Nothing stays the same

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    « Nome e cognome. » L'uomo che la interpella all'entrata è nuovo. La Squadra d'Inquisizione si rimpolpa di giorno in giorno. Con il decadimento delle funzioni della Squadra Auror, molte leve sono state reindirizzate verso il Quartier Generale dell'Inquisizione; altri ancora sono del tutto nuovi, giovanotti venuti su dal nulla che Beatrice non ha mai visto prima di allora. Il Ministero sta cambiando volto di giorno in giorno, sotto i suoi stessi occhi. Capi di ufficio e di dipartimenti, che erano in carica da anni al suo arrivo, vengono licenziati e sostituiti da persone gradite al sistema. Come facesse a saperlo? Non bisognava nemmeno essere dei geni del male o dei detective di primo ordine per capire per quale motivo padri di famiglia con un signor curriculum venissero licenziati dal giorno alla notte. Il Ministero non nascondeva più i suoi intenti; di giorno in giorno, le loro intenzioni di chiusura si manifestavano sempre più palesemente. Lo definivano un correre ai ripari. « Beatrice Joy Morgenstern, Squadra d'Inquisizione. » E dicendo ciò schiaccia con decisione il distintivo contro il vetro dietro al quale si trova il mago. Uno sguardo eloquente d'intesa prima di lasciare la propria bacchetta per il controllo di routine, passando in seguito attraverso il varco a forma di arco che separa Hogsmeade da quanto ci fosse dall'altra parte. « Che cosa la porta a Hogsmeade, Miss Morgenstern? » « Ho il turno di pomeriggio presso la torre 7. E' scritto lì. » Ce l'aveva davvero quel maledetto turno. Altri suoi uomini custodivano altri Distretti in giro per l'Inghilterra. Era un'assegnazione alquanto casuale. A tutti toccava prima o poi, e Beatrice non aveva certo battuto ciglio nell'accettare qualunque cosa i suoi superiori le assegnassero. La vicinanza con Hogsmeade durante un sabato poi, rendeva tutto particolarmente allettante. Cose che non si farebbe certo scappare. Un sorriso sarcastico prima di ritirare la sua carta d'identità così come la bacchetta. « La prima volta? » Le chiede l'Inquisitore con una certa gentilezza. « Già. » Taglia secco. « Ti piacerà. Meglio dei pattugliamenti » Certo per un pappa molle come te, come minimo. « La situazione è tranquilla. Kingsley sta facendo un ottimo lavoro da queste parti. Fino ad ora non c'è stata alcuna situazione spiacevole. » Beatrice fa finta di mostrarsi interessata a quell'improvvisa eloquenza dell'uomo. Non gliene frega niente, che sia chiaro, ma deve pur sempre mostrarsi ben disposta nei confronti dei suoi colleghi. Le risulta più complicato ultimamente. Un tempo fare finta che tutto andasse bene era la prerogativa della sua vita. Ora aveva molta meno pazienza nei confronti delle persone che non riusciva a sopportare. Era tutto nuovo; tutta questa vita era del tutto imprevedibile. Aveva dovuto fare i conti con un ritmo di vita completamente diverso, con istinti che prima era in grado di reprimere facilmente, e che ora, le risultavano difficili da controllare. Era una mina vagante, la Morgenstern, e l'unica cosa a mantenerla a galla erano gli anni di allenamento che le erano stati impartiti. Il più delle volte, persino le più semplici azioni erano coadiuvate di uno sforzo psicologico non indifferente. Doveva sforzarsi a non arrabbiarsi, a non far partire risse e a non rispondere in maniera scortese, soprattutto quando era al lavoro, in mezzo a quelle persone che ormai odiava e avrebbe voluto vedere in una fossa a tre metri sotto terra. Era colpa loro. Tutta colpa loro. E lei era costretta a tacere e inghiottire ogni loro colpo, ogni loro battuta, ogni loro risata, le chiacchiere da bar, i famosi pattugliamenti in loro compagnia, obbligata ad assistere alle loro violenze gratuite su persone che non si meritavano quella loro furia. « Sei una di loro, non è vero? » Le chiede mentre sta girando i tacchi pronta a immettersi sulle strade di Hogsmeade. Si gira di scatto sospettosa, osservando lo sguardo dell'Inquisitore. Sta fissando con interesse la cinta attorno ai fianchi a cui sono incastrate le sue eleganti daghe dalla finissima impugnatura decorata ad opera d'arte. « Una cacciatrice. » Beatrice non era ancora abituata all'idea che i cacciatori fossero usciti allo scoperto, ma ormai, tutti sapevano nell'Inquisizione che un esercito altro che rispondeva, prima ancora di rispondere agli ordini del Ministero, rispondeva a un proprio comandante, aveva rimpolpato ulteriormente le loro fila. « C'è qualche problema? » Si sente messa con le spalle al muro, Beatrice. Sin da quando ha dato il via libera ai suoi di rispondere alle chiamate del Ministero, ha anche messo loro in chiaro che i loro segreti, la loro civiltà, dovevano rimanere protetti, celati agli occhi di quegli uomini avidi. « Ero solo curioso. Buon lavoro, Miss Morgenstern. » Un sorriso forzato prima di salutarlo a sua volta. Miss Morgenstern. Anche solo il suono di quel titolo la irrita. Lei è Beatrice, al massimo Morgenstern e basta, Tris per gli amici. Ma miss? Odia questo modo pomposo di porsi della gente di alto rango, delle persone al vertice. Questi sono ominicchi che pensano che il potere sia fatto di titoli, di feste lussureggianti e pregiate parole. Non avete visto niente. Si è recata a Hogsmeade con leggero anticipo, cosa che le permetteva di vedere una persona che aveva cercato di avvicinare per tutta l'estate, ma nei dintorni della quale non ha vorticato, per paura che i suoi spostamenti potessero essere controllati. Beatrice Morgenstern era stata incaricata di scovare i suoi compagni e riportarli al campo estivo, cosa che ovviamente non aveva fatto, nonostante sapesse dove si trovassero. "L'abbiamo trovata. E non si è nascosta nemmeno poi tanto." Non aveva commentato quel chiaro velo di criticità che Daniel, uno dei suoi più cari compagni d'armi, aveva espresso nel passarle quell'indirizzo. Malia era rimasta a casa sua per tutta l'estate. E Beatrice aveva raso quella location da qualunque cartina. Si stanno nascondendo bene. Aveva detto al suo superiore, Raphael Gecko, durante una delle serate che passavano a stuzzicarsi al Quartier Generale, districandosi tra scartoffie varie. Era certa che Raphael leggesse la sua poca sincerità, eppure, nonostante ciò, non aveva mai mosso un dito per cercare di fermarla. A che gioco stesse giocando, Beatrice non l'ha mai capito, ma in quegli sguardi profondi aveva letto in un certo qual modo i suoi pensieri. Sei abituata a molto di più. Sei allenata per fare molto di più. Non esiste che tre zucconi si nascondino ai tuoi occhi, a meno che qualcun altro non li celi.. o a meno che non sia tu stessa a farlo. Ma Beatrice aveva avuto la faccia tosta di affrontare quegli sguardi con altri di una purezza e innocenza indiscussa. Non so niente. E così eccola, tra quei mille pensieri, dirigersi verso la Stamberga Strillante. Non sa se Malia si presenterà, ma spera vivamente che lei abbia capito il messaggio. Non poteva essere troppo specifica nel biglietto, né sul posto, né sul chi la stesse invitando a uscire dal castello. Poteva quindi solo sperare. Sulla piccola pergamena che era stata recapitata alla giovane Stone già il giorno precedente, Tris vi aveva scritto con la sua solita elegante calligrafia poche parole. Restituisci il bracciale al proprietario nel luogo in cui lo hai ricevuto la prima volta. Domani alle 15.
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    E così eccola alle 15 in punto di fronte a quella che un tempo era la casa più infestata dell'Inghilterra e che ora, era solo un posto sinistro, scenario di esperienze del passato che molti volevano dimenticare e che Tris, dal canto suo, tendeva a ricordare sempre. Le assi del pavimento scricchiolano anche sotto il suo passo leggero; sale al piano di sopra, il famoso piano di sopra, mentre si guarda attorno con attenzione. Le macchie del sangue sono ormai completamente scomparse, così come anche l'atmosfera sinistra che aveva assunto quella sera come tante altre sere. Lei e Malia sembravano vere una strana fascinazione per quel posto; o meglio, Tris ce lo aveva. Era già la seconda volta che la convocasse dopo un periodo di silenzio stampa lì dentro. Ma questa volta, non era stato per alcuna ricorrenza strana, non per fare alcun tipo di giochetto mentale. Era semplicemente il luogo più facilmente individuabile attraverso una specie di indovinello. Era l'unico modo per contattarla senza dirle direttamente chi la stesse aspettando e dove. Lei avrebbe capito. Ma non certo chiunque verificasse la posta degli abitanti del castello. Si siede sul davanzale della finestra e attende, guardando fuori, in quello spazio infinitamente spoglio e lugubre che si distende sul retro della casa. In lontananza il castello, quel posto che per anni è stata casa sua, e che ora già le mancava. Sto tornando, si disse con una punta di orgoglio e una certa preoccupazione mentre si rigira un piccolo coltellaccio tra le mani, ricalcando nel legno della finestra le sue iniziali e quelle di Eric. Le avevano incise insieme, durante uno dei pomeriggio a Hogsmeade di quei tempi in cui, stavano insieme. B.M, E.D. Nessun cuore, nessuno più, nessuna frase particolarmente romantica. Solo quattro lettere. Siamo passati di qua, e ci siamo passati insieme. Anche se è stata una breve, passeggera, illusoria fetta della nostra vita. Che non fossero fatti l'uno per l'altro lo avevano capito anche loro. Infine il rumore di passi; leggermente in ritardo, ma pur sempre in tempo. Sorride non appena i loro sguardi si incontrano e saltando giù da davanzale si avvicina. Non sa come Malia ha preso tutte le sue ultime campagne belliche, l'Inquisizione, il silenzio stampa. Ma spera che almeno un po', negli anni, la Stone si sia ricreduta sul suo conto. Tris, dal canto suo, nei suoi confronti non può provare che affetto, a maggior ragione ora che si è liberata da qualunque strascico si portasse dietro in seguito all'incantesimo che aveva salvato la vita dell'amica. « Allora Kingsley vi ha dato finalmente l'ora d'aria, eh? » Un tono leggermente scherzoso, seppur cauto. « E vi sta organizzando anche un ballo. » Si stringe nelle spalle con una certa spontaneità. « Chi è il fortunato di Malia Stone? »


     
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    « Non la sento da mesi. »
    « Si farà viva, a un certo punto. Dalle tempo. »
    « È quello che faccio sempre. »
    « Lo sai, com'è fatta... »
    « Lo so. »

    Sfrega le mani l'una contro l'altra, per riscaldarsi. Il freddo autunnale comincia a farsi sempre più pungente, in quel di Hogsmeade. Sono già un paio di giorni che Malia Stone non può lasciare la propria stanza della torre Grifondoro senza portare con sé la propria sciarpa dai colori rosso-oro - l'unico elemento, ormai, a ricordare a tutti quale sia la sua casata di appartenenza, assieme a quella piccola spilla che invece dimentica puntualmente sul comodino, finendo sempre per perdere un paio di punti a causa di professori troppo poco indulgenti. Nasconde il viso dietro a quella lana spessa, mentre supera un gruppo di ragazzini del secondo anno eccitati, in fila davanti alla porta di Mielandia, probabilmente alla loro prima uscita all'aperto. Si ritrova a sollevare un angolo delle labbra, nel vederli, e nella sua mente è quasi automatico il richiamo a quei pomeriggi che sembravano infiniti, in cui lei, Tris, Dean e Olympia se ne stavano fermi su una panchina, un pacco di caramelle esattamente al centro fra loro, a discutere in modo animato sulla supremazia delle api frizzole o delle bolle bollenti. Dovevano avere non più di dodici o tredici anni. Chi li avesse visti li avrebbe senza dubbio definiti ridicoli, ma, credeteci o no, a quei tempi erano in grado di far scoppiare litigate da terza guerra mondiale per questo genere di argomenti. Ricorda che una volta lei e Dean non si erano parlati per una settimana intera dopo i risultati di una partita di Quidditch dei Ballycastle Bats. La mora procede a passo regolare per il viale acciottolato del villaggio, e si sorprende da sola al pensiero che quei ricordi già sbiaditi appartengono appena a qualche anno prima, sebbene sembrino essere trascorsi secoli. Secoli da quelle burrobirre calde ai Tre Manici di Scopa che li facevano sentire così grandi, dai biscotti rubati in cucina, dalle partite di scacchi dei maghi in Sala Comune, dai primi svolazzamenti sulle scope, dagli scherzi infantili e dalle scorribande notturne tra i corridoi.
    Restituisci il bracciale al proprietario nel luogo in cui lo hai ricevuto la prima volta. Domani alle 15. Chissà perché, quando si tratta di Tris, Malia è sempre nostalgica. Forse perché è stata la prima, vera, amicizia stretta al castello; forse perché il loro è sempre stato uno di quei rapporti fatti di sbagli e rimpianti. Forse, semplicemente, perché Beatrice Morgenstern è sempre stata un po' casa per lei: infanzia, purezza, innocenza. Quest'ultima devono averla persa insieme, proprio quella notte di anni prima, lì dove la mora le ha regalato, sotto le luci rossastre e tra i canti natalizi, quello che per lei è sempre stato molto più che un bracciale. Era una promessa. Tante sottili linee d'argento, modellate in piccole bande che si susseguono, quasi come le squame di un serpente, contenente una delle armi più pericolose contro quelle creature con cui in un modo o nell'altro la giovane Stone si sarebbe trovata a fare i conti più volte, nella sua vita. Quasi come una premonizione. Un sorriso amaro sembra apparire sulle sue labbra, mentre, nell'attesa che un carro trainato da Thestral le passi di fronte, tagliandole la strada, si ritrova casualmente a spostare con un dito quei lunghi cilindri argentati che le avvolgono il polso. « Potrebbe esserti utile » le ha detto Tris quella sera, l'aria enigmatica di chi possiede già un brutto presentimento per il futuro. Non l'ha utilizzato, alla fine, troppo spaventata e inesperta per difendersi con prontezza da un assalto del tutto inaspettato. Eppure, quel pezzo d'oreficeria tanto particolare, come le aveva promesso la Grifondoro, le è tornato utile in altri modi, negli ultimi anni: forse (per fortuna) non ha mai più avuto l'occasione di adoperarlo secondo il suo utilizzo prestabilito, tuttavia è riuscito perfettamente a conservare la funzione di promessa, come cimelio inestimabile di un'amicizia tanto travagliata quanto speciale. Malia non l'ha mai tolto. Anche nei momenti più bui, quelli in cui avrebbe tanto voluto lanciarlo contro una parete e dimenticarsene completamente, non l'ha fatto: perché nonostante le differenze, le incomprensioni e le litigate, Malia Stone si è sempre sentita legata in modo quasi indissolubile a Beatrice Morgenstern. Non ha mai capito perché, probabilmente non si è mai preoccupata di scoprirlo - perché è sempre stata così, accetta le cose come vengono e difficilmente si pone domande - ma ha sempre avvertito, da qualche parte nell'anima, quella spinta quasi necessaria nella sua direzione.
    Non è mai stato semplice, però. Se con Olympia basta chiedere per ricevere una risposta, o al massimo infastidirla quanto basta, Beatrice è sempre stata quella difficile, silenziosa, restia a condividere i propri pensieri e anche gli avvenimenti importanti della propria vita. E, seppur con sforzi non indifferenti, la Stone ha imparato ad accettare questa sua chiusura, rispettarla e perfino conviverci, riconoscendo quei punti-limite di riservatezza oltre i quali non spingersi mai oltre.

    « Ma quindi tu l'hai vista? »
    « Sì. »
    « E come sta? »
    « Adesso meglio. »
    « E che ti ha detto? »
    « Non molto... »

    E ha imparato anche a farsi da parte, quando necessario. Ha imparato a fare quei passi indietro che la loro amicizia ha sempre richiesto, e che lei è stata sempre un po' restia a compiere. A passare sopra, nelle ultime settimane, alle risposte evasive di Olympia e a quelle di Rudy, al loro modo casuale di far cadere il discorso, ogni volta, al non sapere, a interpretare quelle poche informazioni che possiede nel miglior modo possibile. A non arrabbiarsi per i silenzi e i mesi di lontananza, a convivere col dubbio e la preoccupazione perenni. A tenere a freno la curiosità e farsi meno domande possibili, perché da sola sa che non potrebbe giungere mai ad una risposta esaustiva. Si è ripetuta questo quando l'ha saputa entrare nella Squadra d'Inquisizione Ministeriale, contro ogni logica. Se l'è ripetuto quest'estate, quando per mesi si è domandata che fine avesse fatto, quando è venuta poi a sapere che aveva avuto modo di incontrare altri e non lei. Si è semplicemente stretta le spalle, con fare impotente: ha smesso di arrabbiarsi per queste cose. Ha capito che ci sono troppi affari nella vita della Morgenstern, ormai, troppi segreti e questioni importanti, che è normale tralasciare le cose meno urgenti. E non è amarezza la sua, ma semplice rassegnazione. È consapevole che non sono più quelle tredicenni ridenti che si confessavano le cotte segrete nel buio della loro stanza, o che si strafogavano di biscotti mentre si raccontavano gli ultimi gossip succulenti del castello: lei, forse, si ritrova ancora impelagata in quelle dinamiche stupide e forse un po' infantili della scuola, ma Beatrice ne è uscita del tutto, e forse era già fuori con la mente prima ancora di prendere il proprio diploma. Sempre con lo sguardo rivolto in avanti, sempre pronta a compiere il proprio dovere. Dovere che la giovane Stone non è mai stata in grado di identificare in toto, è vero, però se ha mai avuto una certezza riguardante Beatrice, quella è senza dubbio il suo profondo e radicato senso di responsabilità.
    È già un'adulta da anni, lei, si ritrova a pensare, le labbra strette in un sorriso ambiguo, mentre spinge il piccolo cancello all'ingresso della casa più infestata della Gran Bretagna. Malia da anni ha smesso di crederci, a queste dicerie. Per lei, la Stamberga, non è altro che un luogo di memorie, per lo più dolorose e traumatiche; un pezzo della sua - della loro - storia. Le è quasi venuto da ridere quando si è ritrovata quel biglietto tra le mani, il giorno precedente, nel ripensare che si sarebbero riviste proprio lì. Non importa quello che succede fra loro, gli anni che passano, le vicende più o meno drammatiche che si susseguono nelle loro vite, in un modo o nell'altro Malia e Tris finiscono sempre per ritrovarsi nello stesso luogo, proprio in quella stanza, teatro di ferite dell'animo e della carne. In un senso un po' grottesco e forse macabro, è diventato il loro posto.
    « Avrei dovuto portare una bottiglia di limoncello. Avrebbe reso tutto quanto più romantico. » Esordisce così, facendo il proprio ingresso nella stanza, non appena nota la figura minuta di Beatrice Morgenstern dall'altra parte. Le sorride. Come al solito, vorrebbe con tutta se stessa saltare i convenevoli, e arrivare dritta al punto, ma come al solito non sa esattamente come farlo. Sembra la stessa, Tris, parla e si muove allo stesso modo, ma Malia è certa che, come sempre d'altronde, quei suoi occhi scuri celino bene i fantasmi di mesi poco piacevoli. Non ne è del tutto certa, ma ha avuto modo di intuirlo. I racconti vaghi di Rudy e Olympia, quelle espressioni un po' spente e addolorate, ogni volta che veniva pronunciato il nome dell'ex Caposcuola di Grifondoro, le hanno dato abbastanza indizi per capire che, quest'estate, qualcosa è successo. Non che sia una sorpresa. Basta tenerla lontana per un po' di tempo, e qualcosa succede sempre nella vita di Beatrice. Il problema è che non si tratta mai di notizie piacevoli.
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    « Allora Kingsley vi ha dato finalmente l'ora d'aria, eh? » Annuisce a quelle parole, stringendosi leggermente nelle spalle e compiendo qualche passo in avanti, nella sua direzione. È strano, se ci pensa, ma questa è una delle pochissime uscite che si è concessa nell'ultimo mese, al di fuori del castello. Non sa nemmeno dire perché, eppure si è quasi abituata alla reclusione tra quelle mura. Nell'ultimo periodo ha sentito, sempre più, un forte bisogno di pace e stabilità, e stranamente l'ultima cosa che ha desiderato sono state quelle nottate folli al Pandemonium, che tanto adorava fino all'anno scorso.
    « Così sembra... » dice, vagamente, gli occhi che non possono fare a meno di perdersi tra le mura lignee di quella stanza. È passato del tempo e, con sua sorpresa, le orecchie hanno smesso di sentire gli echi delle urla di quella notte.
    « E vi sta organizzando anche un ballo. Chi è il fortunato di Malia Stone? » Ride, scuotendo leggermente la testa, visibilmente stupita nel vedere che il primo argomento che Beatrice Morgenstern - sì, proprio lei! - abbia voglia di toccare è proprio il Ballo. Sospira, al pensiero. Che divertimento che sarà, si ritrova a pensare ironicamente, tra sé e sé. « Visto? Ormai EddyKing ci adora come fossimo i suoi stessi figli » scherza, e sente quasi una stretta al cuore nel pronunciare quel nomignolo sarcastico che ormai è così popolare a scuola. Si chiede come stia, Dean. L'ha sentito un paio di volte, è vero, ma la carta di una lettera e delle sottili e piatte linee d'inchiostro non potranno mai sostituire il calore di uno sguardo o di un abbraccio, specie se sono viste e riviste dai membri dell'Inquisizione, e devono essere stilate con precisione quasi clinica. « Quest'anno nessuno aveva voglia di essere il mio fortunato. Pare che porti sfiga. » Ridacchia con leggerezza, divertita dalle sue stesse parole. Non che le sia dispiaciuto particolarmente, non aver ricevuto alcun invito per il ballo; in fondo se lo aspettava anche, e se davvero avesse avuto voglia di partecipare con qualcuno, non avrebbe aspettato lei stessa a farsi avanti. « Avevo intenzione di andare da sola, sai. Una sorta di feminist statement, o che so io. Ma poi il nuovo Caposcuola si è ritrovato da solo e sai com'è, non puoi dire di no a Freddie Weasley. Per fartela pagare ti infila nel tè qualche intruglio dei Tiri Vispi dei suoi, e sei fottuto. » Ride ancora, poi si stringe nelle spalle. « Magari potresti venirci anche tu, con noi. Saremmo il trio delle meraviglie. » E sarebbe tutto molto meno imbarazzante. Non sa esattamente cosa le sia passato per la testa, quando lei e il rosso hanno concordato di andare insieme a quello stupido ballo, ma resta convinta che non sia stata una gran mossa, di sicuro non per quietare le voci sul loro due. Ma, alla fine, quando ci pensa troppo, si sforza di fregarsene, e lasciar perdere tutto. Non deve importarle quello che pensano gli altri.
    I suoi occhi scuri, per un attimo persi a vagare oltre le spalle della mora, sulle finestre fatiscenti della stanza - esattamente quelle da cui sono scappati via, quella notte - tornano sulla figura della Morgenstern. Un sorriso addolcito si distende sulle sue labbra. « Mi sei mancata, Tris » si ritrova a dire, prima di avvicinarsi a lei e stringerla in un abbraccio. La loro amicizia non è mai stata una di quelle piene di dimostrazioni d'affetto eloquenti, è vero, eppure ci sono momenti, come questo, in cui sente che esplicare certe cose sia importante. Almeno da parte sua. E poi la domanda fondamentale; perché l'ha sentito dire da tutti quanti, ma non ha saputo crederci completamente, non senza ricevere una risposta dalla diretta interessata. « Come stai? »
     
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    « Avrei dovuto portare una bottiglia di limoncello. Avrebbe reso tutto quanto più romantico. » Il limoncello. Quella bottiglia che aveva dato il via a una lunga scia di tradizioni nonché di momenti nostalgici. La prima l'avevano consumata su quella panchina, che Beatrice riesce a intravedere oltre il giardino di piante secche a non più di un centinaio di metri di distanza. Lei, Malia, Dean, Aidan e una canna. Ricordare quel quadro ha un sapore amaro. Una lunga scia di prime volte. Lì aveva fumato il suo primo spinello con una scia di prime volte. Aidan era stato il primo ragazzo per cui avesse provato un interesse che andasse al di là della semplice diffidenza, Dean era stato il suo primo bacio, Malia la prima persona con cui si fosse aperta sulla sua storia personale. Malia era stata anche la prima persona per cui aveva lasciato un pezzo di sé; la sua semplice esistenza le ha fatto capire che per lei c'era di più, che la sua missione si estendesse al di là dell'impugnare un coltello per infliggere dolore. Malia le ha insegnato il valore dell'amicizia e dell'altruismo, anche in quei momenti, sin troppi, in cui non sono andate d'accordo. « Forse è il caso di cambiare.. non so, riprofilarci su qualcosa da grandi. Tipo il vino, o lo scotch. » Le sorride appena, stringendosi nelle spalle. « Il mio alcolismo divagante ti ringrazia di essere venuta a mani vuote. Non sarebbe finita bene. » Ed era vero. Ormai Beatrice ci andava giù pesante. Un po' per conciliare il sonno, un po' per calmarsi, un po' per dimenticare, un po' per non pensare. E c'erano davvero tante, troppe cose a cui non voleva pensare. Preoccupazioni, tensioni, un nervosismo acuto che sembrava esploderle perennemente nel petto. Era una bomba a orologeria, e non c'era niente che potesse fare per fermare quanto si stesse attanagliando nel suo cuore. La osserva uscire dalla penombra con una certa curiosità. E' diversa, Malia, i segni del tempo si scagliano anche su di lei. I suoi capelli sono più lunghi, il volto più asciutto. Bastano pochi mesi per vedere dei cambiamenti. Ma forse, il punto è che ora Beatrice la vede davvero in modo diverso. I suoi occhi, vedono tutto in modo diverso, più dettagliato. Il discorso ricade subito su un argomento più tangibile, un terreno su cui, Tris sa che Malia ha un sacco di cose da dire. D'altronde, i balli, le feste, a lei sono sempre piaciute. Ricorda gli anni passati nella stessa stanza; lei non era mai granché eccitata all'idea di questa e quell'altra festa, di questa e quell'altra uscita. La Stone invece, riusciva a coinvolgerla che lo volesse o meno, e la trascinava sempre nei posti più disparati. Tutto sommato, Malia non ha mai mollato la presa su di lei, anche quando lei stessa l'aveva mollata. E a modo suo, la Morgenstern ha sempre cercato di ripagarla nell'unico modo che conoscesse: tenendola d'occhio. « Così sembra... Visto? Ormai EddyKing ci adora come fossimo i suoi stessi figli. » Scuote la testa e scoppia a ridere. Edmund Kingsley; al Ministero è elogiato come fosse Merlino sceso in terra. A Beatrice non è mai piaciuto. Sin da quando ha messo piede la prima volta in Sala Grande, l'ha trovato un uomo altamente detestabile. Se l'è legata al dito poi quel suo spodestarla della sua spilla. Quando l'aveva ricevuta, Beatrice ne era rimasta quasi quasi scioccata. Pensava che fare la Caposcuola non sarebbe mai stato un compito adatto a lei, eppure, piano piano aveva imparato che quel compito, più che un dovere, era una missione e così l'aveva abbracciata con tutta se stessa, nel bene e nel male. Non aveva mai usato quella spilla per i suoi comodi, non ne aveva mai abusato, e forse, per questo le aveva fatto così male doversene separare. « Quest'anno nessuno aveva voglia di essere il mio fortunato. Pare che porti sfiga. » Solleva un sopracciglio con fare alquanto scettica. Sam le ha raccontato qualche cosa sulle sue bravate, ma a dirla tutta, dubitava fortemente sull'oggettività del migliore amico sul conto della Stone. « Fregatene. La fortuna te la devi creare da sola. » E la Morgenstern di quell'argomento ne sapeva qualcosa. Del fatto che ciascun essere umano fosse padrone del suo destino ne era ormai certa. E così, non esistevano cose come la fortuna o la sfortuna. C'erano solo persone abbastanza coraggiose da prendersi quanto spettasse loro o meno. E lei, Tris, era abbastanza certa del fatto che Malia fosse abbastanza coraggiosa di crearsi la propria fortuna se solo lo avesse voluto. « Avevo intenzione di andare da sola, sai. Una sorta di feminist statement, o che so io. Ma poi il nuovo Caposcuola si è ritrovato da solo e sai com'è, non puoi dire di no a Freddie Weasley. Per fartela pagare ti infila nel tè qualche intruglio dei Tiri Vispi dei suoi, e sei fottuto. Magari potresti venirci anche tu, con noi. Saremmo il trio delle meraviglie. » Una situazione paradossale quella in cui è la Morgenstern in uno stato d'animo migliore della Stone prima di una festa. Decide di non fare alcun commento sul conto di lei e Freddie. Non vuole certo metterla con le spalle al muro; d'altronde se Sam era al corrente delle sue bravate, non doveva essere certo l'unico ed era sicura che molte male lingue a Hogwarts non dovevano averle resa facile quella situazione. Un tempo la stessa sorte era toccata a lei e Dean. All'improvviso era la sporca traditrice che aveva rubato da sotto il naso di mezza Hogwarts la testa di legno dei Grifondoro. Tris e Dean; strana accoppiata. Come avevano fatto a credere che tra loro ci potesse davvero essere qualcosa?
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    « Stai andando al ballo con il tuo Caposcuola, e hai intenzione di mantenere quel muso? Stone, sul serio siamo arrivati al punto in cui sono io a doverti insegnare come prendere le situazioni? » Fa una piccola pausa tempo in cui getta lo sguardo fuori dalla finestra. « Io ci sarò; ma non mi relegherai al ruolo di terzo incomodo. Ho già un accompagnatore. Anche se è possibile che ti rubi Weasley per un ballo; io e il tuo fortunato dobbiamo farci un discorsetto su come si gestisce Grifondoro. » Liquida il discorso con un veloce gesto della mano. Le dicerie sul conto del nuovo Caposcuola Grifondoro viaggiavano anche fuori da Hogwarts. Un po' perché Watson non poteva fare a meno di impicciarci ancora negli affari di Hogwarts come se fosse una questione di stato, un po' perché il suo migliore amico, era un pettegolo di prima categoria. In cuor suo, era divisa sull'elezione di Freddie. Da una parte sapeva che il rosso li avrebbe tenuti uniti nel buono e cattivo tempo, perché tutto sommato era un tipo coinvolgente, dal gran cuore, amichevole, disponibile nei confronti di tutti. Dall'altra tuttavia, era certo avesse bisogno di una spalla seria, qualcuno di abbastanza subdolo che potesse fronteggiare gli antagonismi delle altre casate. Tris nel suo piccolo era stata più il secondo tipo di Caposcuola, e l'unico motivo per cui era riuscita a tenere comunque insieme - più o meno - gli animi, era perché aveva avuto dalla sua persone come Moses appunto. Persone in grado di sdrammatizzare un po' la sua figura impostata, strappandole volente o nolente più di un sorriso e obbligandola a superare i suoi limiti ben ferrei più di una volta. Man mano che Malia si avvicina, Tris salta giù dal davanzale. « Mi sei mancata, Tris » E prima di accorgersene, eccola stringersi all'amica con una nota di affetto che era mancata loro negli anni precedenti. Tris era sempre stata fredda. La Tris-cacciatrice era spesso stata spietata, irriverente, indifferente all'altrui sorte. Questa Tris invece, è intrisa di sensazioni ed emozioni umane, che a tratti non riesce nemmeno a controllare. E' diversa, molto diversa. Si è finalmente scoperta. Ha finalmente iniziato a conoscersi, a capire chi è. E per la prima volta non se ne vergogna, e non sente più il bisogno di nasconderlo. « Anche tu.. davvero tanto. » E le era mancata davvero, soprattutto durante l'estate, durante quei momenti in cui aveva avuto la tentazione di comprare una bottiglia di superalcolico presentandosi sulla soglia di casa sua, per bere e sfogarsi fino al mattino. Non lo aveva fatto, per paura che qualcuno la controllasse. Non l'avrebbe stupita scoprire che Gecko la tenesse a tratti d'occhio. « Come stai? » Quella domanda, Malia l'ha fatta a Tris decine, forse centinaia di volte. E ogni volta, Tris ha risposta più o meno allo stesso modo. Sto bene. Mai un inflessione nella sua voce. Un po' perché non le è mai piaciuto lamentarsi e piangersi addosso, un po' perché pensava che tenere le persone fuori, fosse la cosa migliore per tutti. Questa volta, si scioglie dall'abbraccio, scivola lungo il muro sedendosi a terra, aspettando che la compagnia faccia altrettanto per poi scuotere la testa con aria sinceramente perplessa. « Come una che è cascata dal pero. » Ammette abbandonandosi all'idea che in realtà non ha la più pallida idea di cosa stia facendo. Di dove stia andando e di dove approderà. « Ti prego Malia, se ti vuoi almeno un po' bene, fatti bocciare e resta a Hogwarts per sempre, perché il mondo là fuori fa davvero schifo. Non avere fretta di imparare a fare la spesa, pagare le bollette e abituarti a impartire sorrisi falsi sul lavoro. » Era questa la sua vita ora come ora, e in quel momento getta quella verità lì, come se niente fosse o come se ne andasse della sua stessa vita. La verità è che si aspettava la sua vita fuori completamente diversa, e invece si era complicata più del dovuto. Sperava di tornare a Inverness e fare il suo, e invece si era ritrovata a vivere ammassata in un appartamento assieme a un coinquilino indesiderato e a lavorare dalla mattina alla sera per una causa in cui non credeva affatto. Resta per un po' in silenzio, tempo in cui il suo sguardo si perde nel vuoto. « Gli adulti sono molto peggio del dover trattare con Sua Altezza Reale Stocazzo. » Ammette rivolgendole un sorriso eloquente, riferendosi ovviamente a tutta quella miriade di loro compagni con cui si erano scontrate durante gli anni. Le mani di lei tremano appena; uno spasmo che a volte le capita quando è nervosa. Nasconde quel gesto impercettibile, affondandole nelle tasche del giubbotto, mentre stende d'istinto le gambe sul pavimento, appoggiando la testa contro il muro alle sue spalle. « Ne abbiamo già parlato, lo so.. » Quella sera nei sotterranei, del mondo là fuori ne avevano parlato. Ma le loro erano solo ipotesi. Qualcosa che non avevano ancora visto con i propri occhi. « ..ma è diverso.. vederlo. Provarlo. » Una smorfia di chiaro fastidio si distende sul suo volto. Odia vedere le cose in modo così negativo. Oltre il muro del Distretto dell'Oro c'è solo perdizione, deserto, morte ad ogni passo. Scuote la testa; ci sono sin troppe cose che non capisce, troppe cose cha sta sperimentando in questo periodo la cui collocazione precisa non riesce a trovare. Scuote quindi la testa cercando di slisciare sull'argomento passando ad altro. « In ogni caso, avevo solo voglia di vederti.. volevo farti sapere che.. quest'estate non eri sola. Non lo sei mai stata. » Esita per un secondo mentre un sorriso amaro si distende sul suo volto. C'è sempre stato qualcuno a tenerti d'occhio. Amici. « Ma non potevo venire in prima persona. » Perché il compito di scovare i fuggitivi era suo. E lei non ne aveva trovato nemmeno uno. Ufficialmente. « Non volevo che mi vedessi piombare in Sala Grande dopo mesi di silenzio senza sapere. » Anche perché, non avrebbe sopportato vedersi guardare in modo accusatorio da Malia. Non quella sera. Quella sera aveva bisogno di tutto fuorché di ulteriori preoccupazioni inutili. « Ancora un paio di settimane.. » Afferma infine in tono enigmatico e pensieroso. « ..e sarà tutto come ai vecchi tempi. » Una frase che poteva suggerire tutto e niente.


     
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