Vertigine

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    I muri hanno occhi e orecchie. Se c'è una lezione importante che Malia sente di aver imparato, in queste prime settimane di scuola, è proprio questa. Che non c'è niente che si possa fare, o dire, all'interno di Hogwarts, che si possa credere di poter nascondere a lungo agli altri abitanti del castello, non in un posto popolato da fantasmi evanescenti che si aggirano ovunque e vedono qualunque cosa, o in cui sono appesi alle pareti degli occhi attenti e delle labbra pettegole. Vorrebbe davvero essere stata in grado di ricordarlo a se stessa neanche due settimane fa quando, in preda alle gioie dei festeggiamenti del nuovo Caposcuola e all'ebrezza dell'alcol, si è infilata nel bagno dei Prefetti con Fred al seguito, chiudendosi dietro la porta a chiave ed eliminando qualunque tipo di dubbio avrebbe potuto esserci sulla questione da parte di un occhio esterno.
    Non è andata come avrebbero voluto. La mattina dopo, ancora in preda ai postumi della sbornia colossale che li ha travolti, e imbarazzati come non mai di fronte ai ricordi frammentati e confusi della notte precedente, non sono stati quasi in grado di guardarsi in faccia per la vergogna. « È tutto a posto, non lo saprà nessuno » si sono detti per tranquillizzarsi a vicenda. « Basta dimenticarcene e non è mai successo nulla ». Ma Hogwarts non dimentica, non questo genere di cose, e infatti è bastato che trascorressero solo un paio di giorni prima che i due Grifondoro, insieme alla loro bravata, diventassero l'argomento sulle bocche di tutti. Non è stata per niente una bella batosta, per la giovane Stone. E non si tratta solo della forma così infima che hanno assunto queste manifestazioni di spionaggio anonimo, biglietti crudeli affissi per sempre su una bacheca alla mercé di tutta la scuola; non si tratta nemmeno di sentirsi additata in giro come quella che ha fregato il ragazzo alla Carrow; ma, a indisporla sul serio, è quella prepotente invasione della privacy, di qualcosa che avrebbe preferito mantenere segreto anche ai propri amici più cari, e dimenticare il più presto possibile. E invece questa notizia succulenta non fa che perseguitarla in ogni angolo della scuola, per i corridoi, in biblioteca, a cena, a lezione e in sala comune; e anche quando magari nessuno sembra rivolgerle attenzioni, si sente comunque osservata da qualcuno, quasi per abitudine ormai. È frustrante, perché se con Fred l'imbarazzo cominciava a svanire, si sono presto aggiunti gli sguardi insistenti dei compagni ad accompagnare ogni loro movimento, ogni minima occhiata e casuale sfiorarsi, come se all'improvviso tutti avessero voglia di accertarsi sul tipo di relazione che li lega. E poi c'è l'imbarazzo con Hugo e Albus, e Olympia, e in generale con tutto il resto dei Potter-Weasley, che i due Grifondoro avrebbero volentieri evitato. Malia, che è cresciuta con un padre single, si è sempre sentita parte integrante di quella grande famiglia, così magica e così speciale ai suoi occhi, e l'ultima cosa che avrebbe desiderato era proprio questo genere di situazione. Ha cominciato a ripetersi che non deve farci troppo caso, ma piuttosto comportarsi come ha sempre fatto, come se non fosse successo mai nulla, e allora anche gli altri riprenderanno a fare lo stesso.
    Aveva voglia di sfogarsi, oggi. Tutte queste continue attenzioni e questo gossip l'hanno davvero stancata, e sentiva il bisogno di allontanarsi dalle mura asfissianti del castello anche solo per un po', questo pomeriggio. E quando si parla di passare del tempo all'aria aperta, la parola Quidditch sembra formarsi in modo automatico nella sua testa, perché è proprio l'unica cosa che riesce a pensare di fare in questi momenti di nullafacenza. Le sarebbe volentieri andato di improvvisare una partita semplice o un allenamento con un amico, facendo dei semplici passaggi di pluffa, ma anche designare un compagno è diventato difficile. Con Freddie le cose sono ancora un po' strane, e non le è sembrato il caso di alimentare le malelingue invitandolo a passare un pomeriggio da soli; Sam ad una proposta del genere le avrebbe riso in faccia e fatto sicuramente l'offeso, e Hugo aveva troppo da studiare per mettersi a svolazzare con lei al campo. In procinto di rinunciare del tutto all'idea, è stata però colpita da un'illuminazione improvvisa, che le ha riportato alla mente una promessa fatta prima ancora che la scuola iniziasse, appena un mese prima. Le è parsa dunque l'occasione perfetta per sfruttare la sua buona volontà, il campo libero ed il tempo particolarmente clemente, così da insegnare finalmente ad Albus Severus Potter, dopo la bellezza di sei o sette anni trascorsi ad Hogwarts, com'è che si sta su una scopa. Le viene da ridere, se pensa ad i geni dell'amico: è figlio di uno dei più giovani cercatori della squadra di Quidditch di Grifondoro e di un'ex giocatrice delle Holiday Harpies; i campioni delle varie squadre della scuola (soprattutto Grifondoro), all'interno della sua famiglia, sono troppi anche solo per essere contati, e lui... lui soffre di vertigini. C'è da dire, però, che Albus è sempre stato capace di distanziarsi in tutto dalla sua famiglia, e quindi sarebbe quasi risultato strano se anche lui, come tutti gli altri, fosse stato naturalmente portato per il Quidditch. Che poi, pensa la mora tra sé e sé mentre si dirige verso lo stanzino delle scope per recuperarne due tra le più vecchiotte (per la cui eventuale rottura Sam non bestemmierebbe), quello del Serpeverde non è altro che un impasse di tipo mentale: è di certo un tipo agile, slanciato, dalla corporatura perfetta per sfrecciare in campo tra bolidi, pluffa e boccino. E chissà, forse, se riuscirà mai a superare questa sua paura, potrà anche essere in grado di sfidarsi con lei ad armi pari, magari nella divisa della squadra della sua casata.
    « Alla buon'ora! » Saluta il compagno con un sorriso, mentre lo vede fare il proprio ingresso all'interno del campo di Quidditch, a metri di distanza. Quando è abbastanza vicino, da bravo orso abbraccioso e molestatore quale solo la Stone sa essere, si aggrappa al collo di lui per lasciargli un bacio prepotente e un po' bavoso sulla guancia, forse più per il piacere di infastidirlo con le sue smancerie che per l'effettivo bisogno di trasmettere affetto. « Cominciavo a pensare che il mio gufo avesse deciso di ribellarsi e non farti arrivare il mio messaggio » scherza, anche se nella sua mente aveva già cominciato a giustificare quel leggero ritardo del compagno con un cambiamento improvviso di idee; in quel caso, aveva già progettato di andare a recuperarlo nella sua stanza e trascinarlo di peso fino al campo - perché no, i buoni propositi per l'anno nuovo non possono essere abbandonati in questo modo. Recupera una delle due scope da terra, e la porge all'amico, in un gesto che pare quasi solenne. « Albus, questa è una scopa. Scopa, questo è Albus. Siate clementi l'uno con l'altro, e vedrete che tutto andrà per il meglio. » Ride, per poi sollevare lo sguardo sul compagno, visibilmente emozionata al solo pensiero di finalmente essere riuscita a convincerlo a prendere in mano un manico di scopa. « Vedrai che quando avrò finito con te sarai pronto per la squadra di Serpeverde e il campionato della scuola. Farai impazzire tutte le ragazze. Specie quella stangona bionda che ti porti al ballo » e queste parole non possono che essere accompagnate da un pugno amichevole sulla spalla, giusto per complimentarsi dell'ultima conquista. Normalmente non avrebbe saputo nulla sugli interessi dell'amico, considerata la sua riservatezza, ma ultimamente i corridoi di Hogwarts sembrano far propagare sempre più rapidamente le notizie riguardanti le relazioni tra studenti. « Quindi ecco, i primi passi sono facili e dovresti saperli. Sei in grado di prendere una scopa da terra? Sai, tutta quella cosa del dire SU e sperare che non ti colpisca il naso o i gioielli - cosa che, tra l'altro, è capitata a Fred recentemente. Dovevi esserci Albie, ha urlato come una femmina... uno spettacolo da non dimenticare. »


    Edited by chärlie - 1/10/2017, 19:37
     
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    Albus e il gossip: due rette parallele. Al giovane Potter non era mai piaciuto dare ascolto alle chiacchiere, tanto meno sfornarne di proprie o farne un argomento di conversazione. Quando era venuta fuori la storia dell'infame bacheca, lui non aveva fatto altro che comportarsi al suo solito: con noncuranza. Qualunque cosa vi venisse scritta, per lui non sarebbe mai stata automaticamente vera. E no, non era il tipo di persona che dice 'a me non interessa' e poi nel profondo ci si martella l'anima comunque. A lui non interessava per il semplice fatto che era stato abituato a quel genere di cose sin da quando era bambino. Essere figli di Harry Potter ha un suo peso, e in esso è compreso il sentirsi fin troppo spesso al centro dell'attenzione. Ricorda ancora con chiarezza il suo primo incontro ravvicinato con quel genere di cose: si trattava di una gita di famiglia. Lui, Evie, Olympia, Harry e Ginny erano andati una giornata al mare. La cosa più semplice e comune che potesse esistere. Tuttavia non avevano fatto in tempo a montare l'ombrellone in spiaggia che il distinto rumore della prima macchinetta lo aveva distratto. Poi era arrivato il secondo, e il terzo, e il quarto e così via. Si tuffava tra le onde, e qualcuno lo documentava. Costruiva un castello di sabbia, e una foto veniva scattata. Si riunivano attorno al tavolo del ristorante per pranzare, ed ecco subito un servizio fotografico degno di nota. Avrà avuto sì e no cinque anni, e ricorda ancora distintamente quanto si fosse sentito a disagio. Ogni azione, persino la più semplice, gli sembrava meccanica, artificiosa, poiché era cosciente di essere osservato. Che poi non ci fosse nulla di strano in ciò che stavano facendo, questo era un altro paio di maniche, ma man mano che la giornata continuava, lui non poteva fare a meno di sentire come se effettivamente tutto ciò che facevano fosse un po' strano. Poi c'erano tutte le persone che si avvicinavano a suo padre per chiedergli un autografo, per stringergli la mano, per farci una foto assieme. Nessuno ci crede quando Albus dice che quella fu una delle esperienze più segnanti della sua vita, ma è così. Ogni passo di Albus è sempre stato ampiamente documentato, quasi la sua vita fosse notizia importante per la nazione - e no, non è abbastanza egocentrico da credere che sia davvero così. Quando era finito al riformatorio, poi, la tempesta mediatica era stata di proporzioni mastodontiche. Tutto ciò per dire che Albus sapeva benissimo cosa significasse vedersi la vita spiattellata sotto agli occhi di tutti: coscientemente si sa di non aver fatto nulla di male o di così importante, ma a livello inconscio si comincia inevitabilmente a pensare che forse la cosa migliore sia semplicemente non fare nulla..non dire, non fare, non essere, non esistere.
    Quando aveva letto i pettegolezzi riguardo a Fred e Malia, inizialmente aveva deciso di lasciar perdere. Poi erano stati confermati, e qualcosa era cambiato. O meglio, non era cambiato nulla, ma era cambiato il suo atteggiamento a riguardo. Albus, infatti, aveva sempre tenuto la maggior distanza possibile dalle conquiste del cugino: non voleva mai creare situazioni spiacevoli, non voleva mai sentirsi come il tramite per Fred, e soprattutto era sempre stato piuttosto fermo sul difendere il Grifondoro a spada tratta anche quando era nel torto più marcio. Venire a conoscenza di una cosa del genere, riguardante una persone che a lui era già molto vicina, non era stato un colpo facile da digerire. Aveva avuto bisogno di qualche giorno per analizzare la situazione, per studiare il modo in cui Fred e Malia si comportavano tra loro, e solo quando aveva visto che la tensione amorosa sembrava essere lontana anni luce, solo allora aveva cominciate a farsi pian piano più vicino. Strike uno, Fred, questa volta ti è andata bene. E così, quando aveva ricevuto l'invito di Malia a onorare la sua promessa al campo da Quidditch, aveva deciso di accettarlo.
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    "Alla buon'ora!" alzò una mano, un po' a salutarla, un po' a pararsi gli occhi dal sole che gli batteva in faccia. "Cominciavo a pensare che il mio gufo avesse deciso di ribellarsi e non farti arrivare il mio messaggio." Ridacchiò, poggiando la pesante tracolla piena di libri a un'estremità del campo, mentre il primo brivido di paura cominciava a scorrergli lungo la schiena. L'ultima volta che era stato al campo da quidditch, qualche settimana prima, un gruppo di ragazzi aveva ben pensato di provare a estorcergli informazioni sulle scampagnate estive di sua sorella facendolo penzolare da uno spalto e riempiendolo di botte. Dopo quell'episodio, la sua fobia era peggiorata ulteriormente, ma aveva preferito non condividerlo con Malia per non allarmarla inutilmente e non aggiungere carne sul fuoco dei problemi che lei già aveva di suo. Si avvicinò dunque alla ragazza, cercando di non guardare troppo in alto per non percepire la profondità del luogo. "Albus, questa è una scopa. Scopa, questo è Albus. Siate clementi l'uno con l'altro, e vedrete che tutto andrà per il meglio." ridacchiò nervosamente, osservando il vecchio manico che lei aveva predisposto per lui. "Vedrai che quando avrò finito con te sarai pronto per la squadra di Serpeverde e il campionato della scuola. Farai impazzire tutte le ragazze. Specie quella stangona bionda che ti porti al ballo." Alzò un sopracciglio, ironico. "Mi offendi. Mi stai dicendo che non le faccio già impazzire con la mia fama di poeta maledetto?" e dicendo ciò si passò enfaticamente una mano tra i capelli, facendo ondeggiare il ciuffo ribelle all'aria. "Quindi ecco, i primi passi sono facili e dovresti saperli. Sei in grado di prendere una scopa da terra? Sai, tutta quella cosa del dire SU e sperare che non ti colpisca il naso o i gioielli - cosa che, tra l'altro, è capitata a Fred recentemente. Dovevi esserci Albie, ha urlato come una femmina... uno spettacolo da non dimenticare." Un'altra risata nervosa gli risalì su per la gola al sentir parlare di Fred..e dei suoi gioielli..dalla sua migliore amica..che quei gioielli li aveva visti e..No, non ci voglio pensare. Aaaah che immagine brutta! Cercò di reprimere una smorfia di disgusto all'idea. Certo, pure lui li aveva visti i gioielli di Fred, ma per altre ragioni, non per...farci cose. "Scusa scusa, normalmente sarebbe uno dei miei argomenti preferiti ma possiamo, per piacere..non parlare dei gioielli di Fred?" chiese, con un evidente disagio dipinto in volto. "Sto davvero cercando di evitare l'immagine di, beh, le cose che avete fatto, ecco. Non che siano sbagliate, sia chiaro. Solo che..mi capisci, no? E' ancora un po' strano, soprattutto quando mi trovo insieme ad entrambi." Sospirò, nella speranza che la Grifondoro non prendesse quelle parole come un'offesa, dato che non lo erano. E così, per distrarsi, cominciò a cercare di tirare su la scopa, attento a tenere il viso il più lontano possibile dall'eventualità di essere colpito. No, ok, devo saperlo. Un altro sospiro, questa volta più deciso. Alzò lo sguardo verso Malia. "Premetto che hai tutte le ragioni per mandarmi affanculo e dirmi che non sono affari miei, ma devo chiedertelo: a parte quello che è successo, c'è qualcosa tra te e Fred? Davvero, non è un'accusa ne' nulla..voglio solo capire come devo comportarmi."
     
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