Il settimo

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    « Veni, vidi, vici. » È con queste parole che Nate Douglas annuncia il suo ritorno alla camera numero dodici del dormitorio maschile di Serpeverde, un sorriso soddisfatto a distendergli le labbra, tanto da mostrare una fila di denti bianchi, e gli occhi verde chiaro illuminati da una trepidazione che per lui è decisamente rara. Si chiude la porta della stanza alle spalle, prima di far roteare un paio di volte tra le dita la bacchetta sottile che stringe a mo' di trofeo, facendo attenzione a passarla in modo evidente sotto il naso di Tom. Se ne sta sdraiato sul proprio letto, il suo compagno di stanza, mentre sfoglia un libro con la sua solita aria annoiata le cui sfaccettature in questi anni Nate ha imparato a decifrare alla perfezione, e sulle prime pare non dargli troppa attenzione. Il moro sa perfettamente di essere ascoltato, e perfino osservato, di sottecchi, perché d'altro canto Thomas non è uno che si fa scappare certe cose: eppure gli riserva in ogni caso quell'atteggiamento che pare sempre poco interessato. Sorride, sereno, e mentre si avvicina a lui punta la bacchetta sulla bottiglia di Whiskey sul tavolo, e gli basta un movimento rapido del polso perché questa si sollevi leggermente da esso e versi un po' del proprio contenuto all'interno dei due bicchieri di vetro accanto. Ed è sempre la bacchetta tra le mani di Nate che li guida mentre fluttuano per la stanza, uno diretto tra le mani di Douglas e l'altro che si ritrova a fluttuare ordinatamente poco lontano dal viso di Montgomery. Nate solleva entrambe le sopracciglia, visibilmente estatico, per poi stringere tra i denti il labbro inferiore e lanciare la bacchetta dritta sullo stomaco del ragazzo, a mo' di aeroplanino di carta, sfruttandone l'aerodinamicità. Si butta a peso morto sul proprio letto, per poi prendere un sorso dal proprio bicchiere. « E non fare quella faccia, lo so che questo ti era mancato » intima all'amico, facendo un rapido cenno alla bottiglia, lontana da loro. Che fastidio, da quando erano state loro tolte le bacchette per l'uso non supervisionato da professori, doversi riabituare ad alzarsi dal proprio letto per prendere qualsiasi cosa. Versarsi da soli l'acqua. O usare un paio di forbici per tagliare le cose. Allacciarsi le scarpe. Perfino quegli atti stupidi a cui prima non facevano nemmeno caso avevano avuto modo di diventare difficoltosi, a tratti, senza l'uso delle bacchette. Ma adesso si cambia musica.
    « Allora? » gli chiede Tom, dopo qualche istante di silenzio, passato ad assaporare il gusto amaro del Whiskey sulla lingua.
    Nathan si stringe nelle spalle. « Allora ti rendi conto da solo che è andata bene » inarca le sopracciglia, per poi indicare la bacchetta che l'amico si sta rigirando tra le mani. « Salice, qualcosa come undici o dodici pollici. Piuma di fenice. È perfetta, direi. » Di norma, è difficile trovare Nathan James Douglas tanto esaltato per qualcosa; è uno che fa particolarmente attenzione a mascherare le proprie emozioni e a celare i suoi veri pensieri con gli altri, in modo da apparire sempre il più enigmatico possibile. Eppure oggi non sarebbe difficile leggere le emozioni che lo attraversano, e basta guardarlo in viso per capire cosa sta provando. Gioia, sollievo, e pura soddisfazione. Guarda quella bacchetta come la prima di una lunga serie di conquiste personali, e un'àncora di salvezza in mezzo ad un oceano di continue e sempre nuove difficoltà. Tom lo sa, e lo capisce, che quell'oggetto appena acquisito nell'ufficio del preside è molto di più che una comodità pratica per la loro consuetudine - rappresenta lo strumento fondamentale per andare avanti, quest'anno. Perché ci si può abituare a versarsi da soli il Whiskey, e ci si può anche fare la barba con il rasoio tra le mani, ma non si può pronunciare un Voto Infrangibile senza l'uso della bacchetta. Ed è per questo che, per quanto Nathan sia fin troppo bravo a dissimulare con chiunque, perfino Tom ha avuto modo di accorgersi di quella lieve nota di preoccupazione che gli colorava lo sguardo, questa mattina. Non che si aspettasse un rifiuto secco, da parte del preside - si è sempre dimostrato molto aperto, nei confronti suoi e degli altri ragazzi - ma l'apprensione per l'esito di una tale richiesta c'era comunque, nell'aria. E non solo perché senza una bacchetta loro e gli altri cinque non avrebbero proprio avuto modo di operare, quest'anno, ma perché questo colloquio rappresentava anche la sua prima mansione da Presidente. E, per quanto Nate potesse essere sicuro di sé, non è comunque riuscito a non riflettere sul fatto che cominciare fallendo non sarebbe stato esattamente di bell'auspicio. Il Clavis Aurea non se lo meriterebbe, non quest'anno: non quando ha bisogno di una guida solida e forte, un leader capace che sappia sfruttare al meglio le fasi di cambiamento, come quella che sta attraversando negli ultimi tempi la scuola.
    Non sono orme facili da calpestare, quelle di Percy Watson. Ha intenzione di provarci, di dare il meglio di sé per la causa, ma non trova remore nell'ammettere a sé stesso che sarà un compito difficile. Non pensa che sarà mai in grado di dimenticare quel pomeriggio di Giugno, in cui l'ex Caposcuola di Serpeverde gli ha passato la custodia della chiave. Un momento commovente, come lo è per tutti i presidenti uscenti del club, e lo è stato per entrambi non solo per l'occasione del passaggio di ruoli, ma più di tutto per quel forte legame d'amicizia che li univa, suggellato dalla comune appartenenza a qualcosa di così speciale. Percy è stato come un fratello per lui, negli ultimi anni: un amico fidato a cui chiedere consiglio nei momenti di dubbio, un esempio da poter seguire e un leader da ricordare senza dubbio. Quest'anno sarà dura, in sua assenza. Prende un altro sorso del proprio Whiskey, facendo ruotare con l'aiuto del pollice l'anello d'oro al proprio dito anulare, per poi carezzare distrattamente il rilievo a forma di chiave in cima ad esso. « Kingsley è stato proprio un pasticcino alla crema » dice, un sorriso quasi di scherno che nasce sulle sue labbra piene. Certo, adesso ride, il giovane Douglas. Prima di fare il suo ingresso nell'ufficio del Preside, avrebbe volentieri scambiato il possesso della chiave e la posizione di Presidente con qualcun altro, se questo fosse significato liberarsi dal macigno dell'incombenza di dover essere lui, a fare quella richiesta così fuori dal comune. Comunque sia, tutte divagazioni mentali, le sue: una parte di lui sapeva con certezza che il direttore della Scuola di Magia non avrebbe potuto mai rifiutare la sua domanda, che, in fin dei conti, per quanto richiedesse un'eccezione davvero straordinaria rispetto al nuovo regolamento del castello, era piuttosto ragionevole. « Non che avesse particolare scelta, è ovvio. » Non se ci tiene alla sua pelle. Anche Edmund Kingsley, ai suoi tempi, è stato detentore della Chiave, e il segno di quell'anello dorato l'avrebbe portato per sempre sulle dita, volente o nolente. « Giuri di non ostacolare mai i tuoi compagni... » sussurra, sovrappensiero, ripetendo una parte di quel patto eterno a cui tutti loro erano stati costretti a rispondere, al momento dell'iniziazione, lo stesso che, in un certo senso, ha legato le mani a Kingsley questo pomeriggio. Ha imparato tutta la formula a memoria l'anno scorso, quando ha pronunciato l'incantesimo per l'ultimo arrivato, in qualità di Vice Presidente. Quest'anno, in quanto primo membro della Confraternita, avrà l'onore e l'onere di stringere la mano del settimo membro ancora da designare. E sarà Tom a pronunciare quelle parole.
    « Cerca di non arrivare impreparato » si ritrova a dire, quegli ultimi pensieri che gli ricordano un paio di questioni più importanti. Si allunga sul comodino e afferra un foglio di carta piegato ordinatamente, per poi passarglielo. All'interno c'è l'intera formula del Voto dell'Iniziazione, che lui dovrà pronunciare. « Sono serio, Tom. Non mi va di fare figuracce. Non quest'anno. » Non è mai stato davvero necessario fare una richiesta formale. Di per sé Nathan ha sempre ritenuto scontato, sin dal momento in cui Percy l'ha designato come proprio successore, il fatto che Tom sarebbe stato il suo braccio destro in quell'avventura. Hanno condiviso molto negli anni, loro due: i giochi, le ragazze, i libri, le riflessioni. Il Clavis. Sono entrati insieme che erano poco più che adolescenti, e hanno sempre vissuto quest'esperienza come il sublimarsi della loro amicizia. E Thomas sa perfettamente che quest'anno non saranno un Presidente ed un Vice, ma due leader ad armi pari. Perché all'interno di quel posto sono tante le persone che Nathan stima e reputa meritevoli, ma probabilmente soltanto uno potrà mai essere considerato come suo eguale, ai suoi occhi; perché hanno cominciato insieme e la finiranno insieme, questa cosa, portando sempre più in alto il nome di quelli che li hanno preceduti, e ricavandosi anche uno spazio per i loro. E quest'anno sarà il loro anno.
    C'è solo un piccolo, insignificante, impasse, per il momento... « Oh, Kingsley mi ha dato anche questo. È arrivato da Londra questa mattina. » Nel parlare fruga all'interno della tasca dei pantaloni scuri, per poi estrarre un anello dorato, esattamente uguale a quelli che entrambi indossano, e alzarlo sotto lo sguardo attento del compagno. Ne osserva la fattura delicata, le rifiniture particolari, come se fosse un oggetto mai visto fino ad ora. Direttamente dalla migliore oreficeria magica della Gran Bretagna, pronto ad infilarsi al dito del più fortunato. Pronto a farli ritornare tutti e sei alla loro casa accogliente. E a dare il benvenuto ad un settimo favorito. « Ho un nome per te » dice il ragazzo, prima di mandar giù l'ultimo sorso di Whiskey rimasto all'interno del bicchiere, e poi depositarlo con poca cura sul proprio comodino. « Ma non ti piacerà. » Punta l'indice verso Tom, prima di stringere le labbra in una smorfia poco convinta. Lui non è per nulla sicuro di quello che sta per dire ma, al momento, gli sembra l'unica opzione plausibile. Allunga le gambe sul letto, incrociandole l'una sull'altra, per poi sospirare profondamente, proprio come prima di uno strappo molto doloroso. « Zeppelin Trembley. »


    Edited by everybody lies. - 30/9/2017, 00:34
     
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    Thomas giocherellava annoiato con la sua solita biglia. Se la passava tra le dita, sulle nocche, poi la lasciava scivolare sul palmo della mano e, rapido, prima che cadesse, la rigirava in modo che gli scorresse sul dorso. E di nuovo, ricominciava le acrobazie tra le dita. Lo faceva con aria distratta, assorta, stravaccato sul letto, mentre con l'altra mano sfogliava le pagine del libro di Erbologia che continuava ad ostinarsi a voler provare a capire, perché non è proprio possibile che lui non avesse la più pallida idea di che cosa si stesse parlando durante le ore di lezione. Era annoiato, vagamente intorpidito dalla piattezza di un pomeriggio passato a non fare molto per colpa del clima piovoso. Sbadigliò mentre si stiracchiava, allungando le gambe sul letto; proprio mentre stava per gettare la spugna e abbandonarsi alle braccia di Morfeo per un riposino pomeridiano, la voce squillante del suo migliore amico lo riportò tra i vivi gli svegli. «Veni, vidi, vici «Che?!» Fu il verso che emise Tom, la fronte corrucciata e gli occhi ancora socchiusi. Si voltò lentamente, l'energia dell'amico che lo travolse tanto da costringerlo a tirarsi su e prestare attenzione a quello che aveva da dirgli. Faticava a tenere gli occhi completamente aperti, per cui iniziò ad aprirne uno, poi l'altro, con il risultato di parere un completo imbecille, e quindi non troppo diverso da come appariva il resto del tempo. Riuscì a leggere un'espressione gongolante sul volto di Nate. Non ricordava neanche dove fosse andato, se doveva dirla tutta, ma subito gli tornò tutto alla mente quando, tra le dita di Nate, riuscì ad individuare la sagoma sottile e allungata di una bacchetta. «Ah, però.» Si stropicciò gli occhi con il pugno della mano, spazzando via il sonno che aveva incombuto su di lui per tutto il pomeriggio. L'amico, col suo solito modo di fare, agitò con sicurezza la bacchetta, sollevando così la bottiglia di Whiskey e versandone un po' nei bicchieri, poco distanti da loro, fino ad avvicinargli il suo al viso, le sopracciglia sollevate a dargli un'area assolutamente deliziata. Thomas roteò gli occhi al cielo, sbuffando e scuotendo il capo impercettibilmente per l'entusiasmo così puerile del compagno, sebbene doveva ammettere che fosse proprio comodo riavere accesso ad una bacchetta. Afferrò il suo bicchiere, anche se non aveva troppa voglia di bere, giusto per brindare alla vincita del compagno, e del Clavis. «E non fare quella faccia, lo so che questo ti era mancato». Non era uno che dà soddisfazioni, Thomas, e quindi rivolse all'amico un'espressione poco entusiasta, stringendosi nelle spalle e incurvando le labbra. «Sarà...» mosse il bicchiere in cerchio, quindi fece un sorso. In tutta risposta, l'amico gli lanciò addosso la bacchetta, che lo colpì con la punta dritta nel fianco. La prese tra le dita, finalmente sentendosi libero di stringerne una al di fuori delle ore di lezione. Doveva ammettere che non fosse niente male, e fu abbastanza soddisfatto nel constatare che Kingsley li aveva forniti di una bacchetta di tutto rispetto. «Allora?» fece poi, interessato più che altro all'incontro con Kingsley che alla prospettiva di utilizzare la bacchetta per versarsi del Whiskey incendiario – anche se, che comodità non doversi alzare più. «Allora, ti rendi conto da solo che è andata bene. Salice, qualcosa come undici o dodici pollici. Piuma di fenice. È perfetta, direi.» Annuì a labbra strette, prendendo a far levitare il libro che aveva lasciato sul comodino, compiacendosi della facilità con la quale questa rispondeva. «Già, sembra buona. Menomale: temevo che Kingsley ci avrebbe propinato una bacchetta di seconda classe, mezza rotta e avvolta dallo scotch. Del resto, non era obbligato a dartene una di qualità.» Aggiunse, porgendola all'amico. «Kingsley è stato proprio un pasticcino alla crema. Non che avesse particolare scelta, è ovvio. Giuri di non ostacolare mai i tuoi compagni...» «...E di non voltare mai le spalle al club. Mi fa piacere» Finì Tom, che ormai quel voto l'aveva imparato a memoria. Toccava a lui quest'anno, e, contro ogni aspettativa, non stava prendendo la cosa sottogamba. Ci si era messo d'impegno per non fare figuracce, più perché sapeva che Nate prendeva la cosa veramente troppo sul serio per lasciarglielo fare, che perché veramente interessato. Cioè, non è che se ne fregasse della questione come faceva normalmente: gli importava eccome, solo che se normalmente si sarebbe messo lì a ripetere il voto la sera prima dell'iniziazione, stavolta si era preso la briga di cominciare in anticipo. «Cerca di non arrivare impreparato.» Tom era certo che l'amico avesse la capacità di leggergli nella mente. Lo guardò mimando un'espressione confusa. «Impreparato per cosa? I M.A.G.O non ci saranno fino alla fine dell'anno, non è un po' presto per preoccuparsi, mamma?» Nate non parve divertito: si allungò per porgli il foglietto su cui era scritto il Voto che avrebbe dovuto pronunciare. Lui l'afferrò con l'indice e il medio, continuando la pantomima. «Che cos'è? La giustifica per non aver fatto i compiti?» A Thomas divertiva da morire prendere in giro l'amico per la sua eccessiva (a suo parere) serietà, in questo genere di cose. Quando si trattava del Clavis c'era poco su cui scherzare, per lui, mentre al contrario per Montgomery non c'era un solo tema esistente su cui non poter ironizzare. «Sono serio, Tom. Non mi va di fare figuracce. Non quest'anno L'anno in cui Nate Douglas sarebbe diventato presidente, finalmente, del Clavis Aurea. Ovviamente lui ridacchiò, trovando l'austerità dell'amico troppo esilarante. «Ti ho visto così serio solo la sera in cui hai rotto con la biondina di Tassorosso... Stai tranquillo, oh.» Lo guardò serio, stavolta, premurandosi che fosse chiaro il fatto che lui si stava impegnando. «Non va neanche a me di mandare tutto a puttane, lo sai». Ripensò spontaneamente a quella promessa sul molo, a quella sigaretta che aveva suggellato un giuramento che, adesso, stava finalmente diventando realtà. Sapeva che il suo entusiasmo non si avvicinava a quello dell'amico, ma riusciva a sentirsi ancora più fiero sapendo che dov'erano arrivari era esattamente dove si erano ripromessi di giungere. Presidente e Vice Presidente del Clavis Aurea, una posizione che sarebbe stata ricordata per sempre dai loro successori. Non si soffermava troppo a pensarci, lui, perché non tanto ci teneva, a ricoprire cariche importanti, e perché, in fondo, lo spaventava l'idea. Ed era consapevole che per l'amico fosse lo stesso.
    «Oh, Kingsley mi ha dato anche questo. È arrivato da Londra questa mattina.» Le dita di Nate estrassero un familiare anello dorato dalla tasca dei pantaloni. Appena gli occhi di Tom riconobbero l'oggetto, un sorriso impercettibile gli comparve sul viso, alzando un lato della bocca. «Dà qua». Non che gli fosse sconosciuto, dal momento che ne possedeva uno identico. Ma nel vederne uno completamente nuovo c'era qualcosa di affascinante, e lo stesso era per il suo amico, che prima di lui ne aveva ammirato la finitura. Una sensazione di eccitazione quiescente gli montò dentro al rendersi conto che tutto stava per succedere. Fu breve, comunque, ma ci fu. Che non si dica che Thomas se ne fotte del Clavis. «Ho un nome per te. Ma non ti piacerà» «Mi stupirei. In genere quello difficile su queste cose sei tu... Spara.» Ed era vero, a Thomas cose di questo tipo scivolavano addosso; allo stesso tempo, però, era consapevole del fatto che non tutti potessero entrare indistintamente, e dal momento che fare il classista gli dava ai nervi come poche altre cose, lui ne faceva un discorso di affinità di interessi: alcuni ragazzi a scuola semplicemente non erano interessati al genere di cose che facevano loro, e gli altri sostanzialmente avevano poca spina dorsale e poco spirito d'iniziativa. Un minimo il ragazzo doveva piacergli, e lui non era un tipo che andava d'accordo proprio con tutti. Tutt'al più alcune volte le proposte passate non gli erano piaciute perché troppo snob, troppo persino per il Clavis, dove senza dubbio ci voleva un certo grado di egocentrismo e spocchia, ma non solo quello. «Zeppelin Trembley» Thomas incontrò lo sguardo di Nate, visibilmente sorpreso. Mai si sarebbe aspettato un nome del genere abbinato a quello del club. «Stai scherzando?! Come ti è venuto in mente lui?» Fu la risposta automatica di Thomas, non tanto perché non gli piacesse lui di per sé, ma perché faticava a capire come un Caposcuola senza una lira, per giunta di Corvonero, potesse essere parte di un club composto da giovani membri dell'alta borghesia inglese dediti all'infrazione di quelle stesse regole che un Caposcuola avrebbe dovuto cercare di far rispettare. «Non fraintendermi, non lo conosco neanche, il tipo. Al massimo ci avrò parlato una volta, tipo qualche mese fa, perché gli finii addosso e la cosa non gli piacque troppo.. Dovevo averlo preso in un giorno no, mi sa...»

    Ma si può dire incombuto?! Chissà...
     
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