Clash of the titans

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  1. warmachine
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    giphy
    La triste fine di un' onorata carriera.
    Tira un sospiro, mentre rilegge la missiva che il ministero si è degnato a mandargli. E' tutto finito. La sua carriera appesa a un chiodo. E' quasi sorpreso, forse addirittura lusingato, di tanta premura da parte dei piani alti. Informarli che anche formalmente il loro lavoro non è più utile né necessario. Molto gentile, davvero. La carte è stropicciata, i bordi rotti e malconci. Ha stretto quella pergamena così tanto fra le sue mani che quasi gli facevano male. L'aveva appallottolata, con l'intenzione di gettarla via, ma poi l'aveva voluta rileggere ancora e ancora, per assimilare bene ogni riga, e quella triste verità. Non aveva reagito come ci si sarebbe aspettati da Holden Scamander. Niente imprecazioni o bestemmie, nessuna scrivania capovolta nella foga di una rivolta personale, solo silenzio rotto dal suo respiro controllato. Ciò che sta facendo è un rituale semplice, mentre ripone i pochi oggetti che hanno adornato la sua scrivania per tutti gli anni di servizio. Un'estrema unzione che lo vede metter via in una scatola di cartone gli astratti simboli del suo duro lavoro. L'azione stessa che compie non è altro che un simbolo, la sua totale rottura con quel mondo che prima lo ha reso inutile per poi tagliarlo fuori completamente. La società per cui ha lottato è cambiata, mutata drasticamente. Il suo governo anche. Perciò per quanta rabbia gli faccia questo pensionamento anticipato, non può nascondere un certo sollievo. Nonostante la sua vita venga messa adesso davanti ad un bivio, Holden è contento di non dover più servire un governo che non sente suo. Eppure la rassegnazione che esprime il suo volto, corrucciato, e che manifestano i suoi flemmatici gesti, sono il sintomo della sua totale contrarietà a quella decisione. Certo, se l'aspettava, come i suoi colleghi, come qualsiasi persona al ministero che ha visto negli ultimi mesi un corpo auror privato di qualsiasi potere. Ci hanno messo a sbrigare documenti pensa, mentre gli occhi blu scrutano la stanza ai cui angoli giacciono ancora scatoloni stracolmi di pratica di improbabile importanza o priorità. Il mondo è cambiato e sono cambiate le sue leggi, non c'è nulla che lui possa fare lì dentro, fra quelle mura che iniziano oltretutto a stargli strette. Non è certo ciò per cui ha studiato, lavorato duramente. Non è per questo che Holden si è fatto il culo e ha sputato il suo stesso sangue. Non per arrivare lì. O meglio, lo sarebbe stato se le carte in tavola non si fossero improvvisamente ribaltate, presentando ai suoi occhi ormai stanchi di tutta quella merda, una realtà che tanto reale non gli era poi sembrata. Ma lui aveva preso la sua decisione già molti mesi prima, quando aveva scelto da che parte schierarsi. Eppure non era stato in grado di rinunciare autonomamente al suo posto. Adesso però si pentiva quasi di non aver seguito il proprio orgoglio e di aver invece affrontato quell'umiliazione come se nulla fosse stato. Come se lui e gli latri se la meritassero. Paradossalmente era stato un bene per lui rimanere lì dentro, osservare quello che la sua dimensione personale si era apprestata a diventare. Come il Ministero fosse diametralmente cambiato, mutando come il più esperto dei trasfiguratori. Forse lui, era stato fortunato. Se il mondo esterno fosse stato in condizioni migliori probabilmente l'avrebbe presa anche parecchio a male, ma era facile constatare che al di là della sua scrivania si respirava lo stesso tanfo che c'era in strada. L'aveva vista lui, Londra. Londra brucia, aveva sentito questo assurdo canto e davanti ai suoi occhi gli era apparsa la sua città ridotta ad un pugno di polvere. Qualcosa era rimasto in piedi, ma nei sobborghi, quelli che lui aveva frequentato assiduamente, per lavoro e non, quelli erano diventati lo spettro dei luoghi tetri che eran sempre stati. Un colpo al cuore, una sconfitta da mettere insieme a tutte le altre. Nell'enorme pila che si sta accumulando nell'angolo del suo inconscio.
    Gli sembra quasi un errore rammaricarsi così tanto per quell'ultima battaglia persa. Lui che di errori ne ha fatti tanti, tantissimi. Un vero e proprio campione, fin dall'infanzia. L'irragionevole necessità di salvare gli altri non è sempre stata una semplice giustificazione per tutti gli errori che impudente ha sempre commesso? Non è forse per riparare a loro che Holden Scamander si eretto a paladino della giustizia per i suoi ultimi vent'anni, nella speranza di lavar via la macchia che ha lasciato nel mondo? Holden, l'uomo dalla bugia sempre pronta, si trova finalmente ad affrontare la più triste verità. Quella che non ha mai voluto sentire, che si è sempre rifiutato di ritenere tale. Non servi a niente. La tardiva scoperta di una vita. Ogni gesto, ogni azione, ogni singolo giorno speso lì dentro sembra aver perso ogni significato. Eppure per quanto inutile sembra sentirsi in quegli istanti, i suoi ideali sono rimasti gli stessi. Immutati, nella loro granitica freddezza. Gli unici ai quali è mai stato davvero fedele. Perché la fedeltà di Holden non è mai stata cosa da poco, e di questo sono a conoscenza sopratutto le donne. Quasi si sorprende a pensare a lei e alla sua furente chioma fulva. Gli occhi pungenti come spilli e l'espressione d'acciaio. Il male fatto donna, si ritrova a pensare mentre nella sua mente il profilo di Selyse Deveraux si staglia come un'amazzone, feroce. Un accidenti nella sua vita che dopo anni avrebbe preferito evitare. Uno spiacevole incidente di percorso. Spiacevole? domanda la sua coscienza. Non è proprio l'aggettivo adatto.
    Perché in realtà Selyse non gli è sembrata così male, all'inizio. Ma Holden non è mai stato troppo onesto con le donne, e nemmeno loro sembrano aver mai dato lui la loro totale e cieca fiducia. Una reciproca titubanza.

    Non ha nemmeno badato bene a cosa indossa, nella fretta del momento non si è reso conto di essere presentabile oppure no. La barba certo, quella è sempre curata nei minimi dettagli. Non lo sa cosa gli abbia realmente suggerito che quella è una buona idea. Non lo sa e non vuole saperlo. Ma ha un sospetto che bazzica nella sua mente e che lo rende più impulsivo del solito. Ha avuto tempo di maturare l'idea, di accettare completamente il suo nuovo status quo. Ma prima di lasciare per sempre quel posto come impiegato, ha qualcosa da dire. E' un pensiero che è rimasto fisso nella sua testa, è perdurato giorni. Alla piccola scrivania in un angolo c'è una ragazza dall'aspetto fragile e gli occhi acquosi.
    La vede alzare lo sguardo dalla macchina da scrivere giusto in tempo. «Come posso aiutarla?» domanda con un forte accento gallese. «Devo parlare con la Deveraux». Il suo tono è duro, freddo. Lo sa che probabilmente quella ragazzina che sembra sull'orlo di una crisi di nervi è solo un burattino messo lì a servire la grande stronza. Probabilmente non ha nemmeno voluto venirci quella mattina al Ministero, ma si è sentita costretta. Ma Holden non sembra mostrare alcuna empatia per quella pover anima alla quale pare raggelarsi il sangue nel sentire il cognome del suo superiore. «La signorina Deveraux è impegnata al momento.» Alza le spalle, Scamander, come per dire non è un problema mio. Non lo è in effetti. Non gli resta poi molto tempo, e non che gliene fotta realmente qualcosa. «Sarò velocissimo.»dice lui, affrettando il passo verso la porta a scrigno che cela dietro le sue pesanti lastre di vetro l'ambizioso regno della sua piccola despota. «Signor...» tentenna la ragazza «Scamander» completa lui voltandosi per un ultimo istante prima di spalancare le porte scorrevoli e chiudersele alle spalle. «Proprio carino» asserisce alla donna seduta in poltrona che gli da le spalle. «Certo adesso che il quartier generale degli auror è stato ripulito» dice sedendosi in maniera scomposta su una delle poltrone poste davanti alla scrivania sgombra e maniacalmente ordinata «potrai permetterti un ufficio ancora più grande.» Tamburella impaziente le dita sulla superficie scura e lineare, tirata così a lucido da potersi quasi specchiare nel legno. «Dimmi, Selyse.» incalza sporgendosi in avanti e lasciando cadere la lettera di licenziamento sulla scrivania «da quant'è che aspettavi questo momento?»


    Edited by conundrüm - 30/11/2017, 07:37
     
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0 replies since 25/9/2017, 13:49   38 views
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