WE AIN’T EVER GETTING OLDER

halloween 2011

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    'sono stati gli zinghiri'
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    Sala grande, ore 2 p.m. Un piccolo Rocket Dragomir sguscia attraverso i tavoli, correndo come un matto prima di lasciarsi precipitare assai poco elegantemente su una delle panche in legno, proprio di fronte ad una giovanissima Grifondoro. Adelle Haliwell, la sua migliore amica del tempo, alza il capo verso di lui, l'espressione confusa. Lo scruta per qualche istante, i grandi occhi castani ridotti a due fessure, prima di arricciare il nasino carico di lentiggini e limitarsi a salutarlo con un gesto distratto della mano. « Sei in ritardo. » Asserisce, tornando a calare lo sguardo verso quel mare di pergamene che la circondano. Rocky allunga un braccio, agguantandole una mano e stringendola tra le proprie dita per attirare la sua attenzione. E' offesa con lui, e in fondo non ha nemmeno tutti i torti, si erano dati appuntamento per studiare assieme (..beh, studiare, una parola!) almeno un'ora e mezza fa, ma Rocky si era fatto vivo solo in quel momento. « Ho delle novità. » Urlacchia, alzando il braccio libero verso l'alto come per esultare su qualcosa che, al momento, conosce soltanto lui. « Sei diventato intelligente? Quella sì che sarebbe una novità. » Asserisce l'amica, tagliente come mille coltelli. Severo ma giusto, se lo merita. Scuote la testa, il tasso, mentre una risata gli scuote il petto. « No, no...Altro. ..Hey aspè, era n'insulto? » Si ammutolisce per qualche minuto, pensieroso, mentre l'amica sbuffa rassegnata. Ma dura poco, prima di stringersi nelle spalle e lasciar cadere lì il discorso. E' di Rocket Dragomir che stiamo parlando, quello non si offende neanche se gli dici figlio di puttana (perchè in quel caso non è che si offende, vi spezza direttamente le gambe), e, tra le altre cose, al momento è troppo esaltato per pensare anche solo di rovinarsi il momento per delle frecciatine inutili. « Riguardo al ballo, ho..Ho avuto un invito. » Mormora, guardandosi attorno ed adocchiando un Alastor Smith di Serpeverde osservarlo con fare insistente. « 'Cazzo guardi? Fatte n'anfiteatro de cazzi tua » Il poveretto si stringe nelle spalle, alzando gli occhi al cielo e rigirandosi. Meglio non litigare con uno come Dragomir. Torna a guardare Adelle, che ormai ha lasciato andare completamente i suoi libri per dargli tutta la sua attenzione. « Chi è la Sfortunata? » Domanda svogliatamente. Adelle è la sua migliore amica da tipo...Sempre. Ai balli scolastici ci sono sempre andati assieme, sino ad ora. Il problema è che Adelle, da qualche mese a questa parte, si è fidanzata. E beh, che dire, Rocket ha rischiato almeno una decina di volte di farli lasciare senza farlo apposta. Un amico molesto, questo Dragomir. « Non è una lei » Asserisce, scostandosi per rimettersi composto sul sedile. L'Haliwell lo osserva corrucciata per qualche minuto, l'espressione concentrata di chi sta facendo un ragionamento degno di questo nome. Poi il suo sguardo si illumina, così come l'intero suo viso. Spalanca la bocca e batte le mani sul tavolo. « Non dirmi che... » Rocket annuisce con fare solenne « AAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAAH GREG TI HA- » Per poco non gli prende un infarto. Si lancia sul tavolo, schiaffando le mani sulla bocca della ragazza. « Shhhhh! Nun devono sapello pure a Roma Adè! » Squittisce « ..Che schifo m'hai leccato! » Si ritrae subito, asciugandosi la mano sui pantaloni della divisa sgualcita e rimettendosi seduto. Ma non fa in tempo ad alzare il capo, che Adelle gli è già addosso: gli si siede accanto, mollandogli una fiancata per costringerlo a farle posto. « Mi devi raccontare tutto. Ahhhh finalmente! Lo aspettavo al passo! » « Ma niente de strano. Mi ha solo chiesto se.. » « Se vi fidanzate, vero?! E tu? » Il tassorosso deglutisce rumorosamente. Fidanzati, lui e Greg? Andiamo, no! ..O forse sì? Era una situazione complicata. Dopo quel bacio prima dell'estate, e quel secondo sull'Hogwarts Express, la loro amicizia s'era sicuramente trasformata in..altro. Il problema è che Rocket non aveva idea di cosa fosse quest'altro. Era tutto così nuovo, mai provato, mai neanche lontanamente immaginato! Aveva avuto qualche cottarella prima d'allora, ma mai niente di così..forte. Perchè forte batteva il suo cuore ogni volta che Greg gli era vicino. Pulsava e si scontrava contro la sua cassa toracica, spaventandolo. Era spaventato Rocky, che non aveva mai avuto paura di niente. Spaventato da quel sentimento che di giorno in giorno cresceva sempre di più e che lui era sempre più incapace di decifrare. I sintomi c'erano tutti: il sorriso da ebete, l'espressione trasognante, le farfalle nello stomaco: si era innamorato. « No! T'ho detto che m'ha chiesto der ballo! » « Ci dovevamo vedere alla mezza per studiare e tu sei arrivato ora. Un'ora e mezza per farti un invito? Ommioddio non dirmi che...L'avete fatto!! » « Fatto cos- NO! » Il tono di voce si fa acuto, mentre sente le guance farsi sempre più incandescenti. Intendiamoci: Rocky non è un tipo timido, anzi. Ma con Greagoir...Beh, è diverso. E no, no che non lo hanno fatto. Non sa nemmeno cosa possano definirsi loro due al momento, figuriamoci! « ..Ancora no? Che palle. Quindi sei ancora vergine? » « Dovrebbe interessatte? » « Certo che sì, sfigato verginello. Non capisco perchè ancora..Cioè andiamo, sono mesi che c'è qualcosa tra di voi. E' evidente! Perchè ancora non concludete? Quanto meno fidanzandovi! » Si morde il labbro inferiore, visibilmente a disagio. Lui e Greagoir sono..Beh, sono loro. Soltanto loro. Quando è con lui, Rocky riesce a dimenticare ogni cosa. Gli piace, gli piace davvero, ed è proprio perchè gli piace che non è mai riuscito a fare il grande passo: chiedergli di diventare il suo ragazzo. Potrebbe mai uno come Greagoir voler stare con uno come lui? Coi suoi vestiti di merda ed i suoi libri di quarta mano comprati al mercatino dell'usato? Andiamo. Dragomir è uno sfigato, lo sanno tutti. La gente non lo bullizza solo perchè tutti coloro che c'hanno provato finora sono finiti in infermeria, ma sfigato rimane. Tassorosso, povero da fare schifo e già ripetente d'un anno. Ah, e pure zingaro. Insomma non ha mai avuto una bella nomina. Greagoir è tutto il suo contrario. Corvonero, uno dei più brillanti della sua Casa. Diligente, ben voluto, anche parecchio conosciuto grazie al cognome che porta. Insomma potrebbe mai funzionare tra loro? "Sono solo er suo svago der momento, Adè" aveva rivelato un giorno alla sua amica, seduti in riva al Lago Nero "Finchè dura, a me sta bene." E gli stava bene davvero. Tutto pur di cogliere un pezzo di quell'Olivander tanto conosciuto anche lui, che non era nessuno. « Lo sai che non.. » « Non ripetermi l'ennesima pippa mentale del non sono abbastanza per lui, hai rotto. Ti piace, no? » Cala lo sguardo, annuendo silenziosamente. « E vorresti andare oltre con lui, vero? » Si morde l'interno della bocca, torturandosi le mani. Ci ha pensato spesso, a dire il vero. Non vorrebbe ammetterlo, ma ci pensa tutte le volte che sono assieme. Pensa che vorrebbe di più, vorrebbe sicurezza, vorrebbe pensare a Greagoir come qualcosa che gli appartiene. « Sì, ma.. » « E allora ci vediamo oggi pomeriggio all'ingresso di Hogwarts! Alle sei, puntuale. Ti troveremo un costume così mozzafiato che farà decidere finalmente il principino a dartela...Una possibilità! »

    31 Ottobre, 20:30. Un costume mozzafiato l'avevano trovato sul serio. Nel senso che vestito così il fiato l'avrebbe abbandonato per sempre. Mezzo nudo in pieno Ottobre, a sua nonna sarebbe preso un infarto solo a guardarlo. Già sentiva la sua voce rimbombargli in testa: E la canottiera ndò sta, Rocco? « Sei bellissimo. Se non fossi fidanzata e tu sfigato... » Adelle gli sguscia dietro, poggiandogli le mani sulle spalle. Rocket storce il muso, dandosi un'ultima occhiata allo specchio. E' vestito da centurione, con tanto di elmo sotto braccio, spada finta e classico mantello rosso. Patriottico, quanto meno. « Me sento un cojone co' sto gonnellino. » Si lamenta, col suo solito fare da orso, cercando di calarsi quella maledetta tunica che gli scopre fino a metà coscia. Adelle, vestita da infermiera sexy in maniera molto originale, gli poggia il mento sulla spalla, mentre le sue mani ossute vagano attraverso il suo petto. « Sbaglio o il quidditch inizia a dare i suoi frutti? Questi muscoletti che iniziano a farsi sentire...Qualcuno ne sarà contento stasera. » Sbuffa rumorosamente, Rocky, sgusciando via dalla presa dell'amica. Si passa una mano fra i capelli, sistema la spada nella cintura (e l'altra spada sotto il gonnellino) e si dirige alla porta della sua camera. Ma non appena le sue dita si stringono contro la maniglia, qualcosa lo blocca. Si morde il labbro inferiore, esitando. « E se ha cambiato idea e ce viene con qualcun'altro? » Bofonchia, insicuro. « Ma esattamente, tu da quando sei così cagasotto? » Aveva ragione. Greagoir lo rendeva insicuro e vulnerabile, ciò che non era mai stato. « Okkè se ce viene con quarche stronza lo meniamo. » Asserisce, per darsi un certo tono, aprendo la porta. Non lo picchierebbe mai, ma questo Adelle non lo sa. « Bravo, così mi piaci. E poi.. » Gli sguscia accanto, schiaffandogli una mano sul culo. « Con sto culetto d'oro sarebbe davvero un cretino a lasciarti scappare! Cosa mai potrà andare storto? »

    « Gioco della bottiglia annesso a sette minuti in paradiso! » Urlacchia un Victor Roberts visibilmente alticcio. Ore 23.30, seconda parte della serata. Rocky ed Adelle erano arrivati in perfetto orario, per scoprire un Greagoir Olivander intento ad aspettarlo sulle scale. Quando l'aveva visto, vestito con quella tunica che lasciava scoperto parte del petto e quella corona dall'oro a spiccare tra i suoi capelli biondi, inutile dire quanto si fosse sforzato per ignorare le gambe che avevano iniziato a tremare. Era bello, di una bellezza che Rocky raramente aveva potuto ammirare. Vestiva i panni di un dio che in un primo momento non era stato capace d'identificare, ma che poi, avvicinandosi sempre di più, aveva compreso. Apollo, non poteva che essere Apollo. Chi meglio di lui avrebbe potuto impersonarlo, in fondo? Biondo, bellissimo, intelligente, bellissimo, biondo veramente tanto, e abbiamo già detto bellissimo? Adelle non ci aveva impiegato che trenta secondi per dileguarsi e lasciarli soli, mollando un Rocket visibilmente a disagio nel panico completo. Gli aveva sorriso allora e, assieme, si erano addentrati alla festa. La serata alla fine era trascorsa, tra risate, scherzi idioti dei compagni, muffin dal dubbio gusto in perfetto stile Halloween ed occhiate. Quel genere di occhiate. Fin quando poi la musica aveva iniziato a calare, e si era passati ai giochi.
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    « Ma scusate, se è 'n ballo nun bisognerebbe ballà? » « Fa' silenzio Dragomir, già è tanto se ti permetto di stare quì » « Tua madre nun m'ha detto così ieri notte! » Victor lo fulmina con lo sguardo, mentre Rocket si stringe nelle spalle. Se non fosse assieme a Greg si librerebbe in qualche gesto osceno per completare la scena come si deve, ma decide di evitare e sedersi per terra a gambe incrociate. Il gioco comincia, e tra risatine e urletti vari dovuti alle imbarazzanti situazioni, il tassorosso si gira verso il corvonero. Gli sorride « Comunque stai bene vestito così. » Mormora, sincero « Cè, insomma...Volevo dì...Sei Apollo vè? Lo rappresenti benissimo, mi.. » Mi piaci « Dragomir! » Sobbalza, girando il capo di scatto verso Victor 'mi hai rotto il cazzo' Roberts. « 'Cazzo vuoi? » « Sei stato scelto. » Inarca un sopracciglio, confuso. Si guarda attorno, prima di capire. Merda. « Chi sarà la sfortunata a passare sette minuti in paradiso con Dragomir? » Un velo di risatine si innalza, prima che Victor faccia girare nuovamente la bottiglia. Il tasso si morde il labbro inferiore, lanciando un'occhiata di dubbia provenienza a Greg. "Cosa mai potrà andare storto?" TUTTO. DOVE CAZZO SEI ADELLE? « ..Non ci posso credere, Olivander! » Il suo cuore perde qualche battito. Non sa se essere felice o terrorizzato dalla scelta del fato. Ma non ha nemmeno il tempo di pensare, che due mani lo sollevano da dietro. In pochi istanti, sia lui che Greg vengono trascinati in uno sgabuzzino delle scope vicino dagli scagnozzi di Roberts, che li segue attentamente per controllare che tutto vada secondo i piani. « No, no, andiamo regà! » Si lamenta Dragomir, provando a divincolarsi. Ma è inutile, ha bevuto qualche bicchierino di troppo, e sa che per vincere quella presa di posizione dovrebbe fare molto male a quei due coglioni ed a Roberts, e non vuole cacciarsi in una rissa davanti a Greg, coinvolgendolo se è il caso. Quindi si limita ad imprecare non appena spingono entrambi dentro il minuscolo stanzino. « Attento che non ti rubi il portafoglio, Olivander, mi raccomando. » E con quelle parole, buio completo. L'unica luce proviene da una microscopica finestra stipata in una parte troppo alta del muro. Quel posto è strettissimo, tanto stretto che Rocket non può muoversi senza calpestare necessariamente Greagoir. I loro corpi sono pressati l'uno contro l'altro, tanto da riuscire a sentire il suo respiro sulla propria pelle. Quella vicinanza lo mette a disagio, ma al tempo stesso...Gli piace. Il petto di Greagoir si muove sotto il suo mentre respira. Il suo viso è distante dal proprio di pochi centimetri. Le sue labbra sono lì, a poca distanza. Alza un braccio, come a volersi allontanare, ma non riesce visto il poco spazio, e allora si ferma a metà, poggiando la mano sul suo petto. Sospira. « Nun te preoccupà, non sanno nulla. E sono troppo ubriachi per ricoddasse qualcosa domani. La tua reputazione è salva » Mormora, sforzandosi per distogliere lo sguardo dalla sua bocca. Uno strano calore ha iniziato a crescergli dentro, risvegliando una serie d'impulsi sconosciuti. E' tutto così dannatamente strano. « Abbiamo però sette minuti da passà qua dentro, che...Che facciamo? Te c'hai idee? »


    Edited by boys don't cry - 17/10/2017, 17:53
     
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    er bacchetta


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    Fino a quel momento, Greagoir Olivander aveva avuto tutto dalla vita, tanto che alcuni credevano che da piccolo fosse stato affogato nella Felix Felicis! Era incredibile come - almeno così sembrava dall'esterno - ogni cosa andasse bene al giovane corvonero: la natura gli aveva donato un viso dai lineamenti angelici e un cervello brillante, il caso invece una famiglia straordinaria e con un nome particolarmente influente nel mondo magico. Aveva una media scolastica stellare, un posto della squadra di quidditch, un lavoro assicurato. Cosa ancora più straordinaria, tutti volevano bene a Greagoir Olivander perché sembrava impossibile il contrario. Con quel suo sorriso serafico perennemente stampato sulle labbra, i suoi modi gentili e una mano sempre tesa verso il prossimo, difficilmente sembrava possibile trovare un reale motivo per odiarlo che non fosse unicamente l'invidia. Avrebbe potuto avere qualunque cosa avesse desiderato, quel Greagoir Olivander; avrebbe potuto avere chiunque avesse voluto al proprio fianco.. e aveva scelto lui. Rocket Dragomir lo zingaro, che sembrava essere stato messo a Hogwarts con l'unico proposito di stonare al confronto coi rampolli delle numerose famiglie magiche; Rocket senza un soldo da spendere, Rocket più simile ad un animale libero e fiero chiuso in uno zoo di animali addomesticati, abituati alla loro cattività. Rocket l'imprevedibile, quello che era riuscito a farsi bocciare al secondo anno; Rocket il disadattato. Il suo Rocket, che nessuno si era mai preso la briga di conoscere, oltre l'apparenza, oltre gli orecchini stravaganti e la cicatrice sul sopracciglio che gli conferiva un aspetto da duro. L'avrebbe mai conosciuto, se non fosse stato costretto dalle circostanze, se per un'intera settimana non fosse stato costretto su un letto, con l'unica distrazione della voce del tassorosso? Non era quello l'importante perché, Greg ne era convinto, alcune cose è scritto che accadano, come è scritto che una bacchetta si senta attratta da un mago piuttosto che da un'altra strega. E' così e basta: Greg aveva conosciuto Rocket, aveva continuato a conoscerlo e.. sì, se ne era innamorato. Così e basta.

    Vedeva Rocket pressoché ogni giorno, eppure sembrava non bastargli mai il tempo che passava in sua compagnia. Era ossigeno, in una vita in cui tutto aveva iniziato a girare un po' troppo perfettamente. Era l'imprevisto, il mistero di cosa troverai dietro una curva, era quell'ansia bella che ti coglie prima di scartare un regalo. Sentiva questo e molto altro ogni volta che si trovava in sua compagnia, anche senza fare qualcosa di specifico. Come quella mattina, nella sala comune di Tassorosso - dove lui, con la sua cravatta bronzo e blu non sarebbe proprio dovuto stare ma nessuno dei buonissimi compagni di Rocket aveva mai avuto da ridire. L'amicizia prima di tutto! Se ne stava sdraiato sopra uno dei comodi divanetti imbottiti della sala, con un grosso librone di Incantesimi sul grembo e la testa posata sulle gambe di Rocky. Di tanto in tanto le dita del tassorosso affondavano tra i capelli biondi dell'inglesino, accarezzandoli distrattamente, senza pensarci troppo. Era tutto così tranquillo, tutto così.. normale. Aveva sempre amato la calma placida che gli dava stare accanto al tassorosso, sentirsi sé stesso senza essere giudicato, solo Greg e non Olivander. Eppure c'era qualcosa che gli ronzava intorno, quel giorno. Erano dieci minuti buoni che non sfogliava una pagina, aveva letto il paragrafo sull'Incanto Fidelius almeno sette volte. Alzò gli occhi e trovò un Rocket anche lui tutto concentrato sulla lettura.. di un giornaletto babbano. « Tu ci stai bene con me? » gli chiese senza neanche pensarci, continuando a guardarlo dal basso. I grandi occhi verdi di Rocket si abbassano su di lui, gli si legge la confusione in volto. « Che domande sono? Certo che ce sto bene con te.. » Il corvonero chiuse con un tonfo il volume, che lanciò dall'altra parte del divano, e balzò a gambe incrociate accanto a Rocky. « Sì, lo so che ci stai bene con me.. e anch'io ci sto bene con te.. - di tempo insieme ne passavano tanto, a fare di tutto.
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    Perfino i baci, da quel Primo Settembre che aveva cambiato tutto, si erano ripetuti. Lunghe e lente sessioni di baci, velati di un'innocenza che non sembrava appartenere a nessuno di loro. Afferrò un cuscino e lo portò al petto, abbracciandolo. - ..intendevo.. se ti piace passare del tempo con me.. » Rocket lo guardò confuso, che diamine di differenza c'era? Lo sapeva solo Greg, nella sua testa contorta fatta di labirinti immensi in cui perdersi era un attimo. « Gregò, se non sputi 'sto rospo te do questo colpo sulla schiena che te faccio sputà rospo, girini e tutto er laghetto! » Chiaro, semplice, conciso. Rocket Dragomir non girava intorno alle cose come faceva Greg, affrontava i problemi di petto qualunque essi fossero. Nella sua testa, la confusione di Greg era appena diventata un problema.. perché aveva fatto confondere anche lui. Le dita del corvonero affondarono nervose sul tessuto del cuscino, giocandoci. « No ma non è niente.. è che sicuramente a te queste scemenze manco ti piacciono quindi non vorrei obbligarti.. » Rocket si avvicinò a lui e alzò il braccio destro, con la mano grandissima ben aperta e pronta a calare sulla schiena di Greg. « Te ce sta arrivando eh? Sputi pure i ghiaccioli che te sei scofanato quest'estate! » ..ed erano tanti! Si piazzò il cuscino sopra la testa per attutire il colpo, ridacchiando nervosamente: « NO DAI, OK! Ok, te lo dico.. è che.. vabbè, ci sarebbe il ballo di Halloween e io ci vorrei andare, ci saranno un sacco di amici.. - La mano di Rocket tornò buona al suo posto, mentre il suo sguardo si fece interrogativo. ...ma? - ...ma io vorrei andarci con te, a dire il vero. » Il silenzio calò per qualche secondo, non riusciva a capire ciò che Dragomir avesse in mente. Era felice? Contrariato? Infastidito? Sapeva quanto gli piacesse far festa, erano ancora vividi nella sua mente i racconti sulle bellissime danze rom intorno al fuoco e i canti alzati al cielo.. ma quella sarebbe stata tutto un altro tipo di festa. Una festa alla Greg, lontana dal mondo di Rocket. « Cioè tranquillo, è una cosetta così senza impegno, se non vuo... » ma il tassorosso lo bloccò, scrollando le spalle. « Ok. » - « Ok? » - « Seh, ok, ce vengo.. » - « Ok... » - « Daje! » - « Daje.. »

    Quell'assenso aveva fatto schizzare alle stelle il morale di Greg per i giorni a seguire: era certo che Rocket gli avrebbe semplicemente detto di no. Non per cattiveria, non perché non volesse passare del tempo con lui ma perché tutta quella gente infiocchettata, tutta quella musica da maghiminkia.. semplicemente non credeva che facessero per lui. Eppure.. daje. Aveva accettato e questo aveva impresso a fuoco un sorriso indelebile sul volto luminoso di Olivander, tanto che non poté non parlarne alla sua migliore amica. Errore fatale. « COSA?! » Ophelia Watson se ne stava sdraiata con la grazia di una dea greca sul letto a baldacchino, mentre allo specchio Greg provava l'abito che aveva scelto. « Ophi dai, calmati.. » mormorò Greg, guardandola dal riflesso mentre si aggiustava la corona d'alloro sulla chioma dorata. La Serpeverde schizzò a sedere sul materasso, lanciando all'amico occhiate di fuoco. Mai dire ad Ophelia Watson di calmarsi, Greg, dai! Le basi! « OPHI DAI UN BEL CORNO!! Lo sapevi BENISSIMO che Clay non si è neppure degnato di invitarmi e tu cosa fai? Invece di accompagnarmi INVITI QUELLO ZINGARO? » Ophelia era più piccola di lui, frequentava ancora il secondo anno, ma già allora avrebbe potuto smuovere le montagne. Quanto a Greg, accigliato, si voltò per affrontarla una volta per tutte. « Sì, ok? Non mi interessa se Rocket non ti va giù. Si da il caso che a me, giù, mi vada parecchio. Non me ne frega se è zingaro come dici tu o povero, straccione, tassorosso o tutto quello che vuoi.. » ...io lo voglio lo stesso. Già dalla prima volta in cui aveva fatto accenno ad un legame un po' più stretto nei confronti di Dragomir, Ophelia aveva storto il naso. Non sapeva se fosse una gelosia dettata dal fatto che, prima di lui, Greg non avesse avuto nessun altro, potendo concedere dunque tutte le sue attenzioni all'amica. Le cose in effetti erano cambiate parecchio da quando Rocket era entrato nella sua vita e i due amici avevano dovuto ricalibrare il tempo da passare insieme. Questo Ophelia non lo avrebbe mai accettato. Si alzò di scatto dal letto, riavviandosi la lunga chioma bionda: « Non venire a piangere da me quando quello zotico se ne andrà con la prima che passa. » Lasciò Olivander così, con la sua voce squillante a vibrargli nelle orecchie e uno spauracchio inconfessabile: quello di non essere abbastanza. « Non lo farebbe mai!! » la rincorse con la voce, rincorrendo allo stesso tempo le proprie paure. Certo che ce sto bene con te.

    [...] La sera di Halloween era arrivata e tutte le paure erano letteralmente evaporate, stando accanto ad un Rocket vestito da centurione romano. Era alto, le spalle large erano perfettamente adese alla tunica, una spada pendeva dalla cintura e le gambe toniche rimanevano scoperte. Fece fatica a superare, senza accaldarsi, i primi momenti in cui lo vide arrivinarsi a lui, con l'elmo in testa e un gran sorriso addosso. Lui, d'altro canto, non si era impegnato poi così tanto per il proprio vestito da divintà greca: una tunica bianca gli fasciava il corpo seminudo lasciandogli scoperta parte del petto, ai piedi aveva un paio di sandali i cui lacci risalivano fino ai polpacci scoperti, tra i capelli una grande corona di alloro contrastava con i capelli color del grano, appena scompigliati. Per tutta la testa si dimenò accanto al tassorosso, bevve con lui qualche bicchiere di troppo e gli rimase vicino, molto vicino, perdendo ogni tipo di vergogna data dalla sobrietà e dai troppi pensieri. Leggero per via dell'alcol e dell'euforia, si accorse senza alcuna ombra di dubbio quanto stesse bene in sua compagnia, quante fossero state le volte in cui avrebbe voluto prenderlo per mano e tirarlo a sé per abbracciarlo e sentire il suo calore oltre le tuniche. Era l'unica realtà a cui riusciva a pensare in quei momenti, smorzata dall'entusiasmo di tutti i suoi amici che l'avevano trascinato a giocare. Prese la mano di Rocket, invitandolo a sua volta: non l'avrebbe lasciato solo di certo. Eccolì là, dunque: il gioco della bottiglia.
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    Il gioco di bello e stupido di tutta una vita, quello a cui Greg si era sempre divertito a giocare, quello di cui lui stesso era stato promotore diverse volte. Non quella sera, non quando le dita di Rocket posate sul pavimento erano così vicine alle sue. Non quando avrebbe rischiato di baciare qualcun'altra.. o peggio, vedere Rocket baciarne un'altra. Il solo pensiero lo fece avvampare, d'improvviso. Il tassorosso si sporse verso di lui: « Comunque stai bene vestito così. Cè, insomma...Volevo dì...Sei Apollo vè? » Olivander annuì, sorridendo entusiasta. Non solo l'aveva riconosciuto, ma gli aveva pure fatto i complimenti! Il primo complimento di Rocket. Avrebbe volentieri continuato a crogiolarsi nei propri pensieri se Rocket non fosse stato designato dalla bottiglia per i suoi sette minuti in paradiso. Con chi? Victor Roberts girò nuovamente la bottiglia, mentre il resto della comitiva urlava nell'attesa e agitava le mani. Un giro. Un altro ancora. Scegli me. « ..Non ci posso credere, Olivander! » Prima ancora che potesse capacitarsi di quanto la fortuna gli avesse sorriso - perché tutto andava bene a Greagoir Olivander! - le mani di tre amici lo afferrarono per braccia e gambe e lo presero di peso, portando in processione lui e Rocket fino allo stanzino delle scope del primo piano, non molto lontano dalla Sala Grande. « Attento che non ti rubi il portafoglio, Olivander, mi raccomando. » Istintivamente, preso dal nervoso e dall'imbarazzo, Greg rise a quelle parole. Poi, il buio. Nel ripostiglio si respirava un'aria pesante, di chiuso. Non c'era spazio per muoversi ma non ne sentì il bisogno: il suo corpo contro quello di Rocket era tutto ciò di cui aveva sentito il bisogno quella sera. Sospirò, la testa aveva iniziato a girargli appena dopo tutto l'alcol e il movimento a cui era stato sottoposto, ma alzò la testa per ricercare i suoi occhi quando gli parlò. « Nun te preoccupà, non sanno nulla. E sono troppo ubriachi per ricoddasse qualcosa domani. La tua reputazione è salva » E io con loro. Non che fosse ubriaco fradicio, ma brillo al tanto giusto da poter dire le cose che pensava senza il filtro dell'imbarazzo. « Che dici? Quale reputazione? Sono io che ti ho voluto con me. » e voleva che questo gli fosse assolutamente chiaro. Era stanco marcio di tutte le cattiverie che era costretto a sorbirsi, non appena l'argomento "Rocket" spuntava: che diavolo aveva uno zingaro in meno di loro, maghi purosangue? E sì, Rocket non aveva soldi.. allora? Aveva meno sentimenti di loro? Meno pensieri, meno paure, meno vita di loro? Greg non capiva, non avrebbe mai capito. « Abbiamo però sette minuti da passà qua dentro, che...Che facciamo? Te c'hai idee? » Le dita, ferme fino a quel momento sopra le spalle del suo centurione, scalarono il collo, percorsero il suo viso fino ad arrivare ai capelli biondo cenere. « Niente per cui bastino sette minuti.. » ammise sottovoce, ma abbastanza perché Dragomir potesse sentirlo. Era una confessione, quella: era qualcosa che era rimasto nascosto nel suo cuore, un desiderio coperto da strati di imbarazzo, paure, dubbi. Perché ai suoi occhi Rocket Dragomir era un bellissimo ragazzo, era grande, discriminato sì ma forte abbastanza da incassare i colpi. E lui? Oh, Greg Olivander era solo il ragazzino perfetto, troppo fortunato per potersi prendere meriti. Rocket era stato fortificato dagli eventi, Greagoir dalla fortuna. Eppure, con la testa leggera, dentro la sua bolla di euforia, pensò a quanto fosse stufo di affidarsi alla fortuna: sì, perché era stata una fortuna esser stato contraccambiato da Rocket con quel bacio in riva al lago; era stata una fortuna quel bacio sull'Espresso per Hogwarts. La fortuna non gli bastava più, voleva certezza. « Credo di essere un po' brillo quindi è il momento giusto per dirti una cosa che penso, penso, penso e non ti dico mai.. » Fece aderire meglio il proprio corpo al suo e lo sentì rovente. « ...penso che mi piaci da matti Rocky e che di quello che dicono di te non mi importa un accidente. Lo so che ti ho detto che questa sarebbe stata una serata così.. tra amici, senza impegno.. ma quando la bottiglia ha girato prima, ho sperato che scegliesse me. Perché io stasera, da questa festa, me ne voglio andare con te.. » Nel buio, gli occhi di Greg brillavano di un azzurro scintillante. Oltre il lucido dell'alcol c'era molto di più. « ..e non da amici. Io non me li bacio i mie amici. » E Merlinobbono quanto vorrei baciarti, ora. «E tu me lo dici a cosa pensi? »


    Edited by Wand Boss - 17/10/2017, 00:12
     
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    Quando hai quattordici anni, la vita ti sorride, volente o nolente. Che tu sia uno sfigato (e questo è il caso del nostro piccolo Dragomir), o chissà cos'altro, poco ti importa, perchè a quattordici anni hai una vita davanti. Ti senti invincibile, ti senti sicuro, ti senti immortale. Questa è la magia della gioventù, impossibile da riprodurre, difficile da capire, ma bellissima da vivere. A quattordici anni scopri il mondo. Ne cogli ogni minima sfumatura, ti addentri in ogni piccola insenatura, persino la più insignificante, persino la più dimenticata. Vuoi assaggiare ogni cosa, vuoi provare ogni cosa. Correre sotto la pioggia, fregandotene del brutto raffreddore che ti coglierà il giorno seguente, ridere in faccia a quel professore che ti sta tanto antipatico, bere quel bicchierino di troppo che sai ti farà perdere completamente la lucidità e con ogni probabilità ti farà passare la restante serata a vomitare. Vuoi assaporare ogni sfaccettatura, bella o brutta che sia. Gli scherzi con gli amici, le uscite al lago, le prime gite, i primi amori. Ah, il primo amore, quello non si scorda mai. Ti coglie alla sprovvista, e tu neanche te ne accorgi. E' lì, sbuca all'improvviso, colpendoti in pieno. Non puoi definirlo fin quando non lo conosci. E anche quando lo conosci, non lo capirai mai davvero. Ti prende e non ti lascia più, ti sguscia sotto la pelle e prima di imparare a gestirlo di tempo ce ne vuole. Ed eccolo, il suo primo amore. Illuminato appena dalla penombra. I capelli biondissimi a risplendere in mezzo al buio, il viso d'angelo pericolosamente vicino al suo. Ricorda tutte quelle volte in cui l'ha guardato da lontano, Rocky. Dopo quelle settimane trascorse in infermeria, Greagoir Olivander era entrato a far parte delle sue giornate, della sua vita. Gli era sgusciato sotto pelle.Prima d'allora, si erano sempre incontrati. A lezione, tra i corridoi, in sala grande; solo che non avevano mai fatto caso l'uno dell'altro. Cosa assai poco concepibile, per Rocky, col senno di poi. Greagoir era perfetto, e lo credeva sul serio, con quel sorriso sincero ad allargargli il viso ogni qualvolta ne parlasse con qualcuno. In quell'estate trascorsa in Italia, Rocky non aveva fatto altro che parlare di lui, quello strambo ragazzo che un giorno fabbricherà bacchette magiche. Ne aveva parlato con sua madre Yloka ed alcune sue sorelle, tutti stretti in cerchio attorno a quel fratello che veniva da lontano, da un mondo a loro sconosciuto, e che di storie ne aveva tante da raccontare. "Allora? I cavalli alati ce stanno sul serio?" "E' vero che le mandragole urlano alla scuola tua?" "Quante teste hai fatto saltà con la tua bacchetta? Che posso vederla? Daje Rocky dajeeee!" Quel genere di domande lo attanagliavano di giorno in giorno, e di risposte ne ricevevano, è vero, ma in fin dei conti si giungeva sempre al solito argomento: Greg. Tanto che alla fine, alcuni dei suoi fratelli avevano deciso di lasciarlo stare, mentre i più curiosi (e pettegoli) come Aneta, Esmeralda e Stefan, rimanevano lì a riempirlo di ancora più domande. Aneta sorrideva, Esmeralda storceva il muso e Stefan lo prendeva in giro. E Rocky continuava a parlarne, parlarne e parlarne ancora, senza neanche rendersene conto. Era vero che il piccolo Dragomir fosse un pettegolo per nascita, ma possedeva anche una natura abbastanza chiusa, probabilmente ereditata dal padre. Un orso, quando si trattava di parlare di sè. Non gli era mai piaciuto raccontare delle sue giornate, tanto che dei primi anni al castello in casa Dragomir di notizie ne erano trapelate davvero ben poche, ma da quando il bacchettaro era entrato a far parte della sua vita..Tutto era cambiato! Yloka lo vedeva: suo figlio stava cambiando. Quel ragazzetto del quale non conosceva neanche l'aspetto, se non un'idea generica dettata dalle descrizioni di Rocket, stava mutando il suo bambino nel profondo. Felice, spensierato, con gli occhi illuminati da una scintilla che non aveva mai visto prima. Chissà che si trattasse davvero del primo amore, si domandava spesso la donna. Certo, avrebbero dovuto nasconderlo al pater familias, ma col tempo avrebbero convinto anche lui. In fondo Yloka era una donna forte, e quando si trattava del bene dei suoi figli, non c'era Dragomir con una cinghia in mano che tenesse di fronte all'ira di una mamma orsa incazzata. "Perchè ne parli tanto?" Aveva chiesto una volta a Rocket, tentando di estirpargli qualche confessione che desse una conferma alle sue supposizioni. Ma Rocky si era ammutolito improvvisamente, l'espressione confusa. Già, perchè ne parlava tanto? Non ne aveva idea. Semplicemente parlare di lui lo faceva star bene. Parlare di lui lo rendeva reale nonostante vi fossero chilometri su chilometri di distanza a separarli. Lo aiutava a non pensare a quanto diavolo gli mancasse.

    "Tu ci stai bene con me?" Gli aveva chiesto qualche giorno fa Olivander, entrambi appostati sul divano della Sala comune di Tassorosso. Greagoir teneva la testa sulle sue gambe, Rocky leggeva un giornaletto babbano da quattro soldi mentre gli accarezzava distrattamente i capelli simili a fili di grano. Aveva risposto d'istinto, quasi senza pensare. Perchè sì, diavolo, Rocket stava bene con Greagoir. Non aveva neanche idea del perchè, nè del come. In fondo non avevano molto che li accomunasse. Greagoir era lo studente modello, tanto che si vociferava addirittura che fosse uno dei possibili candidati per le future elezioni di caposcuola e prefetti. Aveva un posto nella squadra di quidditch, un lavoro sicuro che lo avrebbe atteso una volta terminati gli studi, una famiglia rispettabile e tanti amici che ne parlavano bene. Oltretutto, il corvonero aveva un carattere ed un cuore d'oro. Intelligente a dismisura, acuto senza ombra di dubbio e tagliente se necessario, ma buono. Con un sorriso perenne stampato sul viso bellissimo che sarebbe stato capace di far innamorare qualsiasi ragazzina lì al castello di Hogwarts. E non solo, a quanto pare. Ecco, questo ragazzo perfetto sembrava esser suo e Rocky ancora non riusciva a crederci. In fin dei conti perchè avrebbe dovuto meritarselo? Lui non aveva un soldo, vantava una media scolastica di merda, e talvolta era stato persino accusato per qualche piccolo furto ai danni dei suoi compagni di classe. Aveva un carattere discutibile, cocciuto come un mulo e volgare come pochi. Ebbene, questo scapestrato di un Dragomir era riuscito ad innamorarsi di un soggetto lontano anni luce come Greagoir Olivander. Non che si potesse parlare d'amore ancora a quei tempi. Le basi c'erano, le radici erano già profonde, ma entrambi erano ancora troppo piccoli per comprendere un sentimento tanto complesso. Se proprio vogliamo esser sinceri, poi, Rocket non era poi neanche tanto sicuro sulla sua sessualità. Prima d'allora i ragazzi non gli erano mai piaciuti. Tutte le cottarelle che si era preso, le aveva avute solo e soltanto con ragazze. Per sua sorella Esmeralda, ad esempio, e persino per Adelle, la sua migliore amica. Ma Greg...Greg era un grande, grosso, enorme: perchè? In un primo momento non se n'era neanche accorto che gli piacesse. Andiamo, lui, Rocket Dragomir, gay? Il pensiero non l'aveva lontanamente nemmeno sfiorato. Dopo quelle settimane in infermeria, e quel bisogno fisico e morale di vederlo, sentirlo e percepirlo ogni giorno, l'aveva inteso come affetto, semplice affetto. Greagoir si era rivelato un ottimo amico, e per tanto lui desiderava passarci più tempo possibile. Semplice, no? No! No perchè, cavolo, non gli bastava mai. Più pensava al Corvonero, più le sue guance si accaldavano e lo stomaco cominciava a brontolare. Andiamo Rocky, ti piace. Gli aveva detto un giorno Adelle, ricavandosi le risate del Tassorosso. Piacere a lui? Greg? Pff, erano soltanto amici! Il problema è che gli amici non provavano ciò che provava lui. Non sentivano le dita tremare ogni qualvolta si sfiorassero, il cuore martellare nel petto e la testa farsi leggera. Non provavano quell'attrazione, quel desiderio. Lo stesso che aveva provato quando, per la prima volta, le labbra di Olivander si erano poggiate sulle sue. In un primo momento era rimasto spiazzato da quel gesto, e l'istinto di respingerlo era stato forte. Come si era permesso a baciarlo? Perchè lo stava facendo? Perchè era ciò che voleva. Ciò che entrambi volevano. No, non l'avrebbe respinto infine. Quel pomeriggio in riva al lago Rocket Dragomir non avrebbe respinto Greagoir Olivander. Quel bacio avrebbe suggellato ciò che per tutti quei mesi aveva soltanto immaginato, ma mai confermato: Greagoir gli piaceva, gli piaceva eccome.

    « Che dici? Quale reputazione? Sono io che ti ho voluto con me. » Stretti in quello sgabuzzino che sa di chiuso, le parole di Greagoir gli scivolano sul viso, in una dolce carezza. Le mani del ragazzo sono poggiate sulle sue spalle, il suo viso a pochi centimetri dal proprio. Un sorriso si fa strada sul volto del Tassorosso, mentre scuote appena la testa. Quelle parole riescono a fargli dimenticare ogni cosa. Di Roberts ed i suoi scagnozzi, dei restanti compagni che non aspettano altro se non prenderli in giro una volta usciti di lì, della festa, dei baci rubati, delle sue paure, della differenza tra di loro due. Quelle parole lo rapiscono, aprendogli un mondo. Un mondo dove Greagoir, proprio quel Greagoir, ha scelto lui, proprio lui. « Perchè? » Sussurra dunque, soggiogato dall'istinto. « Perchè me e non qualcun'altro? Potresti avere tutto ciò che vuoi. » Potresti avere di meglio. Quasi non si riconosce in quelle parole, in quei sussurri flebili, in quell'indecisione che lo porta quasi addirittura a tremare. Rocket il cocciuto, Rocket lo zingaro dalla battutaccia sempre pronta, Rocket che non ha mai avuto bisogno dell'aiuto di nessuno...Gli chiede perchè abbia scelto proprio lui. Con tutta l'innocenza e l'esitazione che un quattordicenne pieno di dubbi come lui possa mai avere. Le dita del Corvonero, sino a quel momento ferme sulle sue spalle, risalgono lungo il suo collo sino ad affondare tra i capelli, ed il suo bisbiglio serpeggia nell'atmosfera oltremodo silenziosa di quello stanzino. « Niente per cui bastino sette minuti.. » Poche semplici parole, soffiate sottovoce. Poche semplici parole capace di fargli battere il cuore così forte da far male. Non sa se sia per colpa dell'alcool, ma un calore sconosciuto inizia a crescergli dentro, espandendosi sempre di più a macchia d'olio, irrorando ogni suo vaso sanguigno ed impossessandosi di ogni sua facoltà mentale. Sei parole, capaci di aprire un varco in quel mare di paure e dubbi. Greagoir è lì, stretto al suo corpo, e lo desidera tanto quanto egli desidera lui. Per la prima volta, Dragomir sente che quel ragazzo che tanto gli ha fatto perdere la testa in quegli ultimi mesi, possa effettivamente appartenergli, in qualche modo. Forse è solo un'illusione dettata da un desiderio recondito e nascosto, sicuramente risvegliato dagli effetti dell'alcool, ma se così fosse, allora non vuole risvegliarsi. Sospira dunque, ed il suo respiro va ad infrangersi sulle labbra dell'altro, mentre lui -dal canto suo- si inumidisce le proprie con la punta della lingua, deglutendo. « Credo di essere un po' brillo quindi è il momento giusto per dirti una cosa che penso, penso, penso e non ti dico mai.. » Il corpo del ragazzo si stringe contro il suo, risvegliando una serie di impulsi a lui sconosciuti. « ...penso che mi piaci da matti Rocky e che di quello che dicono di te non mi importa un accidente. Lo so che ti ho detto che questa sarebbe stata una serata così.. tra amici, senza impegno.. ma quando la bottiglia ha girato prima, ho sperato che scegliesse me. Perché io stasera, da questa festa, me ne voglio andare con te.. »
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    Si mordicchia il labbro inferiore, inchiodato dallo sguardo del Corvonero. Un azzurro intenso e magnetico, illuminato da una scintilla che il Tassorosso non ha mai visto prima d'ora. Sospira, perchè improvvisamente si sente mancare il respiro. Quelle parole sembrano un desiderio che si avvera. Le ha bramate per tanto tempo, fantasticandoci sopra, ed ora che sono lì, vivide ad aleggiare tra loro, non sa come comportarsi. Greagoir lo vuole tanto quanto egli vuole lui. Quella consapevolezza lo sconvolge, lo preoccupa e lo esalta al tempo stesso. Non ha idea di cosa gli stia succedendo nè perchè. Ma sente Greagoir, lo percepisce e lo fa con tutto il suo corpo. La sua pelle calda contro la propria, entrambi seminudi, gli causa delle scariche elettriche che è incapace di controllare ed ignorare. Il viso dell'altro, bellissimo nonostante l'illuminazione scarsa, si fa sempre più vicino mentre Rocket risponde a quelle pulsioni protraendosi ulteriormente verso di lui. Ha bisogno di quel contatto, vuole quel contatto. « ..e non da amici. Io non me li bacio i miei amici. E tu me lo dici a cosa pensi? » E quando Rocket Dragomir vuole qualcosa, fa di tutto per ottenerla. Esita qualche istante, lo sguardo fisso in quello del ragazzo. A dividerli solo una decina di centimetri, mentre il proprio respiro si infrange sul volto dell'altro, mischiandosi al suo. Troppi i dubbi, troppe le domande e le preoccupazioni. Cosa stanno facendo? Perchè sono giunti a quel punto? Perchè diavolo si sente la testa tanto leggera e il suo intero corpo sembra fremere a contatto con quello di Greg? Non lo sa. Non lo sa e non gliene frega nulla. « ...A questo. » Si spinge in avanti, quel poco che basta per scontrarsi contro il viso di lui. Cerca le sue labbra e le trova, pressandovi sopra le proprie. Si sono baciati tante di quelle volte prima d'ora che, ad una certa, avevano persino perso il conto. Si erano baciati tante di quelle volte, è vero, ma mai Rocky si era sentito così. E sarà l'alcool, sarà la vicinanza o l'avventatezza di uno stupido ragazzino di quattordici anni incapace di far pace col cervello ed i propri istinti, sarà tutto quello che volete, ma una cosa è certa: è questo ciò che vuole. Vuole lui, vuole che sia suo, vuole che quel bacio sia soltanto l'inizio. "E vorresti andare oltre con lui, vero?" La voce squillante di Adelle rimbomba nei suoi pensieri, e quasi come a volerle rispondere, Rocket si spinge in avanti ulteriormente, osando in quel bacio che, mano mano che i secondi scorrono, abbandona sempre di più qualsiasi accezione innocente che dovrebbe esser tipica della loro età. Sì, vuole andare oltre. E allora va oltre, mentre con la lingua si fa spazio in lui, scavando in una danza intrecciata, bollente ed umida. Quel bacio sa di alcool, sa di incertezza, sa di inesperienza, ma sa anche di passione. La mano poggiata sul suo petto inizia a vagare, sgusciando sotto la stoffa della tunica e percependo la pelle bollente di lui. Aderisce ulteriormente contro il suo corpo, sfiorando inavvertitamente il suo bacino col proprio. Quel contatto inaspettato e appena accennato lo investe con un migliaio di sensazioni sconosciute, pulsioni ancora troppo difficili da contenere, ed è allora che si stacca all'improvviso, con un ultimo sospiro ad infrangersi sulle labbra dell'altro. « S-scusa, io... » Mormora, ritornando alla realtà. Una realtà dove il suo respiro è accelerato, il cuore gli batte troppo forte, un calore al basso ventre non ne vuole sapere di andar via e la sua bocca sa ancora di lui. « Io ti voglio Greg. Voglio pensare a te come a..A qualcosa de mio, che m'appartiene. Perchè sì, ci sto bene con te, ce sto pure troppo bene. E non so nemmeno perchè, non so manco com'è possibile ma mi piaci, e pure tanto. Anche se semo diversi, anche se te pijo sempre in giro. E'..è ridicolo pensà di volerti come..Com'è che se dice? » Lo sai, Rocky. « Fidanzato? » Si morde il labbro inferiore, riavvicinandosi. « Puoi pure dimme de no, eh. Ma se la tua risposta sarà sì...Voglio uscì da sto sgabuzzino subito perchè cor cazzo che in sette minuti riuscirò a dimostratte quanto ti voglio, nun me basterebbe una notta intera. » L'ho detto ad alta voce? L'ho detto ad alta voce. « Allora cosa vuoi fare, Greg? Dentro o fuori? »


    Edited by boys don't cry - 17/10/2017, 17:54
     
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    er bacchetta


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    Il vociare di decine di studenti in lontananza ricordava a tutti come una festa fosse ancora in corso. Universi paralleli sembravano essersi sviluppati oltre la Sala Grande. In uno di essi, Olivander e Dragomir erano stati rinchiusi in uno sgabuzzino per le scope, forzati alla convivenza in uno spazio ristretto per sette minuti. In un altro, Victor Roberts era alle prese con l'operazione più difficile della sua vita: aprire quella bottiglia di Idromele Scozzese rubata per l'occasione dalle cucine di Hogwarts. « Da' qua, ci provo io! » Barney Jones, il miglior amico di Victor, era talmente grosso e stava barcollando talmente tanto che probabilmente, se fosse inciampato sui suoi piedi, si sarebbe sentito il tremore della terra per tutta la scuola. In effetti non sembrava reggersi granché in piedi, tanto aveva bevuto, ma sorprendentemente riuscì ad aprire la bottiglia di alcolico in tempo record, perché si sa che con l'incentivo giusto tutto è possibile! Tutto ciò che Barney Jones desiderava era un altro po' di alcol e il conseguente coma etilico che ne sarebbe derivato. « Ben fatto! » ragliò Victor con la voce impastata, recuperando la bottiglia dalle mani del compagno con una velocità e una forza degna di un rapace, per poi iniziare a bere avidamente. Buttati per terra, contro il muro di un corridoio qualunque del primo piano, i due serpeverde bevevano e ridevano come se non ci fosse un domani, finché una lampadina si illuminò nella testa di Barney. « Ma.. noi non dovevamo fare una cosa? » Victor liberò le labbra dalla bottiglia, guardandolo di sottecchi come se l'amico avesse detto la cosa più stupida del mondo: « Aprire la bottiglia, idiota! Non lo vedi? » Barney annuì, concordando, prima di riappropriarsi del liquore. Però non sembrava ancora del tutto convinto. « No, però.. abbiamo aperto la bottiglia perché dovevamo aspettare qualcosa.. » Aspettare qualcosa? Roberts alzò le spalle, nella sua testa non c'era spazio per niente che non fosse semplice, chiaro, lineare. « ...aspettare.. aspettare.. I SETTE MINUTI! Abbiamo tenuto quei due nello stanzino! » Victor Roberts, che tra i due figli di Salazar era quello più acuto e intelligente, improvvisamente sembrava essere stato lobotomizzato. Quei due chi, esattamente? « Dai Vic, Greg e lo zingaro! » biascicò, rialzandosi pesantemente con entrambe le mani sul muro per aiutarsi. Altri due secondi servirono a Roberts per ricordarsi chi fossero Greg, lo zingaro, i sette minuti e perfino sé stesso. Si lasciò aiutare da Barney ad alzarsi e insieme, a braccetto, iniziarono a barcollare verso lo stanzino delle scope poco lontano dalla Sala Grande. Una curva a destra, un'altra a sinistra oltre il corridoio superare da una coppietta in evidente stato euforico ed eccolo là, lo stanzino dove il loro spassosissimo gioco si era consumato. « Sicuro Dragomir l'ha molestato.. o gli ha rubato un organo per rivenderlo.. sai quanti soldi ci fai? » la sua risata senza controllo tuonò in tutto il corridoio, echeggiando più del dovuto. Lasciò il braccio di Barney e si buttò contro la porta, battendo i pugni una, due, tre volte. « Ehi piccioncini, tempo scaduto! Sei ancora vivo Greg?! » Victor si coprì la mano con la bocca per soffocare l'ennesima risata e incollò l'orecchio alla porta dello sgabuzzino. Provò a bussare ancora ma.. niente, nessuna risposta. « ...oh cazzo, l'ha ucciso davvero! Cos'abbiamo fatto?! » Victor Roberts voltò lentamente lo sguardo verso il migliore amico, nei suoi occhi lucidi si poteva leggere il terrore. Andiamo, non può essere.. ma se fosse stato così? Chi lo sa gli zingari di cosa sono capaci? Il preside avrebbe dato la colpa a loro, per aver ficcato Greagoir in uno sgabuzzino strettissimo con un pericoloso reietto della società! Oltretutto, era di un Olivander che stavano parlando, non di un mago qualunque. Si stropicciò gli occhi, con le dita che tremavano appena, prima di posare una mano sul pomello rotondo della porta. « Greg, noi entriamo! » Barney lo affiancò, pronto a saltare contro l'assassino nel caso avesse tentato di fuggire. Non avrebbero potuto dir loro niente, se avessero trascinato Rocket dal preside! Victor inspirò forte e trattenne l'aria, piombando dentro lo stanzino delle scope.. ma oltre la porta, non c'era nessuno. « Ma che...? »

    Universi paralleli sembravano essersi sviluppati oltre la Sala Grande. In uno di essi, Olivander e Dragomir erano stati rinchiusi in uno sgabuzzino per le scope, forzati alla convivenza in uno spazio ristretto per sette minuti. Ma una magia potente e sconosciuta aveva fatto esplodere quei sette minuti rendendoli eterni. Eterno era sembrato al corvonero il tempo in cui le sue dita erano scivolare tra i capelli biondi del suo zingaro, eterno il tempo impiegato per trovare il coraggio di dirgli ciò che sotto il peso della sobrietà non aveva mai trovato il coraggio di dirgli. Per via delle convenzioni sociali, perché di certo un ragazzo come Rocket non aveva nulla da spartire con uno come lui.. perché aveva quattordici anni e nulla sembrava avere senso. Greg era cresciuto in una famiglia che sapeva porre un confine netto tra segreto e confessione: c'erano cose che non sarebbero mai dovute uscire oltre la porta di casa, altre che era necessario urlare al mondo. I segreti delle bacchette? Nossignore, un vero Olivander sarebbe morto portandoseli nella tomba. Ma gli affari del cuore, l'amicizia, l'amore, i sentimenti.. quelle erano cose che dovevano essere condivise, gridate a pieni polmoni, vantate perfino! Glielo diceva sempre, suo padre Gawen: che senso ha possedere i segreti magici più antichi del mondo se poi non ti circondi di persone che ti vogliono bene, Greg? Le bacchette non sanno abbracciarti quando sei triste. E allora gridalo Greg, quando senti il cuore battere più forte del solito per qualcuno di speciale. Era questa l'unica regola di Greagoir Olivander. Sorridi quando sei felice. Piangi quando sei triste. Urla quando senti scoppiare il cuore di rabbia. Senza vergogna, senza sentirti meno "uomo", senza pensare a cosa dirà la gente perché la sincerità del cuore vale più delle chiacchiere degli sconosciuti. Tutto vero, finché Rocket Dragomir non si era catapultato nella sua vita come un bolide impazzito, colpendolo in pieno, in ogni senso possibile. Conoscendolo, giorno dopo giorno, aveva sentito un legame forte e sempre più stretto capace di unirlo a quello strambo tassorosso dal marcato accento italiano. Aveva sentito il cuore battere più forte del solito, vicino a lui. Ma mai, in quei mesi, aveva avuto il coraggio di essere sincero con lui, sentimentalmente parlando. Perfino dopo il primo bacio, perfino dopo il secondo e il terzo e il quarto, perfino dopo le carezze innocenti e il tempo passato insieme, perfino nel tempo passato lontano da lui premendo contro sé stesso per bloccare la frustrazione della lontananza, perfino allora pronunciare quelle parole l'aveva terrorizzato. Mi piaci da matti, Rocky. Aver fatto fuggire dalla prigione del cuore nel quale le aveva rinchiuse, quelle quattro semplice e pericolose parole, lo fece sentire piccolo, indifeso.. ma libero. Libero di dire tutto ciò che voleva, grazie alla leggerezza dell'alcol e della gioventù; libero di essere tutto ciò che voleva, un ragazzino a cui erano andate bene fin troppe cose e che avrebbe portato a casa anche quella vittoria. Perché Greg su Rocket aveva fantasticato parecchio, steso sul proprio letto prima di prendere sonno, ed era giunto alla conclusione che se mai qualcosa fosse nato tra i due giovani, sarebbe stato un azzardo.. ma uno di quelli vincenti, che ti lasciano col fiato sospeso finché il risultato non ti piomba addosso. Greg e Rocket sarebbero stati una vittoria, voleva che fossero una vittoria, l'ennesima cosa bella della sua vita. E di lì a poco l'avrebbe scoperto, se fossero stati o meno una vittoria. L'avrebbero decretato le parole di Rocket, risposta ad una semplice domanda: a cosa pensi, Rocky? Sul viso del tassorosso regnava una serietà che Greg non conosceva, abituato com'era ai suoi sorrisi, alle battute pronte e alle volgarità sempre pronte a tuffarsi dalla punta delle sua lingua. Non quella sera, così stretto a lui da poterne sentire il respiro sulla pelle. « ...A questo. » Pensava ad un bacio come ne aveva mai ricevuti, se non nelle fantasie che di tanto in tanto faceva. Perché infinite volte aveva immaginato il proprio corpo avviluppato a quello di Rocket Dragomir, in atteggiamenti che andavano ben oltre l'amicizia. I baci che si erano scambiati in maniera ostinata erano stati sempre infantili, innocenti a modo loro, baci tra giovani appena venuti al mondo e non tra amanti. Eppure, schiudendo le labbra per incontrare la lingua di Rocket, sentì avvampare dentro un fuoco che di innocente e giovane non aveva nessuna parvenza. Dai capelli spettinati, le dita del corvo scesero per intrecciare le braccia intorno al suo collo, lasciando che il corpo di Dragomir, più alto e imponente di lui, lo bloccasse contro lo scaffale dei detersivi per pavimenti. Si mosse avidamente sulla bocca di lui, mentre le mani di Rocket rompevano i muri che da quella volta al lago avevano iniziato a sgretolarsi, ricoprendosi di crepe oltre le quali si erano visti, finalmente: due corpi destinati ad incontrarsi. Lo sentì sulla pelle e ogni centimetro toccato era un brivido, un aspettativa di quel piacere che mai la vita gli aveva offerto.. e che forse, quella sera, avrebbe potuto conquistare. Involontariamente Greg lo attirò a sé e allora lo sentì, eccitato come non avrebbe mai sperato. « S-scusa, io... » La vergogna, così pensò il corvonero, allontanò Rocket da sé; fu solo il buio a proteggere entrambi dalla vista dei loro reciproci desideri, si ritrovò a pensare ancora. Il biondo respirò a pieni polmoni l'aria pesante dello sgabuzzino e, con essa, il respiro di un Rocket ancora troppo vicino a lui. Perché ti scusi? « Io ti voglio Greg. Voglio pensare a te come a..A qualcosa de mio, che m'appartiene. » Fu udibile ad entrambi il respiro di Greg strozzato dall'emozione di quella rivelazione. Mai infatti Olivander si sarebbe potuto aspettare da parte del tassorosso una tale profondità di emozioni. Sì, sapeva di piacergli in una qualche maniera.. sapeva che Rocket avrebbe passato tutto il tempo del mondo in sua compagnia.. ma fino a quel punto? Qualcosa che m'appartiene. Le labbra del piccolo Greg vennero increspate da un sorriso di genuina felicità, misti ad un imbarazzo che via via scemava, ogni secondo di più. Di cos'avrebbe dovuto essere imbarazzato, in fondo? Di piacere a qualcuno? Di farsi amare? Non c'è nulla al mondo di più bello che amare e lasciarsi amare, un altro insegnamento di Gawen Olivander. « Perchè sì, ci sto bene con te, ce sto pure troppo bene. E non so nemmeno perchè, non so manco com'è possibile ma mi piaci, e pure tanto. Anche se semo diversi, anche se te pijo sempre in giro. E'..è ridicolo pensà di volerti come..Com'è che se dice? Fidanzato? » Fidanzato. Quella parola, banale e strausata, quella parola che aveva sentito così tante volte da fargli venire la nausea sulla bocca delle compagne e della stessa Ophelia, quella parola ora per un qualche regalo del Fato gli era stata rivolta. Lui, Greagoir Olivander, lo scapolo d'oro di Hogwarts.. fidanzato? « Puoi pure dimme de no, eh. Ma se la tua risposta sarà sì... Voglio uscì da sto sgabuzzino subito perchè cor cazzo che in sette minuti riuscirò a dimostratte quanto ti voglio, nun me basterebbe una notta intera. Allora cosa vuoi fare, Greg? Dentro o fuori? » In silenzio, colto alla sprovvista dalle parole più belle che qualcuno gli avesse mai detto - parole che non avrebbe mai dimenticato, negli anni a venire - Greagoir si sporse bruciando quel poco spazio tra loro e, in punta di piedi, posò un altro bacio sulle labbra di Rocket, accarezzandogli il viso con entrambe le mani. Vicini, perché una confessione del genere non poteva essere che sua, solo sua e di nessun altro al mondo. « Io credo.. di appartenerti già. Sono sempre stato tuo, da quella volta che.. m'hai fatto 'n po' de danno. » Risero entrambi, uno sulle labbra dell'altro, giovani e spensierati. Nulla sarebbe potuto andare storto. Insieme, erano un azzardo vincente. Sentì il cuore battere all'impazzata, mentre parole sgorgavano da esso arrivando alla bocca ben prima di passare dalla coscienza. « Voglio stare con te stanotte. »

    La testolina bionda e disordinata di Greagoir Olivander spuntò oltre la porta socchiusa dello sgabuzzino; nel corridoio non c'era nessuno. Entusiasta come un bambino, afferrò al volo la mano di Rocket e lo trascinò fuori, richiudendo la porta per non destare sospetti a quella banda di serpeverde che di lì a poco sarebbe sicuramente tornata. Grave errore, per loro, abbandonare il campo! Perché di quella leggerezza Greg approfittò subito, iniziando a correre per i corridoi mano nella mano con Rocket. Non sapeva bene dove andare, ma non ebbe bisogno di una vera e propria decisione: arrivati alla scalinata che li avrebbe portati ai piani superiori, Dragomir lo tirò per la mano delicatamente, invitandolo a seguirlo in un corridoio che conosceva oramai molto bene e che li avrebbe portati, di lì a qualche minuto, nella sala comune dei Tassorosso. Sembrava non esserci anima viva, in quell'ambiente che di notte pareva addirittura diverso, illuminato fiocamente da torce. In silenzio, furtivi come solo chi condivide il segreto più importante del mondo sa essere, varcarono una delle grandi porte rotonde per arrivare al dormitorio maschile e, là, alla camera di Rocket. Greg la conosceva, ci era stato qualche volta, ma non l'aveva mai vista in quel modo.
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    E in quel modo non aveva mai visto Rocket Dragomir, in piedi davanti a lui mentre si richiudeva alle spalle la porta. Era alto, poteva leggere i lineamenti del suo corpo imponente sotto la corazza da centurione. Era bellissimo. Eppure, incontrando i suoi occhi sul viso bagnato dalla luce della luna oltre le finestre, vi ritrovò sé stesso: ritrovò la propria insicurezza, mista ad un desiderio che bruciava in maniera incontrollata. Non erano soltanto fuoco che divampa, insieme erano Ardemonio. O lo sarebbero diventati, questo era certo. Affondò senza neanche accorgersene i denti sul labbro inferiore, tendendo una mano affinché Rocket la prendesse. Vi intrecciò le dita e si avvicinarono, l'uno all'altro. Consapevoli, pur non avendo la più pallida idea, in fondo, di ciò in cui si erano cacciati: era un gioco più grande di loro, l'amore. Con entrambe le mani, lasciò le sue per sfiorargli le braccia nude e risalire, in un tocco leggero, esplorando i muscoli forti e tonici. Non aveva fretta Greg né non voleva averne. Tutto ciò che voleva fare era esplorare il corpo di un'anima che aveva subito sentito affine alla sua, malgrado tutte le differenze. Le dita scivolarono appena sotto le maniche corte della tunica, arrivando alle spalle ampie e forti, immaginando con tenerezza tutte le storie su papà Dragomir che Rocket gli aveva raccontato. Malgrado tutta la violenza, malgrado il brutto e il bello della sua cultura, Rocket si stagliava di fronte a lui come il giovane e fiero uomo che era: no, non sarebbero state le loro differenze a dividerli, sarebbero state le differenze ad unirli. « Rocky.. » sussurrò piano, mentre le dita si muovevano sui gancetti che reggevano il bel mantello rosso del centurione, lasciandolo cadere a terra. Soffocò una risata divertita. « ..ma tu quanto ci stai bene con me? » gli domandò, provocatorio. Lo voleva sentire ancora, dalle sue labbra. Glielo voleva sentir dire, ancora e ancora, per provare finalmente cosa significa appartenergli. Appartenergli davvero.



    Edited by Wand Boss - 17/10/2017, 00:14
     
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    'sono stati gli zinghiri'
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    Era iniziata per caso. Greagoir e Rocket, avevano cominciato ad esistere per caso. Un giorno come tanti altri, un allenamento di quidditch anonimo, un incidente come se ne sentivano di ora in ora. Eppure, dal caso era nato il particolare. E dal particolare erano nati loro: Greagoir e Rocket. Quel ragazzino era entrato a far parte della sua vita senza alcun preavviso. Era diventato necessario senza che neanche se ne accorgesse. Lui, Rocket, che non aveva mai avuto bisogno di nessuno, si era aperto con lui come mai aveva fatto prima d'ora. Perchè il Tassorosso era fatto così. Era orgoglio, era fierezza, era coraggio; una testa dura e gloriosa come poche, ereditata da una tradizione antica come il mondo stesso. Lì al castello c'era arrivato da solo, e da solo c'era cresciuto. Quando la lettera per Hogwarts era giunta a casa Dragomir, Rocky non ci aveva impiegato molto a farsi un quadro generale della faccenda: se avesse deciso di andare a quella scuola, oltrepassando i voleri del padre e dell'intera sua famiglia, se la sarebbe dovuta cavare da solo. E da solo se l'era cavata, in fin dei conti, fronteggiando a testa alta qualsiasi situazione, avversa o propensa che fosse. Per anni era esistito soltanto Rocket Dragomir, il ragazzino giunto da lontano, con quella sua cicatrice sul viso, tutti quei piercing e la divisa di terza o quarta mano. Quel ragazzino che non aveva molti amici, e che di certo, con quel caratteraccio che si trovava, non sembrava aver voglia di farsene altri. Stava bene così per come stava, protetto quasi da tutti quei pregiudizi che gravavano sulle sue giornate come una coltre di fumo. Il mondo lo odiava già, in fondo, avrebbe potuto sbagliare quanto voleva ed il mondo avrebbe continuato ad odiarlo. Un ragionamento triste, ma oltremodo comodo. E quindi Rocky sbagliava di giorno in giorno, fregandosene delle conseguenze. Prendeva la vita così come gli giungeva davanti, senza pensare neanche per un momento di poter avere qualcosa da perdere o qualcuno a cui importasse di lui. Poi però, Greagoir era apparso, come un fulmine a ciel sereno, sconvolgendo ogni equilibrio. E quì torniamo al punto di partenza: era successo tutto per caso. Quella conoscenza era cominciata come tale. Un semplice compagno di scuola col quale era stato costretto dalle circostanze a dialogare per far passare il tempo in quell'infermeria dove entrambi erano stati internati per forza di cose. Dalla semplice conoscenza s'era passati poi all'amicizia. Dall'amicizia al desiderio, all'aspettativa, all'attrazione, all'amore. Rocket Dragomir amava già Greagoir Olivander a quel tempo? Sì. Amore a prima vista, primo amore, prime esperienze. Si era ritrovato catapultato nella trama di uno di quei film da femmine che sua madre era solita guardare assieme ad alcune delle sue sorelle. Quelli con la solita trama trita e ritrita, con due innamorati alle prime armi di fronte ad un sentimento nuovo, incapace d'esser controllato. Ricordava tutte quelle volte in cui aveva riso davanti alla tv, prendendo in giro un'offesissima Aneta per i suoi gusti in fatto di cinema. Il vero amore? Una stronzata per femminucce! ..Col senno di poi, però, mai parole erano state più false. Non l'avrebbe ammesso, e a quel tempo non l'avrebbe nemmeno capito, ma il vero amore esisteva, e lui lo aveva davanti. Stretti in quello sgabuzzino claustrofobico, petto contro petto, con le loro bocche ad intrecciarsi l'una contro l'altra. Un bacio come quello, Rocky non l'aveva mai dato nè ricevuto. Di quei baci che ti sconvolgono dall'interno, con quel calore tipico che ti esplode dentro bloccandoti il battito cardiaco ed il respiro. La lingua di Greagoir aveva scavato dentro di lui, mentre le sue braccia s'erano avviluppate contro il suo collo, costringendolo ad avvicinarsi a lui ulteriormente. Lì l'aveva sentito, percepito, il desiderio di Greg pulsare sotto il suo stesso, e la consapevolezza d'esser bramato da chi desiderava a sua volta più di ogni altra cosa, non faceva altro che aumentare il piacere di quell'attesa che si faceva sempre più incontenibile, ogni minuto che passava. Troppo piccolo per capire, ma abbastanza maturo per ammettere ciò che era ben chiaro, seppur nascosto dal buio di quello stanzino: Rocket Dragomir voleva Greagoir Olivander, e lo voleva con tutto sè stesso. Con ogni centimetro del suo corpo. Sentiva il suo respiro bollente sulla propria pelle, e quel solo contatto, effimero e assai poco concreto, gli causava una fitta rete di brividi lungo la schiena. « Io credo.. di appartenerti già. Sono sempre stato tuo, da quella volta che.. m'hai fatto 'n po' de danno. » Greagoir si era riavvicinato, annullando quella poca distanza instauratasi tra loro due e causata da una vergogna tipica della loro giovane età. Stavano andando a compiere un passo molto più lungo della gamba, e questo lo sapevano entrambi, in fondo. Eppure eccoli quì, l'uno con le mani poggiate sul viso dell'altro, a confessarsi cose mai dette, seppur probabilmente sempre pensate. Il più alto dei due ride, di una risata che ha del tenero, forse misto ad una leggera punta d'imbarazzo. Le labbra di Greagoir sono così vicine alle sue che non resiste dallo stamparvi sopra un altro bacio, seppur breve e veloce. Poi, quelle parole arrivano. « Voglio stare con te stanotte. » E sono parole che non si aspettava, ma che aveva desiderato sin dal primo momento. Greagoir lo vuole, tanto quanto Rocket vuole lui. Ci ha sperato per tutto quel tempo. Ha fantasticato per tutti quei mesi su come avrebbe potuto essere...E ora? « Andiamo. »

    Stanno correndo lungo i corridoi deserti del castello. Le dita di Greg sono strette contro la sua mano, mentre oltrepassano quei cunicoli sino a giungere alla scalinata per i piani superiori. Si guarda attorno, Rocky, come a volersi accertare che quel coglione di Roberts e la sua banda di energumeni senza cervello non stia loro alle calcagna. Niente all'orizzonte: che idioti. Ride, prima di esser lui stavolta a tirarsi dietro il compagno. La soluzione più ovvia per rimanere da soli gli sembra la sua camera, lì nella sala comune di Tassorosso. In fin dei conti, le modalità per entrare nella patria oro-nero non sono mai state particolarmente difficili, ed i suoi compagni hanno sempre accettato abbastanza tranquillamente qualsiasi tipo d'intruso. Si guarda attorno, sgusciando all'interno della Sala pressochè vuota, prima di dirigersi con passo saltellante verso la propria camera. Apre la porta, attento a non far troppo rumore, facendosi da parte per lasciar entrare il Corvonero, per seguirlo poco dopo, richiudendosi la porta alle spalle. Lo cerca con lo sguardo, esitando qualche istante, la bocca semiaperta. E' a quel punto che lo vede, bellissimo sotto i raggi lunari. Era possibile che potesse piacergli così tanto? Era naturale, era giusto? In fondo, forse stava solo immaginando ogni cosa. Forse Greagoir era destinato a diventare uno dei suoi più grandi amici, e di ciò che avrebbero fatto questa notte, ne avrebbero parlato ridendo e scherzandoci sopra tra qualche anno. Erano tante, troppe le domande e le insicurezze, eppure Greg era lì, suo come mai lo era stato prima d'ora. Bellissimo, con quei capelli biondi, molto più chiari dei suoi, di una tonalità quasi simile all'oro, o al grano maturo. Gli piacciono i suoi capelli, gli piace il suo viso, gli piacciono i suoi occhi chiari. Greagoir è perfetto, o almeno è così che Rocket lo vede. Il Corvonero rispecchia qualsiasi canone di quel prototipo di bellezza che Dragomir non ha mai neanche pensato prima. E' vero, forse un giorno cambierà idea, forse un giorno capirà che i ragazzi non rientrano davvero nei suoi interessi, ma Greagoir rimarrà sempre bello. Un dio greco, perfettamente calato nella parte. Il fisico slanciato è perfettamente avvolto dalla tunica, dalla quale Rocket riesce ad intravedere uno scorcio di nudità di quel corpo che tanto vorrebbe esplorare più da vicino. E lo vede. Greagoir si morde il labbro inferiore, e quel calore già in parte esplorato in quei pochi minuti nello stanzino delle scope, esplode di nuovo in lui. Forse esagera, forse non dovrebbe, forse è tutto così dannatamente sbagliato, eppure così è e -sinceramente- non vuole far nulla per cambiare le cose. E si avvicina dunque, stringendo la mano dell'altro con la propria, mentre le cinghie del suo costume da centurione accompagnano i suoi movimenti col loro tintinnio. Le mani del ragazzo scivolano sulle sue spalle in un contatto delicato, insinuandosi sotto la stoffa del costume. Il suo tocco brucia sulla pelle, mentre il Tasso si inumidisce le labbra con la lingua, con un sospiro che va ad infrangersi nell'atmosfera silenziosa. A far rumore sono soltanto i loro cuori che battono all'unisono, irregolari, ed i loro respiri via via sempre più affannosi. « Rocky.. » Lo libera del mantello, lasciandolo che precipiti per terra, ed entrambi ridono « ..ma tu quanto ci stai bene con me? » Quella domanda giunge ovattata. L'ha già sentita, in un contesto differente. Qualche giorno prima del ballo, distesi sul divano di quella stessa sala. Quella domanda era trapelata piano, leggera, innocente, carica di tutte quelle indecisioni che un ragazzino di quattordici anni com'era Greagoir potesse avere. Ora sembra non esservi traccia di quelle stesse emozioni. L'indecisione c'è, è vero, regina indiscussa su tutte le loro azioni e parole di quel momento, ma c'è anche dell'altro. V'è provocazione, aspettativa, desiderio. V'è un fuoco che Rocket non ha mai visto nello sguardo dell'altro, e che lo colpisce in pieno, sgusciandogli sotto pelle. Prende un lungo respiro, tentando di concentrarsi per formulare una frase di senso compiuto. Un angolo della sua bocca si piega in un mezzo sorriso.
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    « Tanto, pure troppo. Ci sto così bene con te che quanno non ce stai, ti penso comunque. » Rivela, mentre questa volta sono le sue di mani a cominciare ad esplorare quel corpo marmoreo. Le dita si muovono lente, ma frenetiche al tempo stesso, setacciando ogni lembo della sua pelle scoperta. Gli avvolge le spalle, per poi accarezzargli il petto scoperto. « E tu? Quanto ci stai bene con me? » Si avvicina di nuovo alle sue labbra, sorridendovi sopra, prima di baciarlo nuovamente. Averlo così vicino e resistergli è impossibile. Ingloba le sue labbra con la propria bocca, incontrando per una seconda volta la sua lingua ed intrecciandovisi con foga. Le dita vanno a poggiarsi sui lembi della tunica, questa volta decisi a liberare definitivamente ciò che si trova semi scoperto. La abbassa, quel tanto che basta per scoprirgli il petto, su cui poggia le mani ed esercita una leggera pressione per spingerlo verso dietro, continuando a baciarlo. Le mani che non si fermano dal vagare attraverso il suo corpo, come a volersi accertare che tutto ciò stia realmente accadendo. Greagoir è lì, e lo sente, percepisce la sua pelle reagire sotto il suo contatto. E allora continua ad accarezzargli le spalle, il petto, saggiando ogni centimetro di lui con curiosità e desiderio, sino a giungere al busto. Esita qualche istante su quei muscoli più che accennati, grazie agli allenamenti di quidditch, ed è allora che, senza ancora staccarsi dalle sue labbra, l'istinto prevale sulla ragione e la sua mano scivola ancora più in basso, sempre più in basso, sino a sfiorare ciò che forse non dovrebbe. E lo sente, eccitato come non avrebbe mai immaginato. Istintivamente i denti del Tasso vanno a cozzare contro il labbro inferiore di lui, e rimane per qualche istante immobile, con la mano sinistra ancora ferma nel punto più debole di qualsiasi uomo, come ad attendere una reazione negativa da parte del ragazzo che, stranamente, non sembra arrivare. Stringe appena la presa delle dita, scostandosi dalla sua bocca per riprendere respiro, ma è in quel momento che perdono l'equilibrio entrambi, giunti sin troppo vicini al letto senza neanche accorgersene. Non riesce a trattenere una risata spontanea, mentre si sposta di lato, mettendosi a sedere e attendendo che l'altro faccia lo stesso. Non sa cosa dire, mentre si passa la lingua sulle labbra senza neanche accorgersene, percependo di nuovo il sapore di lui. « Ce pensi a me quando non stamo assieme? » Quella domanda risuona ambigua, scivolando tra loro, e lo stesso fa Rocket: scivola per terra, inginocchiandosi proprio di fronte a lui. Non ha la più pallida idea di cosa stia facendo e del perchè lo stia facendo. Ma l'alcool sembra esser salito tutto d'un tratto, o forse non si tratta solo di quello. Si sente la testa leggera, e sente caldo, decisamente caldo. Lo guarda dal basso verso l'alto, senza riuscire ad evitare di soffermarsi con lo sguardo là dove l'imbarazzo gli impedirebbe di fare da sobrio, mordicchiandosi il labbro inferiore, allusivo. Cerca poi il suo sguardo, tentando di dimenticare per un attimo tutta quell'insicurezza che lo attanaglia dall'interno, e gli poggia una mano sulla coscia. « L'hai già fatto con qualcuno, prima? Intendo...Tutto. » Sospira « Vojo fà tutto con te, stanotte. » Anche se non ho la più pallida idea da dove cominciare.


    Edited by boys don't cry - 17/10/2017, 17:57
     
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    er bacchetta


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    Da che ne avesse memoria, Greagoir Olivander non si era mai sentito insicuro. Al contrario, il corvonero era la personificazione di una sicurezza chiara e precisa, sintomo di una mente capace di concentrarsi in maniera ferrea e focalizzarsi su un obiettivo. Era così, il giovane Olivander: si fissava un punto di arrivo, ne studiava il percorso nei minimi dettagli, elaborava delle strade collaterali in caso di emergenza e partiva, senza voltarsi indietro. Era sicuro Greg, ma privo di quella stupidità dettata dall'avventatezza tipica degli adolescenti. Rifletteva sulle cose, malgrado la propria giovane età, con un'immatura lucidità che difficilmente si può riscontrare a quattordici anni. Quell'obiettivo che si prefiggeva, lo raggiungeva ad ogni costo grazie a tutta una serie di abili mosse, una dietro l'altra, capaci di portarlo al traguardo. Sicurezza era la sua parola chiave e lo era stata finché il suo mondo aveva girato per il verso giusto, senza cambiare mai. Quattordici anni di tranquillità, fino a che Rocket Dragomir non arrivò come un razzo a scombussolare ogni cosa. Accanto a lui Greg si sentiva a malapena sé stesso, ma nel più bello dei sensi. Smetteva di rivestire i panni del figlio prediletto, dello studente modello e dell'amico perfetto per restare nudo con sé stesso, senza etichette e senza giudizi affrettati. Solo Greg, un adolescente con luci e ombre. Si sentiva capace di sbagliare, accanto a Rocket. Aveva paura di sbagliare, accanto a Rocket. Era strano, neppure riusciva a razionalizzare una paura del genere: cosa mai avrebbe potuto sbagliare? Rocket era di fronte a lui, camminava lento per prendergli la mano, si faceva sfiorare e tutto era così a posto agli occhi di Greagoir, tutto gli sembrava talmente giusto che difficilmente sarebbe potuto esserci qualcosa da sbagliare. Era la prima volta che sentiva distintamente i propri pensieri diventare una poltiglia uniforme e mescolarsi assieme, divenendo confusione e sentimenti contrastanti: Rocket era la sua primaria fonte di irrazionalità, in un mondo in cui la razionalità è tutto. Questo gli faceva paura, il non aver più pieno controllo sui propri pensieri e sulle proprie emozioni lo spaventava.. e la paura porta all'insicurezza. L'insicurezza genera altra paura e così, in un circolo vizioso, sotto i grandi occhi versi di Rocket Dragomir Greg si sentiva per la prima volta per ciò che era: un ragazzino vulnerabile. Eppure faceva di tutto per nasconderlo, si appigliava con le unghie e con i denti con la parte più forte del proprio carattere per tornare ad essere, anche giusto in quella stanza fuori dal mondo, il Greagoir Olivander che tutti conoscevano, quell'esserino spigliato e dalla battuta pronta che Rocket aveva deciso di farsi amico, un pomeriggio di primavera, nel silenzio dell'infermeria. Ci provava con lo sguardo, cercando di mantenerlo saldo sugli occhi caldi del tassorosso; ci provava coi movimenti, sperando con tutto il cuore che l'altro non notasse il lieve tremore delle dita sopra la sua pelle; ci provava con le parole, che vogliono ritrovare la libertà di sempre. Già si sentiva più libero, quando le mani grandi di Rocket iniziano a sfiorargli, con una delicatezza che non si sarebbe aspettato da lui, le spalle e da lì quella porzione di petto che la tunica bianca lasciava scoperta. Quanto ci stai bene con me, Rocky? « Tanto, pure troppo. Ci sto così bene con te che quanno non ce stai, ti penso comunque. » La testa del corvonero crollò in avanti, lasciando che la matassa di capelli biondissimi coprisse appena il genuino sorriso che era andato a increspare le sue labbra e, con esso, il rossore delle sue gote. Mai nelle poche e timide esperienze che aveva avuto in passato Greagoir si era sentito così, perché perché mai nessuno l'aveva mai fatto sentire così: come se fosse qualcosa di speciale, qualcosa a cui pensare anche quando non sei nei paraggi. Greg conosceva il proprio valore, fin da piccolo aveva sempre saputo di che pasta fosse fatto e quanto fosse capace di brillare ma non si era mai sentito così. Speciale. Eppure lo era, agli occhi di quel tassorosso unico nel suo genere. Speciale, il solo pensiero sembrava capace di alimentare il suo sorriso da là alla fine dei tempi. Lo aveva ancora sul viso quando Rocket si avvicinò col suo, sfiorandogli appena la punta del naso. « E tu? Quanto ci stai bene con me? » La domanda fece sorridere Rocket, contro le labbra di Greg che già hanno la risposta pronta. Ci sto così tanto bene da farmi paura.. e da non importarmene. La risposta morì contro la sua bocca e così, almeno momentaneamente, tutte le paure e i malumori del cuore; sentiva che tutto sarebbe potuto diventare migliore, grazie ai baci che Rocket aveva ormai imparato a strappargli. Ancorò le dita alle braccia del tassorosso, lasciandosi trasportare da lui in un mondo in cui perfino i pensieri diventano privi di importanza, un mondo che ruota in sincrono ai battiti del loro cuore. Ancorato a Rocket, non oppose resistenza al percorso che le mani fecero sul suo petto, risalendo sulla pelle liscia fino alla stoffa morbida di quel lenzuolo foggiato a tunica greca che con un unico gesto cadde dalla spalla del corvonero. Ci sto così bene da farmi spogliare da te nonostante la vergogna, nonostante non mi senta abbastanza bello per te.. abbastanza pronto. Ma i baci lo confondevano e con lui i sentimenti, mentre la vergogna veniva divorata dal desiderio. Col desiderio, la voglia di averlo ancora di più. Si sporse in avanti per ricercare il calore della lingua sulla sua, saggiando coi polpastrelli il tessuto di cui era fatta la corazza improvvisata del suo centurione, che tirò verso l'alto per poterla sfilare. Il petto di Rocket, finalmente nudo sotto i palmi delle sue mani, era esattamente come lo ricordava dalle poche volte in cui, di sfuggita e senza farsi troppo notare, l'aveva sbirciato in infermeria: un accenno della futura possanza già poteva essere letto sulla carta che i muscoli tonici del gitano tracciavano, sulle sue spalle ampie, nell'addome forte. Le dita sfiorarono il primo accenno di rada peluria sul suo petto, era una novità per cui che ancora di peli sul petto non ne aveva affatto. Lo trovò.. eccitante. Ed eccitato si scoprì, quando il tassorosso raggiunse nell'esplorazione un luogo che finora era rimasto vergine delle attenzioni altrui. Il respiro del corvonero si spezzò contro la bocca del suo zingaro, guardandolo intensamente negli occhi mentre l'eccitazione montava, a contatto con la presa di Rocket su di essa, sempre più salda. Ci sto talmente tanto bene con te che vorrei essere sempre toccato così.. solo da te.. per sempre. Mosse appena il bacino, quasi inconsapevolmente, perché la mano di Rocket si muovesse a ritmo con la foga con cui il piccolo Greg aveva preso a baciare l'altro, tirandolo a sé indietro, sempre più indietro, finché entrambi non si ritrovarono sul letto riscoprendosi per quello che erano: due ragazzini imbranati. E da ragazzini imbranati risero insieme, portandosi le ginocchia al petto e le mani sul viso arrossato dall'emozione dei loro primi contatti. Rocket gli si sedette accanto e così fece Greg. « Lo vedi quanto ci sto bene con te? » mormorò, fissandolo con la testa inclinata di mano e i grandi occhio azzurri ricolmi in una luce che trascendeva la mera eccitazione. Era desiderio ma non solo desiderio. Lo voleva ma non solo in quel senso. Lo voleva completamente, lo voleva per davvero.. come qualcosa di suo, che l'appartenesse. « Ce pensi a me quando non stamo assieme? » Annuì prontamente, Greagoir. Se pensava a lui, quando non erano assieme? Ci pensava al risveglio, meditando quale sarebbe stata la prima occasione utile per fargli visita: al tavolo dei tassorosso durante la colazione o magari alla pausa tra Cura delle creature magiche e Incantesimi? Ci pensava durante lo studio, quando perso nel silenzio della biblioteca fantasticava su dove potesse essere in quel momento quello zingaro pestifero. A seguire qualche allenamento di quidditch sicuramente, stravedeva per i manici di scopa lui. Ci pensava di notte, quando nel buio della sua stanza poteva dar libero sfogo a fantasie che non aveva il coraggio di condividere con la luce del giorno. Era in quei momenti che le mani scivolavano oltre i vestiti e lo sentiva vicino come non lo avrebbe mai sentito il giorno successivo, faccia a faccia. « Ti penso sempre.. proprio sempre.. infatti che rompipalle che sei! » e giù ancora, disteso sul letto a ridere a crepapelle, stropicciando gli occhi ancora lucidi di alcol. E ancora aveva la risata in gola quando si mise nuovamente seduto, sul bordo del letto, e lo vide: Rocket, in ginocchio tra le sue gambe, guardarlo dal basso con un'espressione che non gli aveva mai visto, i denti bianchi affondati nelle labbra piene. Desiderio.
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    Lo stesso desiderio che avvertiva anche Greagoir. Lo stesso desiderio visibile, sotto quel poco di stoffa che ancora copriva il corpo del corvonero, tenuta su da una cordicella dorata. Aprì un poco le gambe per lasciare spazio a Dragomir tra di esse, lasciando che la sua mani si posi sulla coscia nuda sotto la tunica. E fu allora che arrivò, una domanda che smorzò appena tutto il turbinio di sensazioni che Greg stava provando, riportandolo con i piedi per terra. Così veloce da far male. « L'hai già fatto con qualcuno, prima? Intendo...Tutto. » Scappò con gli occhi da quelli di Rocket mentre sentiva montare sulle guance un rossore che nessuno si sarebbe mai aspettato da parte di Greagoir Olivander. Lui non era un ragazzo che si imbarazzava, non era timido, non si vergognava mai. Ma aveva paura di sbagliare, accanto a Rocket. Ai suoi occhi, il tassorosso non era solo alto e forte ma bello di una bellezza matura e attraente. Erano coetanei ma, al confronto con lo zingaro, Greagoir si sentiva poco più che un bambino incapace. Si era immaginato infinite volte la prima volta di Rocket Dragomir in compagnia di qualche bella fanciullina gitana, lontani da quei fuochi che l'amico gli aveva raccontato. Pensieri che non l'avevano abbandonato e che anzi erano stati confermati dai suoi baci, dalle sue carezze, dalla sua tempra forte. Rocket Dragomir ci sapeva fare e Greg.. non era che un verginello impaurito. Era quella, dunque, la famosa ansia da prestazione di cui tutti parlavano ma che nessuno confessava mai? Perché così si sentì, in ansia, sotto gli occhi di Rocket che già bruciavano di desiderio. « Vojo fà tutto con te, stanotte. » Tutto. Neppure lo sapeva Greagoir cosa fosse, quel tutto. Non esattamente almeno! Tutti i maghi purosangue si vantavano della purezza della loro razza e delle loro discendenze, ma non sottolineavano mai la totale assenza di mezzi di comunicazione e di informazione efficaci come quelli babbani: a quattordici anni, Greagoir Olivander conosceva solo ciò che aveva potuto leggere nei tanti libri spulciati tra gli scaffali del Ghirigoro e le storie di amici. E così, finalmente faccia a faccia col sesso, Greg si ritrovò disarmato nello scoprire di saperne molto poco. Si coprì il viso con entrambe le mani, per stemperare appena il calore delle gote rosse, e scosse la testa. « N-no, mai. Intendo.. niente. Con nessuno. Non ho fatto tutto ma neanche niente.. » farfugliò, in preda ad un imbarazzo che non aveva mai provato in vita propria. Non c'era nulla del folletto che tutti conoscevano, spigliato anche nelle occasioni più imbarazzanti.. e il motivo era Rocket: lui non era come gli altri e Greg non riusciva a comportarsi con lui come con gli altri. Fece scivolare indietro il busto nudo, reggendosi al materasso con entrambe le braccia, e prese a fissare un punto lontano oltre la finestra bagnata dalla luna, per non dover sopportare di vedere negli occhi di Rocket la delusione. Di questo aveva maggiormente paura, deluderlo. « A parte qualche bacio.. so baciare, credo.. » So baciare, vero? « ..ma per il resto.. scusami Rocket. Questo è tutto nuovo per me.. e te l'ho pure detto io che volevo stare con te stanotte, credevo di essere pronto. Sono pronto! Te l'avrei dovuto dire prima, tu sarai bravissimo e io. merlinobbono che imbranato.. » Si lasciò nuovamente cadere indietro e coprì il viso con le mani, abbastanza bene da riuscire a soffocare un piccolo grido che liberasse un po' della pressione che sentiva sul cuore. « AAAAAAAARGH! Scusami Rocky, davvero! Ricominciamo? Ti prego ricominciamo.. perché pure io voglio fare tutto con te, stanotte! » Anche se non ho la più pallida idea da dove cominciare.
     
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    Rocket Dragomir era un tipo orgoglioso. Lo era sempre stato, sin da bambino. Non si sforzava nemmeno ad esserlo, semplicemente era fatto così. L'orgoglio era un'importante componente della sua intera persona tanto quanto poteva esserlo il suo respiro,o il battito cardiaco. Faceva parte di lui e, volente o nolente, era sempre stato incapace di liberarsene. Ricordava ancora il suo smistamento, più di quattro anni fa. Quando il cappello parlante era stato poggiato sulla sua testolina bionda e spettinata, ci aveva impiegato molto di più dei classici tre o quattro minuti, per smistarlo. Grifondoro o Tassorosso, non di certo Corvonero o Serpeverde, quello era chiaro. Sarebbe stato un ottimo acquisto, per la culla degli audaci. Avrebbe rappresentato alla perfezione tutte le qualità della casata rosso-oro, con il suo coraggio, la sua testa dura, ed il suo orgoglio. Ed è proprio quello stesso orgoglio, ad animarlo in questo preciso istante. Vedete, ci sono Rocket Dragomir e Greagoir Olivander chiusi in camera. Un po' brilli, e decisamente su di giri. Ad occhio esterno, con una rapida analisi dello scenario, si direbbe che sia il più alto dei due a tenere la situazione in mano, con la perfetta consapevolezza di ciò che stanno facendo e che presto andranno a fare. Coi suoi baci bollenti, il suo tocco provocante, e la sua impazienza di spingersi oltre. Ebbene, trattasi solo d'apparenza. Rocket Dragomir non ha la più pallida idea di ciò che sta facendo. Si muove, parla, spinto dagli effetti dell'alcool e da una passione mai provata prima, eppure non sa nemmeno lui dove diavolo li porterà tutto questo. Sta fingendo, attore provetto nella recita più grande che abbia mai fatto: quella di sembrare un ragazzo esperto. La verità è che Rocky non lo è affatto. Non ha mai fatto nulla di quel genere, niente di niente con nessuno. Sino ad ora, oltre i semplici baci non si è mai spinto. Ha avuto persino una fidanzatina, una volta, per non più di quattro giorni. Si chiamava Jasmine, ed era un'amica di famiglia. I loro genitori li hanno sempre accoppiati, nati pressochè nello stesso periodo e cresciuti assieme sin da quando erano in fasce. Un giorno, per giocare, avevano deciso di fidanzarsi. E non era cambiato nulla, in fin dei conti. Fino a che un giorno Jasmine non l'aveva baciato, piantandogli la lingua in gola. Un bacio come quelli dei grandi, quello, e che a Rocky -seppur non l'avrebbe mai ammesso e anzi, l'aveva pure sfruttato per vantarsi coi suoi compagni!- aveva fatto pure abbastanza schifo. Ma che ciò nonostante, era comunque servito come punto d'inizio. Rocket Dragomir era diventato quel mito che a soli dodici anni aveva baciato una ragazza con la lingua, una ragazza vera! Con le tette e tutto il resto a suo posto. Una leggenda! Figuriamoci con gli anni a venire cosa era arrivato a fare. Le voci non ci avevano messo poi molto a girare, perchè in fondo si sa, i pettegolezzi viaggiano veloci, specie quelli forniti di dettagli sconci. Così quel velo di chiacchiere gli era calato addosso, crescendo assieme a lui e creando quello scudo di convinzioni sul suo conto, che andava a mescolarsi con i restanti pregiudizi. Ma qual'era la verità dietro tutte quelle parole? Che oltre quel bacio, e alcuni altri a venire, Rocky non aveva fatto proprio un bel niente. Non ci aveva neanche pensato, a dire la verità. Impegnato con il quidditch e con quella famiglia strampalata che si ritrovava, coi viaggi Roma-Londra e i soldi mancanti, farsi una fidanzata (in ogni senso) non era mai rientrato nei suoi obiettivi principali. Seppur difficile da credere. E allora perchè non smentire il falso? Beh, guardatelo. Un ragazzetto dall'aspetto assai poco raccomandabile, con i piercing all'orecchio e le cicatrici sul viso, pensate forse che non gli sia piaciuto farsi credere un duro anche da quel punto di vista? Ha finto per tutto quel tempo, limitandosi ad omettere. E ha finto persino con Greagoir sino ad ora, per una questione d'orgoglio. Insomma, date uno sguardo ad Olivander: amato da tutti, ben voluto, e per giunta anche un bel ragazzo. Capelli biondi, occhi azzurrissimi, viso d'angelo. Impossibile credere che non abbia mai avuto esperienza con qualcuno. Chissà quante ragazzette sono passate dal suo letto prima di lui! E chissà che lui stesso non rappresenti solo una prova dopo tutte queste. « Lo vedi quanto ci sto bene con te? » Ridono entrambi, affondati nel materasso di quel letto a baldacchino. Una risata nervosa, a tratti imbarazzata, tipica di due ragazzini imbranati come loro in procinto di compiere un atto come quello. Si mordicchia il labbro inferiore, Rocket, osservando più da vicino il viso semi-illuminato dell'altro. Vi legge indecisione, imbarazzo, ma anche una nota d'eccitazione mai vista sino ad ora. Sospira, languidamente, senza neanche accorgersene. « Ti penso sempre.. proprio sempre.. infatti che rompipalle che sei! » E ride di nuovo, il tassorosso, mollando un leggero pugno sulla spalla del ragazzo. « Dovresti sentirti onorato a pensamme, 'ngrato! » Scherza, fingendosi offeso, prima di prendere quella decisione. La stessa che lo vede posizionato tra le gambe dell'altro, lo sguardo intrecciato al suo. Greagoir lo guarda, e sul suo volto riesce a leggere lo stesso suo desiderio. Si vogliono, si bramano, nonostante non abbiano la più pallida idea di ciò che stanno facendo e da dove cominciare. Certo, di film e video di quel tipo Dragomir ne aveva visti tanti. Con quel computer risalente con ogni probabilità alla seconda guerra mondiale, nel buio di quel camper, quando tutti i suoi fratelli e nipoti stavano ormai dormendo. Curiosità, aspettativa, classica eccitazione di un ragazzino della sua età, non sapremmo dirlo, ma il Tassorosso era riuscito a farsi una vera e propria cultura su quel genere di cose! In fondo, sembrava tutto così dannatamente facile. Naturale, a tratti anche un po' disgustoso, doveva ammetterlo. E indovinate un po' cosa aveva scelto di fare lui, Rocky, inginocchiato tra le gambe di Olivander? Proprio ciò che, la prima volta in cui l'aveva visto, la prima volta in cui aveva scoperto l'esistenza di una tale arte amatoria, gli aveva fatto storcere il naso e proferire un sonoro ew. « N-no, mai. Intendo.. niente. Con nessuno. Non ho fatto tutto ma neanche niente.. » Fionda il suo sguardo sul viso di Greg, setacciandolo nonostante quest'ultimo si sia coperto con le mani. E' imbarazzato, le guance arrossate. Greagoir Olivander, il ragazzo più amato della scuola...Vergine. Un sorriso si fa spazio sul volto del Tassorosso, mentre una parte delle sue insicurezze sembra svanire all'improvviso. O quasi, almeno. « A parte qualche bacio.. so baciare, credo.. » « Sai baciare, decisamente! » Lo incalza, sincero. Per quanto riguarda quell'argomento, può vantare un certo tipo d'esperienza per affermare che sì, Greagoir Olivander è davvero un ottimo baciatore. Tante, troppe erano state quelle volte in cui gli aveva fatto venir voglia di andare oltre la prima base, durante uno dei loro baci. Quel follettino ci sapeva fare. « ..ma per il resto.. scusami Rocket. Questo è tutto nuovo per me.. e te l'ho pure detto io che volevo stare con te stanotte, credevo di essere pronto. Sono pronto! Te l'avrei dovuto dire prima, tu sarai bravissimo e io. merlinobbono che imbranato.. » ...Ed ecco che l'insicurezza ritorna. Piega appena la testa di lato, appena confuso. Greg è nervoso. Greg parla sempre un sacco quando è nervoso. Greg pensa che lui non sia vergine. Un po' come tutti lì al castello, un po' come ha sempre voluto far credere, dopotutto. Ora che si trova faccia a faccia proprio con lui, l'unica persona con la quale vorrebbe effettivamente perderla la sua verginità, ed ora che si trova anche faccia a faccia col sesso vero e proprio..Riuscirà ancora a fingere? No. Una risata sorge spontanea, quando il Corvonero si rigetta sul letto, il volto nascosto dalle mani. « AAAAAAAARGH! Scusami Rocky, davvero! Ricominciamo? Ti prego ricominciamo.. perché pure io voglio fare tutto con te, stanotte! » Ride ancora, prima di sgusciare sopra il letto, posizionandosi a cavalcioni sul corpo del ragazzo, le mani intente a scostargli le proprie dal viso.
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    « Io sarò bravissimo dici? Se parla tanto della mia esperienza in giro? E specialmente: te se mai interessato? » Ridacchia, muovendosi appena su di lui senza neanche accorgersene, e percependo qualcosa di decisamente sveglio sotto di sè. Si sforza per non arrossire, ma, come ha fatto prima Greagoir nei suoi confronti, distoglie lo sguardo, guardando un po' ovunque. Il problema è che, standogli di sopra al momento, non è poi tanto facile far finta di nulla. Sospira, affranto: che idiota! « E' nuovo anche per me. » Mormora, senza sapere neanche lui bene come continuare il discorso. « Cè...Sì..Insomma. So quello che se dice in giro, ma..Non sono mai arrivato a sto punto con qualcuno. Nè oltre » Sbuffa « Sì boh so vergine 'npoche parole! » Ecco l'ho detto. Cerca lo sguardo del Corvonero, prima di sgusciar via, scivolando di nuovo per terra, la schiena poggiata al letto. « Se me piji in giro t'ammazzo chee mie mani. » Cerca di sdrammatizzare, le ginocchia strette al petto, sperando vivamente che quel calore che sente alle guance non si sia tramutato in rossore. Rocket Dragomir che arrossisce, questa sì che è bella! « Te piuttosto...Ti amano tutti qua al castello, non pensavo che... » Annuisce, visibilmente a disagio.

    « Okay, senti, famo na cosa. » Asserisce all'improvviso, cercando di darsi un certo tono. Ricordate l'orgoglio di Rocket Dragomir? Beh, ecco, sta cercando di salvargli il culo, al momento. « Famo che...Beh sì, da quarche parte dobbiamo pur comincià. E siamo entrambi abbastanza..felici all'idea » Quindi col cazzo che mi farò bloccare dall'imbarazzo. Capito Rocket? Esci gli attributi -...okay, metafora sbagliatissima al momento- e smettila di esitare! « Perciò...Adesso ricominciamo ed io ce provo, poi se non ti va me lo dici. Penso che è così che funziona, no? » Non che nei video che ho visto si siano mai chiesti il permesso, ma insomma, dettagli. Si alza sulle ginocchia, tirando il ragazzo dalle braccia per farlo rimettere dritto, e posizionandosi come qualche minuto prima. Prende un lungo respiro, passandosi la lingua sulle labbra ed affondando i denti in quello inferiore. Si sistema meglio fra le sue gambe, insinuando le mani sotto la tunica, là dove aveva già cominciato. Le sue dita si posano sull'elastico dei boxer, e, ignorando il cuore che ha iniziato a martellargli il petto, li cala quel tanto che basta. Esita qualche altro istante, sperando vivamente che la penombra riesca a nascondere ciò che ormai è certo si tratti di rossore sulle sue guance. Forza Rocky,non fare il cagasotto, non stai mica andando in guerra! E allora si avvicina. Ritornando al discorso: perchè Rocky aveva scelto proprio una cosa del genere da fare? Perchè col passare del tempo, quel suo disgusto al riguardo si era trasformato in desiderio. Quello era un gesto probabilmente assai illecito da vedere per un ragazzino -figuriamoci da fare!- eppure così fottutamente interessante. Era certo che fosse più allettante riceverlo, che farlo, ma la cosa non cambiava poi molto. Era qualcosa che donava piacere, l'aveva visto, seppur non l'avesse mai provato. E lui quello stesso piacere avrebbe voluto procurarlo a Greagoir, il suo Greagoir. E quindi eccolo, il viso in parte nascosto dalla tunica che gli copre una parte della testa -per fortuna- con una mano stretta contro l'oggetto delle sue attenzioni , a cercare di non soffermarsi troppo su ciò che sta facendo. Greg è lì, sotto il suo tocco. Per la prima volta, per entrambi. Il buio della camera a malapena illuminata non gli permette di avere una buona visuale su quel corpo che ormai, inizia a non avere più segreti di fronte ai suoi occhi. Questa consapevolezza lo fa rabbrividire di piacere, rendendolo ancora più impaziente. E allora si decide a farlo, a prenderlo lì, in quel momento ed in quella maniera. E' incerto, assai poco esperto, decisamente imbarazzato, ma non si tira indietro. Se quello è un modo per dimostrare a Greagoir quanto diamine lui lo desideri, non si tirerà indietro. Ciò lo rende appena più sicuro, mentre le sue labbra vanno ad avvolgerlo completamente. I movimenti sono lenti dapprima, coadiuvati da una malcelata insicurezza. Certo è che..è strano. Diciamocelo, era convinto che gli avrebbe fatto schifo. Insomma il pensiero metaforico gli piaceva, ma nel pratico...Non è che gli andasse poi tanto a genio la prospettiva. Ma adesso che si trova lì, a muoversi attraverso di lui, può affermare che no, non fa schifo. Decisamente. La consapevolezza di dargli piacere con quei movimenti fluidi ed avvolgenti, è ben lontana dal far schifo. Sentirlo dentro di sè gli causa una serie d'emozioni ed impulsi che lo costringono a bloccarsi per qualche attimo per prendere respiro. Ma continua poi, in quelli che gli sembrano ore ma che in realtà trattasi solo di qualche minuto. La lingua si muove assieme alla sua bocca, che continua a scorrere su e giù attraverso il suo ragazzo. La mano libera va a posizionarsi su di una delle sue cosce, stringendo appena la presa, imprimendogli le dita nella carne nuda e bollente. Lo sta prendendo, per la prima volta. Ed è eccitato, Rocky, tanto quanto Greagoir. Quel gesto ha del paradisiaco a farlo, figuriamoci a riceverlo, si ritrova a pensare. Spera soltanto di non deluderlo. Il ritmo si intensifica, le dita stringono ancora di più, la bocca osa spingendosi più a fondo e per qualche istante, per due o tre volte prima di riallontanarsi, Rocky lo sente completamente dentro di sè. Ed è in uno di quei momenti che succede: boom. Riapre gli occhi, tenuti serrati sino a quel momento, e si scosta poco dopo, sgusciando via da sotto la sua tunica. Prende a tossicchiare, una mano a coprirgli la bocca. Le opzioni sono tre: sputare, esitare soffocandosi, o ingoiare. Sceglie la terza, e Greagoir entra a far parte di lui definitivamente. Suo come non è mai stato prima. Sospira, il respiro affannato e le guance ancora rosse, mentre si passa il dorso del braccio sulla bocca. Esita diversi minuti prima di cercare lo sguardo dell'altro: è mortalmente imbarazzato. Si mordicchia le labbra, che sanno ancora di lui, e la sua mente va ancora di più in cortocircuito. Allora, all'improvviso, scoppia a ridere. Una risata nervosa, attua a scaricare tutta la tensione di quei momenti. L'imbarazzo rimane, l'eccitazione pure, ma parte dell'insicurezza si dissolve, almeno sino ad ora. E questa è fatta! Avanti il prossimo passo. « Ho fatto tanto schifo? » Domanda « Tu no, tu non m'hai fatto schifo » Aggiunge, risultando molto più ambiguo di quanto non vorrebbe. O forse lo vorrebbe eccome, perchè intende proprio quello. Gli è piaciuto, Greagoir, in tutto e per tutto, con qualsiasi senso. Vista, udito e gusto in primis. « Scaricata un po' de tensione? Cè, direi che qualcosa l'hai scaricata eccome. Dio, potevi avvertirmi » Ma meglio che non l'hai fatto, questo però non te lo dico. Ride, sgusciando sul letto, distante da lui di solo qualche centimetro. « ..E adesso? »
     
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    er bacchetta


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    Greagoir Olivander non aveva mai provato qualcosa del genere, nel corso della sua breve, piatta e perfettamente lineare vita. Tutto era andato sempre come sarebbe dovuto andare, nel migliore dei modi, proprio come ci si sarebbe aspettato dal rampollo di una importante famiglia magica. Aveva perfino avuto una "fidanzatina", il piccolo Greagoir, nell'estate che poi l'avrebbe portato al suo terzo anno di scuola. Morgana Crouch era la figlia di un noto giudice del Wizengamot e aveva tutte le carte in regola per entrare a far parte dell'universo Olivander: la sua famiglia aveva radici profonde nel mondo della magia e nulla di babbano li aveva mai sfiorati, unico vero requisito che gli Olivander avevano adottato per scegliere i propri partner. Non che fossero babbanofobici, niente affatto - quasi tutti gli Olivander erano sempre stati di mentalità aperta e con una spiccata curiosità per le stranezze dei babbani - ma si sentivano detentori di un'arte talmente arcana e antica che niente di anche solo vagamente non magico sarebbe entrato dalla loro porta con l'intento di rimanere. Non era il loro sangue a non volersi contaminare, ma la loro arte. Morgana era una ragazzina a modo, impeccabile nell'educazione e nei modi: l'aveva conosciuta proprio a Hogwarts, durante un esercizio di pozioni che aveva dovuto svolgere in coppia con lei. Dividetevi in coppie e preparate una semplicissima pozione antigelo. Se l'era ritrovata accanto, una serpeverde coi suoi corti capelli corvini e i grandi occhi da cerbiatta. Ben presto aveva scoperto chi fosse e da dove provenisse: la sua famiglia possedeva una di quelle meravigliose villette nella parte più lontana e nascosta di Diagon Alley, una di quelle che il giovane Greg aveva sempre sognato di possedere, mentre le vedeva appollaiato sul tetto del suo palazzo. Lui abitava nel cuore commerciale del quartiere magico, non propriamente la zona residenziale che ci si aspetterebbe, immerso nel continuo frastuono della strada principale. Quando si sentiva giù, scalava l'alto palazzo interamente di proprietà della sua famiglia e rimaneva sul tetto, a guardare l'orizzonte e sognare una vita diversa, qualcosa che riuscisse ad appagare la sua insaziabile sete di emozioni: allora un giorno guardava le villette e si immaginava ricchissimo, poi gettava uno sguardo alla Gringott per sognare un futuro avventuroso come Spezzaincantesimi in giro per il mondo. Ma alla fine, con un sospiro, ritornava sempre di sotto a continuare il proprio lavoro in bottega: apprendista, lo chiama il nonno. Schiavo, pensava invece lui, senza dirlo ad alta voce per non prendersi una bacchettata in testa. Non aveva assolutamente idea di quanto aprire quegli scatoloni e trasportare quei pezzi di legni gli sarebbe stato utile, per imparare a menadito ogni singolo legno e anima potesse essere utilizzato per fabbricare una bacchetta. Era giovane, Greagoir, e come tutti i giovani sognava in grande senza tuttavia immaginare realmente il futuro.

    Quanto a Morgana Crouch, un futuro con lei proprio non riusciva ad immaginarlo, ma sapeva che poteva essere quella giusta. Era cresciuto con una mentalità straordinariamente aperta, ma con l'assoluta convinzione che se anche l'anima gemella esiste, questa avrebbe dovuto avere determinati requisiti per poter entrare in famiglia: Morgana li aveva tutti. Si erano incontrati per caso e si erano avvicinati sempre di più, ora per un po' di studio insieme, ora per un progetto in condivisione, ora per una passeggiata a Diagon Alley e un ghiacciolo alla menta piperita in compagnia. Se ne stavano sui gradini della Gringott, una sera di inizio estate, sorseggiando tranquilli un frappè quando il giovane Olivander glielo chiese con tutta la sicurezza che aveva: « Vuoi metterti con me? » e così l'estate era passata, tra libri, passeggiate e ghiaccioli insieme. E baci. Erano gli ultimi giorni di agosto quando, seduti su una panchina, gli era sembrato giusto darle una dimostrazione autentica di un rapporto che in realtà, fino a quel momento, era stato puramente formale. L'aveva baciata con la stessa stupida, ingenua e infantile sicurezza con cui avrebbe scelto il libro migliore da cui studiare Incantesimi, senza sospettare minimamente quanto fosse difficile un gesto che ai suoi occhi era sempre sembrato quasi automatico. Le si era incollato alle labbra e là era rimasto per almeno un minuto, muovendo maldestramente le labbra umide. Non gli era piaciuto affatto. All'alba del terzo anno di scuola, Greagoir e Morgana erano tornati insieme a Hogwarts, mano nella mano sull'Espresso, sotto le occhiate e il chiacchiericcio generale di tutti i compagni. Ma non erano durati neppure fino ad Halloween: Greagoir la lasciò, con la stessa caparbia sicurezza con cui l'aveva scelta. Perché su quei baci, divenuti col tempo sempre più sciolti, non aveva sentito nulla.

    Dov'era quel Greagoir tanto sicuro di sé? Era proprio lui, sdraiato sopra le lenzuola gialle dei tassorosso, col viso coperto dalle mani? Non sembrava affatto e se ne accorse anche Rocket, che aveva imparato in quei mesi a conoscere un Olivander diverso. E invece era proprio come tutti gli altri, un quattordicenne insicuro che trema, terrorizzato di fronte alla sua prima volta, con un ragazzo che gli faceva esplodere il cuore. Perché era proprio questa la chiave di volta, questa la variante che aveva scombussolato il suo giovane animo: Rocket non era Morgana. Morgana Crouch era tutto ciò che avrebbe potuto desiderare eppure non era riuscita a trasmettergli neanche un briciolo di ciò che Rocket gli faceva provare anche solo con uno dei suoi sguardi da cattivo ragazzo. Greagoir voleva le fiamme, voleva un terremoto capace di fargli tremare una vita troppo perfetta, voleva i brividi e quando Rocket aveva iniziato a fargliene provare troppi, improvvisamente, aveva avuto paura. Morgana era stata un tranquillo lago su cui passare una carina domenica in barca; Rocket era il mare sconfinato, era le onde alte, era la salsedine tra i capelli e sulla pelle. Rocket era infinito, il suo infinito. « Io sarò bravissimo dici? Se parla tanto della mia esperienza in giro? E specialmente: te se mai interessato? » La verità era che, per quanto non fosse uno dei ragazzi più popolari del castello, Rocket Dragomir aveva un certo fascino selvatico che aveva affascinato molte ragazze, dalle quali si erano diffusi racconti particolarmente lusinghieri. Se se ne fosse mai interessato? Sì, sempre di più col passare del tempo, e ogni giorno provando una strana morsa all'altezza dello stomaco. Era invidia? No, non proprio. Non di Rocket almeno. Era invidioso di quelle ragazze che avevano potuto provare ciò che a lui non sarebbe mai stato concesso.. o almeno era ciò che credeva, finché non si erano ritrovati chiusi nella loro bolla, protetti dal resto del mondo. Finché Rocket non gli aveva spostato le mani dal viso, per guardarlo dritto negli occhi e dirgli la sua verità. « E' nuovo anche per me. » Greagoir strabuzzò gli occhi, stupefatto. « Che...? » Ma no, ci doveva essere un errore! Aveva sentito con le sue orecchie Annalise Forbes vantarsi di ciò che Rocket Dragomir le aveva fatto, in un angolo delle serre di erbologia! « Cè...Sì..Insomma. So quello che se dice in giro, ma..Non sono mai arrivato a sto punto con qualcuno. Nè oltre. Sì boh so vergine 'npoche parole! » La bocca spalancata del corvonero iniziò improvvisamente ad aprirsi, con tutta la lentezza della realizzazione, in un sorriso. Rocket non aveva alcun motivo di mentire su una cosa tanto imbarazzante, proprio lui che aveva la testa più dura della terra stessa! Era di coccio, Rocket. Era un orgogliosissimo zingaro, che non avrebbe mai smentito così importanti conquiste. No, Rocket era sincero. Rocky è vergine. Trattenne a stento una risata, su cui riversò tutta la stupida ansia che aveva trovato nel doversi confrontare con un'esperienza in realtà inesistente: erano sullo stesso livello, due ragazzini alle prime armi. Ma con tanto da imparare, insieme. « Se me piji in giro t'ammazzo chee mie mani. » Avanzò un pochino per poter affondare le dita tra i capelli di un Rocket come non l'aveva mai visto, il ragazzino dietro la maschera del grande. « Se prendo in giro te, dovrei prendere in giro anche me eh? Siamo sulla stessa barca.. » Finalmente in compagnia. « Te piuttosto...Ti amano tutti qua al castello, non pensavo che... » Aveva ragione, il tassorosso: tutti a scuola amavano Greagoir Olivander. Era impensabile pensare che uno come lui non avesse avuto ancora qualche avventura, eppure.. « ..eppure è così. Io invece mi ero immaginato le tue avventure focose in Italia.. » e rise, nascondendo sul dorso della mano gli occhi ricolmi di vergogna. Siamo così stupidi Rocky?
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    Probabilmente sì. Fu proprio il tassorosso, incrollabile di fronte alle difficoltà, a prendere la patata bollente che Greagoir, malgrado avesse ritrovato un po' di sicurezza, non era ancora pronto a tenere in mano. « Okay, senti, famo na cosa. » Mh? Annuì piano, avrebbe accettato qualunque suggerimento per uscire da quell'impasse imbarazzante. « Famo che...Beh sì, da quarche parte dobbiamo pur comincià. E siamo entrambi abbastanza..felici all'idea. Perciò...Adesso ricominciamo ed io ce provo, poi se non ti va me lo dici. Penso che è così che funziona, no? » continuò ad annuire, questa volta in maniera molto più veloce e vigorosa. Perché sì, era così che funzionava.. o almeno, così che voleva funzionasse. Voleva riprovarci, proprio come gli aveva chiesto pochi minuti prima. Voleva fare tutto con lui. Lasciò allora che Rocky lo tirasse a sé, facendolo sedere meglio sul bordo del letto, per posizionarsi tra le sue gambe. Aveva ragione lo zingaro quando diceva che erano "felici", Greg lo era senz'altro e lo scoprì proprio in quel momento, quando le sue mani si insinuarono sotto la tunica per farsi spazio, là dove nessuno aveva mai osato. A nulla era valso l'alcol buttato giù durante tutta la serata, che ancora continuava a rendergli la testa leggera e ad amplificare le sensazioni. Greg era eccitato come mai era stato prima da che ne avesse memoria e sentire le dita di Rocket intorno a lui non poteva far altro che esagerare il tutto. Lo vide sparire con la testa sotto il lembo della tunica bianca e il suo cuore impazzì, finendogli prima in gola e poi direttamente nelle tempie: lo sentiva pulsare distintamente nelle orecchie, non c'era altro intorno a lui che non fosse un incessante, martellante ed esplosivo battito di cuore. Emozione ed eccitazione si erano mescolate insieme in un mix altamente instabile, che reagì di colpo al sentire le labbra di Rocket proprio laggiù. « O-ooh merlinobbono! » si lasciò sfuggire appena in un soffio, tenendosi al materasso con entrambe le mani per non rischiare di cadere e, ancora una volta, rovinare tutto. Greagoir Olivander poteva vantare numerose conoscenze in diversi campi del sapere... ma sul sesso, è naturale, ne sapeva ben poco. Cos'avrebbe dovuto fare? Gli era capitato di sfogliare, in un angolino buio del Ghirigoro, certi libretti erotici indiani che spiegavano, sempre molto artisticamente, le antiche arti tantriche del sesso orientale ma ci aveva capito ben poco di tutto quell'annodarsi di corpi su corpi. Quando poi il buon Gawen Olivander si era deciso a fargli quel discorsetto sul sesso, Greg era letteralmente schizzato fuori dalla stanza invocando qualche imminente e improrogabile appuntamento. Rocket, insomma, gli stava insegnando come una persona può dare piacere ad un'altra fuori dal solito e prevedibile rapporto classico: era qualcosa che, senza provarla sulla propria pelle, Greg non avrebbe mai potuto immaginare. Si ritrovò ad ansimare, per reggere col fiato la velocità del proprio cuore, mentre con una mano era andato a sfiorare la testa del tassorosso. Lo voleva, sempre di più: la ragione e l'istinto lo volevano, il desiderio e il sentimento reclamavano ancor più di quelle attenzioni. Ma un ragazzo inesperto rimane pur sempre un ragazzo inesperto, incapace di gestire tutto quello. Era troppo. Provò a parlare, a mormorare il suo nome per avvisarlo che qualcosa stava mutando, che tutto quel calore stava iniziando a diventare un po' troppo per poter essere contenuto, ma semplicemente non ci riuscì: il piacere aveva preso possesso del suo corpo in maniera talmente viscerale e completa che seguire la razionalità fu impossibile. Strinse tra le dita il lenzuolo mentre gli ansimi divenivano gemiti sempre più forti, fino a che il più potente di essi si tramutò in un'esplosione. Oh cazzo!!

    Si può immaginare un momento più imbarazzante di quello? No, Greagoir non riuscì proprio ad immaginarlo. Nulla a confronto avrebbe mai potuto! Sua madre che si vantava con le vicine di casa di quanto fosse perfetto suo figlio? No, neppure lontanamente. La cerimonia dello smistamento, con gli occhi dell'intera scuola puntati addosso? Forse, ma non ancora abbastanza. Avrebbe potuto pensarci per due giorni interi e non trovare alcuna risposta. Rimase con bocca e occhi spalancati, mentre le sue guance già rosse si tingevano di porpora nel vedere Rocket allontanarsi con le mani alla bocca. E Greg? Era mortificato. « Oh cielo... R-Rocky... mi dispiace, tantissimo.. davvero.. i-io non.. » Non ce l'ho fatta a trattenermi. Quanto a Dragomir, fece quello che sembrava essere nato per fare: rise, con la sua risata piena e forte. Una risata che era scoperta, era emozione e sorpresa.. era vita che stava sbocciando. « Ho fatto tanto schifo? Tu no, tu non m'hai fatto schifo. » Schifo? Schifo?! Scorre la testa con vigore. Non aveva mai provato nulla di simile in vita sua e poteva dire molte cose, ma non certo che quello fosse stato schifoso. Ancora poteva sentire il cuore fargli male da quanto batteva forte e quel calore che l'aveva avvolto, il corpo tremare come sotto mille scosse elettriche. Schifo? Non provava altro che felicità, il piccolo Olivander. « Scaricata un po' de tensione? Cè, direi che qualcosa l'hai scaricata eccome. Dio, potevi avvertirmi » Il tasso si appollaiò sul letto, giusto in tempo perché Greg potesse dargli uno spintone contro il petto. « Sei. Uno. Scemo!!! » ma non poté far altro che ridere anche lui di quell'inconveniente che, sì, l'aveva scaricato parecchio. « ..E adesso? » Lo guardò fisso negli occhi. Bella domanda.. e adesso? E adesso, pensò Greagoir, era arrivato il suo turno: Rocket si era lanciato nel vuoto, per lui, e aveva sperimentato donando al suo corvonero un'esperienza indimenticabile. Voleva che anche lui capisse cosa si prova, in un momento di intimità tanto forte, la quale tuttavia non gli era bastava. Ne voleva di più, Greg. Voleva tutto. In silenzio, si alzò in silenzio e con lo sguardo basso, iniziò ad armeggiare con la cordicella dorata che per tutto quel tempo aveva tenuto stretta ai fianchi la tunica, liberandosene insieme ai boxer scuri e ai sandali che ancora aveva ai piedi. Nudo, completamente nudo finalmente. Con Rocket già sdraiato, si sporse in avanti per liberare anche lui degli ultimi stralci di centurione che aveva addosso. Del corpo di Rocket Dragomir aveva potuto ammirare solo il torso nudo, in qualche raro momento nell'infermeria che li aveva accolti e li aveva fatti conoscere, e le gambe grandi; tutto il resto, era stato solo frutto di quelle fantasie che la notte aveva accolto come un segreto. Non più: Rocket Dragomir era sdraiato di fronte a lui, completamente nudo, a mostrargli ciò che la natura gli aveva generosamente donato.. tanto da far mancare il respiro ad un Olivander eccitato come non mai. « Sei... bellissimo. » riuscì a mormorare appena, in preda ad un'emozione tutta nuova, prima di arrampicarsi sul letto e sopra di lui. Aveva voglia delle sue labbra, curioso di scoprire se un po' di sé vi fosse rimasto. Aveva voglia di sentire la sua pelle bruciare sotto la propria. Si tenne con entrambe le mani sul suo petto, mentre a malincuore lasciò la bocca di Rocket per tuffarsi sul suo collo e lentamente scendere giù, sempre più giù, percorrendo una scia di baci lenti e delicati che gli dessero il tempo di scoprire. Voleva sapere tutto del corpo che aveva sognato per settimane, dai nei che di tanto in tanto gli costellavano il costato a quella piccola voglia sul fianco sinistro. Voleva sentire che sensazione dessero quei radi e sparsi peli sul petto - che già raccontavano di una pubertà alle porte - contro la punta del suo naso, voleva assaporare con l'olfatto il profumo della sua pelle. Ma ancora di più, pensò soffermandosi sulla linea degli addominali, voleva fargli provare lo stesso brivido che aveva sentito lui in prima persona. Sentirlo come una cosa sua. Allora concluse il viaggio, dopo un'attesa che sembrò infinita. E adesso? Le parole di Rocket gli tornarono in mente, quello stesso Rocket che lo stava guardando con occhi carichi di eccitazione e aspettativa. Un Rocket che stava per compiere, insieme a lui, un passo in avanti verso l'uomo che sarebbe stato. E adesso... improvvisa.


    Edited by Wand Boss - 28/10/2017, 14:36
     
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    'sono stati gli zinghiri'
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    « ..eppure è così. Io invece mi ero immaginato le tue avventure focose in Italia.. » Una risata gli aveva scosso il petto, nel sentire quelle parole. Le sue avventure focose in Italia...Già. Quelle che ogni volta raccontava ai suoi compagni, una volta tornato dalle vacanze. Quelle favole cariche di particolari, che lasciavano bocche spalancate e sguardi strabuzzati. Storie vere, in fondo, ma non del tutto. Jasmine esisteva, la sua lingua nella sua gola pure, persino quella mano che una volta lei lo aveva in un certo senso invitato -costretto- a infilarle sotto la camicetta, era esistita. Ma nient'altro. Le sue avventure si limitavano solo e soltanto a questo. Non c'era una terza base, come il piccolo zingaro evitava di smentire tutte quelle volte che i suoi amici davano per scontato che vi fosse giunto. Non c'era nessuna ragazzetta infilata nel suo letto a mezzanotte e nessun ballo nudi attorno al fuoco. Niente di tutto ciò. Solo un bacio, una palpata appena accennata, e tante, troppe esagerazioni. A volte Rocket si convinceva così tanto delle proprie storie, e di quell'alone di misteriosa quanto accattivante esperienza che gli si era creato tutt'attorno, da dimenticarsi persino cosa fosse vero e cosa no. Dimenticandosi persino che lui, in fin dei conti, vergine lo era comunque. Non che fosse una vergogna, quella! ..Okay, diciamocelo, un po' lo era. Nella sua famiglia erano sempre stati alquanto..Precoci. Anche solo il fatto che lui avesse altri sette fratelli, lasciava presagire quanto i Dragomir fossero sempre stati piuttosto attivi. Sua sorella Aneta ad esempio, poco più grande di lui, aveva già un figlio. Ricordava ancora quella volta in cui avevano parlato di..Beh, quello. Aneta era sempre stata protettiva, con lui, nonostante gli anni che li dividessero non fossero chissà quanti. Era successo quell'estate, qualche settimana dopo il ritorno dall'Hogwarts Express. Stipati in un angolo del campo rom, con un fuocherello scoppiettante ad illuminare i loro visini giovani, Rocket glielo aveva chiesto. Com'era il sesso, cosa si provava, come si faceva a capire cosa cavolo fare e quando era il momento giusto per farlo. Aneta l'aveva guardato, dapprima scettica, per poi scoppiare in una fragorosa risata che, se il fratello non le avesse gettato un pugno di sassolini e terriccio addosso per farla smettere, avrebbe svegliato tutti. Rocky era ancora vergine, Aneta non ci poteva credere! Lei che già aveva un figlio sulle spalle, e così tanta esperienza da poter scrivere un libro! Ma questa era la verità, e quando gli aveva chiesto perchè quelle domande, e specialmente perchè ancora fosse uno sfigato verginello, Rocket non aveva saputo rispondere. Era arrossito anzi, come mai in vita sua. E allora sua sorella aveva capito. Nella sua mente da sedicenne in piena vita adolescenziale, le motivazioni per essere ancora vergine a quella "veneranda età" erano solo e soltanto due: o sei brutto -e, a suo parere, suo fratello non lo era affatto, perchè cavolo se le somigliava!- o innamorato. Quindi aveva risposto alle sue domande con altre domande. Se si vedeva con qualcuno, se con quell'inglesino che nominava spesso fosse successo qualcosa, e tanti altri dettagli che il povero Rocket, sempre più in imbarazzo, era stato restio dal fornirle. In fine, e solo infine, dopo una serie innumerevole di prese in giro e battutine, Aneta aveva deciso di parlargliene. Il sesso. Un argomento così vasto, così vario, che all'impavido e strafottente Rocket aveva persino fatto paura, in un primo momento. Eppure eccolo qua, ad oggi. Lo sguardo smeraldino fisso sugli occhi azzurri del suo ragazzo. Non c'è paura nei suoi movimenti, non c'è paura nel modo in cui il suo petto si alza e si abbassa mentre respira, e non c'è paura nel battito accelerato del suo cuore. No. C'è amore, seppur sia ancora troppo presto per capirlo, e gli ci vorranno probabilmente un sacco di altri anni per poterlo fare. C'è sempre stato amore, tra Greg e Rocky, probabilmente. Sin dal primo momento, il famigerato colpo di fulmine. E c'è amore anche mentre sorride nel sentire i sospiri di Greagoir farsi sempre più insistenti sotto i movimenti della sua bocca, sino a tramutarsi in gemiti. Aneta di questo non gliene aveva parlato. Del piacere che si prova nel dare piacere, non gli era stato accennato. Eppure è qualcosa di importante, qualcosa di forte -inaspettato certo- ma bellissimo. E sapere che è lui, la causa di certi sospiri, è lui, il motivo di di quell'esplosione di emozioni, lo fa sentire..Bene. Fin troppo bene. Lo fa sentire importante, parte di qualcosa, desiderato forse. Desiderato da chi desidera a sua volta. Poteva sperare più di questo? Decisamente no. Ma la notte è ancora giovane, tuttavia, e tante altre inaspettate sorprese devono ancora giungere. « Oh cielo... R-Rocky... mi dispiace, tantissimo.. davvero.. i-io non.. » Rocky ride, stringendosi nelle spalle e scuotendo la testa, con quel suo solito fare ironico e a tratti strafottente. E' imbarazzato tanto quanto Greg, lo è eccome. Non si aspettava..Beh, tutto quello. Sapeva cosa fare, per sentito dire o per quei video osceni che talvolta aveva visto, ma non sapeva tutto il resto. Quando fermarsi e cosa aspettarsi, così all'improvviso, così direttamente. Eppure, non si pente di nulla, nemmeno di una frazione di secondo appartenente a quei minuti. Si mordicchia anzi il labbro inferiore, passandoci poi la lingua sopra: tutto sapeva ancora di lui, e ciò lo porta a sospirare. « Sì, sì, non lo sapevi. Ammettilo l'hai fatto apposta! » Scherza, per sdrammatizzare. Qualsiasi altro individuo, con ogni probabilità, di fronte ad una situazione del genere si paralizzerebbe per la vergogna. Ma non lui, non loro. Imbarazzati, certo, a disagio senza ombra di dubbio, ma insieme. Si trova a proprio agio, con Greagoir. Sa che ogni nuova esperienza, ogni inconveniente, lo stanno percorrendo entrambi, e per la prima volta. Non si sente giudicato, con lui. Non si sente..superfluo. « Sei. Uno. Scemo!!! » C'è complicità tra di loro nel modo in cui stanno affrontando quella situazione. C'è ironia, come è giusto che sia tra due ragazzetti della loro età, c'è sorpresa, esitazione ed infine..Desiderio. Quello, a Rocket, nonostante le risate, nonostante gli scherzi, non l'ha ancora abbandonato. E non lo abbandona quando i suoi occhi smeraldini si posano sull'altro, che, alzatosi dal letto, si sta lentamente sfilando i vestiti. Deglutisce rumorosamente, e non appena anche l'ultimo indumento del Corvonero scivola per terra, ha un lieve sussulto. Lo osserva silenziosamente, dimenticandosi persino di battere le palpebre. E' sicuro di star sorridendo come un idiota, al momento, ma poco gli importa. Greagoir Olivander è bello. Bellissimo. Gli si avvicina, liberando anch'egli degli ultimi indumenti che gli son rimasti, ed è allora che può osservarlo meglio. Il suo corpo nudo a contatto col proprio, altrettanto scoperto, gli causa una serie di emozioni impossibili da descrivere, per un ragazzino inesperto qual'è. Eccitazione, prima di ogni altra cosa. Quel calore al basso ventre aumenta sempre di più, man mano che la pelle dell'altro aderisce contro la propria, animandola di innumerevoli scariche elettriche. I suoi occhi vagano ovunque per setacciare quello spettacolo. Incarnato diafano e bollente, in un perfetto connubio coi capelli biondi, simili a fili di grano che gli solleticano il viso. Il petto liscio, e le braccia coi primi accenni di quei vantaggi dovuti all'allenamento quotidiano per la squadra di quidditch. « Sei.. » « Sei bellissimo. » Lo precede, e una leggera risata gli anima il petto, seguita poi dall'ennesimo sospiro, che si infrange sul volto di lui. « Stavo per dirlo io. » Sussurra, prima che la sua bocca venga occupata da quella di Greagoir, in un bacio che gli toglie il fiato. Le mani gli affondano tra i capelli, per poi scendere a percorrergli il corpo, per quanto gli sia possibile. Tasta ovunque può, assaporando ogni centimetro della sua lingua con la propria bocca, e della sua pelle con le proprie dita. Sente i suoi muscoli guizzare sotto il proprio tocco, le ossa delle sue spalle spostarsi mentre si muove su di lui. Continua dunque a percorrergli la schiena, prima di soffermarsi sul didietro, stringendo appena la presa e sorridendo sulle sue labbra. Fino a quando Greg non si stacca da lui, oltrepassandogli il collo in una lunga scia di baci, che continua ad andare giù, sempre più giù. E lui sospira, calando lo sguardo per vedere dove voglia arrivare. E quando arriva proprio lì dove in fondo sperava, si deve mordere il labbro inferiore con forza per non proferire nessuna delle sue leggiadre esclamazioni. Un oh cazzo! gli muore dunque sulle labbra, mentre le dita si arpionano alle lenzuola, nel sentire le labbra di Greagoir a contatto con..il suo punto più debole. Il cuore inizia a battere così forte che gli sembra quasi voglia sfondargli il petto, ed i suoi sospiri si trasformano piano piano in ansimi, man mano che quella danza ha inizio. Eccolo quì, Rocket Dragomir, il playboy della situazione. L'esperto, quello che si è fatto chissà quante ragazze durante i suoi viaggi in Italia...A flettere la schiena sotto di Greagoir, e provare a trattenere con tutto sè stesso dei vergognosi gemiti. E' tutto..troppo. Appoggia di nuovo la testa al cuscino, stringendo appena le gambe e chiudendo gli occhi, mentre il respiro si fa sempre più irregolare ed il suo ansimare è ormai un mantra nell'atmosfera silenziosa di quella stanza buia. I muscoli si irrigidiscono allora, e tutto il suo corpo è intenzione a contatto di quello scorcio di paradiso. Fa per dire qualcosa, schiudendo le labbra quando sente quel calore farsi sempre più incontenibile, ma non ci riesce. E allora arriva all'improvviso, e tutto di colpo. Si svuota di tutte quelle emozioni, di tutto quel desiderio represso in quei minuti e, gli occhi spalancati a fissare il soffitto, cerca di riacquistare quella razionalità completamente sovrastata dal piacere.

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    Un'esclamazione ben poco elegante nella sua lingua madre trapela dalle sue labbra, mentre cala lo sguardo verso di lui, e con le braccia lo aiuta a risalire. « Questa è mejo che non te la traduco guà... » Ridacchia appena, ansante. Evita il suo sguardo per qualche minuto, in preda all'imbarazzo di quello che sa esser successo, ma infine si decide a guardarlo. « Ma era un'esclamazione positiva. Molto positiva » Mormora, mordicchiandosi il labbro inferiore. Percepisce ancora le ultime tracce del contatto di Greagoir attraverso di sè, e ciò lo fa rabbrividire inaspettatamente. « E' così che te sei sentito, prima?» Bene, cazzo, fin troppo bene. Si sente stanco, sfinito e svuotato, ma è felice. E soddisfatto, oltremodo soddisfatto. « E..ahm, sì insomma, cè..Scusa. Per..Lo sai cosa non farmelo dì » Adesso siamo pari, pensa tra sè e sè, per sentirsi un minimo meno in imbarazzo. Funziona ben poco, ma è pur sempre qualcosa. Ed è in quel momento che scoppia a ridere. Non sa nemmeno perchè, ma lo guarda e ride come un idiota. Per scaricare forse la tensione del momento, o per evitare quel silenzio imbarazzante che sa giungerà ben presto. Si alza sui gomiti, spingendosi nell'estremità superiore del letto e facendo cenno al ragazzo di seguirlo, per poter tirare il lenzuolo e, alzato il braccio, coprire entrambi fin sopra i capelli. Di nuovo, sono soli. Isolati dal mondo intero. La risata si trasforma in un sorriso sincero, innamorato, che gli distende le labbra. L'unica luce che gli permette di vedere Greagoir è il chiaro lunare che filtra attraverso la trama della stoffa. Si gira su di un fianco allora, verso di lui, e gli si stringe contro, avvolgendolo con le braccia e poggiando la fronte contro la sua. Così da vicino, e calata un minimo la tensione dovuta al desiderio, riesce ad osservare ogni angolo del suo viso d'angelo. E' così vicino che potrebbe contare le ciglia scure dei suoi occhi. Si sofferma sulle loro sfumature, di quell'azzurro e quel blu che gli ricordano tanto il cielo quando è sereno. Ed è serenità quella che prova in quel momento, nascosto sotto quelle lenzuola con la quale più di tutte avrebbe voluto trascorrere quella nottata. Chi l'avrebbe mai detto che sarebbero finiti così. Completamente nudi, stretti l'uno contro l'altro...Greagoir Olivander e Rocket Dragomir. Il ragazzo perfetto e lo zingaro. E' tutto così..Strano ed inaspettato. Ma non per questo meno bello. Non si sarebbe mai immaginato di trovarsi in una situazione del genere con un altro ragazzo, Rocky. Non si sarebbe mai immaginato di fare un certo tipo di cose con un maschio. E desiderare così tanto di farle. Forse il loro è solo un momento. Un'esperienza da provare, sulla quale magari un giorno ci rideranno su da amici. Ma anche se così fosse, è tutto dannatamente perfetto. Gli lascia un piccolo bacio sulla punta del nasino, prima di scendere a ricercare le sue labbra, dove vi assapora ancora qualche traccia di sè. Fa una smorfia, prima di sorridere e scostarsi per guardarlo in viso. La mano destra si poggia delicatamente sulla sua guancia, accarezzandola piano. « Tutto ok? » Domanda, senza un motivo ben preciso. Lo chiede con la paura di un ragazzino fin troppo coinvolto, spaventato dalla prospettiva di un possibile rifiuto. E se a Greg ha fatto schifo? E se alla fine ha capito che i ragazzi non fanno per lui? Riuscirebbe ad accettare un suo rifiuto, ora come ora? Adesso che si sono spinti oltre un nuovo livello della loro relazione? Sospira, strofinando il naso col suo. « Sei bellissimo. Davvero...Tanto. Prima m'hai distratto dal dirtelo per bene » Sorride « Però oh, nun te montà la testa eh! » Aggiunge allora, ironicamente, poggiandogli le mani sul petto per spingerlo appena giocosamente. Infine rimane fermo in quel modo, in silenzio. Le mani che gli accarezzano il petto, o le spalle, o la schiena. Non sa quanto tempo passa, potrebbero essere minuti come ore intere. Sa però che sta bene, è felice, Rocky, mentre con lo sguardo continua a vagare lungo il suo corpo come se non gli bastasse mai ciò che vede. Gli percorre le braccia con le dita, soffermandosi su qualche neo o qualche piccola voglia. Gli lascia talvolta qualche bacio leggero sulla pelle, gioca coi suoi capelli intrecciandoli alle sue dita, si stringe a lui, affondando il viso nell'incavo del suo collo per poi riallontanarsi. Un mantra reciproco che si ripete più volte, mentre i due giovani alternano momenti in cui ridacchiano innocentemente ad altri di assoluto ed immedesimato silenzio. « Vorrei che questo momento durasse per sempre. » Mormora ad un certo punto il Tassorosso, con una sincerità ed un romanticismo insiti nel tono di voce che lui stesso stenta a riconoscere come propri. Non sa come Greg riesca a renderlo così. Vulnerabile, esposto. Lo accarezza, calando appena lo sguardo, incerto. Ok, ho detto una stronzata e adesso mi riderai in faccia. « Tu come..Come te la immagini la tua prima volta? » Mormora, muovendosi un po' e sfiorando inavvertitamente il suo bacino col proprio. Di nuovo. Prova ad ignorare la cosa... « Cè intendo tutt'er quadro completo, capiscimi. » Si mordicchia il labbro inferiore, lo sguardo che si posa per qualche istante lì, proprio lì, per poi risalire a guardarlo negli occhi. « C'hai mai pensato? Con qualcuno, magari..Sii sincero. Nun m'offendo se mi nomini qualche gnocca dell'ultimo anno. » Ridacchia forzatamente. Che gran bugiardo.


    Edited by hey‚rocket! - 11/11/2017, 22:26
     
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    tenor
    « Questa è mejo che non te la traduco guà... » ma chissà come, chissà perché, a Greg sembrò di aver capito tutto perfettamente.. Pur non parlando una parola né di rumeno, né di italiano, si sentiva talmente legato a Rocket in quel momento, talmente tanto connesso a lui da poter leggere direttamente nella sua mente o, chissà, perfino nella sua anima. « Ma era un'esclamazione positiva. Molto positiva » Erano i suoi occhi a confermarlo, grandi campi verdi e brillanti che riflettevano con una sconcertante trasparenza ciò che lo zingaro provava in quel momento. Proprio come Greg che, aiutato dal tassorosso, gattonò verso di lui passandosi velocemente la lingua sulle labbra: era un suo vizio, un piccolo tic che aveva sempre avuto. Mai prima di allora, però, sentì su di esse il sapore di vivo di Rocket. « E' così che te sei sentito, prima? » Come se fossi stato folgorato da mille fulmini e gettato dentro mille fuochi, ma con la felicità al posto del dolore? Annuì, portandosi accanto a lui e sorridendogli. Sì, mi sono sentito esattamente così. « E..ahm, sì insomma, cè..Scusa. Per..Lo sai cosa non farmelo dì » Lo so. E rise con lui, complici di qualcosa che mai avrebbero potuto immaginare fino a qualche mese prima ma che, col tempo, la vicinanza e il nascere di un sentimento nuovo, avevano visto sbocciare sotto i loro stessi occhi senza neppure rendersene conto. « Di che ti scusi? Lo ammetto, l'ho fatto apposta! » soffiò, guardandolo con una punta acerba e infantile di malizia, ricalcando l'accusa che lo stesso Rocket gli aveva lanciato solo pochi minuti prima. Di proposito aveva voluto cancellare tutto l'imbarazzo del proprio incidente e farne un'occasione, un'esperienza da condividere. Non se ne pentì neanche per un istante. Avrebbe mai potuto pentirsi di qualcosa, fatta accanto a Rocket? Insieme a lui aveva condiviso ossa rotte e pantaloni sporchi di delizioso cibo italiano; per lui si era sorbito le urla e la stizza di Ophelia e le occhiate stranite di mezza scuola, che evidentemente reputavano un Olivander troppo superiore nella scala gerarchica sociale per avvicinarsi ad uno zingaro dal nome strano. Sciocchezze, si ritrovò a pensare sparendo sotto le lenzuola insieme a Dragomir, protetti dal mondo esperto, chiusi nel loro universo: che parlassero, che continuassero a guardarlo come se fosse pazzo! Un po' svitato e fuori dalle righe, dopotutto, da buon Olivander Greg lo era sempre stato! Eppure si sentiva così giusto, stretto contro il corpo ancora caldissimo di Rocket, ad accettare quel piccolo atto di dolcezza, un semplice bacino sul naso; soffiò divertito contro la sua bocca, quando questa si avvicinò nuovamente, l'ennesimo bacio della serata capace di dargli la stessa identica sensazione di quel giorno in riva al lago. « Tutto ok? » Tutto ok? Riduttivo. Gli piacque quella domanda proprio come gli piacque Rocket sotto una luce diversa, preoccupato di come stesse davvero: come si fa quando si tiene veramente a qualcuno, come se fosse veramente suo. « Mh mh.» mugolò, lasciandogli un altro bacio leggero. La punta dei loro nasi si sfiorò con delicatezza, mentre le dita di Greg salivano ad accarezzare i capelli arruffati e selvaggi del suo tassorosso. « Più che ok. E' tutto così.. wow! » enfatizzò il concetto sgranando gli occhi, prima di lasciarsi sfuggire una risata candida. Eppure era così, non avrebbe potuto definire in altra maniera ciò che c'era stato tra di loro. Né ciò che ci sarebbe stato. Aveva sulla punta della lingua la domanda con cui si sarebbe accertato di come stesse lui, al contrario, ma Rocket lo frenò. . « Sei bellissimo. Davvero...Tanto. Prima m'hai distratto dal dirtelo per bene. Però oh, nun te montà la testa eh! » Un tuffo al cuore, lo stesso che aveva percepito in Sala Grande, quando il ragazzo gli aveva fatto i complimenti per il costume.. ma costumi e maschere erano caduti, lasciando entrambi alla loro vulnerabile e inerme nudità. Loro erano uguali, gli stessi ragazzini che spalla contro spalla attendevano l'esito della bottiglia in uno stupido gioco da adolescenti; allo stesso modo, uguali non lo erano più. Erano più uniti, più cresciuti, più tutto. « Ah, vedrai! Appena esco da qui, inizierò a vantarmi con tutti! Sono Greg il Bellissimo! Sei troppo brutto per parlare con me! » e si prese la doverosissima spallata da parte di Rocky, prima che il silenzio calasse di nuovo tra di loro e, con esso, un accenno di serietà, solo un pizzico. Quel tanto che bastava per far rendere conto anche ad un Greg ormai non proprio brillo quanto anche Rocket fosse bello, di una bellezza particolare e selvatica. Le cose banali avevano sempre annoiato un'anima variopinta ed estrosa come quella di Greagoir Olivander, futuro artigiano e futuro artista e Rocket Dragomir tutto sarebbe potuto essere fuorché banale. « Mi piaci Rocky.. - sussurrò piano, fronte contro fronte, con le mani del tassorosso sul suo corpo ad indagare e scoprire al tatto particolari sfuggiti alla vista. - ..te l'ho già detto, lo so.. ma ero mezzo brillo, con tutta quella burrobirra corretta! E ora che mi sento un po' più in me, te lo voglio ridire. » Te l'avrei voluto dire già da tanto, che scemo. Chiuso nella loro fortezza di coperte, però, gli parve di avere tutto il tempo del mondo, perfino quello che sapeva di aver perso limitandosi a lanciare di sottecchi ad un giovane tassorosso occhiate di interesse che morivano non appena lui ricambiava lo sguardo. Tutti quei mesi persi a fantasticare, quando sarebbe potuto essere semplicemente sé stesso e dichiararsi, con la sicurezza che lo contraddistingueva, ed essere sincero! Mentire e omettere non paga mai, ne era già convinto allora e avrebbe scoperto solo in futuro quanto fosse esatto. « Vorrei che questo momento durasse per sempre. » gli confessò Rocket dopo chissà quanto tempo, passato in un caldo e avvolgente silenzio ad accarezzarsi, stringersi, scambiarsi piccoli baci e carezze incerte. Un torpore quasi mistico aveva pervaso il corpo del corvonero, non tanto perché avesse sonno quanto perché così rilassato non si era sentito mai. La dolcezza con cui Dragomir aveva soffiato quelle poche parole lo investì in pieno, gonfiandolo dentro come di tiepida aria che gli sfuggì sotto forma di sospiro. Lo sguardo del tassorosso fuggì dal suo e lesse sul suo viso l'imbarazzo che solo il bene e l'ammissione dei sentimenti sanno dare, un imbarazzo stupido - perché mai ci si dovrebbe vergognare di dire qualcosa, se quel qualcosa è bello e puro? - ma comprensibile. Anche per quello si erano attratti a vicenda, Greg e Rocky, due opposti, lo zingaro e il ragazzo perfetto: Greg avrebbe tirato fuori dal cuore di Rocket quei sentimenti che, per cultura ed orgoglio, aveva sempre tenuto dentro; Rocket avrebbe fatto vedere a Greg quella forza che neppure sapeva di avere e che invece era sempre stata là, coperta e addolcita da una vita in cui tutto era andato per il verso giusto. Cuore e volontà.
    original
    « Facciamolo durare per sempre. » bisbigliò, sollevandogli il viso con due dita perché vedesse quanto era serio, quanto tutto quello per lui significasse qualcosa. « Chissenefrega del cibo e delle lezioni e di tutto quello che c'è fuori? » Sdolcinato e irrazionale come solo un quattordicenne saprebbe essere, eppure gli sembrava così concreto riuscire a vivere di solo amore, nascosti sotto delle coperte. Avrebbe lasciato con molto piacere a tutti gli altri, tutto il resto.

    Una strana curiosità aveva fatto capolino nella mente di Rocket, lasciando interdetto il corvonero quando questi la rivelò: « Tu come..Come te la immagini la tua prima volta? Cè intendo tutt'er quadro completo, capiscimi. » Ah, la prima volta! Greagoir, inguaribile sognatore, se l'era immaginata mille volte e in mille modi diversi! Il quadro completo, che poi nemmeno sapeva come fosse fatto questo quadro completo! Lo conosceva a grandi linee, lo immaginava ma la sua fantasia di ragazzo non avrebbe mai neppure potuto immaginare l'infinita gamma di colori che avrebbero potuto abbellire questo quadro, la sconfinata differenza tra una pennellata e l'altra tra quadri diversi! Non ci sarebbe mai stato un quadro uguale all'altro, neppure tra Greg e Rocky: tutti diversi, tutti ugualmente meravigliosi. Ma la prima, si sa, è quella che ti ricorderai per sempre. « C'hai mai pensato? Con qualcuno, magari..Sii sincero. Nun m'offendo se mi nomini qualche gnocca dell'ultimo anno. » Le parole di Rocket divertirono a tal punto lo spirito da folletto di Greg, che questi gli rivolse un sorriso a denti stretti, di quelli estremamente complevoli, una simpatica caricatura. « Merlinobbono, mi hai scoperto! E' vero, mi sono sempre immaginato di farlo con La Fruttivendola! » a.k.a. Melinda Moss, grifondoro dell'ultimo anno, con una voce squillante e due meloni nella camicetta sempre un po' aperta, da qui il soprannome che l'intera scuola le aveva affibbiato.. e di cui, a onor del vero, Melinda sembrava particolarmente orgogliosa. Probabilmente l'aveva fatto circolare quel deficiente di Victor. Greg si voltò per mettersi sulla schiena, con le mani intrecciate sull'addome e il lenzuolo ad accarezzargli un ciuffo ribelle. « L'ho immaginato una vagonata di volte e.. non con una persona specifica, ecco. Perché.. sono sempre stato convinto che quando sarebbe successo, ecco.. sarebbe stato per amore. » Gli lanciò un'occhiata, sorridendo di sé stesso per essere così stupidamente romantico, ma come sarebbe potuto essere altrimenti? In fondo viveva in casa con due genitori ancora felicemente sposati e innamoratissimi e col fantasma di sua nonna Flora, che non era riuscita a morire in pace sapendo che avrebbe lasciato solo il suo amato Garrick. Greagoir Olivander conosceva l'amore e ne sognava uno tutto per sé, uno talmente forte e glorioso da sconfiggere la morte stessa. « Ero convinto che l'avrei fatto con Morgana. La conosci? La Crouch, di Serpeverde.. » difficile non notarla, il suo gruppetto di amici gli aveva dato del pazzo da internare quando l'aveva lasciata! « Siamo stati insieme un'estate fa, quando ancora noi non ci conoscevamo! E' solo che.. non lo so, ci stavo bene con lei ma non abbastanza bene, mi capisci? Non ho mai sentito quella spinta che mi dicesse "ok Greg, è ora, lei è quella giusta, sei pronto." » Quella spinta che ti fa rimanere nudo sotto le lenzuola insieme ad un'altra persona. « E allora l'ho lasciata, mi sembrava di prenderla in giro e di prendere in giro anche me stesso. E poi... » voltò la testa verso di lui, fissandolo intensamente. Una piccola parte di sé non era sicura di voler aprire il cuore fino a quel punto, ma tutto in Greg urlava alla sincerità: del cuore, della mente, dell'anima. « ...improvvisamente, da un po' di tempo, ho continuato a fantasticare ma su una persona diversa. E mi sono chiesto come sarebbe stato, lasciarmi andare con quella persona. » Che fosse amore, che fosse una cottarella stupida e adolescenziale, che fossero solo gli ormoni di un giovanotto eccitato, Greg quella spinta la sentiva, forte e chiara, a contatto col corpo di Rocket. Voglio fare tutto con te, stanotte. « E tu come te l'eri immaginata? Confessa! »
     
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