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  1. fluorescent (adolescent)
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    Spiazzato. Nonostante il sorriso brillante e i modi convinti diano tutt'altra impressione, nella sua mente sembra insinuarsi il dubbio, qualcosa che non è mai stato di suo gradimento. E cosa che gli piace ancor meno è l'evento che ha scatenato nella sua mente lucida quell'incertezza che non gli appartiene, che è a lui estranea. Aliena. Il ballo.
    Squillo di trombe, luci soffuse, stoffe pregiate e l'egocentrismo del branco di adolescenti che popola le infinite stanze di quel castello. Non è qualcosa che lo entusiasma particolarmente, lui che ha sempre amato far festa. Pare piuttosto infastidito al pensiero di doversi mettere addosso uno smoking e indossare il suo miglior sorriso. Ma non sa mentire a se stesso. Sa che il suo stato d'animo non è altro che l'inevitabile conseguenza dell'infrangersi dei suoi sogni di gloria, e probabilmente di una parte del suo giovane cuore ego. Perché, ecco che spunta dai meandri della sua mente schematica e ordinata, come un regalo inaspettato e tutt'altro che gradito, il fatto che qualcuno lo abbia battuto sul tempo. Altair sarà veloce e affilato nel metter insieme parole e ragionamenti, ma con le azioni risulta sempre eccessivamente misurato, lento. E non si tratta di pigrizia e nemmeno di autocontrollo, il suo è un romantico vaneggiare che lo porta a ponderare con estrema cautela le proprie scelte. Ad Altair non piace bruciare le tappe, è piuttosto un coltivatore di virtù e amicizie. Raccoglie ciò che semina, con estrema calma e placidità. Ma questa volta non sembra aver considerato il contesto e i contendenti. Perciò, il più giovane dei Malfoy, con la sua chioma platinata e il fare da strafottente è rimasto fregato. Non ci aveva nemmeno pensato troppo al ballo, perché aveva dato per scontato alcune cose che scontate non erano affatto. Aveva seminato sentimenti, eppure non gli erano sembrati abbastanza. Forse non era stato convincente, magari lei aveva bluffato. Magari non hai fatto abbastanza. Ma per quanto si ritenesse ferito dal fatto che Eris avesse accettato senza troppe remore l'invito di Douglas - che il corvonero aveva preso davvero poco in simpatia - Altair non poteva smettere di nutrire per la ragazza gli stessi sentimenti che l'avevano spinto ad aprirsi con lei come mai aveva fatto in tutta la sua giovanissima vita. L'avrebbe superato. Presto o tardi ci sarebbe passato sopra. Certo, il desiderio di marcare il territorio era stato forte, di incazzarsi con lei e di mettere in scena una della sue melodrammatiche scenette era stata una tentazione micidiale, ma si era trattenuto. E aveva pensato al miglior modo per superare quel vuoto. Riempire l'assenza con una nuova presenza.
    Non aveva preso molto sul serio il ballo, questo è vero, ma per nessuna ragione al mondo ci sarebbe andato da solo. Un po' perché una o due ragazze avevano provato spudoratamente a fargli la corte e a rifilargli un invito, un po' perché privare qualche fortunata damigella della sua straordinaria presenza sarebbe stata un'eresia bella e buona. Inutile dire che, per quanto lusingato si fosse mostrato, aveva declinato elegantemente gli inviti. Non erano tutte così male quelle che si erano offerte di accompagnarlo. Se le era immaginate, agghindate a dovere qualcuna di loro sarebbe diventata anche carina, non tanto da oscurare Eris. Perciò si era messo alla ricerca, aveva stilato liste. Aveva addirittura chiesto aiuto. «Però la Duval è proprio bona.» si era azzardato a dire quella mattina Doyle, ma lo sguardo di Altair gli aveva fatto andare quasi di traverso la brioche alla crema che aveva addentato. « Non deve essere solo bella, coglione.» gli aveva risposto Malfoy, scorrendo lo sguardo sulle lunghe tavolate della Sala Grande. Alcune delle sue compagne erano davvero belle, doveva ammetterlo, probabilmente su dieci di loro solo quattro avevano ancora i baffi e le sopracciglia tanto vicine da sembrare una cattiva copia di Frida Kahlo. Ma la bellezza, per quanto di assoluta importanza, non era l'unica cosa che gli andasse di trovare nella sua accompagnatrice. Non che fosse intenzionato a passare con lei il resto della vita, sia chiaro. Di impegni a lungo termine la sua esistenza ne era assolutamente piena. Ma avrebbe preferito di gran lunga passare la sera del ballo con qualcuno in grado di conversare e scherzare invece che passare intere ore a vederla cinguettare e cercare di rimirare la propria immagine in una qualsiasi superficie riflettente. Vanesio com'era avrebbe considerato il gesto una grande offesa. Perciò ne aveva scartate tante: la biondissima Willow di grifondoro, probabilmente le gambe più lunghe di tutto il castello; l'esotica Kayla, con i suoi occhi scuri e caldi. La lista sembrava infinita e aveva quasi perso le speranze quando finalmente il suo amico, probabilmente per la prima volta nella sua intera vita, parlò senza dire stronzate. «Ho io il nome giusto» Lo sguardo di Altair aveva lasciato trasparire la sua totale sfiducia nel soggetto, ma gli occhi di Doyle sembravano essersi illuminati di una strana luce, forse dopotutto di tanto in tanto sembrava essere davvero un figlio di corvonero.
    « Fawn Byrne» un nome non estraneo al giovane corvonero. Eppure non si riesce a spiegare com'è che non gli fosse venuto in mente subito. Quasi lo irrita che a dargli la brillante idea sia stato il decerebrato più decerebrato che avesse potuto scegliere fra i corvonero. Per quanto la conosca, Fawn non è solo bella da mozzare il fiato - perché lo è davvero - ma gli è sempre sembrata una tipa assolutamente esuberante. E non parla mica di quell'esuberanza stramba e un po' imbarazzante, piuttosto
    di una vivacità genuina e assolutamente coinvolgente. Forse aveva sentito qualcuno riferirsi a lei come scatenata, e per quanto Altair non sia mai stato troppo incline a questo genere di amicizie scoppiettanti, la grifondoro appare ai suoi occhi come un fiammante faro di speranza. Vorrebbe preparare qualcosa di grandioso, surreale, ma realizza che il tempo stringe e che per uno amante del romanticismo come lui, talvolta meno di fa e meglio si sta. Perciò mentre si incammina verso il cortile, dove qualcuno gli ha detto che la vittima designata delle sue attenzioni si trova, ha in mano un semplicissimo mazzo di fiori. Che non ha rubato, assurdo da dire, ma ha comprato ad Hogsmeade quella domenica mattina. Ha scelto lui ogni fiore e ha chiesto espressamente alla fiorista di quel negozio - che sembra essere uscito da un libro di favole che sua madre da piccolo lo costringeva a farsi leggere - di lasciarlo semplice. Le ortensie sono già sufficientemente belle da non aver bisogno di nessun addobbo o fronzolo a rovinare il tutto. Per di più quelle non sono semplici ortensie. Il loro colore e il loro profumo cambia in base e chi le tiene in mano. Fra le sue sono di varie sfumature di blu e il loro profumo gli ricorda le fragranze che sua madre aveva sulla sua toeletta. « Fawn Byrne» dice, annunciandosi alle sue spalle. Si avvicina alla ragazza, assolutamente ignara di ciò che sta accadendo e del perché un ragazzo con cui ha raramente scambiato più che qualche battuta o parola si sia presentato al suo cospetto con un grosso mazzo di fiori. Ortensie, le sue preferite. Ha fatto le sue ricerche. Gliele porge accennando un piccolo inchino. Non ha un copione a cui attenersi, perciò la mette giù semplice.« Io e te, al ballo.» le dice, con la sua solita ed innata sicurezza, scrutando con attenzione i magnifici occhi di lei. E' la dama perfetta per quell'occasione, pensa leggendo nel suo sguardo pungente un entusiasmo contagioso. « Sempre che tu non abbia altri impegni.» E so che non li hai.
     
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    "Sono nella merda" pensò la nostra giovane grifondoro mentre raggiungeva di corsa il cortile. Non poteva continuare così. Per quanto fosse una tipa atletica e tutto quanto, quella storia stava iniziando a darle sui nervi. Dannazione, lei nemmeno aveva ancora deciso se aveva propriamente voglia di andarci, a quel maledetto ballo o qualsiasi cosa fosse. Ma Carl - o era Jack? - o come si chiamava lui, evidentemente aveva deciso per lei. O meglio: era molto determinato a portarcela, ma la sua determinazione finiva per perdersi a metà strada, appena prima del punto d'arrivo, e... sì, forse dovrei raccontare le cose con ordine. Dunque. C'era quella storia del ballo che per carità non era nemmeno una brutta iniziativa di per sé, ma che aveva avuto una conseguenza piuttosto inevitabile: aveva diviso gli abitanti del castello in due fazioni distinte. Quella delle prede e dei cacciatori. E no, non era lei ad essere melodrammatica forse solo un po', ma sembrava davvero che qualcuno avesse appena dato inizio agli hunger games. E, come in ogni guerra che si rispetti - perché quella era una guerra e nessuno sarebbe mai riuscito a convincerla del contrario - chi non si armava abbastanza in fretta, diventava automaticamente un bersaglio. Ecco, lei che non aveva mai fatto caso a queste cose da femmina e si era distratta un attimo in più, si era trovata braccata da questo tipo mai visto prima che aveva deciso di dover prendere le redini della situazione in mano ed invitarla al ballo. Il suo problema principale era che se avesse cercato di guidare una qualsiasi creatura con la stessa verve con cui aveva tentato di invitare Fawn, allora i ruoli si sarebbero probabilmente invertiti e sarebbero stati cavalli e carrozza a trainare lui. Un bello spettacolo, ma una brutta esperienza. Figurarsi che inizialmente non aveva neppure capito cos'era che volesse d preciso tanto che balbettava. L'aveva guardato confusa e gli aveva chiesto se per caso volesse una mano. Poi, come un fulmine a ciel sereno: la realizzazione. Una realizzazione che era arrivata un attimo prima che fosse troppo tardi, proprio sul suo «mi...mi chiedevo se volessi....». Si era sentita una persona orribile e si era comportata da vigliacca, ma l'aveva troncato con un: «oddio scusa mi sono ricordata di aver dimenticato... uhhh.... a dopo, d'accordo?» e se l'era data a gambe. Un comportamento che avrebbe fatto impallidire Godric Grifondoro, che l'avrebbe fatto rigirare nella tomba, ma non aveva potuto fare altrimenti. La verità era che quel tipo le aveva fatto paura. Non perché sembrasse un maniaco, non perché fosse dieci volte più largo di lei - era anzi piuttosto smilzo -no, proprio per la questione delle redini di cui prima. Se non riusciva nemmeno a chiederle di accompagnarlo senza balbettare allora non osava nemmeno immaginare il ballo in sé. E sì che non era troppo sicura di voler andare al ballo, ma era certa di non voler passare una serata a cercare di decifrare l'ostrogoto di qualcuno che nemmeno sembrava divertente. Non che si sentisse di giudicarlo, ma si chiedeva quanto tempo ci avrebbe messo a partorire una battuta, se quello era il suo modo di approcciarsi alla gente. Dieci minuti? Un'ora? Avrebbero giocato a "compra una vocale"? Le venivano i brividi solo a pensarci. Poi non capiva: perché tutta quella esitazione? Non era il tipo da aggredire le persone senza un motivo valido e di certo non aveva mai dato segno di avere la rabbia, ma se proprio non riusciva a parlarle, allora perché addirittura chiederle di accompagnarlo? Assurdo. Il mondo era pieno di folli. Ed era proprio da questi ultimi - in particolar modo coso di cui non ricordava il nome che si stava nascondendo. Certo, non era nel posto più riparato del mondo, ma l'ultima volta che aveva controllato, coso era al castello. Il che voleva dire che lei aveva ancora un po' di tempo per capire come comportarsi. O imparare un po' di tatto e realizzare come rifiutarlo senza ferirlo troppo. Non voleva morti sulla coscienza.
    Si passò le dita tra i capelli e represse un sospiro lo sguardo che vagava per il cortile nella speranza che le venisse in mente qualcosa, davvero qualsiasi cosa quando udì qualcuno chiamare il suo nome. Per poco non sobbalzò coso l'aveva trovata? Mayday, mayday! poi si rese conto che per quanto quella fosse una voce maschile, non apparteneva allo stalker, no: quello che le stava venendo incontro era Altair Malfoy. Con un enorme mazzo di ortensie in mano.
    Ora, quella era una bella sorpresa: primo perché per fortuna non si trattava di coso , il che era un sollievo già così, e poi perché adorava le ortensie. Le erano sempre piaciute perché erano gli unici fiori che era riuscita a non uccidere, se ne prendeva cura ancora adesso quando tornava a casa e... e niente, c'era qualcosa che non quadrava. Nel senso: in tutta quella meravigliosa situazione, non le era molto chiaro come mai Malfoy si stesse dirigendo proprio verso di lei - niente in contrario, solo non avevano mai parlato granché - e con un mazzo dei suoi fiori preferiti. Ne seguì un'espressione affabile sì, ma pure vagamente sorpresa. Ed era sul punto di chiedergli se volesse qualcosa o cercasse qualcuno quando il corvonero la batté sul tempo.
    « Io e te, al ballo.»
    Qui ci fu una successione di eventi piuttosto bizzarra, almeno per gli standard di lei. Richiuse la bocca che aveva aperto leggermente quando ancora era intenzionata a fargli quella fatidica domanda, guardò prima lui e i suoi grandi occhi azzurri, poi abbassò lo sguardo sui fiori. Poi guardò di nuovo il biondo mentre la realizzazione che forse quei fiori erano per lei si faceva strada nella sua testa. Quindi sulle sue labbra labbra si dipinse un sorriso enorme, uno di quelli che si vedono in giro quando si fa davvero felice qualcuno per intenderci, mentre lo sguardo si accendeva di entusiasmo. Ecco, su Fawn bisognava dire una cosa: per quanto non le piacessero le cose da ragazza e non si ritenesse un tipo particolarmente romantico, quello era decisamente il modo giusto per invitarla ad un ballo. Ci voleva la giusta dose di... non sapeva nemmeno come chiamarla, convinzione forse. E che il compagno di scuola fosse tutto meno che da buttare e le avesse portato proprio i suoi fiori preferiti sicuramente non guastava.
    Tutto questo processo prese un paio di secondi, e stava ancora sorridendo come una bambina che aveva visto un albero di Natale per la prima volta nella sua vita quando rispose al suo « Sempre che tu non abbia altri impegni.» con un entusiasta: «non ne avevo e per la verità stavo cercando di evitarli, tuttavia... - prese le ortensie che cambiavano anche colore, gente, cambiavano colore! Nel mare di azzurro si erano aggiunti dei fiori viola! - e le annusò per poi riportare lo sguardo sul suo interlocutore: «direi di averne appena trovato uno che valga la pena. Grazie, sono bellissime. Come facevi a sapere che mi piacessero?» Si riferiva ai fiori, ovviamente, che sapevano proprio di buono. Sì, non poteva credere che fosse un caso. Erano troppo belle, sembravano essere state scelte con cura e poi dalle voci che aveva sentito il biondo non sembrava esattamente il tipo di persona da lasciare qualcosa al caso. Il che poteva essere una cosa positiva in un caso come quello.
    E comunque nessuno le aveva mai regalato dei fiori prima di quel giorno e, se doveva essere sincera, nemmeno si aspettava che ne avrebbe mai ricevuti. Era sempre stata convinta di non essere esattamente il tipo di ragazza che ispirasse fiori quindi quella era stata una sorpresa davvero piacevole. Stava quasi per dirglielo quando notò un movimento sospetto dietro di lui. C'era qualcuno che si stava avvicinando a tutta birra e che sarebbe stato troppo vicino per essere evitato in appena un paio di passi perché sarebbero entrati nel suo campo visivo.
    Lo smilzo dai capelli castani, noto precedentemente come coso, si stava avvicinando pericolosamente. « Alle tue spalle, l'impegno che hai battuto sul tempo e che stavo evitando - mi hai salvato la vita tra l'altro, grazie grazie grazie. »
    Sorrise di nuovo cercando di non pensare al fatto che coso facesse proprio paura perché era stata davvero fortunata e non doveva più affrontarlo. Avrebbe ribattezzato Malfoy come colpo di fortuna personale, su questo non ci pioveva.
     
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