'orizzonte. Tallulah avrebbe detto che il vero nemico è altrove, un concetto che Ryuk, il suo dio della morte, le ricordava ogni giorno con maggiore forza di prima. Sta per arrivare una guerra che nessuno di voi è pronto a fronteggiare. Nemmeno chi sa. Quelle parole le raggelavano le ossa ogni giorno rendendola più irrequieta di prima. Sempre più intenzionata a liberarsi di lui, cercava di chiuderlo fuori, di scacciarlo il più possibile. E lui, ben consapevole di non essere desiderato e accorto del fatto che la sua protetta facesse di tutto per far scoprire a chiunque la circondasse il loro piccolo segreto, se ne stava in un angolo, forse e soprattutto per cercare di tenersela buona. Quel particolare giorno, la posta fu parecchio benevola con lui. Aveva letto e riletto quel biglietto anonimo per diverse volte. Ne aveva analizzato ogni frase, finché non le era venuto il rigurgito. La frustrazione era divampata nel suo cuore. E poi era arrivato l'odio. A cena se ne era rimasta in silenzio, seduta accanto ad alcune concasate che parlavano dell'ultima lezione di Trasfigurazione e sugli interminabili compiti che avevano da svolgere.
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    Poi si era recata nella sala comune, dove, aperto appunto il libro di Trasfigurazione, se ne era rimasta in un angolo a guardare la stanza svuotarsi sempre di più. Non era stata in grado di elaborare nemmeno uno dei paragrafi letti. Il suo cervello si rifiutava persino l'opportunità di comprenderli, figuriamoci memorizzarli. Le formule sembravano sfuggire dalle pagine del libro, intricandosi di proposito sempre di più. Più si sforzava di studiare, più non ci riusciva. Così, alla fine, dopo una bella oretta di inutili sforzi sovrumani, chiude il libro con un sonoro tonfo pronta ad alzarsi e andare a dormire. Ma è allora che lo individua, seduto sul divano di fronte al caminetto. Doveva immaginarsi che non sarebbe andato a dormire senza darsi la buonanotte. Era stata talmente presa da quella notizia, che si era persino scordata di lui. L'unico essere che invece, non l'avrebbe mai tradita. Abbandona il libro sul tavolo di fronte al divano e si siede elegantemente accanto a lui, poggiando la testa sulla sua spalla, incrociando allo stesso tempo le dita a quelle di lui. Gli occhi di ghiaccio fissi sul fuocherello di fronte a loro. « Mi ha scritto Deimos. » Lettere brevi, per niente colme di patos. D'altronde, loro sapevano mostrarsi un amore tutto fuorché convenzionale. Mun era sempre molto gelosa di grandi manifestazioni nei confronti della propria famiglia, e loro ricambiavano con altrettanta gentilezza. D'altronde, forse, tra tutti loro, c'era sempre rimasta quella leggera patina di imbarazzo in seguito alla morte del padre. « La mamma è in clinica. L'hanno trovata a terra in coma etilico.. di nuovo. » Quella donna non sa quando è tempo di dire basta. « Pare si stia dilettando parecchio anche con gli antidepressivi. » Gli getta lì quella notizia con freddezza; sua madre non c'è mai stata e Mun non si è mai aspettata nulla da lei. Nonostante sapesse come il marito trattasse sua figlia, non ha mai mosso un dito nei suoi confronti. La madre dell'anno. E proprio per questo Mun cercava di discostarsi da lei il più possibile. Non toccava alcol, non aveva mai fumato una sigaretta in vita sua, e non pensava nemmeno di farlo in un futuro prossimo. « Dice che ha chiesto di te. » Oh, il figliol prodigio. Il bello, il pacato, il mite. Ares era il figlio perfetto, il secondo in linea di successione dopo Deimos, l'assicurazione del padre che la sua eredità sarebbe finita in mano a un Carrow in ogni caso, nonché una possibilità in più di mettere su piccoli Carrow in tutto e per tutto. « Credo che dovresti scriverle. Lo sai che ha un debole per te.. forse si riprenderebbe prima. » E seppur Mun non avesse particolare simpatia per sua madre, seppur non la amasse, era pur sempre sua madre e saperla sempre in certe condizioni, la rendeva ancor più sfiduciata. Tra la lettera anonima e le notizie di sua madre, la giornata si concludeva insomma in bellezza. « Raccontami la tua giornata. » Gli dice infine chiudendo gli occhi pronta ad ascoltare tutto, anche il minimo dettaglio, sulla giornata del fratello.


     
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  2. AresCarrow
         
     
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    Correre mi ha sempre aiutato a pensare.
    E' sempre stata per me una questione mentale molto prima che fisica, un'attività rapida e ripetitiva che mi obbliga a riordinare qualsiasi pensiero in uno schema che ha la disciplina come base fondamentale. Un passo dopo l'altro, lungo i sentieri che circondano la tenuta di Hogwarts.
    Un passo dopo l'altro, dopo l'altro, dopo l'altro.
    Regolare la velocità dosando le energie mi obbliga a ragionare sulla gestione dei miei limiti, e l'idea di stessa di riuscire a superare ogni volta il crollo fisico e mentale che mi coglie dopo qualche chilometro è la dimostrazione che, per quanto duri siano gli ostacoli che mi si pongono davanti ho sempre e comunque la capacità di superarli. E' una routine al contempo pratica e simbolica quella della corsa, da cui ho la sensazione di uscire ogni volta un poco più completo.
    E poi adoro la sensazione che mi da l'acqua bollente sul corpo dopo un allenamento particolarmente duro.
    Esco dalla doccia anche stavolta, sentendo le gambe farsi già più rigide. Domani mattina patirò parecchio nell'alzarmi, lo so già, ma anche quello fa parte del gusto perverso della cosa. Se non facesse un po' male vorrebbe dire che non è servito praticamente a niente. Mi asciugo con cura, di fronte allo specchio, limitandomi però a pettinare i capelli ancora bagnati. Si asciugheranno da soli, tenendo così quel pizzico di selvaggio che fa si che io non assomigli per forza ad un manichino. La patisco un po', a tratti, quella distanza anche fisica che mi divide dai miei compagni, solitamente così a proprio agio nell'esprimere con il volto e il corpo le proprie emozioni. Io non sono mai stato capace di farlo, nemmeno volendo, e c'è una sola persona al mondo di cui sappia cogliere l'umore ad un solo sguardo.
    Mi rivesto, tenendo un abbigliamento più casual, e scendo di nuovo verso la Sala Comune.
    Lei è lì. seduta con un libro sulla gambe, e non pare accorgersi di me. Ha la fronte corrugata mentre legge e il modo nervoso in cui agita le dita sul bordo della pagina indica senza ombra di dubbio che i suoi pensieri sono molto lontani da ciò che sta leggendo. Non le dico nulla e la lascio libera di restare immersa nel suo flusso di pensieri, accomodandomi appena oltre il suo campo visivo, là dove possa vedermi non appena ne abbia il desiderio. Afferro uno dei libri posati lì in giro e inizio a sfogliarlo pigramente, seguendo con gli occhi le vicende della prima grande guerra dei troll. Ancora non ho capito per quale motivo non li abbiano sterminati quando ne hanno avuto l'occasione . C'è stata una prima guerra e poi, qualche secolo dopo, una seconda. La terza non potrà di sicuro tardare poi molto.
    Continuo a leggere anche quando Mun, alla fine, si accorge della mia presenza e si sistema accanto a me. L'accolgo in quell'abbraccio come faccio da sempre, con una naturalezza che è riservata a lei sola, e per il primo attimo di silenzio i nostri cuori battono allo stesso ritmo e noi torniamo ad essere l'entità unica che eravamo un tempo - Mh - mormoro quando lei parla, a darle segno di averla udita. Deimos ha scritto a lei, come sempre, ma nemmeno volendo potrei fargliene una colpa: sanno tutti e tre che Mun gli risponderà molto prima di quanto non farei io, che probabilmente mi limiterei a mandargli un gufo con su scritto un rapido "ok". Nemmeno la notizia che segue riesce a scuotermi dal pigro torpore in cui mi ha gettato la corsa. Nostra madre, che pure avrebbe dovuto proteggerci, non lo ha mai fatto ed ora non riesco a capire come possa pretendere che tocchi a noi proteggere lei, e dai suoi errori per giunta. Chiudo il libro e torno a posarlo dove l'ho preso, poggiando poi la testa su quella di Mun. Le carezzo distrattamente una ciocca di capelli, nel farlo - Non credo lo farò - decide infine. Tutta la preferenza che sua madre hai nei miei confronti nasce da un equivoco: l'essere calmo ed educato l'ha convinta, in qualche modo, che la disprezzi meno di quanto non faccia Mun.
    E' un errore.
    - Non c'è molto da dire - riprendo infine, sapendo però che è la mia voce a calmarla più che ciò che le dico. E' sempre stato cos', e per questo lei è l'unica persona con cui parli tanto - Ho passato gran parte della giornata in biblioteca, a studiare Storia della Magia e a finire il tema di Incantesimi. E' stato abbastanza noioso, a dire il vero, ma penso che un paio di Grifondoro del secondo anno volessero farmi uno scherzo ad un certo punto. Non ne sono sicuro, ma li ho sentiti che parlavano di una caccabomba, ad un certo punto e penso che abbiano evitato solo per paura che li gettassi fuori dalla finestra. Sono andato a correre, poi, giù dal campo di quidditch fino alla Foresta Proibita e di ritorno al castello, e...nulla, mi son messo qui. Dovrei anche cenare, ancora, ma non ne ho molta voglia - solo un attimo di silenzio, poi - Tu? -
     
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    « Non credo lo farò. » Vorrebbe essere sorpresa da quell'annuncio, ma non lo è affatto. Anzi, ne è tutto fuorché sorpresa, e da una parte, Mun prova una sorta di dispiacere nei confronti della creatura che ha dato loro vita. Non sono mai stati legati a lei, e in parte, nemmeno lei era mai stata particolarmente legata a loro, forse perché, Mun e Ares sono arrivati dopo Jolene. Il tradimento di Carrow Senior ha segnato profondamente la vita della leggiadra signora Carrow, a tal punto da gettarla tra le braccia delle dipendenze più di quanto non lo fosse già. Quando quei due sono venuti al mondo, stretti uno all'altro, la signora aveva già perso qualunque stima e affetto nei confronti del marito, e così, probabilmente, non ha mai amato nemmeno la sua prole come avrebbe dovuto. Nei confronti di Ares tuttavia ha sempre avuto un debole; un po' perché era così simile al primogenito, un po' perché era completamente diverso. Paradossale eppure vero. Seppur entrambi fossero silenziosi e risoluti, Deimos conservava in sé il privilegio e l'onore di essere frutto di un'unione ancora forte nello spirito e nella carne e per questo forse, era anche più sentimentale, più legato alla famiglia di quanto lo sarebbe stato chiunque degli altri in seguito arrivati. Ares quella innocenza non la incarnava, era più cinico, più distaccato, per certi versi molto più lucido. E Mun, sapeva in cuor suo, di essere l'unica per cui Ares rinunciava a quella sua natura custodita gelosamente. Ed era forse anche e soprattutto per questo che lo amava incondizionatamente. Lo amava così tanto perché la faceva sentire speciale, unica. Non capiva cosa in cambio gli donasse lei. Se possibile, seppur non lo dimostrasse, Mun era addirittura più distaccata. Una tempesta fatta e finita, spesso molto più esuberante, eccentrica, bisognosa di primeggiare in qualunque cosa, eppure, prettamente disinteressata e disinnamorata del mondo in ogni sua sfaccettatura. Lei Ares non lo amava come Ares amava lei; di questo ne era certa. Seppur per il fratello avrebbe dato la vita, si sarebbe strappata il cuore dal petto, seppur avrebbe attraversato mari e tempeste di lava, attraversato il fuoco infernale, Mun provava un rimasuglio di risentimento nei suoi confronti, così come lo provava nei confronti di ciascuno dei membri della sua famiglia. Perché, prima di capire che Mun non avrebbe potuto sopportare altre violenze, sono rimasti a guardare. Ares, Deimos, Jolene, la signora Carrow, tutti loro sapevano cosa si smuovesse nello scantinato del padre, ma a lungo, dominati dalla paura, intimiditi dalla follia negli occhi di quell'uomo, sono rimasti a guardare, forse consapevoli che non avrebbero fatto altro che peggiorare la situazione. « Non c'è molto da dire. Ho passato gran parte della giornata in biblioteca, a studiare Storia della Magia e a finire il tema di Incantesimi. E' stato abbastanza noioso, a dire il vero, ma penso che un paio di Grifondoro del secondo anno volessero farmi uno scherzo ad un certo punto. Non ne sono sicuro, ma li ho sentiti che parlavano di una caccabomba, ad un certo punto e penso che abbiano evitato solo per paura che li gettassi fuori dalla finestra. Sono andato a correre, poi, giù dal campo di quidditch fino alla Foresta Proibita e di ritorno al castello, e...nulla, mi son messo qui. Dovrei anche cenare, ancora, ma non ne ho molta voglia. Tu? » Lei annuisce. Chiudendo gli occhi si assapora ogni parola di quel suo discorso. Parla del più e del meno, ma per Mun è abbastanza. Per Mun va bene così. Le piace il suono della sua voce, quella cadenza perfetta, l'accento signorile e gentile, impostato al punto giusto. Le piace la sua inflessione. Ares potrebbe decantare l'amore tanto quanto parlare del cambio di biancheria usando lo stesso fascino. Non può fare a meno di pensare che chiunque si ruberà il suo cuore, oltre a risvegliare una certa gelosia intrinseca della qui presente Carrow, sarà estremamente fortunata. « Ho il turno nei sotterranei dopo; se cambi idea ti porto qualcosa dalle cucine. » Afferma con tranquillità, accarezzandogli il braccio gentilmente. Nemmeno ombra della chiara irritazione che prova nei confronti di quel bigliettino anonimo che ha ricevuto. Si sta chiedendo chi possa avercela con la Stone o con Weasley così tanto da metterla in guardia sull'accaduto. Forse un'altra ex psicopatica del neo caposcuola, oppure, qualcuno a cui la Stone ha spezzato il cuore.
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    « Solita storia; ho passato un po' di tempo con Nathan al lago, dopo di che siamo andati a studiare. Il pomeriggio l'ho passato con Maze cercando di capire le sue teorie sullla scelta del ragazzo ideale per il ballo. » Scuote la testa stringendosi nelle spalle. « Manca più di un mese all'evento e la gente è già esasperata. Sin da quando Kingsley lo ha annunciato, la gente sembra impazzita. » Non riesce a nascondere una leggera smorfia nel parlare di quel argomento. « Questo weekend a Hogsmeade ho già visto qualche oca giuliva incollarsi alle vetrine dei negozi nella speranza di accaparrarsi il più bel vestito per la festa. Mio dio! Sarebbe possibile andare in ibernazione fino a fine ottobre? » Sbuffa pesantemente. « Di questo passo nel futuro avvenire vedo giovani donzelle strapparsi i capelli perché mi hai rubato il ragazzo e ragazzetti riempirsi di botte. Non che non stia già succedendo. » Quell'ultima frase la costringe ad alzare la testa per guardarlo negli occhi. Ares sa quanto Mun odi il caos, il disordine, la violenza. E Hogwarts si sta trasformando esattamente in ciò che lei non vorrebbe mai. « Sto seriamente pensando di dichiarare guerra a tutti questi bulli. Voglio dire, se tanto la mia spilla non vale più niente a livello istituzionale, posso quanto meno tentare di renderla un simbolo. Da quando siamo rientrati abbiamo avuto almeno tre ragazzetti finiti in infermeria, e.. l'hai vista la faccia di Potter? » Non era una novità, ma questa volta era messo peggio del solito, e per quanto il ragazzo risultasse odioso e facile target per chiunque, pestarlo solo perché era uno stronzo di prima categoria non era sufficiente. « ..per non parlare di quel povero fratellino di Tallulah che va in giro guardandosi alle spalle come se potessero ficcargli un sacco sulla testa per pestarlo a sangue da un momento all'altro. Questo posto sta diventando anarchia e io non ho intenzione di accettarlo ulteriormente. » Pausa. « Tu che ne pensi? »

     
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  4. AresCarrow
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    I minuti passano silenzioso mentre la mano di Mun continua ad accompagnare le sue parole, muovendosi in una lunga serie di lente carezze sul mio braccio. Non so cosa si successo ma sento del turbamento in quei movimenti. Posso vederlo nei suoi occhi, leggerlo nei movimenti, percepirlo nel bisogno che la spinge a cercare un contatto fisico, e come sempre là dove Amunet è turbata io sento il cielo del mio umore iniziare a rannuvolarsi, in lontananza. Non mi piace saperla triste o arrabbiata, e da sempre il mio umore è legato indissolubilmente al suo, come quello di un metereopatico lo è a quello del cielo. Non credo che nessuno altro a mondo abbia questo potere su di me. Le passo un braccio introno alle spalle, stringendola appena, ed evito accuratamente di chiederle se vuole che l'accompagni in quella ronda, se ha bisogno di me. Non ha mai funzionato, come cosa - Posso accompagnarti, durante il turno? - le chiedo invece, nutrendo la conversazione di quella piccola sfumatura di differenza. Non hai bisogno di me? ma ho bisogno di te - Ho voglia di stare un po' da solo con te, e almeno se mi viene fame posso prendermi qualcosa direttamente da lì - aggiungo con un mezzo sorriso. So che non ci cascherà, ma spero che almeno finga di cascarci e mi permetta di accompagnarla.
    Ho davvero voglia di passare del tempo con lei.
    Intreccio meglio le dita della mano libera con quella di lei, giocando per qualche momento con l'unghia ben curata di un suo dito. Devo essere bravo, perché credo di essere riuscito a non fare nemmeno una smorfia nel sentirla nominare Nate - Come va con Nathan? E'...vera, questa cosa? - le domando, pur sapendo che nulla di quello che lei mi risponde potrà cambiare le cose. Non sono mai stato geloso dei ragazzi che le hanno ronzato intorno, non più di quanto lei possa essere geloso delle compagnie femminili con cui passo parte del mio tempo. Sarebbe tremendamente ipocrita da parte mia, e ingiusto, e quanto meno cerco di non essere nessuna delle due cose. Amunet ha diritto di divertirsi come tutti continuo a ripetermi, ma non posso fare a meno di provare l'impulso di proteggerla, sempre e comunque. Nate è un amico, mi piace e gli voglio un bene dell'anima ma penso che lo annegherei nel Lago Nero, voto infrangibile o meno, se lo scoprissi disposto a spezzarle il cuore solo per fare più punti sul playbook. E' una cosa che Percy aveva capito, e aveva saputo gestire piuttosto abilmente.
    Mi scappa un mezzo sorriso nel sentirla citare il ballo.
    A proposito di divertimenti, e di cose che l'uno non vuole sapere dell'altra - Non tutte hanno la fortuna di essere bellissime qualsiasi cosa indossino, come te - aggiungo socchiudendo gli occhi. Sono sincero nel dirlo, lo penso davvero, ed è da quando ho cinque anni che rispondo "Amunet" a chiunque mi chieda chi è la ragazza più bella che conosca. Jolene mi ha sempre un po' odiato, per questo - Io ci andrò con Tallulah, comunque, gliel'ho chiesto l'altro giorno. Dovrò chiedere a Daimos di prestarmi la cravatta rossa - sospiro, mentre la conversazione scivola da un argomento che non voglio affrontare perché imbarazzante ad uno che non vorrei lei affrontasse per quanto mi preoccupa. Stringo le labbra, le accarezzo i capelli e resto così, in silenzio, a pensare per qualche momento.
    Caos e anarchia non mi piacciono più di quanto non piacciano a lei, e se anche cono pi abituato a ragionare sulla violenza come un mezzo per un fine di quanto non lo sia Mun non l'ho mai apprezzata in quanto tale, come qualcosa di divertente o di spassoso. Sono divertimenti che non posso esimermi da trovare stupidi e volgari - Penso che dovresti chiederti come mai non se ne stia preoccupando nessuno, prima di lanciarti in una crociata - dico infine. Ragionare su ampia scala, anche in quello sono stato bravo - Kingsley non è uno stupido, ne gli manca il polso per gestire questa cosa, quindi...? Perché non fa nulla per arginare questa anarchia? I progetti di chi disturberesti se ti mettessi apertamente a impedire che certe cose accadano o se finissi con il trasformare te stessa in un simbolo, più che quella spilla? - le domando - Non spetta a te riportare l'ordine, e sarebbe stupido cercare di farlo finché non capisci il perché c'è questa anarchia, ma d'altro canto...dichiarare guerra, Mun? - le sorrido, divertito. Sappiamo entrambi perché papà mi ha dato il nome che porto - D'altro vento una principessa disturbata dal rumore ha tutto il diritto di chiedere che il rumore cessi, se le aggrada. Lascia stare la spilla, scegli uno qualsiasi di questi bulli e accusalo di averti fatto a te un torto qualsiasi, e poi fagli male. Molto. Prima tu e poi io, tanto per sottolineare il concetto. Se sei quella di cui hanno più paura sei anche quella con il diritto di decidere quanto sia il livello di caos giusto -
     
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    « Posso accompagnarti, durante il turno? Ho voglia di stare un po' da solo con te, e almeno se mi viene fame posso prendermi qualcosa direttamente da lì. » « Va bene. » A Mun le ronde piacciono. Il castello non è mai bello come quando è deserto. Forse è il momento di condividere quell'esperienza con suo fratello, per quanto sia certa, che lui sia al corrente di quell'esperienza molto più di quanto non lo sia lei. Ares è il suo angelo, ma non per questo è uno stinco di santo, e di questo, Mun ne è ben consapevole. « Come va con Nathan? E'...vera, questa cosa? » La Carrow sorride, stringe le dita attorno alla mano di lui e alza per un istante lo sguardo in quello del fratello. Questa cosa, cosa? sembra cercare di chiedergli con quegli occhioni profondi, leggermente confusi. Mun e i pettegolezzi non vanno molto d'accordo, e seppur lei per prima abbia con cognizione di causa tentato di mettersi in mostra in compagnia di Douglas, non pensava che le pettegole avessero dato poi tanto peso alla faccenda. Non c'era poi stato niente tra loro, non in pubblico e tanto meno nel privato, motivo per cui si ritrovo a sorridere scuotendo la testa. « Mi ha appena chiesto di sposarlo; e io ho detto di sì. » Afferma quindi con un chiaro tono scherzoso, prima di abbandonarsi a una leggera risata. E' ancora tesa, ma quanto meno, quella domanda è riuscita a distrarla da tutte quelle cose che le passavano per la testa alla velocità della luce. Bombardata dalle sue stesse pippe mentali. Abbassa per un secondo lo sguardo, corrugando le sopracciglia. « Ti dirò quello che ho detto a lui: potremmo piacerci, ma sarebbe stupido da parte nostra cascarci. » Si stringe nelle spalle. Confusa. Forse persino contrariata da quei suoi continui tentativi di autosabotaggio. Forse Nathan non era il tipo giusto per lei, o fose lo era. Forse non c'era nessuno di giusto lì dentro per Mun, o forse si trovava proprio dietro l'angolo. Il punto è che non lo avrebbe mai scoperto se avesse continuato a negarsi qualsiasi possibilità. « Quelli come noi, non sono fatti per essere felici. Ricchi sì, ma mai felici. » Per un motivo o per un altro. La ricchezza aveva portato loro padre all'ambizione, a un desiderio intrinseco di potere, cosa che li ha danneggiati forse per sempre. Se non bastasse quello, vivevano immersi in una condizione di perenne disagio fatto di convenzioni, usanze, feste, superficialità. A volte vorrei essere povera. I soldi ti liberano, incatenandoti alla loro stessa possessione. « Non tutte hanno la fortuna di essere bellissime qualsiasi cosa indossino, come te. » Scoppia di nuovo a ridere. Per te sarò sempre bellissima, non è così? Anche se non lo sono, non davvero. « Io ci andrò con Tallulah, comunque, gliel'ho chiesto l'altro giorno. Dovrò chiedere a Deimos di prestarmi la cravatta rossa. » « Avrete tutti gli occhi della sala addosso. » Di questo ne era certa.
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    Tallulah non passava certo inosservata, e nemmeno Ares, seppur ci provasse in tutti i modi. Insieme sarebbe certo stati una delle attrazioni della serata. Lei dal canto suo ancora non aveva la più pallida idea di chi avrebbe portato, ma la cosa non la preoccupava affatto. A dire il vero non ci aveva nemmeno provato a profilarsi un accompagnatore per il ballo ancora. Quell'affrettarsi a sapere a progettare una cosa tanto stupida era ridicolo.
    Ascoltò il resto del suo discorso in silenzio, ritirandosi sul finale, fino ad abbandonare completamente la stretta sulla mano del fratello. I suoi occhi si fanno freddi, glaciali, come poche volte lo sono nei confronti dell'essere con cui ha condiviso nove mesi della sua vita. D'altro vento una principessa disturbata dal rumore ha tutto il diritto di chiedere che il rumore cessi, se le aggrada. « Questo non è un capriccio, fratello. » Afferma quindi deglutendo, mentre corruga le sopracciglia con fare contrariato. E Mun di capricci ne ha fatti parecchi. A volte pensa che tutto le spetti solo perché lei, è semplicemente lei. Ma quel discorso, quella sua crociata ha qualcosa di molto più profondo. Mun non riesce a sorreggere l'idea che qualcuno venga toccato, senza avere i giusti strumenti per reagire. Lei ne è stata vittima di simili comportamenti. Non riesce a sopportare l'idea che altri la subiscano, oltretutto nel posto in cui dovrebbero sentirsi più al sicuro. « Non voglio fare di uno di loro un esempio. Voglio che smettano. » Sentenzia in tono freddo e rabbioso, pur mantenendo la voce bassa. Parole sibilate, le parole di un serpente solleticato dall'odore del sangue. « Li voglio tutti. E voglio che paghino. » Sospira intensamente, mentre si alza, osservando con attenzione meticoloso le fiamme scoppiettanti nel caminetto. Quasi stregata si perde nei ricordi di quelle notti d'inferno passate nello scantinato di loro padre. Legata, a farsi tagliuzzare unicamente per i suoi capricci, per la sua ricerca di qualcosa che non è mai stato in grado di trovare. Nemmeno lui sapeva cosa stesse cercando. « Ma non con la violenza. Non si risponde al fuoco con altro fuoco. » Un sorriso tutto fuorché rassicurante si allarga sul suo volto. « Voglio che provino quello che accade dopo. Quello che accade quando smettono di colpire. Paura, insicurezza, paranoia. » Quello che lei provava quando suo padre la lasciava andare. La paura e la certezza che sarebbe successo di nuovo, finché quanto meno non avrebbe trovato la forza per fermarlo. Il ricordo di quegli attacchi di panico attanagliano ancora la sua mente. A volte si sveglia nel cuore della notte con gli stessi sintomi di allora, ben consapevole che lui non può più fargli del male. « Forse per te è facile guardare.. » D'altronde tutti voi lo avete fatto per anni. Lo avete fatto finché le cose non sono degenerate più di quanto ci si potesse aspettare. « ..io non ci riesco. Sono molto curiosa di scoprire di chi sono i progetti che distruggerei. » Era certa, Mun, si trattasse solo di bulletti sparsi. Ma erano sempre di più. Hogwarts stava diventando una giungla, ma lei voleva ancora pensare di vivere in un mondo civile. Perché l'altra prospettiva, la legge della giungla, l'avrebbe trasformata in una persona che non voleva scoprire come fosse fatta.



     
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  6. AresCarrow
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    Per un attimo ho temuto che rifiutasse la mia offerta, obbligandomi a trovare un'altra via per passare del tempo con lei. Non sono sicuro che ne sarei capace, non con l'abilità che Mun ha sempre dimostrato nel saper ergere muri fra sé stessa e coloro che le stanno accanto. Ne colgo lo sguardo, catturando in esso quella sfumatura leggibile solo a chi ha passato così tanto tempo a guardarsi negli occhi da non avere più bisogno di esprimersi a parole. Questa cosa, cosa? mi chiede e io mi stringo nelle spalle. Questa cosa che vedo sarebbe una risposta migliore di Questa cosa che si dice in giro, ma probabilmente la verità starebbe esattamente nel mezzo fra le due cose: il fatto che abbia notato io il suo cambiamento nei confronti di Nate non vuole dire nulla, ma che ci abbiano fatto caso altri... - Per quel che vale, non credo sarebbe stupido - le dico invece, ma devo distogliere lo sguardo nel farlo. E' mia sorella, e per quanto non possa che desiderare di vederla felice una parte di me freme al pensiero di saperla intenta in tutto ciò che è normale per ragazzi della nostra età. Sono protettivo, con lei, ed è un sentimento non scevro di un certo amaro senso di colpa.
    Ero piccolo e nostro padre aveva su di me una presa psicologica molto più salda di quanta ne avesse su tutti loro, ma la consapevolezza di non essere stato capace di proteggerla quando davvero serviva è un tarlo che mi rode al centro del petto. Sembra tutto facile ora, non è vero?
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    - Immagino tu abbia ragione - le rispondo invece, ben sapendo per quale motivo abbia usato il plurale. Io non sono troppo diverso da lei, e Amunet lo sa, ma nonostante la sfumatura annoiata che cerco di dare alla mia voce nel dirlo so perfettamente che lei ne coglierà anche la punta di seccato rimpianto. C'è un certo fascino nella vita del disincantato Dongiovanni, ma l'idea di potersi fermare un poco ad approfondire si fa con il tempo sempre più allettante, come un vago profumo di premure e gentilezze che, aleggiando nell'aria, sia in grado di sollevare dalle nostre spalle un parte del peso che portiamo. Solo che Amunet probabilmente ha ben più di una ragione, e accettare una simile eventualità significherebbe regalarsi una trasparenza che non possiamo affatto permetterci: chi sarebbe in grado di osservare il ritratto dietro Dorian e di non rabbrividire nel farlo? Sorrido alla sua risata, una delle poche cose capaci di farmelo fare davvero, e le sfioro il viso con una carezza - Si chiederanno tutti chi sia quel tizio strambo di fianco alla Weasley - le dico con una scrollata di spalle. Ho pochi dubbi sugli sguardi che cadranno su Tallulah nel corso di quella sera, e sarà strano brillare di tale luce riflessa per qualche ora. Credo sia un altro dei motivi per cui non ho mai cercato di portare quella strana frequentazione - non sono sicuro si possa parlare di rapporto - fuori dalla nostra intimità prima di quel momento: non sono sicuro di saper tollerare la vista di ciò che provo sbandierato ai quattro venti.
    - Lo so - le sussurro, cercando di allentare la presa di quel gelo caduto all'improvviso fra di noi - Tu parlavi di cosa, io pensavo al come - tento di spiegarle, prima che le sue successive parole mi colpiscano al volto come uno schiaffo « Ma non con la violenza. Non si risponde al fuoco con altro fuoco. » mi colpisce dritto, e pochi attimo dopo un « Forse per te è facile guardare.. » mi arriva come un colpo di rovescio, e se anche non c'è una mano a farmi sanguinare il labbro è il mio stesso morso a stillarne qualche goccia metallica, e in quel sapore c'è quanto serve a farmi distogliere lo sguardo da lei e a seccarmi qualsiasi parola direttamente in gola.
    Uno dei miei incubi più grandi è quello di scoprire, un giorno, che lui ha piantato abbastanza di sé stesso in me da trovarmi a fissare una sua copia nello specchio, e l'implicita accusa che leggo a volte nei suoi occhi non fa che ampliare quel timore, rendendolo più reale. Appoggio un gomito sul bracciolo del divano, nascondendo la parte inferiore del volto nel palmo della mano mentre fisso il fuoco scoppiettare nel camino. La violenza è quello che mi ha insegnato lui, l'efficienza il modo in cui mi ha forgiato. Il modo in cui penso, il modo in cui mi muovo, perfino il modo in cui respiro...come uccidi il mostro, se il mostro è con te?
    Silenzio...
     
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    « Per quel che vale, non credo sarebbe stupido. » Mun solleva un sopracciglio piuttosto sorpresa da quelle poche parole. In realtà non dovrebbe nemmeno essere sorpresa. Tra i due, paradossalmente, quello più sognatore, seppur a livello latente, era Ares. Lui ci provava di continuo, saltava da una conoscenza all'altra, da una ragazza all'altra, e lei, la giovane Carrow, sapeva che in realtà il suo fosse un modo peculiare di cercare quella specie di serenità e di affetto che non erano mai stati loro concessi. Lei dal canto suo trovava stupido, cercarlo in una dolce metà, ma era anche vero che Mun era ormai scettica nei confronti delle relazioni in generale. Si era bruciata una volta e il suo orgoglio nonché i suoi sentimenti erano stati profondamente feriti. Scoppia a ridere appena, guardandolo con un che di prettamente malizioso. « Stai seriamente perorando la causa del tuo amico? » Gli chiede con un che di sorpreso. Lo guarda con un'aria fintamente interrogativa prima di spostarsi appena per guardarlo meglio in volto. « Non tutti hanno bisogno di qualcuno. » Gli spiega con serenità facendo spallucce. « E' solo qualcuno in più a cui dover badare. » Una semplificazione così superficiale, che tuttavia, Mun trova rincuorante per una serie infinita di motivi. Ryuk, il suo dio della morte, ama giocare con lei tanto quanto ama giocare con chiunque le stia attorno. Forse ora come ora si è dato alla latitanza per motivi che ancora non sa spiegarsi, ma la Carrow ne è certa che prima o poi tornerà alla carica, tormentandola come al suo solito. Sta solo aspettando il momento migliore per approfittarsene. Il discorso si sposta di nuovo e lei resta alquanto stranita da quanto Ares le rivolge in seguito. « Si chiederanno tutti chi sia quel tizio strambo di fianco alla Weasley. » Lei gli accarezza leggermente la guancia. Il problema di Ares è che si sforza troppo per star dietro alla rossa. Non vuole interferire, ma non sopporta nemmeno l'idea che lui si sminuisca solo per lasciare che l'amica brilli di luce propria. « Strambo? Come se lei fosse normale. » Erano una coppia fuori dal comune; poco ma sicuro, ma di certo la bellezza di loro due non la faceva soltanto lei. Di questo Mun era certa. « Ares tu sei un Carrow. Smettila di provare a non esserlo. Abbraccia la tua natura e lascia che loro la guardino in tutta la sua magnificenza. » Lo sguardo profondo, colmo di un che di intrigante. « Tutti abbiamo un ruolo sulla scacchiera, e per quanto tu cerchi di restare nelle retrovie, la tua naturale essenza te lo impedirà sempre. Sei fatto per stare sotto i riflettori. Non eluderli. Sfruttali. » Non starai certo nell'ombra di una Weasley. Mai.

    Ma poi ecco che le differenze tra i due si fanno palesi. Tutta la rabbia e la sofferenza di Mun escono allo scoperto. La frustrazione, la palese impossibilità di uscire dalla gabbia dorata che lei stessa si è costruita. Tolta la maschera dell'arpia, resta solo una ragazzina ferita, profondamente tormentata, infestata dai fantasmi del passato che graveranno sempre sul suo cuore. Chiude gli occhi, provando un estremo senso di colpa nei confronti del fratello. Scuote la testa e si appoggia contro la parete accanto al caminetto stringendosi nelle spalle, mentre gli occhi di ghiaccio scrutano la figura combattuta del fratello.
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    Si scioglie in un sospiro con cui tenta in vano di scrollarsi di dosso tutta la tensione che ha accumulato. « Perdonami. Non è stato un giorno facile. » Una leggera pausa e lo sguardo si sposta sui quadri appesi alle pareti. « Ho ricevuto una soffiata su Fred.. e non so nemmeno perché mi ha fatto così tanto arrabbiare. » Le parole della lettera anonima gravavano sul suo cuore come un macigno. Forse perché non più lontano di qualche giorno prima, lui aveva tentato di chiederle di tornare a essere amici, e lei dal canto suo aveva troncato il discorso senza dargli modo di ribattere. « Scusami, non dovevo prendermela con te. » E' solo che Ares è l'unico con cui riesce a tratti a essere se stessa. Nemmeno il fratello riesce a scioglierla completamente, ma ottiene certamente molto più di quanto chiunque altri potrebbe anche lontanamente immaginare. « Prima che ricominciassero le lezioni ci siamo ribeccati, sai? » Lo sguardo si erge sul fratello con una nota di incertezza. « E' stato un po' come ai vecchi tempi.. finché non abbiamo litigato. » Si stringe nelle spalle. « Immagino che quel riavvicinamento ha lasciato pensare a qualcuno che stessimo lì lì per riprovarci. Ma non è così. » Quella era la più improbabile delle cose. E anche la meno auspicabile per tutti.

     
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    C'è quel movimento, che è al contempo uno segno di diniego con la testa e uno scuotimento di spalle, che può indicare un po' tutto e niente. E' quasi un lasciarmi scivolare addosso la cosa, il sottinteso di quella domanda che la domanda stessa, un po' come quando ti lasci cadere di dosso un mantello che hai portato per troppo tempo. Magari ti sei abituato al suo calore e al profumo che emana, un profumo tutto particolare che è la somma di tutti gli odori che hai raccolto in giro, con quel mantello addosso, e sei arrivato perfino ad amarne gli angoli più logori e le pezze che hai messo perché in fondo, un pochino, quel mantello ti ricorda la tua anima e una parte di te sa che anche lei, come lui, è logora e a tratti zoppicante, piena dei segni e delle macchie lasciate dalla vita che ci hai trascorso dentro, eppure arriva il momento in cui è semplicemente troppo segnato per indossarlo ancora senza sembrare ridicolo ed è allora che lo togli, con una scrollata di spalle, a lasciarlo cadere in terra, quasi avendo paura che, se lo toccassi con le mani, non riusciresti a costringerti a lasciarlo andare.
    E' così il silenzio fra me e Amunet, almeno su quegli argomenti: un silenzio tanto logoro da essere inutile, un fastidio amato da cui liberarsi con una scrollata di spalle - Sto perorando la tua, di causa - le rispondo alla fine, sempre con lo sguardo perso altrove. Non importa dove. Sul camino, sulle fiamme, sui libri che vi sono appoggiati sopra. Altrove - E non credo sia una questione di aver bisogno di qualcuno - aggiungo, anche se a quel proposito Mun e sicuramente più ferrata di me. Non so nemmeno da dove nascano tutti quei dubbi che mi sto portando dietro in queste ultime settimane, se dalla continua mostra dei panni sporchi di tutti a causa di quel fantomatico Shame o se da qualcosa che mi è rimasto dentro a lungo, come un seme in attesa di germogliare, e che le chiacchiere con Malia e il ritorno di Maze hanno infine fatto sbocciare.
    Ho sempre amato la mia solitudine, la distanza messa fra me e il prossimo, come un qualcosa che mi teneva al sicuro dalle distrazioni e dalle debolezze, mie e altrui, ma è una solitudine in cui inizio a sentirmi ingabbiato. Quasi ambisco alla sofferenza che Mun è in grado di vivere a pieno e che in me si trasforma solo in una distaccata apatia.
    Rivolgo a lei lo sguardo, nuovamente, sono quando ne sento le dita sulla guancia. Godo di quella carezza come godrei del primo vento caldo che scivola sulla superficie di un lago ghiacciato, abbandonandomi per un attimo al profumo che, da sempre, è l'eccezione a qualsiasi condanna io voglia auto-impormi. Le sue parole sono parte di quel vento che mi scalda e, al contempo, sa farsi insinuante e tagliente. Essere un Carrow e Accettare la mia natura sono due concetti che ho sempre visto stridenti fra di loro, incapace come sono di dare una forma precisa ad entrambi - E' la mia natura, quella di stare lontano dai riflettori. Non mi piacciono. Patisco il caldo - obietto, anche se so che non è quello il punto. Ci sono molti modi di sfruttarli, i riflettori, e il mettersi in mostra per quello che si è è solo il più banale. Il più stupido - E Mun...quando all'essere un Carrow, all'abbracciare la mia natura e... - un cenno del dito, ad indicare tutte le parole dette da lei nel mentre. Tutto il concetto - E se la mia natura fosse di essere come lui? Se fossi io la mela caduta più vicino all'albero? - le domando.
    E quale che sia la mia natura, a sentire quello che mi si agita nel petto inizio a credere che sia quella del vigliacco.


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    E sono ancora lì che rifletto che lei torna più vicina, abbassa il muro di rabbia che ho visto innalzarsi in un baleno e torna da me. Suppongo che parte della mia natura sia quella di godere del male che le persone più vicine sono in grado di farmi, di trovare in quella vulnerabilità che mostro ad alcune di loro un punto di svolta, una spinta per andare avanti ancora un po'. Sono piccoli tormenti su cui non posso fare a meno di tornare e di riflettere - Non fa nulla - ed è di nuovo una scrollata di spalle, un altro passaggio da far cadere. Fa piacere che lo faccia, ovviamente, ma non ha alcun bisogno di scusarsi, mai.
    Mio malgrado storco il naso, in una piccola smorfia. Il massimo che posso concedermi senza scivolare nell'offensivo. Mi sistemo meglio sul divano, più comodo, mentre allungo una mano a cercare di nuovo quella di lei, ad intrecciarne di nuovo le dita - Sai che non mi è mai piaciuto Fred - una constatazione piuttosto ovvia, visto il modo in cui mi rifiuto categoricamente di rivolgergli parola se non strettamente obbligato. Era così prima ed è così adesso, forse perfino con più ragioni. La osservo, e cerco di sorriderle di rimando. Nemmeno lei è una santa, non più di me, e razionalmente so che a sua volta ha le sue colpe ma sono colpe di cui a me non importa assolutamente niente. Mun è Mun, e sarò sempre accanto a lei - I rossi sono infidi - aggiungo con un mezzo sorriso, in una battuta piuttosto rara. Ripenso a Fred e al suo rapporto con Mun e Tallulah con il suo modo di trattare il mondo che la circonda. Sospiro - Dannati Weasley. Secondo te gli fanno qualcosa, da piccoli, per renderlì così...non so, così? -
     
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    « Sto perorando la tua, di causa. E non credo sia una questione di aver bisogno di qualcuno. » Lei annuisce, senza saper effettivamente cosa rispondere a quelle affermazioni. Riesce a percepire in quegli occhi chiari del fratello una qualche forma di combattuto silenzio. Forse vorrebbe dire altro, ma se così è, non lo fa e lei non si sente di insistere ulteriormente. Non è una persona invadente, Mun, soprattutto su questioni spinose quali gli affetti. Lei, dal canto suo, li ha sempre vissuti in una dimensione parecchio strana. Mai troppo attaccata a nessuno, mai davvero staccata da una cerchia precisa. Un po' a metà, una specie di purgatorio, in cui qualunque colpo e delusione potesse toccarla il meno possibile. Una specie di difesa, un muro eretto in seguito a troppe delusioni, sorte sia nella cerchia famigliare che in quella delle amicizie. « E' la mia natura, quella di stare lontano dai riflettori. Non mi piacciono. Patisco il caldo. » Lei sorride a quella affermazione. Resti sempre il solito. Da sempre, ad Ares la penombra è sempre piaciuta, ha sempre preferito starsene lontano, ma in cuor suo, Mun ha sempre saputo che quella condizione non doveva stargli poi tanto comoda. In fin dei conti, sono nati e cresciuti con certi precetti, nati in una delle famiglie più nobili e ricche d'Inghilterra. Il loro elemento naturale non era la penombra. « E Mun...quanto all'essere un Carrow, all'abbracciare la mia natura e.. E se la mia natura fosse di essere come lui? Se fossi io la mela caduta più vicino all'albero? »
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    Quella domanda sembra provocarle un moto di ribrezzo nel petto. Un odio vecchio come il mondo che si propaga nelle sue vene come un veleno, come un tumore che si espande fino a inglobarla. Glielo si legge negli occhi, che si perdono in un punto non ben preciso alle spalle del giovane Carrow. Si stringe nelle spalle, e un sorriso più cinico si espande sulle sue labbra. « Non lo sei. » E c'è sicurezza in quelle parole, una forza impressionante, seppur scandite quasi in un sussurro. « E' troppo tardi.. » Non si spiega. Lascia quella frase a metà, perché in cuor suo, sa chi è la mela caduta più vicina all'albero.

    « Sai che non mi è mai piaciuto Fred. I rossi sono infidi. Dannati Weasley. Secondo te gli fanno qualcosa, da piccoli, per renderlì così...non so, così? » Ascolta quelle parole con una chiara vena di amarezza. Non vorrebbe parlare di Fred, ma sa che il discorso in tavola l'ha portato lei, e allora non può sottrarsi. Quella lettera l'ha scossa, più di quanto avrebbe voluto. L'ha fatta arrabbiare. Troppo per il suo stesso bene. Troppo perché potesse pensare che per il rosso non provasse ancora niente. Mun e Fred sarebbero sempre stati qualcosa che le piacesse o meno. Ci sarebbe sempre stata una strana forma di intesa, un substrato di affetto a cui la principessa dai capelli corvini, non poteva e forse non voleva nemmeno sottrarsi. Più di una volta Ares avrebbe voluto intervenire, fare qualcosa, contro quel coglione, ma Mun non glielo aveva mai permesso. Non aveva mai lasciato che lui intervenisse, semplicemente perché, non voleva vedere due delle persone a lei care scontrarsi, e poi, perché, non voleva che tra loro ci fosse un'effettiva rivalità o antipatia di alcun tipo. Forse in cuor suo, avrebbe sempre voluto che andassero d'accordo. « No. Non ti è mai piaciuto. » Conferma lei sorridendogli appena, seppur non abbia più la forza di sorridere. Nessuno ti è mai davvero piaciuto. Lo so. Ne sono consapevole. E faceva parte del suo ruolo di fratello protettivo. E Mun ci faceva i conti, essendole grata di non intervenire. « Ma Fred è il mio mostro, e con lui ci farò i conti io, se sarà necessario. » Un modo come un altro per ammonirlo. Per metterlo in guardia su quanto poco avrebbe gradito che Ares si sentisse in dovere di fare qualcosa. « Forse il problema non è cosa fanno agli Weasley da piccoli.. » Continua con una nota riflessiva. « ..forse il punto è che Weasley e Carrow, non sono compatibili. » Si stringe nelle spalle apparentemente disinteressata. Ma quell'affermazione fa male, la realizzazione del fatto che ci saranno sin troppe differenze tra loro, la fa sentire in un certo qual modo spacciata. Quella cosa la scuote dall'interno, la fa rabbrividire e allora chiude per un istante gli occhi deglutendo. « Senti. Facciamo un'altra volta, va bene? Stasera preferisco stare da sola. » Non sarebbe comunque di grande compagnia, e ha davvero bisogno di attraversare quei corridoi il più velocemente possibile, finire la ronda e immettersi sotto le coperte per dimenticarsi di tutto; della lettera, delle ultime settimane, dell'enorme molle di compiti che deve svolgere. Si avvicina appena, gli stampa un bacio sulla fronte, prima di afferrare il suo cappotto e uscire dalla sala comune.


     
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8 replies since 18/9/2017, 21:59   150 views
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